giovedì 14 dicembre 2023

NAVI ANTICHE (37-41 d.C.): le Navi di Nemi erano due navi imperiali romane attribuibili all'imperatore Caligola, affondate sul fondo del lago di Nemi, recuperate in una impresa archeologica condotta dal 1928 al 1932. Il recupero fornì uno dei contributi più importanti alla conoscenza della tecnica navale romana.






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Il lago di Nemi, di origine vulcanica, si trova a circa 30 Km a sud di Roma, sui Colli Albani. La zona era abitata fin dalla preistoria e in epoca romana qui sorgeva il Tempio di Diana Aricina, centro religioso e politico importante e frequentato.
La leggenda dell'esistenza di due grandi navi sommerse sul fondo del lago, forse custodi di favolosi tesori, veniva tramandata dagli abitanti del luogo ed era supportata dai recuperi casuali effettuati dai pescatori. A partire dal Rinascimento si prova a riportare alla luce le imbarcazioni: tentativi che hanno conseguenze drammatiche sugli scafi, che ne devastano le strutture, asportando reperti e legname. Di fatto le navi sono troppo grandi e pesanti per essere ripescate, ma di questo ci si renderà conto solo alla fine dell'Ottocento.
Il primo tentativo conosciuto risale al 1446, quando il cardinale Prospero Colonna, signore di Nemi, incarica del recupero l'architetto Leon Battista Alberti. Il resoconto dell'impresa è narrato da Flavio Biondo nella sua Italia illustrata: grazie ad alcuni esperti nuotatori genovesi, si esplora la nave più vicina a riva, determinandone distanza e profondità; poi se ne tenta il recupero mediante una piattaforma galleggiante munita di corde e uncini.
Nel 1535, il bolognese Francesco De Marchi compie una serie di immersioni, di cui dà conto nella sua opera Della Architettura Militare. Utilizzando una speciale campana di legno munita di oblò in vetro, che protegge la parte superiore del corpo lasciando libere gambe e braccia e permettendo la respirazione, De Marchi determina le dimensioni dello scafo più vicino a riva e il suo stato di conservazione.
Passano tre secoli. Il 10 settembre 1827 il cavaliere Annesio Fusconi al cospetto di un folto pubblico, utilizzando una campana di Halley dotata di una pompa d'aria, raggiunge i relitti e asporta marmi, smalti, mosaici, frammenti di colonne metalliche, laterizi, chiodi. Il legname recuperato viene poi utilizzato per realizzare souvenir. Il maltempo interrompe i lavori, il materiale recuperato viene depredato e il Fusconi abbandona l'impresa. Pubblica i risultati del suo lavoro in un volume dal curioso titolo Memoria archeologico-idraulica sulla nave dell'imperator Tiberio, pubblicato a Roma nel 1839.
L'ultima operazione prima dell'intervento dello Stato è quella condotta da Eliseo Borghi nel 1895, intervento condotto su incarico della famiglia Orsini e autorizzato dal Ministero della pubblica istruzione. Grazie al lavoro di un palombaro viene riportata alla luce la bellissima ghiera in bronzo di un timone, lavorata a rilievo con una testa di leone. Vengono riportati alla luce anche attrezzi e oggetti, pilastrini in bronzo, protome ferine, tegole in rame dorato, mosaici, lastre in porfido, laterizi ma anche rulli sferici e cilindrici, testimonianza delle conoscenze tecniche romane, che fanno ipotizzare la presenza sulle navi di piattaforme girevoli. La maggior parte del materiale recuperato viene acquistato dal Museo Nazionale Romano, mentre altri reperti prendono la strada del mercato antiquario.
A seguito dell'opera del Borghi, il Ministero della pubblica Istruzione impone la cessazione dei tentativi di recupero, che stavano progressivamente demolendo gli scafi e, con la collaborazione del Ministero della Marina, inizia la fase delle ricerche condotte con rigore scientifico. L'incarico viene assegnato all'ingegnere Vittorio Malfatti, tenente colonnello del Genio Navale: nel corso del 1895 e del 1896 Malfatti identifica con certezza posizione e stato delle due navi, esegue il rilievo generale del lago ed esplora la parte accessibile dell'emissario. Scarta quindi l'ipotesi di un sollevamento diretto degli scafi, privilegiando quella di un abbassamento del livello delle acque del lago. La relazione suscita plausi e adesioni, ma i tempi non sono ancora maturi per un intervento.
Nel 1926 viene istituita una nuova commissione incaricata dello studio del recupero: ne fanno parte periti, archeologi e ingegneri, sotto la guida dell'archeologo e senatore Corrado Ricci. I risultati della commissione confermano l'opera di Malfatti e indicano la via da seguire: svuotamento parziale del lago fino a 22 metri di profondità per mezzo dell'emissario; indagini archeologiche sulle navi emerse; esplorazione del fondo del lago alla ricerca di reperti; sollevamento degli scafi e loro ricovero in un museo da realizzarsi appositamente. Il 9 aprile 1927, in un discorso alla Reale Società Romana di Storia Patria, il Capo del Governo Benito Mussolini annuncia la decisione di recuperare le navi sommerse.















