sabato 20 aprile 2024

REGIA MARINA ITALIANA WW2 (1935 - 1961): l'Emanuele Filiberto Duca d'Aosta (detto anche semplicemente Duca d'Aosta) è stato un incrociatore leggero della Regia Marina, appartenente alla classe Condottieri tipo Duca d'Aosta. La nave, con la sigla 'Z 15', fu ceduta alla Marina Sovietica, nel porto di Odessa, il 2 marzo 1949; con il nome definitivo Kerč' (in russo: Керчь) fu inquadrata nella flotta del Mar Nero fino al 1961.







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Blog dedicato agli appassionati di DIFESA, 
storia militare, sicurezza e tecnologia. 
La bandiera è un simbolo che ci unisce, non solo come membri 
di un reparto militare 
ma come cittadini e custodi di ideali.
Valori da tramandare e trasmettere, da difendere
senza mai darli per scontati.
E’ desiderio dell’uomo riposare
là dove il mulino del cuore non macini più
pane intriso di lacrime, là dove ancora si può sognare…
…una vita che meriti di esser vissuta.




L'Emanuele Filiberto Duca d'Aosta (detto anche semplicemente Duca d'Aosta) è stato un incrociatore leggero della Regia Marina, appartenente alla classe Condottieri tipo Duca d'Aosta. La classe Alberto di Giussano (generalmente abbreviata in classe Di Giussano) ha costituito la prima delle cinque classi di incrociatori leggeri della Regia Marina della serie "Condottieri".





La nascita del progetto

Tra le due guerre mondiali le potenze mondiali iniziarono una corsa agli armamenti per ottenere la supremazia sui mari. Nel 1926 la Francia iniziò a produrre i caccia classe Le Fantasque, che erano superiori in dislocamento e potenza di fuoco ai cacciatorpediniere dell'epoca. Per contrastare la minaccia francese la Regia Marina decise di produrre una nuova classe di incrociatori di dimensioni intermedie tra la nuova classe di cacciatorpediniere francesi e gli incrociatori dell'epoca. In effetti furono rozzamente equivalenti alla classe Leander britannica.
Gli incrociatori tipo Condottieri, battezzati in onore di condottieri del periodo medievale e rinascimentale italiani, vennero realizzati in una sequenza di cinque classi distinte, che dimostravano una chiara linea evolutiva.

Ogni classe prendeva il nome dalla prima nave del gruppo:

Classe Alberto di Giussano:
  • Alberto di Giussano
  • Alberico da Barbiano
  • Bartolomeo Colleoni
  • Giovanni delle Bande Nere.

Classe Luigi Cadorna:
  • Luigi Cadorna
  • Armando Diaz.

Classe Raimondo Montecuccoli:
  • Raimondo Montecuccoli
  • Muzio Attendolo.

Classe Duca d'Aosta:
  • Emanuele Filiberto Duca d'Aosta
  • Eugenio di Savoia.

Classe Duca degli Abruzzi:
  • Luigi di Savoia Duca degli Abruzzi
  • Giuseppe Garibaldi.

