venerdì 15 novembre 2024

US NAVY - C.I.A. - N.S.A. 1960 - 1986: l'Operazione Ivy Bells è stata una missione congiunta tra la US NAVY, la Central Intelligence Agency e la National Security Agency, il cui obiettivo era quello di piazzare microspie sulle linee di comunicazioni subacquee dell'Unione Sovietica durante la Guerra Fredda.









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La bandiera è un simbolo che ci unisce, non solo come membri 
di un reparto militare 
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E’ desiderio dell’uomo riposare
là dove il mulino del cuore non macini più
pane intriso di lacrime, là dove ancora si può sognare…
…una vita che meriti di esser vissuta.







Durante la Guerra Fredda, gli Stati Uniti ebbero sempre interesse ad apprendere qualcosa in più sui sottomarini nucleari sovietici e sulla loro tecnologia missilistica, specialmente sugli ICBM e su armi nucleari preposte al "First Strike".








Nei primi anni '70 il governo statunitense dell’epoca scoprì l'esistenza di un cavo di comunicazione immerso nel Mare di Ochotsk, che collegava la maggiore base navale sovietica del Pacifico di Petropavlovsk, nella Kamčakta al quartier generale della flotta sovietica del pacifico a Vladivostok


A quel tempo le acque del Mare di Ochotsk erano considerate, dall'Unione Sovietica, acque territoriali, con il risultato che erano estremamente "off limits" per imbarcazioni straniere. L'Unione Sovietica aveva inoltre installato una rete di dispositivi di rilevazione sonori sul fondo marino per intercettare possibili intrusi. Inoltre, nell'area vi erano spesso esercitazioni militari sia in superficie che sott’acqua.
Nonostante questi ostacoli, il potenziale di una intrusione di intelligence era considerato troppo grande per essere ignorato. Nell'ottobre del 1971, quindi, gli Stati Uniti modificarono a tal proposito il sottomarino nucleare USS Halibut e lo spedirono nella massima segretezza verso le acque del Mare di Ochotsk. 




Lo USS Halibut (SSGN-587) è stato un sottomarino a propulsione nucleare lanciamissili da crociera (SSGN). 

Unico della sua classe e varato nel 1959, servì come sottomarino lancia missili tra il 1960 e il 1965 quando venne convertito in sottomarino d'attacco e ridesignato SSN-587. A partire dal 1968 venne modificato per svolgere operazioni segrete di spionaggio sottomarino.
Prima del definitivo avvento degli SSBN, la marina degli Stati Uniti realizzò diversi esemplari di sottomarini per il lancio di missili da crociera RGM-6 Regulus, tra cui lo USS Halibut. Finanziato nel 1956 come sottomarino a propulsione diesel-elettrica (SSG), poco dopo l'approvazione del bilancio il progetto fu convertito alla propulsione nucleare (SSGN) con l'adozione di un reattore nucleare ad acqua pressurizzata R3W. La costruzione dell’Halibut cominciò nel 1957 presso i cantieri navali di Mare Island, il varo ebbe luogo il 9 gennaio 1959 e fu preso in carico dalla US NAVY il 4 gennaio 1960 sotto il comando del capitano di corvetta Walter Dedrick.  Lo USS Halibut è stato il secondo sottomarino nucleare al mondo dotato di armamento missilistico (il primo fu l'SSBN USS George Washington) ad entrare in servizio e il primo SSGN in assoluto. L'armamento era costituito da 5 missili Regulus I (o in alternativa 2 Regulus II) collocati in un hangar a prua e lanciati in emersione tramite un'apposita rampa. Oltre l'armamento missilistico, l'Halibut era dotato di 6 tubi lanciasiluri da 533 mm (4 a prua e 2 a poppa). Dal punto di vista costruttivo, l'Halibut presentava ancora le tipiche caratteristiche del progetto ereditato dagli U-Boot Tipo XXI tedeschi, che ancora prediligevano la navigazione in emersione, e che caratterizzarono tutti i battelli prodotti dopo la fine della Seconda guerra mondiale. Tuttavia, queste caratteristiche cominciavano a risultare obsolete in un periodo in cui venivano impostati nuovi battelli secondo le soluzioni innovative introdotte dal sottomarino sperimentale USS Albacore (AGSS-569) ed impersonate dai nuovi sottomarini nucleari d'attacco classe Skipjack.

Missioni di deterrenza (1960-1965)

Le prove in mare dell’Halibut furono condotte nell'Oceano Pacifico tra l'11 marzo e il 18 giugno 1960; in questa occasione divenne il primo sottomarino nucleare ad effettuare con successo il lancio di un missile da crociera. Dopo il ritorno ai cantieri navali di Mare Island, fu assegnato alla Flotta del Pacifico e stanziato a Pearl Harbor. Tra il 1961 e il 1964, l'Halibut portò a termine sette missioni di deterrenza in occasione delle quali condusse diversi lanci di prova. Tuttavia, il programma Regulus era stato cancellato già nel 1958 in favore del missile balistico Polaris. Questo, comportò, alla metà degli anni '60, la fine degli SSGN come l'Halibut in favore dei più grandi SSBN di cui l'USS George Washington rappresentava il capostipite.

