mercoledì 5 dicembre 2018

Il P.2HH sarà il successore del P.180 basato sul P.1HH Hammerhead advanced UAV ?



Il P.2HH sarà il successore del P.180 basato sul P.1HH Hammerhead advanced UAV - promettendo capacità migliorate in tutto il mondo?   Ai posteri l’ardua sentenza!

In dettaglio lo sviluppo e la storia operativa del sistema aereo senza pilota Piaggio P.2HH Hammerhead (UAS) / Drone.





Il P.1HH "Hammerhead" Unmanned Aerial Vehicle (UAV) era stato studiato in particolare modo per le esigenze degli Emirati Arabi Uniti. 

Piaggio Aero con il “P.2HHH" e con il contributo finanziario degli EAU, ha iniziato a guardare al futuro per un successore più evoluto del P.1HHH originale che si basa su una piattaforma pesantemente modificata del P.180 "Avanti". 

Il nuovo drone P.2HH sarà destinato ad incorporare le modifiche introdotte in un altro derivato del P.180, il Multirole Patrol Aircraft (MPA). L'impresa è sostenuta localmente in Italia dall'Aeronautica Militare Italiana che detiene un interesse in tipi di UAV avanzati come l'Hammerhead.

Il P.2HHH - si spera - porterà ad un aumento di capacità attraverso modifiche progettuali chiave, in particolare una struttura della fusoliera più grande per aumentare il volume interno e ali composite completamente nuove e di più ampia apertura alare per una maggiore portanza. Tutto questo permetterà di aumentare il carico di carburante e di equipaggiamento (fino a 1.500 libbre), così come i tempi di missione (30 ore è l'obiettivo dichiarato). La stessa disposizione dei motori a elica spingente, così come la configurazione delle alette canard (anche se con un nuovo design) e del carrello di atterraggio triciclo. Altre qualità di del P.1HHH includono la coda a “T”. La disposizione dei motori a elica spingente ha dimostrato di fornire prestazioni migliori rispetto ai progetti concorrenti, soprattutto nel risparmio di carburante.

Poiché il P.180 Avanti è già una piattaforma europea certificata per lo spazio aereo, ciò dà a Piaggio un vantaggio rispetto ai concorrenti stranieri per qualsiasi futuro tentativo di progetti di UAV. Il P.2HH multiruolo sarà in grado di coprire la gamma di ruoli nello spazio aereo civile, il pattugliamento delle frontiere marittime, il soccorso in caso di calamità, sorveglianza generale dello spazio aero-marittimo etc.…

I servizi aerei italiani e degli Emirati Arabi Uniti prevedevano una flotta iniziale di circa dieci velivoli P.2HH: questo avrebbe potuto essere un punto di partenza perfetto per l'acquisizione in futuro di altre potenziali commesse estere. Le consegne del nuovo sistema erano previste per l'inizio del 2020.

I dati sulle prestazioni presentati di seguito sono stime:

La nostra Aeronautica Militare, allo scopo di dare un input positivo alla propria industria aeronautica, aveva deciso di acquisire in 10 sistemi (20 velivoli) per un valore di 766 milioni di euro. 

Il programma, come noto, deve ottenere ancora il via parere parlamentare oltre che finanziario e si inserisce nell’ambito della cooperazione binazionale con gli EAU. 

Rispetto all’HAMMERHEAD, il P2HH è un velivolo molto più prestante e radicalmente diverso, caratterizzato da un’ala completamente nuova, che è previsto dovrà essere riprogettata integralmente per essere allungata ed ingrandita, e da una sezione frontale di fusoliera altrettanto diversa. 

Un altro degli aspetti molto importanti, se non il più importante, è che da un punto di vista industriale il ruolo di Leonardo nel P2HH è destinato a crescere ulteriormente rispetto al ruolo ricoperto nel programma P1HH HAMMERHEAD. 

Oltre a tutta l’avionica, ai sensori, al sistema di missione e di controllo del velivolo ed alla GCS, Leonardo realizzerà anche la nuova ala – presumibilmente presso lo stabilimento di Caselle - e le superfici mobili. 

In pratica, Leonardo sarà responsabile delle parti più importanti del velivolo, subentrando a Piaggio Aerospace in buona parte del lavoro strutturale; inoltre, dovrebbe veder crescere la sua quota di workshare ad oltre il 50%. 

Una volta approvato il finanziamento, il primo prototipo di P2HH dovrebbe essere pronto in 3 anni, e svolgere il primo volo 8 mesi dopo, mentre il primo velivolo di serie in configurazione ISTAR dovrebbe essere consegnato 19 mesi dopo il completamento del primo prototipo. 

Dovrebbe! Urge però sottolineare che il P2HH si pone nella stessa categoria dell’EURO MALE (a cui partecipa anche l’Italia) e potrebbe rappresentarne in qualche misura un concorrente, se non altro in termini di finanziamenti. Il programma EURO MALE terminerà la sua fase di definizione questo autunno dopodichè partirà la fase di sviluppo vera e propria. 