Evoluzione

L'evoluzione aveva visto un progressivo aumento della corazzatura, molto ridotta e priva di capacità pratiche di difesa nei modelli iniziali, con uno spessore in millimetri di protezione della cintura che non raggiungeva la velocità in nodi (Di Giussano: 25 mm contro 42 nodi mostrati alle prove), per arrivare ai 130 mm nel quinto gruppo, costituito da Duca degli Abruzzi e Garibaldi. Questo si sarebbe visto anche in azioni di guerra, con i primi incrociatori affondati con facilità (come il Bartolomeo Colleoni contro l’HMS Sidney) mentre il Garibaldi sopravvisse a due siluri del sommergibile britannico HMS Upholder diventando poi la prima unità missilistica italiana. Anche l'armamento e le sovrastrutture vennero molto modificate nel corso della produzione.
Gli incrociatori del primo gruppo, costituito dai quattro Di Giussano, vennero progettati dal generale Giuseppe Vian. La loro costruzione venne avviata nel 1928 con le unità che entrarono tutte in servizio nel 1931. Nella loro progettazione venne data priorità alla velocità con impianti motori equivalenti a quelli degli incrociatori pesanti classe Zara; erano dotati di una buona potenza di fuoco, ma a causa dell'enfasi data alla velocità erano protetti da una corazzatura minima ed insufficiente contro i cannoni di cui erano dotati mentre la protezione subacquea era completamente mancante. In conseguenza di ciò tutte le unità del tipo Di Giussano furono affondate da siluri nemici: il Colleoni nel 1940 nel corso della Battaglia di Capo Spada, l'Alberto di Giussano e l'Alberico da Barbiano nel 1941 nel corso della Battaglia di Capo Bon e il Giovanni delle Bande Nere nel 1942 al largo di Stromboli.
Le due unità tipo Cadorna mantennero le caratteristiche principali con cambiamenti minori. Per il tipo Di Giussano e per il tipo Cadorna più che di incrociatori leggeri si può parlare di grossi esploratori.
Veri e propri incrociatori leggeri furono quelli a partire dal tipo Montecuccoli che furono maggiormente modificati, più pesanti, significativamente meglio protetti e con motori migliorati per mantenere la velocità richiesta. Il Raimondo Montecuccoli esiste ancora, almeno in parte: un suo impianto binato di cannoni a culla unica (senza torretta e culatte) fa la guardia minacciosamente sulla città di Perugia, e vicino vi è anche l'albero su cui sono state annotate le miglia percorse «con efficienza e con audacia».
Le due unità del tipo Duca d'Aosta continuarono la tendenza con un maggiore spessore della corazzatura e un nuovo aumento della potenza dei motori: completarono così la transizione sacrificando un poco di velocità per un'armatura ancora migliore e i cannoni aggiuntivi per le batterie secondarie.
Nel 1938 ci si rese conto, finalmente, che i 4 Di Giussano e i 2 Cadorna erano troppo poco corazzati per affrontare le unità britanniche (dopo il 1935 la pianificazione militare italiana non era rivolta solo all'ipotesi di guerra con la Francia e la Jugoslavia), si pensò allora di trasformarli in unità antiaeree. Proprio in quegli anni la Royal Navy stava trasformando alcuni vecchi incrociatori della prima guerra mondiale in navi contraeree, per garantire la protezione della flotta e delle linee di comunicazioni marittime nelle acque costiere; l'idea venne discussa in molte marine estere e copiata dalla US Navy. Gli incrociatori antiaerei avevano infatti un notevole vantaggio di stabilità rispetto ai caccia torpedinieri, riuscendo ad effettuare un tiro più continuo e preciso, oltre a trasportare un numero di pezzi superiori e meglio serviti dal controllo di fuoco. Per ragioni di costi si ipotizzò prima di trasformare solo i 4 Di Giussano, poi solo i primi due di tale sottoclasse, in attesa che altre unità similari (la sottoclasse Costanzo Ciano da 12.000 tonnellate, tipo Garibaldi migliorato, e formata da due unità Costanzo Ciano e Luigi Rizzo, previste nel 1938 per il 1941-1942, annullate nel giugno 1940) prendessero servizio. Questa trasformazione sarebbe stata molto estesa (e razionale), con una riduzione dell'ipertrofico apparato motore (2 caldaie in meno, con una maggiore economicità d'esercizio e una velocità ridotta), una nuova disposizione delle plance e degli organi di direzione del tiro, ed un armamento antiaereo molto potente: inizialmente pensata su 16 cannoni da 90/50 in postazione singole e 20 mitragliere da 20/65 in 10 impianti binati, fu poi portata su 4 cannoni da 135/45, 12 da 90/50, 8 mitragliere da 37/54 e 16 da 20/65. Questa seconda ipotesi avrebbe garantito una buona difesa contro il naviglio leggero nemico, utilizzando, tra l'altro, l'ottimo pezzo leggero da 135/45, meno potente e con una gittata inferiore rispetto al 152/53 originale, ma notevolmente preciso e dal tiro molto più celere. Sarebbero state unità molto adatte a compiti di scorta, sia per la flotta da battaglia sia, soprattutto per i convogli (visto anche il permanere di una scarsa corazzatura, malgrado si volesse migliorare anche solo leggermente la nulla protezione subacquea con eventuali controcarene, che però non furono inserite nel progetto "definitivo"). Si decise però di abbandonare questo progetto per concentrare le risorse disponibili sul completamento delle corazzate, un'ossessione, questa, tipica della seconda metà degli anni '30, quando si ricostruirono le quattro vecchie (e sostanzialmente inutili) corazzate superstiti della prima guerra mondiale e si iniziò a varare le nuove 35.000 tonnellate classe Vittorio Veneto, che assorbirono risorse economiche e industriali necessarie anche altrove.
Anche per questo la sottoclasse Costanzo Ciano non vide la luce. Sarebbe stata l'ultima modifica della classe Condottieri, con un dislocamento doppio rispetto alle prime unità, ed una corazzatura finalmente adeguata (con spessori aumentati rispetto alla sottoclasse Duca degli Abruzzi di 5–10 mm in ogni comparto, fino ad arrivare a 140 mm nel torrione e nell'armamento principale), anche se si cercò ancora di farne delle unità velociste (33 nodi, con un apparato motore di ben 115.000 hp), l'armamento antinave sarebbe stato quello standard della classe su 10 cannoni da 152/55 (lo stesso del Duca degli Abruzzi, ovvero modello 1934, oppure il successivo modello 1936, con molti miglioramenti rispetto al 152/53 modello 1926 dei primi Condottieri), ma l'armamento antiaereo sarebbe stato finalmente adeguato (8 cannoni da 90/53, 8 cannoni 37/54, 12 cannoni 20/65 o 20/75, questi ultimi integrabili con ulteriori armi di questo tipo, anche singole). Proprio in quegli anni ci si rese conto, anche se solo in parte, che l'arma aerea iniziava a rappresentare un pericolo per le grandi unità, mentre la Royal Navy disponeva di una nutrita aviazione imbarcata, quindi, almeno nei progetti, si pensò di rafforzare le deboli difese antiaeree delle unità italiane. Con questi progetti (la cui seconda unità venne rinominata subito Venezia, visto che Luigi Rizzo era ancora vivente e nominare un'unità con il nome di un ammiraglio vivente è considerato di malaugurio per entrambi) terminò, dopo poco più di 10 anni, il percorso concettuale della classe Condottieri.

Caratteristiche

La propulsione era a vapore con due gruppi turboriduttori tipo Belluzzo/Parsons alimentate dal vapore di sei caldaie a tubi d'acqua del tipo Yarrow/Regia Marina, con bruciatori a nafta, con surriscaldatori, in cui l'acqua fluiva attraverso tubi riscaldati esternamente dai gas di combustione, sfruttando così il calore sprigionato dai bruciatori, dalle pareti della caldaia e dei gas di scarico. Nel XX secolo questo tipo di caldaia diventò il modello standard per tutte le caldaie di grosse dimensioni, grazie anche all'impiego di acciai speciali in grado di sopportare temperature elevate e allo sviluppo di moderne tecniche di saldatura. L'apparato motore forniva una potenza massima di 100.000 CV e consentiva alla nave di raggiungere la velocità massima di quasi 37 nodi, con un'autonomia che ad una velocità media 14 nodi era di 3900 miglia.
L'armamento principale era costituito da otto cannoni da 152/53 A-1932 a culla singola e a caricamento semi-automatico installati in quattro torrette binate sopraelevate, due a prora e due a poppavia del secondo fumaiolo.
L'armamento antiaereo principale era costituito da sei cannoni OTO da 100/47mm mod. 1927 in tre complessi binati, utili anche in compiti antinave, ma che con l'aumento della velocità dei velivoli e con le nuove forme di attacco in picchiata si mostrarono insufficienti alla difesa aerea e rivelavano una certa utilità solo nel tiro di sbarramento: per ovviare a tali inconvenienti venne approntato dalla Regia Marina il modello 90/50 mm A-1938 in un complesso singolo con affusto stabilizzato, che trovò impiego sulle Duilio ricostruite e sulle moderne classe Littorio ma non sulle Cavour ricostruite.
L'armamento antiaereo secondario era costituito da 8 mitragliere Hotchiss da 13,2/76 mm in quattro impianti binati e otto mitragliere pesanti Breda 37/54 mm montate in 4 impianti binati che si rivelarono particolarmente utili contro gli aerosiluranti e in generale contro i bersagli a bassa quota.
L'armamento silurante era di sei tubi lanciasiluri in 2 complessi tripli brandeggiabili che trovavano posto in coperta circa a metà distanza fra i due fumaioli; l'armamento antisommergibile era completato da due lanciabombe di profondità.
L'unità imbarcava due idrovolanti da ricognizione marittima IMAM Ro.43 biplani biposto capaci di raggiungere circa 300 km/h e con circa 1 000 km di autonomia, che venivano lanciati da una catapulta, disposta a centro nave.

