sabato 19 ottobre 2019

La società statunitense Raytheon costruirà il nuovo radar per i sistemi di difesa aerea PATRIOT dell’Us Army, noto come Lower Tier Air and Missile Defense Sensor (LTAMDS).



La società statunitense Raytheon costruirà il nuovo radar per i sistemi di difesa aerea PATRIOT dell’Us Army, noto come Lower Tier Air and Missile Defense Sensor (LTAMDS).



La Raytheon Company ha annunciato di essere stata selezionata per fornire all’US ARMY il nuovo radar AESA “LTAMDS” che è stato progettato per essere completamente operabile con l'architettura esistente dell'esercito statunitense. Come tale, opererà sulla rete di difesa aerea e missilistica integrata dell'esercito, il Battle Command System (IBCS). Secondo la Raytheon, quando il primo radar LTAMDS uscirà dalla catena di montaggio, l'esercito sarà in grado di attivarlo e si collegherà automaticamente alla rete della difesa aerea.



Con un sensore a 360 gradi il nuovo LTAMDS amplia la copertura dello spazio di battaglia per rilevare e ingaggiare minacce aeree e missilistiche provenienti da varie direzioni, non solo l'arco di prua tradizionalmente coperto dai sistemi Patriot, anche a quote molto basse. Sulla base dell'esperienza Raytheon nella progettazione dei radar, il nuovo sistema rappresenta un approccio "clean sheet", che consente al nuovo sensore di connettersi automaticamente alla rete al momento dell'installazione, senza la necessità di retrofit o aggiornamenti della rete o del sistema.



La selezione avviene dopo il completamento di una gara "Sense-Off" organizzata dall’Us Army, nel tentativo di accelerare lo sviluppo e la messa in campo del radar sostitutivo del sistema Patriot e per completare il programma di modernizzazione già nel 2022. Nell'ambito del programma attuale, la Raytheon svilupperà e fornirà sei sistemi radar. I piani di messa in campo prevedono la consegna di sensori aggiuntivi per equipaggiare 15 battaglioni Patriot fino al 2031, anche se l'esercito mantiene la possibilità di valutare e acquistare altri sensori entro tale data. Durante il "Sense-Off", l'esercito ha anche valutato i sistemi radar operativi di Northrop Grumman e Lockheed Martin/IAI-Elta.



La vulnerabilità dei sistemi settoriali di difesa aerea è stata chiaramente dimostrata dal fallimento della Saudi Air Defenses nel rilevare e avvertire un attacco aereo da parte di missili da crociera iraniani e armi vaganti, che hanno preso di mira le raffinerie petrolifere di Abqaiq e Khurais in Arabia Saudita nella notte del 14 settembre 2019. Queste armi hanno volato by-passando le difese saudite provenendo da nord-ovest, mentre le difese aeree erano rivolte ad est, verso l'Iran. Lo spiegamento di sensori come LTAMDS dovrebbe colmare questa lacuna, sostituendo i due tipi di copertura settoriale con una copertura a 360 gradi e una maggiore sensibilità migliorando sensibilmente il rilevamento di piccoli, agili e bassi osservabilità.

