Le mitragliatrici Breda-SAFAT da 7,7 mm e 12,7 mm dettero diversi grattacapi alle unità che le ebbero in dotazione.
Furono le armi maggiormente utilizzate dalla Regia Aeronautica durante la seconda guerra mondiale; nacquero dalla collaborazione della Società Italiana Ernesto Breda per Costruzioni Meccaniche e della Società Anonima Fabbrica Armi Torino (SAFAT).
La nascita di queste armi è dovuta al desiderio della Regia Aeronautica di avere migliori mitragliatrici per affrontare le nuove generazioni di aerei nemici, caratterizzati da prestazioni superiori e un migliore armamento. La Breda basò il suo progetto sui disegni della mitragliatrice Browning M2, adattandolo alle esigenze italiane, in particolare nel cambio della cartuccia dai calibri alleati 7,62 × 63 mm e 12,7 × 99 mm a quelli d'ordinanza italiana 7,7 × 56 mm R e 12,7 mm × 81 mm SR. Quest'ultimo in particolare però indebolì l'arma e l'obiettivo di una mitragliatrice più leggera con alto rateo di fuoco non fu raggiunto. In ogni caso, l'arma Breda/Browning partecipò alla competizione contro progetti analoghi realizzati dal ben più potente gruppo industriale Fiat, che proponeva nuove armi progettate dalla controllata SAFAT (Società Anonima Fabbricazione Armi Torino). Ma la Breda/Browning, nelle due versioni, si dimostrò superiore, soprattutto per il peso, inferiore di cinque chilogrammi rispetto al progetto Fiat-SAFAT. Nonostante le pressioni da parte della Fiat, la Regia Aeronautica assegnò il contratto di fornitura alla Breda. Bocciato il suo ricorso in tribunale e condannata a pagare le spese processuali, la Fiat uscì momentaneamente dal settore delle armi leggere, vendendo addirittura la SAFAT alla stessa Società Italiana Ernesto Breda per Costruzioni Meccaniche, che divenne leader incontrastata del settore in Italia.
Le Breda-SAFAT armarono quasi tutti i caccia ed i bombardieri italiani di quel periodo. I caccia Fiat C.R.42, Fiat G.50, Macchi M.C.200, Macchi M.C.202 e Reggiane Re.2000 erano armati con due mitragliatrici Breda 12,7 mm e, negli esemplari più tardi, due Breda 7,7 mm alari. Questo armamento si dimostrò inadeguato nei primi anni di guerra e si ricorse quindi all'adozione del cannone tedesco Mauser MG 151/20 da 20 mm, installato sino a ben 3 pezzi sui nuovi caccia Macchi M.C.205, Fiat G.55 e Reggiane Re.2005, oltre alle due solite 12,7 mm sparanti attraverso il disco dell'elica.
Nel dopoguerra, le Breda-SAFAT da 7,7 mm, in versione campale, rimasero in dotazione alla VAM dell'Aeronautica Militare fino agli anni ottanta.
Il funzionamento è a rinculo, con corto rinculo di canna, e sblocco dell'otturatore tramite il meccanismo a leva di Mascarucci. Il ciclo di sparo è ad otturatore chiuso. Il raffreddamento è ad aria, attraverso il copricanna forato. L'alimentazione, a nastro negli impianti aeronautici o con caricatori a cassetta da 150 colpi nella versione campale, era reversibile, da destra o da sinistra.
Sui caccia la mitragliatrice veniva spesso utilizzata in installazione binata, fissa "in caccia" sulla capottatura motore, facente fuoco attraverso il disco dell'elica. In tale installazione la cadenza di tiro scendeva a 575 colpi/minuto. Sui bombardieri e sugli aerei da trasporto le Breda-SAFAT costituivano l'armamento difensivo standard, installate su torretta singola girevole di Tipo A2 come sul CANT Z.501, su torretta binata Tipo D manuale, le Tipo E e Tipo Z binate comandate a distanza, la Tipo G9 ventrale retraibile e su molte altre. Per l'impiego campale, per entrambe le versioni esistevano sia affusti a candeliere per il tiro contraereo, sia treppiedi per l'uso come arma d'appoggio per la fanteria. Fu installata come arma contraerea anche su alcuni MAS.
Caratteristica della versione da 7,7 mm è la possibilità di impiegare anche la similare munizione .303 British di produzione britannica. Invece i colpi esplosivi/incendiari/traccianti (HEIT) erano di produzione nazionale, caricati con 0,8 grammi di Pentrite ed erano considerati molto efficienti. La normale sequenza all'interno dei nastri era la seguente: 2 × palla, 1 × tracciante, 1 × perforante, 1 × esplosiva.
Comunque la bassa cadenza di tiro e la scarsa velocità iniziale la rendevano inefficace alle lunghe distanze, mentre i limiti intrinseci del calibro 12,7 mm × 81 mm si dimostraro pienamente durante i primi due anni di guerra, tanto da portare alla sostituzione di questa arma sugli aerei di nuova produzione con un cannone-mitragliera da 20 mm.