Nome

La nave fu battezzata con questo nome in onore di Emanuele Filiberto di Savoia Duca d'Aosta, generale del Regio Esercito, figlio del Re di Spagna Amedeo I e fratello del duca degli Abruzzi Luigi Amedeo di Savoia.
Nel corso della prima guerra mondiale Emanuele Filiberto guidò la terza armata senza mai subire sconfitte guadagnandosi l'appellativo di Duca Invitto e al cui comando conquistò Gorizia nella sesta battaglia dell'Isonzo. Nel 1926 fu nominato Maresciallo d'Italia. Morì nel 1931 e per sua volontà venne sepolto tra i soldati nel Sacrario Militare di Redipuglia.
Il motto della nave era Victoria nobis vita (per noi vittoria è vita) che era il motto del Duca Invitto, e nella Marina Militare sarebbe stato ereditato dall'incrociatore portaelicotteri Vittorio Veneto; nella nave erano presenti altre scritte, tra cui "ça costa lon ça costa! Viva l'Aosta!" (Costi quel che costi, Viva l'Aosta), motto del battaglione alpini Aosta.
In precedenza nella Regia Marina a portare il nome Emanuele Filiberto era stata una nave da battaglia intitolata però ad Emanuele Filiberto di Savoia X Duca di Savoia e antenato di Emanuele Filiberto di Savoia-Aosta; la nave, in servizio dal giugno 1901 al febbraio 1920, ricevette la bandiera da combattimento a La Spezia il 10 aprile 1902 proprio dalle mani del Duca d’Aosta.

Servizio

La nave venne impostata sugli scali il 29 ottobre 1932 nei cantieri OTO di Livorno, varata nel 1934 ed entrò in servizio nel 1935. Nel 1938 iniziò con la gemella Eugenio di Savoia una circumnavigazione del globo che venne interrotta dalla minaccia dello scoppio della seconda guerra mondiale mentre le due navi si trovavano in Sud America. La partenza prevista per il 1º settembre 1938 avvenne il 5 novembre dello stesso anno da Napoli, mentre il ritorno, che era previsto per il 25 luglio 1939, alla fine di gennaio del 1939 venne anticipato con il richiamo delle navi che il 3 marzo 1939 rientrarono alla Spezia.
I primi comandanti dell'unità furono i capitani di vascello Alberto Da Zara (dall'11 luglio 1935) e Carlo Balsamo di Specchia.

Attività bellica

Nel corso della seconda guerra mondiale svolse principalmente compiti di scorta a convogli e di deposizione di campi minati.
Allo scoppio del secondo conflitto mondiale l'unità era aggregata alla VII Divisione Incrociatori nell'ambito della II Squadra. La Divisione era completata dal Montecuccoli, dal Muzio Attendolo e dal gemello Eugenio di Savoia, nave insegna dell'ammiraglio Sansonetti.
Il 9 luglio 1940 prese parte alla battaglia di Punta Stilo, primo scontro durante il conflitto tra la Regia Marina e la Royal Navy.
Il 2 agosto 1941, dopo la conquista da parte dei tedeschi della Grecia e di Creta il Duca d'Aosta, con gli incrociatori Garibaldi e Duca degli Abruzzi ed i cacciatorpediniere Alpino, Bersagliere, Corazziere e Mitragliere venne dislocato a Navarino in Grecia per la protezione del traffico nel Mediterraneo Orientale da eventuali attacchi da parte di unità di superficie britanniche che potevano usufruire del porto di Haifa.
Il 17 dicembre 1941, prese parte alla scorta al convoglio M 42, costituito dalle motonavi Monginevro, Napoli e Vettor Pisani e dalla nave da carico tedesca Ankara; la missione di scorta culminò nella prima battaglia della Sirte. La nave era tra le unità che costituivano la forza di copertura ravvicinata, insieme ai cacciatorpediniere Camicia Nera, Ascari e Aviere, alla nave da battaglia Duilio e alle unità della VII Divisione Incrociatori al completo, svolgendo il ruolo di nave insegna dell'ammiraglio De Courten.
Nel giugno 1942 prese parte alla battaglia di mezzo giugno aggregato alla VIII Divisione Incrociatori, nell'occasione formata da Duca d'Aosta e Garibaldi. Le unità della VIII Divisione, al cui comando c'era l'ammiraglio De Courten, con insegna sul Duca d'Aosta, erano partite da Taranto con la I Squadra e bordo del Garibaldi e della corazzata Littorio erano presenti gruppi di intercettazione delle comunicazioni avversarie, mentre a bordo dell'incrociatore pesante Gorizia era presente personale tedesco per mantenere i contatti radio con la Luftwaffe. La formazione italiana era preceduta dal cacciatorpediniere Legionario, che era stato dotato di un radar Modello Fu.Mo 21/39 De.Te. di costruzione tedesca, divenendo così la prima unità italiana ad essere dotata di tale strumento.
Nell'agosto 1943 l'ammiraglio Fioravanzo che il precedente 14 marzo aveva assunto il comando della VIII Divisione ebbe il compito di bombardare Palermo, da qualche giorno in mano alle truppe alleate.
La missione iniziò la sera del 6 agosto 1943 quando l'ammiraglio, con la divisione formata dal Garibaldi e dal Duca d'Aosta, lasciò Genova per La Maddalena. La sera del giorno successivo la Divisione lasciò La Maddalena con obiettivo le navi alleate alla fonda dinanzi a Palermo. Il Garibaldi aveva però difficoltà con l'apparato motore per cui non poteva sviluppare più di 28 nodi di velocità ed inoltre nessuno dei due incrociatori aveva a disposizione il radar. Dopo l'avvistamento, da parte della ricognizione aerea, di navi sconosciute in rotta verso la Divisione, Fioravanzo, ritenendo che avrebbe dovuto scontrarsi con una forza navale avversaria in condizioni di netta inferiorità per non correre il rischio di perdere i due incrociatori, ma soprattutto la vita dei 1.500 uomini degli equipaggi, senza poter arrecare danni significativi all'avversario, rinunciò al compimento della missione rientrando a La Spezia alle 18:52 dell'8 agosto. 
Alle 17:00 del 9 agosto i due incrociatori lasciarono La Spezia diretti a Genova, scortati dai cacciatorpediniere Mitragliere, Carabiniere e Gioberti, al cui comando era, alla sua prima uscita in mare in tempo di guerra, il capitano di fregata Carlo Zampari e che nel corso di quella navigazione sarebbe stato l'ultimo cacciatorpediniere della Regia Marina ad essere affondato nel conflitto. La formazione, mentre procedeva nella navigazione con il Mitragliere in testa, i due incrociatori in linea di fila e Carabiniere e Gioberti, rispettivamente, a sinistra e a dritta degli incrociatori, a sud di Punta Mesco, tra Monterosso e Levanto, subì un agguato dal sommergibile inglese Simoon che lanciò sei siluri contro le unità italiane, due dei quali colpirono a poppa il Gioberti che, spezzato in due, affondò in breve tempo.
Il Carabiniere rispose lanciando bombe di profondità che danneggiarono i tubi di lancio poppieri del battello inglese, dopodiché la formazione proseguì verso Genova, dove giunse in serata. Molti dei naufraghi del Gioberti furono recuperati da una squadriglia di MAS e da altri mezzi di soccorso usciti da La Spezia appena ricevuta la notizia della perdita dell'unità.
All'armistizio dell'8 settembre la nave si trovava a Genova, da dove partì insieme a Garibaldi e Duca degli Abruzzi e alla torpediniera Libra per ricongiungersi al gruppo navale proveniente da La Spezia guidato dall'ammiraglio Bergamini, per poi consegnarsi agli Alleati a Malta assieme alle altre unità navali italiane provenienti da Taranto. Il gruppo, dopo essersi riunito con le unità provenienti da La Spezia, per ottenere una omogeneità nelle caratteristiche degli incrociatori, il Duca d'Aosta passò dalla VIII alla VII Divisione, formata da Attilio Regolo, Montecuccoli ed Eugenio di Savoia, nave insegna dell'ammiraglio Oliva, sostituendo l’Attilio Regolo che entrò a far parte della VIII Divisione. Durante il trasferimento, la corazzata Roma, nave ammiraglia dell'ammiraglio Bergamini, affondò nel pomeriggio del 9 settembre al largo dell'Asinara centrata da una bomba Fritz X sganciata da un Dornier Do 217 della Luftwaffe. A prendere il comando della flotta diretta a Malta, dopo l'affondamento dalla Roma, fu l'ammiraglio Oliva, che adempì alla clausola armistiziale non rispettata dall'ammiraglio Bergamini, quella di innalzare il pennello nero del lutto sui pennoni ed i dischi neri disegnati sulle tolde. Infatti Bergamini, quando era stato avvertito telefonicamente da De Courten dell'armistizio ormai imminente e delle relative clausole che riguardavano la flotta, era andato su tutte le furie e solo successivamente aveva formalmente accettato gli ordini, con riluttanza e senza ottemperare a quella clausola: aveva lasciato gli ormeggi innalzando il gran pavese invece del pennello nero.
Durante questa parte del conflitto effettuò 24 missioni di guerra per un totale di 31.330 miglia.
Durante la cobelligeranza la nave, dopo avere effettuato ad ottobre 1943 piccoli lavori di manutenzione all'Arsenale di Taranto venne inviata in missioni di pattugliamento nell'Atlantico centrale, insieme al Garibaldi e al Duca degli Abruzzi, impiegata in azioni di pattugliamento contro le navi corsare tedesche dalla base di Freetown, svolgendo sette missioni tra novembre 1943 e febbraio 1944. Dopo ritorno in Italia nell'aprile 1944, venne impiegata solamente in missioni di trasporto. Dal settembre 1943 al maggio 1945 effettuò 55 missioni per un totale di 61.542 miglia.

