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lunedì 8 aprile 2024

N.A.T.O.: il 4 aprile 2024, abbiamo celebrato il 75° anniversario dell'Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico (NATO), pietra angolare della stabilità internazionale dalla fine della Seconda Guerra Mondiale.








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storia militare, sicurezza e tecnologia. 
La bandiera è un simbolo che ci unisce, non solo come membri 
di un reparto militare 
ma come cittadini e custodi di ideali.
Valori da tramandare e trasmettere, da difendere
senza mai darli per scontati.






Tra il 1949 e fino ad oggi, altre 20 nazioni si sono unite ai 12 paesi originari che formavano l’alleanza, inclusa più recentemente la Finlandia e la Svezia. Con l’espansione delle minacce in tutto il mondo, la NATO è oggi più critica che mai per gli interessi di sicurezza degli Stati Uniti e continuerà a fornire una base per il futuro successo militare ed economico, la sicurezza, la sovranità e l’autodeterminazione dei suoi 32 paesi membri.





L’Europa fu devastata dopo la seconda guerra mondiale. L'espansione dell'influenza dell'Unione Sovietica nel dopoguerra nell'Europa orientale spinse Belgio, Paesi Bassi e Lussemburgo a stipulare un trattato difensivo per contrastare l'aumento dell'influenza sovietica. Queste nazioni invitarono gli Stati Uniti e il Canada ad aderire, seguiti da altri sette paesi europei. L’obiettivo principale era quello di formare un’alleanza difensiva per prevenire la diffusione del comunismo e preparare il terreno per la ricostruzione del continente devastato dalla guerra. Sebbene l’inizio del 21° secolo abbia visto il crollo dell’Unione Sovietica, il ripetersi dell’aggressione russa ha rafforzato la necessità di una forte alleanza con la NATO.




La NATO, Organizzazione del Trattato dell'Atlantico del Nord (in inglese North Atlantic Treaty Organization; in francese Organisation du traité de l'Atlantique nord, in sigla OTAN) è un'alleanza militare intergovernativa nel settore della difesa tra 32 Stati membri, di cui 30 europei e due nordamericani, istituita all'indomani della seconda guerra mondiale. Il trattato istitutivo della NATO, il Patto Atlantico, fu firmato a Washington il 4 aprile 1949, ed entrò in vigore il 24 agosto dello stesso anno.




La NATO è un sistema di sicurezza collettiva: i suoi Stati membri indipendenti si impegnano a difendersi a vicenda da eventuali attacchi di terzi. 

Durante la guerra fredda, servì come deterrente riguardo alla percepita minaccia dell'Unione Sovietica. L'alleanza è rimasta in vigore dopo la dissoluzione dell'Unione Sovietica ed è stata coinvolta in operazioni militari nei Balcani, in Medio Oriente, in Asia meridionale e in Africa.
Il quartier generale principale della NATO si trova a Bruxelles, in Belgio, mentre il quartier generale militare è situato nei pressi di Mons, sempre in Belgio. L'alleanza può disporre della NATO Response Force e delle forze armate combinate di tutti i suoi membri che comprendono un totale di circa 3,5 milioni di soldati e personale di vario genere. La loro spesa militare combinata nel 2020 costituiva oltre il 57% del totale nominale globale. Inoltre, i membri hanno concordato di raggiungere o mantenere l'obiettivo di spesa per la difesa di almeno il 2% del loro PIL entro il 2024.
La NATO si è formata con dodici membri fondatori e in dieci occasioni ha aggiunto nuovi membri, l'ultima delle quali è avvenuta nel 2024 quando la Svezia è entrata a farne parte. 

Al 2024, la NATO riconosce la Bosnia-Erzegovina, la Georgia e l'Ucraina come aspiranti membri. 

L'allargamento dell'alleanza ha portato a tensioni con i paesi terzi come la Russia, uno dei diciannove paesi che partecipano al programma di partenariato per la pace della NATO. Altri diciannove paesi sono coinvolti in programmi di dialogo istituzionalizzato con l’alleanza.






Il dialogo politico con il Giappone è iniziato negli anni Novanta e, da allora, l'Alleanza ha gradualmente intensificato i suoi contatti con Paesi che non fanno parte di nessuna di queste iniziative di cooperazione. 

Nel 1998, la NATO ha stabilito una serie di linee guida generali che non consentono un'istituzionalizzazione formale delle relazioni ma riflettono il desiderio degli alleati di aumentare la cooperazione: dopo un ampio dibattito, nel 2000 gli Alleati hanno concordato il termine "Paesi di contatto". Nel 2012 l'Alleanza ha definitivamente ampliato questo gruppo, che si riunisce per discutere questioni come la lotta alla pirateria e lo scambio di tecnologia, sotto il nome di "Partner globali": oltre alla Corea del Sud nel 2005, l'Australia nel 2005 e la Nuova Zelanda nel 2001 (che sono anche membri dell'alleanza strategica AUSCANNZUKUS), è stato intrapreso un dialogo rafforzato con Paesi come il Pakistan e la Mongolia dal 2005 ed infine l'Iraq dal 2011. Nel 2017 la Colombia ha siglato accordi di partnership per la pace e collaborazione in vari ambiti militari con la NATO, divenendo il primo e finora unico Paese latino-americano legato alla NATO.

Contesto alla fine della seconda guerra mondiale

Con la capitolazione della Germania nazista del maggio 1945 e la resa del Giappone dell’agosto successivo terminò la seconda guerra mondiale. Gli alleati usciti vincitori erano composti da stati molto diversi tra di loro: se Francia, Regno Unito e Stati Uniti erano stati fondati su un sistema multipartitico con libere elezioni democratiche e dotato di un’economia di mercato basata sul modello capitalista liberale, l’Unione Sovietica era un regime autoritario, monopartitico con economia pianificata di tipo comunista basata sull'ideologia del marxismo-leninismo.
Già durante il conflitto erano emerse alcune incrinature nell'alleanza ma fu alla cessazione delle ostilità che il clima andò progressivamente peggiorando. Due erano i principali punti di attrito tra stati occidentali e Unione Sovietica. Il primo riguardava le sorti della Germania. Alla conferenza di Yalta del febbraio 1945 era stato deciso che sarebbe stata disarmata e occupata secondo zone: USA e Regno Unito (a cui poi si aggiungerà la Francia) avrebbero controllato le regioni dell’Ovest, l'Unione Sovietica quelle dell’est. Anche la capitale Berlino venne divisa in modo analogo. Tuttavia, tale soluzione doveva essere temporanea in attesa di trovare una strategia condivisa per il futuro dell’ex avversario.
Il secondo riguardava i paesi dell’Europa dell’est occupati dall'Unione Sovietica nelle prime fasi del conflitto e successivamente durante la marcia verso Berlino. Secondo quanto stabilito a Yalta, questi sarebbero stati soggetti alla sfera di influenza dell’URSS come risarcimento per le enormi perdite materiali e umane patite ma a patto di garantire un sistema democratico per il loro governo. Invece, il leader sovietico Iosef Stalin scelse di trasformare questi stati in stati satellite appoggiando militarmente i partiti comunisti locali e sopprimendo ogni tentativo di opposizione. Inoltre vennero ricostituiti gli eserciti locali sotto il controllo di Mosca. A tal proposito, l’ex primo ministro britannico Winston Churchill, in un celebre discorso tenuto il 5 marzo 1946 descrisse la situazione affermando che «sul continente da Stettino sul Baltico a Trieste sull'Adriatico una cortina di ferro è scesa attraverso il continente».
Le preoccupazioni nel mondo occidentale nei confronti dell'oramai ex alleato orientale aumentarono ulteriormente quando il diplomatico statunitense a Mosca George Frost Kennan spedì a Washington un "lungo telegramma" con cui accusava l’URSS di “espansionismo ideologico”. L’istituzione del Cominform nel 1947 da parte di Stalin esacerbò ancora di più la tensione. Le iniziali aspettative del presidente statunitense Roosevelt circa una possibile coesistenza pacifica tra le superpotenze suggellata dalla nascita nel 1945 dell’Organizzazione delle Nazioni Unite erano state messe in serio dubbio dagli eventi lasciando spazio ad un clima di reciproco sospetto e timore di un attacco da parte dell’avversario.

