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domenica 22 marzo 2020

Lo studio del Nobel per la Medicina Montagnier, il TG3 LEONARDO del 2015, REPORT del 30 marzo 2020: emerge una immensa imbecillità dei cinesi!



La diffusione del coronavirus ha avuto origine da Wuhan, dove è ubicato un laboratorio cinese che studia patogeni pericolosi: di recente il Nobel per la Medicina Montagnier: "Il genoma lo conferma, creato in laboratorio e sfuggito"...

Il coronavirus è un virus manipolato ed è uscito accidentalmente da un laboratorio cinese di Wuhan, dove si studiava un vaccino per l’Aids. È la teoria che Luc Montagnier, premio Nobel per la medicina nel 2008, ha spiegato in un podcast francese specializzato in medicina e salute. Secondo il professore, che nel 1983 ha scoperto l’Hiv come causa dell’epidemia di Aids, la Sars-CoV-2 è un virus è che stato lavorato e rilasciato accidentalmente da un laboratorio di Wuhan, specializzato nella ricerca sui coronavirus, nell’ultimo trimestre del 2019.

“Con il mio collega, il biomatematico Jean-Claude Perez, abbiamo analizzato attentamente la descrizione del genoma di questo virus Rna”, ha spiegato Montagnier. “Non siamo stati i primi - ha specificato - un gruppo di ricercatori indiani ha cercato di pubblicare uno studio che mostra che il genoma completo di questo virus ha all’interno delle sequenze di un altro virus, che è quello dell’Aids. Il gruppo indiano ha ritrattato dopo la pubblicazione, ma la verità scientifica emerge sempre. La sequenza dell’Aids - ha concluso il Nobel - è stata inserita nel genoma del coronavirus per tentare di fare il vaccino”. 















La guerra segreta contro i falsari da laboratorio

La Cina è un mercato redditizio per reagenti contraffatti, un problema serio sia per gli scienziati cinesi sia per la comunità scientifica globale, poiché questi falsi prodotti destinati ai laboratori hanno contribuito al fallimento di esperimenti. Alcuni ricercatori però sono passati al contrattacco.
Nel 2013 Huang Song è entrato in una stamperia in un quartiere a nord-ovest di Pechino e per caso ha scoperto le prove di un'impresa criminale sfacciata e diffusa. Huang era a soli 15 chilometri dall'Istituto nazionale di scienze biologiche di Pechino, dove fa ricerca nel campo della biologia sintetica. Cercava una piccola macchina da tavolo per produrre le centinaia di etichette necessarie ai suoi esperimenti, e aveva chiesto se un determinato modello poteva stampare su carta resistente al calore. Il proprietario del negozio orgogliosamente aveva tirato fuori alcuni campioni che aveva fatto per i clienti che usavano quella stessa macchina.
Huang era rimasto sconvolto nel vedere nomi come Abcam e Cell Signaling Technology sulle etichette che sembravano proprio come quelle delle fiale di costosi anticorpi prodotti dalle aziende occidentali. Anche se la scritta non significava nulla per l'amichevole proprietario del negozio, per Huang ciò confermava quello che lui e un certo numero di suoi colleghi sospettavano da tempo: molti degli anticorpi venduti dai distributori cinesi non erano quello che avrebbero dovuto essere. I falsari stavano mettendo sul mercato reagenti di ricerca contraffatti e diluiti, e questo negozio a Zhongguancun, il più importante parco tecnologico di Pechino, era uno dei luoghi in cui acquistavano macchine per le loro etichette. "Avevo dei sospetti, e quella era la conferma", racconta Huang.
La Cina è famosa per DVD, borse Louis Vuitton e orologi Rolex falsi. Ma i reagenti contraffatti non sono in vendita negli affollati mercati pubblici. Sono venduti tramite sofisticati siti web, mescolati a forniture legittime, acquistate e vendute usando una rete di partner inconsapevoli, come il negoziante di Zhongguancun. Addirittura il personale addetto alle pulizie dell'università è stato implicato nel processo clandestino che crea prodotti di laboratorio contraffatti,
inclusi reagenti chimici di base, siero per colture cellulari e kit standard di laboratorio. Anche se è difficile quantificare gli effetti di questo commercio illegale, gli scienziati cinesi e alcuni in Europa e in Nord America affermano che i prodotti falsi li hanno portati fuori strada, con perdita di tempo e materiali.
Qualcuno in Cina teme che il problema possa minare gli sforzi del paese per diventare uno dei leader mondiali in campo scientifico. Le opzioni per combattere i falsari sono limitate. Le aziende che producono i reagenti i cui marchi sono stati contraffatti – e gli scienziati ingannati dai falsi – hanno desistito dall'intraprendere azioni legali, in parte perché sono in imbarazzo e in parte perché hanno poca fiducia nel fatto che le autorità di contrasto del fenomeno possano scalfire questo commercio. "Non si possono fermare dal provarci: il margine di profitto è troppo alto", afferma Huang.
Scienziati e fornitori stanno ora ideando strategie che potrebbero aiutare a cambiare l'equazione. I principali produttori di reagenti hanno lanciato campagne educative. Gli scienziati stanno condividendo i racconti delle loro disavventure, insieme con suggerimenti per evitare forniture fraudolente. E Huang ha contribuito a creare un'impresa a partecipazione statale che importa reagenti e sfrutta nuove procedure doganali e di quarantena, il che potrebbe contribuire a ridurre il mercato dei falsi. Ma queste misure non aiuteranno tutti. I ricercatori delle università e degli istituti fuori dei grandi centri come Pechino e Shanghai sono particolarmente a rischio. "Conosco tanti laboratori che ancora acquistano e usano falsi reagenti chimici importati", spiega Can Xie, biofisico dell'Università di Pechino. "Mi dispiace per loro".

La catena dei fornitori

La Cina è un bersaglio attraente per questa forma specializzata di contraffazione. Gli investimenti nella ricerca sono aumentati rapidamente: negli ultimi dieci anni il budget della scienza biomedica per la National Science Foundation cinese è quadruplicato. E l'enorme dimensione del paese fa sì che le aziende straniere, incapaci di tenere il passo con la domanda e riluttanti a barcamenarsi nel complicato sistema di distribuzione della Cina, sono diventati dipendenti dai distributori locali. "Il paese pone molti problemi di distribuzione e le spedizioni sono difficili dal punto di vista logistico", afferma Jay Dong, vicepresidente globale e direttore generale dell'area Asia-Pacifico di Cell Signaling Technology, produttore di anticorpi con sede a Danvers, in Massachusetts.
Quindi le aziende locali spesso svolgono un ruolo di distribuzione molto importante. Alcune sono autorizzate dai produttori. Molte altre tuttavia non lo sono, e spesso è difficile per gli scienziati capire la differenza, dice Jack Leng, amministratore delegato di Shanghai Universal Biotech, uno dei maggiori distributori di anticorpi in Cina. I commercianti poco raccomandabili possono trarre vantaggio dai prezzi gonfiati e dalle lunghe attese create dalle ostiche dogane della Cina e dalle misure di controllo della qualità. Offrono prezzi bassi e un servizio veloce per quelli che sembrano gli stessi prodotti, a volte affermando che le merci sono state introdotte di contrabbando nel paese. "La contraffazione è evidente in Cina più che in altri paesi", dice Dong.
Xie, che ha lavorato negli Stati Uniti come postdoc, dice che ci sono voluti pochi anni dopo il suo ritorno in Cina nel 2009 per rendersi conto che alcuni reagenti chimici che stava acquistando erano scadenti. I distributori, racconta, affermavano di rappresentare aziende straniere con prodotti di prima qualità, mentre in effetti stavano vendendo versioni a basso costo prodotte a livello nazionale. Non è in grado di affermare con certezza che i reagenti impuri e di scarsa qualità siano stati responsabili del fallimento degli esperimenti, ma aggiunge che "qualche misteriosa sostanza insolubile" trovata in alcune soluzioni avrebbe dovuto far scattare un segnale di allarme. Ora acquista solo da aziende note con filiali in Cina.
Huang, che è vicedirettore dell'amministrazione presso il suo istituto, è stato testimone di disavventure simili capitate a un collega nel 2012, quando, sei mesi dopo aver pubblicato un articolo, ha scoperto di non poter ripetere i risultati di alcuni esperimenti. Il ricercatore ha effettuato tutti i controlli standard per questo tipo di problemi e ha chiesto aiuto ai suoi colleghi. Alla fine ha scoperto che un reagente usato per introdurre il DNA nelle cellule stava ostacolando i suoi sforzi di replicazione dei risultati. Ora Huang attribuisce i problemi a una contraffazione. "L'ultima cosa a cui pensi è il reagente", dice. "Questo è il tipo di stress che può costarti parecchio".
Gli anticorpi contraffatti sono una fonte di ostacoli particolarmente diffusa. Gli anticorpi sono fondamentali in una serie di esperimenti biologici, perché offrono la possibilità di marcare e tracciare le proteine in un'ampia gamma di sistemi viventi. Ma anche quelli incontaminati presentano alcune difficoltà: ci possono essere variazioni naturali da lotto a lotto, e potrebbero marcare le proteine sbagliate.
Queste incertezze rendono i falsi difficili da scovare. "Le ragioni di un risultato negativo possono essere diverse", dice Zhu Weimin, vicepresidente senior della divisione di tecnologia anticorpale di Abcam, con sede a Cambridge, in Regno Unito, che ha una filiale regionale a Shanghai. "Il problema è serio".
Gli effetti di questa combinazione di confusione e di incertezza non sono limitati alla Cina. Nel 2012, per esempio, i ricercatori di Londra e Bialystok, in Polonia, hanno riferito di aver usato un kit basato su anticorpi, chiamato ELISA, per rilevare una certa proteina nel sangue delle persone con malattia renale cronica. Ma quando lo specialista Herbert Lin, del Massachusetts General Hospital di Boston, ha acquistato lo stesso kit – marcato come prodotto della USCN Life Science di Wuhan, in Cina – e lo ha sottoposto a prove rigorose, ha scoperto che il kit marcava una proteina diversa. Gli autori dello studio originale hanno convenuto che ormai era chiaro che l'anticorpo puntava la proteina errata. "Il fatto che non abbiamo ricevuto risposte dai produttori a un paio di e-mail riguardo al loro saggio avrebbe forse dovuto allertarci che c'era qualcosa di sbagliato", hanno scritto.
L'oncologo ricercatore Ioannis Prassas, del Mount Sinai Hospital di Toronto, in Canada, ha avuto un'esperienza simile con i kit ELISA con marchio USCN. Prassas dice che il suo gruppo ha impiegato due anni e circa 500.000 dollari per cercare d'identificare il problema.
Chris Sun, responsabile dello sviluppo tecnologico di Cloud-Clone Corporation, azienda di Wuhan che vende prodotti USCN, dice che la società ha esaminato il kit acquistato da Prassas, ma non ha mai identificato il problema. Ha rimborsato parzialmente Prassas. Sun nega che l'azienda vendesse intenzionalmente cattivi anticorpi. "Abbiamo migliaia di anticorpi che produciamo noi stessi. Non abbiamo motivo di usare anticorpi falsi quando abbiamo quelli autentici", dice, aggiungendo che non risulta alcuna registrazione di un reclamo sul kit con cui Lin ha trovato problemi.
La maggior parte dei kit USCN sono venduti tramite distributori, aggiunge Sun, e a volte l'azienda ha trovato prodotti contraffatti spacciati per prodotti USCN.
Stimare le dimensioni del problema è difficile, anche se alcune aziende ci stanno provando. Alla fine dell'anno scorso, Abcam ha tirato le somme di circa un anno di segnalazioni ricevute dagli scienziati cinesi preoccupati dell'autenticità dei prodotti con marchio Abcam. Dopo aver controllato codici a barre, numeri di lotto e periodi di acquisto, l'azienda ha stabilito che i prodotti falsi erano responsabili del 42 per cento delle centinaia di casi segnalati.