A quel punto il workshare dipenderà dall’investimento dei Paesi partner: Italia, Francia, Germania e Spagna;

Questa situazione - a dir poco anomala - potrebbe marginalizzare la posizione italiana e di Leonardo all’interno dell’EURO MALE. Una conseguenza da valutare con grande attenzione, alla luce della nuova rilevanza che il processo d’integrazione della Difesa europea sta assumendo a seguito delle Brexit e del consolidamento dell’European Defence Fund (EDF). A tal proposito fonti della Difesa hanno confermato che l’orientamento di acquisire il P2HH si basa sull’esperienza del P1HH che a sua volta rappresenta un velivolo ampiamente testato oltre che realizzato.

Tale situazione conferma ed avvalora che Italia è divisa sui droni militari e mostra una strategia confusa.

E Piaggio Aerospace resta appesa alla politica!

Tutti contro tutti, o quasi, nella guerra dei droni militari. Perché mentre il mercato decolla in tutto il mondo, l’Italia non mostra una linea strategica univoca. Al massimo, i più ottimisti potrebbero definirla “versatile”. Compriamo dall’America il “drone sicuro”, spingiamo il drone europeo con Leonardo e teniamo in vita Piaggio Aerospace grazie con gli arabi.

Da un lato, infatti, i droni «stiamo cercando di costruirli» con l’ex Piaggio Aero Industries oggi Piaggio Aerospace. 

Un’azienda definita “decotta” già da tempo da alcuni esperti del settore.

Piaggio Aerospace ha sviluppato un primo prototipo di drone, chiamato P1HH Hammer Head, il quale ha avuto però qualche incidente di percorso (è affondato in mare nel volo di prova, ndr). «Il sospetto è che gli Emirati Arabi, che difficilmente avrebbero ricevuto certe tecnologie dagli USA, abbiano acquistato questo comparto di Piaggio proprio per sviluppare droni. E che quindi la versione successiva del primo prototipo, il P2HH avrebbe dovuto essere sviluppata come drone armato.

Alla data odierna lo schema di decreto ministeriale per il salvataggio di Piaggio Aero è ancora in attesa di discussione nelle commissioni competenti prima di un’eventuale approvazione dal Ministero della Difesa. Prevede commesse per 766 milioni di euro (38,3 milioni per 20 velivoli a controllo remoto P2HH in 16 anni) dalla nostra aeronautica. 

Un miraggio per i 1300 dipendenti di Piaggio Aerospace, che potrebbe persino assumere nuovi lavoratori se lo sviluppo del P2HH fosse davvero finanziato.

Ma la valutazione di tutti sindacati sul futuro è segnata dalla preoccupazione: «La situazione è di caos» …«L’azienda tende a tranquillizzare però è in attesa di un via libera da parte del Parlamento sul suo piano industriale. E senza quello, temo, è finita. Oggi fa pochissimo nel settore civile, mentre ha basato tutto il futuro su quello militare. E in più è indebitata con le banche».

L’iter dello schema di DM, dalle elezioni del 4 marzo in poi, è di fatto ripartito da zero. A favore di Piaggio – che resta comunque azienda militare strategica per l’Italia – giocherebbero accordi politici precedenti e un’intreccio d’investimenti intercorsi tra Italia e Abu Dhabi (Alitalia, Intesa Sanpaolo). O almeno così si augurano i sindacati.

Intanto la patata bollente passa al governo Lega-5Stelle. Il ministro della Difesa, Elisabetta Trenta sta valutando che fare e il parere della nuova commissione Difesa dovrebbe arrivare a breve. Quello del governo entro Natale. Le ipotesi sono tutte sul tavolo. Anche perché – come già per altri dossier – all’interno della maggioranza di sono interessi e sensibilità diverse.

Intanto però il relatore alla commissione Difesa, Mario Turco (M5S) esprime dubbi tutt’altro che di circostanza. I principali riguardano la formulazione ipotizzata dalla Pinotti, che prevedeva, in caso d’inadempienza, penali per lo Stato ma non per l’azienda, e nessuna fideiussione a garanzia del rispetto dei tempi e della fornitura. Ma non solo.

«Sono emerse criticità legate sia alla finalità del progetto in sé che, soprattutto, all’affidabilità o meno del primo fornitore, che è Piaggio Aerospace. Chiaramente, poi, il programma non può essere destinato al solo uso militare. Stiamo cercando di renderlo multi dimensionale, in modo tale da utilizzarlo sia per usi di ricognizione territoriale che per uso interno, legato alla lotta al traffico di rifiuti illeciti, alla tutela delle coste e dell’interesse pubblico».

E la strada che passa per Villanova d’Albenga vede anche le critiche autorevoli dell’ex capo di Stato maggiore dell’Aeronautica, generale Pasquale Preziosa: «Tra Difesa italiana ed Emirati, Piaggio Aerospace piazzerà una quarantina di velivoli in venti anni» spiegava in primavera Preziosa, intervistato da Business Insider. «Una quantità che mi sembra contenuta per poter generare le necessarie economie di scala. E in assenza di economie di scala il progetto non è sostenibile nel tempo. Le aziende di Usa e Israele hanno prodotto centinaia, forse migliaia di droni. Solo quantità così elevate offrono una garanzia di sostenibilità della supply chain, la catena dei fornitori».