Gli stati dell’Europa occidentale erano consapevoli di non essere in grado di difendersi da soli da una possibile aggressione da parte dell’Unione Sovietica che vantava, seppur con le gravi perdite subite sul fronte orientale, una netta superiorità sugli armamenti convenzionali e sulle truppe di fanteria meccanizzata. 

Pertanto, l'unica strada percorribile fu quella di unire le proprie risorse militari coalizzandosi. Un primo passo in questo senso avvenne con il trattato di Dunkerque grazie al quale Francia e Gran Bretagna crearono un fronte unico di mutua difesa militare. I nuovi timori successivi al colpo di Stato in Cecoslovacchia del febbraio 1948 accelerarono il processo di canalizzazione: pochi giorni dopo Belgio, Francia, Lussemburgo, Paesi Bassi e Regno Unito firmarono il trattato di Bruxelles.
Nonostante l'allargamento dell'alleanza il divario con l'Unione Sovietica era ancora esistente e agli europei occidentali era chiaro quanto fosse fondamentale poter disporre anche dall'assistenza militare degli Stati Uniti, gli unici che possedevano un arsenale di armi nucleari. Tuttavia la tradizionale politica estera statunitense si basava sull'isolazionismo, un principio risalente ancora a George Washington.
Il mutato scenario internazionale fece riconsiderare questa posizione. Già nel marzo del 1947 il Presidente Truman aveva annunciato una nuova dottrina che faceva del contenimento dell’espansione comunista il suo punto centrale producendo effetti immediati nelle crisi di Grecia e Turchia. Il mese successivo venne attuato il Piano Marshall attraverso il quel gli Stati Uniti si impegnarono a aiutare la ripresa degli stati europei promuovendo nel contempo il proprio modello economico.
Il definitivo superamento dell'isolazionismo si ebbe nel giugno dell’anno successivo quando il Senato statunitense approvò a grande maggioranza la Risoluzione Vandenberg che permetteva al presidente di associare gli Stati Uniti a accordi con paesi esteri fondati sulla reciprocità e sull'autodifesa. Fu l'atto formale che dette avvio alla costruzione di un sistema di mutua difesa occidentale completo.
Ad accelerare il processo furono comunque, ancora una volta, le azioni intraprese dall'Unione Sovietica. Come conseguenza all'introduzione da parte statunitense del nuovo marco tedesco nei tre settori occidentali della Germania, Stalin ordinò un Blocco di Berlino a partire dal 24 giugno 1948. Come risposta il mondo occidentale organizzò un ponte aereo. La vicenda del blocco di Berlino Ovest fece forte impressione sulle popolazioni occidentali e, di fatto, favorì la decisione di istituire un'alleanza occidentale contro la percepita minaccia sovietica.

La firma del Patto atlantico

Mentre il blocco di Berlino continuava, sarà tolto solo nel maggio 1949, a luglio iniziarono i colloqui per giungere ad una partecipazione statunitense alla difesa comune europea. I negoziati giunsero a conclusione il 4 aprile 1949 con la firma a Washington del Patto Atlantico a cui aderirono Stati Uniti, Gran Bretagna, Canada, Francia, Belgio, Paesi Bassi, Lussemburgo, Portogallo, Italia, Norvegia, Islanda, ed entrò in vigore il 24 agosto 1949. 

Con la firma i membri si impegnavano a saldare i propri legami, a preservare la pace, a proteggere le proprie istituzioni e i propri valori liberali e democratici, a unire gli sforzi per la "difesa collettiva" secondo quanto disposto dall'articolo 5:

«Le parti concordano che un attacco armato contro una o più di esse, in Europa o in America settentrionale, deve essere considerato come un attacco contro tutte e di conseguenza concordano che, se tale attacco armato avviene, ognuna di esse, in esercizio del diritto di autodifesa individuale o collettiva, riconosciuto dall'articolo 51 dello Statuto delle Nazioni Unite, assisterà la parte o le parti attaccate prendendo immediatamente, individualmente o in concerto con le altre parti, tutte le azioni che ritiene necessarie, incluso l'uso della forza armata, per ripristinare e mantenere la sicurezza dell'area Nord Atlantica.»

La ratifica da parte dei parlamenti nazionali fu assai veloce anche se vi furono contestazioni in Italia e in Francia da parte dei rispettivi partiti comunisti locali. La Svezia, invitata a partecipare, rifiutò per preservare la sua storica neutralità. Forti proteste vennero da parte dell’Unione Sovietica. 

I mesi successivi alla firma del patto furono carichi di tensione: il 29 agosto 1949 l’Unione Sovietica fece esplodere il suo primo ordigno nucleare, in autunno venne proclamata la Repubblica popolare cinese e nel giugno dell’anno successivo i comunisti nordcoreani invasero il sud filo-statunitense dando inizio alla guerra di Corea. 

Tutti questi avvenimenti spinsero i firmatari del patto atlantico a realizzare concretamente le strutture militari previste dagli accordi con gli Stati Uniti che assunsero fin da subito il ruolo di protagonisti.
Entro l'anno successivo era pienamente operativa l’"Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord" (NATO) nella forma di un’alleanza militare dotata di truppe permanenti.

