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giovedì 25 agosto 2022

Il SAI Ambrosini S.S.4 fu un prototipo di caccia italiano, sviluppato nei tardi anni trenta

 


SI VIS PACEM, PARA BELLUM - “SVPPBELLUM.BLOGSPOT.COM"

….La guerra all’Ucraina ci deve insegnare che, se vuoi vivere in pace, 
devi essere sempre pronto a difendere la tua Libertà….

….Basta con la retorica sulle guerre umanitarie e sulle operazioni di pace. 
La guerra è guerra. Cerchiamo sempre di non farla, ma prepariamoci a vincerla…

…Ho ancora nel naso l’odore che faceva il grasso del fucile mitragliatore arroventato. Ho ancora nelle orecchie e sin dentro il cervello, il rumore della neve che crocchiava sotto le scarpe, gli starnuti e i colpi di tosse delle vedette di guardia, il suono delle erbe secche e delle pietre battute dal vento sulle rive del Tagliamento…


Il SAI Ambrosini S.S.4 fu un prototipo di caccia italiano, sviluppato nei tardi anni trenta, ma mai entrato in produzione di serie. Il progetto era all'avanguardia per l'epoca, caratterizzato da alette canard e con il motore in configurazione spingente. Anche se era inteso come intercettore, l'S.S.4 non entrò mai in servizio a causa della valutazione negativa della Regia Aeronautica che ritenne il velivolo troppo poco maturo per l'impiego operativo.








Storia del progetto

La designazione dell'S.S.4 deriva dalle iniziali di Sergio Stefanutti, il progettista dell'aereo. Stefanutti era un ufficiale ingegnere del Genio Aeronautico che focalizzò molta della sua attenzione sull'efficienza aerodinamica per ottimizzare le prestazioni. La SAI (Società Aeronautica Italiana)-Ambrosini era una società di produzione di velivoli con sede a Passignano sul Trasimeno in Umbria.
Stefanutti non immaginò le innovative caratteristiche dello S.S.4 da zero: le alette canard erano già state usate sin dagli albori dell'aviazione ed anche la configurazione "spingente" del motore era ben conosciuta (il Wright Flyer adottava già questa soluzione). La sua prima esperienza progettuale fu il modello S.S.2, un aereo leggero con ali canard, costruito presso lo Stabilimento di Costruzioni Aeronautiche della Direzione Superiore Studi ed Esperienze di Guidonia, vicino a Roma. Era un progetto semplice, ma originale, di aereo leggero che utilizzava un motore a 2 cilindri Keller da 16 cavalli. Non era stato concepito come aereo da combattimento, ma piuttosto come dimostratore tecnologico. L'S.S.2 volò per la prima volta nel 1935, ed uno dei due prototipi venne trasformato in un modello biposto con un motore CNA di 38 CV. L'esperienza maturata e la conseguente conoscenza dell'aerodinamica acquisita, consentì a Stefanutti di ideare una nuova versione, questa volta da utilizzare per compiti operativi: intercettazione e superiorità aerea. La configurazione base del nuovo modello manteneva il propulsore a elica spingente installata nella parte posteriore, le alette canard e il carrello d'atterraggio triciclo anteriore che era già stato messo a punto nei precedenti S.S.2 e S.S.3. Con l'assenso dell'ingegner Ambrosini, il titolare dell'azienda, il nuovo modello venne costruito tra il 1938 e il 1939 e denominato S.S.4.