Ingredienti segreti

Ciò che gli scienziati stanno trovando nei flaconi è molto variabile. A volte, gli anticorpi comuni e a basso costo sono ri-etichettati e venduti come anticorpi rari e costosi, dice Jade Zhang, direttore generale della filiale di Shanghai di Abcam. I falsari cercheranno di trovare un anticorpo di peso molecolare simile in modo che gli scienziati che eseguono un test rapido per verificare i reagenti non si allarmino. Ma negli esperimenti, gli anticorpi mancheranno i loro obiettivi.
Più comune rispetto alla sostituzione dell'anticorpo è la diluizione. I falsari acquistano prodotti autentici da distributori cinesi o di oltremare, e poi diluiscono una confezione per ottenerne cinque, dice Leng. "I clienti hanno quindi versioni molto più deboli. A volte possono usarli, a volte no".
I falsari "si sforzano molto per replicare il nostro imballaggio, creando provette ed etichette così simili alle nostre che può essere difficile accorgersi della differenza", dice Dong. "Il problema della contraffazione sembra provenire da un segmento di mercato piccolo ma attivo".
E molti dei soggetti coinvolti non si rendono conto di esserlo. Il proprietario del negozio di Zhongguancun non aveva idea di essere invischiato in attività illegali. "Sono tutti parte di una catena, ma non sono malvagi", dice Huang.
Nel 2015, Huang aveva notato nel suo laboratorio un'addetta alle pulizie che tirava fuori i flaconi dalla spazzatura e li metteva da parte. Stupito, le aveva chiesto perché. "L'avevo avvertita che non doveva bere da quei flaconi", dice. La donna aveva risposto che qualcuno era disposto a comprarli per 40 yuan (circa cinque dollari) al pezzo. È stato un altro momento illuminante.
In origine le bottiglie contenevano siero fetale bovino (FBS), un prodotto molto usato per le colture cellulari, derivato dal sangue raccolto nei macelli. Ma un divieto per le importazioni di prodotti bovini da Stati Uniti, Australia e Nuova Zelanda, a causa di malattie infettive, aveva messo a dura prova le forniture di FBS di alta qualità.
Il prezzo per le riserve di siero da luoghi vietati è raddoppiato negli ultimi anni, arrivando a circa 10.000 yuan a flacone. Siero fetale bovino di bassa qualità di altra origine costa circa un quarto rispetto alle importazioni vietate, ma è un cattivo sostituto. Thermo Fisher Scientific di Waltham, nel Massachusetts, che produce una delle marche di siero più diffuse, consapevole del problema, ha creato etichette e flaconi difficili da duplicare. È così che sono iniziati i tentativo di riciclaggio degli addetti alle pulizie. I falsari possono semplicemente ricaricare i flaconi con FBS di bassa qualità e venderli a prezzo più alto.
È difficile sapere quanto sia diffuso il problema, ma Huang azzarda una stima di massima: dato il numero di flaconi consumati e scartati dai grandi laboratori, nella sola Pechino il potenziale mercato dei falsari di FBS potrebbe essere di decine di milioni di yuan all'anno.

Alcuni si chiedono se il virus sia stato “accidentalmente” rilasciato.

Un laboratorio di biosicurezza di livello 4 che studia i “patogeni più pericolosi al mondo” ha sede a Wuhan, epicentro dell’epidemia di coronavirus che ha colpito la Cina, portando alcuni a sostenere che il virus sarebbe stato accidentalmente rilasciato.
In un articolo del 2017, Nature ha fatto riferimento all’Istituto di ricerca medica dell’Università di Wuhan, che ospita il laboratorio di biosicurezza livello 4 (BSL-4), che è costato 300 milioni di yuan (44 milioni di dollari USA).
Tra gli scopi del laboratorio vi era anche un piano per studiare “l’agente patogeno che causa la SARS”, spingendo la rivista Nature a riportare le preoccupazioni sulla sicurezza del laboratorio.
“Il virus SARS è fuggito dalle strutture di contenimento di alto livello a Pechino più volte”, osserva l’articolo, facendo riferimento a Richard Ebright, un biologo molecolare della Rutgers University.
Sul sito di Zero Hedge ci si chiede se il laboratorio di Wuhan sia “la versione cinese dell’Umbrella Corp”, un riferimento alla società farmaceutica dell’universo di Resident Evil che ha segretamente sviluppato armi biologiche.
Secondo il loro articolo, l’ubicazione del centro di ricerca di Wuhan “pone la domanda immediata se l’epidemia di coronavirus non sia un virus armato che è appena sfuggito al controllo del laboratorio”.

Il «laboratorio militare» di Wuhan e «i piani segreti per le armi chimiche» - Cosa scriveva Nature nel 2017


Il nuovo coronavirus spaventa il mondo. Mentre crescono vittime e contagi, con migliaia di casi accertati e purtroppo di deceduti anche in Italia.
Tutti ci interrogiamo sulle origini del virus 2019-nCoV. 
Molti ricercatori sembrano escluderne la genesi nell'ambito di un mercato di Wuhan, la megalopoli che è l'epicentro dell'epidemia. Tra le ipotesi in campo quella della contaminazione partita per errore dal laboratorio di biosicurezza di livello 4 (BSL-4) di Wuhan. Due anni fa la prestigiosa rivista scientifica Nature aveva parlato del "piano per costruire tra i cinque e i sette laboratori di biosicurezza di livello 4 (BSL-4) in tutto il continente cinese entro il 2025" che "ha generato molta eccitazione, ma anche innumerevoli perplessità". 
"Fuori della Cina, alcuni scienziati si preoccupano infatti che gli agenti patogeni possano essere fuoriusciti per errore umano dall'impianto, aggiungendo una dimensione biologica alle tensioni geopolitiche tra la Cina e altre nazioni", si legge nell'articolo pubblicato il 23 febbraio 2017 e rilanciato in Italia da Le Scienze, versione italiana di Scientific American. "BSL-4 è il massimo livello di biocontenimento", spiega l'articolo, ma "queste strutture sono spesso controverse. Il primo laboratorio BSL-4 in Giappone è stato costruito nel 1981, ma ha lavorato su agenti patogeni a basso rischio fino al 2015, quando le preoccupazioni relative alla sicurezza sono state finalmente superate". 