Gli anni della guerra fredda

Primi anni

Nel settembre 1952 si tenne l'operazione Mainbrace, la prima grande esercitazione navale della NATO. che simulava la difesa di Danimarca e Norvegia e vide impiegate 200 navi e oltre 50000 uomini. Nei successivi cinque anni seguirono altre imponenti esercitazioni con scenari diversi che andavano dalle operazioni anfibie, a quelle combinate aeree-navali-terrestri, alla preparazione per una eventuale guerra atomica coinvolgendo le forze armate di tutti i paesi membri dell'organizzazione. Nel 1952 anche Grecia e Turchia entrarono a far parte della NATO. 

Mentre tutto ciò avveniva alla luce del sole, segretamente venivano istituite organizzazioni paramilitari stay-behind, tra cui l'operazione Gladio, con lo scopo di realizzare la resistenza nel caso di successo di una eventuale invasione sovietica.

Negli stessi anni continuarono, in seno all'alleanza, le riflessioni riguardanti la cronica inferiorità nelle forze convenzionali rispetto all'Unione Sovietica. Sebbene nel dicembre 1951 la NATO fosse in grado di schierare 35 divisioni in Europa centrale, circa il triplo delle sue capacità di soli 2 anni prima, queste non sarebbero state certamente in grado di fronteggiare le 140 che si riteneva potesse mettere in campo l'URSS. Questo tema venne affrontato in particolare ad un summit tenutosi a Lisbona nel febbraio del 1952; la strategia decisa di aumentare le forze non si dimostrò attuabile per le difficoltà di bilancio accusate dai paesi dell'alleanza. La nuova amministrazione Eisenhower scelse di rafforzare l'arsenale nucleare per perseguire la dottrina della "rappresaglia massiccia" secondo la quale gli Stati Uniti avrebbero risposto con ogni mezzo, anche atomico, e senza proporzione a qualsiasi attacco sovietico anche di modesta entità. Tale strategia, ideata dal segretario di stato John Foster Dulles, venne chiamata "New Look" e presentata nel gennaio 1954. La NATO inevitabilmente fu fortemente coinvolta in questa nuova strategia e anche per la difesa europea le armi nucleari, sia tattiche che strategiche, divennero protagoniste. Tuttavia, se da una parte i paesi dell'Europa occidentale potevano contare sull'impegno statunitense, il quasi esclusivo monopolio di questi ultimi sugli armamenti atomici rese la NATO fortemente dipendente dalle loro scelte.

L'ingresso della Germania Ovest nell'organizzazione il 9 maggio 1955 fu descritto da Halvard Lange, allora ministro degli Esteri norvegese, come «una svolta decisiva nella storia del nostro continente». 

Uno dei motivi principali di questa scelta era di poter contare sulle risorse umane e materiali tedesche per costituire forze convenzionali sufficienti a resistere a una possibile invasione sovietica. 
All'ingresso della Repubblica Federale Tedesca l'Unione Sovietica rispose immediatamente con l'istituzione del Patto di Varsavia, un'alleanza militare tra gli Stati socialisti del blocco orientale (Ungheria, Cecoslovacchia, Polonia, Bulgaria, Romania, Albania e Germania dell'Est, oltre che Unione Sovietica) delineando così i due fronti opposti della guerra fredda: blocco occidentale e blocco orientale.
Nell'autunno 1957 si svolsero contemporaneamente tre grandi esercitazioni congiunte: l'operazione Counter Punch, l'operazione Strikeback e l'operazione Deep Water, che coinvolsero oltre 250.000 uomini, 300 navi e 1.500 aerei.

Risposta flessibile e crisi dei missili di Cuba

Il rafforzamento militare della NATO spinse l'Unione Sovietica, che dal 1949 si era dotata anche lei di armi nucleari, ad accrescere i suoi arsenali in una vera e propria corsa agli armamenti. Di conseguenza, la consapevolezza che una guerra totale tra i due blocchi, entrambi in grado di disporre di ingenti risorse militari e soprattutto di un arsenale atomico, portò l'amministrazione Kennedy, al governo degli USA dal gennaio 1961, ad elaborare nuove strategie per gli Stati Uniti e per la NATO. Venne così adottata la dottrina della risposta flessibile al posto della rappresaglia massiccia perseguita dalla precedente amministrazione Eisenhower.
L'alleanza atlantica ricevette un duro colpo quando nell'autunno del 1962 scoppiò la crisi dei missili di Cuba, probabilmente il momento di maggior tensione di tutta la guerra fredda. Nel prendere le decisioni più critiche il presidente John Kennedy scelse di non consultarsi con gli alleati e anche il compromesso che permise la risoluzione della crisi, la rimozione dei missili Jupiter da Turchia e Italia, venne presa unilateralmente. La crisi aveva però dimostrato di quanto il contesto che il mondo viveva fosse pericoloso. Pertanto iniziò a delinearsi l'idea di una «coesistenza pacifica» tra le due superpotenze che «cercarono di trovare delle regole di collaborazione reciproca e di stabilizzazione nell'arena internazionale». In ogni caso negli anni seguenti si raggiunse il numero maggiore di forze NATO, passando dai 907.000 uomini nel 1960 al 1.089.000 nel 1965.
















2022: Invasione russa dell’Ucraina

Con l'invasione russa dell'Ucraina del 2022 e il sostegno all’Ucraina, in concerto con i piani di difesa della NATO, sono stati istituiti dall’Alleanza i Multinational Battle Group, unità tattiche di combattimento, operative dall'ottobre 2022. Otto battlegroups costituiscono il personale del fianco orientale della NATO in Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia, Slovacchia, Ungheria, Romania e Bulgaria. L'Italia guida il Battle group in Bulgaria, ed è presente con propri militari anche in quelli in Lettonia e in Ungheria.

Struttura

La NATO possiede un'organizzazione molto complessa e articolata che si è venuta a formare nel corso della sua storia. Da un solo organo iniziale, il Consiglio del Nord Atlantico, nel tempo sono sorti ulteriori organismi e comitati.