Il recupero

Nei lavori svolti dalla commissione Ricci, era stata coinvolta anche la società Costruzioni Meccaniche Riva di Milano, specializzata nella produzione di pompe e turbine idrauliche. Il direttore generale della società ingegnere Guido Ucelli, uomo di profonda e vasta cultura, alla fine del 1927 offre al governo mezzi e opera per il compimento dell'impresa. Le società Costruzioni Meccaniche Riva, Elettricità e Gas di Roma, Laziale di Elettricità si riuniscono così a costituire il Comitato Industriale per lo scoprimento delle Navi Nemorensi.
Firmano quindi una prima convenzione con il governo, in cui si impegnano allo svaso del lago mediante l'utilizzo di un impianto idrovoro fornito dalla Riva, che scarichi le acque attraverso l'emissario già utilizzato dagli antichi romani per regolare il livello delle acque, evitando così l'eventuale inondazione del santuario di Diana.
Si compiono i lavori preliminari: lo scavo della vasca di scarico per le pompe e di un nuovo canale in Valle Ariccia per il deflusso delle acque al mare; il posizionamento delle linee elettriche, dei trasformatori e delle idrovore. Le premesse per la rapida riuscita dell'impresa si fondavano tutte sulla possibilità di un utilizzo immediato dell'emissario ma le condizioni della galleria si rivelano peggiori del previsto: il cunicolo risulta franato in più punti e ostruito dai materiali. Venute meno le premesse, la prima convenzione viene annullata e il 15 giugno 1928 ne viene firmata una nuova con cui il Comitato si impegna, senza alcun rimborso spese o altro beneficio a suo favore, a portare a compimento il recupero delle navi, concordando i lavori con il Genio Civile di Roma. Vengono impiantati due cantieri: il primo in corrispondenza dell'imbocco dell'emissario, il secondo in Valle Ariccia. In quattro mesi, da giugno a ottobre 1928, grazie all'impiego di settanta operai organizzati su tre turni di otto ore ciascuno, si asportano i detriti, si allarga la galleria, se ne rettifica il percorso, si livella la pavimentazione. Il 20 ottobre 1928 Mussolini avvia lo svuotamento del lago, mettendo in funzione l'impianto idrovoro fornito dalla Riva. Il 31 dicembre i metri cubi di acqua estratti sono circa 5 milioni, la metà di quanto occorre per l'emersione della poppa della prima nave. Per gli aspetti sismici e geologici, i lavori vengono svolti sotto la sorveglianza dell'Osservatorio Geofisico di Rocca di Papa. Il progressivo assestamento della sponda del lago su cui si trovano le tubazioni aspiranti provoca spostamenti del terreno incompatibili con la tenuta delle giunzioni, costringendo al consolidamento della sponda mediante palafitte.
A marzo viene installata una seconda stazione di pompaggio quattro metri più in basso rispetto alla prima e dal mese di aprile, a causa dei continui smottamenti, le elettropompe vengono montate su un pontone galleggiante, collegato con tubi flessibili alle tubazioni rigide poste a riva. Il 28 marzo 1929 affiorarono le strutture più alte della prima nave, rivelando immediatamente l'importanza archeologica del ritrovamento.
Emergono armi, monete, decorazioni, attrezzi, ami da pesca, chiavi; si annota la posizione di ogni reperto, si analizza ogni particolare con metodo scientifico. Il 7 settembre, abbassato il livello delle acque di ben ventidue metri, la prima nave risulta completamente emersa e alla fine di gennaio 1930 affiora anche la seconda. Tuttavia l'entità delle spese sconsiglia il prosieguo dell'impresa. I lavori vengono quindi interrotti fino al 6 novembre 1930 quando il Consiglio dei ministri delibera la ripresa dei lavori, grazie all'accordo con la Marina Militare e con i ministeri dei Lavori pubblici e dell'Educazione nazionale. Alla fine del 1932 anche il secondo relitto viene recuperato. In un primo tempo le navi vengono ricoverate sulla riva del lago, protette da teloni bagnati che limitano l'essiccazione del legno e da un hangar per dirigibili.
Successivamente viene costruito il Museo delle Navi romane, progettato dall'architetto Vittorio Ballio Morpurgo. Nel 1935 la prima nave viene trainata all'interno dell'edificio; il 20 gennaio 1936 viene posizionata anche la seconda. Solo dopo viene terminata la facciata del museo, che viene inaugurato il 21 aprile 1940.
Il resoconto del recupero, i rilievi, le indagini, le analisi vengono poi pubblicati da Ucelli e da altri studiosi nel volume Le navi di Nemi, pubblicato in diverse edizioni dall'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, a partire dal 1940. Il fondo Navi di Nemi dell'archivio storico del Museo nazionale della scienza e della tecnologia Leonardo da Vinci conserva la documentazione relativa all'impresa del recupero.

Motu proprio

A seguito della riuscita dell'impresa, che ebbe ampia eco negli ambienti scientifici e archeologici di tutto il mondo, re Vittorio Emanuele III con decreto Motu proprio del 26 febbraio 1942 concede a Guido Ucelli il titolo di nobile, il predicato “di Nemi”, lo stemma nobiliare. Lo stemma è "Di rosso alla prua di nave romana d'argento, uscente dal lato destro dello scudo, bordata d'oro e con fascia dello stesso: all'ancora di nero addestrata dal ceppo mobile pure di nero, attraversanti in palo; la prua sinistrata da un giglio d'oro".
Ucelli sceglie come motto la frase "Secundo adversoque vento", con il vento favorevole e contrario.