ENGLISH

Raytheon to Build a New 360 Radar for the US Army Patriot Air Defense Systems

The Raytheon Company announced it has been selected to provide the US Army with its next-generation, 360-degree capable radar – known as the Lower Tier Air and Missile Defense Sensor (LTAMDS).
Raytheon’s solution is designed to be fully operable with the U.S. Army’s existing architecture. As such, it will operate on the Army’s Integrated Air and Missile Defense network Battle Command System (IBCS). According to Raytheon’s officials, when the first LTAMDS radar rolls off the assembly line, the Army will be able to turn it on and it’ll connect automatically.
As a 360-degree sensor LTAMDS expands battlespace coverage to detect and engage air and missile threats coming from various directions, not only the forward arc traditionally covered by Patriot systems, including at very low altitude. Based on Raytheon’s radar design experience, the new system represents a ‘clean sheet’ approach, that enables the new sensor to automatically connect to the network upon deployment, without the need for network or system retrofit or upgrades.
The selection comes after the completion of a ‘Sense-Off’ competition held by the Army, in an effort to accelerate the development and fielding of the Patriot replacement radar and complete a modernization program as early as 2022. Under the current program, Raytheon will develop and supply six radar systems. Fielding plans call for the delivery of additional sensors to equip 15 Patriot battalions through 2031, though the Army maintains the option to evaluate and buy other sensors by that time. During the ‘Sense-Off,’ the Army also evaluated operational radar systems from Northrop Grumman and Lockheed Martin/IAI-Elta.
The vulnerability of sectorial air defense systems was clearly demonstrated by the failure of Saudi Air Defenses to detect and warn of an air attack by Iranian cruise missiles and loitering weapons, that targeted oil refineries in Abqaiq and Khurais in Saudi-Arabia on the night of September 14, 2019. those weapons have flown bypassed the Saudi defenses by coming from the northwest, whereas the air defenses were pointed eastward, toward Iran. Deployment of sensors like LTAMDS is expected to close this gap, replacing the two sectorial covering types with full 360-degree coverage and higher sensitivity that improve the detection of small, agile and low signature targets.

(WEb, Google, Wikipedia, defense-update, You Tube)





















venerdì 18 ottobre 2019

La sigla "SS-N-22" in realtà non individuava un unico missile (come si credeva) ma due missili differenti: il P80 ZUBR e il P 270 Moskit



SS-N-22 Sunburn fu il nome in codice NATO con il quale i paesi del patto Atlantico, durante la guerra fredda, identificavano erroneamente con un'unica denominazione due missili antinave sovietici per niente imparentati: il P-80 Zubr a corto raggio e il P-270 Moskit a medio raggio. Sebbene i missili fossero molto differenti, distinguerli tra loro era difficile poiché i loro dispositivi di lancio erano identici. La confusione già venutasi a creare fu intensificata dalla consuetudine sovietica di non distinguere i tipi di missili utilizzati dalla stessa classe di navi. Per questo fino alla dissoluzione dell'Unione Sovietica non si venne a sapere che la sigla "SS-N-22" in realtà non individuava un unico missile (come si credeva) ma due missili differenti.



P-80 Zubr

Uno dei due missili identificati come SS-N-22 era il P-80 Zubr, progettato da una squadra guidata da Vladimir Chelomei. Il Zubr aveva un motore a razzo ed era armato con una testata di 250 kg. Era trasportato da un modello primordiale del cacciatorpediniere classe Sovremennyj e dalla corvetta classe Tarantul. Anche la versione utilizzabile dai sottomarini lanciamissili era stata designata dalla NATO con il nome in codice SS-N-22 Sunburn, ma era conosciuta dai sovietici come P-100 Oniks.

P-270 Moskit

L'altro missile identificato come SS-N-22 (ma non imparentato con l'altro) era il Raduga P-270 Moskit. Esso era caratterizzato dalla presenza di uno statoreattore come motore a reazione e da un apparato di guida idoneo al volo radente, capace di superare la velocità di Mach 2. Siccome il modello base, pensato per la classe di cacciatorpediniere Project 965 'Sovremennj', era troppo pesante per essere usato dalle corvette classe 'Tarantul', i sovietici ne realizzarono una versione più piccola che la NATO designò comunque con il nome SS-N-22.
Ne esiste anche una versione aria-superficie, nota come Kh-41, lanciabile da Sukhoi Su-34 e forse anche dal Su-33 (alcuni analisti infatti ritengono che il Moskit sia troppo pesante per essere impiegato da quest'ultimo velivolo, soprattutto se decollato da portaerei).
Si tratta di armi dal potenziale molto elevato, ma con pecche dovute al costo elevato, alla mole notevole e soprattutto alla gittata non superiore a quella di armi più piccole ed economiche, sufficienti ad affrontare una minaccia non troppo sofisticata. Per esempio, uno dei modelli di corvetta sovietici, basata sulle 'Tarantul', è dotata di 4 lanciatori quadrupli per SS-N-25 (simili agli 'Harpoon'), piuttosto che di 4 Moskit: probabilmente 4 di questi ordigni SS-N-25 hanno anche più probabilità di raggiungere il bersaglio rispetto a un singolo SS-N-22.