Tecnica

Facendo seguito alle esperienze condotte nel 1935 con il moto aliante ligneo SS.2, ed il successivo SS.3 Anitra (MM.372) biposto del 1937, l'SS.4 (MM.387) era un aereo da caccia monoposto interamente metallico con ali a freccia in configurazione canard e carrello triciclo retrattile. L'ala innovativa aveva una freccia di 20 gradi e non era presente un impennaggio di coda.
L'S.S.4 era piccolo a causa della sua configurazione canard, che necessitava di un muso aerodinamico e privo di motore per un controllo ottimale. Il flusso aerodinamico si dirigeva verso la parte posteriore dove era installato il motore e doveva essere deviato dal movimento degli elevoni, cioè appendici che fungono allo stesso tempo da elevatori e da alettoni. In queste condizioni, i comandi di volo sarebbero risultati molto pesanti da manovrare e la precisione di controllo difficile. Per correggere questo inconveniente, il motore venne spostato il più indietro possibile e questo rese necessario abolire le strutture di coda convenzionali. Gli stabilizzatori verticali vennero raddoppiati e installati sulle ali, che a loro volta vennero spostate verso il retro della fusoliera per consentire ai timoni di coda di operare più efficacemente. La presenza del propulsore in posizione arretrata forzò il progettista dell'aereo ad adottare un carrello triciclo per evitare l'urto tra il suolo e le pale dell'elica. Infatti, altri aerei in configurazione spingente come il Do-335 hanno avuto complicazioni simili nel progetto. Davanti all'ala, erano posti i canard, molto grandi e dotati di superfici di controllo in grado di compiere grosse escursioni. Iniziavano dal muso e si estendevano fino a dietro l'abitacolo. L'insieme di tutte queste caratteristiche innovative portò ad avere un progetto non convenzionale e diverso da qualsiasi standard dell'epoca.
L'aereo aveva un muso basso e corto, che forniva una eccellente visibilità al pilota, che era ulteriormente migliorata dal fatto che il tettuccio aveva una struttura semplice e con l'unica parte metallica sopra la testa. La caratteristica costituiva una grossa differenza rispetto ad altri caccia convenzionali dell'epoca, dotati di un grosso muso necessario per ospitare i motori a configurazione trainante, a terra rivolti verso l'alto a causa del carrello d'atterraggio.
L'aereo era armato con due cannoni Mauser da 20 mm e un cannone da 30 mm sistemati nel muso del caccia. anticipando di 4 anni l'impiego nella Regia Aeronautica di armi da 20 mm. Inoltre rilevante il fatto che tutti i pezzi montati sul velivolo non dovevano essere sincronizzati con elica posta anteriormente favorendo così una più alta cadenza di colpi da parte dell'arma.
La visibilità non era disturbata dai controlli canard, che erano posizionati in basso, né dall'armamento che sarebbe stato installato nel muso. In realtà, la doppia coda e l'alta fusoliera erano molto più problematiche per la visione posteriore.

Impiego operativo

Il prototipo S.S.4 venne costruito nello stabilimento della SAI-Ambrosini a Passignano sul Trasimeno, ma successivamente l'aereo venne spostato all'aeroporto Eleuteri, a Castiglione del Lago, sempre nell'area del Trasimeno. L'aereo decollò la prima volta il 7 marzo 1939. Il giorno seguente, era pianificato un trasferimento del prototipo alla base aerea di Aviano da compiersi per treno e non in volo, ma il capo collaudatore, l'ingegnere Ambrogio Colombo, volle effettuare un secondo volo di prova. Dopo un normale volo di 45 minuti, a causa di un difetto di montaggio si staccò un alettone, il che costrinse il pilota collaudatore a cercare immediatamente di atterrare. Anche se era a soli due chilometri dall'aeroporto di Eleuteri, non riuscì ad arrivare alla pista e toccò terra in piena campagna. L'atterraggio di emergenza si trasformò in incidente fatale perché l'aereo si schiantò contro un albero. Il pilota morì in quanto il motore nell'impatto venne proiettato in avanti nella cabina di pilotaggio, schiacciando l'occupante contro la parte anteriore. Un monumento a ricordo dell'incidente è ancora visibile in prossimità di una delle strade nella zona dove avvenne lo schianto.
Le indagini conclusero che l'incidente era dovuto a un difetto di fabbricazione che portò all'installazione sbagliata dell'alettone. Lo studio evidenziò inoltre le eccessive vibrazioni trasmesse dal motore alle ali.
Anche se questo insolito caccia era molto più avanzato nel progetto di qualunque aereo avesse avuto la Regia fino a quel momento e anche se era ancora elogiato per le sue caratteristiche uniche, lo sviluppo fu interrotto e gli sforzi si concentrarono sul SAI 207.