Struttura politica

L'Alleanza è governata dai suoi trenta Stati membri, in base alla regola del consenso unanime, ognuno dei quali ha una delegazione presso la sede centrale della NATO a Bruxelles. L'organizzazione politica comprende svariati organismi, tra i più importanti:
il Consiglio del Nord Atlantico (North Atlantic Council, NAC) o semplicemente Consiglio Atlantico: è formato dai Rappresentanti permanenti, ed è l'organismo con l'effettivo potere politico all'interno della NATO. Si riunisce almeno una volta a settimana, solitamente il mercoledì. A scadenza irregolare vengono realizzati anche incontri di alto livello con l'integrazione di Ministri degli esteri, Ministri della difesa o Capi di Stato e di governo: questi incontri sono quelli in cui solitamente l'alleanza prende le decisioni politiche più importanti.
l'Assemblea parlamentare (Parliamentary Assembly): è formata da legislatori dei parlamenti dei Paesi membri integrati da quelli di tredici Paesi associati. È ufficialmente una struttura parallela, ma staccata dalla NATO: il suo scopo è quello di riunire deputati dei Paesi NATO per discutere di temi relativi alla sicurezza e alla difesa;
il Segretario generale (Secretary General, NATO SG): proviene da uno dei Paesi membri europei, presiede il Consiglio e rappresenta la NATO a livello internazionale con gli Stati e i mezzi di comunicazione. È affiancato dal Vicesegretario generale (Deputy Secretary General, NATO DSC). La figura è stata introdotta nel 1952 mentre i suoi poteri e compiti sono definiti nel "rapporto dei tre saggi" del 1956. La sua funzione principale è quella di «dirigere il processo decisionale e di consultazione fra gli Stati membri, mediando le posizioni». Presiede, inoltre, i comitati di più alto livello e redige annualmente una relazione sulle attività svolte. Nelle decisioni del Consiglio il suo ruolo è puramente consultivo sebbene possieda il potere di iniziativa nel chiedere ai Paesi membri di discutere circa temi che ritiene importanti negli interessi dell'Alleanza.
il Comitato per la pianificazione della difesa (Defence Planning Committee, DPC): di norma è composto da rappresentanti permanenti ma almeno due volte all'anno riunisce i ministri della difesa dei vari membri. Il suo compito è pianificare le attività delle autorità militari dell'organizzazione; le sue decisioni sono preparate da una serie di sottocomitati.
il Gruppo di pianificazione nucleare (NATO Nuclear Planning Group, NPG): si occupa di svariati temi inerenti alla politica nucleare, tra cui la sicurezza delle armi nucleari, il loro dispiegamento e i sistemi di comunicazione e informazione relativi fino a comprendere anche il controllo della loro proliferazione.

Struttura militare

L'organizzazione militare della NATO è articolata in vari comandi con sedi nei diversi Paesi membri.
Al vertice vi è il Comitato militare della NATO, con sede a Bruxelles in Belgio. Esso è guidato da un presidente (un ufficiale generale) ed è formato dai rappresentanti militari dei Paesi membri e ha il compito di decidere le linee strategiche di politica militare della NATO. Provvede inoltre alla guida dei comandanti strategici, i cui rappresentanti partecipano alle sedute del Comitato, ed è responsabile per la conduzione degli affari militari dell'Alleanza sotto l'autorità del Consiglio. Il rappresentante militare è l'altra figura rilevante della delegazione permanente dei Paesi membri presso la NATO ed è un ufficiale con il grado di generale di corpo d'armata o corrispondente che proviene dalle forze armate di ciascun Paese membro.
Lo Stato maggiore militare internazionale (IMS) è il braccio esecutivo del Comitato militare. È responsabile dell'amministrazione degli enti militari.
Dal Comitato militare dipendono due comandi strategici:
Il Allied Command Operations (ACO), con sede a Mons in Belgio, è responsabile delle attività di comando sulle forze NATO impiegate in operazioni, nonché in capo agli enti territoriali dislocati in Europa. Il suo staff è costituito da personale militare internazionale sebbene il suo comandante, il Comandante Supremo alleato in Europa (SACEUR), è sempre un generale statunitense. Il quartier generale dell'ACO è l Comando supremo delle potenze alleate in Europa (SHAPE) che comanda tutte le operazioni della NATO in tutto il mondo. Alle sue dipendenze vi sono tre comandi tattici subordinati: l'Allied Air Command con sede presso la Ramstein Air Base, il Comando marittimo alleato di Northwood con sede nel Quartier generale di Northwood e l'Allied Land Command basato a Izmir.
Allied Command Transformation (ACT) con sede a Norfolk negli Stati Uniti, responsabile della redazione delle strategie future e dell'elaborazione della dottrina operativa, logistica e addestrativa NATO. Inoltre, si occupa della sicurezza della regione dell'Oceano Atlantico che va dal polo nord al tropico del Cancro. In caso di guerra avrebbe il compito di proteggere le rotte tra Europa e Stati Uniti e in particolare a difendere la zona assegnata dalle possibili incursioni di sottomarini nemici. L’ACT è comandato da un generale statunitense o europeo (finora sempre francese). La sua capacità operativa è divisa in comandi subordinati divisi per regione geografica.


Ripensare la guerra, e il suo posto
nella cultura politica europea contemporanea,
è il solo modo per non trovarsi di nuovo davanti
a un disegno spezzato
senza nessuna strategia
per poterlo ricostruire su basi più solide e più universali.
Se c’è una cosa che gli ultimi eventi ci stanno insegnando
è che non bisogna arrendersi mai,
che la difesa della propria libertà
ha un costo
ma è il presupposto per perseguire ogni sogno,
ogni speranza, ogni scopo,
che le cose per cui vale la pena di vivere
sono le stesse per cui vale la pena di morire.
Si può scegliere di vivere da servi su questa terra, ma un popolo esiste in quanto libero, 
in quanto capace di autodeterminarsi,
vive finché è capace di lottare per la propria libertà: 
altrimenti cessa di esistere come popolo.
Qualcuno è convinto che coloro che seguono questo blog sono dei semplici guerrafondai! 
Nulla di più errato. 
Quelli che, come noi, conoscono le immense potenzialità distruttive dei moderni armamenti 
sono i primi assertori della "PACE". 
Quelli come noi mettono in campo le più avanzate competenze e conoscenze 
per assicurare il massimo della protezione dei cittadini e dei territori: 
SEMPRE!
….Gli attuali eventi storici ci devono insegnare che, se vuoi vivere in pace, 
devi essere sempre pronto a difendere la tua Libertà….
La difesa è per noi rilevante
poiché essa è la precondizione per la libertà e il benessere sociale.
Dopo alcuni decenni di “pace”,
alcuni si sono abituati a darla per scontata:
una sorta di dono divino e non, 
un bene pagato a carissimo prezzo dopo innumerevoli devastanti conflitti.…
…Vorrei preservare la mia identità,
difendere la mia cultura,
conservare le mie tradizioni.
L’importante non è che accanto a me
ci sia un tripudio di fari,
ma che io faccia la mia parte,
donando quello che ho ricevuto dai miei AVI,
fiamma modesta ma utile a trasmettere speranza
ai popoli che difendono la propria Patria!
Violenza e terrorismo sono il risultato
della mancanza di giustizia tra i popoli.
Per cui l'uomo di pace
si impegna a combattere tutto ciò 
che crea disuguaglianze, divisioni e ingiustizie.
Signore, apri i nostri cuori
affinché siano spezzate le catene
della violenza e dell’odio,
e finalmente il male sia vinto dal bene…

(Fonti: https://svppbellum.blogspot.com/, Web, Google, Wikipedia, You Tube)
















































 

mercoledì 11 ottobre 2023

DAL BLOG DI MARCELLO VENEZIANI: In Israele e in Palestina la causa profonda della guerra, del terrore, delle stragi è unica.....


