Visualizzazione post con etichetta OPINIONI. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta OPINIONI. Mostra tutti i post

martedì 19 novembre 2024

Con genocidio, secondo la definizione adottata dall'ONU, si intendono «gli atti commessi con l'intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso».








https://svppbellum.blogspot.com/

Blog dedicato agli appassionati di DIFESA, 
storia militare, sicurezza e tecnologia. 
La bandiera è un simbolo che ci unisce, non solo come membri 
di un reparto militare 
ma come cittadini e custodi di ideali.
Valori da tramandare e trasmettere, da difendere
senza mai darli per scontati.
E’ desiderio dell’uomo riposare
là dove il mulino del cuore non macini più
pane intriso di lacrime, là dove ancora si può sognare…
…una vita che meriti di esser vissuta.







Negli studi giuridici, storici, politici e sociologici, a partire dalla fine della seconda guerra mondiale, il concetto di genocidio, sviluppatosi in origine nell'ambito del diritto internazionale, è stato utilizzato in diversi contesti e con diverse accezioni:
  • accezione giuridica, con una definizione necessariamente precisa per poterne ricomprendere la fattispecie nell'attività d'indagine e processuale;
  • accezione sociopolitica per designare specificatamente i genocidi del XX secolo;
  • accezione storiografica, con un significato generale che ricomprende fenomeni di sterminio ricorrenti nella storia universale, in società anche molto diverse tra loro.






Al pari di terrorismo, tortura, crimini di guerra, crimini contro l'umanità e crimini di aggressione, il genocidio si annovera fra i crimini internazionali, per i quali vige la regola della giurisdizione internazionale e l'istituzione di tribunali sovranazionali.

L'11 dicembre 1946 l'Assemblea generale delle Nazioni Unite, con la risoluzione 96 (I), definì il genocidio come «una negazione del diritto all'esistenza di interi gruppi umani, poiché l'omicidio è la negazione del diritto alla vita dei singoli esseri umani». La risoluzione precisava inoltre che «molti casi di tali crimini di genocidio si sono verificati quando gruppi razziali, religiosi, politici e di altro genere sono stati distrutti, in tutto o in parte».
Il 9 dicembre 1948 fu adottata, con la risoluzione 260 A (III), la Convenzione per la prevenzione e la repressione del delitto di genocidio scritta con il contributo dello stesso Lemkin anche sulla scorta dell'esperienza del processo di Norimberga. 

L'articolo II della Convenzione definisce esplicitamente il genocidio nell'ambito del diritto internazionale:
«Per genocidio si intende ciascuno degli atti seguenti, commessi con l'intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso, come tale:
  • uccisione di membri del gruppo;
  • lesioni gravi all'integrità fisica o mentale di membri del gruppo;
  • il fatto di sottoporre deliberatamente il gruppo a condizioni di vita intese a provocare la sua distruzione fisica, totale o parziale;
  • misure miranti a impedire nascite all'interno del gruppo;
  • trasferimento forzato di fanciulli da un gruppo ad un altro.»

Con l'approvazione della Convenzione sul genocidio e attraverso l'azione dei tribunali speciali appositamente istituiti e della Corte penale internazionale, i casi storici in cui è stato riconosciuto il crimine di genocidio a livello internazionale sono in particolare:
  • la guerra in Bosnia ed Erzegovina nell'ambito delle guerre jugoslave
  • il genocidio del Ruanda
  • il genocidio cambogiano.

A questi si deve aggiungere l'Olocausto, che fu ricompreso fra i capi d'imputazione del processo di Norimberga e che ebbe fra le sue conseguenze la redazione stessa della Convenzione; quanto al genocidio armeno, che è stato il primo caso moderno di persecuzione sistematica e di sterminio pianificato di un popolo, è nella casistica da cui lo stesso Lemkin partì per la definizione del crimine di genocidio: su di esso, non a caso, è stata avviata da parte della comunità internazionale una analisi sulle responsabilità storiche, con apposite dichiarazioni assunte da varie assemblee politiche dei singoli Stati.
La persecuzione nei confronti degli armeni e delle popolazioni cristiane fu una costante nella storia dell'Impero ottomano inasprendosi soprattutto nel XIX secolo, e sfociò, al momento della sua dissoluzione, nel genocidio armeno propriamente detto, espressione alla quale ci si riferisce in particolare per i fatti accaduti tra il 1915 e il 1916.


Rafael Lemkin


La Shoah, l'eliminazione di circa 6 milioni di ebrei pari ai due terzi degli ebrei d’Europa, venne organizzata e portata a termine dalla Germania nazista mediante un complesso apparato amministrativo, economico e militare che coinvolse gran parte delle strutture di potere burocratiche del regime, con uno sviluppo progressivo che ebbe inizio nel 1933 con la segregazione degli ebrei tedeschi, proseguì, estendendosi a tutta l'Europa occupata dal Terzo Reich durante la seconda guerra mondiale, con il concentramento e la deportazione e quindi culminò dal 1941 con l'inizio dell'eliminazione fisica soprattutto nei campi di sterminio, strutture di annientamento appositamente predisposte in cui attuare quella che i nazisti denominarono "soluzione finale della questione ebraica". L'annientamento degli ebrei nei centri di sterminio rappresenta secondo la maggior parte degli storici un unicum nella storia umana, per le sue dimensioni e per le caratteristiche organizzative e tecniche dispiegate dalla macchina di distruzione nazista.
L'Holodomor, la grande carestia che colpì l'Ucraina sovietica ed alcune zone della Repubblica Russa, dal 1932 al 1933 durante il regime sovietico, causando diversi milioni di morti, è stato riconosciuto come genocidio da diverse nazioni tra cui l'Ucraina stessa, gli Stati Uniti e altri. Il Parlamento europeo ha adottato il 23 ottobre 2008 una risoluzione nella quale ha riconosciuto l'Holodomor come crimine contro l'umanità. La maggior parte dei paesi europei e occidentali non si è però espressa in tal senso, non formalizzando alcun riconoscimento, ma la storiografia riconosce l'Holodomor come vero e proprio atto di genocidio.
Una dichiarazione congiunta di una trentina di paesi è stata sottoscritta nel 2003 presso l'Assemblea generale delle Nazioni Unite su proposta del rappresentante permanente ucraino. Nella dichiarazione la "Grande fame" fu descritta come il risultato di politiche e azioni crudeli che provocarono la morte di milioni di persone. Le cause e il coinvolgimento dell'Unione Sovietica e di Stalin nella carestia sono state e sono fonte di discussione storica e politica e rimane perciò ancora aperto il dibattito sul piano delle relazioni internazionali. 