Comandanti nel periodo bellico:
  • Capitano di vascello Franco Rogadeo dal 6 settembre 1939 al 25 febbraio 1942;
  • Capitano di vascello Luciano Bigi dal 26 febbraio 1942 al 15 marzo 1943;
  • Capitano di vascello Temistocle D'Aloia dal 16 marzo 1943 al 17 aprile 1944;
  • Capitano di vascello Ludovico Sitta dal 18 aprile 1944 alla fine della guerra, nel 1945.

La cessione all’Unione sovietica

Al termine del conflitto, in ottemperanza alle clausole del trattato di pace, il Duca d'Aosta venne ceduto all'Unione Sovietica come riparazione per i danni di guerra. Oltre al Duca d'Aosta i sovietici ottennero la nave da battaglia Giulio Cesare, la nave scuola Cristoforo Colombo, i cacciatorpediniere Artigliere e Fuciliere, le torpediniere classe Ciclone Animoso, Ardimentoso e Fortunale, e i sommergibili Nichelio e Marea, oltre al cacciatorpediniere Riboty, che non venne ritirato a causa della sua obsolescenza ed altro naviglio, quali MAS, motosiluranti, vedette, navi cisterna, motozattere da sbarco, una nave da trasporto e dodici rimorchiatori. Oltre al Riboty, una piccola parte della quota di naviglio destinata ai sovietici non venne ritirata a causa del pessimo stato di manutenzione e per queste unità i sovietici concordarono una compensazione economica.
Il trattato prevedeva che le navi destinate alla cessione fossero in condizione di operare e pertanto prima della cessione l'unità venne sottoposta ad alcuni lavori di ripristino, effettuati presso l'Arsenale di La Spezia.
La consegna delle navi ai sovietici sarebbe dovuta avvenire in tre fasi a partire da dicembre 1948 per concludersi nel giugno successivo. Le unità principali erano quelle del primo e del secondo gruppo. Del primo gruppo facevano parte il Cesare, l'Artigliere e i due sommergibili, mentre del secondo gruppo facevano parte il Duca d'Aosta, il Colombo e le torpediniere. Per tutte le navi la consegna sarebbe avvenuta nel porto di Odessa, ad eccezione della corazzata e dei due sommergibili la cui consegna era prevista nel porto albanese di Valona, in quanto la Convenzione di Montreux non consentiva il passaggio attraverso i Dardanelli di navi da battaglia e sommergibili appartenenti a stati privi di sbocchi sul Mar Nero. Il trasferimento sarebbe dovuto avvenire con equipaggi civili italiani sotto il controllo di rappresentanti sovietici e con le navi battenti bandiera della Marina Mercantile, con le autorità governative italiane responsabili delle navi sino all'arrivo nei porti dove era prevista la consegna. Per prevenire possibili sabotaggi, le navi dei primi due gruppi sarebbero state condotte ai porti di destinazioni senza munizioni a bordo, che sarebbero state trasportate successivamente a destinazione con normali navi da carico, ad eccezione della corazzata, consegnata con 900 tonnellate di munizioni, che comprendevano anche 1100 colpi dei cannoni principali e l'intera dotazione di 32 siluri da 533 mm dei due sommergibili.
La nave, con la sigla 'Z 15', fu consegnata alla Marina Sovietica, nel porto di Odessa, il 2 marzo 1949.
Al comando dell'unità venne designato il capitano di 1º rango Semën Michailovič Lobov (cirillico: Семён Михайлович Лобов) che nel corso del secondo conflitto mondiale era stato prima comandante di cacciatorpediniere e poi di squadriglia in Estremo Oriente e successivamente, dopo aver lasciato il comando dell'incrociatore italiano, avrebbe comandato l'incrociatore Vorošilov e dal 1951 la nave da battaglia Sevastopol, per poi raggiungere nel 1970 il grado di ammiraglio di flotta, il secondo più alto grado della Marina Sovietica.
L'Unione Sovietica, dopo la resa e l'uscita dall'Asse dell'Italia, già nel corso della Conferenza di Mosca, nell'incontro tra i ministri degli esteri delle tre principali potenze alleate, Eden, Hull e Molotov, aveva richiesto una consistente quota di naviglio militare e mercantile italiano in conto riparazione danni di guerra, ed aveva ribadito tale richiesta nell'incontro tra Stalin, Roosevelt e Churchill alla Conferenza di Teheran trovando l'appoggio del presidente statunitense. Ma in quel momento l'Italia era cobelligerante con gli Alleati, per cui non venne ritenuta opportuna la spartizione immediata della sua flotta, preferendo rimandare alla fine del conflitto la decisione sulla sua sorte. In attesa di questo evento, i sovietici ricevettero alcune unità, a titolo di prestito, da statunitensi e britannici; tutte queste navi prestarono servizio nella Flotta del Nord e vennero restituite al termine del conflitto, tranne un cacciatorpediniere perso per cause belliche. Tra le navi prestate dai britannici c'erano alcuni cacciatorpediniere della classe Town, tre battelli classe U e la vecchia corazzata Royal Sovereign, ribattezzata Archangel'sk durante il periodo trascorso sotto la bandiera sovietica. La nave più importante prestata dagli Stati Uniti fu l'incrociatore leggero Milwaukee, della classe Omaha, ribattezzato Murmansk dai sovietici e restituito il 16 marzo 1949 dopo la consegna del Duca d'Aosta.
Inizialmente, prima del trattato di pace era stato stabilito che l'incrociatore italiano avrebbe dovuto chiamarsi Stalingrad in ricordo della battaglia di Stalingrado, ma l'idea venne abbandonata per dare questo nome ad un futuro incrociatore da battaglia del Progetto 82 la cui realizzazione, andata molto a rilento, venne poi interrotta nella seconda metà degli anni cinquanta.
La bandiera di guerra dell'unità è conservata a Roma al Sacrario delle Bandiere del Vittoriano.
La nave, scartata l'ipotesi iniziale di essere ribattezzata Stalingrad, in attesa della consegna era stata prima ribattezzata Admiral Ušakov e poi Odessa, dopo essere entrata a far parte della Marina Sovietica ebbe il nome definitivo Kerč' (in russo: Керчь) ed inquadrata nella flotta del Mar Nero. In nome della nave è dedicato alla città eroina di Kerč', un porto nella parte est della penisola di Crimea.
Il 7 febbraio 1956 la nave venne ritirata dal servizio attivo e impiegata come nave scuola fino all'11 maggio 1958, quando venne classificata unità sperimentale con la denominazione "OS 32".
Il 20 febbraio 1959 la nave venne radiata ed avviata alla demolizione, avvenuta nel 1961.