Analisi alla quale si oppone il sostegno del successore di Preziosa, e attuale capo di Stato maggiore dell’Aeronautica, il generale Enzo Vecciarelli.

Aspettando quindi le proposte di modifica al decreto, le speranze di Piaggio Aerospace resistono. Ma hanno un ulteriore ostacolo da superare. Il rapporto controverso, a tratti concorrenziale, con un colosso dell’industria militare, nazionale e non, come Leonardo (ex Finmeccanica).

L’Italia infatti è impegnata anche nello sviluppo del Male RPAS, cioè il drone europeo per media altitudine e lungo raggio: e l’acronimo che lo identifica (anche se scomposto significa Medium Altitude Long Endurance Remotely Piloted Aircraft) pare già un programma. 

Il progetto vede coinvolte anche Francia, Spagna e Germania e grandi compagnie (Leonardo, appunto, con Airbus e Dassault). E dovrebbe concretizzarsi nel 2025 con le consegne dei primi apparecchi (il programma del P2HH punta invece al 2022).

Un modello a grandezza naturale del MALE è stato presentato in pompa magna all’Air Show di Berlino di aprile 2018 ma era - di fatto - ancora «vuoto». Tanto che, a patto di avere un piano industriale e prospettive commerciali solidi, rimarrebbero i tempi tecnici perché politica e militari permettessero a Piaggio Aerospace di salire anche su quest’ultima scialuppa di salvataggio.

La prospettiva è tuttavia resa tortuosa dal fatto che Piaggio ha un proprietario che non è tra i firmatari dell’MTCR, l’accordo internazionale che limita fortemente l’opportunità di condividere tecnologie d’interesse militare con nazioni e soggetti esterni. Emirati Arabi inclusi. Per non dire delle delle ombre di spionaggio che già hanno sfiorato l’azienda ligure.

Insomma, l’Italia vuole stare in questo business ma non sa ancora esattamente dove scommettere. E se nel frattempo ha già cominciato a spendere, rientra tra quei 78 i Paesi che i droni militari li impiegano già.

Sebbene il nostro Paese non sia uno dei nove che avrebbero ripetutamente utilizzato droni armati in combattimento (Azerbaijan, Iran, Iraq, Israele, Nigeria, Pakistan, Turchia, Regno Unito e Stati Uniti), la nostra Aeronautica possiede una flotta di MQ-9 Reaper di produzione americana.

Per questi Reaper abbiamo già ottenuto l’autorizzazione a dotarli di armamento, ma non si sa se e quando questa dotazione da guerra verrà attivata. Nell’attesa sono comunque in grado di svolgere missioni di sorveglianza e ricognizione. Senza contare che dalla base di Sigonella, nell’ambito degli accordi Nato e della collaborazione con gli USA, centinaia di missioni svolte da droni militari americani sono partite e partono da anni.

Per concludere il discorso, come al solito, speriamo nella buona stella ed in “Leonardo”: riuscirà nell’impresa di salvataggio?

I lavoratori di Piaggio Aero se lo meritano di certo!

Nico Vernì









Il drone europeo prossimo futuro.























CARRO ARMATO PESANTE “TIGRE” o Panzerkampfwagen VI "Tiger I e II"




Il carro armato Tigre, uno dei più famosi carri armati pesanti prodotti dalla Germania durante la seconda guerra mondiale, fu sviluppato nel 1942 in risposta ai mezzi corazzati messi in campo dall'Unione Sovietica; montava un cannone da 88 mm e fu impiegato in tutti i fronti di guerra.




Il carro in questione aveva caratteristiche formidabili ed era temuto dagli avversari; era costoso da costruire e, pertanto, ne furono realizzati appena 1300 esemplari.

Il soprannome "Tiger" gli venne dato dal progettista Ferdinand Porsche, mentre il numero romano "I" venne introdotto quando iniziò ad essere prodotto il Tiger II.

Nel 1937-1938 i vertici militari dell'esercito tedesco cominciarono ad ipotizzare un nuovo carro armato per rimpiazzare il Panzer IV. Vennero stesi alcuni progetti, ma nessuno entrò in produzione e la situazione rimase sostanzialmente ferma fino al 1941, quando venne commissionato alla Henschel & Sohn un prototipo di un carro da 36 tonnellate, in grado di raggiungere i 40 km/h e con corazza ed armamento pesante. Il progetto, denominato VK 3601 sfociò nell'effettiva costruzione del prototipo, ma ulteriori sviluppi vennero bloccati nel mese di maggio, quando venne ordinato un nuovo prototipo da 45 t e armato con la versione anticarro del cannone antiaereo 8,8 cm FlaK.

Fu richiesto alla Henschel di completare il prototipo per il successivo compleanno del Führer (20 aprile 1942), perciò l'azienda cominciò a lavorare su un precedente progetto (VK 3001(H)) inizialmente studiato per il Panzer V Panther. Mentre la Henschel portava avanti il suo VK 4501(H), anche la Porsche iniziò a lavorare alla richiesta dell'esercito con il progetto VK 4501 (P) (Panzer VI Tiger (P)). Entrambi i prototipi furono pronti per la data designata ma alla fine, nell'agosto 1942, solo l'idea della Henschel venne ammessa alla produzione di massa sotto il nome ufficiale di Panzerkampfwagen VI Ausf. E. 