ENGLISH

SS-N-22 Sunburn is the NATO reporting name for two unrelated Soviet anti-ship missiles. Although the missiles were very different, distinguishing between them is difficult because their ship-mounted launching containers were identical. Confusion was exacerbated by the Soviet practice of mixing missile types within a class of ships. It was therefore not confirmed that the "SS-N-22" actually referenced two different missiles until after the fall of the Soviet Union.

Chelomei rocket

Main article: P-80 Zubr
One of the SS-N-22s was the P-80 Zubr, designed by a team led by Vladimir Chelomei. The Zubr was rocket-propelled and armed with a 250 kilogram warhead. It was carried by early-model Sovremenny-class destroyers and Tarantul-class corvettes. The submarine-launched version of this missile was also designated as an SS-N-22 Sunburn by NATO but was known to the Soviets as the P-100 Oniks.

MKB Raduga model

The other, unrelated SS-N-22 was the Raduga P-270 Moskit. It was ramjet-propelled (though launched by a small solid-fuel rocket), and was carried by later-model Sovremenny class destroyers, Tarantul class corvettes, and several smaller warships. This weapon has a top speed of Mach 3. The high speed of the missile means a typical response time for the target of only 25 to 30 seconds, giving a target little time to react. Moskit can be armed with a warhead of 320 kg.
Another version of this weapon is called the ASM-MMS; it is intended to be launched by a Su-33.
The People's Republic of China acquired SS-N-22 launchers and missiles (specifically, the for-export 3M-80E Moskit variant) with a 1999–2000 purchase of two Sovremenny destroyers from Russia. According to Russia, the PRC funded the development of the SS-N-22 version for the People's Liberation Army Navy (PLAN). It has the designation 3M-80MBE, and this version differs from earlier versions mainly in having increased range (now beyond 220 km; 240 km has been quoted). These new missiles will be first installed on board the second pair of Sovremenny class destroyers. A total of 500 SS-N-22 AShM were ordered by the PRC for the four Russian-built Sovremenny class destroyers. With the exception of the first 20, these are the 3M-80MBE variant. The PRC has stockpiled roughly 15 SS-N-22 missiles per launch tube (each destroyer having a total of 8 launchers in two quadruple configurations). It is speculated that the PLA intends to use the missiles against carrier battle groups deployed by the United States Navy in the event of a confrontation with the Republic of China (Taiwan).
Six SS-N-22 launchers were also present on the Soviet ekranoplan Lun.


Design

It reaches a speed of Mach 3 (3,675 km/h; 2,284 mph) at high altitude and Mach 2.2 at low-altitude. This speed is 4.25 to 3 times more than speed of the subsonic American Harpoon. The Moskit was designed to be employed against smaller NATO naval groups in the Baltic Sea (Danish and German) and the Black Sea (Turkish) and non-NATO vessels in the Pacific (Japanese, South Korean, etc.), and to defend the Russian mainland against NATO amphibious assault. The missile can perform intensive anti-defense maneuvers with overloads in excess of 10g, which completed for 9 km before the target.
Variants of the missile have been designated 3M80M, 3M82 (Moskit M). The P-270 designation is believed to be the initial product codename for the class of missile, with the Russian Ministry of Defense GRAU indices (starting with 3M) designating the exact variant of the missile. The 3M80 was its original model. The 3M80M model (also termed 3M80E for export) was a 1984 longer range version of the missile, with the latest version with the longest range being the 3M82 Moskit M. The ASM-MSS / Kh-41 variant is the 1993 air-launched version of the missile.
The 3M80MVE variant has an optional longer 240 km range through a second, high-altitude flight profile setting, however using the higher altitude profile would make the missile detectable at much greater distances.