DAL BLOG DI MARCELLO VENEZIANI:

In Israele e in Palestina la causa profonda della guerra, del terrore, delle stragi è unica e ideologica in chiave etnica: è colpa della destra. Questo pensiero implicito che percorre osservatori, politici e media nostrani, è stato reso esplicito l’altro giorno da uno spettatore. Ero in un programma di Raitre, Quante storie, a presentare la mia biografia di Giambattista Vico, e un ascoltatore mi ha rivolto la seguente domanda: cosa accomuna il movimento di destra di Hamas al governo di destra d’Israele? La domanda conteneva in sé la risposta, anzi il dogma, suggerito dallo stesso spettatore: ma è la destra, perbacco. Insomma, la causa di questo tremendo conflitto sarebbe in quel marchio criminale, la destra.
Poi ti guardi in giro e vedi che a esultare per l’azione terroristica di Hamas in passato e ora sono le frange della sinistra radicale, le stesse che tifano per gli scafisti ed esultano per l’arrivo di clandestini. E sai che a parte gli estremismi, la causa palestinese contro Israele fu abbracciata per tre quarti dalla sinistra radicale europea, e per il restante quarto da una frazione della destra e con realismo da alcuni leader politici nostrani come Bettino Craxi, all’epoca dialogante con Arafat. In Israele, invece, si, c’è un premier discusso che rappresenta la linea dei “falchi” e si colloca a destra.
Non voglio ricostruire le radici storiche di quel che ora sta esplodendo, le responsabilità vicine e remote di quanto sta avvenendo. Mi limito a osservare che è falsa, assurda e disonesta la chiave di lettura semplicistica che affiora in ogni conflitto. E che è stata applicata anche alla guerra in Ucraina: l’invasore Putin, ex-dirigente comunista sovietico, è stato bollato come fascista e nazista, così come la difesa dell’Ucraina è in parte nelle mani di battaglioni nazisti. E allora non capisci più la natura dei conflitti, sono tutti derby interni alla destra, che coincide con l’estrema destra, che coincide col fascismo, che coincide col nazismo. In Israele come in Ucraina e ovunque.
Il problema è che chiunque varca il portone del Male, viene classificato in quel modo, si trasforma in quel tipo di mostro. E’ dai tempi di Stalin, anzi da molto prima. Anche il più comunista tra i comunisti appena viene riconosciuto come artefice di massacri e deportazioni, viene nominato ad honorem come “nazifascista”; anche colui che ha combattuto fino alla fine contro il nazismo, come Stalin, passa per uno di loro, un continuatore di Hitler sotto mentite spoglie. Ma è un meccanismo che si ripete da quando esistono i rivoluzionari, giacobini e terroristi, quindi da prima che nascesse il comunismo e poi il nazismo. Perché lo schema manicheo, che è poi l’applicazione del terrore anche alle idee e alle menti, prevede che il compagno di ieri, se non si attiene alla linea dominante, diventi di colpo il servo della reazione, l’agente delle forze oscure del Maligno poi battezzato fascista. E’ uno schema implacabile ancora in vigore. Poi non ti spieghi l’evento più sanguinoso della storia del mondo, la rivoluzione culturale di Mao, i regimi fanatici di PolPot e Hochimin, i terroristi nel nome di Marx e di Lenin, gli orrori del comunismo anche prima e dopo Stalin, e altre irruzioni del Male radicale nella storia del mondo, a volte perfino ad opera di democrazie liberali: l’estensione delle guerre alle popolazioni civili, i bombardamenti e le distruzioni di intere città, le stragi di inermi…
E non ti spieghi il paradosso recente che una democrazia incline alle guerre come quella americana, non abbia fatto guerra solo nel tempo del suo presidente ritenuto più estremista e bellicoso, Donald Trump; così come è un mistero che il Presidente più democratico e umanitario come John F. Kennedy abbia intrapreso guerre e scontri mondiali che siano stati invece spenti dal reazionario e destrorso Richard Nixon… A volte i “realisti” correggono le pericolose follie degli “idealisti”.
Il campionario sarebbe lungo. A destra, è vero, trova posto un’etica militare, e la fiera difesa dei propri confini, della propria terra; ma la guerra totale dei nostri anni, quella che coinvolge le popolazioni civili, che massacra innocenti, che non distingue più tra combattenti e civili, non rientra nei suoi orizzonti. Piuttosto è la fuoruscita dall’idea della guerra giusta per entrare nella guerra finale, che comporta non la sconfitta ma l’eliminazione del nemico, il processo e la sua condanna anche dopo aver vinto la guerra; la convinzione di rappresentare il Bene rispetto al Male, e dunque di considerare il nemico non il mio avversario ma il nemico dell’umanità, da estirpare. Tutto il contrario dell’etica guerriera e della guerra come l’aveva configurata un acuto e controverso giurista, molto “di destra”, Carl Schmitt.
Invece, dimenticando la storia, la realtà, le idee che mossero il mondo, si arriva a questa semplificazione truce e banale, per cui ogni presenza del male sulla faccia della terra è attribuita al Nemico Assoluto e Permanente, la Destra. Non mi lascerò prendere dal riflesso condizionato di applicare lo stesso schema a rovescio, e concludere che ogni male provenga dalla Sinistra. Dirò invece che le vecchie, rancide categorie politiche e ideologiche mal sopportano il peso della realtà, così complessa, così variegata, irriducibile a formulette e facili esorcismi. Toglietevi i paraocchi, la chiave della brutalità dei conflitti è nell’idea che non si debba semplicemente difendere la propria sopravvivenza, i propri territori, la propria sovranità ma che si debba arrivare all’eliminazione totale del nemico. Di fronte a questi deliri da soluzione finale l’unica via non è il messaggio di pace, e non basta nemmeno il negoziato di pace, pur auspicabile: occorre l’imperio di una forza super partes, magari multinazionale, in grado di imporre la pace, la convivenza, a garanzia per entrambi i popoli, le patrie, gli stati. È la via più difficile ma l’unica in grado di risolvere il conflitto. Chi pretende di sradicare il male dalla terra, concorre a propagarlo.

Marcello Vebeziani - La Verità – 11 ottobre 2023


 

martedì 22 agosto 2023

ESERCITO ITALIANO: Roberto Vannacci (La Spezia, 20 ottobre 1968) è un generale di divisione italiano, un veterano, acerrimo nemico del “politically correct”…






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Roberto Vannacci (La Spezia, 20 ottobre 1968) è un generale di divisione italiano, già comandante della Task Force 45 durante la Guerra in Afghanistan. Ha ricoperto i ruoli di comandante del 9º Reggimento d'Assalto Paracadutisti "Col Moschin", comandante della Brigata Paracadutisti "Folgore" e comandante del contingente italiano nella Guerra civile in Iraq.