Il cannone anticarro 8,8 cm KwK 36 L/56 da 88/56 mm era installato in torretta e protetto da una corazza d'acciaio di 110 mm; era in grado di perforare qualunque carro statunitense o britannico a più di 1.500 m di distanza, con l'eccezione dell'M26 Pershing, mentre con i carri pesanti sovietici del tipo JS-2 si rivelava inefficace, con penetrazioni possibili sul frontale soltanto entro i 300 m. Nella torretta era installata anche una mitragliatrice MG 34 da 7,92 mm coassiale al cannone che veniva azionata dal puntatore mediante un pedale; mentre un'altra arma dello stesso tipo era posizionata nella parete anteriore destra dello scafo. Le sospensioni erano a barra di torsione e, per diminuire la pressione sul terreno del carro, furono adottati cingoli larghi 725 mm, che potevano essere sostituite da cingoli più stretti da 520 mm per il trasporto del Tiger su ferrovia o per marce verso il fronte. Il suo potente motore Maybach HL230P45 da 12 cilindri a V 60° a benzina richiedeva una costante manutenzione e soprattutto una gran quantità di carburante (il serbatoio da 540 litri era sufficiente per soli 195 km su strada, molto meno in condizioni di terreno accidentato), che l'esercito tedesco non fu più in grado di fornire nelle ultime fasi del conflitto.

Al momento del suo ingresso nel conflitto, nel 1942, il Tiger aveva un cannone estremamente potente e una corazzatura notevole, ma era complicato e difficile da produrre, essendo inoltre soggetto a svariati problemi alla trazione, specialmente su terreni accidentati. Con il seguito della guerra la potente corazzatura del Tiger I risultò progressivamente vulnerabile alle nuove e più efficaci armi anticarro avversarie: il cannone D-25 da 122 mm sovietico poteva penetrare il frontale del Tiger I fino a 1.500 m di distanza mentre il 17 libbre britannico poteva riuscirci frontalmente fino a 1.700 metri con i tradizionali proiettili perforanti. A causa di ciò la produzione venne progressivamente ridotta fino a cessare completamente nell'agosto del 1944 dopo che erano entrati in linea circa 1.350 esemplari.

Dal 1938 la constatazione della futura obsolescenza dell'affidabile ma limitato Panzer Mk IV (PzKpfw IV) era foriero di interesse, per realizzare un nuovo e potente carro armato. Il Panzer IV fu poi un veicolo in grado di affrontare vari aggiornamenti: la corazza di 14,5 mm nello scafo e 20 mm in torretta era davvero poco, ma del resto all'epoca anche i carri incrociatori inglesi avevano circa 14-15 mm di acciaio, giusto poco per resistere al fuoco nemico, al limite di proiettili di piccolo calibro e schegge non troppo potenti. La successiva evoluzione lo vide però molto potenziato, grazie ai 'fondamentali' adatti: torretta con diametro adatto, motore e meccanica affidabili e potenti a sufficienza. Alla fine, aveva un motore da 300 hp per 25 t, corazze fino a 80 mm, cannone da 75 L48 capace di perforare spessori elevati di acciaio anche a distanza, con notevole precisione. Questo, mentre il compare Mk III era incapace di fare altrettanto, in termini di cannoni, col risultato che il Panzer III era armato al massimo col 50 mm lungo o con il 75 mm corto dei primi Mk IV, mentre non c'era molta differenza in termini di corazzatura. Lo scafo venne però utilizzato ampiamente con gli StuG III, e arrivò a ben 15.000 veicoli costruiti; mentre il PzKpfw IV totalizzerà 'solo' 9.000 unità, ma quasi tutte in versione carro, perché non aveva bisogno di una casamatta per ospitare il 75 lungo. StuG e Panzer IV saranno i mezzi corazzati ben più diffusi dell'esercito tedesco, anche quando superati da anni.