Ripensare la guerra, e il suo posto
nella cultura politica europea contemporanea,
è il solo modo per non trovarsi di nuovo davanti
a un disegno spezzato
senza nessuna strategia
per poterlo ricostruire su basi più solide e più universali.
Se c’è una cosa che gli ultimi eventi ci stanno insegnando
è che non bisogna arrendersi mai,
che la difesa della propria libertà
ha un costo
ma è il presupposto per perseguire ogni sogno,
ogni speranza, ogni scopo,
che le cose per cui vale la pena di vivere
sono le stesse per cui vale la pena di morire.
Si può scegliere di vivere da servi su questa terra, ma un popolo esiste in quanto libero, 
in quanto capace di autodeterminarsi,
vive finché è capace di lottare per la propria libertà: 
altrimenti cessa di esistere come popolo.
Qualcuno è convinto che coloro che seguono questo blog sono dei semplici guerrafondai! 
Nulla di più errato. 
Quelli che, come noi, conoscono le immense potenzialità distruttive dei moderni armamenti 
sono i primi assertori della "PACE". 
Quelli come noi mettono in campo le più avanzate competenze e conoscenze 
per assicurare il massimo della protezione dei cittadini e dei territori: 
SEMPRE!
….Gli attuali eventi storici ci devono insegnare che, se vuoi vivere in pace, 
devi essere sempre pronto a difendere la tua Libertà….
La difesa è per noi rilevante
poiché essa è la precondizione per la libertà e il benessere sociale.
Dopo alcuni decenni di “pace”,
alcuni si sono abituati a darla per scontata:
una sorta di dono divino e non, 
un bene pagato a carissimo prezzo dopo innumerevoli devastanti conflitti.…
…Vorrei preservare la mia identità,
difendere la mia cultura,
conservare le mie tradizioni.
L’importante non è che accanto a me
ci sia un tripudio di fari,
ma che io faccia la mia parte,
donando quello che ho ricevuto dai miei AVI,
fiamma modesta ma utile a trasmettere speranza
ai popoli che difendono la propria Patria!
Violenza e terrorismo sono il risultato
della mancanza di giustizia tra i popoli.
Per cui l'uomo di pace
si impegna a combattere tutto ciò 
che crea disuguaglianze, divisioni e ingiustizie.
Signore, apri i nostri cuori
affinché siano spezzate le catene
della violenza e dell’odio,
e finalmente il male sia vinto dal bene…

(Fonti: https://svppbellum.blogspot.com/, Web, Google, Wikipedia, You Tube)



































 

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In data 18 aprile 2024, Leonardo ha presentato ufficialmente una nuova mitragliera da 20 e 2 nuove armi da 30 mm. 
Si tratta di 3 armi che funzionano ad alimentazione esterna e che vengono azionate da un motore elettrico. 

X-GUN 30 cal. 30x173 NATO

La protagonista è la nuova mitragliera denominata X-GUN 30 cal. 30x173 NATO, il cui prototipo ha svolto lo sviluppo presso il poligono dell’azienda, dando prova della grande maturità del progetto. Per l’X-GUN 30 è in avanzata fase di sviluppo una munizione ABM (Air Bursting Muntion) nazionale, sulla quale sta lavorando KNDS Ammo Italy (l’ex Simmel) nell’ambito di accordi tra Leonrado e KNDS: l’arma comunque potrà utilizzare anche le altre munizioni NATO programmabili disponibili sul mercato.
L’X-GUN 30 deve ancora terminare lo sviluppo e quest’anno sono previsti i test ambientali e gli STANAG 4516: tuttavia è già ordinabile. In ambiente navale l’arma è prevista sulla torre LIONFISH 30, soluzione già contrattualizzata dalla Marina Militare per i pattugliatori PPX. In ambito terrestre, invece, è destinata sia alla torre biposto HITFIST, sia alla torre remotizzata HITFIST UL (Unmanned Light). Il prototipo dell’X-GUN 30 ha raggiunto uno stadio avanzato di sviluppo ed ha già sparato molti colpi.
L’X-GUN30 andrà in concorrenza con la mitragliera BUSHMASTER statunitense e con la Mk-30-2 tedesca; ha un peso di 173 kg ed una cadenza di tiro massima di 200 colpi/minuto, variabile a piacere da colpo singolo, sniper mode e massima.
L'X-Gun è azionato elettricamente con una camma del rotore a forma di X che si muove sul rotore interno, essendo brevettati sia il sistema di movimentazione della camma che il sistema di sfondamento, la doppia alimentazione avviene lateralmente. Ciò riduce il numero di parti mobili, aumentandone l'affidabilità, secondo fonti Leonardo. 
Il design dell’arma utilizza una canna scanalata, con scanalature esterne che favoriscono il raffreddamento. Non sono stati rilasciati dati sulla lunghezza della canna. La canna viene prodotta nello stabilimento Leonardo di La Spezia, utilizzando la tipica tecnica della martellatura, la torretta vera e propria viene prodotta nello stabilimento di Brescia. Il prototipo è stato completato alla fine del 2023 ed è utilizzato nei primi test di qualificazione industriale. 