La distruzione delle navi

Nella notte fra il 31 maggio e il 1º giugno 1944, un violento incendio devasta il museo, distruggendo le navi: si salva solo quanto portato in precedenza a Roma. Viene istituita una Commissione per accertare le cause del rogo di cui fanno parte architetti, ingegneri, il comandante dei vigili del fuoco e un esperto di artiglieria. I custodi, testimoni diretti degli avvenimenti, riferiscono che nei giorni precedenti una batteria di artiglieria tedesca composta da quattro cannoni si era posizionata nei pressi dell'edificio; i soldati si erano sistemati all'interno del museo, allontanando i custodi e le loro famiglie.
Nei giorni seguenti, l'aviazione anglo-americana aveva bombardato la zona, provocando qualche danno alle strutture ma nessun incendio. I bombardamenti si erano ripetuti anche la mattina del 31 maggio ed in serata si era svolto un furioso cannoneggiamento della zona, terminato alle ore 20:15 circa. Un'ora più tardi il custode notava un lume vagare all'interno dell'edificio: il bagliore fu poi considerato una prova che quella sera i tedeschi si stessero muovendo nell'oscurità dell'edificio con l'intento di dar fuoco alle navi. Alle ventidue, quasi due ore dopo il termine del cannoneggiamento, era divampato l'incendio, che aveva assunto immediatamente vaste proporzioni.
Andarono distrutti gli scafi, le ancore, un timone e alcune imbarcazioni più piccole; si salvano i reperti artistici e tutto il materiale trasportabile, precedentemente portato al sicuro a Roma dai tedeschi stessi. I tedeschi abbandonarono la loro postazione il 2 giugno, mentre gli americani arrivarono due giorni dopo, senza trovare più alcunché da salvare. Le due navi sono state riprodotte in scala 1/5, e questi modellini sono, l'uno dietro l'altro, esposti in un'ala del museo. La Commissione arriva a escludere che l'incendio sia stato provocato da bombe di aviazione e da proiettili d'artiglieria e conclude per l'origine dolosa, considerati anche i danneggiamenti volontari inflitti dai soldati tedeschi al patrimonio archeologico del museo e il mancato utilizzo dei sistemi di spegnimento in dotazione. Dopo quasi 80 anni però, ulteriori studi ed approfondimenti ribaltano il giudizio emesso dalla Commissione, addossando la responsabilità della distruzione delle navi romane esclusivamente ai bombardamenti alleati.
Un nuovo e completo studio di Flavio Altamura e Stefano Paolucci (2023), infatti, ha effettuato una revisione critica delle risultanze delle indagini del 1944, basandosi su un'ampia documentazione inedita e sui moderni metodi di investigazione sugli incendi. L'analisi dimostra l'infondatezza delle prove a carico delle truppe tedesche e conclude che l'unica spiegazione plausibile per l'incendio è che sia stato causato dall'impatto di proiettili dell'artiglieria alleata. La stessa sera dell'incendio almeno quattro colpi esplosivi, indirizzati verso la vicina postazione tedesca, avevano accidentalmente colpito il museo creando dei grossi fori sul tetto della struttura. Il ruolo delle esplosioni nell'innesco dell'incendio fu però arbitrariamente escluso dalla Commissione fin dai primi giorni di indagine.
L'assoluzione dell'artiglieria alleata avvenne con il ricorso ad argomentazioni illogiche e in contraddizione con il parere dell'unico esperto di artiglieria presente tra gli inquirenti, che aveva indicato le granate come la più probabile causa del disastro. Grazie al confronto con le attuali metodologie di indagine sugli incendi, gli autori mostrano che le dinamiche e le tempistiche del rogo risultano compatibili solo con questa ipotesi di innesco accidentale.
Le numerose contraddizioni e incongruenze rilevate nelle dichiarazioni testimoniali e negli atti della Commissione dimostrano che quella sulla colpevolezza tedesca fu una versione di comodo, condizionata dalle pressioni e dalle contingenze del periodo storico-politico della Liberazione. Altre voci e versioni alternative sulle cause del disastro che sono state avanzate nel corso degli anni (dal fuoco sfuggito agli sfollati che si erano rifugiati nel museo, alla presunta azione di abitanti della zona, partigiani o ladri di metalli) si sono inoltre rivelate completamente infondate dal punto di vista storiografico e fattuale.

Descrizione

Grazie ad alcune scritte è stato possibile datare gli scafi all'epoca dell'imperatore Caligola (37-41 d.C.): la grandiosità delle imbarcazioni, la ricercatezza delle decorazioni e degli arredi, le stesse vicende personali dell'imperatore hanno fatto ritenere a lungo che le navi fossero luoghi di piacere. Oggi l'ipotesi più accreditata è che si trattasse invece di navi cerimoniali, destinate alla celebrazione di feste religiose, in linea con il carattere sacro del luogo. Nonostante le spoliazioni, le navi mantenevano intatta la loro imponenza: essendosi conservata la cosiddetta opera viva (la parte immersa dello scafo) era possibile apprezzarne i dettagli costruttivi e gli elementi strutturali ed il ritrovamento rivoluzionò le conoscenze della tecnica navale romana. Le navi impiegavano legno di pino, di abete e di quercia. La parte esterna della carena era rivestita da un tessuto in lana imbevuto di sostanze impermeabili, a sua volta ricoperto da fogli in piombo tenuti in sede da una fitta chiodatura.
Il primo scafo misurava 71 metri in lunghezza e 20 in larghezza; il secondo 75 metri in lunghezza e 29 in larghezza ed era caratterizzato dalla presenza di lunghi bagli posti a distanze regolari, forse destinati a portare fuori bordo le scalmiere. Degne di nota anche le due grandi ancore ritrovate: la prima in legno con ceppo in piombo della lunghezza di 5 m rappresenta l'unico esemplare di questo tipo completo, conosciuto all'epoca. La seconda, del tipo detto ammiragliato, fino a quel momento si credeva ideata dal capitano inglese Rodger nel 1851.

LE NAVI ROMANE DEL LAGO DI NEMI FORSE NON ERANO SOLO DUE

L'ipotesi della presenza di una terza nave è sostenuta dall'architetto Giuliano Di Benedetti. Basandosi su documenti antichi, lo studioso ha trovato elementi che fanno pensare che Caligola fece costruire tre navi sul lago di Nemi. La terza imbarcazione, molto più grande delle altre due recuperate nel 1929 e poi distrutte nel 1944 dall'incendio del Museo delle Navi, sarebbe addossata alla costa del lago che “guarda a levante” cioè dalla parte opposta a quella dove furono rinvenute le altre due. Leon Battista Alberti la esplorò verso il 1460 con l'aiuto di esperti nuotatori genovesi. Gli allievi di Leonardo da Vinci, grazie ad una campana da lui ideata, nel 1512 riuscirono a scendere sott'acqua ed a vedere la nave. Le misure rilevate dall'ingegnere militare bolognese Francesco De Marchi nel 1535 e da Leonardo Bufalini erano notevolmente diverse da quelle delle due navi recuperate. Quindi – conclude l'architetto – la nave indicata da Leon Battista Alberti, Leonardo da Vinci, Francesco De Marchi, Leonardo Bufalini e Annesio Fusco era un'altra, la terza. Molto più grande e posta ad oltre un chilometro di distanza dal punto in cui furono ritrovate le altre due.