Aspetti tecnici

Il muso libero dal motore era liberamente occupabile dalle armi di bordo. Anche se teoricamente le superfici canard facevano prevedere un'alta agilità ed altrettanto buone caratteristiche di velocità, le prestazioni dell'S.S.4 non erano significativamente diverse da quelle di un aeroplano con configurazione classica e con un motore in linea 12 cilindri Isotta Fraschini Asso XI R.C.40 da 1000 CV.
Le caratteristiche di velocità minima e massima dell'S.S.4 erano tali da giustificare la riprogettazione per reggere il confronto con altri caccia italiani. Le alette canard in questo caso dimostrarono di essere più una difficoltà che un beneficio per le prestazioni dell'aereo, e ancora una volta affiorò il dubbio dell'epoca circa l'utilizzazione di ali canard per scopi militari.
Anche le caratteristiche di sopravvivenza furono oggetto di rilievo. In caso di avaria al motore, il pilota sarebbe stato in grossa difficoltà: se si fosse lanciato fuori dall'abitacolo avrebbe rischiato di essere tagliato dall'elica posteriore, ma se avesse tentato di atterrare sarebbe stato esposto al rischio di rimanere schiacciato tra il suolo e il motore, come in effetti avvenne con il prototipo. Il motore da 600 chili non avrebbe protetto il pilota in atterraggi d'emergenza o dal fuoco antiaereo, ma invece avrebbe svolto il ruolo di un pericoloso ariete. Altri aerei a propulsione posteriore che avevano gli stessi difetti di progetto, come il Dornier Do 335, vennero per esempio equipaggiati con dei seggiolini eiettabili.
Le migliorie apportate all'S.S.4 durante la messa a punto prima del primo volo, furono compromesse da alcuni problemi di fondo e da altre più gravi difficoltà, come il surriscaldamento del motore dovuto ad un elevato angolo di attacco, che causava interferenze aerodinamiche tra il flusso che avrebbe dovuto investire le prese d'aria e i canard posti davanti alla superficie di controllo. Un altro problema, evidenziato anche dalle indagini successive all'incidente occorso al prototipo, era costituito dalle vibrazioni trasmesse dal motore alla struttura posteriore.
La visibilità posteriore era un altro punto a svantaggio e la protezione offerta dal motore in caso da attacco da dietro, era comunque da considerare meno accettabile del pericolo rappresentato per la sopravvivenza del pilota in caso di abbandono del velivolo o di atterraggio forzato.
Solo le nuove generazioni di aerei da caccia con motore a reazione come il Saab 37 Viggen ed l'Eurofighter Typhoon sono equipaggiati con adeguati sistemi di controllo per sfruttare pienamente i vantaggi dei controlli canard.

Le altre esperienze di Stefanutti

Dopo questa esperienza, Stefanutti si dedicò ad un aereo estremo, sebbene più convenzionale, il SAI 207. La sorte non fu favorevole neppure con questo aereo. L'S.S.4 fu solo il primo di altri caccia progettati dal Stefanutti che uccisero il pilota collaudatore. Gli altri furono lo S.107, il 207 e il 403.
Altri aerei simili all'S.S.4 furono lo Shinden giapponese e lo XP-55 statunitense. Anche se erano molto più avanzati, rimanevano progetti pieni di problemi. Più grossi e più potenti dell'S.S.4, erano assillati dalle stesse prestazioni non soddisfacenti. La tecnologie per il sistema di propulsione e per la gestione dei controlli di volo non erano ancora sufficientemente sviluppate per consentire un'efficace adozione della configurazione canard. Il sistema di propulsione ideale sarebbe stato un motore a getto e infatti vennero fatte prove con un motore di questo tipo con lo Shinden. Sarebbero stati necessari decenni prima che fossero disponibili adeguati controlli di volo gestiti da computer e in grado di gestire con il massimo del risultato la configurazione canard.