Ipotizzare che l’origine dell’epidemia a Wuhan si trovi in un laboratorio biologico vicino non è sbagliato, bisogna però valutare quali sono le fonti e cosa dicono esattamente

Paolo Liguori parla in diretta al TgCom24 di una fonte anonima affidabile, la quale avrebbe riferito che il focolaio del nuovo coronavirus cinese avrebbe origine «dal laboratorio di Wuhan, di cui le riviste occidentali si erano già interessate». Il Direttore mostra così la copertina di Nature del 2017, con l’articolo di David Cyranoski, da noi già trattato in un precedente articolo, dove si sollevarono dubbi sulla sicurezza di un laboratorio del genere.
Come avevamo già evidenziato, chi si è occupato di studiare le origini del virus – compreso Cyranoski, in una recente critica sull’origine dai serpenti – non ha sostenuto la tesi di una origine “artificiale”.La notizia è stata rilanciata in questi giorni nel web, senza ausilio di una “Gola profonda”. Forse non è stata letta con attenzione, prima di ascoltare altre fonti. Cerchiamo allora di fare chiarezza, premesso che fare ipotesi del genere è legittimo, ma occorrono prove solide.

Un laboratorio militare in cui si studiano «armi chimiche»?

Sul TgCom24 la narrazione prosegue, parlando di «laboratorio militare» nel centro di Wuhan, e di un «programma segreto sulle armi chimiche». Il National Bio-safety Laboratory è un centro di ricerca, progettato per studiare la prevenzione e il controllo delle malattie infettive emergenti.
«Certificato come conforme agli standard e ai criteri di BSL-4 – continua Cyranoski su Nature – dal China National Accreditation Service for Conformity Assessment (CNAS)», con approvazione del Ministero della salute cinese.
Tra i criteri di sicurezza, oltre al filtraggio dell’aria, è previsto  il trattamento di acqua e rifiuti, mentre i ricercatori si cambiano i vestiti e fanno una doccia – prima e dopo l’utilizzo delle strutture – tutto nell’ambito di una collaborazione coi ricercatori francesi. Esiste una rete di laboratori di questo tipo nel Mondo. Cyranoski riporta che erano una dozzina, sparsi in Giappone, negli Stati Uniti e in Europa. Alla faccia del piano segreto per sviluppare armi chimiche.

Qual è lo scopo del Bio-safety Laboratory di Wuhan?

Laboratori di questo tipo: Bsl (Bio-safety Laboratory), sono attrezzati allo scopo di studiare le «malattie emergenti – continua Cyranoski – memorizzerà i virus purificati e fungerà da “laboratorio di riferimento” dell’Organizzazione mondiale della sanità collegato a laboratori simili in tutto il mondo».
Difficile definirlo un laboratorio militare in cui vengono portati avanti piani segreti.
«Il laboratorio è stato progettato e costruito con l’assistenza francese – spiega Cyranoski – nell’ambito di un accordo cooperativo del 2004 sulla prevenzione e il controllo delle malattie infettive emergenti. 

Ma la complessità del progetto, la mancanza di esperienza della Cina, la difficoltà di mantenere i finanziamenti e le lunghe procedure di approvazione del governo hanno comportato che la costruzione non fosse terminata fino alla fine del 2014».
Il Wuahn Institute of Virology – non proprio una caserma – che ospita il laboratorio, non sembra nemmeno nel centro della città, stando a quanto possiamo vedere con Google maps.

La “Gola profonda” del Washington Times

Si citano quindi le dichiarazioni al Washington Times (da non confondere col Washington Post), di un presunto ex ufficiale dei servizi israeliani, Dany Shoham, esperto di guerra batteriologica, secondo il quale il laboratorio farebbe parte di un più vasto progetto segreto sulle «armi chimiche» (ma il Washington Times parla di «bio-warfare», ovvero “guerra biologica“), sfuggito evidentemente ai colleghi di tutto il mondo dal 2017 a oggi.
Ovviamente, per stessa ammissione del TgCom24, non ci sono prove, ragione per cui, risulta di difficile comprensione l’esigenza di far circolare narrazioni simili.
Il 27 gennaio i debunker del circuito di Poynter hanno contattato Dany Shoham, il quale smentisce di aver affermato che il coronavirus possa essere originato dal laboratorio di Wuhan.
«Ho suggerito un possibile collegamento al programma di guerra biologica cinese – afferma Shoham – sotto forma di fuga del virus, ma ho aggiunto che: “finora non ci sono prove o indicazioni per tale incidente”.

L’intero evento potrebbe ovviamente essere del tutto naturale, ed è così che sembra essere in questo momento. Sono necessarie ulteriori informazioni sull’origine del virus».

La smentita di Nature

Nature aggiorna con una nota editoriale l’articolo di Cyranoski sul laboratorio di Wuhan, spiegando che le tesi di complotto attorno al suo contenuto sono infondate. Ribadendo che chi ha studiato il virus ritiene più probabile come origine il mercato locale.

La guerra della Cina contro il virus e la verità   

Laboratori chiusi, medici silenziati, professori arrestati, social network censurati e attacchi ai “nemici del popolo”. Così il Partito comunista ha messo in pericolo la salute internazionale e ora usa l’epidemia per fare propaganda.

Duemilaventi. La Cina combatte il Coronavirus”. 

E’ il titolo del libro appena pubblicato dal Partito comunista cinese per celebrare la vittoria sull’epidemia e su come “il compagno Xi Jinping si è preso cura del popolo”. Fa parte della sua impressionante macchina della propaganda. Il ministero degli Affari esteri cinese in conferenza stampa intanto dichiarava che è una diffamazione parlare di “virus cinese” e che la sua origine è “ignota”. Origine ignota… 
Il regime ha arruolato anche il dottor Zhong Nanshan,…
….Il laboratorio delle bio-armi: nel 1981  “Leigh Nichols” ci informava che:
“Chiamano la sostanza  Gorki -400 “perché è stato sviluppato nei loro laboratori RDNA fuori dalla città di Gorki , ed è stato il quattrocentesimo ceppo vitale di organismi artificiali creati in quel centro di ricerca.”
Di fatto,  Gorki era in epoca sovietica una “città chiusa”, irraggiungibile ai comuni cittadini  senza speciali autorizzazioni:i suoi abitanti erano  essenzialmente  scienziati e famiglie che lavoravano alle invenzioni belliche più segrete.
Nel 1989, collassata l’Unione Sovietica e il comunismo, Koontz, o più probabilmente l’editore, hanno attualizzato il romanzo indicando  il nuovo “nemico”;perché  quello vecchio non faceva più paura.
L’ edizione 1989, dove Gorki diventa Wuhan. Preternaturale preveggenza? Non lo escludo. 
Ma agli addetti ai lavori è abbastanza noto che (come ha scritto GlobalResearc) fin dal 1948, gli Stati Uniti “hanno condotto per molti decenni un’intensa ricerca sulla guerra biologica, in molti casi fortemente focalizzata su agenti patogeni specifici per razza.
In un rapporto al Congresso degli Stati Uniti, il Dipartimento della Difesa ha rivelato che il suo programma di creazione di agenti biologici artificiali includeva la modifica di virus non fatali per renderli letali e l’ingegneria genetica per alterare l’immunologia degli agenti biologici per rendere impossibile il trattamento e le vaccinazioni. Il rapporto militare ha ammesso che all’epoca operava circa 130 strutture di ricerca sulle bio-armi, dozzine nelle università statunitensi e altre in molti siti internazionali al di fuori del Congresso degli Stati Uniti e della giurisdizione dei tribunali.
Un rapporto riservato del 1948 si leggeva:
Una cannonata  o una bomba non lascia dubbi sul fatto che si sia verificato un attacco deliberato. Ma se … un’epidemia si abbatte su una città affollata, non c’è modo di sapere se qualcuno ha attaccato, tanto meno chi “, aggiungendo con speranza che” Una parte significativa della popolazione umana all’interno di aree bersaglio selezionate potrebbe essere uccisa o inabilitata “solo con piccole quantità di un agente patogeno.

L’Istituto di ricerca medica delle malattie infettive dell’esercito americano ha sede in una base mlitare,  Fort Detrick nel Maryland. 

Praticamente è la Gorki-città -chiusa  americana. Quindi opera per la democrazia.
E “un manuale operativo dell’esercito americano del 1956 affermava esplicitamente che la guerra biologica e chimica era una parte operativa integrale della strategia militare degli Stati Uniti, non era limitata in alcun modo dato che  il Congresso aveva dato  ai vertici militari  l’autorità   “First Strike”, primo colpo, a loro giudizio tattico.  Nel 1959,  il   Congresso  tentò  di  sottrarre ai generali  questa autorità di primo colpo;  fu sconfitto dalla Casa Bianca e le spese per armi biochimiche aumentarono da $ 75 milioni a quasi $ 350 milioni. Questa era un’enorme quantità di denaro nei primi anni ’60.
Nel 2000,  The Project for the New American Century ha prodotto un rapporto intitolato “Ricostruire le difese americane”, che conteneva un’ambizione politica radicale e bellicosa di destra per l’America. Il loro rapporto si definiva un “progetto per mantenere la preminenza globale degli Stati Uniti … e modellare l’ordine di sicurezza internazionale in linea con i principi e gli interessi americani”. 
Gli autori, ovvia la loro mentalità genocida, affermarono:
“Le forme avanzate di guerra biologica che possono” colpire “genotipi specifici possono trasformare la guerra biologica … in uno strumento politicamente “utile.”

Dalla rivista statunitense “NATURE”: “‘Alcune delle scelte più importanti sulla salute fisica di una nazione sono fatte, o non fatte, da una manciata di uomini, in segreto’.””” 