L'esclusione dei riferimenti ai gruppi politici e al caso dell'Holodomor dalla Convenzione sul genocidio del 1948 avvenne proprio per pressione sovietica.

L'azione coercitiva dello Stato sovietico, anche col sistematico ricorso alla violenza per attuare il suo piano di trasformazione della società, attraverso la collettivizzazione agraria, la deportazione di milioni di piccoli proprietari terrieri, i kulaki, fino all'eliminazione fisica, contribuì all'aggravarsi delle condizioni dei contadini che abitavano l'Ucraina, in un paese fino ad allora considerato "il granaio d'Europa", fino a una terribile carestia che provocò secondo alcune stime fino a 5 milioni di morti e oltre, e fino a 8 milioni secondo altre. La repressione dello Stato sovietico verso i kulaki, contrari alla collettivizzazione e considerati nemici dello Stato, iniziò già nel 1929 con la politica di internamento nei gulag, l'ordine di soppressione fu emanato nel 1930. Secondo gli archivi ufficiali i kulaki internati nei gulag furono circa 2,5 milioni, con 600.000 morti la maggior parte tra il 1930 e il 1933.
Raphael Lemkin utilizzò il termine genocidio per descrivere la carestia, sostenendo la volontarietà del governo sovietico nel provocarla con l'obbiettivo di distruggere la cultura nazionale ucraina portando a compimento il piano di russificazione del paese da parte del regime comunista. Giovanni Paolo II, in un suo messaggio del 2003 in occasione del 70º anniversario dell'Holodomor, pur non utilizzando mai la parola genocidio, riconobbe il ruolo dell'Unione Sovietica nella tragedia parlando di «innumerevoli vittime della grande carestia provocata in Ucraina durante il regime comunista. Si trattò di un disumano disegno attuato con fredda determinazione dai detentori del potere in quell'epoca.» Secondo alcuni autori l'Holodomor e la repressione dei kulaki fu un "genocidio sociale", cioè un tentativo di sterminare buona parte del mondo contadino sovietico, anche russo. Inoltre la repressione è considerato il tentativo di distruggere il carattere nazionale del popolo ucraino.

Ciò che sta accadendo a Gaza avrebbe le caratteristiche di un genocidio»., loo ha scritto papa Francesco in un libro-intervista, realizzato con il giornalista argentino Hernán Reyes Alcaide. Come precisa il Pontefice, bisogna certamente indagare accuratamente, perché il genocidio è un crimine preciso, gravissimo, unico.
«Genocidio» non è “soltanto” sinonimo di «massacro» o di «eccidio», ma è una fattispecie normata ad hoc a partire dallo studio imprescindibile del giurista ebreo polacco Rafal Lemkin (1900-1959), Axis Rule in Occupied Europe: Laws of Occupation - Analysis of Government Proposals for Redress, che fu pubblicato nel 1944. A partire da quel libro l’ONU diede vita, nel 1948, alla Convenzione per la prevenzione e la repressione del delitto di genocidio, operativa nel 1951. 

Applicando i necessari canoni interpretativi è stato possibile definire genocidio la Shoà degli ebrei e, molti anni dopo, il genocidio degli armeni operato nella Prima guerra mondiale dal governo turco dell’epoca.

  • La Convenzione dell’Onu, sulla base degli studi fondativi di Lemkin, stabilisce che il genocidio sia un crimine specifico e unico, e che, affinché si possa stabilire che un eccidio sia genocidio, occorra che alcune caratteristiche siano soddisfatte: 
  • la premeditazione, la progettazione, l’implementazione quanto più sistematica, ma soprattutto l’intenzione. 
  • La volontà di cancellare della faccia della Terra una porzione dell’umanità è genocidio, tale per cui non è anzitutto il numero delle vittime che fa di un massacro un genocidio, bensì la volontà dei perpetratori di eliminare completamente un gruppo umano. 
Comunque, le vittime di un genocidio, come di qualsiasi massacro grande o piccolo, sono sempre numerosissime, sempre troppe. 
Qualsiasi esperto non può sottrarsi a questo e non la sua opinione a costituire un genocidio, e nemmeno la sua scienza. «Alcuni esperti» senza nome citati dal Papa debbono sottostare a questi criteri dell’Onu, altrimenti esplode la ridda infame dei «secondo me».
A Gaza, bisognerebbe stabilire se sia genocidio, ovvero se Israele abbia sul serio premeditato, progettato, implementato quanto più sistematicamente, ma soprattutto abbia l’intenzione di cancellare tutti i palestinesi dalla faccia della Terra, altrimenti si tratta solo di «secondo me».