IL MUSEO

Il Museo venne costruito tra il 1933 e il 1939 per ospitare due gigantesche navi appartenute all'imperatore Caligola (37-41 d.C.) recuperate nelle acque del lago tra il 1929 e il 1931. È stato quindi il primo Museo in Italia ad essere costruito in funzione del contenuto, due scafi dalle misure rispettivamente di m. 71,30 x 20 e m. 73 x 24, purtroppo distrutti durante un incendio nel 1944.
Riaperto nel 1953, il Museo venne nuovamente chiuso nel 1962 e infine definitivamente riaperto nel 1988. Nel nuovo allestimento, l'ala sinistra è dedicata alle navi, delle quali sono esposti alcuni materiali, come la ricostruzione del tetto con tegole di bronzo, due ancore, il rivestimento della ruota di prua, alcune attrezzerie di bordo originali o ricostruite (una noria, una pompa a stantuffo, un bozzello, una piattaforma su cuscinetti a sfera).
Sono inoltre visibili due modelli delle navi in scala 1:5 e la ricostruzione in scala al vero dell'aposticcio di poppa della prima nave, su cui sono state posizionate le copie bronzee delle cassette con protomi ferine. L'ala destra è invece dedicata al popolamento del territorio albano in età repubblicana e imperiale, con particolare riguardo ai luoghi di culto; vi sono esposti materiali votivi provenienti da Velletri (S. Clemente), da Campoverde (Latina) da Genzano (stipe di Pantanacci) e dal Santuario di Diana a Nemi, oltre ai materiali provenienti dalla Collezione Ruspoli. All'interno di quest'ala è inoltre possibile ammirare un tratto musealizzato del basolato romano del clivus Virbii, che da Ariccia conduceva al Santuario di Diana.


Ripensare la guerra, e il suo posto
nella cultura politica europea contemporanea,
è il solo modo per non trovarsi di nuovo davanti
a un disegno spezzato
senza nessuna strategia
per poterlo ricostruire su basi più solide e più universali.
Se c’è una cosa che gli ultimi eventi ci stanno insegnando
è che non bisogna arrendersi mai,
che la difesa della propria libertà
ha un costo
ma è il presupposto per perseguire ogni sogno,
ogni speranza, ogni scopo,
che le cose per cui vale la pena di vivere
sono le stesse per cui vale la pena di morire.
Si può scegliere di vivere da servi su questa terra, ma un popolo esiste in quanto libero, 
in quanto capace di autodeterminarsi,
vive finché è capace di lottare per la propria libertà: 
altrimenti cessa di esistere come popolo.
Qualcuno è convinto che coloro che seguono questo blog sono dei semplici guerrafondai! 
Nulla di più errato. 
Quelli che, come noi, conoscono le immense potenzialità distruttive dei moderni armamenti 
sono i primi assertori della "PACE". 
Quelli come noi mettono in campo le più avanzate competenze e conoscenze 
per assicurare il massimo della protezione dei cittadini e dei territori: 
SEMPRE!
….Gli attuali eventi storici ci devono insegnare che, se vuoi vivere in pace, 
devi essere sempre pronto a difendere la tua Libertà….
La difesa è per noi rilevante
poiché essa è la precondizione per la libertà e il benessere sociale.
Dopo alcuni decenni di “pace”,
alcuni si sono abituati a darla per scontata:
una sorta di dono divino e non, 
un bene pagato a carissimo prezzo dopo innumerevoli devastanti conflitti.…
…Vorrei preservare la mia identità,
difendere la mia cultura,
conservare le mie tradizioni.
L’importante non è che accanto a me
ci sia un tripudio di fari,
ma che io faccia la mia parte,
donando quello che ho ricevuto dai miei AVI,
fiamma modesta ma utile a trasmettere speranza
ai popoli che difendono la propria Patria!
Signore, apri i nostri cuori
affinché siano spezzate le catene
della violenza e dell’odio,
e finalmente il male sia vinto dal bene…

(Fonti: https://svppbellum.blogspot.com/, Web, Google, Ussuu, Beniculturali.it, Wikipedia, You Tube)










































 

mercoledì 13 dicembre 2023

US NAVY SEAL: per le reclute dei Navy SEAL, una delle parti meno preferite dell'addestramento BUD/S è la ricognizione idrografica….






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Per i tirocinanti dei Navy SEAL, una delle parti meno preferite dell'addestramento BUD/S è la ricognizione idrografica. Considerate le ore trascorse tremando nel freddo Oceano Pacifico facendo ripetute immersioni per mappare la costa su di una data spiaggia bersaglio per un futuro sbarco anfibio, non c'è da meravigliarsi che i tirocinanti del BUD/S manchino di entusiasmo per questa missione. 
È freddo, faticoso, lungo e comporta una complessa documentazione dei risultati della ricognizione al termine dell'esercizio. E, oh sì, si svolge anche subito dopo la Settimana Infernale, rendendo ancora più difficile rimanere svegli mentre si cerca di disegnare una carta di ricognizione idrografica.
Al contrario, l’addestramento alla demolizione subacquea durante la terza fase del BUD/S – svoltosi sull’isola di San Clemente – è (e perdonate il gioco di parole) un vero spasso. I tirocinanti effettuano numerose immersioni in apnea per fissare gli zaini pieni di esplosivi su ostacoli sottomarini artificiali, per poi farli esplodere una volta che tutte le cariche sono state posizionate. Ancora una volta, lo scopo di questa formazione è preparare i futuri SEAL a liberare le spiagge per gli sbarchi anfibi.














LA MISSIONE

La ricognizione idrografica e la demolizione subacquea sono le prime di quelle che costituiranno l'insieme delle missioni Navy SEAL. In effetti, la necessità di tali capacità durante la seconda guerra mondiale è ciò che ha portato alla creazione delle squadre di demolizione subacquea (UDT) della Marina, i precursori dei SEAL. Gli UDT furono utilizzati per ripulire le spiagge che sarebbero state invase dall'esercito e dai marines statunitensi.
Immagina una spiaggia tranquilla che offra un punto facile su cui far sbarcare una forza d'invasione per prendere il controllo di un'isola strategicamente preziosa. Ora, se sei la forza che difende quell'isola dall'invasione, farai tutto il possibile per rendere estremamente pericoloso per il nemico sbarcare sulla spiaggia. Ciò probabilmente comporterebbe l’installazione di postazioni di mitragliatrici affacciate sulla spiaggia e ostacoli di acciaio o cemento nell’acqua vicino alla riva per impedire un facile accesso alla barca. In questo modo, trasformeresti la spiaggia in un poligono di tiro mortale per le forze anfibie che rimangono impiccate agli ostacoli mentre scendono a terra.
In risposta a questo tipo di difese, i leader militari nella Seconda Guerra Mondiale decisero che avevano bisogno di unità per fare una ricognizione delle spiagge prese di mira, mappare il fondale marino e il terreno della spiaggia vicino alla costa, gli ostacoli naturali e artificiali vicino alla costa e sulla riva, e quindi rimuovere tali ostacoli prima di un'invasione. Nacquero così gli UDT, e la missione continua ancora oggi; ora nelle mani dei Navy SEAL.