.....Sessant’anni fa, il chimico, scrittore e funzionario pubblico Charles Percy Snow rivelò nel suo libro Science and Government (Scienza e governo) che tutti i consigli scientifici dati ai governi durante la Seconda Guerra Mondiale erano privi di prove. E mentre il mondo si trova ora sull’orlo di una delle peggiori epidemie infettive da un secolo a questa parte, le sue osservazioni sono altrettanto rilevanti oggi – si legge su Nature -. In tutto il mondo, i paesi stanno rispondendo alla pandemia di coronavirus con misure adottate solo in tempo di guerra. Le frontiere si stanno chiudendo. Le comunità sono in quarantena, gli incontri sono stati cancellati, i ristoranti sono stati chiusi, le fabbriche e le camere d’albergo sono state requisite. Eppure in molti Paesi, compresi gli Stati Uniti e il Regno Unito, i governi hanno preso decisioni cruciali in segreto e fatto annunci prima di pubblicare le prove su cui si basano le loro decisioni. Non è così che i governi dovrebbero lavorare. La segretezza deve finire”.

LA LEZIONE DELL’OMS È DA SEGUIRE

“Mentre l’Europa diventa il nuovo epicentro dell’epidemia e i casi continuano ad aumentare in quasi tutti i paesi colpiti, tre cose devono accadere con urgenza”, sostiene Nature e cioè seguire i consigli dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.
“Né gli Stati Uniti né il Regno Unito hanno detto perché non hanno seguito il consiglio dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), che è quello di testare, tracciare e isolare il maggior numero possibile di casi di COVID-19 in modo aggressivo. Questi paesi sostengono di essere stati consigliati da alcuni dei migliori virologi ed epidemiologi di malattie infettive del mondo. Questo è vero. Ma allo stesso tempo, nessun governo può eguagliare l’esperienza cumulativa sul campo dell’OMS – e le lezioni apprese – nell’affrontare le epidemie, dalla sindrome respiratoria acuta grave (SARS) all’Ebola. L’agenzia sottolinea che le misure note come ‘contenimento’ sono essenziali, insieme al distanziamento sociale e alla rapida assistenza clinica, nei luoghi in cui la trasmissione è in corso”.

CINA E COREA DEL SUD HANNO CONTENUTO L’EPIDEMIA

Infatti, evidenzia Nature, “la sperimentazione aggressiva dei casi e la messa in quarantena dei contatti non è ancora una priorità politica dichiarata per gli Stati Uniti, dove gli sforzi sono ostacolati dalla carenza di test diagnostici di coronavirus COVID-19 e dall’assenza di un sistema sanitario pubblico unificato. Anche il Regno Unito, dove la sanità pubblica è gestita in modo più centralizzato, ha implementato test limitati, anche se ora li sta incrementando, come altri Paesi. Al contrario, sebbene le rispettive misure di mitigazione siano state diverse, la Cina e la Corea del Sud hanno utilizzato fin dall’inizio un contenimento molto più aggressivo, e continuano a farlo. Entrambi i Paesi hanno ora meno nuovi casi al giorno rispetto a quando il virus era al suo apice”.

LA CRITICA DELL’OMS E COSA BISOGNA FARE: TROVARE, ISOLARE, TESTARE E TRATTARE OGNI CASO

È raro che l’OMS critichi i Paesi membri che sono tra i suoi maggiori donatori, ma il direttore generale Tedros Adhanom Ghebreyesus è stato inequivocabile quando ha detto la scorsa settimana: ‘L’idea che i paesi debbano passare dal contenimento alla mitigazione è sbagliata e pericolosa’. E ha aggiunto: ‘Non puoi combattere un virus se non sai dove si trova. Ciò significa una solida sorveglianza per trovare, isolare, testare e trattare ogni caso, per spezzare le catene di trasmissione’”.
Questa settimana ha ribadito il punto: “Il modo più efficace per prevenire le infezioni e salvare vite umane è spezzare le catene di trasmissione. E per farlo, è necessario testare e isolare. Non si può combattere il fuoco con gli occhi bendati. E non possiamo fermare questa pandemia se non sappiamo chi è infetto” da coronavirus.

ABBRACCIARE UNA RICERCA ‘APERTA’ SUL CORONAVIRUS

Fin dall’inizio dell’epidemia, i ricercatori di tutto il mondo hanno aperto la strada alla condivisione di ricerche e dati. Anche Nature – insieme ai colleghi di tutta l’editoria di ricerca internazionale – “si è impegnata a rendere aperte tutte le ricerche e i dati relativi ai coronavirus. La condivisione dei dati – che vanno dalle sequenze di geni virali agli studi epidemiologici – è necessaria per tracciare come il virus si sta diffondendo e come potrebbe essere arginato”.
“I leader della ricerca che lavorano per – e consigliano – i governi devono fare lo stesso. Una ricerca aperta e condivisa è una ricerca migliore, perché consente a un gruppo più ampio di esperti di verificare le ipotesi, verificare i calcoli, interrogare le conclusioni e individuare e contestare gli errori. Purtroppo, quando si tratta delle prove che stanno alla base dei consigli scientifici dei governi, questo non accade abbastanza”, ammonisce Nature.
E le conseguenze della mancata pubblicazione delle prove sono evidenti come nel caso della decisione del Regno Unito di ritardare la chiusura della scuola dell’obbligo e del posto di lavoro che altri paesi stanno attuando. “Parte del ragionamento iniziale, come spiegato dal capo consulente scientifico Patrick Vallance, includeva la premessa che, per le persone sane, l’insorgenza di una malattia lieve contribuirebbe a rafforzare la loro immunità – e che, se più persone diventano immuni, si riduce la trasmissione del virus. Secondo questo ragionamento, una tale mossa ritarderebbe – e ridurrebbe – il picco delle infezioni. Ma le prove alla base di questo approccio non sono state rivelate. Non inaspettatamente, l’approccio è stato messo in discussione dagli scienziati, compresi gli epidemiologi e altri specialisti in malattie infettive, e non fa più parte della politica del Regno Unito”, ha ricordato il magazine scientifico.
“I ricercatori comprendono che saranno necessari cambiamenti improvvisi nella politica in una situazione in rapida evoluzione in cui ci sono molte incognite. Ma i governi rischiano di perdere la loro fiducia annunciando queste politiche prima che i dati, i modelli e le ipotesi sottostanti siano stati resi noti – ammette Nature -. I ministri e i loro consulenti scientifici sembrano essere tornati al modello della seconda guerra mondiale di prendere decisioni in gruppi relativamente piccoli e poi rilasciare documenti e dichiarazioni, rilasciare interviste o scrivere articoli. I politici e i loro consulenti scientifici devono stare al passo con i tempi e abbracciare la ricerca aperta. Dovrebbero sfruttare le competenze collettive – ora accessibili anche attraverso i social media – di virologi, epidemiologi, ricercatori comportamentali e altri che possono aiutarli a interrogare meglio i loro modelli, e quindi a migliorare le loro decisioni. Questo è imperativo ora, quando prendono decisioni da cui dipende il futuro della vita e dell’economia”.

LA COOPERAZIONE INTERNAZIONALE SALVERÀ DELLE VITE

“È difficile per i consulenti scientifici e medici del governo sostenere un approccio più collettivo e trasparente quando alcuni dei loro leader – in particolare il presidente americano Donald Trump e la sua amministrazione – sono scettici sul valore della cooperazione internazionale e prendono invece decisioni unilaterali. La decisione degli Stati Uniti di vietare i voli dalla Cina e dall’Iran, e successivamente dai Paesi europei, è stata presa senza consultare la maggioranza di questi paesi – e senza pubblicare le prove di come i divieti di volo possano rallentare la diffusione di un virus che già circola all’interno di un Paese”, evidenzia il magazine.
“Ma i consiglieri devono perseverare. Devono convincere i loro leader che un’azione collettiva coordinata è nell’interesse di tutti. Se, per esempio, non sono d’accordo con l’analisi dell’Oms, allora dovrebbero spiegarne il motivo. Per sconfiggere una pandemia in un mondo interconnesso, i paesi devono fornire prove complete e trasparenti a sostegno delle loro decisioni, ed essere disposti a condividere tali prove in modo da poter sconfiggere insieme il virus”, ha concluso Nature.

ENGLISH

Coronavirus, the Nobel Prize in Medicine Montagnier: "The genome confirms it, created in the laboratory and escaped."

The coronavirus is a manipulated virus and accidentally came out of a Chinese laboratory in Wuhan, where an AIDS vaccine was being studied. This is the theory that Luc Montagnier, Nobel Prize winner for medicine in 2008, explained in a French podcast specializing in medicine and health. According to the professor, who discovered HIV as the cause of the AIDS epidemic in 1983, Sars-CoV-2 is a virus that was accidentally processed and released by a laboratory in Wuhan, specializing in coronavirus research, in the last quarter of 2019.
"With my colleague, the biomathematician Jean-Claude Perez, we carefully analyzed the description of the genome of this Rna virus," explained Montagnier. "We were not the first - he specified - a group of Indian researchers tried to publish a study that shows that the complete genome of this virus has within the sequences of another virus, which is that of AIDS. The Indian group retracted after the publication, but the scientific truth always emerges. The AIDS sequence - concluded the Nobel Prize winner - was inserted in the genome of the coronavirus to try to make the vaccine". 