Specifications

Launch range:
  • min: 10–12 km (6.2–7.5 mi; 5.4–6.5 nmi)
  • Maximum firing range:
  • 3M80 – 90–120 km (56–75 mi; 49–65 nmi) (surface ship); 250 km (160 mi; 130 nmi) (aircraft)
  • 3M80E – 120 km (75 mi; 65 nmi) (surface ship)
  • 3M80MVE – 140 km (87 mi; 76 nmi) (surface ship, low-altitude trajectory); 240 km (150 mi; 130 nmi) (surface ship, combined trajectory)
  • Missile flight speed: 2,800 km/h (1,700 mph; Mach 2.3)
  • Missile cruising altitude: 10 – 20 m (low-altitude trajectory), under 7 m for the attack at the target.
  • Launch sector relative to ship’s lateral plane, ang.deg: ±60
  • Launch readiness time:
  • From missile power-on till first launch: 50 seconds
  • From combat-ready status: 11 seconds
  • Inter-missile launch time (in a salvo): 5 seconds

Launch weight:
  • 3M-80E missile 4,150 kg (9,150 lb)
  • 3M-80E1 missile 3,970 kg (8,750 lb)
  • Warhead type: penetrator
  • Warhead weight: 300 kg (explosives 150)

Dimensions:
  • Length: 9.385 m
  • Body diameter: 0.8 m
  • Wing span: 2.1 m
  • Folded wing/empennage span: 1.3 m

Variants
  • P-80 Zubr shorter dimensions and range.
  • P-270 Moskit ' Sunburn ' longer range and dimensions, maybe faster.
  • Kh-41 air launched AGM (air-to-ground missile) or AShM (anti-ship missile).
  • 3M-80MVE Coastal Anti-Ship, GLCM (ground launch cruise missile), LACM (land attack cruise missile) variants, SSC-7/12 .

Operators
  • Russia the main user, under VMF, GLCM in coastal missile defence (raketnjy berezhnjy\govaja okhrana), ALCM in VVS-  Russian Navy
  • Egypt Used on P-32 Molniya class missile boat
  • India
  • Iran
  • Vietnam
  • People's Republic of China
  • North Korea (unknown)
Former operators
  • Soviet Union.























Il "problema anfibio" italiano e la futura "L X D" della Marina Militare Italiana

La struttura attuale e futura della nostra Squadra Navale pone alcuni problemi in merito alla ottimizzazione delle capacità anfibie.

Secondo alcuni esperti del settore, appare chiaro che un gruppo di unità anfibie “tutto-ponte” appare superfluo per le possibilità economiche e finanziarie nazionali in quanto non si avranno mai realisticamente abbastanza elicotteri per equipaggiarle tutte; ad ogni buon conto l'esistenza di una unità da 40.000 tonn. come la LHD Trieste inserirà un elemento nuovo quando per motivi logistici e di manutenzione ordinaria l’unità non sarà disponibile o sarà costretta a sostituire il Cavour. 
A parere di alcuni, la composizione "ideale" della squadra (pur nei limiti delle ragionevoli possibilità e necessità dell'Italia) dovrebbe essere basata su due "portaerei leggere" (con significative capacità anfibie “secondarie") e almeno quattro unità anfibie di tonnellaggio più ridotto. 
Un teatro come quello mediterraneo (e un orientamento politico-strategico più assertivo e protagonista), richiederebbero ben più di una “forza di proiezione anfibia" di duemila uomini.
Inoltre, dal punto di vista finanziario, un progetto di “LXD” come quello allo studio della Marina è indubbiamente bello ma anche alquanto costoso. 
E' lapalissiano che gli inquietanti scenari odierni e futuri richiedono e richiederanno alte capacità di autodifesa e una auspicabile "letalità". 
Attualmente si presentano costantemente una serie di opzioni alternative o "integrative" che sarebbero meritevoli di approfondimento. 
Partendo dalle tre LDX previste, si potrebbe ipotizzare una "soluzione intermedia" fra tre LPD con ponte volo posteriore o tre tutto-ponte. 
Si potrebbero ipotizzare tre unità con medesimo disegno dello scafo, strutture, impiantistica ed equipaggiamenti elettronici e di combattimento simili ma con diverse sovrastrutture, una terza modificata con ponte di volo continuo, isola laterale e un bacino accorciato per due sole motozattere a favore di un garage più lungo ma servito da un ascensore centrale e utilizzabile in modo flessibile anche come hangar per elicotteri. 
Una unità simile alla sud coreana DOKDO, se si vuole, o meglio una NUMA semplificata come quella proposta da Fincantieri negli anni 90, sicuramente meno impegnativa e costosa.
Si potrebbe progettare una "classe unica" dal punto di vista progettuale, di esercizio e di manutenzione, con due varianti “sovrastrutturali”; la singola tutto-ponte dovrà essere in grado di "supplire" il Trieste in sua assenza per lavori.
Le prime navi a ponte di volo continuo utilizzate per l'assalto anfibio con gli elicotteri furono le LPH classe Iwo Jima che, tra l'altro, furono le prime a sperimentare gli atterraggi degli Harrier nella US Navy. Le denominazioni LHA e LHD sono comunque abbastanza confuse. Le prime LHA furono quelle della classe Tarawa che, prime nel loro genere, riassumevano in sé tutte le caratteristiche delle innumerevoli navi anfibie delle generazioni precedenti (LPH incluse). Le Tarawa all’epoca della progettazione non erano state neppure pensate per gli aerei STOV/L: fu una opportunità sfruttata in seguito.
Quando si passò alla classe Wasp l'acronimo fu mutato in LHD: fronte delle Tarawa, queste seconde avevano un bacino di maggiori dimensioni, in grado di ospitare ben due mezzi da sbarco hovercraft LCAC: lo sbarco "classico" per mare era oramai la priorità. 
All'epoca le Tarawa avevano già una componente ad ala fissa consistente e svolgevano già le funzioni di mini-portaerei per conto dei Marines statunitensi.
Subito dopo anche le unità anfibie classe Wasp imbarcarono gli Harrier e le differenze piano piano sfumarono.