Operazioni di “ingegneria sottomarina (?!)” (1965-1976)

Venuto meno il ruolo di SSGN, l’Halibut venne riconvertito in sottomarino nucleare d'attacco con la nuova denominazione di SSN-587. Dopo un periodo di servizio in pattugliamenti ASW, l’Halibut manifestò la sua inadeguatezza a rivestire un ruolo per cui non era stato concepito e in cui era abbondantemente superato da battelli di nuova concezione. Per evitare di radiare un battello con pochi anni di servizio alle spalle e ancora in piena efficienza, la Marina decise di convertirlo in un sottomarino per operazioni di intelligence sotto la copertura di “operazioni di ingegneria sottomarina”. Per questo, nel 1968 l'Halibut tornò ai cantieri navali di Mare Island per essere dotato di una serie di equipaggiamenti speciali indispensabili per il nuovo ruolo da ricoprire. Questi equipaggiamenti comprendevano: 
  • eliche laterali per manovre di precisione; 
  • camera stagna; 
  • camera di decompressione per immersioni in saturazione; 
  • sonar per lo studio del fondale; 
  • apparecchiature di registrazione audio e video; 
  • computer mainframe; 
  • pattini per posarsi sul fondale; 
  • un mini-sottomarino filoguidato per l'esplorazione delle profondità marine e altre apparecchiature oceanografiche di vario genere. 
In questa configurazione, l’Halibut ha prestato servizio presso la Flotta del Pacifico tra il 1970 e il 1976 conducendo diverse operazioni classificate di spionaggio ai danni dell'Unione Sovietica. 
La recente declassificazione di documenti riservati ha portato alla luce le due missioni più celebri dell'Halibut:
  • il ritrovamento del relitto del sottomarino sovietico K-129 scomparso nel maggio 1968 e mai ritrovato dai sovietici;
  • intercettazioni telefoniche sulla linea militare sottomarina che collegava le basi sovietiche in Kamčatka alla terraferma, nel Mare di Ochotsk, tra il 1971 e il 1980 (Operazione Ivy Bells).

I FONDI PER IL PROGETTO

I fondi per il progetto vennero reperiti dirottando fondi destinati al programma DSRV (Deep-submergence rescue vehicle), con sottomarini modificati con falsi dispositivi DSRV installati, che erano i primi Diver Lockouts, scialuppe di salvataggio per gli equipaggi dei sottomarini. Sommozzatori e/o incursori dell’USS Halibut trovarono il cavo a 120 metri di profondità e installarono un dispositivo di 6,1 metri di lunghezza che fu avvolto attorno al cavo e la cui funzione era quella di intercettare le comunicazioni che passavano per esso. Questo dispositivo era stato realizzato in modo da staccarsi nel caso in cui i sovietici avessero dovuto portare in superficie il cavo per ripararlo.
La missione di intercettazioni del cavo sommerso sovietico era così segreta che molti marinai coinvolti non ebbero l'"Autorizzazione di Sicurezza" e quindi non potevano sapere di questa missione ben secretata. 


La copertura per la missione fu che la missione prevedeva il recupero di detriti di un missile anti-navi supersonico sovietico, il SS-N-12 Sandbox, in modo da poter sviluppare contromisure adatte.
Nonostante fosse una copertura, questi detriti vennero effettivamente recuperati con successo, con più di 2 milioni di pezzi recuperati. Tutto ciò fu poi portato in laboratori americani per essere analizzato.

Utilizzo delle microspie

Ogni mese, i sommozzatori della US NAVY recuperavano e sostituivano le spie del dispositivo attaccato al cavo. Le registrazioni venivano mandate all'NSA e poi distribuite alle varie agenzie di sicurezza statunitensi. Le prime registrazioni rivelarono che i sovietici erano così sicuri della sicurezza del cavo sottomarino che le conversazioni effettuate non venivano crittografate. L'intercettazione di conversazioni tra ufficiali della Marina Sovietica fornirono informazioni dal valore unico sulle operazioni navali a Petropavlovsk, la base di sottomarini nucleari primaria della flotta sovietica del Pacifico, dove si trovavano missili balistici nucleari in dotazione agli SSBN classe Yankee e Delta.


Ulteriori microspie vennero poi installate su altre linee di comunicazione sovietiche nel resto del mondo, con strumenti sempre più avanzati sviluppati dai laboratori dell'AT&T, tra cui dispositivi alimentati da generatori termoelettrici a radioisotopi che potevano contenere dati per un anno intero. Altri sottomarini usati per la missione furono lo USS Parche (SSN-683), lo USS Richard B.Russell (SSN-687), lo USS Seawolf (SSN-575). Il Seawolf andò quasi perduto durante una delle sue missioni, quando arrivò vicino ad usare cariche di auto-distruzione a causa di una tempesta che lo aveva costretto ad incagliarsi sul fondo.

Compromissione della missione

La missione venne compromessa da un dipendente della NSA, il 44enne Ronald Pelton, che parlava fluentemente il russo. Pelton, al tempo, aveva un debito da saldare di 65.000 dollari (204.000 dollari odierni) e aveva dichiarato bancarotta personale circa tre mesi prima di dimettersi dal suo posto alla NSA. Con solamente alcune centinaia di dollari sul conto, nel gennaio del 1980 Pelton si recò all'Ambasciata Sovietica di Washington D.C per offrire ai sovietici ciò che sapeva, in cambio di denaro.
Pelton non passò alcun documento ai sovietici, vista la sua grande memoria visiva. Tra il 1980 e il 1983 ricevette 35.000 dollari l'anno dal KGB per le informazioni che possedeva, e per l'Operazione Ivy Bells ricevette 5.000 dollari. I sovietici, scoperta la missione, non agirono subito. Nel 1981, però, immagini satellitari mostrarono navi da guerra sovietiche sopra la zona di intercettazione nel Mare di Ochotsk. L’USS Parche venne inviato a recuperare il dispositivo ma i sommozzatori statunitensi non riuscirono a trovarlo, e si stabilì che i sovietici dovevano averlo recuperato. Nel luglio del 1985 Vitalij Yurčenko, un colonnello del KGB che era stato il contatto principale di Pelton a Washington disertò negli Stati Uniti e fornì informazioni che aiutarono gli americani ad arrestare Pelton.
Nel 1999 il dispositivo americano recuperato dai sovietici venne messo in esposizione al Museo della Grande Guerra Patriottica di Mosca.