Cronologia operativa

Il prototipo dell’SS.4 fu costruito dalla SAI Ambrosini, Passignano sul Trasimeno, e poi inviato all'aeroporto Eleuteri di Castiglione del Lago, sempre nel Trasimeno. Lì, l'aereo fu pilotato con successo per la prima volta il 7 marzo 1939. Il giorno successivo, il prototipo SS.4 doveva essere trasportato su rotaia alla base aerea di Aviano, ma il capo collaudatore di Ambrosini, Ambrogio Colombo, voleva un secondo volo di prova. Dopo 45 minuti, un alettone aveva funzionato male a soli 2 km (1,2 miglia) da Eleuteri. Colombo tentò l’atterraggio, ma non riuscì a raggiungere la pista e si è schiantato vicino a Campagna, colpendo un albero. Colombo morì quando il motore lo spinse attraverso la paratia posteriore e lo schiacciò contro la parte anteriore dell'abitacolo.
Un memoriale a Colombo venne eretto vicino al luogo dell'incidente. L'indagine sull'incidente concluse che l'incidente era dovuto a una costruzione imperfetta, che aveva portato ad un'installazione difettosa dell'alettone che si era guastato. Lo studio aveva anche evidenziato vibrazioni eccessive trasmesse dal motore all'ala. 

Specifiche (SS.4)

Caratteristiche generali:
  • Equipaggio: 1
  • Lunghezza: 6,74 m (22 piedi 1 pollici) 
  • Apertura alare: 12,32 m (40 piedi 5 pollici)
  • Altezza: 2,49 m (8 piedi 2 pollici)
  • Area dell'ala: 17,5 m2 (188 piedi quadrati) 
  • Peso lordo: 2.449 kg (5.400 libbre)
  • Motopropulsore: 1 × Isotta-Fraschini Asso XI RC40 V-12 motore a pistoni raffreddato a liquido, 720 kW (960 CV)
  • Eliche: elica pusher in metallo a 3 pale.

Prestazioni:
  • Velocità massima: 571 km/h (355 mph, 308 kn)
  • Velocità di stallo: 110 km/h (68 mph, 59 kn).

Armamento:
  • Cannoni 2 × 20 mm, cannone 1 × 30 mm (montato sul muso).

(Fonti: Web, Google, Wikipedia, You Tube)






















venerdì 19 agosto 2022

Ing. Secondo Campini (1904 - 1980)

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….La guerra all’Ucraina ci deve insegnare che, se vuoi vivere in pace, 
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La guerra è guerra. Cerchiamo sempre di non farla, ma prepariamoci a vincerla…

…Ho ancora nel naso l’odore che faceva il grasso del fucile mitragliatore arroventato. Ho ancora nelle orecchie e sin dentro il cervello, il rumore della neve che crocchiava sotto le scarpe, gli starnuti e i colpi di tosse delle vedette di guardia, il suono delle erbe secche e delle pietre battute dal vento sulle rive del Tagliamento…


Secondo Campini (Bologna, 28 agosto 1904 – Milano, 7 febbraio 1980) è stato un ingegnere italiano. Si occupò di motoristica studiando sistemi di propulsione a reazione per natanti ed aeroplani.



Dopo essersi laureato all'Università di Bologna presso la Scuola d'Applicazione d'Ingegneria, nel 1931 si trasferì coi famigliari a Milano, per mettere in pratica le sue teorie sulla propulsione a reazione fondò la società V.E.N.A.R. (Velivoli E Natanti A Reazione). Il primo progetto ad essere realizzato fu un motoscafo a reazione ordinato dal Ministero dell'Aeronautica e provato con successo a Venezia nel 1932.


Fra il 1931 e il 1934 realizzò un motore a getto per aerei, più precisamente un motoreattore che consisteva di un compressore (formato da tre stadi di giranti a 15 palette ciascuno) azionato da un motore alternativo, un condotto dinamico (Venturi), un gruppo anulare di bruciatori ed un ugello di scarico, regolabile con un comando idraulico, che forniva la spinta di reazione.
I bruciatori servivano a surriscaldare l'aria compressa resa già calda dalla compressione (e dal calore disperso dal motore alternativo e dai gas di scarico dello stesso), aumentando la spinta ottenibile con la sola compressione. Ciò significava che, in linea di principio, il motore poteva funzionare anche senza l'ausilio dei bruciatori, sfruttando unicamente l'aria compressa, con rendimenti, ovviamente, inferiori a quelli di un normale motore alternativo accoppiato a un'elica.