(Web, Google, Wikipedia, TGCOM24, Nature, Whashington Times, Libero, Il Foglio, Maurizioblondet, whitewolfrevolution, Le Scienze, Nature, You Tube)


Coronavirus, the Nobel Prize in Medicine Montagnier










venerdì 21 febbraio 2020

LE ARMI DI DISTRUZIONE DI MASSA E IL LABORATORIO BIOCHIMICO DI WUHAN IN CINA



Armi biologiche

Un'arma biologica è un agente microbiologico nocivo, o una tossina da esso prodotta, utilizzato mediante uno strumento di offesa al fine di diffondere la contaminazione e il contagio in territori e popolazioni nemiche. Rientra pertanto tra le armi di distruzione di massa.
Gli agenti biologici utilizzati nella realizzazione di questo tipo di armi si dividono in base alla loro tipologia:
  • virali, come il Marburg U, in grado di uccidere un uomo in 72 ore, causando una devastante febbre emorragica (analogamente alla febbre gialla). La mortalità raggiunge picchi del 90%.
  • batteriologici, come la peste
  • biologici ad effetto indiretto, il cui danno all'organismo umano deriva dalle tossine da loro liberate, ad esempio il botulino.



Storia

Durante il Medioevo, gli attacchi biologici venivano compiuti lanciando i cadaveri nelle città nemiche coi trabucchi o lasciandoli nelle riserve d'acqua per avvelenarle. Nel 1347 in Crimea, i corpi di alcuni guerrieri tartari di Ganī Bek morti di peste, vennero gettati oltre le mura della colonia genovese di Caffa (oggi Feodosia, Ucraina) dopo un assedio protrattosi per mesi. Questo episodio potrebbe essere stato responsabile dell'avvento della peste nera in Europa tramite il traffico marittimo.
Per armi biologiche controllate si aspetterà fino in epoca contemporanea ed il loro sviluppo si protrarrà fino alla guerra fredda nonostante la convenzione di Ginevra lo bandisse fin dal 1864.
Durante la seconda guerra sino-giapponese, agli ordini del generale Shirō Ishii, l'unità 731 fu incaricata di studiare e testare armi chimiche e biologiche, violando il Protocollo di Ginevra che il Giappone aveva sottoscritto nel 1925, e che metteva al bando questo tipo di armi. L'Unità 731 testava il frutto del proprio lavoro (agenti chimici e biologici) attraverso la diffusione tra la popolazione civile ed i prigionieri, ad esempio lanciando dagli aerei sciami di zanzare infette, o contaminando con agenti patogeni i pozzi.
Nel 1943 i Tedeschi attuarono il primo ed unico attacco bioterroristico contro gli Alleati (e contro la popolazione civile) finora noto, infestando la provincia di Latina, bonificata pochi anni prima, con il plasmodio della malaria.



Impiego bellico moderno

A parità di peso, le armi biologiche sono da 150 a 200 volte più efficaci di quelle chimiche: spesso ne bastano pochi milligrammi per provocare effetti letali sull'organismo.
Per diffondere l'agente biologico si può nebulizzare una soluzione acquosa o una polvere ipersottile contenente il virus, il batterio o la tossina; le particelle in ogni caso devono essere molto piccole, per poter penetrare i polmoni umani in profondità ed avviare il contagio. Questa modalità è ideale per la diffusione aerea.
Gli agenti possono essere portati sugli obiettivi da mano umana, o lanciati da mezzi di dispersione aerea, o caricati in bombe, missili e proiettili d'artiglieria.
Pertanto le modalità attraverso cui può essere esplicata l'azione di un'arma biologica sono:
diffusione aerea con conseguente inalazione
contaminazione dei viveri e delle acque.
contaminazione delle schegge dovute all'esplosione delle bombe e dei proiettili (è il caso della tetanotossina e della tossina della gangrena gassosa), specialmente se caricati nelle granate del tipo "a frammentazione", o del tipo "a saturazione-diffusione".



Batteri e virus

Fra i batteri, uno dei più terribili e micidiali è quello dell'antrace: provoca una malattia che in genere colpisce gli animali, ma che occasionalmente può contagiare l'uomo per via inalatoria, provocando una polmonite rapidamente mortale. Le sue spore hanno la caratteristica di persistere nel terreno anche per decine di anni e di resistere a lungo nell'ambiente esterno (vengono distrutte esponendole per almeno 15 minuti a una temperatura di 121 °C, alla normale pressione atmosferica). Per la loro elevata resistenza agli agenti esterni, le spore possono essere nebulizzate in aerosol, attraverso speciali proiettili.
Microorganismi meno resistenti, come quello del tifo (Salmonella typhi) e del colera (Vibrio cholerae), ed i virus della poliomielite (Poliovirus) e dell'epatite virale (Hepatovirus), possono altresì essere dispersi nell'ambiente, tramite irrorazione o contaminazione mirata, provocando gravissime forme cliniche, quali gastroenteriti, epatiti, paralisi.
La dottrina di impiego ne prevede l'uso per l'avvelenamento di grossi quantitativi di derrate alimentari e dei bacini d'approvvigionamento idrico. Il loro campo elettivo d'applicazione è costituito dal bombardamento delle retrovie, il che causerebbe la completa paralisi del rifornimento alle prime linee. Qualora venissero usate contro le prime linee, causerebbero il caos totale nello sgombero dei colpiti. Un'epidemia di questo tipo potrebbe essere assai difficilmente controllabile e ritorcersi in ogni momento contro gli stessi utilizzatori (effetto “boomerang").

Tossine

Le tossine sono prodotti del metabolismo batterico, fungino, algale e vegetale. Possono essere disperse nell'ambiente in vari modi: non escluso l'impiego di missili intercontinentali a testata tossica. Per la relativa facilità di produzione, queste armi vengono comunemente chiamate "l'atomica dei poveri".
La tossina botulinica provoca paralisi flaccida nella muscolatura volontaria scheletrica, mentre la tossina tetanica provoca la paralisi spastica della medesima muscolatura. La prima agisce se somministrata per via orale; la seconda per via iniettiva. In entrambi i casi la morte sopraggiunge per asfissia da paralisi della muscolatura respiratoria, in uno stato perfettamente mantenuto di coscienza. Queste tossine vengono oggigiorno prodotte industrialmente grazie alle tecniche d'ingegneria genetica e di biologia molecolare. Trenta grammi di questi veleni sono teoricamente in grado di uccidere l'intera popolazione umana; il loro punto debole è però la scarsa resistenza al calore.
Micidiale è anche l'effetto della tossina di alcuni funghi del genere Fusarium; diffusa nell'area-bersaglio in forma di polvere finissima, la cosiddetta "pioggia gialla", viene inalata e causa rapidamente necrosi della cute e delle mucose, emorragie sull'apparato digerente e su quello respiratorio; è tossica per il fegato e per il rene, con conseguente blocco della funzionalità epatica e renale. Anche il midollo osseo rosso, emopoietico, viene depresso, con effetti simili a quelli delle radiazioni ionizzanti.
Discorso analogo vale per le tossine dei funghi del genere Amanita e Cortinarius. Le tossine amanitina e falloidina sono letali in quanto bloccano l'RNA ribosomiale, con questo la sintesi proteica e la morte della cellula. Rene, fegato ed intestino vengono devastati dall'azione delle tossine dell'Amanita phalloides, dell'Amanita verna e dell'Amanita virosa. Letale è anche l'azione della tossina del Cortinarius orellanus. Tutte queste tossine risultano termostabili, ovvero non si degradano col calore durante la cottura dei cibi, per cui mantengono invariato il loro potere tossico.
Per l'uomo la dose tossica di queste tossine è pari ad 1 milligrammo per ogni chilogrammo di peso corporeo ed a nulla vale la lavanda gastrica: poiché esse passano indenni la barriera offerta dal succo gastrico, non suscitano il riflesso del vomito, non inducono senso di nausea ed agiscono appena dopo l'assorbimento intestinale. Una volta riversate nel sangue, l'unico presidio efficace, purché attuato entro 48-72 ore, è la plasmaferesi.

Politica e strategia delle armi biologiche

Le armi biologiche sono affette dalle stesse limitazioni ed i rischi d'impiego delle armi chimiche. Ad esempio il contagio potrebbe sfuggire al controllo e colpire anche le popolazioni alleate.
Le armi biologiche sono recentemente considerate armi terroristiche e messe al bando da svariate convenzioni internazionali, sebbene si sospetti che Stati Uniti e Russia conservino abbondanti riserve di questi agenti nei loro laboratori. La supposta presenza negli arsenali iracheni di armi biologiche è stata una delle cause dichiarate della Guerra d'Iraq o seconda guerra del Golfo (2003).

Bioterrorismo

Il bioterrorismo consiste nell'utilizzo intenzionale di agenti biologici (virus, batteri o tossine) in azioni contro l'incolumità pubblica quali attentati, sabotaggi, stragi o minacce volte a creare panico e isteria collettiva.
Gli agenti biologici utilizzati possono essere reperiti in natura, o possono essere modificati dall'uomo al fine di aumentarne il potere distruttivo, la virulenza o la diffusione nell'ambiente. Quest'ultima può avvenire attraverso l'aria, l'acqua, il cibo o le bevande.

Classificazione degli agenti biologici

Il CDC statunitense suddivide le armi biologiche usate nel bioterrorismo in tre categorie, a seconda della facilità di diffusione e del rischio maggiore o minore di malattia letale che provocano:

Categoria A

Comprende organismi e tossine altamente pericolose per la collettività per:
  • la facile diffusibilità o trasmissione da persona a persona;
  • il loro potere altamente letale;
  • i fenomeni di panico e di isteria collettiva che possono causare;
  • la necessità di adottare speciali contromisure su vasta scala per la tutela della salute pubblica.

