Il Giovanni delle Bande Nere fu un incrociatore leggero della Regia Marina appartenente alla classe Alberto di Giussano, così battezzato in onore del capitano di ventura del XVI secolo Giovanni delle Bande Nere.
Il suo scafo venne impostato nel 1928 nei Cantieri navali di Castellamare di Stabia, venne varato il 27 aprile 1930 e completato nel 1931.
Attività
La nave nell'aprile 1939 prese parte all'occupazione dell'Albania. Nell'occasione la Regia Marina schierò davanti alle coste albanesi una squadra navale al comando dell'ammiraglio Arturo Riccardi, composta oltre che dal Bande Nere, dagli incrociatori leggeri Duca degli Abruzzi e Garibaldi, dalle due navi superstiti della Classe Conte di Cavour, dai quattro incrociatori pesanti della classe Zara, 13 cacciatorpediniere, 14 torpediniere e varie motonavi su cui erano imbarcati in totale circa 11.300 uomini, 130 carri armati e materiali di vario genere. Nonostante l'imponente spiegamento di forze, l'azione delle navi italiane, nei confronti dei timidi tentativi di reazione da parte albanese, si limitò soltanto ad alcune salve sparate a Durazzo e a Santi Quaranta. Le forze italiane incontrarono scarsissima resistenza e in breve tempo tutto il territorio albanese fu sotto il controllo italiano, con re Zog costretto all'esilio.
Nel corso della seconda guerra mondiale il Giovanni delle Bande Nere, dotato di idrovolanti IMAM Ro.43, prese parte, insieme al gemello Colleoni (con il quale formava la II Divisione), alla battaglia di Punta Stilo del 9 luglio 1940 (tre giorni prima le due unità avevano scortato in Libia uno dei primi convogli lì diretti). Il 19 luglio dello stesso anno fu inviato in Egeo assieme al Colleoni, per attaccare il traffico nemico in quel mare, ma si scontrò con l'incrociatore australiano HMAS Sydney accompagnato da cinque cacciatorpediniere britannici in quella che divenne la battaglia di Capo Spada. Nell'occasione la leggera protezione della classe di Giussano dimostrò chiaramente i suoi limiti, dato che nel corso del combattimento tra i due incrociatori italiani e gli alleati immobilizzarono subito il Colleoni che fu poi affondato, mentre il Bande Nere (nave di bandiera dell'ammiraglio Ferdinando Casardi, comandante la II Divisione), colpito da un proiettile con danni leggeri ed alcune vittime, ripiegò per allontanarsi inseguito dal Sydney; nell'inseguimento il Bande Nere fu colpito una seconda volta con riduzione della velocità a 29 nodi (che però poté essere riportata a 32 nodi con riparazioni provvisorie), mentre il Sydney, colpito da un proiettile del Bande Nere con danni lievi al fumaiolo, preferì desistere, anche per la carenza di munizioni da 152 mm ed il rischio di essere attaccato dall'aviazione. Sul Bande Nere ci furono 8 morti e 16 feriti.
Partecipò attivamente alla guerra dei convogli per la Libia. Fra il 5 ed il 7 febbraio 1941 scortò a Tripoli i trasporti truppe Conte Rosso, Esperia, Marco Polo e Calitea con a bordo la divisione corazzata "Ariete". Il 24 maggio 1941 uscì in mare assieme all'incrociatore leggero Armando Diaz e ai caccia Ascari e Corazziere in funzione di scorta indiretta ai numerosi convogli in mare; il 25 febbraio il Diaz fu silurato da un sommergibile e affondò con la maggior parte dell'equipaggio. Il 10 dicembre 1941 fu scelto per trasportare a Tripoli, assieme ai due incrociatori leggeri della IV Divisione (Alberico da Barbiano e Alberto di Giussano) un carico di benzina avio e altri materiali, ma fu bloccato a Palermo da un'avaria; dovette quindi rinunciare alla missione e si salvò così dalla distruzione della IV Divisione avvenuta nella notte fra il 12 ed il 13 dicembre. Il 21 febbraio 1942 prese parte all'operazione K. 7, che prevedeva l'invio di due convogli in Libia; in quell'occasione il Bande Nere fece parte della forza d'appoggio contro un eventuale attacco navale. L'operazione si concluse con un pieno successo.