Ma detto ciò, torniamo allo sviluppo del Tiger, che iniziò nel 1937, in sostituzione del PzKpfw IV che pure era ben lungi dal finire la sua potenzialità visto che era appena entrato in servizio. Il primo prototipo di quello che era noto come DW1 (carro di sfondamento mod.1) venne sperimentato già nel 1938, ma non era molto migliore del 'IV, e poi venne interrotto per tale ragione. La velocità massima doveva essere di 40 kmh, ma il peso era di 36 t e la corazza, per quanto spessa, non era inclinata. Poi vennero proposti il VK 3001(H). Questa sigla voleva dire “veicolo sperimentale su cingoli da 30 t, primo modello”. C'era questo tipo Henschel, ma non mancò l'avversario Porsche, il VK 3001(P). Questi erano i prototipi iniziali, ma già nel 1939 questo sviluppo venne bloccato, nel senso che era richiesta una corazzatura migliore, che aumentava il peso a 36 t. Il prototipo era il VK 3601, ordinato alla Henschel dopo che questa batté la proposta Porsche. Lo sviluppo venne interrotto perché nel maggio 1941 si volle maggiore corazza per un modello chiamato VK 4501 da 45 t. Al dunque, con un cannone da 88 mm del tipo standard, doveva fare le prove per il compleanno di Hitler, il 20 aprile 1942. La data si avvicinava e il tempo stringeva, così venne usato anche lo studio del VK 3001(H), e venne approntato il VK4501(H), che vinse contro il VK4501(P) della Porsche. Davvero questi due prototipi vennero completati per il compleanno del dittatore, di cui furono indubbiamente un 'regalo' molto pesante. Vinse, dopo accurate prove, il modello H, e la produzione iniziò nell'agosto 1943 come PzKpfw VI Tiger Ausf E i SdKdz 181. Era nato, in poche parole, il leggendario Tiger. Il costo era di 250.000 marchi al pezzo, se non addirittura 800.000. Se si considera che il Pzkfw IV ne costava circa 100.000 e il Panther circa 120.000, ci si può immaginare il costo e la difficoltà di trasformare un valido prototipo in un mezzo in piena produzione. Tale produzione era in media di 56 al mese, 1.350 in tutto. Nell'aprile del '44 arrivò a 104 al mese, il massimo della sua storia produttiva. La sua corazza era di 100 mm frontale, in basso a 24 gradi e superiormente a 10 gradi sulla verticale, 60 mm scafo inferiore laterale, 80 mm laterale superiore, 82 mm posteriore, 26 mm inferiore e sul tetto. Un grosso scatolone corazzato, che i Tedeschi erano soliti chiamare 'carro per i traslochi' per il suo ingombro. La torre da 20 t era con corazza laterale da 82 mm, frontale 100 mm, cielo 26 mm, scudo cannone 110 mm. Il motore era un Maybach 12V del tipo HL 210 P45 da 21,353 litri da 650 hp a 3.000 giri al minuto, poi da 253imo esemplare c'era l'HL 45 P45 da 700 hp. Il cambio era efficace, 8+4 marce, derivato dal Merrit-Brown inglese, molto facile da azionare: il Tigre era sorprendentemente facile da guidare nonostante la mole, tutt'altro che rispetto al Churchill e ad altri mostri corazzati dell'epoca. Erano presenti ben 8 assi per parte con ruote intercalate, cingoli da 520 mm per i trasferimenti su rotaie, 725 mm per la marcia fuoristrada, ruota motrice anteriore. Il peso variava molto, 44,5 t in assetto di trasporto, 56,9 in combattimento. Per superare ponti privi di capacità sufficiente di carico, era possibile (certo piuttosto avventuroso) immergere il Tiger nei corsi d'acqua che lo consentissero, visto che poteva guadare 1,2 m e per la prima volta, anche stare totalmente immerso, con 4,5 metri superabili totali. Ma con un rapporto potenza-peso di poco oltre 12 hp per tonnellata, era difficile fare affidamento su questa capacità, mentre i larghi cingoli non riuscivano ad impedire, a causa dello scafo piuttosto corto, una pressione specifica piuttosto alta di 1 kg per cm2. Il cannone era il KwK 36 da 88/56 mm, con ben 92 proiettili che potevano essere installati sui lati della torre e vicino al pilota, di cui 23 HE e 61 perforanti come carico normale, oltre ad 8 Pzgr 40 con anima in tungsteno. Da ricordare che la torre aveva servomeccanismi idraulici. Il sistema di puntamento TZF 9b era un apparato binoculare, poi c'era anche un panoramico SF 14Z e anche un telemetro ottico EM 34 a coincidenza da un metro di base, portata pratica 200-10.000 m. Non era certo un sistema del tutto adatto, basti pensare che era necessario usarlo stando fuori dalla torretta. Se si pensa al sistema da circa 2 metri di base del Leopard 1, integrato nel sistema di controllo del tiro, e incassato ai lati della torretta come nelle vecchie torri navali di grosso calibro, si capisce la differenza tra questo sistema portatile e uno di tipo moderno. Nondimeno era una risorsa di un certo livello.

Usato per la prima volta sul fronte di Leningrado nel '42, con pochissimo successo dati i problemi di mobilità del territorio, questo poderoso carro armato si fece poi valere in Tunisia, secondo molti in maniera poco saggia dato che era oramai finita per l'Asse; ma un conto sono le decisioni strategiche (non ritirarsi ma ostinarsi a tenere il Nord Africa), un conto le decisioni tattiche: i pochi Tiger erano formidabili combattenti e per mesi misero sotto controllo gli Alleati, che ebbero oltre 200 carri distrutti contro una dozzina di Tiger. La fine venne rallentata, non impedita, ma gli Alleati dovettero mettere in servizio in fretta i loro pezzi da 76 17pdr, visto che solo questi erano efficaci contro i Tiger. Mentre i carri Mk IV erano mobili ed efficaci sì, ma vulnerabili se colpiti a loro volta, e per giunta erano pochi, i Tiger erano davvero dei 'mostri' che al pari dei Matilda nel 1940 o dei KV del '41 erano capaci di resistere ai cannoni nemici. E dire che essi avevano corazze 'a scatola', poco o nulla inclinate. Erano semplicemente molto spesse, come sul Churchill; ma a differenza di questo carro il Tiger era molto più veloce e meglio armato, anche se molto meno adatto alle 'scalate' sulle montagne. Il carro tedesco divenne una leggenda, ma se si guardano i numeri la loro obiquità è difficile da spiegare: dopotutto ne vennero prodotti solo 1350 entro il 1944. La corazza era di ottima qualità, differentemente da quanto successe poi, e questo aiutava la sua efficacia. Ma il Tiger era pesante e difficile da recuperare, specie in battaglie difensive, anche per gli efficientissimi reparti tedeschi.