Molti esperti concordano che la Repubblica Popolare Cinese stia compiendo genocidi per esempio ai danni di uiguri, tibetani, mongoli, musulmani Hui o gruppi religiosi come il Falun Gong, contro cui si utilizzano persino la genetica, la sterilizzazione delle donne e il prelievo forzato di organi umani che poi alimentano un lucrosissimo mercato nero dei trapianti.
Il genocidio che Pechino starebbe attuando in quei casi, dicono molti esperti, sarebbe il genocidio culturale. Si tratta di un genocidio freddo, che magari (ma non sempre) non comporta cumuli di cadaveri ai lati delle strade, ma che ha non di meno l’intenzione, e dunque progetta e cerca di realizzare sistematicamente, l’annientamento totale di un gruppo umano specifico, forse solo diluendolo lungo un po’ più di tempo per mascherarlo. Quando infatti Pechino impedisce la trasmissione dell’identità culturale di un gruppo umano (fatta di lingua, letteratura, arte, usi, costume, religione e così via), affinché, nel giro di qualche generazione, quel determinato gruppo umano risulti indistinguibile dagli altri, pratica il genocidio culturale.
La Convenzione dell’Onu sul genocidio esclude la fattispecie del genocidio culturale. Per l’Onu si può essere genocidati in quanto appartenenti a un gruppo etnico, razziale, nazionale o religioso, ma non culturale. Questo è così ancora oggi solo perché, pur rifacendosi a Lemkin, la Convenzione dell’Onu dovette sottostare alle censure dell’Unione Sovietica, che, reduce dal genocidio ucraino noto come Holodomor, non gradiva affatto tale nozione. 

Lo dimostrano i due corposi volumi di The Genocide Convention: The Travaux Préparatoires, pubblicati a Leida e Boston nel 2008, con cui i curatori Hirad Abtahi (capo dello staff della presidenza del Tribunale penale internazionale delle Nazioni Unite a L’Aia, nei Paesi Bassi) e Philippa Webb (docente di Diritto pubblico internazionale al King’s College di Londra) raccolgono appunti, note e minute di quel momento drammatico.

Dunque, mentre «a detta di alcuni esperti, ciò che sta accadendo a Gaza ha le caratteristiche di un genocidio», ciò che sta avvenendo in Cina a danno di molti gruppi umani, ciò che sta avvenendo in Pakistan a danno dei musulmani ahmadi, ciò che sta avvenendo in Asia contro gli sciiti hazara, ciò che è avvenuto in quello che ora è il Bangladesh a opera del Pakistan nel 1971, ciò che è avvenuto negli anni 1990 in Kashmir a opera dei jihadisti contro i pandit ìndù è genocidio, ma non trova spazio nelle opinioni, fra certi esperti dell’Onu e nei libri di storia. 

E’ evidente che anche Vladimir Putin stia ultimando un nuovo genocidio in Ucraina, visto che non ritiene che abbia fondamento storico l’identità ucraina e la sua lingua. 

Alla fine del 2024, tanta carta stampata e innumerevoli commentatori televisivi fanno illazioni su quello che accade a Gaza dopo i tragici eventi terroristici che li hanno innescati.


Ripensare la guerra, e il suo posto
nella cultura politica europea contemporanea,
è il solo modo per non trovarsi di nuovo davanti
a un disegno spezzato
senza nessuna strategia
per poterlo ricostruire su basi più solide e più universali.
Se c’è una cosa che gli ultimi eventi ci stanno insegnando
è che non bisogna arrendersi mai,
che la difesa della propria libertà
ha un costo
ma è il presupposto per perseguire ogni sogno,
ogni speranza, ogni scopo,
che le cose per cui vale la pena di vivere
sono le stesse per cui vale la pena di morire.
Si può scegliere di vivere da servi su questa terra, ma un popolo esiste in quanto libero, 
in quanto capace di autodeterminarsi,
vive finché è capace di lottare per la propria libertà: 
altrimenti cessa di esistere come popolo.
Qualcuno è convinto che coloro che seguono questo blog sono dei semplici guerrafondai! 
Nulla di più errato. 
Quelli che, come noi, conoscono le immense potenzialità distruttive dei moderni armamenti 
sono i primi assertori della "PACE". 
Quelli come noi mettono in campo le più avanzate competenze e conoscenze 
per assicurare il massimo della protezione dei cittadini e dei territori: 
SEMPRE!
….Gli attuali eventi storici ci devono insegnare che, se vuoi vivere in pace, 
devi essere sempre pronto a difendere la tua Libertà….
La difesa è per noi rilevante
poiché essa è la precondizione per la libertà e il benessere sociale.
Dopo alcuni decenni di “pace”,
alcuni si sono abituati a darla per scontata:
una sorta di dono divino e non, 
un bene pagato a carissimo prezzo dopo innumerevoli devastanti conflitti.…
…Vorrei preservare la mia identità,
difendere la mia cultura,
conservare le mie tradizioni.
L’importante non è che accanto a me
ci sia un tripudio di fari,
ma che io faccia la mia parte,
donando quello che ho ricevuto dai miei AVI,
fiamma modesta ma utile a trasmettere speranza
ai popoli che difendono la propria Patria!
Violenza e terrorismo sono il risultato
della mancanza di giustizia tra i popoli.
Per cui l'uomo di pace
si impegna a combattere tutto ciò 
che crea disuguaglianze, divisioni e ingiustizie.
Signore, apri i nostri cuori
affinché siano spezzate le catene
della violenza e dell’odio,
e finalmente il male sia vinto dal bene…
Come i giusti dell’Apocalisse scruto i cieli e sfido l’Altissimo: 
fino a quando, Signore? Quando farai giustizia?
Dischiudi i sette sigilli che impediscono di penetrare il Libro della Vita 
e manda un Angelo a rivelare i progetti eterni, 
a introdurci nella tua pazienza, a istruirci col saggio Qoelet:
“””Vanità delle vanità: tutto è vanità”””.
Tutto…tranne l’amare.