Ripensare la guerra, e il suo posto
nella cultura politica europea contemporanea,
è il solo modo per non trovarsi di nuovo davanti
a un disegno spezzato
senza nessuna strategia
per poterlo ricostruire su basi più solide e più universali.
Se c’è una cosa che gli ultimi eventi ci stanno insegnando
è che non bisogna arrendersi mai,
che la difesa della propria libertà
ha un costo
ma è il presupposto per perseguire ogni sogno,
ogni speranza, ogni scopo,
che le cose per cui vale la pena di vivere
sono le stesse per cui vale la pena di morire.
Si può scegliere di vivere da servi su questa terra, ma un popolo esiste in quanto libero, 
in quanto capace di autodeterminarsi,
vive finché è capace di lottare per la propria libertà: 
altrimenti cessa di esistere come popolo.
Qualcuno è convinto che coloro che seguono questo blog sono dei semplici guerrafondai! 
Nulla di più errato. 
Quelli che, come noi, conoscono le immense potenzialità distruttive dei moderni armamenti 
sono i primi assertori della "PACE". 
Quelli come noi mettono in campo le più avanzate competenze e conoscenze 
per assicurare il massimo della protezione dei cittadini e dei territori: 
SEMPRE!
….Gli attuali eventi storici ci devono insegnare che, se vuoi vivere in pace, 
devi essere sempre pronto a difendere la tua Libertà….
La difesa è per noi rilevante
poiché essa è la precondizione per la libertà e il benessere sociale.
Dopo alcuni decenni di “pace”,
alcuni si sono abituati a darla per scontata:
una sorta di dono divino e non, 
un bene pagato a carissimo prezzo dopo innumerevoli devastanti conflitti.…
…Vorrei preservare la mia identità,
difendere la mia cultura,
conservare le mie tradizioni.
L’importante non è che accanto a me
ci sia un tripudio di fari,
ma che io faccia la mia parte,
donando quello che ho ricevuto dai miei AVI,
fiamma modesta ma utile a trasmettere speranza
ai popoli che difendono la propria Patria!
Violenza e terrorismo sono il risultato
della mancanza di giustizia tra i popoli.
Per cui l'uomo di pace
si impegna a combattere tutto ciò 
che crea disuguaglianze, divisioni e ingiustizie.
Signore, apri i nostri cuori
affinché siano spezzate le catene
della violenza e dell’odio,
e finalmente il male sia vinto dal bene…
Come i giusti dell’Apocalisse scruto i cieli e sfido l’Altissimo: 
fino a quando, Signore? Quando farai giustizia?
Dischiudi i sette sigilli che impediscono di penetrare il Libro della Vita 
e manda un Angelo a rivelare i progetti eterni, 
a introdurci nella tua pazienza, a istruirci col saggio Qoelet:
“””Vanità delle vanità: tutto è vanità”””.
Tutto…tranne l’amare.

(Fonti: https://svppbellum.blogspot.com/, Web, Google, Wikipedia, You Tube)























 

giovedì 14 novembre 2024

Voenno-vozdušnye sily SSSR (V-VS) 1948 - 1987: il Mikoyan-Gurevich MiG-15 (in russo Микояна и Гуревича МиГ-15, Mikojana i Gureviča MiG-15, nome in codice NATO Fagot).






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Il Mikoyan-Gurevich MiG-15 (in russo Микояна и Гуревича МиГ-15, Mikojana i Gureviča MiG-15, nome in codice NATO Fagot) era un aereo da caccia monomotore a getto ad ala a freccia progettato dall'OKB 155 diretto da Artëm Ivanovič Mikojan in collaborazione con Michail Iosifovič Gurevič e sviluppato in Unione Sovietica negli anni cinquanta.
Impiegato inizialmente dalla Voenno-vozdušnye sily SSSR (V-VS), l'aeronautica militare dell'Unione Sovietica, trovò successivamente ampio impiego in tutte le forze aeree delle nazioni appartenenti al Patto di Varsavia e in alcune altre appartenenti a paesi filosovietici.
Il MiG-15 rappresentò una tappa fondamentale nell'evoluzione dei velivoli da caccia sovietici, facendo segnare un sensibile passo in avanti rispetto al resto della produzione dell'epoca. Con questo aereo la V-VS fu dotata di una macchina di livello qualitativo paragonabile a quello statunitense, capace di prestazioni migliori rispetto alla maggior parte dei caccia utilizzati dalle forze aeree delle nazioni appartenenti al blocco occidentale fatta eccezione per il North American F-86 Sabre, unico rivale a possedere prestazioni paragonabili.
Il MiG-15 fu il frutto del progressivo ma rapido sviluppo dell'industria aeronautica sovietica nel dopoguerra, capace di avvalersi degli studi e delle ricerche realizzate dagli scienziati tedeschi e di sfruttare le buone relazioni diplomatiche ancora esistenti con il governo britannico al fine di colmare il ritardo tecnologico accumulato durante gli anni di guerra contro la Germania, quando le industrie aeronautiche avevano dovuto lavorare secondo altre priorità, prevalentemente legate ad esigenze di produzione in massa.
Ne risultò un aviogetto caratterizzato dalla semplicità costruttiva e dalla razionalità nella manutenzione, costruito in oltre 13 000 esemplari dalle industrie nazionali, ai quali vanno aggiunti quelli realizzati in Cecoslovacchia, Cina e Polonia, che furono impiegati nei reparti di tutte le forze aeree dei paesi aderenti al Patto di Varsavia e di alcune altre nazioni nell'orbita sovietica.