Il motore fu montato su un nuovo aereo, il Campini-Caproni C.C.2, realizzato dalla Caproni fra il 1934 e il 1940. Era lungo 13,12 metri, con un'apertura alare di 15,86 metri, e toccava i 500 km/h a 3.000 metri di quota. Il motore alternativo utilizzato per la costruzione del motore a getto di Campini era l'Isotta Fraschini Asso L.121 RC.40 da 900 CV
Il velivolo effettuò un volo regolare Milano-Guidonia (Roma) nel 1941, ma non ebbe seguito.

Altri progetti di Campini, mai realizzati, furono:
  • Monoplano Stratosferico denominato C.S.3 (Campini Secondo 3), con una variante C.S.4 con diversa sistemazione dei motori e del carrello;
  • Giroplano a reazione C.S.5 / C.S.6 ideati nel 1939;
  • Monoplani bimotore a getto C.S.7 e C.S.8 precursori del C.S.10;
  • l bireattore da caccia pesante del 1942 Campini C.S.10;
  • Bombardiere bimotore a getto C.S.11 di cui furono pensate due versioni, la prima nel 1942 azionato da motori DB605A ed un altro nel 1943 azionato da motori Reggiane RE L103.
Vincitore del premio della Fondazione Marconi istituito dal Gruppo Emiliano dei Cavalieri del Lavoro.
Tra il 1942 e il 1945 elaborò con Mario de Bernardi, già collaudatore del C.C.2, un progetto per un sommergibile tascabile d'assalto, con una turbina a reazione a ossigeno e nafta per la navigazione in immersione. A tale progetto fu interessato anche la Marina imperiale giapponese e dopo il 8 settembre 1943 anche la Kriegsmarine. In tale periodo Campini si trovò a Rovereto dove furono spostati i suoi uffici dopo i continui raid aerei su Milano. Il 22 marzo 1944 la Campini-Caproni stipulò un contratto di fornitura per 50 mini sommergibili con la marina militare tedesca. Gli apparecchi non furono mai forniti, ma almeno un prototipo fu sottoposto ad alcuni test nel Lago di Garda.
Dopo la seconda guerra mondiale si interruppe la collaborazione con Caproni e Campini accettò un incarico di lavoro da Preston Tucker. Nel 1948 si trasferì negli Stati Uniti. Poi lavorò anche su progetti militari del governo, tra cui l'YB-35. 



Non rimase negli Stati Uniti e nel 1951 rientrò a Milano. Fino al suo ritiro dall'attività lavorativa nel 1970 proseguì nello studio e nella progettazione di mezzi innovativi e motori di propulsione, tra cui il volo suborbitale.

LE IDEE

Campini progettò due velivoli tra la fine del 1941 e l'inizio del 1942 utilizzando il suo motore "jet" che in realtà era una ventola intubata ad aria compressa, a volte con postcombustore: era il ”motoreattore". I due progetti furono presentati dal celebre comandante De Bernardi nel marzo 1942 al Ministero dell’Aeronautica e vennero "congelati" il 2 aprile fino al mese di settembre in attesa dei previsti test sul Caproni-Campini. Ad ottobre il rapporto ufficiale sui test fu abbastanza positivo e successivamente fu convocata la Commissione Progetti. Sembrerebbe che l’ing. Campini abbia proceduto da solo nel progetto, raggiungendo un accordo preliminare con la Caproni per la realizzazione di due prototipi e di due nuovi progetti di bombardieri nel marzo 1943. Campini provò a contattare Filippo Zappata (ex CANT, ora Breda) per rimotorizzare il bombardiere BZ-303 con due motoreattori senza postcombustori. 


Come noto, il BZ-303 non volò mai. In alternativa, il BZ-303 era previsto che avrebbe ricevuto in dotazione due turboelica di produzione tedesca o cecoslovacca (!?).