Il 21 marzo dello stesso anno fece parte della formazione italiana inviata ad attaccare un convoglio inglese diretto a Malta; ne derivò la seconda battaglia della Sirte nella quale il Bande Nere colpì con un proiettile da 152 mm l'incrociatore britannico Cleopatra, causando 15 morti e alcuni danni (che tuttavia non impedirono alla nave di continuare il combattimento).
Il mattino del 1º aprile 1942 lasciò Messina diretto a La Spezia scortato dal cacciatorpediniere Aviere e dalla torpediniera Libra. Alle 9 del mattino a undici miglia da Stromboli il gruppo venne intercettato dal sommergibilebritannico Urge: un siluro spezzò in due lo scafo del Giovanni delle Bande Nere, che affondò rapidamente, trascinando con sé 381 (per altre fonti 287) uomini. Secondo un'altra fonte, sarebbe sopravvissuto un solo marinaio (Fuochista ausiliario Gino Fabbri).
II relitto dell'incrociatore è stato ritrovato dal cacciamine Vieste della Marina Militare italiana il 9 marzo 2019, mentre nel Mar Tirreno nei pressi dell'isola di Stromboli svolgeva una verifica tecnica e di sorveglianza dei fondali marini.
La classe Alberto di Giussano (generalmente abbreviata in classe Di Giussano) ha costituito la prima delle cinque classi di incrociatori leggeri della Regia Marina della serie "Condottieri".
La nascita del progetto
Tra le due guerre mondiali le potenze mondiali iniziarono una corsa agli armamenti per ottenere la supremazia sui mari. Nel 1926 la Francia iniziò a produrre la classe Le Fantasque di cacciatorpediniere, che erano superiori in dislocamento e potenza di fuoco ai cacciatorpediniere dell'epoca. Per contrastare la minaccia francese la Regia Marina decise di produrre una nuova classe di incrociatori di dimensioni intermedie tra la nuova classe di cacciatorpediniere francesi e gli incrociatori dell'epoca. In effetti furono rozzamente equivalenti alla classe Leander britannica.
Gli incrociatori tipo Condottieri, battezzati in onore di condottieri del periodo medievale e rinascimentale italiani, vennero realizzati in una sequenza di cinque classi distinte, che dimostrano una chiara linea evolutiva.
Ogni classe prende il nome dalla prima nave del gruppo:
- Classe Alberto di Giussano:
Alberto di Giussano
Alberico da Barbiano
Bartolomeo Colleoni
Giovanni delle Bande Nere
- Classe Luigi Cadorna:
Luigi Cadorna
Armando Diaz
- Classe Raimondo Montecuccoli:
Raimondo Montecuccoli
Muzio Attendolo
- Classe Duca d'Aosta:
Emanuele Filiberto Duca d'Aosta
Eugenio di Savoia
- Classe Duca degli Abruzzi:
Luigi di Savoia Duca degli Abruzzi
Giuseppe Garibaldi
Evoluzione
L'evoluzione ha visto un progressivo aumento della corazzatura, molto ridotta e priva di capacità pratiche di difesa nei modelli iniziali, con uno spessore in millimetri di protezione della cintura che non raggiungeva la velocità in nodi (Di Giussano: 25 mm contro 42 nodi mostrati alle prove), per arrivare ai 130 mm nel quinto gruppo, costituito da Duca degli Abruzzi e Garibaldi. Questo si sarebbe visto anche in azioni di guerra, con i primi incrociatori affondati con facilità (come il Bartolomeo Colleoni contro il HMS Sidney) mentre il Garibaldi sopravvisse a due siluri del sommergibile britannico HMS Upholder diventando poi la prima unità missilistica italiana. Anche l'armamento e le sovrastrutture vennero molto modificate nel corso della produzione.
Gli incrociatori del primo gruppo, costituito dai quattro Di Giussano, vennero progettati dal generale Giuseppe Vian. La loro costruzione venne avviata nel 1928 con le unità che entrarono tutte in servizio nel 1931. Nella loro progettazione venne data priorità alla velocità con impianti motori equivalenti a quelli degli incrociatori pesanti classe Zara; erano dotati di una buona potenza di fuoco, ma a causa dell'enfasi data alla velocità erano protetti da una corazzatura minima ed insufficiente contro i cannoni di cui erano dotati mentre la protezione subacquea era completamente mancante. In conseguenza di ciò tutte le unità del tipo Di Giussano furono affondate da silurinemici: il Colleoni nel 1940 nel corso della Battaglia di Capo Spada, l'Alberto di Giussano e l'Alberico da Barbiano nel 1941 nel corso della Battaglia di Capo Bon e il Giovanni delle Bande Nere nel 1942 al largo di Stromboli.