Izdelie 310

Nel mese di marzo del 1946 il Consiglio dei commissari del popolo dell'Unione Sovietica emanò una direttiva rivolta agli uffici di progettazione aeronautica (OKB) con la quale si chiedeva la realizzazione di un aereo da caccia capace di raggiungere la velocità massima di 1000 km/h al livello del mare e 1020 km/h a 5000 m di quota, altitudine da raggiungere nel tempo di 3 minuti e 20 secondi; l'aereo doveva inoltre possedere l'autonomia di 1200 km ed essere in grado di decollare con una corsa di 700 m ed atterrare nello spazio di 800 m.
Gli OKB coinvolti nell'iniziativa poterono contare sulle risultanze degli studi relativi all'impiego dell'ala a freccia svolti dallo TsAGI anche sulla base delle ricerche condotte in materia dagli scienziati tedeschi, rese disponibili grazie al materiale acquisito durante la seconda guerra mondiale nelle fabbriche ubicate nei territori occupati durante l'avanzata dell'Armata Rossa verso il cuore della Germania e grazie al coinvolgimento degli stessi scienziati tedeschi, analogamente a quanto realizzato nei territori occidentali della Germania da parte degli Stati Uniti d'America e del Regno Unito. In particolare risulta che al progetto realizzato dall'ufficio di progettazione Mikoyan-Gurevich abbia preso parte l'ingegnere Adolph Betz, specializzato in materia di ali a freccia.
Per quanto concerne la propulsione del nuovo aviogetto, all'epoca dell'emissione della richiesta da parte delle autorità statali, le industrie sovietiche non disponevano di un motore a getto in grado di consentire ai futuri velivoli di raggiungere le prestazioni richieste: gli RD-10 e RD-20 erano considerati obsoleti mentre il motore Lyulka TR-1 non erogava la spinta necessaria e, in ogni caso, era ancora allo stadio di prototipo.
Artëm Mikoyan diede però indicazione di realizzare il progetto del nuovo velivolo basandosi sugli ingombri del motore britannico Nene che gli era stato possibile visionare attentamente durante la mostra internazionale e esposizione di volo di Farnborough nel giugno del 1946. Vladimir Yakovlevich Klimov era già stato incaricato dalle autorità statali di realizzare una copia del motore Nene (copia che avrebbe ricevuto la denominazione "VK-1PO"), contando di ottenerne misure e dettagli progettuali utilizzando canali di intelligence.
L’industria aeronautica sovietica poté però avvalersi della tecnologia britannica in modo più semplice: nell'estate del 1946, in occasione di una visita di tecnici sovietici agli impianti della Rolls-Royce organizzata dal governo britannico (cui avevano preso parte gli stessi Mikoyan e Klimov insieme a S. Kishkin), le autorità sovietiche riuscirono ad acquistare trenta turbogetti Derwent e venticinque Nene.
Le fonti disponibili non sono unanimi nell'indicare se oltre ai prodotti finiti i sovietici abbiano acquistato o meno, le rispettive licenze di produzione, accompagnate dalla "solenne promessa" che i motori sarebbero stati destinati all'impiego commerciale; comunque sia, all'atto pratico i motori furono studiati con estrema attenzione presso lo TsIAM e, sottoposti a modifiche che li rendessero prodotti originali (e quindi non più soggetti alle restrizioni d'utilizzo previste dagli impegni presi), messi in produzione rispettivamente con la denominazione RD-500 e RD-45 per l'impiego su larga scala su velivoli di ogni tipo.
Il progetto del velivolo che uscì dai tavoli da disegno dell'OKB 155 ricordava esteticamente quello del Focke-Wulf Ta 183, le cui cianografie erano state recuperate dalle truppe sovietiche nella sede del Ministero dell'Aeronautica tedesco, a Berlino, e sarebbe risultato esteriormente somigliante a quello dello statunitense F-86 Sabre.
Identificato con la denominazione di fabbrica "Aereo S" oppure "Izdelie 310", secondo il numero di progetto assegnato dalle autorità, il nuovo velivolo fu definito nel giro di pochi mesi e venne configurato per l'utilizzo del motore Klimov RD-45 (la versione sovietica del Nene); il primo prototipo ("S-01") staccò le ruote da terra per la prima volta il 30 dicembre del 1947, in considerevole anticipo rispetto ai concorrenti Lavochkin La-168 e Yak-30.
Equipaggiato con la versione RD-45F del nuovo motore a getto, il secondo prototipo ("S-02") fu preso in carico dal NII-VVS e portato in volo il 27 maggio del 1948; i due esemplari furono utilizzati per lo svolgimento di prove comparative con il progetto Lavochkin La-15, effettuate nella seconda metà del 1948. Le autorità giunsero alla conclusione di ordinare la costruzione in serie di entrambi i velivoli ed il progetto dell'OKB 155 fu definitivamente designato MiG-15.
Il terzo, ed ultimo, prototipo ("S-03") fu completato, e portato in volo il 17 giugno 1948, incorporando numerose modifiche dettate dalle prime risultanze di volo: ali, piani di coda e superfici di controllo furono modificati al fine di migliorarne l'efficienza e furono introdotti aerofreni per rendere l'aereo maggiormente manovrabile; quest'ultima modifica rese inoltre necessario l'irrobustimento della fusoliera per far fronte alle maggiori sollecitazioni strutturali generate dalle nuove appendici mobili. Al termine delle prove, svolte ancora una volta presso il NII-VVS, fu certificato che il MiG-15 poteva essere condotto da piloti di "media abilità".