Categoria B

Comprende organismi moderatamente pericolosi per:
  • la loro diffusibilità su scala ridotta;
  • la capacità di provocare malattie potenzialmente meno letali;
  • la necessità di misure di monitoraggio della salute pubblica meno intensive rispetto alla categoria A.

Categoria C

Comprende organismi patogeni emergenti, potenzialmente modificabili attraverso l'ingegneria genetica per essere trasformati in armi biologiche. Questi agenti presentano:
  • facile disponibilità nell'ambiente
  • facile produzione
  • alto potenziale in termini di virulenza e di impatto sulla salute pubblica.

Storia

L'esposizione ad agenti biologici in ambiente di vita e di lavoro è un importante rischio per la salute, che deve essere ben conosciuto, al fine di poter sviluppare una corretta, aggiornata, utile attività d'informazione e mettere in atto validi piani di prevenzione, sorveglianza e controllo delle patologie correlate.
La possibile minaccia di atti di terrorismo con impiego di agenti biologici determina una necessità di approfondimento della materia. Nella storia le armi biologiche sono usate da molto più tempo delle armi chimiche o nucleari.
Fin dall'antichità sono stati deliberatamente realizzati oggetti di vario tipo per nascondere e trasmettere agenti di malattia al nemico. Come l'impiego di cadaveri o carcasse di animali infetti per contaminare pozzi, cisterne e raccolte d'acqua utilizzate dagli eserciti e dalla popolazione, veleni e altre sostanze tossiche ritrovabili in natura o realizzate ad hoc. Anche il virus del vaiolo è stato sfruttato come arma biologica. I tartari addirittura catapultavano cadaveri infetti da peste bubbonica oltre le mura delle città assediate, in modo da diffondere il contagio e la morte prima della battaglia.
Anche gli inglesi durante la guerra dei sette anni per sconfiggere gli indiani, che numericamente erano molti di più, si aiutarono con la guerra biologica. Infatti come atto di amicizia regalarono agli indiani coperte, ma queste in realtà provenivano da ospedali di malati di vaiolo che così si diffuse tra gli indiani causando decine e migliaia di morti.
Nel 1763 in Nova Scozia Sir Jeffrey Amherst, governatore dello Stato, distribuì ai pellerossa coperte utilizzate negli ospedali in cui si ricoverano i vaiolosi, diffondendo così il morbo tra le tribù indigene; nello stesso periodo gli inglesi mandarono tra i maori, in Nuova Zelanda, gruppi di prostitute malate di sifilide, sterminando così le popolazioni.

Dal XX secolo ai giorni nostri

Più recentemente la guerra biologica ha assunto una connotazione scientifica; lo sviluppo della moderna microbiologia, durante il XIX secolo, ha fornito l'opportunità di isolare e produrre patogeni specifici come, ad esempio, il Bacillus anthracis e lo Pseudomonas mallei. La Germania sviluppò un programma di guerra biologica durante il primo conflitto mondiale, infettando il bestiame con gli agenti eziologici dell'antrace e della morva. Negli anni '30 tutti i maggiori Paesi svilupparono programmi di ricerca e di difesa batteriologici nonostante l'adesione al Protocollo di Ginevra (1925), che bandisce (senza dire nulla riguardo alla loro produzione), l'uso bellico delle armi chimiche e quelle biologiche. Nel 1933 un aerosol di batteri Serratia fu liberato vicino ad una canna di aerazione della metropolitana di Parigi.
In seguito a quest'attentato fu sviluppato un programma di controllo su batteri e virus potenzialmente utilizzabili nella guerra biologica. Nello stesso periodo la Gran Bretagna sviluppò un suo progetto, focalizzato sulle spore di antrace e sul loro raggio di diffusione quando lanciate con una bomba convenzionale. L'isola Gruinard, al largo delle coste della Scozia, fu scelta come luogo degli esperimenti e i dati ottenuti sono utilizzati sia dalla Gran Bretagna sia dagli USA. Subito dopo la prima guerra mondiale si cominciò a riflettere sulla pericolosità delle prime armi biologiche scientificamente costruite e presero il via i tentativi diplomatici volti a limitare la proliferazione e l'uso di armi di distruzione di massa. Dalla fine degli anni '60 le armi batteriologiche, fortunatamente, hanno assunto un'importanza sempre più marginale; le continue ricerche sui microrganismi, hanno, infatti, finito per ridurre a zero i microrganismi "segreti", cioè quelli contro di cui il nemico non ha alcuna difesa.
Nel 1931 durante l'occupazione della Manciuria da parte del Giappone, quest'unità utilizzò i prigionieri di guerra come cavie da laboratorio. Inoltre sono documentate almeno cinque incursioni nel 1941 di aerei giapponesi sulla Cina con lo scopo di spargere la peste bubbonica.
Inoltre nel 1956 l'Unione Sovietica accusò gli USA di aver usato armi biologiche in Corea. Dopo questo divieto il programma statunitense cambiò: si utilizzarono agenti biologici surrogati per elaborare e modellare organismi più letali. Molti test consistono nello spruzzare segretamente organismi su aree popolate. Dopo la memorabile irrorazione su San Francisco della Serretia Marcescens il programma venne dichiarato concluso. Ma nel 1969 si notò in quella zona un aumento delle infezioni di 5-10 volte.
Finalmente, nel 1972, un trattato internazionale, firmato da 160 Paesi e ratificato da 140 Paesi, ha messo al bando tutte le armi batteriologiche (Biological and Toxin Weapons Convention). Nonostante questo divieto, verso la metà degli anni '80, la corsa alle armi batteriologiche è ripresa con vigore, continuando fino ai nostri giorni. Da allora la storia dei trattati va di pari passo con quella degli esperimenti sulle armi biologiche che continuano in molti paesi. Mentre nel passato le armi biologiche erano pensate e costruite soprattutto per aggredire gli eserciti nemici, oggi è la popolazione civile ad essere bersaglio di queste armi da parte di gruppi terroristici.
L'uso, a volte, di armi biologiche rappresenta un grave problema di sanità pubblica. In caso di attacco bioterroristico, le prime risposte devono arrivare dalla polizia, dai vigili del fuoco e dal personale medico delle vicinanze. È chiaro che nei primi momenti dopo l'incidente non si conosce la natura dell'agente infettante, per cui è importante coinvolgere, nei piani di emergenza, anche esperti microbiologi (da inviare eventualmente sul campo per i rilevamenti o i campionamenti del caso) che possano fornire risposte più precise e in tempi brevi. Il tentativo fallito della setta giapponese della Sublime Verità di spargere un liquido con spore di antrace è stato, all'inizio degli anni Novanta, il primo attentato di bioterrorismo della storia. Anche Al Qaida ha tentato senza successo di produrre armi biologiche in laboratori ubicati nelle città afghane di Jalalabad e Kandahar. Tuttavia, nonostante l'ampia risonanza che questa minaccia ha avuto, si conoscono pochi tentativi di azioni vere e proprie, da parte di gruppi terroristici, volte a provocare eccidi tra la popolazione civile mediante l'impiego di agenti CBRN.
Fa eccezione il caso di contaminazione da salmonella di 751 persone (con esito non letale) da parte della setta di Rajneesh in Oregon negli Stati Uniti nel 1984 e i diversi attentati commessi dall'Aum Shinrikyō in Giappone, con l'uso di agenti chimici e biologici, che nel giugno del 2004 hanno provocato la morte di sette persone e il ricovero di duecento a Matsumoto, e dodici morti e il ricovero di mille persone a Tokio. Con gli attentati all'antrace negli USA, nell'autunno 2001, e i più recenti attacchi alle reti del trasporto pubblico di Madrid e Londra, anche l'Europa si prepara a uno scenario ancora peggiore. Nell'agosto 2005, le rivelazioni che una cellula di Al Qaeda stava progettando un attentato con gas sarin contro la Camera dei Comuni britannica, nonché un incidente, avvenuto nel maggio del 2004, con il lancio di profilattici pieni di una polvere viola contro il Primo ministro Tony Blair, durante l'ora delle interrogazioni, hanno messo in luce l'alto grado di vulnerabilità dei parlamenti nazionali e la mancanza di preparazione a gestire casi del genere. Come reazione a questi eventi, su entrambe le sponde dell'Atlantico sono state promosse misure volte a individuare metodi adeguati per la rilevazione di eventuali attacchi con agenti biologici. Gli USA hanno mostrato l'impegno maggiore con un'iniziativa globale denominata "Biodefense for the 21st Century", lanciata nell'aprile 2004 dal Presidente Bush. Secondo uno studio, dopo l'11 settembre, i fondi di bilancio complessivamente stanziati per la difesa da agenti biologici sono aumentati di sedici volte, da 305 milioni di dollari nell'esercizio 2001 a circa 5 miliardi di dollari per gli esercizi 2004, 2005 e 2006. L'incremento dei finanziamenti destinati alla ricerca nel settore della difesa da agenti biologici del National Institute of Health è ancora più sorprendente: essi sono aumentati di 34 volte dal 2001 al 2006. Per contro, il governo britannico nel bilancio 2003 ha stanziato 260 milioni di sterline per misure di lotta contro il rilascio di agenti biologici.