Nondimeno, questo mezzo divenne presto un veicolo temuto dagli Alleati al punto da bloccare facilmente le avanzate di intere colonne, anche se non tutti furono capaci di annientare gran parte della 22ima Armoured Brigade come fece l'asso Michael Wittmann. Dati assegnazione per lo più alle SS, in piccoli numeri, accrescevano la loro sinistra presenza con il colore in genere scuro, spesso spalmato di quel cemento speciale 'Zimmerit' che impediva l'applicazione di cariche magnetiche. Forse il paradosso di questo carro è ben esposto dal I/502 Abt i cui 4 carri eliminarono almeno 163 carri sovietici di cui 32 solo l'11 febbraio. Era davvero un lavoro formidabile da parte di un singolo plotone carri.

Combatterono ovunque con grande efficacia, e anche in Italia si diedero da fare, dalla Sicilia al passo del Brennero erano ovunque. Alla fine trovarono i nemici peggiori nei carri JS-2 e nei carri M26, ma dopo anni di successi in cui la Panzerwaffe aveva tenuto testa ad avversari spesso ben superiori in numero. Solo il PzAbt.502 riuscì ad accreditarsi 1.400 carri, oltre 2.000 cannoni contro-carri e altrettanti pezzi d'artiglieria. È un bilancio impressionante, stiamo parlando di un singolo battaglione che ha causato grossomodo tanti danni quanto i 2 mila carri M1 Abrams di Desert Storm. 101 Tigre vennero usati a Kursk, ma non riuscirono a vincere. La battaglia si spostò poi a Balabonowka vennero usati i 34 Tigre superstiti dei 45 usati dall'Abt.503 a Kursk, assieme a 45 Panther. In 5 giorni di scontri eliminarono 267 carri sovietici contro 4 Panther e un Tiger. Per il resto c'erano i carri degli Abt serie 500, fino al PzAbt.510. Il 506, come anche il 101 (SS) erano anche con i Tiger II. Le SS erano gli utenti principali dei Tiger, spesso usati in 'cunei corazzati' con i carri medi che li proteggevano sui lati da attacchi a corto raggio sui fianchi, e dalla fanteria. Nella battaglia di Medenine erano stati usati i Tiger, che persero 7 carri tra cui uno perforato da un Churchill a bruciapelo. Se si pensa che solo 13 carri andarono perduti contro 260 alleati, di cui 15 M4 distrutti a Kesserine, questo dà l'idea. Già i primi tre Tiger dell'Abt.501 fecero fallire un'azione Alleata diretta a occupare Tunisi. Certo, era un'impresa disperata perché chiaramente non c'era la speranza di tenere a lungo l'Africa; ma affermare che i Tiger siano stati 'sprecati' senza effetto, come è stato talvolta fatto, è del tutto incongruo con quello che questi carri pesanti fecero, evitando che praticamente già entro il 1942 venisse conquistata la Tunisia.

Dimensioni: lunghezza 8,24 m, scafo 6,2 m, larghezza max 3,73 m, altezza 2,86 m
Motore: Maybach a benzina da 600-700 hp
Peso 56 t; protezione fino a 110 mm anteriore, 82 mm lati, 26 superiore
Prestazioni: v.max 38 kmh, autonomia 100 km, pendenza superabile 60%, trincea 1,8 m, gradino 0,79 m

CARRO ARMATO PESANTE “TIGRE II” o Panzerkampfwagen VI Ausf. B

Fu conosciuto informalmente come Tiger II. Nel gennaio 1943, pochi mesi dopo l'entrata in servizio del Panzer VI Tiger I, l'ufficio armamenti dell'esercito tedesco emanò la richiesta per un nuovo carro armato pesante con una torretta in grado di ospitare il potente cannone da 88/71,2 mm.



L'appalto di progettazione venne affidato alla Porsche e alla Henschel & Sohn, e, come per il Tiger I, fu il modello della Henschel a risultare vincente date le caratteristiche di maggiore affidabilità e di facilità di produzione: da questo progetto nacque il Tiger II.

Nonostante il legame dato dal nome, la struttura del Tiger II era completamente diversa da quella del Tiger I e richiamava quella del Panzer V Panther, con l'inclinazione dello scafo anteriore ripresa dal T-34 russo, in grado di ridurre notevolmente i danni delle granate perforanti usate dai carri pesanti.