(Fonti: https://svppbellum.blogspot.com/, Web, Google, Libero-quotidiano, Wikipedia, You Tube)










 

lunedì 8 aprile 2024

N.A.T.O.: il 4 aprile 2024, abbiamo celebrato il 75° anniversario dell'Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico (NATO), pietra angolare della stabilità internazionale dalla fine della Seconda Guerra Mondiale.








https://svppbellum.blogspot.com/

Blog dedicato agli appassionati di DIFESA, 
storia militare, sicurezza e tecnologia. 
La bandiera è un simbolo che ci unisce, non solo come membri 
di un reparto militare 
ma come cittadini e custodi di ideali.
Valori da tramandare e trasmettere, da difendere
senza mai darli per scontati.






Tra il 1949 e fino ad oggi, altre 20 nazioni si sono unite ai 12 paesi originari che formavano l’alleanza, inclusa più recentemente la Finlandia e la Svezia. Con l’espansione delle minacce in tutto il mondo, la NATO è oggi più critica che mai per gli interessi di sicurezza degli Stati Uniti e continuerà a fornire una base per il futuro successo militare ed economico, la sicurezza, la sovranità e l’autodeterminazione dei suoi 32 paesi membri.





L’Europa fu devastata dopo la seconda guerra mondiale. L'espansione dell'influenza dell'Unione Sovietica nel dopoguerra nell'Europa orientale spinse Belgio, Paesi Bassi e Lussemburgo a stipulare un trattato difensivo per contrastare l'aumento dell'influenza sovietica. Queste nazioni invitarono gli Stati Uniti e il Canada ad aderire, seguiti da altri sette paesi europei. L’obiettivo principale era quello di formare un’alleanza difensiva per prevenire la diffusione del comunismo e preparare il terreno per la ricostruzione del continente devastato dalla guerra. Sebbene l’inizio del 21° secolo abbia visto il crollo dell’Unione Sovietica, il ripetersi dell’aggressione russa ha rafforzato la necessità di una forte alleanza con la NATO.




La NATO, Organizzazione del Trattato dell'Atlantico del Nord (in inglese North Atlantic Treaty Organization; in francese Organisation du traité de l'Atlantique nord, in sigla OTAN) è un'alleanza militare intergovernativa nel settore della difesa tra 32 Stati membri, di cui 30 europei e due nordamericani, istituita all'indomani della seconda guerra mondiale. Il trattato istitutivo della NATO, il Patto Atlantico, fu firmato a Washington il 4 aprile 1949, ed entrò in vigore il 24 agosto dello stesso anno.




La NATO è un sistema di sicurezza collettiva: i suoi Stati membri indipendenti si impegnano a difendersi a vicenda da eventuali attacchi di terzi. 

Durante la guerra fredda, servì come deterrente riguardo alla percepita minaccia dell'Unione Sovietica. L'alleanza è rimasta in vigore dopo la dissoluzione dell'Unione Sovietica ed è stata coinvolta in operazioni militari nei Balcani, in Medio Oriente, in Asia meridionale e in Africa.
Il quartier generale principale della NATO si trova a Bruxelles, in Belgio, mentre il quartier generale militare è situato nei pressi di Mons, sempre in Belgio. L'alleanza può disporre della NATO Response Force e delle forze armate combinate di tutti i suoi membri che comprendono un totale di circa 3,5 milioni di soldati e personale di vario genere. La loro spesa militare combinata nel 2020 costituiva oltre il 57% del totale nominale globale. Inoltre, i membri hanno concordato di raggiungere o mantenere l'obiettivo di spesa per la difesa di almeno il 2% del loro PIL entro il 2024.
La NATO si è formata con dodici membri fondatori e in dieci occasioni ha aggiunto nuovi membri, l'ultima delle quali è avvenuta nel 2024 quando la Svezia è entrata a farne parte. 

Al 2024, la NATO riconosce la Bosnia-Erzegovina, la Georgia e l'Ucraina come aspiranti membri. 

L'allargamento dell'alleanza ha portato a tensioni con i paesi terzi come la Russia, uno dei diciannove paesi che partecipano al programma di partenariato per la pace della NATO. Altri diciannove paesi sono coinvolti in programmi di dialogo istituzionalizzato con l’alleanza.






Il dialogo politico con il Giappone è iniziato negli anni Novanta e, da allora, l'Alleanza ha gradualmente intensificato i suoi contatti con Paesi che non fanno parte di nessuna di queste iniziative di cooperazione. 

Nel 1998, la NATO ha stabilito una serie di linee guida generali che non consentono un'istituzionalizzazione formale delle relazioni ma riflettono il desiderio degli alleati di aumentare la cooperazione: dopo un ampio dibattito, nel 2000 gli Alleati hanno concordato il termine "Paesi di contatto". Nel 2012 l'Alleanza ha definitivamente ampliato questo gruppo, che si riunisce per discutere questioni come la lotta alla pirateria e lo scambio di tecnologia, sotto il nome di "Partner globali": oltre alla Corea del Sud nel 2005, l'Australia nel 2005 e la Nuova Zelanda nel 2001 (che sono anche membri dell'alleanza strategica AUSCANNZUKUS), è stato intrapreso un dialogo rafforzato con Paesi come il Pakistan e la Mongolia dal 2005 ed infine l'Iraq dal 2011. Nel 2017 la Colombia ha siglato accordi di partnership per la pace e collaborazione in vari ambiti militari con la NATO, divenendo il primo e finora unico Paese latino-americano legato alla NATO.