Formazione

Vannacci frequenta il 168º Corso "Fedeltà" dell'Accademia Militare di Modena e la Scuola di applicazione di Torino. Ha tre lauree di livello magistrale: in Scienze Strategiche (conseguita presso l'Università degli Studi di Torino), in Scienze Internazionali e Diplomatiche (presso l'Università di Trieste) e in Scienze Militari (presso l'Università di Bucarest). Ha conseguito, inoltre, il Master universitario di II livello in Scienze Strategiche presso l'Università di Torino e il Master di II livello in Studi Internazionali Strategico-Militari in collaborazione con l'Università Cattolica di Milano e l'Università LUISS di Roma.

Carriera militare

Passa le selezioni per accedere all'unità di incursori dell'Esercito Italiano, il 9º Reggimento d'Assalto Paracadutisti "Col Moschin", dove completa il corso di formazione e consegue il brevetto di incursore (corso 80/B). Con il grado di tenente assume il comando del Distaccamento incursori e partecipa alla Missione Ibis in Somalia (1992-1994), successivamente comanda una Compagnia incursori e, dal 2004 al 2006, assume il comando del Battaglione incursori.
Ha inoltre prestato servizio, nel biennio 1999-2000, come addetto alle Forze speciali presso l'Ufficio Operazioni del Comando delle forze operative terrestri e come "Chief Special Forces" presso il NATO Rapid Deployable Corps di Solbiate Olona.
Nel 2004, Vannacci viene distaccato presso il neo costituito Comando interforze per le operazioni delle Forze speciali a Roma, dove ricopre tutti gli incarichi operativi e di staff, tra cui quello di capo ufficio Operazioni, sottocapo di stato maggiore operativo e vice comandante/capo di stato maggiore. In tali ruoli, oltre che promuovere e gestire tutte le operazioni speciali nazionali, Vannacci redige la prima Dottrina Interforze per la componente Operazioni speciali italiana. Sempre nello stesso anno, Vannacci ha un ruolo di comando nell'aliquota di incursori impegnati nell'evacuazione dei connazionali dalla Costa d'Avorio. Terminato l'incarico al COFS, nel 2009, viene inviato in Afghanistan come assistente militare del capo di stato maggiore della International Security Assistance Force (ISAF), il generale Marco Bertolini, primo ufficiale italiano a ricoprire tale incarico. In tale ruolo Vannacci ha occasione di collaborare anche con il comandante dell'ISAF generale Stanley A. McChrystal.
Sempre al comando di unità di Forze speciali, Vannacci ha partecipato a numerose operazioni militari. Da comandante di distaccamento operativo incursori prende parte alle operazioni in Somalia, Ruanda e Yemen. In particolare, durante la missione in Somalia, ha partecipato a operazioni speciali (denominate "Hillac") finalizzate al sequestro dei depositi di armi e alla neutralizzazione dei miliziani di Mohammed Farah Aidid, noto come signore della guerra somalo. Nel 1994 Vannacci comanda uno dei due distaccamenti incursori incaricati di evacuare i civili italiani (e non solo) dal Rwanda, sconvolto dalla guerra civile (Operazione Ippocampo).
È stato impiegato in Bosnia Erzegovina nella zona di Pale, sede del Parlamento della Republika Srpska e ancora dimora di Radovan Karadžić, in qualità di comandante di Compagnia incursori. Nel 2000, inoltre, ritorna in Bosnia, a Mostar, dove nell'ambito della Divisione Francese "Salamandre" è tra i responsabili delle operazioni psicologiche del contingente.
Da maggiore e tenente colonnello, ha condotto operazioni speciali in Iraq e in Afghanistan. Nel dettaglio, Vannacci ha comandato per due turnazioni (2005-2006) lo Special Forces Task Group in Iraq ed è stato il primo comandante della Task Force 45 in Afghanistan, schierata a Herat e Farah e con la stessa ha preso parte a numerose azioni cinetiche contro gli insorti nei distretti di Farah, Bakwa, Bala Baluk, Delaram e Shindand. Gli incursori della Task Force 45, impiegati nell'individuazione e neutralizzazione dei gruppi di miliziani ostili hanno condotto operazioni mirate, finalizzate a limitare eventuali danni collaterali.
Nel 2011, durante la Primavera Araba, Vannacci opera in Libia quale Comandante di Nucleo Avanzato del Comando Interforze delle operazioni delle Forze speciali (COFS), svolgendo attività di supporto alle autorità diplomatiche italiane. Sotto tale incarico ha organizzato e portato a termine l'evacuazione d'emergenza della sede diplomatica di Tripoli e dei cittadini italiani ancora rimasti nelle vicinanze della capitale. Tornato in Afghanistan, nel 2013, poco prima della transizione da ISAF a Resolute Support Mission (Operazione Sostegno Risoluto), Vannacci assume l'incarico di capo di stato maggiore delle Forze speciali della NATO (ISAF SOF HQ): si impegna nell'organizzazione dell'articolato Comando e nell'approvazione delle delicate operazioni che hanno visto il coinvolgimento di tutte le Forze speciali dell'Alleanza Atlantica. In riconoscimento dei risultati conseguiti, Vannacci è stato decorato dalle autorità statunitensi della Bronze Star Medal.
Dal 2011 al 2013, Vannacci comanda il 9º Reggimento d'assalto paracadutisti "Col Moschin". In seguito, dal 2014 al 2016, ha assunto l'incarico di capo ufficio relazioni internazionali presso il III Reparto dello Stato Maggiore della Difesa, dove ha consolidato la rete di cooperazione internazionale militare tra l'Italia e le nazioni alleate e amiche. Nel 2016, promosso generale di Brigata, Vannacci assume il comando della Brigata Paracadutisti "Folgore". Durante tale incarico, ha aggiornato tutte le procedure tecnico-tattiche-aviolancistiche della Grande unità.
Nel 2017, in Iraq, Vannacci ha assunto il comando del Contingente nazionale terrestre dell'operazione Prima Parthica nonché del Deputy Commanding General for Training della Coalizione anti ISIS nell'ambito dell'Operation Inherent Resolve. In tali ruoli è stato responsabile dell'addestramento e dell'equipaggiamento delle forze irachene impegnate nell'annichilimento militare dello stato islamico e nelle attività di contro-insurrezione e di controllo del territorio.
Successivamente, dal 2018, ha assunto l'incarico di capo di stato maggiore della Divisione "Vittorio Veneto". Nel 2019 è stato premiato dall'Unione Nazionale Veterani dello Sport (UNVS) con il premio per le Missioni di pace .
Dal gennaio 2020 ricopre l'incarico di addetto per la Difesa alla rappresentanza diplomatica italiana a Mosca, con accreditamenti in Bielorussia, Armenia e Turkmenistan. Sotto tale profilo gestisce il periodo caratterizzato dall'inasprirsi dei rapporti tra l'Italia e la Federazione Russa, a causa dell'invasione russa dell'Ucraina. Dichiarato "persona non grata" dalle autorità russe, come rappresaglia per le espulsioni decise dal Ministro degli esteri italiano a seguito delle vicende belliche tra Russia e Ucraina, conclude l'incarico nel settembre del 2022.
Il 21 giugno 2023 assume il comando dell'Istituto Geografico Militare di Firenze.
Nell'agosto 2023 pubblica il libro autoprodotto Il Mondo al Contrario che suscita numerose polemiche a causa dei suoi contenuti ritenuti da parte di alcune testate giornalistiche omofobi e sessisti, mentre altre hanno apprezzato il libro di Vannacci. Il ministro della Difesa Guido Crosetto ha preso le distanze dalle opinioni di Vannacci, definendole "farneticazioni personali che screditano l'Esercito, la Difesa e la Costituzione". Lo Stato Maggiore dell'Esercito in una nota comunica che la forza armata si dissocia dai contenuti espressi dall'Ufficiale nel suo libro, mai sottoposti ad autorizzazione né valutazione da parte dei vertici militari, riservandosi l'adozione di provvedimenti a tutela della propria immagine. Come conseguenza di tale affaire, Vannacci viene destituito dal comando dell'IGM il 18 agosto dello stesso anno, sostituito dal generale Massimo Panizzi e trasferito al COMFOTER, a disposizione del comandante Area territoriale, a far data dal 21 agosto.