Furono aggiunte le opportune modifiche come l'aumento della corazzatura in generale; quella anteriore sfiorava i 150 mm ed era inclinata a 50°, le piastre laterali di 80 mm erano inclinate a 25°, mentre la parte posteriore era composta da un'unica piastra da 80 mm inclinata a 30°. La torretta Porsche dei primi 50 esemplari di Tiger II aveva una forma piuttosto sfuggente ed era spessa 100 mm sul frontale, 80 mm ai lati e sul retro; tuttavia presentava inferiormente una trappola per i colpi. Anche per questo motivo venne sostituita a partire dal 1943 dalla più ampia e meglio corazzata torretta Henschel che aveva una piastra frontale da 180 mm inclinata a 9° e piastra posteriore e laterali da 80 mm inclinate a 20°, con una scudatura del cannone sagomata spessa 100 mm. La corazzatura comportava un peso notevole, e, con le sue 68,7 tonnellate, il Tiger II fu uno dei carri armati più pesanti della seconda guerra mondiale. Per il Tiger II fu scelto lo stesso propulsore del Panther ma molto potenziato, un Maybach HL 230 P30, che sviluppava 700 cavalli, in grado di muovere le 70 tonnellate del carro ad una velocità di 28 km/h su strada e di 15 km/h su altri fondi; per il suo elevato consumo, gli 860 litri di benzina del serbatoio davano un'autonomia massima di appena 170 chilometri. L'armamento principale era il temutissimo cannone 88/71,2 mm., con una dotazione di oltre 80 granate. 

Le sole munizioni perforanti erano sufficienti a penetrare la corazza di qualsiasi carro armato dell'epoca entro o anche oltre i 2000 metri (al di fuori della portata delle armi nemiche quindi) fatta esclusione per l'M26 Pershing e soprattutto per i carri pesanti sovietici IS-2.

Tra il gennaio 1944 e il marzo 1945 vennero prodotti 489 esemplari, ognuno dei quali con un numero di identificazione individuale stampato sulla torretta.

Nel tardo 1944 la Krupp propose di montare sul carro un nuovo cannone, il 105/68 mm. ma tale proposta venne respinta. Altre proposte di upgrade riguardarono la sostituzione del motore Maybach HL230 con un HL234 dalla potenza di 900 hp, il miglioramento degli apparati di mira, l'aggiunta di ulteriori 12 munizioni e di un sistema di filtraggio dell'aria per proteggere l'equipaggio dai gas; ma tali proposte non vennero mai accettate o comunque la guerra finì prima che questi miglioramenti potessero essere implementati. Per quanto riguarda invece i derivati, l'unica variante sviluppata dal Tiger II fu il caccia-carri da 76 tonnellate Jagdpanzer VI Jagdtiger, un mezzo a malapena semovente (aveva lo stesso motore del Tiger II, ancora più stressato e pronto al surriscaldamento), armato con un pezzo di origine antiaerea da 128 mm e una corazza frontale inclinata spessa 250 mm; fu prodotto in soli 88 esemplari tra il luglio 1944 e il marzo 1945. Questi mezzi furono divisi in due battaglioni, uno operò nella disperata controffensiva "Nordwind" nel gennaio del 1945, dove venne sconfitto quasi unicamente dalla pesantezza dei propri mezzi e dalla loro avidità di carburante più che dalla gagliarda reazione delle truppe golliste e statunitensi. Nonostante diverse affermazioni di parte sovietica non vi sono prove affidabili che la seconda unità abbia preso parte alla difesa di Budapest; gli esemplari caduti in mano all'Armata Rossa possono essere stati catturati inermi in qualche deposito o snodo ferroviario.

I primi Tiger II furono distribuiti ai reparti d'addestramento tra il gennaio e il maggio 1944, e solamente a giugno i primi esemplari furono consegnati ai reparti operativi: tra questi vi fu lo schwere Panzerabteilung 503, che con a disposizione circa 14 Tiger II fu il primo reparto a utilizzare il nuovo carro contro gli Alleati in Normandia, tra Troarn e Demouville il 18 luglio 1944. Nel dicembre 1944 lo Schwere SS-Panzer-Abteilung 101, che contava almeno 20 Tiger II, venne posto alle dipendenze del Kampfgruppe Peiper durante l'Offensiva delle Ardenne. Il 503°, forte di 45 Tiger II, partecipò anche all'Operazione Margerethe e alla battaglia di Debrecen del 1944 e registrò la distruzione di 121 carri sovietici e 244 armi anticarro al prezzo della perdita di soli 25 Tiger II (di cui due ritirati per problemi tecnici).I Tiger II parteciparono anche all'offensiva del lago Balaton del marzo 1945, alla battaglia delle Alture di Seelow nell'aprile del 1945 e alla battaglia di Berlino al termine della guerra.

Per quanto temibili in fase difensiva, soprattutto in agguati da posizioni preparate i Tiger II si rivelarono inermi sia contro la superiorità aerea degli alleati occidentali (ogni carro era un bersaglio fin troppo lento e invitante) sia contro la raggiunta superiorità tattica delle formazioni sovietiche di prima linea, dotate di mezzi T-34/85, SU-100 e l'JS-2, ormai abituate a confrontarsi con una Wehrmacht esausta e dissanguata.