Contesto alla fine della seconda guerra mondiale

Con la capitolazione della Germania nazista del maggio 1945 e la resa del Giappone dell’agosto successivo terminò la seconda guerra mondiale. Gli alleati usciti vincitori erano composti da stati molto diversi tra di loro: se Francia, Regno Unito e Stati Uniti erano stati fondati su un sistema multipartitico con libere elezioni democratiche e dotato di un’economia di mercato basata sul modello capitalista liberale, l’Unione Sovietica era un regime autoritario, monopartitico con economia pianificata di tipo comunista basata sull'ideologia del marxismo-leninismo.
Già durante il conflitto erano emerse alcune incrinature nell'alleanza ma fu alla cessazione delle ostilità che il clima andò progressivamente peggiorando. Due erano i principali punti di attrito tra stati occidentali e Unione Sovietica. Il primo riguardava le sorti della Germania. Alla conferenza di Yalta del febbraio 1945 era stato deciso che sarebbe stata disarmata e occupata secondo zone: USA e Regno Unito (a cui poi si aggiungerà la Francia) avrebbero controllato le regioni dell’Ovest, l'Unione Sovietica quelle dell’est. Anche la capitale Berlino venne divisa in modo analogo. Tuttavia, tale soluzione doveva essere temporanea in attesa di trovare una strategia condivisa per il futuro dell’ex avversario.
Il secondo riguardava i paesi dell’Europa dell’est occupati dall'Unione Sovietica nelle prime fasi del conflitto e successivamente durante la marcia verso Berlino. Secondo quanto stabilito a Yalta, questi sarebbero stati soggetti alla sfera di influenza dell’URSS come risarcimento per le enormi perdite materiali e umane patite ma a patto di garantire un sistema democratico per il loro governo. Invece, il leader sovietico Iosef Stalin scelse di trasformare questi stati in stati satellite appoggiando militarmente i partiti comunisti locali e sopprimendo ogni tentativo di opposizione. Inoltre vennero ricostituiti gli eserciti locali sotto il controllo di Mosca. A tal proposito, l’ex primo ministro britannico Winston Churchill, in un celebre discorso tenuto il 5 marzo 1946 descrisse la situazione affermando che «sul continente da Stettino sul Baltico a Trieste sull'Adriatico una cortina di ferro è scesa attraverso il continente».
Le preoccupazioni nel mondo occidentale nei confronti dell'oramai ex alleato orientale aumentarono ulteriormente quando il diplomatico statunitense a Mosca George Frost Kennan spedì a Washington un "lungo telegramma" con cui accusava l’URSS di “espansionismo ideologico”. L’istituzione del Cominform nel 1947 da parte di Stalin esacerbò ancora di più la tensione. Le iniziali aspettative del presidente statunitense Roosevelt circa una possibile coesistenza pacifica tra le superpotenze suggellata dalla nascita nel 1945 dell’Organizzazione delle Nazioni Unite erano state messe in serio dubbio dagli eventi lasciando spazio ad un clima di reciproco sospetto e timore di un attacco da parte dell’avversario.

Gli stati dell’Europa occidentale erano consapevoli di non essere in grado di difendersi da soli da una possibile aggressione da parte dell’Unione Sovietica che vantava, seppur con le gravi perdite subite sul fronte orientale, una netta superiorità sugli armamenti convenzionali e sulle truppe di fanteria meccanizzata. 

Pertanto, l'unica strada percorribile fu quella di unire le proprie risorse militari coalizzandosi. Un primo passo in questo senso avvenne con il trattato di Dunkerque grazie al quale Francia e Gran Bretagna crearono un fronte unico di mutua difesa militare. I nuovi timori successivi al colpo di Stato in Cecoslovacchia del febbraio 1948 accelerarono il processo di canalizzazione: pochi giorni dopo Belgio, Francia, Lussemburgo, Paesi Bassi e Regno Unito firmarono il trattato di Bruxelles.
Nonostante l'allargamento dell'alleanza il divario con l'Unione Sovietica era ancora esistente e agli europei occidentali era chiaro quanto fosse fondamentale poter disporre anche dall'assistenza militare degli Stati Uniti, gli unici che possedevano un arsenale di armi nucleari. Tuttavia la tradizionale politica estera statunitense si basava sull'isolazionismo, un principio risalente ancora a George Washington.
Il mutato scenario internazionale fece riconsiderare questa posizione. Già nel marzo del 1947 il Presidente Truman aveva annunciato una nuova dottrina che faceva del contenimento dell’espansione comunista il suo punto centrale producendo effetti immediati nelle crisi di Grecia e Turchia. Il mese successivo venne attuato il Piano Marshall attraverso il quel gli Stati Uniti si impegnarono a aiutare la ripresa degli stati europei promuovendo nel contempo il proprio modello economico.
Il definitivo superamento dell'isolazionismo si ebbe nel giugno dell’anno successivo quando il Senato statunitense approvò a grande maggioranza la Risoluzione Vandenberg che permetteva al presidente di associare gli Stati Uniti a accordi con paesi esteri fondati sulla reciprocità e sull'autodifesa. Fu l'atto formale che dette avvio alla costruzione di un sistema di mutua difesa occidentale completo.
Ad accelerare il processo furono comunque, ancora una volta, le azioni intraprese dall'Unione Sovietica. Come conseguenza all'introduzione da parte statunitense del nuovo marco tedesco nei tre settori occidentali della Germania, Stalin ordinò un Blocco di Berlino a partire dal 24 giugno 1948. Come risposta il mondo occidentale organizzò un ponte aereo. La vicenda del blocco di Berlino Ovest fece forte impressione sulle popolazioni occidentali e, di fatto, favorì la decisione di istituire un'alleanza occidentale contro la percepita minaccia sovietica.