Produzione in serie

Il primo MiG-15 di serie volò per la prima volta il 30 dicembre 1948, ad un anno esatto dal primo volo del prototipo; caratterizzati dall'ala a freccia di 35° e diedro negativo di 2°, gli aerei della prima serie produttiva furono equipaggiati con il motore RD-45F e vennero identificati con la denominazione "Izdelie SV" (esistono tuttavia indicazioni che la sigla "SV" sia da riferire ad una versione "caccia di scorta ad alta quota").
All'aereo fu inizialmente assegnato il nome in codice NATO di "Falcon" (falcone, in lingua inglese) ma poiché venne considerato eccessivamente lusinghiero, il suo identificativo venne presto mutato in "Fagot" (Fascina); il MiG-15 si presentò agli osservatori occidentali in occasione della parata tenutasi il 1º maggio del 1949 a Mosca quando quarantanove esemplari del nuovo caccia fecero mostra di sé nei cieli della capitale sovietica.
Lo sviluppo progettuale del MiG-15 fu particolarmente influenzato dalla disponibilità del motore Klimov VK-1, derivato direttamente dall'RD-45, per la cui installazione il velivolo subì alcune modifiche del tutto marginali e fu messo in produzione a partire dal 1950 designato "Izdelie SD" dal produttore, MiG-15bis dalla V-VS e "Fagot-B" secondo il codice NATO. L'incremento nella spinta disponibile fu considerevole con ricadute favorevoli sulle già buone caratteristiche di volo dell'aereo, malgrado il contemporaneo aumento del peso.
Sempre nel corso del 1950 dalle catene di montaggio delle aziende statali sovietiche iniziarono ad uscire gli esemplari della variante "UTI" da addestramento, per la cui realizzazione, nella primavera del 1949, le autorità ministeriali sovietiche concessero un solo mese di tempo. Gli esemplari biposto furono identificati nel codice NATO con la designazione di "Midget" (Nano).
La produzione del MiG-15 in Unione Sovietica fu svolta in nove diversi complessi industriali e continuò fino al 1959 quando, con gli ultimi 65 esemplari di UTI-MiG-15, fu raggiunta la cifra complessiva di 13 131 esemplari (altri autori limitano però i numeri della produzione sovietica al totale di 11 073 velivoli).



Cellula

Il MiG-15 era un aereo da combattimento monoreattore, monoposto, subsonico, con presa d'aria frontale, carrello triciclo anteriore retrattile e impennaggi ed ala a freccia, di costruzione interamente metallica.
L'ala, con un angolo di freccia di 35° ad un quarto della corda (37° se riferita al bordo d'attacco) e leggero diedro negativo di 2°, era disposta in posizione mediana e utilizzava profili TsAGI S-10S alla radice e TsAGI SR-3 all'estremità. Lo spessore percentuale dei profili era del 10,3% e si manteneva costante lungo tutta l'apertura.
Strutturalmente l'ala era costituita da due semiali collegate al pianetto centrale, che attraversava la fusoliera, in quattro punti. I carichi aerodinamici per ogni semiala, erano assorbiti da una struttura trilongherone (frontale, principale ed ausiliario posteriore) collegati da venti centine, a formare un unico cassone resistente collegato alla fusoliera in corrispondenza della radice alare.
Il longherone principale aveva pianta ad Y, biforcandosi all'incirca ad un terzo della semi-apertura alare. Nei vani triangolari tra i due bracci della Y ed i fianchi della fusoliera, si ritraevano le gambe del carrello posteriore. I bracci posteriori della Y, perpendicolari all'asse del velivolo, si univano in corrispondenza della radice della semiala al longherone posteriore a cui erano articolati gli alettoni, contrappesati e bilanciati aerodinamicamente. Gli alettoni erano dotati di servoattuatori idraulici BU-1.
Gli ipersostentatori di tipo TsAGI (ipersostentatori a scorrimento Fowler, modificati), erano attuati dal sistema idraulico (o pneumatico in emergenza) e potevano estendersi fino ad una angolazione massima di 55°, secondo tre posizioni: completamente retratti, decollo e atterraggio.
Ogni semiala era anche munita di due paretine antiscorrimento lunghe rispettivamente 1 590 mm e 2 590 mm estese su tutta la corda alare ed un trim regolabile a terra rivettato sul bordo d'uscita dell'ala; un tubo di Pitot era installato sull'ala destra.
La fusoliera a sezione circolare, del tipo a guscio irrigidito in duralluminio tipo D-16, era costituita da due sezioni principali, anteriore e posteriore, collegate tra loro all'altezza della radice del longherone alare posteriore. Il tronco posteriore poteva essere rimosso per consentire la manutenzione e la rimozione del turboreattore. Leghe d'acciaio del tipo 30KhGSA e 20KhGSA erano utilizzate per la maggior parte delle giunture.
Il tronco anteriore, che si sviluppava tra i diaframmi numero 1 e numero 13, incorporava, gli alloggiamenti per l'avionica, l'armamento, il vano del carrello anteriore, il posto di pilotaggio pressurizzato e il serbatoio numero 1.
La presa d'aria, a sezione circolare, era suddivisa da una paratia verticale che divideva in due le canalizzazioni per l'adduzione dell'aria, di sezione ellittica, che a loro volta si biforcavano all'altezza dell'abitacolo del pilota. Sempre nel tronco anteriore erano disposti gli attacchi per il propulsore.
Il tronco posteriore della fusoliera alloggiava il propulsore, con gli accessori e il condotto di scarico, il secondo serbatoio di carburante, i leveraggi per il controllo dei piani di coda.
Nella sezione posteriore erano incorporati due freni aerodinamici, con un'area totale di 0,50 m², poi incrementata nelle ultime serie prodotte a 0,80 m². I freni aerodinamici erano attuati idraulicamente e potevano deflettere di 55°.
La deriva, aveva struttura trilongherone e sosteneva rigidamente lo stabilizzatore bilongherone, cui erano articolati i due semiequilibratori muniti di alette correttrici. Entrambi i piani di coda, orizzontali e verticali, utilizzavano profili NACA 0009.
Il timone, in due elementi disposti sopra e sotto l'impennaggio orizzontale, aveva una piccola aletta regolabile a terra. Tutte le superfici mobili dei piani di coda erano munite di contrappesi alle estremità.
Il carrello era studiato per consentire l'impiego del velivolo anche su piste semipreparate, con una soluzione del tipo a gambe di forza a braccio oscillante ed ammortizzatori oleopneumatici. Le ruote principali avevano dimensione di 600x1 600 mm, mentre la ruota anteriore di 480x200 mm.
L'abitacolo, pressurizzato e condizionato, era coperto da tettuccio scorrevole e munito di seggiolino eiettabile ed era protetto anteriormente dal blindovetro del parabrezza corazzato di 64 mm di spessore e posteriormente da corazzature in acciaio da 10 mm di spessore.