Dati tecnici dei progetti

Bombardiere: 
  • Apertura alare 19,4m, 
  • superficie alare 50 mq, 
  • peso strutturale 4950 kg, 
  • carburante-armamento-piloti-lubrificanti,ecc 3420 kg, 
  • equipaggio 3, 
  • armi difensive sei mitragliatrici 12,7 mm (2400 colpi), 
  • bombe 1000 kg, 
  • velocità massima 750 km/h, 
  • autonomia 1500 km. 

Caccia: 
  • Ap. Alare 12,3 m, 
  • Sup. alare 19,78 mq, 
  • peso strutturale 2140 kg, 
  • equipaggio-ecc 1110 kg, 
  • armi 4 mitragliatrici 12,7 mm (2000 colpi) 2 cannoni 20 mm (150 colpi), 
  • velocità massima 850 km/h, Autonomia 600 km, 
  • equipaggio 1.

I motoreattori erano spinti da un propulsore DB-605 (il caccia) o due (il bombardiere). 
Entrambi gli aerei utilizzavano postcombustori.

IL MOTORE DELL’ING.CAMPINI

La descrizione corretta per il motore di Campini sarebbe “turbo-ramjet”. Alle basse velocità l'aria veniva compressa dal compressore assiale a 3 stadi azionato dal motore L121 o altro. L'aria passava sopra il motore caldo, espandendosi come un normale "getto" prima di fluire indietro lungo un ugello. I postbruciatori venivano accesi alle spalle del motore per dare più spinta. A regimi più elevati Campini intendeva spegnere il motore facendo subentrare una compressione dinamica ed i bruciatori, ottenendo una maggiore efficienza.

Le prestazioni del CC.2

La maggior parte delle fonti fornisce una velocità di 330 km/h a 3000 m con una tangenza di circa 4000 m. Tuttavia Storia Militare afferma che Mario De Bernardi con il CC.2 "toccò facilmente i 500 km/h a 5800 mt durante le prove nel 1942; è probabile che i primi voli nel 1940 dovessero dimostrare che volava bene, non di più.

Motori turboelica cecoslovacchi per il BZ303…

Il rapporto ufficiale del Centro Sperimentale di Guidonia riportava il numero 72 datato 8 ottobre 1942. Forse è più facile trovarlo negli archivi statunitensi che in quelli italiani. Un precedente rapporto del Capitano Prof. Luigi Crocco, datato 22 settembre 1942, affermava che il CC-2 migliorava del 20% la velocità per una data potenza installata ma con un consumo di carburante maggiore.
Ciò che mancava al designer aeronautico italiano erano i motori, poi i motori e infine i motori... E le aziende mancavano di esperienza in strutture interamente metalliche su larga scala e nella gestione di programmi complessi per la produzione in grande serie. I record aeronautici degli anni '20 e '30, fino al 1936 circa, convinsero il grande pubblico e la classe dirigente di essere all'avanguardia in campo aeronautico: venne impostata una velocità di crociera, mentre gli altri stavano accelerando. Già nel 1938 le compagnie aeree italiane stavano cercando di acquistare aerei di linea da una azienda statunitense (e il Ministero dell'Aeronautica considerava seriamente il B-17 come un bombardiere di prima linea). Anche negli idrovolanti fu quasi vicino un accordo con la Convair per la linea transatlantica, mentre in Italia c'erano dei veri geni nella progettazione degli idrovolanti.
La velocità massima dei caccia vicina agli 850 km/h non sembrava troppo lontana: sarebbero stati necessari circa 1000 kgf per raggiungere l’ambita velocità. Il CC.2 erogava 750 kgf da 900 CV, quindi scalandolo fino al DB605 si potevano ottenere facilmente 1000 kgf. Avere due set di bruciatori, uno in ciascuna gondola, rendeva più facile ottenere quel valore. Poco più di una tonnellata in carburante, lubrificanti, idraulica, pilota e munizioni era troppo bassa. Probabilmente era stata ideata una costruzione tutta in alluminio, oppure l’ing. Campini stava semplicemente bluffando... Anche il peso del bombardiere era troppo basso: 1500 Kg per i due DB...

(Fonti: Web, Google, secretprojects, Wikipedia, You Tube)































 

sabato 30 luglio 2022

Caproni Ca.3, il terzo aeroplano progettato e costruito dal pioniere dell'aviazione trentino Gianni Caproni.