Mitragliera BLAZE30 cal. 30x113

La seconda mitragliera da 30 mm è denominata BLAZE30 cal. 30x113, la munizione dei cannoni aeronautici ADEN/DEFA. La nuova arma è stata messa a punto per rimpiazzare la veneranda Browning M-2HB in molti ruoli (tra cui l’anti drone) e su molti veicoli dotati della torretta LIONFISH ULTRALIGHT navale e HITROLE Light terrestre. 
Le 2 armi da 30 mm condividono il medesimo principio di funzionamento tramite una camma a tamburo con la quale il moto rotatorio del motore elettrico viene trasformato in moto lineare alternato del gruppo otturatore.
Infine la BLAZE30 pesa 80 kg ed ha una cadenza di tiro massima di 250 colpi/minuto: anche per quest’arma è previsto lo sviluppo, da parte di KNDS Ammo Italy, di una nuova munizione con spoletta programmabile. La BLAZE30 è un po’ indietro con lo sviluppo, ma sarà pronta per il mercato dal 2025.

Mitragliera GATLING20 cal. 20 x 102

La terza arma è denominata GATLING20 poiché è appunto un’arma di tipo Gatling a 3 canne rotanti camerata per il classico 20x102: si tratta in pratica della concorrente dell’M-197B statunitense.
Il prototipo della GATLING20 è ad uno stadio avanzato di sviluppo ed ha già sparato molti colpi.
La GATLING20 pesa 71 kg ed ha una cadenza di tiro massima di 750 colpi/minuto: valori analoghi dall’M-197B con il vantaggio di essere ITAR FREE e di essere un progetto interamente nuovo, partito dal foglio bianco: quindi ottimizzato in ogni sua parte.

LE NUOVE TORRETTE NAVALIZZATI E TERRESTRI

Due nuove torrette per la difesa navale e terrestre vanno ad arricchire, con capacità e prestazioni evolute, le rispettive famiglie tecnologiche. Sono la LIONFISH 30 e la HITFIST 30 UL, presentate da Leonardo per la prima volta al Salone Seafuture (La Spezia 5-8 giugno).  
Le torrette, a controllo remoto, integrano il Leonardo 30mm X-GUN, nuovo sistema d’arma ITAR-free ad alimentazione elettrica sviluppato in-house con tecnologie innovative e brevettate. La LIONFISH 30, concepita per impiego navale, completa la gamma dei piccoli calibri LIONFISH che già include i modelli Ultralight, Inner Reloading e Top da 12.7mm e il modello 20 da 20mm. 
Compattezza e leggerezza ne consentono l’installazione su piccole piattaforme, proteggendole da qualsiasi tipo di minaccia asimmetrica, inclusi droni ed elicotteri, all’interno di scenari complessi con una molteplicità di bersagli, o multi-target.
Ad abilitare questa capacità sono dei sofisticati algoritmi di Intelligenza Artificiale che permettono l’analisi di contesto e l’ottimizzazione nell’ingaggio di più minacce simultanee.  
Altre caratteristiche distintive sono la cadenza di tiro, l’elevato range operativo e la capacità di impiegare munizioni di nuova concezione ad alta efficienza (air burst – AHEAD – Advanced Hit Efficiency And Destruction) che garantiscono maggiore efficacia contro minacce aeree, in particolare quelle rappresentate da mini e micro droni.  
Il sistema condivide con gli altri modelli della famiglia l’architettura, la capacità di controllo remoto attraverso una consolle locale ad alta risoluzione, la facilità di utilizzo e manutenzione.  
La nuova torretta, infine, è equipaggiata con una suite elettro-ottica che consente sorveglianza e tracciamento a 360°.  
Nel dominio terrestre, Leonardo presenta la torretta a controllo remoto HITFIST 30 UL (Unmanned Light).  
Più compatto e leggero dell’altra versione della stessa famiglia, il sistema può essere installato su veicoli con stringenti requisiti di peso, come quelli anfibi. È efficace contro ogni tipo di minaccia asimmetrica grazie all’uso di munizioni air burst.
Leonardo ha varato due nuove torrette per la difesa navale e terrestre, esponendole per la prima volta a Seafuture.
Entrambe le torrette telecomandate integrano il nuovo X-GUN da 30 mm, un sistema d'arma ad alimentazione elettrica privo di ITAR sviluppato internamente da Leonardo, che incorpora tecnologie innovative e brevettate.
La torretta navale LIONFISH 30 si unisce alla gamma di prodotti LIONFISH di piccolo calibro di Leonardo, che comprende i modelli Ultralight, Inner Reloading e Top da 12,7 mm, oltre a una versione da 20 mm. Il design compatto e leggero del 30 ne consente l'installazione su piccole piattaforme, consentendo la protezione da tutti i tipi di minaccia asimmetrica, inclusi droni ed elicotteri, all'interno di scenari complessi con più bersagli o multi-bersagli. Questa capacità è guidata da sofisticati algoritmi di intelligenza artificiale (AI) che eseguono analisi contestuali e ottimizzano il coinvolgimento contro più minacce simultanee. Altre caratteristiche distintive includono un'elevata cadenza di fuoco, una lunga autonomia operativa e la capacità di utilizzare munizioni ad aria compressa di nuova concezione ad alta efficienza con frammentazione preformata, progettate per essere più efficaci contro le minacce aeree come i droni di dimensioni mini e micro. Il sistema condivide una serie di caratteristiche con altri modelli della famiglia LIONFISH, tra cui l'architettura, la capacità di essere controllato da remoto tramite una console locale ad alta risoluzione, la facilità d'uso e di manutenzione. La nuova torretta è inoltre dotata di una suite elettro-ottica che consente la sorveglianza e il tracciamento a 360°.
Il LIONFISH 30 è un sistema di cannoni navali di piccolo calibro controllati a distanza, caratterizzati da una lunga gittata operativa.
calibro piccolo, caratterizzato da una lunga gittata operativa e da una elevata cadenza di fuoco. Fa parte della più ampia famiglia di torrette d'arma remote LIONFISH che condivide la stessa architettura meccanica ed elettronica e lo stesso sistema di architettura meccanica ed elettronica e la stessa interfaccia umana estremamente semplice da utilizzare.
Grazie alle sue dimensioni compatte e al peso ridotto, LIONFISH 30 permette di fornire a navi di superficie di dimensioni molto piccole la capacità di neutralizzare minacce asimmetriche di superficie, elicotteri e droni, grazie all'impiego di munizioni Air Burst, oltre ad essere utilizzabile a bordo di imbarcazioni più grandi come armamento secondario.
Il LIONFISH 30 è equipaggiato con la mitragliera LEONARDO X-GUN da 30 mm, esente da ITAR, alimentato da due scatole di munizioni con 200 colpi pronti al fuoco.