La velocità iniziale della cartuccia da 12,7 della 12,7 mm × 81 mm SR Breda risulta inferiore rispetto alla pari calibro .50 BMG poiché le munizioni era da 12,7 × 81 mm invece che 12,7 × 99 o 12,7 × 108 mm. L'energia allo sparo della Breda infatti è di soli 10.000 joule rispetto ai 16,000-17,000 joule di altre cartucce. Quindi, pur essendo le Breda-SAFAT armi affidabili, avevano il peggior rapporto peso-potenza di tutte le mitragliatrici coeve montate sui velivoli della seconda guerra mondiale. In confronto, la giapponese Ho-103 usava la stessa munizione 12,7 × 81 mm prodotta su licenza, ma era 6–7 kg più leggera ed aveva un rateo di fuoco di 800-900 colpi al minuto, almeno del 20% superiore. Neanche Alfredo Scotti della Isotta Fraschini, che cercò di alleggerire e migliorare le prestazioni della Breda con il suo modello Scotti/Isotta Fraschini, riuscì ad eguagliare la cadenza di tiro del fuoco o l'affidabilità. Nonostante i proiettili da 12,7 mm avessero bassa capacità distruttiva con soli 0,8 grammi di esplosivo e nonostante la disponibilità di munizioni di più grosso calibro ad alto esplosivo, i piloti italiani apprezzavano le capacità di questa cartuccia nella versione perforante incendiaria. Quasi tutti i paesi avevano adottato la cartuccia esplosiva in calibro 12,7-13,2 mm, ma erano giunti alla conclusione che questa munizione era troppo debole ed inefficace contro le blindature per giustificare il suo costo, cosicché si orientarono verso le armi in un calibro di 20 mm o più grandi.
La 12,7 mm × 81 mm SR è una cartuccia italiana per mitragliatrice usata dalla Guerra d'Etiopia nel 1935 a tutta la seconda guerra mondiale.
Questa munizione deriva da quella inglese .50 Vickers da 0,5 pollici, 12,7 × 81 mm secondo il sistema metrico, prodotta proprio dalla Vickers fin dal 1921. Questa cartuccia non incontrò particolare interesse da parte delle forze armate inglesi, destando invece l'interesse di Italia e Giappone. La munizione prodotta dalla Società Italiana Ernesto Breda per Costruzioni Meccaniche deriva in particolare dalla versione da esportazione prodotta nel 1923 dalla Vickers chiamata .5 V/565, ottenuta per modifica del fondello da rimless a Semi-Rimmed e chiamata perciò 12,7 mm × 81 mm SR.
Fu adottata dall'Italia nel 1935 con le mitragliatrici Breda-SAFAT e Scotti/Isotta Fraschini, che armarono la maggior parte degli aerei della Regia Aeronautica dalla Guerra d'Etiopia alla seconda guerra mondiale. Rimase in produzione fino agli anni ottanta, quando le ultime Breda-SAFAT in versione campale dell'Aeronautica Militare furono radiate.
Poiché le SAFAT armavano gli aerei del Corpo Truppe Volontarie ed i caccia Fiat C.R.32 forniti ai nazionalisti durante la Guerra civile spagnola, la cartuccia fu prodotta in Spagna dalla "Pirotécnica " di Siviglia.
L'Ungheria produceva su licenza il Reggiane Re.2000, in due modelli Heja (falco in lingua ungherese I ed II e questo caccia fu armato con la mitragliatrice Gebauer GKM Machine Gun 1940.M, che utilizzava il 12,7 Breda.
Nel 1941 fu adottata dall'Esercito imperiale giapponese per le mitragliatrici Ho-103 Type 1.
Veniva prodotta con vari tipi di proiettile:
pallottola incamiciata: anima in piombo incamiciata in alluminio. Pesava 34,5 grammi circa.
perforante(AP: armour piercing): il proiettile è costituito da una camiciatura in rame che copre un nucleo ad elevata durezza e densità.
perforante-incendiaria (API: armour piercing, incendiary): la camiciatura, nella parte dell'ogiva, presenta quattro forellini che comunicano con una cavità presente tra la punta ed il proiettile perforante, caricata con fosforo bianco. Riconoscibile dalla punta verniciata di blu.
tracciante (T): nella parte posteriore dell'ogiva è presente una cavità contenente una piccola carica pirotecnica che, bruciando durante il volo, lascia una scia di diversi colori, permettendo l'aggiustamento del tiro. Sono riconoscibili per la punta verniciata di rosso.
perforante-incendiaria-tracciante (API-T): riunisce le varie caratteristiche nello stesso proiettile.
incendiario-tracciante (I-T): riunisce le due caratteristiche.
alto esplosivo ("scoppiante" secondo la terminologia italiana, HE: high explosive secondo quella anglosassone): l'ogiva conteneva un percussore che attivava una carica di 0,8 grammi di pentrite ed esplodeva a contatto con il bersaglio. Anche altri paesi avevano sviluppato proiettili esplosivi, ma gli italiani furono i primi a produrre questa tecnologia su munizioni di così piccolo calibro, o meglio, le altre nazioni rinunciarono a costruire delle munizioni esplosive di così piccolo calibro, ritenendo che avrebbero avuto un potere decisamente inferiore al calibro 20 mm (preferito da Francia e Germania, e marina giapponese, adottato poi anche dal Regno Unito e quindi reso quasi universale) o al 23 mm (tipicamente sovietico). Quindi decisero di non intraprendere una ricerca che consideravano un'inutile spesa, persino gli USA, che utilizzavano massicciamente armi in calibro 12,7, anche se con proiettili ben più pesanti, ritennero inutile armarle con proiettili esplosivi. Era riconoscibile per la base dell'ogiva verniciata di giallo.
scoppiante-incendiario-tracciante (HEI-T): riuniva le stesse caratteristiche.
La Regia Aeronautica solitamente caricava in nastri secondo lo schema: 2 × palla, 1 × tracciante, 1 × perforante, 1 × esplosiva.
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