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devi essere sempre pronto a difendere la tua Libertà….

….Basta con la retorica sulle guerre umanitarie e sulle operazioni di pace. 
La guerra è guerra. Cerchiamo sempre di non farla, ma prepariamoci a vincerla…

…Ho ancora nel naso l’odore che faceva il grasso del fucile mitragliatore arroventato. Ho ancora nelle orecchie e sin dentro il cervello, il rumore della neve che crocchiava sotto le scarpe, gli starnuti e i colpi di tosse delle vedette di guardia, il suono delle erbe secche e delle pietre battute dal vento sulle rive del Tagliamento…


Il Caproni Ca.3 fu il terzo aeroplano progettato e costruito dal pioniere dell'aviazione trentino Gianni Caproni. Più grande ma più leggero dei predecessori Ca.1 e Ca.2, era un biplano con configurazione tradizionale.
















Storia del progetto

Il Caproni Ca.3 fu sviluppato da Gianni Caproni subito dopo i parziali successi rappresentati dai suoi primi due aeroplani, il Ca.1 e il Ca.2 appunto, i quali si erano alzati in volo con successo tra il maggio e l'agosto del 1910 ma erano stati incapaci di atterrare con delicatezza ed erano entrambi andati distrutti al termine del volo inaugurale.

Tecnica

Il Ca.3 conservava, rispetto ai predecessori, la configurazione biplana con impennaggi in coda. Se ne differenziava tuttavia per il fatto di essere un sesquiplano, cioè un biplano con l'ala inferiore nettamente più corta di quella superiore; per il carrello, che abbandonava le due ruote stabilizzatrici collocate sotto le estremità alari che avevano caratterizzato il Ca.1 e il Ca.2; per il profilo alare, che introduceva la doppia curvatura suggerita a Caproni dall'amico e collega Henri Coandă; per la mancanza di una vera e propria fusoliera, in luogo della quale erano presenti due travi in bambù (irrigidite da tre montanti verticali) che sorreggevano i piani di coda.

Impiego operativo

In un articolo pubblicato sulla Lettura Sportiva l'11 gennaio 1911, il giornalista Annibale Arano descrisse così il Ca.3 e alcuni suoi tentativi di prendere il volo presso Malpensa, nell'inverno 1910-1911:
“””...Ed ecco il N. 3, frutto supremo delle ansie ultime, quando sorrise piena vittoria agli sforzi tenaci. Si addossa ai fratelli maggiori, più ampio, tutto giallo in perfetto ordine di marcia. L'ing. Caproni gentilmente ci spiega. La direzione è tutta concentrata nel volante che ingegnosamente provvede a tutte le manovre. Un bilanciere ai piedi le sussidia. Le ali, mi perdonino i tecnici se i termini sono poco appropriati, si curvano in una specie di doppia curvatura e presentano la particolarità di evitare, possibilmente, i risucchi d'aria. La coda è semirigida e tende a evitare possibili capovolgimenti. Il motore è anteriore, ed il posto per l'aviatore è tra la coda e le ali. Le precauzioni e le prudenze dopo queste ultime tragiche morti, risorgono e s'impongono e lottano coraggiose a scacciare nei limiti del possibile, i lutti che il triste destino prepara ad ali men salde e temerarie. Si tenta un volo malgrado la neve alta. L'amico devoto, Zweifel, sale sul seggiolino, e tenta a più riprese… Ma è inutile. La neve ostacola ogni mossa, ed il N. 3 ritorna fra gli altri fratelli a sonnecchiare finché, dileguato il bianco mantello, più tardi, il vortice turbinoso dell'elica piegherà a terra gli sterpi piccini della brughiera”””.

Ulteriori dettagli dell'attività di volo del Ca.3, svolta nella prima metà del 1911, non sono noti.

(Fonti: Web, Google, Wikipedia, You Tube)
































 

US NAVY 2024: il drone dimostrativo sottomarino a lunga autonomia (UUV) Manta Ray di Northrop Grumman ha completato i test in mare al largo della California meridionale all’inizio del 2024.

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