Le uniche navi che richiamavano la struttura delle vecchie Iwo Jima erano le due prime unità classe America, prive di bacino allagabile.



Quindi, ricapitolando, le tre probabili e future LXD della Marina Militare Italiana dovrebbero portare in combattimento un numero vicino ai 2.000 uomini della “Brigata Anfibia” senza il supporto del Trieste o comunque solo con 3 navi su 4: ciò si potrà fare (escludendo il Trieste) o con 2 LHD light (700-800 uomini) e 1 BDSL (400 uomini) o con 3 LXD da 20.000t (650-700 uomini), considerando che comunque una sarà anche adibita a nave scuola.

Poiché il costo della piattaforma di Fincantieri (853 milioni di euro), anche rimuovendo i costi di R&S già assorbiti, considerando che si dovranno lasciare standard costruttivi e predisposizioni invariate, si potranno ragionevolmente ottenere risparmi minimi. Per ottenere significativi risparmi si dovrà necessariamente rinunciare a parte della suite di guerra elettronica, alleggerire le capacità di comando e controllo, rinunciare al radar Power Shield e sostituire le turbine con dei grossi diesel. Si dovrebbe rilassare gli standard costruttivi, rinunciare alle predisposizioni e magari anche alla possibilità poi di sostituire i grossi diesel con le turbine (scegliendo un riduttore più semplice). A quel punto si otterrà una unità anfibia sicuramente con grandi capacità di carico, anche esageratamente grandi, ma priva delle capacità del Trieste originario. A questo punto forse è necessario e utile dirigersi su qualcosa più semplice e che costi molto meno... 
Si scarterebbe, insomma, l'ipotesi di realizzare anche solo una gemella della futura LHD.
L’ipotesi traghetto è improponibile per un motivo abbastanza semplice: i traghetti di oggi sono molto diversi dalla classe Poeti. Ricavare ad esempio un bacino per 2-4 LC-23 non è lo stesso di ricavare un bacino per UN LCM da 30t in uno scafo che fra l'altro era particolarmente adatto ritrovandosi già il garage molto basso nello scafo... In un traghetto moderno è difficile vedere come ricavarci un bacino senza dover stravolgere totalmente il progetto.



Le unità classe “Santi” non si crede siano replicabili: hanno avuto fortuna in Algeria e Qatar (e si spera altrove) perché per quelle Marine possono essere qualcosa ben di più che una semplice anfibia; sono di fatto le loro ammiraglie e anche per la sola capacità anfibia sono comunque per loro decisamente straripanti. E questi successi li hanno ottenuti dopo decenni e con il progetto rivisto e corretto profondamente. Per noi son troppo piccole, e anche solo per operare con LC 23 richiederebbero troppe modifiche senza ridurre la capacità di carico.