Le due unità tipo Cadorna mantennero le caratteristiche principali con cambiamenti minori. Per il tipo Di Giussano e per il tipo Cadorna più che di incrociatori leggeri si può parlare di grossi esploratori.
Veri e propri incrociatori leggeri furono quelli a partire dal tipo Montecuccoli che furono maggiormente modificati, più pesanti, significativamente meglio protetti e con motori migliorati per mantenere la velocità richiesta. Il Raimondo Montecuccoli esiste ancora, almeno in parte: un suo impianto binato di cannoni a culla unica (senza torretta e culatte) fa la guardia minacciosamente sulla città di Perugia, e vicino vi è anche l'albero su cui sono state annotate le miglia percorse «con efficienza con audacia».
Le due unità del tipo Duca d'Aosta continuarono la tendenza con un maggiore spessore della corazzatura e un nuovo aumento della potenza dei motori: completarono così la transizione sacrificando un poco di velocità per un'armatura ancora migliore e i cannoni aggiuntivi per le batterie secondarie.
Nel 1938 ci si rese conto, finalmente, che i 4 Di Giussano e i 2 Cadorna erano troppo poco corazzati per affrontare le unità britanniche (dopo il 1935 la pianificazione militare italiana non era rivolta solo all'ipotesi di guerra con la Francia e la Jugoslavia), si pensò allora di trasformarli in unità antiaeree. Proprio in quegli anni la Royal Navy stava trasformando alcuni vecchi incrociatori della prima guerra mondiale in navi contraeree, per garantire la protezione della flotta e delle linee di comunicazioni marittime nelle acque costiere; l'idea venne discussa in molte marine estere e copiata dalla US Navy. Gli incrociatori antiaerei avevano infatti un notevole vantaggio di stabilità rispetto ai caccia torpedinieri, riuscendo ad effettuare un tiro più continuo e preciso, oltre a trasportare un numero di pezzi superiori e meglio serviti dal controllo di fuoco. Per ragioni di costi si ipotizzò prima di trasformare solo i 4 Di Giussano, poi solo i primi due di tale sottoclasse, in attesa che altre unità similari (la sottoclasse Costanzo Ciano da 12.000 tonnellate, tipo Garibaldi migliorato, e formata da due unità Costanzo Ciano e Luigi Rizzo, previste nel 1938 per il 1941-1942, annullate nel giugno 1940) prendessero servizio. Questa trasformazione sarebbe stata molto estesa (e razionale), con una riduzione dell'ipertrofico apparato motore (2 caldaie in meno, con una maggiore economicità d'esercizio e una velocità ridotta), una nuova disposizione delle plance e degli organi di direzione del tiro, ed un armamento antiaereo molto potente: inizialmente pensata su 16 cannoni da 90 mm in postazione singole e 20 mitragliere da 20 mm in 10 impianti binati, fu poi portata su 4 cannoni da 135, 12 da 90 mm, 8 mitragliere da 37 mm e 16 da 20 mm. Questa seconda ipotesi avrebbe garantito una buona difesa contro il naviglio leggero nemico, utilizzando, tra l'altro, l'ottimo pezzo leggero da 135 mm, meno potente e con una gittata inferiore rispetto al 152 mm originale, ma notevolmente preciso e dal tiro molto più celere. Sarebbero state unità molto adatte a compiti di scorta, sia per la flotta da battaglia sia, soprattutto per i convogli (visto anche il permanere di una scarsa corazzatura, malgrado si volesse migliorare anche solo leggermente la nulla protezione subacquea con eventuali controcarene, che però non furono inserite nel progetto "definitivo"). Si decise però di abbandonare questo progetto per concentrare le risorse disponibili sul completamento delle corazzate, un'ossessione, questa, tipica della seconda metà degli anni '30, quando si ricostruirono le quattro vecchie (e sostanzialmente inutili) corazzate superstiti della prima guerra mondiale e si iniziò a varare le nuove 35.000 tonnellate classe Vittorio Veneto, che assorbirono risorse economiche e industriali necessarie anche altrove.