LA PIANIFICAZIONE

Le reclute addetti alla demolizione subacquea di base/SEAL guadano la riva sull'isola di San Clemente durante un'esercitazione sulla spiaggia. La formazione è pensata per preparare gli studenti BUD/S a condurre missioni che iniziano in mare aperto e passano alle operazioni di terra. Durante la terza fase del BUD/S gli studenti studiano le armi, le demolizioni, la navigazione terrestre e le tecniche di pattugliamento. 
Per un'operazione di ricognizione idrografica è necessaria un'ampia pianificazione della missione. Occorre innanzitutto individuare la spiaggia target e poi la modalità di inserimento più opportuna scelta per gli elementi SEAL. L'inserimento potrebbe essere effettuato dall’aria, da unità navale di superficie, un midget o anche un sottomarino a grandezza naturale, o attraverso una combinazione di questi metodi. Nel mondo di oggi, è anche possibile che questa missione di ricognizione possa impiegare sistemi e veicoli automatizzati (XLUUV, UUV etc…) che sostituiscano alcuni dei compiti precedentemente svolti dagli esseri umani.
Una volta eseguita con successo una ricognizione e identificati gli ostacoli target, le unità SEAL dovrebbero quindi pianificare ed eseguire la missione di demolizione subacquea. Ciò comporterebbe probabilmente l’identificazione delle “corsie” desiderate attraverso le quali la forza d’invasione raggiungerebbe le spiagge e la suddivisione degli elementi SEAL in unità più piccole, ciascuna responsabile della pulizia di una o più di quelle corsie.
Idealmente, la ricognizione e il posizionamento degli esplosivi vengono effettuati in modo clandestino, e la demolizione vera e propria coglie il nemico alla sprovvista e dà il via all'invasione. Nello scenario peggiore, gli elementi SEAL dovrebbero piazzare esplosivi mentre sono sotto il fuoco dei cannoni costieri e mentre sono supportati dal fuoco navale che cerca di eliminare quei cannoni. Come si può immaginare, la missione può diventare estremamente pericolosa durante un'invasione anfibia in pieno stile Seconda Guerra Mondiale.

LA RICOGNIZIONE IDROGRAFICA E LA DEMOLIZIONE SUBACQUEA

I marinai della US NAVY con il Naval Oceanography Mine Warfare Center conducono un'indagine idrografica del litorale utilizzando un veicolo sottomarino autonomo in Norvegia il 16 agosto 2023. La Task Force 61/2.5 fornisce ai comandanti delle forze navali e congiunte attività di ricognizione e contro-ricognizione multidominio dedicate (RXR ) capacità. 
Alcuni potrebbero obiettare che queste missioni sono irrilevanti nel mondo odierno dei droni e delle piattaforme avanzate di ricognizione senza pilota. Questi sono argomenti che vanno oltre l’autore, che non è più a conoscenza delle tecnologie più all’avanguardia degli Stati Uniti o dei suoi alleati. Quello che penso, però, è che sembra miope escludere la possibilità di sbarchi anfibi in un futuro grande conflitto peer-to-peer. La ricognizione idrografica e le demolizioni subacquee sono capacità che i comandanti militari statunitensi senza dubbio vogliono avere a loro disposizione, e finché ciò rimane vero, i Navy SEAL continueranno a tenerli nella loro borsa dei trucchi.
Non è una missione che le forze statunitensi hanno dovuto eseguire nel recente passato, ma è una capacità che rimane importante per possibili conflitti futuri in cui le invasioni anfibie potrebbero nuovamente diventare necessarie.


Con il termine Navy SEAL si indicano le forze speciali della United States Navy. 

Vengono impiegati soprattutto in conflitti e guerre non convenzionali, difesa interna, azione diretta e azioni anti-terrorismo nonché in missioni speciali di ricognizione in ambienti operativi prevalentemente marittimi e costieri.
Il nome di questo corpo è un acronimo che racchiude in sé gli ambienti in cui i membri sono stati addestrati ad operare (SEa, mare - Air, aria - Land, terra). Dipendono dal United States Naval Special Warfare Command.
All'interno dei SEALs è presente una componente specializzata in antiterrorismo, comunemente nota come SEAL Team 6 ma ufficialmente chiamata United States Naval Special Warfare Development Group (DEVGRU).

Addestramento

L'addestramento delle reclute, conosciuto come BUD/S - SQT (Basic Underwater Demolition/SEALs - SEAL Qualification Training), ha una durata di quarantatré settimane ed è suddiviso come segue:
  • venticinque settimane - Addestramento base Basic Underwater Demolition/SEALs (BUD/S) presso il Naval Special Warfare Center a Coronado (San Diego, California);
  • tre settimane - Addestramento di paracadutismo static-line presso lo U.S. Army a Fort Benning, Georgia;
  • quindici settimane - SEAL Qualification Training (SQT) a Coronado.

Alla fine di questo periodo le reclute sono ufficialmente nominate SEAL e ricevono un distintivo speciale, lo Special Warfare Badge, conosciuto anche come "Tridente dei SEAL" (e soprannominato Budweiser dai membri dei Team). Prima di poter essere assegnati ai Team operativi, però, ciascun SEAL deve superare l'ultima fase di addestramento di base comune: tre settimane di addestramento per i climi rigidi (Winter Warfare / Cold Weather and Cold Water Survival Course) a Kodiak, Alaska. Al termine di quest'ultimo periodo i nuovi SEALs ricevono le assegnazioni al loro nuovo TEAM, ad un SDV Team (SEAL Delivery Vehicles, i minisommergibili per il trasporto tattico subacqueo) o per ulteriori corsi specialistici di formazione avanzata (tiratori scelti, comunicazioni, assistenza medica in combattimento eccetera).
Gli ufficiali devono superare anche lo Junior Officer Course, di cinque settimane, a Coronado. Tutti i SEALs, prima di essere inviati in uno scenario operativo, devono inoltre superare un impegnativo corso SERE (Survival, Evasion, Resistance, Escape) di tre settimane.