In USA, un amphibious ready group è composto da una LHD/LHA, da una Landing Platform Dock LPD e da una o due dock landing ship LSD. In UK, la formazione equivalente era costituita sino all'altro ieri dalla Ocean (LPH) e da Albion e Bulwark (LPD). Ora la Ocean sarà sostituita dalla PoW quando si riterrà necessario. Poi c'è la Francia con le tre Mistral che hanno un ponte di volo più lungo, ma sono fondamentalmente dei grossi traghetti grigi.

Allo stato, è indispensabile stabilire quali sono le missioni anfibie tipo previste dalla nostra Marina Militare e delle risorse disponibili. Sulla base di tutto ciò, fatte le dovute tare e i necessari compromessi, ci si potrà chiedere come dovrà essere strutturata la futura nostra unità anfibia.

Una singola “L X D” potrebbe essere impiegata per colpi di mano ad esempio contro organizzazioni terroristiche, oppure in missioni di recupero di cittadini italiani in aree di crisi, sbarcare un contingente a protezione di infrastrutture nevralgiche o piattaforme offshore o anche in operazioni "umanitarie".

Immaginare un battaglione da sbarco con i dovuti supporti (tra S.Marco, Lagunari e le altre unità preposte da EI come unità base), potrebbe darci i presupposti su come la nuova “LXD” potrebbe essere; l’unità dovrà imbarcare un certo numero di elicotteri oltre il giusto numero di uomini e mezzi. 
Per operazioni più impegnative che richiedessero un vasto numero di elicotteri inclusi magari Mangusta o gli AH249, sarà indispensabile la presenza del Trieste (o del Cavour): le nuove navi dovrebbero concentrarsi nel trasporto di materiale e mezzi terrestri, pur contribuendo con elicotteri da trasporto e assalto aeromobile.
Pertanto, il compromesso migliore dovrà essere quello di una LPD con buone capacità elicotteristiche, equipaggiata per il trasporto di truppe e di mezzi terrestri; per il requisito di 700 uomini è necessaria una stazza di circa 18.000 tonn.: una Lpd classica in stile “S. Antonio” della US NAVY!



La Marina Militare sembra orientata attualmente a "pensare in grande”!

Dall’esame visivo di alcune "proposte" di LPD sembrerebbe che si continui a volerle super armate: un lanciarazzi specifico tipo mlrs, per appoggio di fuoco non ci starebbe male oltre ad un paio di 76 come ciws e le solite 12,7 per la difesa ravvicinata. 
Lo scopo principale delle navi da sbarco é, e deve essere, quello di "sbarcare" uomini, mezzi e rifornimenti con elicotteri dai ponti di volo e con i mezzi da sbarco dai bacini allagabili.