La firma del Patto atlantico

Mentre il blocco di Berlino continuava, sarà tolto solo nel maggio 1949, a luglio iniziarono i colloqui per giungere ad una partecipazione statunitense alla difesa comune europea. I negoziati giunsero a conclusione il 4 aprile 1949 con la firma a Washington del Patto Atlantico a cui aderirono Stati Uniti, Gran Bretagna, Canada, Francia, Belgio, Paesi Bassi, Lussemburgo, Portogallo, Italia, Norvegia, Islanda, ed entrò in vigore il 24 agosto 1949. 

Con la firma i membri si impegnavano a saldare i propri legami, a preservare la pace, a proteggere le proprie istituzioni e i propri valori liberali e democratici, a unire gli sforzi per la "difesa collettiva" secondo quanto disposto dall'articolo 5:

«Le parti concordano che un attacco armato contro una o più di esse, in Europa o in America settentrionale, deve essere considerato come un attacco contro tutte e di conseguenza concordano che, se tale attacco armato avviene, ognuna di esse, in esercizio del diritto di autodifesa individuale o collettiva, riconosciuto dall'articolo 51 dello Statuto delle Nazioni Unite, assisterà la parte o le parti attaccate prendendo immediatamente, individualmente o in concerto con le altre parti, tutte le azioni che ritiene necessarie, incluso l'uso della forza armata, per ripristinare e mantenere la sicurezza dell'area Nord Atlantica.»

La ratifica da parte dei parlamenti nazionali fu assai veloce anche se vi furono contestazioni in Italia e in Francia da parte dei rispettivi partiti comunisti locali. La Svezia, invitata a partecipare, rifiutò per preservare la sua storica neutralità. Forti proteste vennero da parte dell’Unione Sovietica. 

I mesi successivi alla firma del patto furono carichi di tensione: il 29 agosto 1949 l’Unione Sovietica fece esplodere il suo primo ordigno nucleare, in autunno venne proclamata la Repubblica popolare cinese e nel giugno dell’anno successivo i comunisti nordcoreani invasero il sud filo-statunitense dando inizio alla guerra di Corea. 

Tutti questi avvenimenti spinsero i firmatari del patto atlantico a realizzare concretamente le strutture militari previste dagli accordi con gli Stati Uniti che assunsero fin da subito il ruolo di protagonisti.
Entro l'anno successivo era pienamente operativa l’"Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord" (NATO) nella forma di un’alleanza militare dotata di truppe permanenti.

Gli anni della guerra fredda

Primi anni

Nel settembre 1952 si tenne l'operazione Mainbrace, la prima grande esercitazione navale della NATO. che simulava la difesa di Danimarca e Norvegia e vide impiegate 200 navi e oltre 50000 uomini. Nei successivi cinque anni seguirono altre imponenti esercitazioni con scenari diversi che andavano dalle operazioni anfibie, a quelle combinate aeree-navali-terrestri, alla preparazione per una eventuale guerra atomica coinvolgendo le forze armate di tutti i paesi membri dell'organizzazione. Nel 1952 anche Grecia e Turchia entrarono a far parte della NATO. 

Mentre tutto ciò avveniva alla luce del sole, segretamente venivano istituite organizzazioni paramilitari stay-behind, tra cui l'operazione Gladio, con lo scopo di realizzare la resistenza nel caso di successo di una eventuale invasione sovietica.

Negli stessi anni continuarono, in seno all'alleanza, le riflessioni riguardanti la cronica inferiorità nelle forze convenzionali rispetto all'Unione Sovietica. Sebbene nel dicembre 1951 la NATO fosse in grado di schierare 35 divisioni in Europa centrale, circa il triplo delle sue capacità di soli 2 anni prima, queste non sarebbero state certamente in grado di fronteggiare le 140 che si riteneva potesse mettere in campo l'URSS. Questo tema venne affrontato in particolare ad un summit tenutosi a Lisbona nel febbraio del 1952; la strategia decisa di aumentare le forze non si dimostrò attuabile per le difficoltà di bilancio accusate dai paesi dell'alleanza. La nuova amministrazione Eisenhower scelse di rafforzare l'arsenale nucleare per perseguire la dottrina della "rappresaglia massiccia" secondo la quale gli Stati Uniti avrebbero risposto con ogni mezzo, anche atomico, e senza proporzione a qualsiasi attacco sovietico anche di modesta entità. Tale strategia, ideata dal segretario di stato John Foster Dulles, venne chiamata "New Look" e presentata nel gennaio 1954. La NATO inevitabilmente fu fortemente coinvolta in questa nuova strategia e anche per la difesa europea le armi nucleari, sia tattiche che strategiche, divennero protagoniste. Tuttavia, se da una parte i paesi dell'Europa occidentale potevano contare sull'impegno statunitense, il quasi esclusivo monopolio di questi ultimi sugli armamenti atomici rese la NATO fortemente dipendente dalle loro scelte.

L'ingresso della Germania Ovest nell'organizzazione il 9 maggio 1955 fu descritto da Halvard Lange, allora ministro degli Esteri norvegese, come «una svolta decisiva nella storia del nostro continente». 