BUD/S

Per poter accedere all'addestramento vero e proprio è necessario superare il PST, che richiede almeno:
  • 500 iarde (circa 455 metri) a nuoto a rana o in "sidestroke" in meno di 12 minuti e 30 secondi;
  • Almeno 50 piegamenti sulle braccia in 2 minuti;
  • Almeno 50 addominali (sit-up) in 2 minuti;
  • Almeno 10 trazioni alla sbarra (da posizione distesa);
  • 1,5 miglia (circa 2,4 chilometri) di corsa con anfibi e pantaloni lunghi in meno di 10 minuti e 30 secondi.

Tali valori sono i minimi per poter essere considerati idonei all'inizio dell'addestramento; i valori considerati competitivi sono:
  • 500 iarde (circa 455 metri) a nuoto a rana o in "sidestroke" in meno di 10 minuti;
  • 100 piegamenti in 2 minuti;
  • 80-100 addominali (sit-up) in 2 minuti;
  • 15-20 trazioni alla sbarra (da posizione distesa);
  • 1.5 miglia (circa 2.4 chilometri) di corsa con anfibi e pantaloni lunghi in meno di 10 minuti.

Dopo la prova di nuoto vengono concessi dieci minuti di riposo; dopo i piegamenti sulle braccia e i sit-ups sono concessi due minuti di riposo; dopo le trazioni sono concessi dieci minuti di riposo.
Il BUD/S, conosciuto per essere uno dei più duri e brutali regimi di addestramento militare di tutte le forze armate NATO, ha un tasso di abbandono solitamente superiore all'80%. Il suo obiettivo è selettivo oltre che formativo, soprattutto per quanto riguarda l'Indoc e le prime due fasi.
Questo regime è composto da quattro fasi distinte: Indoc (indottrinamento di base), Prima Fase (Physical Training, comprendente la cosiddetta Hell Week); Seconda Fase (addestramento acquatico); Terza Fase (combattimento terrestre e demolizioni). Il tasso maggiore di abbandoni avviene durante la Hell Week e durante certe prove selettive di acquaticità estrema della Seconda Fase. Durante tutto il BUD/S è notevolmente elevata la percentuale di ritiri per motivi medici: allievi che hanno riportato lesioni traumatiche, infezioni o fratture da stress e che devono essere esclusi dal corso o rinviati ai corsi successivi. In ogni momento un allievo può abbandonare il corso dicendo semplicemente "I Quit" ("rinuncio", "mi arrendo") ad un istruttore e suonando per tre volte una piccola campana vicino al centro addestrativo; chi si ritira volontariamente dal corso viene definito "DOR" (Drop on Request).
L'Indoc è una breve fase preliminare, della durata di due settimane, finalizzata ad effettuare alcuni screening fisici, tecnici e sanitari di base nonché a fornire agli allievi un assaggio di quello che li aspetta nelle settimane successive in termini di fatica e stress addestrativo. Questo periodo serve anche a predisporre alcune competenze tecniche elementari, che saranno poi ampiamente utilizzate nelle fasi successive degli addestramenti.

La Prima Fase, della durata di otto settimane, ha come scopo principale quello di selezionare in maniera massiccia il pool di aspiranti SEALs attraverso un condizionamento fisico estremamente duro e continuativo. Per le prime quattro settimane gli allievi vengono suddivisi in Boat Crew (equipaggi di barca) e sottoposti a lunghissime sessioni di PT (physical training, consistente in cicli di piegamenti, addominali e trazioni alla sbarra, corse di resistenza sulla sabbia per circa 12-24 chilometri al giorno e corse di resistenza portando in gruppo una barca sopra la testa), Log PT (esercizi fisici effettuati con pali telefonici dal peso di oltre 150 kg usati come carichi aggiuntivi), O-Course (un percorso di guerra di particolare difficoltà tecnica e fatica fisica), swimming evolutions (lunghe prove di nuoto sulla costa oceanica, fino ad otto chilometri), surf torture (prove di resistenza fisica al freddo con lunghe permanenze immobili in acqua fredda) e sessioni di canottaggio oceanico su piccole barche. Questa fase è finalizzata sia a sviluppare la resistenza fisica degli allievi che soprattutto a testarne la forza di volontà. Sempre durante la prima fase vengono verificate le attitudini di acquaticità degli allievi attraverso le sessioni di drown proofing svolte in piscina: gli allievi vengono legati mani e piedi e devono essere in grado di nuotare in quelle condizioni per 400 metri, recuperando poi con i denti delle maschere subacquee buttate a cinque metri di profondità. La quinta settimana della Prima fase è la cosiddetta Hell Week, la settimana che da sola vede normalmente il 50% degli abbandoni del corso: durante tale settimana, che ha un ruolo fondamentale nella cultura interna dei SEALs, gli allievi sono sottoposti a cinque giorni ininterrotti di addestramento fisico intensivo con una media di 2-4 ore di sonno in tutta la settimana. Durante la Hell Week è considerato normale esercitarsi ininterrottamente e senza dormire anche per 72 ore di fila, con lunghe ore in acque fredde, correndo nel complesso per circa 150 chilometri sulla sabbia e ripetendo serie di migliaia di piegamenti, sit-ups e trazioni alla sbarra. Durante le corse e i percorsi di guerra della Hell Week, le squadre portano quasi ininterrottamente con loro, sollevate sopra la testa, delle pesanti barche da addestramento (IBS). I rischi di incidenti, lesioni e ipotermia sono molto elevati e infatti ogni evoluzione addestrativa è seguita da squadre di istruttori e personale medico; ogni sera, inoltre, gli allievi vengono visitati dal personale medico militare per verificare il loro stato di salute e ricevono una profilassi antibiotica continuativa. Al termine della Hell Week gli allievi ricevono due giorni di riposo totale e vengono inviati alla seconda parte della prima fase, dove il ritmo addestrativo, per quanto intenso, viene opportunamente ridotto per permettere di recuperare le forze dopo la settimana precedente. In tale parte si continua con l'addestramento fisico e si introducono i concetti di base della ricognizione idrografica.