Motori

L'apparato propulsivo era costituito da un turboreattore Klimov VK-1 o VK-1A senza postcombustione, con compressore centrifugo palettato su ambo le facce, nove camere di combustione e turbina monostadio, direttamente derivato dall'inglese Rolls-Royce Nene. 


Con un peso a vuoto di 827 kg e un numero di giri/minuto massimo di 11 500, il VK-1 forniva una spinta massima di 26,47 kN a livello del mare.

Sistemi e impianti

L'impianto idraulico azionava gli attuatori del carrello, gli ipersostentatori, gli aerofreni e i servo-attuatori degli alettoni. Il fluido idraulico, costituito da una miscela di alcool e glicerina, era contenuto in un serbatoio di 18 litri alla pressione di 13,5 - 14 MPa. I servo-attuatori degli alettoni disponevano di un impianto ausiliario di riserva della capacità di 4,2 litri.
L'impianto pneumatico era costituito da un sistema principale con due contenitori d'aria pressurizzata a 111 MPa e da un sistema di riserva da 5 MPa, attestati su linee differenti. Il sistema principale azionava l'impianto frenante, la pressurizzazione dell'abitacolo ed il caricamento dei cannoni. Il sistema di emergenza interveniva nel caso di malfunzionamento del sistema idraulico, sugli ipersostentatori e sul sistema frenante.
L'impianto di condizionamento ottimizzava la temperatura nell'abitacolo mantenendo al suo interno una sovrapressione utilizzando aria spillata dal compressore. La pressione all'interno dell'abitacolo era la stessa dell'ambiente esterno fino ad una quota superiore a 2 000 metri. Per quote superiori a 8 000 metri, nell'interno dell'abitacolo era mantenuta una sovrapressione di 300 kPa. A bassa quota l'abitacolo era ventilato tramite un sistema ausiliario.
L'impianto di ossigeno era tarato per funzionare a quote superiori ai 9 000 metri. L'ossigeno era immagazzinato in due contenitori cilindrici da 4 e 2 litri.
L'impianto combustibile consisteva in due serbatoi installati in fusoliera con il relativo impianto costituito da valvole, condotti, pompe, filtri, sensori e sistemi di allarme. Il serbatoio principale aveva una capacità di 1 250 litri mentre quello situato nella parte posteriore della fusoliera aveva una capacità di 160 litri. Sotto le ali era possibile installare serbatoi ausiliari da 60, 300, 400 o 600 litri di capacità.
La dotazione strumentale standard (indicatore di velocità, altimetro, orizzonte artificiale, girobussola e radiobussola) era completata da un sistema di atterraggio strumentale (ILS) tipo OSP-48, un sistema IFF SRO-1 e radio UHF RSIU-3M.
Il sistema di puntamento del MiG-15 era costituito da un collimatore giroscopico ASP-3N. Per il lancio di bombe o razzi era utilizzato un collimatore ottico PBP-1B. Il labbro situato sopra la presa d'aria alloggiava la cine-foto-mitragliatrice S-13, capace di 8 fotogrammi al minuto.
Nel diaframma che divideva la presa d'aria era stato inizialmente piazzato il faro d'atterraggio. Nelle versioni successive del velivolo, l'alloggiamento del faro d'atterraggio fu ricavato sotto la semiala sinistra. Gli esemplari prodotti dopo il 1952 disponevano di un paracadute frenante di 15 m2 di diametro.

Armamento

L'armamento principale era costituito da un cannone automatico Nudelman N-37 calibro 37 mm, disposto sotto il fianco destro del muso e da due cannoni Nudelman-Suranov NS-23 calibro 23 mm sotto quello sinistro, rispettivamente con 40 e con 80 colpi per arma. Tale armamento era riunito in un vano estraibile per facilitare la manutenzione delle armi ed il rifornimento delle munizioni. L'N-37 aveva una cadenza di tiro di 400 colpi al minuto, mentre per l'N-23 il valore era leggermente più alto (550 colpi al minuto). L'armamento di caduta o di lancio disposto su due piloni subalari tipo BD2-40 O BD3-58 poteva essere costituito da bombe o per gli esemplari della VV-S, razzi non guidati ARS-212 disposti su appositi lanciatori.