Principali agenti e sostanze impiegate

Le sostanze usate con scopi di bioterrorismo sono in genere materiali biologici quali batteri o virus, che vengono utilizzati in atti di guerra contro un paese o gruppo di persone. L'invio di spore di antrace attraverso il sistema di posta degli Stati Uniti nel 2001 è stato il primo utilizzo di un agente di bioterrorismo contro gli Stati Uniti. Oltre alla posta negli Stati Uniti, le armi biologiche possono infettare i prodotti alimentari, l'acqua potabile e branchi di animali.
Il Centers for Disease Control and Prevention (CDC) classifica gli agenti biologici in funzione del rischio che rappresentano per il pubblico. Quelli che presentano il rischio più elevato, perché possono essere facilmente diffusi e possono causare mortalità elevata, sono classificati come categoria A. Tali sostanze comprendono batteri e virus che causano malattie come:
  • carbonchio,
  • botulismo,
  • peste,
  • tularemia,
  • il vaiolo, e febbre emorragica virale (come ad esempio quella sostenuta dai virus Hantavirus e Ebola).

Il CDC classifica gli agenti biologici che presentano un rischio moderato per il pubblico come categoria B. Questi agenti possono essere diffusi con una certa facilità e possono causare un grado moderato di malattia, ma i tassi di mortalità a causa di queste malattie sono generalmente bassi. [Per informazioni più specifiche sugli agenti di bioterrorismo e sulle contromisure che il governo americano sta prendendo per prepararsi in caso di un altro attentato bioterroristico, visitare il sito web del CDC sul bioterrorismo.
Oltre ad agenti biologici, anche agenti chimici o radioattivi possono anche essere usati come arma di bioterrorismo. Il CDC classifica gli agenti chimici in base alla attività da essi esplicata sulla pelle, nei polmoni, nel tratto gastrointestinale e sul sistema nervoso. L'unico utilizzo di agenti chimici da parte di un gruppo terroristico si è verificato nel 1994 e nel 1995, quando la setta Aum Shinrikyō ha rilasciato il gas nervino sarin in Giappone a Matsumoto ed a Tokyo, causando 19 morti e obbligando migliaia di persone al ricovero ospedaliero o al trattamento ambulatoriale.
Gli agenti radioattivi sono incolori, inodori ed invisibili. La contaminazione di cibo, acqua od oggetti può causare all'uomo ed agli animali inabilità o morte ed inoltre è difficile da evidenziare. I sintomi di esposizione alle radiazioni possono includere nausea, vomito, diarrea e, a seconda del grado di esposizione, gengive sanguinanti, epistassi, ecchimosi, e perdita di capelli. L'esposizione ad agenti radioattivi avviene attraverso ingestione, inalazione o la contaminazione di una ferita aperta. Un esempio di un agente radioattivo è il polonio 210 che, nel 2006, è stato la causa della morte del dissidente russo, Aleksandr Val'terovič Litvinenko.



A PROPOSITO DEL CORONAVIRUS - Dal sito di “TGCOM24”: 

“””Coronavirus, quella strana esercitazione militare a Wuhan nel settembre 2019”””
“”””Un mese prima dei Giochi delle Forze armate nella città cinese, si tennero esercitazioni militari per simulare una possibile minaccia batteriologica chiamata “coronavirus".
A pensare male si fa peccato ma, a volte, ci si azzecca. Spunta un episodio anomalo della cronache cinesi o per lo meno, da quanto trapela. Secondo quello che risulta a Tgcom24, ben prima dell'epidemia internazionale legata al coronavirus poi chiamato Covid-19 ci fu un'esercitazione militare proprio a Wuhan. Le autorità chiesero all'esercito di organizzare per settembre delle operazioni di soccorso simulando un pericolo batteriologico. L'esercitazione fu programmata in vista dei Giochi delle Forze Armate cinesi in programma il mese successivo a Wuhan. Casualmente il nemico da battere fu chiamato "coronavirus", definizione che, ricordiamolo, riguarda una grossa quantità di virus conosciuti per causare diverse malattie. E qua la coincidenza: due mesi dopo a Wuhan fu registrato il "paziente zero". 
Il 18 settembre le autorità cinesi avrebbero organizzato anche un piano di risposta d'emergenza per l'aeroporto Tianhe di Wuhan nel caso si fosse riscontrato un passeggero colpito dall'infezione di quel nemico chiamato coronavirus. Ma come mai, tra tutte le possibile infezioni che possono colpire gli esseri umani, si scelse proprio il “coronavirus".
E sono proprio le tempistiche quelle che hanno creato un alone di mistero intorno allo scoppio dell'epidemia. Ne è un altro esempio la mail spedita il 2 gennaio dall'Istituto di virologia di Wuhan al personale dei suoi dipartimenti. "Il comitato sanitario nazionale richiede esplicitamente che tutti i dati sperimentali dei test, i risultati e le conclusioni relative a questo virus non siano pubblicati su mezzi di comunicazione autonomi - si legge nella lettera, che prosegue specificando -  non devono essere divulgati ai media, compresi quelli ufficiali e le organizzazioni con cui collaborano. Si chiede di rispettare rigorosamente quanto richiesto". In sostanza, leggendo quelle parole in controluce, il mondo non deve sapere””””.



Armi di distruzione di massa:
  • Nucleari,
  • Batteriologiche,
  • chimiche.

La locuzione arma di distruzione di massa (in inglese Weapon of mass destruction) viene usato per descrivere un'arma capace di uccidere indiscriminatamente una grande quantità di esseri viventi. 
Questa definizione comprende diversi tipi di armi, tra cui armi nucleari, armi biologiche, armi chimiche (a volte riferite con la sigla NBC) e armi radiologiche.
In ambito militare viene usato anche il termine ABC (Atomic Biological Chemical), sostituito dal termine NBC (Nuclear Biological Chemical) dopo l'invenzione della bomba all'idrogeno e infine da CBRN (Chemical Biological Radiological Nuclear) in seguito alla crescente consapevolezza della minaccia rappresentata dalle armi radioattive, anche se non esplosive (come le cosiddette bombe sporche).
A causa dell'impatto indiscriminato di questo tipo di armi, il timore di un loro ricorso ha influenzato politiche, movimenti sociali ed è stato il soggetto di molti film. Lo sviluppo e il controllo di armi di distruzione di massa varia da nazione a nazione e a livello internazionale.

Storia

Il termine venne usato per la prima volta nel 1937 in riferimento al bombardamento di Guernica in Spagna, ma in seguito ai bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki e durante la seconda guerra mondiale, il suo significato si riferì maggiormente all'uso di armi non-convenzionali.

Origine

Un articolo del Times del 28 dicembre 1937 riguardante il bombardamento di Guernica, anche se in quell'epoca il Giappone stava effettuando ricerche nel campo della armi biologiche (vedere Unità 731) e le armi chimiche erano già state largamente usate.
Un altro utilizzo del termine si trova nel Trattato sullo spazio extra-atmosferico del 1967, anche se non contiene alcuna definizione.

Utilizzo nel controllo degli armamenti

Prima di allora, il termine "WMD" era usato ampiamente nella comunità del controllo sulle armi. I termini Atomico, Biologico e Chimico (ABC) e il successivo Nucleare, Biologico e Chimico (NBC) vennero introdotti col tempo.
Guerra NBC è l'espressione utilizzata per indicare la guerra nucleare, biologica (o batteriologica) e chimica. Per guerra NBC si intende guerra con l'uso di testate nucleari, biologiche e chimiche come le bombe nucleari, bombe sporche, testate batteriologiche (con botulino, vaiolo, ecc.) e bombe chimiche che rilasciano gas vescicanti, gas acidi, cloro, bromo, ecc. Come protezione durante un attacco NBC si usano apposite mantelline e maschere antigas con appositi filtri; ma queste protezioni sono efficaci soltanto per evitare la contaminazione durante il fallout nucleare (la prima ricaduta).
La definizione estesa venne adottata anche dalla risoluzione 687 del 1991 e dalla Convenzione sulle armi chimiche del 1993.

Guerra fredda e Guerra al terrorismo

La parola WMD entrò in disuso durante le prime fasi della Guerra fredda, quando era usata principalmente in riferimento alle armi nucleari. A quell'epoca, i quantitativi statunitensi di armi termonucleari erano considerati un deterrente necessario contro un attacco dell'Unione Sovietica (vedere Distruzione mutua assicurata). Quindi i politici statunitensi favorevoli oppure non contrari a questo tipo di armi usarono il termine militare meno dispregiativo armi strategiche.
Nel 1990 e durante la guerra del golfo nel 1991, il termine tornò di uso comune tra i politici e nei media. A quell'epoca, era utilizzato in riferimento alle riserve di armi di una nazione avversaria, e in particolare alle armi chimiche presenti in Iraq durante il regime di Saddam Hussein. All'alba della cosiddetta guerra al terrorismo, la connotazione dispregiativa del termine venne sfruttata per motivare l'opinione pubblica statunitense a favore della guerra. Quindi Arma di distruzione di massa sostituì Arma strategica. Dopo gli attentati dell'11 settembre 2001, l'immaginario collettivo venne influenzato dagli attacchi a base di antrace facendolo diventare un sinonimo di arma biologica o dispositivo per il bioterrorismo. L'utilizzo del termine crebbe nel 2002 durante la successiva crisi in Iraq e nel caso Nigergate, dove l'ipotetica e mai confermata presenza di armi di distruzione di massa in Iraq divenne la giustificazione principale dell'invasione dell'Iraq del 2003, nonostante pareri contrari, come quello del ex-ispettore capo dell'ONU Scott Ritter.