La Seconda Fase consiste nell'addestramento acquatico e nella preparazione di base alle immersioni con autorespiratori, a circuito chiuso e aperto. Si svolge in gran parte in piscina e torri di immersione, ma prevede anche numerose sessioni di nuoto oceanico e canottaggio. Vengono condotte prove di riparazione di urgenza degli apparati di auto-respirazione, svolte sott'acqua e in condizioni realistiche, e si sperimenta la resistenza degli allievi a condizioni di acquaticità estrema, come decompressioni rapide da due atmosfere e nuoto subacqueo in apnea per 50 metri.
La Terza Fase, che si svolge in gran parte sulla San Clemente Island, in California, prevede l'approfondimento di tecniche, tattiche e procedure operative di movimento e combattimento terrestre, tecniche di pattugliamento e di predisposizione imboscate nonché un'ampia introduzione teorico-pratica all'uso degli esplosivi e delle demolizioni controllate. È considerata la fase col minore numero di abbandoni.

Al termine della Terza Fase gli allievi ricevono l'attestazione di superamento del BUD/S e vengono avviati alla tappa formativa successiva: prima a Fort Benning per conseguire il brevetto di paracadutismo militare e poi a Coronado per frequentare l'SQT (precedentemente denominato STT - SEAL Teams Training).

SQT

Il SEAL Qualification Training è finalizzato a formare gli allievi che hanno appena terminato il BUD/S in ordine all'esecuzione dei principali compiti operativi propri delle forze speciali navali. Il suo scopo è quindi prevalentemente formativo, essendo la fase selettiva sostanzialmente limitata al BUD/S (si stima che il tasso di abbandoni nell'SQT sia limitato solo al 10-15% di coloro che lo iniziano).
L'attenzione quindi si sposta dall'ambito dell'efficienza fisica e delle tecniche di base della fase precedente a quello della competenza tattica e tecnico-operativa avanzata; il regime addestrativo rimane nondimeno intenso ed impegnativo e prevede ancora lunghe sessioni di addestramento fisico e natatorio.
Al termine dell'SQT, per qualificarsi SEALs e ottenere l'ambito Tridente, gli allievi devono pianificare ed eseguire una lunga e complessa esercitazione operativa di squadra, per completare la quale devono dimostrare di essere in grado di usare ed integrare correttamente tutte le diverse competenze acquisite precedentemente nel corso del BUD/S e dell’SQT.

Struttura operativa del Naval Special Warfare Command

Il Naval Special Warfare Command ha quattro gruppi operativi o "Echelon III Major Commands" sotto il suo controllo operativo e amministrativo. Sono il 1, 2, 3 e 4. Ogni Gruppo è comandato da un Capitano della Marina (O-6). Ogni singolo gruppo è incaricato di supervisionare e supportare l'addestramento, l'equipaggiamento, il dispiegamento e il dispiegamento operativo dei suoi comandi subordinati. I suoi dipartimenti, composti da personale in servizio attivo e civile, comprendono Intelligence, Pianificazione delle operazioni, Comunicazioni, Personale, Ricerca/Sviluppo/Test e Ingegneria.
Nello specifico questi sono i vari gruppi con i team o squadroni appartenenti:
  • Naval Special Warfare Group 1 Coronado, California
  • SEAL Team 1 Area di responsabilità: Pacifico occidentale Ambiente operativo: Giungla,deserto, urbano;
  • SEAL Team 3 Area di responsabilità : Medio Oriente Ambiente operativo: Deserto e urbano;
  • SEAL Team 5 Area di responsabilità : Corea Ambiente operativo: Artico, deserto e urbano;
  • SEAL Team 7 Area di responsabilità : Pacifico occidentale Ambiente operativo: Giungla, deserto e città;
  • Naval Special Warfare Group 2 Little Creek, Virginia;
  • SEAL Team 2 Area di responsabilità : Europa settentrionale Ambiente operativo: Deserto e urbano;
  • SEAL Team 4 Area di responsabilità : Sud e Centro America Ambiente operativo: Deserto e urbano;
  • SEAL Team 8 Area di responsabilità : Mediterraneo/Europa meridionale Ambiente operativo: Deserto e urbano;
  • SEAL Team 10 Area di responsabilità : Mediterraneo/Europa meridionale Ambiente operativo: Deserto e urbano;
  • Naval Special Warfare Group 3 Coronado, California;
  • SDVT-1 Area di responsabilità: Pacifico (ASDS / mondiale) Ambiente operativo: sottomarino;
  • SDVT-2 Area di responsabilità: Atlantico e Mediterraneo Ambiente operativo: sottomarino;
  • Naval Special Warfare Group 4 Little Creek, Virginia;
  • SBT-12 Area di responsabilità: Pacifico e Medio Oriente Ambiente operativo : Marittimo e costiero;
  • SBT-20 Area di responsabilità: Europa, Mediterraneo e Medio Oriente Ambiente operativo: Marittimo e costiero;
  • SBT-22 Area di responsabilità: In tutto il mondo Ambiente operativo: Fluviale;
  • Naval Special Warfare Group ONE;
  • NSWG-1 ha sede a Coronado, in California. Comanda, addestra, equipaggia e schiera i SEAL Team 1, 3, 5 e 7. Esercita anche il controllo amministrativo sull’unità di guerra speciale navale 1 (NSWU-1) a Guam e dell'Unità di guerra speciale navale 3 (NSWU-3) nel Bahrein. Ha la responsabilità geografica per il Medio Oriente, la Corea e il Pacifico occidentale.

Gruppo di guerra speciale navale DUE

NSWG-2 ha sede a Little Creek, in Virginia. Comanda le squadre SEAL 2, 4, 8 e 10. Ha anche il controllo amministrativo sull’unità di guerra speciale navale 2 (NSWU-2) a Stoccarda, in Germania, e dell'Unità di guerra speciale navale 10 (NSWU-10) a Rota, in Spagna. La sua responsabilità geografica è tutta l'Europa, l'America centrale e meridionale e il Mediterraneo.

Gruppo di guerra speciale navale TRE

NSWG-3 ha sede a Coronado, in California. Comanda il SEAL Delivery Vehicle Team 1 (SDVT-1) a Pearl Harbor, Hawaii, e il SEAL Delivery Vehicle Team 2 (SDVT-2) a Little Creek, VA. Questo Comando Maggiore ha la responsabilità della mobilità sottomarina del NSW in tutto il mondo.

Gruppo di guerra speciale navale QUATTRO

NSWG-4 ha sede a Little Creek, in Virginia. Comanda lo Special Boat Team 12 (SBU-12) di Coronado, CA, lo Special Boat Team 20 (SBU-20) di Little Creek, in Virginia, e lo Special Boat Team 22 (SBU-22) di Stennis, MS.