Uno dei motivi principali di questa scelta era di poter contare sulle risorse umane e materiali tedesche per costituire forze convenzionali sufficienti a resistere a una possibile invasione sovietica. 
All'ingresso della Repubblica Federale Tedesca l'Unione Sovietica rispose immediatamente con l'istituzione del Patto di Varsavia, un'alleanza militare tra gli Stati socialisti del blocco orientale (Ungheria, Cecoslovacchia, Polonia, Bulgaria, Romania, Albania e Germania dell'Est, oltre che Unione Sovietica) delineando così i due fronti opposti della guerra fredda: blocco occidentale e blocco orientale.
Nell'autunno 1957 si svolsero contemporaneamente tre grandi esercitazioni congiunte: l'operazione Counter Punch, l'operazione Strikeback e l'operazione Deep Water, che coinvolsero oltre 250.000 uomini, 300 navi e 1.500 aerei.

Risposta flessibile e crisi dei missili di Cuba

Il rafforzamento militare della NATO spinse l'Unione Sovietica, che dal 1949 si era dotata anche lei di armi nucleari, ad accrescere i suoi arsenali in una vera e propria corsa agli armamenti. Di conseguenza, la consapevolezza che una guerra totale tra i due blocchi, entrambi in grado di disporre di ingenti risorse militari e soprattutto di un arsenale atomico, portò l'amministrazione Kennedy, al governo degli USA dal gennaio 1961, ad elaborare nuove strategie per gli Stati Uniti e per la NATO. Venne così adottata la dottrina della risposta flessibile al posto della rappresaglia massiccia perseguita dalla precedente amministrazione Eisenhower.
L'alleanza atlantica ricevette un duro colpo quando nell'autunno del 1962 scoppiò la crisi dei missili di Cuba, probabilmente il momento di maggior tensione di tutta la guerra fredda. Nel prendere le decisioni più critiche il presidente John Kennedy scelse di non consultarsi con gli alleati e anche il compromesso che permise la risoluzione della crisi, la rimozione dei missili Jupiter da Turchia e Italia, venne presa unilateralmente. La crisi aveva però dimostrato di quanto il contesto che il mondo viveva fosse pericoloso. Pertanto iniziò a delinearsi l'idea di una «coesistenza pacifica» tra le due superpotenze che «cercarono di trovare delle regole di collaborazione reciproca e di stabilizzazione nell'arena internazionale». In ogni caso negli anni seguenti si raggiunse il numero maggiore di forze NATO, passando dai 907.000 uomini nel 1960 al 1.089.000 nel 1965.
















2022: Invasione russa dell’Ucraina

Con l'invasione russa dell'Ucraina del 2022 e il sostegno all’Ucraina, in concerto con i piani di difesa della NATO, sono stati istituiti dall’Alleanza i Multinational Battle Group, unità tattiche di combattimento, operative dall'ottobre 2022. Otto battlegroups costituiscono il personale del fianco orientale della NATO in Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia, Slovacchia, Ungheria, Romania e Bulgaria. L'Italia guida il Battle group in Bulgaria, ed è presente con propri militari anche in quelli in Lettonia e in Ungheria.

Struttura

La NATO possiede un'organizzazione molto complessa e articolata che si è venuta a formare nel corso della sua storia. Da un solo organo iniziale, il Consiglio del Nord Atlantico, nel tempo sono sorti ulteriori organismi e comitati.

Struttura politica

L'Alleanza è governata dai suoi trenta Stati membri, in base alla regola del consenso unanime, ognuno dei quali ha una delegazione presso la sede centrale della NATO a Bruxelles. L'organizzazione politica comprende svariati organismi, tra i più importanti:
il Consiglio del Nord Atlantico (North Atlantic Council, NAC) o semplicemente Consiglio Atlantico: è formato dai Rappresentanti permanenti, ed è l'organismo con l'effettivo potere politico all'interno della NATO. Si riunisce almeno una volta a settimana, solitamente il mercoledì. A scadenza irregolare vengono realizzati anche incontri di alto livello con l'integrazione di Ministri degli esteri, Ministri della difesa o Capi di Stato e di governo: questi incontri sono quelli in cui solitamente l'alleanza prende le decisioni politiche più importanti.
l'Assemblea parlamentare (Parliamentary Assembly): è formata da legislatori dei parlamenti dei Paesi membri integrati da quelli di tredici Paesi associati. È ufficialmente una struttura parallela, ma staccata dalla NATO: il suo scopo è quello di riunire deputati dei Paesi NATO per discutere di temi relativi alla sicurezza e alla difesa;
il Segretario generale (Secretary General, NATO SG): proviene da uno dei Paesi membri europei, presiede il Consiglio e rappresenta la NATO a livello internazionale con gli Stati e i mezzi di comunicazione. È affiancato dal Vicesegretario generale (Deputy Secretary General, NATO DSC). La figura è stata introdotta nel 1952 mentre i suoi poteri e compiti sono definiti nel "rapporto dei tre saggi" del 1956. La sua funzione principale è quella di «dirigere il processo decisionale e di consultazione fra gli Stati membri, mediando le posizioni». Presiede, inoltre, i comitati di più alto livello e redige annualmente una relazione sulle attività svolte. Nelle decisioni del Consiglio il suo ruolo è puramente consultivo sebbene possieda il potere di iniziativa nel chiedere ai Paesi membri di discutere circa temi che ritiene importanti negli interessi dell'Alleanza.
il Comitato per la pianificazione della difesa (Defence Planning Committee, DPC): di norma è composto da rappresentanti permanenti ma almeno due volte all'anno riunisce i ministri della difesa dei vari membri. Il suo compito è pianificare le attività delle autorità militari dell'organizzazione; le sue decisioni sono preparate da una serie di sottocomitati.
il Gruppo di pianificazione nucleare (NATO Nuclear Planning Group, NPG): si occupa di svariati temi inerenti alla politica nucleare, tra cui la sicurezza delle armi nucleari, il loro dispiegamento e i sistemi di comunicazione e informazione relativi fino a comprendere anche il controllo della loro proliferazione.