Il Tiger II, nonostante l'apparenza impressionante, si rivelò operativamente una macchina fragile. I primi due Tiger II catturati dai russi furono mandati a Kubinka, per prove di valutazione e comparative, ma già durante il trasferimento, avvenuto, per quanto possibile, con i mezzi autonomi dei due carri, si evidenziarono numerosissime falle tecniche e progettuali: una ruota motrice si ruppe dopo 86 km di marcia, il sistema di raffreddamento si dimostrò inadeguato con temperature ambientali superiori a 30°, causando continui blocchi del motore e del cambio per surriscaldamento, gli elementi dei cingoli si rompevano costantemente a causa del colossale peso del veicolo, soprattutto in fase di sterzata. Il sistema di pretensionamento dei cingoli non era perfettamente a punto e la tensione andava riaggiustata ogni 10 – 15 km di marcia.

Oltre alla scarsa affidabilità, la prova sul campo dimostrò anche che il motore era molto più assetato di quanto dichiarato dalle specifiche tecniche. Con 860 litri di carburante furono percorsi 90 km di strada bianca quando il manuale tecnico del carro, nelle stesse condizioni, indicava un consumo di 700 litri. La velocità massima effettiva del carro risultò essere non superiore ai 30 km/h su strada in buone condizioni, o circa 14 su strada bianca. Su terreno aperto, il Tiger II evidenziò addirittura prestazioni da carro della prima guerra mondiale, con punte di velocità al massimo di 6–7 km/h. La velocità massima dichiarata dal manuale (41,5 km/h) non fu raggiunta in alcuna circostanza.

In compenso, il pezzo da 88 mm montato dal carro si rivelò un'arma anticarro eccezionale, con penetrazioni e precisione all'altezza del più grosso 122 mm D-25 russo. Un proiettile sparato da 400 m contro uno dei Tiger catturati lo passò da parte a parte.

Inoltre alcuni dei carri prodotti non riuscirono ad essere trasportati sul fronte a causa della loro mole, in quanto le numerose gallerie ferroviarie presenti in Germania o altrove non erano sufficientemente grandi per far passare tutto il carro armato.

Il Tiger II era armato con il Pak 43, aveva corazza anteriore da ben 150 mm a 50 gradi nella piastra principale dello scafo, 100 mm inferiore, 80 mm sui lati leggermente inclinata, 40 mm superiore, la torretta arrivava anche a 180 mm frontalmente e 100 mm lateralmente. La fine della guerra non era però tanto lontana, e alla fine non ebbe successo quanto il primo. Il progetto VK 4501 della Porsche venne rielaborato e proposto con un cannone da 150 mm; ma venne respinto e venne chiesto un cannone da 88 mm, ma ancora non c'era accordo: troppo rame necessario per il motore elettrico. Al dunque, il progetto venne scelto ancora una volta dalla Heschel VK 4503(H), che ebbe tuttavia per le prime 50 unità la torretta del tipo proposto dalla Porsche, molto più arrotondata della Heschel. In tutto vennero costruiti 485 esemplari in luogo dei 2.179 programmati, con un totale di 25 costruiti nel marzo 1945, mentre il massimo venne raggiunto nell'agosto 1944 con 84 mezzi. Il carro era simile al Panther II, programmato ma non costruito. Il motore era simile a quello dei Tiger, le ruote erano 9 per lato, al solito intersecanti tra di loro (soluzione che era vantaggiosa nel ridistribuire il peso sui cingoli, ma pericolosa per il fango propenso a ghiacciarsi, come accadde nel fronte russo, bloccando le ruote). Il cannone KwK 43 con 40 AP e 40 HE, -8/+15° di alzo, 3 armi MG 34 con 5.850 colpi, oltre ad una MP 40 da 9 mm. Le ottiche erano apparentemente senza il telemetro portatile, mentre il TFZ 9d monoculare aveva ingrandimenti 3-6x.

Iniziò i combattimenti nel maggio del '44 contro i Sovietici, dove pare che un carro T-34/85 ne distrusse 3 da solo (o almeno così dichiararono i Sovietici). Simile al Panther per struttura, al Tiger per spessori della corazza, era un mezzo formidabile ma troppo lento, con lo stesso motore del Tiger, e troppo difficile da muovere su lunghe distanze per il rischio di far cedere i ponti e le strade. Con 84 colpi da 88 (come nel Tiger, ma con bossoli più lunghi) e 5850 da 7,92 per le due armi da difesa ravvicinata, esso era un carro formidabile, ma non ebbe grandi successi contro gli Alleati in Normandia, dove pure venne usato. Meglio andò nel Fronte Orientale, dove spesso battagliò con un mezzo quasi alla pari, il JS-2.

Dimensioni: lunghezza 10,26 m, scafo 7,26 m, larghezza max 3,75 m, altezza 3,1 m
Motore: Maybach a benzina da 700 hp
Peso 65 t; protezione fino a 150+ mm anteriore (185 mm frontale torretta, 150 a 50° scafo superiore, 100 mm inferiore, 80 mm laterale, 25-40 mm inferiore e superiore).
Prestazioni: v.max 38 kmh, autonomia 110 km, pendenza superabile 60%, trincea 2,5 m, gradino 0,85 m.

(Web, Google, Wikipedia)

















































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