Uso e controllo

Lo sviluppo e l'utilizzo delle armi di distruzione di massa viene regolato da trattati e convenzioni internazionali, anche se non tutti i paesi li hanno firmati e ratificati:
  • Partial Test Ban Treaty (PTBT)
  • Trattato sullo spazio extra-atmosferico
  • Trattato di non proliferazione nucleare (NPT)
  • Seabed Arms Control Treaty
  • Comprehensive Test Ban Treaty (CTBT)
  • Convenzione per le armi biologiche
  • Convenzione sulle armi chimiche.

La risoluzione 1540 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite il 28 aprile 2004 riconosce la minaccia alla pace internazionale e alla sicurezza dalle armi nucleari, chimiche e biologiche, assieme ai loro mezzi per utilizzarle; inoltre richiama uno sforzo maggiore da parte delle nazioni per limitare la loro proliferazione.

Queste armi, specialmente quelle nucleari, sono state usate solo durante la seconda guerra mondiale, perché il loro utilizzo è essenzialmente un invito a un contrattacco con lo stesso tipo di armi, generando un'escalation che potrebbe facilmente distruggere buona parte della popolazione mondiale. Durante la guerra fredda, questa consapevolezza divenne nota come la teoria della Distruzione mutua assicurata (o Deterrente nucleare) e per questo motivo non furono mai usate.
Le WMD sono state utilizzate per giustificare la dottrina del presidente degli Stati Uniti George W. Bush della cosiddetta guerra preventiva contro gli "stati canaglia", che sono sospettati di possedere o sviluppare un tale tipo di arma. I detrattori di tale strategia fanno notare come gli Stati Uniti sono la nazione che possiede la maggior quantità di tali armi, e sono l'unica nazione che abbia mai usato armi nucleari (Bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki), mentre altri sostengono che questa strategia è mirata verso nazioni che hanno intenzioni pericolose e che le attuali potenze nucleari hanno mostrato riluttanza all'utilizzo di armi di distruzione di massa tranne in circostanze estreme. Tali garanzie non sarebbero quindi state fornite da nazioni come la Corea del Nord.



IL LABORATORIO BIOCHIMICO DI WUHAN IN CINA

Il coronavirus sarebbe stato creato nel laboratorio di massima sicurezza a Wuhan come arma biochimica per la difesa?  Un vecchio studio su un virus artificiale combinato con il coronavirus della SARS getta ombre sulla vicenda.
Il nuovo coronavirus potrebbe essere stato creato in un laboratorio cinese combinando il coronavirus scoperto in una particolare specie di pipistrello cinese con un altro che causa la SARS nei topi.
È quanto emerge da un inquietante studio datato novembre 2015 pubblicato dall’US National Library of Medicine. Nel documento si descrive la creazione di un virus chimerico, composto con il Dna misto di CoV-SARS, trucco che consente agli scienziati di manipolare il virus senza timore di contagio, con lo scopo di esaminare la potenziale minaccia dei coronavirus circolanti e aiutare a prevedere future emergenze sanitarie.
Già all’epoca lo studio creò clamore nella comunità scientifica, che si domandava se ricerche del genere fossero davvero necessarie viste le conseguenze disastrose per la sicurezza pubblica che potrebbero scaturire da una eventuale fuga del virus dal laboratorio.
Ed è proprio l’origine artificiale del virus che finora ha ucciso oltre 1.300 persone e ne ha contagiate più di 60.000 che è al centro della discussione sul coronavirus da settimane. Mentre si aggrava il bilancio, in un clima di grande paura e apprensione è facile che il sospetto e la teoria del complotto prenda il sopravvento, tant’è che molte supposizioni da film fantascientifico si sono diffuse in rete, condivise ampiamente su Facebook e Twitter.
Le tesi complottistiche sono arrivate anche al tavolo della politica americana dopo che il senatore Tom Cotton ha chiesto che il governo cinese certifichi la natura non di bio-arma del coronavirus.
Al centro delle accuse, un laboratorio di massima sicurezza nei pressi di Wuhan, epicentro dell’epidemia, unica struttura in Cina dove vengono studiati gli agenti patogeni più pericolosi del mondo. Laboratorio in cui oggi lavora la dottoressa Shi Zhengli, una delle ricercatrici che ha partecipato allo studio del 2015 e che lo scorso 20 gennaio ha pubblicato un articolo su Nature in cui dichiarava l’origine animale del nuovo CoV (trasmesso dal pipistrello cinese) come se fosse una scoperta totalmente innovativa e come se 4 anni fa non fosse coinvolta nella manipolazione di un virus quasi identico a quello scoperto a dicembre 2019.
Stando a quanto riferito alla testata americana Washington Times (da non confondere con il Washington Post) da un esperto di guerra biologica ed ex medico dell’intelligence militare israeliano, l’epidemia di coronavirus che si sta diffondendo in tutto il mondo ha avuto origine in un laboratorio alle porte di Wuhan collegato al programma di armi biologiche segreto condotto dalla Cina.
Sotto accusa l’Istituto di Virologia di Wuhan, il più avanzato laboratorio di ricerca sui virus mortali in Cina. Alcuni laboratori dell’Istituto sarebbero stati utilizzati probabilmente, in termini di ricerca e sviluppo, in armi biologiche cinesi con doppio scopo civile e militare, ha detto la fonte.
Le autorità cinesi hanno dichiarato di non conoscere la causa esatta del virus, indicando come probabile origine il mercato del pesce e di animali selvatici vivi di Wuhan. Qui il virus è stato trasmesso dall’animale all’uomo e poi da uomo a uomo.
Secondo un’altra tesi, invece, il nuovo coronavirus sarebbe “uscito” dal laboratorio per un incidente oppure a causa del contagio interno di un ricercatore che frequentava la struttura. Secondo le indiscrezioni, il laboratorio nazionale di biosicurezza di Wuhan era impegnato nella ricerca sui virus di SARS, Ebola, Nipah e febbre emorragica della Crimea-Congo, e probabilmente il vaccino contro la SARS è stato scoperto lì.
La fonte del WT sostiene la probabilità che i coronavirus studiati all’interno dell’Istituto di virologia di Wuhan siano inclusi nel programma cinese top secret di “bio-warfare” (“guerra biologica”).
In Italia la teoria secondo cui la sindrome cinese può essere stata studiata come arma batteriologica nel laboratorio militare di Wuhan è stat abbracciata da Paolo Liguori, giornalista ed ex direttore di Tgcom24. Liguori sarebbe stato informato dell’origine artificiale del virus da una fonte affidabile, ma sottolinea la mancanza di prove certe a sostegno di questa tesi. Al momento quindi è bene chiarire che si tratta di voci non verificate.
Il Centro cinese per il controllo e la prevenzione delle malattie ha riferito che il virus ha avuto origine da animali selvatici vivi venduti in un mercato a Wuhan, e da lì è passato all’uomo.
Non bisogna escludere a priori la possibilità che il virus sia nato in laboratorio per scopi militari, ma la circolazione delle informazioni potrebbe essere fortemente condizionata dai rapporti conflittuali tra Cina e Stati Uniti.
Quando è scoppiato il virus, infatti, sui siti internet cinesi hanno iniziato a circolare delle voci secondo cui il coronavirus faceva parte di una cospirazione degli USA per diffondere armi biologiche e contaminare i nemici cinesi. Ricordiamo che gli agenti biologici rientrano a tutti gli effetti nella categoria di armi di distruzione di massa.

CORONAVIRUS, L'ORDINE PER E-MAIL DEL REGIME AI MEDICI DI WUHAN: NON PARLATE DEL CONTAGIO!

"Il comitato sanitario nazionale richiede esplicitamente che tutti i dati sperimentali dei test, i risultati e le conclusioni relative a questo virus non siano pubblicati su mezzi di comunicazione autonomi". Così, il 2 gennaio, Pechino si rivolgeva via mail a medici e ricercatori di Wuhan, quando ancora il coronavirus non destava particolare preoccupazione nel mondo. Nulla doveva essere divulgato: tutto doveva rimanere all'interno dei confini della città focolaio di Wuhan. Tuttavia, una ventina di giorni dopo, il virus arrivò negli Stati Uniti, a causa di un cittadino di ritorno da Wuhan. In quel caso gli Usa curarono con successo il paziente, avvalendosi di un antivirale in via di sperimentazione, richiesto dalla Cina qualche giorno prima della somministrazione.
Dopo la cura con il Remdesivir, i sintomi nel paziente americano scomparirono e i risultati furono immediatamente pubblicati nel New England Journal of Medicine. Ma prima ancora che gli Usa abbiano testato il farmaco, l'’Istituto di Virologia di Wuhan richiede ufficialmente il brevetto del Remdevisir per il "trattamento dei pazienti malati di coronavirus". La motivazione della richiesta verrà resa nota solo due settimane dopo. Nel testo in esame la Cina adduceva a "interessi di sicurezza nazionale", prima ancora di aver preso misure stringenti come quarantena e sospensione dei servizi per bloccare la diffusione del virus. I sospetti sul comportamento del governo cinese si intensificano.

(Web, Tgcom24, Money, Liberoquotidiano, You Tube, Wikipedia)