Struttura militare

L'organizzazione militare della NATO è articolata in vari comandi con sedi nei diversi Paesi membri.
Al vertice vi è il Comitato militare della NATO, con sede a Bruxelles in Belgio. Esso è guidato da un presidente (un ufficiale generale) ed è formato dai rappresentanti militari dei Paesi membri e ha il compito di decidere le linee strategiche di politica militare della NATO. Provvede inoltre alla guida dei comandanti strategici, i cui rappresentanti partecipano alle sedute del Comitato, ed è responsabile per la conduzione degli affari militari dell'Alleanza sotto l'autorità del Consiglio. Il rappresentante militare è l'altra figura rilevante della delegazione permanente dei Paesi membri presso la NATO ed è un ufficiale con il grado di generale di corpo d'armata o corrispondente che proviene dalle forze armate di ciascun Paese membro.
Lo Stato maggiore militare internazionale (IMS) è il braccio esecutivo del Comitato militare. È responsabile dell'amministrazione degli enti militari.
Dal Comitato militare dipendono due comandi strategici:
Il Allied Command Operations (ACO), con sede a Mons in Belgio, è responsabile delle attività di comando sulle forze NATO impiegate in operazioni, nonché in capo agli enti territoriali dislocati in Europa. Il suo staff è costituito da personale militare internazionale sebbene il suo comandante, il Comandante Supremo alleato in Europa (SACEUR), è sempre un generale statunitense. Il quartier generale dell'ACO è l Comando supremo delle potenze alleate in Europa (SHAPE) che comanda tutte le operazioni della NATO in tutto il mondo. Alle sue dipendenze vi sono tre comandi tattici subordinati: l'Allied Air Command con sede presso la Ramstein Air Base, il Comando marittimo alleato di Northwood con sede nel Quartier generale di Northwood e l'Allied Land Command basato a Izmir.
Allied Command Transformation (ACT) con sede a Norfolk negli Stati Uniti, responsabile della redazione delle strategie future e dell'elaborazione della dottrina operativa, logistica e addestrativa NATO. Inoltre, si occupa della sicurezza della regione dell'Oceano Atlantico che va dal polo nord al tropico del Cancro. In caso di guerra avrebbe il compito di proteggere le rotte tra Europa e Stati Uniti e in particolare a difendere la zona assegnata dalle possibili incursioni di sottomarini nemici. L’ACT è comandato da un generale statunitense o europeo (finora sempre francese). La sua capacità operativa è divisa in comandi subordinati divisi per regione geografica.


Ripensare la guerra, e il suo posto
nella cultura politica europea contemporanea,
è il solo modo per non trovarsi di nuovo davanti
a un disegno spezzato
senza nessuna strategia
per poterlo ricostruire su basi più solide e più universali.
Se c’è una cosa che gli ultimi eventi ci stanno insegnando
è che non bisogna arrendersi mai,
che la difesa della propria libertà
ha un costo
ma è il presupposto per perseguire ogni sogno,
ogni speranza, ogni scopo,
che le cose per cui vale la pena di vivere
sono le stesse per cui vale la pena di morire.
Si può scegliere di vivere da servi su questa terra, ma un popolo esiste in quanto libero, 
in quanto capace di autodeterminarsi,
vive finché è capace di lottare per la propria libertà: 
altrimenti cessa di esistere come popolo.
Qualcuno è convinto che coloro che seguono questo blog sono dei semplici guerrafondai! 
Nulla di più errato. 
Quelli che, come noi, conoscono le immense potenzialità distruttive dei moderni armamenti 
sono i primi assertori della "PACE". 
Quelli come noi mettono in campo le più avanzate competenze e conoscenze 
per assicurare il massimo della protezione dei cittadini e dei territori: 
SEMPRE!
….Gli attuali eventi storici ci devono insegnare che, se vuoi vivere in pace, 
devi essere sempre pronto a difendere la tua Libertà….
La difesa è per noi rilevante
poiché essa è la precondizione per la libertà e il benessere sociale.
Dopo alcuni decenni di “pace”,
alcuni si sono abituati a darla per scontata:
una sorta di dono divino e non, 
un bene pagato a carissimo prezzo dopo innumerevoli devastanti conflitti.…
…Vorrei preservare la mia identità,
difendere la mia cultura,
conservare le mie tradizioni.
L’importante non è che accanto a me
ci sia un tripudio di fari,
ma che io faccia la mia parte,
donando quello che ho ricevuto dai miei AVI,
fiamma modesta ma utile a trasmettere speranza
ai popoli che difendono la propria Patria!
Violenza e terrorismo sono il risultato
della mancanza di giustizia tra i popoli.
Per cui l'uomo di pace
si impegna a combattere tutto ciò 
che crea disuguaglianze, divisioni e ingiustizie.
Signore, apri i nostri cuori
affinché siano spezzate le catene
della violenza e dell’odio,
e finalmente il male sia vinto dal bene…

(Fonti: https://svppbellum.blogspot.com/, Web, Google, Wikipedia, You Tube)