Sulla questione dell'uranio impoverito

Vannacci è stato al centro di un acceso dibattito, denunciando l'esposizione dei militari italiani ai rischi dell'uranio impoverito e dei metalli pesanti in zona d'operazione. Sulla base di quanto riportato da alcune testate giornalistiche, fra le quali la trasmissione Sono le venti di Peter Gomez, Il Fatto Quotidiano e La Notizia, durante il comando della missione Prima Parthica in Iraq (2017-2018), il generale Vannacci ha presentato due esposti alla Procura militare e alla Procura della repubblica di Roma denunciando gravi e ripetute omissioni nella tutela della salute del contingente italiano.
Sulla vicenda, il tenente colonnello incursore (Aus.) Fabio Filomeni ha pubblicato un libro dal titolo Baghdad, Ribellione di un Generale che ripercorre gli avvenimenti vissuti in prima persona durante la missione in Iraq in qualità di Responsabile del servizio di prevenzione e protezione del contingente.
Il generale Vannacci, nominato datore di lavoro negli ultimi mesi del suo comando in Iraq ha denunciato il pericolo di esposizione alle particelle di uranio impoverito all'interno del suo Documento di valutazione dei rischi (DVR) smentendo, de facto, i vertici del Ministero della Difesa che, per anni, hanno sostenuto l'inesistenza di tale minaccia per la salute.












“IL MONDO AL CONTRARIO” - Vannacci, un militare leale, con un curriculum di valore al servizio della Patria e dello Stato, acerrimo nemico del “politically correct” (Marcello Veneziani, LA VERITA’) 

C’è stata una novità nella rubrica “Il mostro della settimana” che puntualmente addita al pubblico disprezzo e alla gogna mediatica l’orco del momento: stavolta per il generale Roberto Vannacci è arrivata la sanzione del governo, col ministro della difesa Guido Crosetto che ha rimosso dall’incarico l’ex comandante della Folgore, mentre il suo libro epicamente e rapidamente scalava e capeggiava le classifiche. Non dirò nulla del libro che ho ricevuto, guardato qua e là ma non letto; e se un libro non lo leggi non puoi giudicarlo. Dirò invece qualche cosa sul contesto. La prima è sull’uso della parola “normale” che è stata la chiave del linciaggio mediatico e politico. Normale/Anormale non è una valutazione morale, etica ma una constatazione di fatto. Per anni, gli stessi movimenti omosessuali si appellavano ai diritti dei “diversi”, presupponendo che gli altri fossero i “normali”. Da sempre l’umanità, ma anche il regno animale, si riproduce e si perpetua con l’accoppiamento tra un maschio e una femmina; è la regola, normale e naturale e non c’è nessun sottinteso elogiativo o spregiativo nel dirlo. E’ la vita, la realtà e fa parte del senso comune; magari col tempo i numeri e i rapporti saranno invertiti. Normale/Diverso si applica poi a vari contesti: io per esempio sono un diverso perché mancino, e nonostante la cattiva fama dei sinistri che usano la mano del diavolo, non ho difficoltà a definirmi anormale, che non vuole dire abnorme, subnormale, malato, ma semplicemente diverso dalla norma. Inquietante, invece, è l’uso politico della normalizzazione applicata dai regimi totalitari e in uso presso l’Unione europea: serviva a sopprimere scelte e idee non allineate al potere dominante. Non è un caso che alla classica contrapposizione tra paese reale e paese legale, usata soprattutto in ambito nazional-conservatore, la sinistra ha opposto al paese reale “un paese normale”, cioè adeguato al suo standard ideologico e non alla realtà sociale e all’esperienza storica. Qui “normale” è un retaggio inquietante della mentalità totalitaria. Le diversità sono da riconoscere e da rispettare quando non abusano delle vite e dei diritti altrui (come è il caso di pedofili e stupratori, verso cui legittimamente il gen. Vannacci esprime la sua avversione). Un conto è criticare l’esibizionismo, la supremazia, il lobbismo gay, un altro è condannare una libera scelta privata. Due, c’è una bella differenza tra chi constata un fatto, seppur sgradevole a taluni; chi esprime un’opinione controversa, da confutare ma da rispettare, o almeno da tollerare; chi narra fatti infondati e spara giudizi cattivi che va sconfessato e spubblicato; e chi infine offende, diffama, dice il falso, che va punito, con un provvedimento penale o disciplinare. La gogna vigente, invece, funziona sin dal primo gradino e reclama punizioni e censure. Tre, Vannacci, come si è poi dimostrato dal consenso ricevuto, ha detto quel che il senso comune generale pensava e diceva fino a qualche anno fa; e che molti pensano ma non dicono nel presente, per non incorrere nella scomunica pubblica. Se lo ha detto con un linguaggio da caserma è perché lui è un soldato, usa un linguaggio diretto e non mediato culturalmente. Tre, prima di condannare e cacciare un uomo, un soldato, guardate al contesto della sua vita professionale e al suo comportamento generale. Vannacci è un militare leale, con un curriculum di valore al servizio della Patria e dello Stato, non può essere con leggerezza rimosso perché in un libro e non in un discorso ufficiale “ha dato voce ai pregiudizi” (che sono per il pensiero conservatore la base del pensare comune, lo dico al ministro di un governo di conservatori; legga Vico, Burke, persino Gadamer, fino al venerato Scruton). Infine vengo ai ministri che si adeguano al mainstream o al minestrone. Serpeggia in molti ministri e in qualche governatore di centro-destra l’ego-ansia di essere al passo della gogna mediatica, di compiacere i “pregiudizi” discesi dalla “cappa” e non dal sentire comune e dalla tradizione, e di adeguarsi ai codici imposti dalla sinistra ideologica, mediatica e giudiziaria in tema di ambiente, storia, educazione, migranti, sessi. Frasi compiacenti, inchini melliflui, mimiche fino al pianto, ora persino decisioni prone al mainstream. Ponetevi però una domanda: per quanto tempo e fino a quando, la gente che vi ha mandato al governo sarà disposta ad accettare questo vostro “astuto” conformarvi al politically correct che fino a ieri avete criticato? Sono realista, la cautela è una virtù ma non bastava già il silenzio, elegante ed eloquente, perché avrebbe detto che il governo non scende nella bagarre polemica tra pro e contro? Il silenzio avrebbe scontentato tutti, ma in parti uguali e ridotte, senza compromettere nulla. Ma vorrei osservare una cosa. Già la politica incide poco e decide poco, e la destra per restare al governo sta accettando grossi compromessi che vediamo tutti. Se cede pure sulle questioni di principio, sui temi sensibili, se si adegua ai pregiudizi altrui, cedendo sui propri o su quelli di sempre, allora chiedetevi perché la gente dovrebbe continuare a sostenervi. Ricordatevi che il ciclo del consenso si è già accorciato di suo, voi così lo accelerate, svendete il consenso ricevuto per ricevere l’assenso del mainstream, che mai avrete in pieno. Il problema è saper dosare audacia e prudenza, e capire quando è il tempo dell’una e quando dell’altra, e saper coltivare anche la terza via; che non è la furbizia di lanciare la palla in tribuna o parlar d’altro, ma saper spiazzare assumendo un punto di vista meno prevedibile e più originale. Per farlo non ci vuole astuzia tattica ma un’intelligenza politica e non solo, che è merce rara in politica e non solo… Consiglio finale gratuito alla Meloni; lasci passare la buriana, poi senza smentire il suo ministro, reintegri Vannacci nel suo incarico dicendo che per un militare il fare conta più del dire, e la dimostrazione di lealtà alla patria e alle istituzioni vale più di una dissertazione su temi che esulano dalla sua competenza. Non è il massimo ma sarebbe almeno un decoroso paracadute… (La Verità – 20 agosto 2023).