Può sparare tutti i tipi di munizioni da 30x173 mm, prescritte dal produttore del cannone, quali:
  • Munizioni a raffica;
  • Alto esplosivo: MP-T/SD, SAPHEI-T, HEI-T;
  • perforanti: API, APFSDS-T, FAPSD-T;
  • Bersaglio da esercitazione: TP, TP-T. 

Il sistema di puntamento è completamente stabilizzato in elevazione e azimut mediante potenti servosistemi in anello chiuso con giroscopio e due tachimetri per la ridondanza.
Tutti i componenti sono completamente protetti da uno scudo stealth per ridurre al minimo la RCS e permettere il funzionamento negli ambienti più severi.
Il LIONFISH 30 è controllato a distanza attraverso la propria console di controllo locale (con video digitale ad alta risoluzione e a bassa latenza) ed è in grado di determinare autonomamente le coordinate di tiro stabilizzate eseguendo calcoli balistici e di traiettoria del bersaglio.
Il sistema Elettro-Ottico è indipendente, auto-stabilizzato ed è dotato di una suite di sensori altamente precisi con telecamera diurna, telecamera IR e telemetro LASER.
L'EOD è in grado di effettuare Nx360° per eseguire compiti di sorveglianza, rilevamento di più bersagli e inseguimento.
Il LIONFISH 30 può anche essere completamente controllato da una Console Multifunzione Remota della Piattaforma o da un FOD esterno, attivando un apposito interruttore della console di controllo locale.
In questo caso, l'acquisizione del bersaglio, l'ingaggio del bersaglio e il fuoco sono eseguiti dallo stesso MFC o FCS. 


Efficace contro qualsiasi minaccia asimmetrica di superficie, elicotteri e droni:
  • elevata cadenza di fuoco;
  • completamente stabilizzato su due assi indipendenti per una grande precisione;
  • EOD indipendente e stabilizzato con raggio d'azione azimutale di Nx360° e capacità di tracciamento per compiti di sorveglianza;
  • sistema di rilevamento di più bersagli;
  • sistema di alimentazione doppio;
  • dimensioni compatte e peso ridotto;
  • elevata affidabilità e facilità di manutenzione;
  • design stealth;
  • Console di controllo locale innovativa e di facile utilizzo con
  • video digitale ad alta risoluzione;
  • controllabile da un sistema di controllo del fuoco esterno o da una console multifunzione;
  • comunanza logistica all'interno della famiglia LIONFISH;
  • nessuna penetrazione sul ponte;
  • Registrazione dati e video integrata;
  • Test integrato con rilevamento automatico dei guasti e isolamento dei guasti.

SPECIFICHE TECNICHE del Calibro 30 x 173

  • Cadenza di fuoco Modalità controllata:
  • Colpo singolo
  • Raffica programmata
  • Raffica continua
  • Modalità Burst Configurabile fino a 200 RPM
  • Colpi pronti per il fuoco fino a 200
  • Portata effettiva 3500m
  • Campo di addestramento -155°÷155°
  • Campo di elevazione -20°÷70°
  • Velocità di addestramento (accelerazione) 140°/s, (220°/s²)
  • Velocità di elevazione (accelerazione) 90°/s, (220°/s²)
  • Massa senza munizioni 1450 Kg
  • Telecamera diurna (1) 9,5 / 4,8 / 3 Km D / R / I
  • Telecamera IR (1) (2) 12 / 6 / 3,5 Km D / R / I
  • LRF (1) 10 Km.
La torretta armata con la X-Gun avrà una cadenza di fuoco di 200 colpi al minuto; oltre alla modalità cecchino, dove il proiettile è già camerato e la breccia quasi chiusa, riducendo così le vibrazioni e il ritardo di sparo, che aumenta la precisione, l'arma ha la capacità di “selezione del primo colpo” il che significa che quando si cambia caricatore è possibile sparare subito con la nuova munizione selezionata senza sprecare un paio di colpi del tipo precedente.
In funzione anti-UAS, Leonardo sta collaborando con la Simmel Difesa, il braccio italiano di Nexter Arrowtech, per sviluppare un nuovo proiettile specifico: questa nuova munizione 30×173 mm è appositamente progettata per l'uso C-UAS e mira a massimizzare la precisione e l'effetto terminale. La precisione è assicurata da una nuova particolare spoletta a tempo, sviluppata presso lo stabilimento Simmel Difesa di Colleferro, a sud di Roma; il tempo base del volo viene programmato prima del tiro utilizzando un sistema a induzione, basandosi sul punto stimato del bersaglio fornito dal sistema di controllo del tiro computerizzato. La nuova spoletta poi acquisirà l'intervallo di tempo tra due gateway nella canna che forniranno la velocità reale del proiettile: la spoletta intelligente correggerà il tempo di volo prima della detonazione migliorando la probabilità di colpire. La spoletta attiva l'esplosione del proiettile HE in caso di impatto contro bersagli duri prima del tempo di scoppio in aria programmato.
Il proiettile è stato sviluppato per massimizzare la precisione contro bersagli volanti come gli UAS. La Multi Fragmentation-AirBurst Munition consiste in una massiccia frammentazione frontale preformata composta da sfere di acciaio di alta qualità e una frammentazione laterale naturale del guscio cilindrico in acciaio duro. Quando viene avviata la carica del proiettile HE, le sfere vengono proiettate formando un cono con un angolo ridotto, generando frammenti in avanti a forma di cono.
Il nuovo proiettile è già stato testato in una serie di scenari e sarà disponibile anche per i cannoni esistenti da 30×173 mm, un kit di programmazione derivato da quello sviluppato per il colpo da 40 mm utilizzato nei cannoni Breda 40L70.
Le nuove torrette HITFIST 30 UL e Lionfish 30 hanno caratteristiche comuni che includono compattezza e leggerezza, elevata precisione grazie a due servosistemi stabilizzati, una linea di vista indipendente che utilizza un direttore elettro-ottico, calcolo autonomo dell'angolo di anticipo o loro acquisizione da un sistema di controllo del tiro esterno, capacità di designazione autonoma o asservita, algoritmi di supporto decisionale basati sull’A.I. che forniscono identificazione e tracciamento automatici delle minacce e conformità alla sicurezza informatica. Entrambe le torrette consentono l'addestramento operativo.
La Lionfish 30 è l'ultimo membro della famiglia e, oltre al già citato ruolo C-UAS, (sempre più importante), la nuova montatura Leonardo da 30 mm può essere utilizzata contro elicotteri e aerei a volo lento e a bassa quota, nonché contro navi di superficie ad alta velocità. Utilizza l'architettura della famiglia Lionfish e integra le tecnologie sviluppate per le armi Leonardo di calibro maggiore. La sezione trasversale radar è piuttosto bassa per la forma e per il materiale utilizzato. E’ una torretta non penetrante nello scafo e necessita solo dell'alimentazione elettrica e del collegamento alla console di controllo o al sistema di tiro della nave; è possibile anche il controllo autonomo. La console fornita con il sistema, nel caso in cui questo venga controllato da remoto, è dotata sia di comandi touch-screen che di joystick, quest'ultimo essenziale quando si opera su piccole imbarcazioni ad alta velocità e con mare mosso. Due scivoli ospitano 100 colpi e doppia alimentazione che consente flessibilità di utilizzo; entrambi i cinturini portamunizioni rimangono all'interno della torretta, e non sono esposti alle intemperie. Il sistema di ricarica rapida è basato su scatole contenenti due strati di proiettili ciascuna. Il Lionfish 30 pesa meno di 1.450 kg senza munizioni. Nel 2026 sono previste le prime consegne del Lionfish 30; la torretta sarà certamente installata sulle corvette PPX della Marina Militare italiana di nuova costruzione; anche due clienti esteri attendono la nuova torretta navalizzata.  