In merito al tema delle operazioni anfibie nel contesto moderno mi pare circolino una serie di pericolosi equivoci e schematizzazioni:
  • Esiste una vasta gamma intermedia di situazioni (più o meno impegnative) in cui può essere necessario sbarcare truppe, realizzare colpi di mano o puntate offensive verso terra, in conflitti convenzionali come in situazioni "ibride" di crisi, oggi le più diffuse;
  • Dato per scontato che le operazioni anfibie si fanno dove l'avversario è più debole, anche a costo di allungare il percorso e la fatica alle truppe sbarcate; 
  • Oggi è sempre più difficile stabilire una distinzione netta tra "coste munite" e "coste sprotette”; 
  • Non esistono quasi più gli sbarramenti fortificati irti di torrette e cannoni o le "masse" motocorazzate che attendono a piè fermo nelle pianure costiere di ributtarti a mare, schierate in poche zone “munite"; 
  • I moderni sistemi missilistici (e UAV) costituiscono la vera minaccia, insieme a truppe mobili (o formazioni guerrigliere) armate di sistemi leggeri ma potenti come missili anticarro e antiaerei, mitragliere pesanti, lanciarazzi multipli, ecc;
  • In un contesto mediterraneo, bisogna entrare nell'ordine di idee che qualunque costa potrà essere più o meno ostile senza preavviso: con missili antinave mobili su ruote e con portate che arrivano anche a 300 km. Una batteria antinave che oggi si trova a Tripoli, in serata può essere spostata a Misurata e all'alba a Sirte; 
  • Una moderna batteria da 300 km di portata può restare a Tripoli e colpire navi che si avvicinano alla costa verso Sirte. E la vicenda della Hanit o certi episodi del conflitto nello Yemen dimostrano che tali minacce sono portate ormai anche da milizie (relativamente) "povere", non statali in scenari di crisi "out of war”;
  • In un contesto mediterraneo (anche "allargato") nella stessa, "normale" routine di esercizio del potere navale (pattugliamenti, scorte, sorveglianza e interdizione, ecc.) le navi non possono evitare di passare a distanza pericolosa da coste più o meno ostili. Se passa il concetto che in caso di conflitto (o di crisi) non possiamo tenere navi a "meno di 50 o 100 miglia dalla costa" (ovvero da qualunque costa che non siano le nostre o dei nostri alleati) un terzo buono del Mediterraneo diventerebbe off limits indipendentemente dal fatto che vogliamo realizzare o meno uno sbarco da qualche parte. E questo è semplicemente inaccettabile.
  • L'idea di realizzare solo "colpi di mano" aeromobili da distanze elevate si scontra con gli alti costi e l'elevata vulnerabilità degli elicotteri. Oggi esiste una minaccia missilistica antiaerea altrettanto pericolosa, diffusa, crescente e di ampio raggio quanto quella antinave. Se si vuol sbarcare contingenti significativi (in uomini e mezzi), seppur non grandi e per compiti limitati, non si può evitare di avvicinarsi alle coste. Mezzi da sbarco che viaggiano carichi a 13 nodi da grandi distanze impongono ritmi troppo lenti alle operazioni e fatiche troppo elevate alle truppe imbarcate. Il ché non significa che bisogna arrivare a "pochi chilometri" dalle coste per sbarcare gli AAV7;
  • Ha poco senso dire che "il bombardamento costiero lo facciamo fare alle fregate mentre teniamo lontane le anfibie". Le unità anfibie sono proprio quelle unità che saranno sempre relativamente vicine alle truppe sbarcate. Un 127 è l'arma di elezione...
  • Il nocciolo della nostra realtà strategica è che la minaccia aero-missilistica e subacquea è da considerare oramai crescente e permanente. Dunque il problema se realizzare o meno operazioni anfibie con sicurezza "accettabile" diventa secondario. Di fatto la nascita delle cosiddette "bolle A2AD" rende tutto il Mediterraneo (o il mar Nero, o il Mar Rosso, ecc) uno scenario “littoral".

Pertanto, si dovranno realizzare una Marina e delle navi in grado di muoversi con relativa sicurezza e libertà d'azione in uno scenario che sarà quasi sempre minaccioso, seppur in gradi diversi, in pace e in guerra, sotto costa o in "alto mare". Se faremo questo, saremo anche in grado di rischiare operazioni anfibie. Se non lo faremo non saremo in grado di esercitare alcun potere marittimo significativo.
Da qui nasce l'idea di nuovi progetti di navi che, anche nei ruoli una volta considerati di "seconda linea" devono possedere un grado elevato di capacità di autodifesa ma anche di offesa mare / terra (artiglierie, missili "duali" (antinave / contro costa) da crociera e "balistici", ecc... Nonché elevate capacità di "assorbimento" dei danni. 

In estrema sintesi bisogna decisamente entrare nell'ordine di idee che il "vero" scenario strategico nel Mediterraneo allargato è quello della costante "interazione mare/terra" che è ben altra cosa dell'idea di occasionale "operazione anfibia”.