Task Group di guerra speciale navale

Durante un dispiegamento operativo, il Comandante di un qualsiasi gruppo NSW può schierarsi all'estero con elementi dei suoi dipartimenti operativi, di intelligence, comunicazioni, e stabilire e guidare un gruppo operativo NSW. In alternativa, può essere incaricato di dirigere una Joint Special Operations Task Force (JSOTF) di SOF della Marina, dell'Esercito e dell’Aeronautica.

Team e struttura operativa

Le unità SEALs dipendono dal Naval Special Warfare Command di Coronado. Sono suddivisi in quattro Naval Special Warfare Group: il primo gruppo East Coast, con sede a Little Creek, Virginia, il secondo gruppo West Coast, con sede a Coronado, il terzo gruppo “SDTV“ con sede Coronado California, e il quarto gruppo “Special boat / SWCC” con sede a Little Creek, Virginia.
Ogni gruppo, oltre ad una pedina di comando e supporto, ha alle proprie dipendenze quattro SEALs Teams (i team 1, 3, 5, 7 sono assegnati al Gruppo West Coast mentre i team 2, 4, 8, 10 sono assegnati al Gruppo East Coast).
Ogni team è a sua volta suddiviso in otto o dieci plotoni, ciascuno dei quali è composto da sedici uomini (due ufficiali e quattordici soldati, anche se occasionalmente viene aggregato un terzo ufficiale), e che rappresentano l'unità operativa fondamentale dei SEALs. Ogni plotone può essere rapidamente suddiviso in due squadre da otto operatori, in quattro nuclei da quattro o in otto "swim pairs" da due, in caso di necessità e per maggiore flessibilità operativa.
Ogni ciclo di vita operativo dei team è di due anni ed è suddiviso in quattro fasi di sei mesi ciascuna. Le prime tre fasi (diciotto mesi) sono di ulteriore preparazione e integrazione, mentre la quarta è di dispiegamento attivo nel teatro operativo.

Le fasi di preparazione sono:
  • PRODEV (6 mesi): Approfondimento della formazione tecnico-professionale individuale dei singoli operatori. Il focus è sul "singolo SEAL";
  • ULT (6 mesi): Addestramento tattico ed operativo di Plotone. Riguarda il Plotone nel suo insieme e il "lavoro di squadra", con l'integrazione professionale delle varie competenze;
  • Squadron Integration (6 mesi): Addestramento pre-dispiegamento di Squadrone. Le attività sono focalizzate sulla pianificazione dell'intervento in teatro operativo e l'integrazione funzionale dei vari elementi (SEAL e non SEAL) che compongono il NSW Squadron.

I team, durante la fase di dispiegamento operativo e nel periodo immediatamente precedente, si riconfigurano funzionalmente e strutturalmente come NSW (Naval Special Warfare) Squadron, comprendenti, oltre ai plotoni operativi SEAL in servizio attivo, anche assetti e pedine operative di complemento (Special Boats, EODs, assetti aggiuntivi di intelligence, comunicazione, amministrazione, etc.), addestrati insieme per poter interagire efficacemente.
Nel complesso, in ogni momento sono attivamente dispiegati in teatro operativo tra i 250 ed i 500 SEALs, più altri piccoli contingenti o squadre minori di supporto e collegamento.
Il NSWG-3 ha sede a Coronado, in California. Da esso dipendono il SEAL Delivery Vehicle Team 1 (SDVT-1) con sede a Pearl Harbor, Hawaii, la cui area di responsabilità è il Pacifico inoltre gestisce e mantiene l'unico Advanced SEAL Delivery System (ASDS) e il SEAL Delivery Vehicle Team 2 (SDVT-2) con sede a Little Creek, VA la cui area di responsabilità è l’oceano atlantico è il mar mediterraneo. Il NSWG-3 ha la responsabilità della mobilità sottomarina nel NSW in tutto il mondo.




Ripensare la guerra, e il suo posto
nella cultura politica europea contemporanea,
è il solo modo per non trovarsi di nuovo davanti
a un disegno spezzato
senza nessuna strategia
per poterlo ricostruire su basi più solide e più universali.
Se c’è una cosa che gli ultimi eventi ci stanno insegnando
è che non bisogna arrendersi mai,
che la difesa della propria libertà
ha un costo
ma è il presupposto per perseguire ogni sogno,
ogni speranza, ogni scopo,
che le cose per cui vale la pena di vivere
sono le stesse per cui vale la pena di morire.
Si può scegliere di vivere da servi su questa terra, ma un popolo esiste in quanto libero, 
in quanto capace di autodeterminarsi,
vive finché è capace di lottare per la propria libertà: 
altrimenti cessa di esistere come popolo.
Qualcuno è convinto che coloro che seguono questo blog sono dei semplici guerrafondai! 
Nulla di più errato. 
Quelli che, come noi, conoscono le immense potenzialità distruttive dei moderni armamenti 
sono i primi assertori della "PACE". 
Quelli come noi mettono in campo le più avanzate competenze e conoscenze 
per assicurare il massimo della protezione dei cittadini e dei territori: 
SEMPRE!
….Gli attuali eventi storici ci devono insegnare che, se vuoi vivere in pace, 
devi essere sempre pronto a difendere la tua Libertà….
La difesa è per noi rilevante
poiché essa è la precondizione per la libertà e il benessere sociale.
Dopo alcuni decenni di “pace”,
alcuni si sono abituati a darla per scontata:
una sorta di dono divino e non, 
un bene pagato a carissimo prezzo dopo innumerevoli devastanti conflitti.…
…Vorrei preservare la mia identità,
difendere la mia cultura,
conservare le mie tradizioni.
L’importante non è che accanto a me
ci sia un tripudio di fari,
ma che io faccia la mia parte,
donando quello che ho ricevuto dai miei AVI,
fiamma modesta ma utile a trasmettere speranza
ai popoli che difendono la propria Patria!
Signore, apri i nostri cuori
affinché siano spezzate le catene
della violenza e dell’odio,
e finalmente il male sia vinto dal bene…

(Fonti: https://svppbellum.blogspot.com/, Web, Google, SANDBOXX, Wikipedia, You Tube)