Nel segmento terrestre, l’arma remotizzata HITFIST30 UL (Unmanned Light) è ancora più leggera della sua controparte navale, con un peso a secco inferiore a 1.200 kg e sarà idonea al nuovo veicolo anfibio VBA delle Forze Armate italiane che entrerà in servizio con la capacità anfibia congiunta Marina/Esercito per oltre 20 di questi veicoli 8×8 armati con una torretta di medio calibro controllata a distanza. Il numero di colpi è un problema in quanto un colpo da 30×173 mm, con la sua maglia, pesa circa 1 kg. L'elettronica della torretta deriva in gran parte da quella della famiglia HITFIST, con la quale la nuova arma mantiene oltre l'80% di punti in comune. La torretta può essere utilizzata nelle modalità operative Hunter/Killer e Killer/Killer e può essere equipaggiata con missili anticarro o razzi o missili antiaerei mondandoli sui lati. L'HITFIST 30 UL ospiterà anche una mitragliatrice coassiale; secondo le informazioni acquisite da EDR On-Line questo dovrebbe essere montato in posizione centrale e avrà un caricatore che ospiterà un minimo di 250 colpi. 
Leonardo considera di armare con la nuova torretta anche i futuri veicoli gommati e cingolati da sviluppare per l'Esercito Italiano, guardando ovviamente anche al mercato estero.
Più compatto e leggero rispetto alle altre varianti della famiglia HITFIST, il sistema può essere installato su veicoli con rigorose restrizioni di peso, come i modelli anfibi. È efficace contro tutti i tipi di minacce asimmetriche tramite l'uso di munizioni ad aria compressa.

Leonardo ha progettato questi nuovi sistemi di difesa per l’utilizzo in scenari operativi moderni e in continua evoluzione, dove le minacce, soprattutto quelle aeree, diventano sempre più complesse. I nuovi modelli si aggiungono a un portafoglio che comprende i cannoni più venduti 76/62 Super Rapido e 127/64 Light Weight Vulcano per il settore navale e le torrette 105/120 HITFACT e 25/30 HITFIST per il settore terrestre, che sono in servizio con decine di paesi in tutto il mondo.




Ripensare la guerra, e il suo posto
nella cultura politica europea contemporanea,
è il solo modo per non trovarsi di nuovo davanti
a un disegno spezzato
senza nessuna strategia
per poterlo ricostruire su basi più solide e più universali.
Se c’è una cosa che gli ultimi eventi ci stanno insegnando
è che non bisogna arrendersi mai,
che la difesa della propria libertà
ha un costo
ma è il presupposto per perseguire ogni sogno,
ogni speranza, ogni scopo,
che le cose per cui vale la pena di vivere
sono le stesse per cui vale la pena di morire.
Si può scegliere di vivere da servi su questa terra, ma un popolo esiste in quanto libero, 
in quanto capace di autodeterminarsi,
vive finché è capace di lottare per la propria libertà: 
altrimenti cessa di esistere come popolo.
Qualcuno è convinto che coloro che seguono questo blog sono dei semplici guerrafondai! 
Nulla di più errato. 
Quelli che, come noi, conoscono le immense potenzialità distruttive dei moderni armamenti 
sono i primi assertori della "PACE". 
Quelli come noi mettono in campo le più avanzate competenze e conoscenze 
per assicurare il massimo della protezione dei cittadini e dei territori: 
SEMPRE!
….Gli attuali eventi storici ci devono insegnare che, se vuoi vivere in pace, 
devi essere sempre pronto a difendere la tua Libertà….
La difesa è per noi rilevante
poiché essa è la precondizione per la libertà e il benessere sociale.
Dopo alcuni decenni di “pace”,
alcuni si sono abituati a darla per scontata:
una sorta di dono divino e non, 
un bene pagato a carissimo prezzo dopo innumerevoli devastanti conflitti.…
…Vorrei preservare la mia identità,
difendere la mia cultura,
conservare le mie tradizioni.
L’importante non è che accanto a me
ci sia un tripudio di fari,
ma che io faccia la mia parte,
donando quello che ho ricevuto dai miei AVI,
fiamma modesta ma utile a trasmettere speranza
ai popoli che difendono la propria Patria!
Violenza e terrorismo sono il risultato
della mancanza di giustizia tra i popoli.
Per cui l'uomo di pace
si impegna a combattere tutto ciò 
che crea disuguaglianze, divisioni e ingiustizie.
Signore, apri i nostri cuori
affinché siano spezzate le catene
della violenza e dell’odio,
e finalmente il male sia vinto dal bene…

(Fonti: https://svppbellum.blogspot.com/, Web, Google, RID, Reportdifesa, Leonardo, EDRMagazine, Wikipedia, You Tube)