Onorificenze italiane:
  • Cavaliere dell'Ordine al merito della Repubblica italiana — 2 giugno 2019
  • Medaglia mauriziana al merito di 10 lustri di carriera militare
  • Medaglia al merito di lungo comando nell'esercito (20 anni)
  • Medaglia d'Oro al merito di lunga attività di paracadutismo militare
  • Croce d'oro con stelletta per ufficiali e sottufficiali con 40 anni di servizio.
  • Croce commemorativa delle operazioni di pace
  • Croce commemorativa per l'attività di soccorso in Iraq
  • Medaglia NATO per il servizio in Afghanistan
  • Medaglia NATO per il servizio nella ex Jugloslavia
  • Medaglia commemorativa della Nazioni Unite per la Somalia
  • Decorazione d'onore interforze dello Stato Maggiore della Difesa.

Onorificenze straniere:
  • Bronze Star Medal (Stati Uniti d'America) - «Per il servizio eccezionalmente meritevole a sostegno dell'operazione Enduring Freedom. L'eccezionale dedizione al dovere del colonnello Vannacci durante le operazioni di combattimento in Afghanistan ha contribuito allo schiacciante successo della missione. Le sue azioni sono in linea con le migliori tradizioni del servizio militare e conferiscono onore a lui, all'International Security Assistence Force-Special Operations Force-Afghanistan, al NATO Special Operations Component Command-Afghanistan/Special Operations Joint Task Force-Afghanistan e all'Esercito italiano.» — 25 agosto 2014.
  • Legion of Merit (Stati Uniti d'America) - «La prestigiosa onorificenza statunitense è stata tributata in riconoscimento dei risultati di assoluto pregio raggiunti e per il merito eccezionale dimostrato nell'ambito della Coalizione anti-ISIS nella quale, per dodici mesi e durante le fasi più cruente della lotta a Daesh, il Generale Vannacci ha svolto l'incarico di Deputy Commanding General e Director of Training, un ruolo cruciale per la sconfitta di ISIS e per la stabilizzazione dell’Iraq.» — 21 agosto 2018.
  • Medaglia d'Onore dello Stato Maggiore della Romania.
  • Foreign Service Medal - «La Repubblica Ceca concede al Comandante del contingente italiano in Iraq, Generale di Brigata Roberto Vannacci, la "Foreign Service Medal”.» — 21 giugno 2018.




Ripensare la guerra, e il suo posto
nella cultura politica europea contemporanea,
è il solo modo per non trovarsi di nuovo davanti
a un disegno spezzato
senza nessuna strategia
per poterlo ricostruire su basi più solide e più universali.
Se c’è una cosa che gli ultimi eventi ci stanno insegnando
è che non bisogna arrendersi mai,
che la difesa della propria libertà
ha un costo
ma è il presupposto per perseguire ogni sogno,
ogni speranza, ogni scopo,
che le cose per cui vale la pena di vivere
sono le stesse per cui vale la pena di morire.
Si può scegliere di vivere da servi su questa terra, ma un popolo esiste in quanto libero, 
in quanto capace di autodeterminarsi,
vive finché è capace di lottare per la propria libertà: 
altrimenti cessa di esistere come popolo.
Qualcuno è convinto che coloro che seguono questo blog sono dei semplici guerrafondai! 
Nulla di più errato. 
Quelli che, come noi, conoscono le immense potenzialità distruttive dei moderni armamenti 
sono i primi assertori della "PACE". 
Quelli come noi mettono in campo le più avanzate competenze e conoscenze 
per assicurare il massimo della protezione dei cittadini e dei territori: 
SEMPRE!
….Gli attuali eventi storici ci devono insegnare che, se vuoi vivere in pace, 
devi essere sempre pronto a difendere la tua Libertà….
La difesa è per noi rilevante
poiché essa è la precondizione per la libertà e il benessere sociale.
Dopo alcuni decenni di “pace”,
alcuni si sono abituati a darla per scontata:
una sorta di dono divino e non, 
un bene pagato a carissimo prezzo dopo innumerevoli devastanti conflitti.…
…Vorrei preservare la mia identità,
difendere la mia cultura,
conservare le mie tradizioni.
L’importante non è che accanto a me
ci sia un tripudio di fari,
ma che io faccia la mia parte,
donando quello che ho ricevuto dai miei AVI,
fiamma modesta ma utile a trasmettere speranza
ai popoli che difendono la propria Patria!
Signore, apri i nostri cuori
affinché siano spezzate le catene
della violenza e dell’odio,
e finalmente il male sia vinto dal bene…


(Fonti: https://svppbellum.blogspot.com/, Web, Google, Wikipedia, LaVerità, Marcello veneziani, You Tube)























 

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