Anche per questo la sottoclasse Costanzo Ciano non vide la luce. Sarebbe stata l'ultima modifica della classe Condottieri, con un dislocamento doppio rispetto alle prime unità, ed una corazzatura finalmente adeguata (con spessori aumentati rispetto alla sottoclasse Duca degli Abruzzi di 5–10 mm in ogni comparto, fino ad arrivare a 140 mm nel torrione e nell'armamento principale), anche se si cercò ancora di farne delle unità velociste (33 nodi, con un apparato motore di ben 115.000 hp), l'armamento antinave sarebbe stato quello standard della classe su 10 cannoni da 152/55 (lo stesso del Duca degli Abruzzi, ovvero modello 1934, oppure il successivo modello 1936, con molti miglioramenti rispetto al 152/53 modello 1926 dei primi Condottieri), ma l'armamento antiaereo sarebbe stato finalmente adeguato (8 cannoni da 90/53, 8 cannoni 37/54, 12 cannoni 20/65 o 20/75, questi ultimi integrabili con ulteriori armi di questo tipo, anche singole). Proprio in quegli anni ci si rese conto, anche se solo in parte, che l'arma aerea iniziava a rappresentare un pericolo per le grandi unità, mentre la Royal Navy disponeva di una nutrita aviazione imbarcata, quindi, almeno nei progetti, si pensò di rafforzare le deboli difese antiaeree delle unità italiane. Con questi progetti (la cui seconda unità venne rinominata subito Venezia, visto che Luigi Rizzo era ancora vivente e nominare un'unità con il nome di un ammiraglio vivente è considerato di malaugurio per entrambi) terminò, dopo poco più di 10 anni, il percorso concettuale della classe Condottieri.
Ritrovato l'incrociatore Giovanni dalle Bande Nere affondato nel 1942.
E' rimasto lì a 11 miglia marine a Sud di Stromboli, dal primo aprile del 1942, quando alle 9 del mattino due siluri del sommergibile britannico H.M. S. Urge lo portò in fondo al mare. L'ha ritrovato il cacciamine Vieste della Marina Militare, durante un'attività di verifica tecnica e sorveglianza dei fondali nel Mar Tirreno: il relitto dell'Incrociatore Leggero Giovanni Delle Bande Nere è stato scoperto a una profondità compresa tra i 1460 e i 1730 metri. L'affondamento era avvenuto mentre era in trasferimento da Messina a La Spezia, per effettuare alcune riparazioni in Arsenale scortato dal cacciatorpediniere Aviere e dalla torpediniera Libra. Spezzato in più tronconi, affondò rapidamente. Nell'evento perì gran parte dell'equipaggio. Ma non tutto. «Non sono mai sceso dal Giovanni dalle Bande Nere, io mi sono salvato ma il mio destino e il mio cuore sono ancora lì, con tutti i miei compagni che sono morti quel 1 aprile del 1942». Così Gino Fabbri, fuochista ausiliario sull'incrociatore ricordava il terribile giorno dell'affondamento dell'incrociatore leggero italiano a opera del sommergibile britannico Urge. Una storia che segnò tutta la sua vita fino alla morte avvenuta nel 1966 a soli 44 anni: a raccontarlo i tre figli del marinaio, Mirella, Bruno e Aurelio Fabbri. Il fuochista fu poi salvato e ricoverato all'ospedale di Messina dopo molte ore di permanenza in mare, ricoperto di nafta e petrolio su tutto il corpo. «Il più grande rimpianto di mio padre - spiega la figlia - era di non essere riuscito a salvare 4 suoi compagni che erano rimasti con lui aggrappati a una delle zattere. Mio padre, poi, allo stremo delle forze riuscì a nuotare fino alla torpediniera Libra dove fu issato a bordo con una cima». La scoperta dell'incrociatore è avvenuta grazie all'impiego dei veicoli subacquei imbarcati sul cacciamine Vieste in grado di condurre ricerca e identificazione a quote profonde: il veicolo autonomo subacqueo (Autonomous Underwater Vehicle - AUV) Hugin 1000, della ditta Kongsberg, e il veicolo filoguidato Multipluto 03, della ditta GAY Marine. Circoscritta l'area di ricerca in base alle presunte coordinate dell'affondamento, il cacciamine ha proceduto a mappare il fondale con il veicolo Hugin, scoprendo più contatti correlabili con il relitto. Successivamente i contatti sono stati identificati grazie all'uso del Multipluto, che ha consentito di filmare anche le prime immagini della nave rivelando i tre tronconi in cui si spezzò nell'affondamento e accertandone l'identità.
(Web, Google, Wikipedia, You Tube, Il Messaggero)