OPERAZIONI ANFIBIE

Esistono due scuole di pensiero sulle operazioni anfibie:
  • Quella statunitense: gli Americani, memori delle operazioni nelle isole del Pacifico della 2^ GM, dove non c'era alterntiva, pianificano per poter sbarcare, anche su spiagge organizzate e difese, nell'immediata vicinanza dell'obbiettivo da conquistare.  Il simbolo di questa teoria è il mezzo anfibio AAV-7: un mezzo corazzato pensato per portare la fanteria sulla spiaggia sotto un intenso fuoco nemico, diretto e indiretto.
  • La scuola britannica, invece, prevede di sbarcare su spiagge fuori mano e non organizzate per la difesa, anche distanti dall'obbiettivo, da raggiungere in seguito per via di terra. Non e' un caso che gli Inglesi non usino il mezzo AAV; i loro mezzi di elezione sono l’elicottero e il barchino veloce.

Dopo la 2^ GM, la scuola statunitense è stata provata in due circostanze: 
  • lo sbarco a Inchon, durante la Guerra di Corea 
  • e il tentato sbarco a Kuwait City, durante la prima Guerra del Golfo. 

In entrambi casi l'operazione sostanzialmente fallì o abortì a causa delle acque minate davanti alle spiagge pianificate per lo sbarco.
La scuola britannica è stata verificata in occasione dello sbarco alle Falkland e si rivelò un completo successo. Ad oggi quella modalità operativa è da considerare il riferimento per operazioni del genere.



Per tutta una serie di fattori (stress dei soldati imbarcati, tempo del ciclo andata-ritorno) è consigliabile una navigazione massima di 1 ora; considerando la velocità in acqua di circa 13 km/ora, questi mezzi vanno messi in acqua, secondo la dottrina dei Marines, a circa 8 miglia dal punto di sbarco, che a volte significa anche parecchio meno da certi punti della costa. Questo significa che l'unità che li mette in acqua davanti a una spiaggia organizzata a difesa, oltre a navigare per una decina di miglia in acque probabilmente minate, deve passare molto più di un brutto quarto d'ora a tiro di artiglieria e missili pesanti. Qualcuno se la sentirebbe di infilare il Trieste in una situazione del genere? Le vecchie unità classe Santi sono già troppo grandi per vivere una simile esperienza.
Seconda metrica, orizzonte visivo e radar, a venti/quaranta miglia dalla costa, dipende da dove è ubicata l’antenna radar. Aerei e missili antinave, piazzati in due o tre basi hanno una portata teorica in grado di tenere sotto tiro l'intera linea costiera di un teatro di medie dimensioni. Una modesta vedetta con un binocolo è in grado di localizzare una nave a venti miglia dalla costa e un mediocre radar fa lo stesso a 40 miglia. Ciò significa che qualsiasi nave che si fa avvistare a quella distanza, se non sparisce entro pochi minuti si sta prenotando un massiccio attacco aereo e/o missilistico.
Dopo un'accurata lettura dell’esperienza britannica alle Falkland, si possono dedurre alcune certezze: si sbarca su spiagge indifese dove eventuali reparti nemici possono essere neutralizzati da piccoli reparti sbarcati in modo occulto. La successiva fase di assalto consiste in tre ondate di elicotteri (LHD a 100 miglia) e di barchini veloci (fregate a 30 miglia). Quando questo contingente ha messo in sicurezza il tratto di costa e ha piazzato a terra una minima capacità antiaerea, una seconda fase porta a terra i mezzi pesanti con l'uso di LCM rilasciati a 10 miglia da unità anfibie che si ritirano il più velocemente possibile per evitare un attacco aereo o missilistico garantito (vedi Falkland). La terza fase, logistica, si immagina realizzata con difesa missilistica a terra ben solida e una situazione generale più tranquilla.
Per quanto riguarda le unita' maggiori, pur dovendo rimanere in zona per supportare da un punto di vista logistico i reparti sbarcati, si immaginano a pendolare a 100 miglia dalla costa, impegnate nel tentativo di non farsi localizzare e in una situazione ottimale per rilevare con sufficiente anticipo e contrastare con successo gli attacchi aerei e missilistici. Anche queste distanze, peraltro, non impediranno di subire ripetuti attacchi e pesanti perdite (vedi Falkland) al punto che le distanze si dovrebbero allungare a 200 miglia, con avvicinamento alle 100 miglia solo per il tempo strettamente indispensabile.

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