Radar d’intercettazione

A partire dal mese di dicembre del 1948 le autorità sovietiche disposero lo sviluppo di un sistema radar da impiegare sugli aerei da caccia al fine di contrastare i nuovi bombardieri che all’epoca erano in fase di studio o stavano per entrare in servizio nelle forze aeree dei paesi aderenti alla NATO.


Izdelie SP-1: rappresentò il primo approccio dell’OKB-155 con la tecnologia del radar. Equipaggiato con il sistema “Torij”, apparato con frequenza operativa centimetrica, era un esemplare di MiG-15 delle prime serie (equipaggiato, quindi, con motore RD-45F) dotato di muso ridisegnato per alloggiare l’apparato radar e l’antenna ricevente. L’antenna discoidale era sistemata all’interno di un radome ogivale posizionata sulla sommità della presa d’aria anteriore (con un risultato estetico simile a quello dell'F-86D Sabre). Nonostante la sua mole, questa carenatura riduceva solo marginalmente le dimensioni della presa d’aria mentre richiese lo spostamento della fotomitragliatrice (solitamente piazzata nel labbro superiore della presa d’aria, ora spostata sul lato destro del muso) e l’eliminazione dei cannoni NR-23, riducendo così l’armamento del velivolo al singolo cannone N-37. In un secondo tempo l’aereo venne portato allo standard MiG-15bis e riequipaggiato con il motore VK-1. Diverse prove di volo furono svolte nel periodo che va da aprile 1949 ad agosto del 1950; queste portarono all’emissione di un ordine per la costruzione di un piccolo lotto di velivoli (talvolta denominati MiG-15bis P). In seguito, nel novembre del 1951, una serie di test operativi dimostrò il buon funzionamento del sistema “Torij” ma servì anche a determinare che poteva essere padroneggiato solamente da piloti con elevata esperienza dato che il sistema di tracciamento del bersaglio era completamente manuale. La sperimentazione del radar “Torij” non fu abbandonata e portò allo sviluppo del successivo “Koršun”, ma il lavoro dell’OKB MiG venne concentrato sul radar “Izumrud”, sistema basato sulla presenza di due antenne.
Izdelie SP-5: all’inizio del 1950 il lavoro dell’OKB-155 si concentrò sulla realizzazione di un secondo prototipo di caccia ognitempo; il principale obiettivo dei tecnici sovietici riguardava la disposizione delle due antenne radar del nuovo apparato Izumrud-1. La soluzione fu trovata alloggiando l’antenna di ricerca nella parte superiore della presa d’aria (che risultò simile a quella dell’F-86A Sabre) mentre l’antenna di tracciamento dei bersagli acquisiti fu collocata nella paratia divisoria all’interno della presa d’aria, carenata da un piccolo radome ogivale sporgente verso l’esterno. Questa soluzione divenne in seguito caratteristica comune di tutti i velivoli realizzati dall’OKB “MiG” equipaggiati con il radar Izmrud. Il prototipo, completato verso la metà dello stesso anno, era caratterizzato dalla presenza di una carenatura ventrale che ospitava gli apparati destinati alla raccolta dei dati; le prove si protrassero per circa un anno, fino al luglio del 1951 e dimostrarono il buon funzionamento dell’apparato radar. I risultati della sperimentazione furono applicati però alla produzione del MiG-17 e del MiG-19.

Esemplari attualmente esistenti

Molti sono gli esemplari conservati presso le strutture museali di tutto il mondo, tra questi:

  • Canada - Presso il Canada Aviation and Space Museum di Ottawa si trova un velivolo Lim-2 con le insegne dell'Aviazione polacca, marcato 316 in "rosso".
  • Finlandia - Un MiG-15UTI con livrea della Suomen ilmavoimat, localmente identificato con la sigla MU-4, è esposto nel Suomen Ilmavoimamuseo di Jyväskylä.
  • Germania - Il Luftfahrt-Museum Laatzen-Hannover, ubicato nella cittadina tedesca di Laatzen alle porte di Hannover, espone un MiG-15 (il modello non viene specificato con maggior dettaglio) con livrea sovietica (marche 022, "rosso").
  • Presso la sede distaccata del Deutsches Museum a Oberschleißheim è esposto un esemplare definito UTI-MiG-15 (SB Lim-2).
  • il Museo automobilistico e tecnologico di Sinsheim conserva nel suo padiglione espositivo un MiG-15bis Nero 12 dipinto con i colori della pattuglia acrobatica della VVS.
  • Grecia - Un Lim-2, con la livrea dell'aviazione della Corea del Nord, nel “Museo dell'Aeronautica ellenica” situato all'Aeroporto Tatoi, una ventina chilometri a nord di Atene.
  • Italia - Un velivolo con seriale 127 e insegne della ex Luftstreitkräfte und Luftverteidigung der Deutschen Demokratischen Republik (aeronautica della Germania Est) è esposto al pubblico presso il Museo dell'aviazione di Rimini.
  • Israele - Un MiG-15UTI con la livrea della ex Royal Egyptian Air Force (aeronautica del Regno d'Egitto) è esposto nel museo Heyl ha-Avir (Israeli Air Force Museum, Muzeyon Heyl ha-Avir), presso la base aerea di Hatzerim.
  • Polonia - Due velivoli sono in esposizione al Museo dell'aviazione polacca (Muzeum Lotnictwa Polskiego w Krakowie) a Cracovia: entrambi dipinti con le insegne dell'Aviazione polacca, sono rispettivamente un Lim-1 ed un Lim-2.
  • Regno Unito - Un altro esemplare di Lim-2 con i colori dell'aviazione della Corea del Nord, è esposto nel Fleet Air Arm Museum che si trova nei pressi della base navale RNAS Yeovilton, non distante dalla cittadina di Yeovil, nel Regno Unito.
  • Dipinto con le insegne polacche, un MiG-15bis è esposto al Royal Air Force Museum Cosford, nello Shropshire.
  • Repubblica Ceca - Un esemplare volante di MiG-15 UTI (S/N 242266) è di proprietà della compagnia Czech Flying Legends che partecipa con questo velivolo a varie manifestazioni aeree. L'esemplare costruito in Cecoslovacchia come CS-102 nel 1955 e poi utilizzato dalle forze aeree polacche fino al 1990, fu acquistato nel 2013 dalla Czech Flying Legends che lo ha revisionato e dipinto con la livrea dell'aeronautica militare della Repubblica Ceca la Vzdušné síly armády České republiky mentre le insegne di reparto, riportate sul muso del velivolo, sono quelle del 30. SBOLP Stíhací Bombardovací Letecký Pluk (unità di caccia bombardieri) con il caratteristico stemma della città di Ostrava. 
  • Romania - Tre esemplari di MiG-15bis con marche 246, 727 e 2713 e due MiG-15UTI con marche 2543 e 2579 sono conservati al Museo dell'aviazione di Bucarest.
  • Stati Uniti d’America - Un MiG-15bis con le insegne della V-VS (marche 2057, "rosso") è esposto al National Museum of the United States Air Force di Dayton (Ohio) situato nei pressi della Wright-Patterson Air Force Base, nella sala dedicata alla guerra di Corea.
  • Presso il "Pacific Aviation Museum Pearl Harbor" di Honolulu è esposto un Lim-2, anche in questo caso dipinto con la livrea della V-VS con marche 1524, "rosso".
  • Il National Air and Space Museum di Washington espone uno Shenyang J-2, anche in questo caso rappresentato con contrassegno sovietico, 70109 "rosso" presso lo Steven F. Udvar-Hazy Center di Chantilly, in Virginia.
  • Al Pima Air & Space Museum di Tucson sono esposti due diversi velivoli: un MiG-15bis (con insegne della Corea del Nord) ed un UTI-MiG-15 dipinto con i colori dell'Aviazione polacca.


Caratteristiche generali:

  • Equipaggio: 1
  • Lunghezza: 10,102 m (33 piedi 2 in)
  • Apertura alare: 10,085 m (33 piedi 1 in)
  • Altezza: 3,7 m (12 piedi 2 in)
  • Superficie alare: 20,6 m2 (222 piedi quadrati)
  • Radice: TsAGI S-10; punta: TsAGI SR-3
  • Peso a vuoto: 3.681 kg (8.115 libbre)
  • Peso lordo: 5.044 kg (11.120 libbre)
  • Peso massimo al decollo: 6.106 kg (13.461 libbre) con serbatoi di caduta 2x600 L (160 US gal; 130 imp gal)
  • Capacità del carburante: 1.420 L (380 US gal; 310 imp gal) interno
  • Apparato motore: 1 × Klimov VK-1 turbogetto a flusso centrifugo, spinta da 26,5 kN (5.950 lbf).

Prestazioni

  • Velocità massima: 1.076 km/h (669 mph, 581 kn) a livello del mare
  • 1.107 km/h (688 mph; 598 kn) / M0,9 a 3.000 m (9.800 piedi)
  • Velocità massima: Mach 0,87 a livello del mare
  • Velocità di crociera: 850 km/h (530 mph, 460 kn) Mach 0,69
  • Autonomia: 2.520 km (1.570 miglia, 1.360 miglia nmi) a 12.000 m (39.000 piedi) con serbatoi di drop 2x600 L (160 US gal; 130 imp gal)
  • Tangenza: 15.500 m (50.900 piedi)
  • Velocità di salita: 51,2 m/s (10.080 ft/min)
  • Carico alare: 296,4 kg/m2 (60,7 lb/sq ft)
  • Spinta/peso: 0,54.

Armamento

  • Cannoni: 2 × 23 mm Nudelman-Rikhter NR-23 autocannone nella fusoliera inferiore sinistra (80 colpi per cannone, 160 colpi in totale)
  • 1 × 37 mm Nudelman N-37 autocannone nella fusoliera in basso a destra (40 colpi in totale)
  • Punti d’attacco: 2 , con disposizioni per trasportare combinazioni di:
  • Bombe: bombe da 100 kg (220 libbre)
  • Altro: serbatoi di caduta o razzi non guidati.






Ripensare la guerra, e il suo posto
nella cultura politica europea contemporanea,
è il solo modo per non trovarsi di nuovo davanti
a un disegno spezzato
senza nessuna strategia
per poterlo ricostruire su basi più solide e più universali.
Se c’è una cosa che gli ultimi eventi ci stanno insegnando
è che non bisogna arrendersi mai,
che la difesa della propria libertà
ha un costo
ma è il presupposto per perseguire ogni sogno,
ogni speranza, ogni scopo,
che le cose per cui vale la pena di vivere
sono le stesse per cui vale la pena di morire.
Si può scegliere di vivere da servi su questa terra, ma un popolo esiste in quanto libero, 
in quanto capace di autodeterminarsi,
vive finché è capace di lottare per la propria libertà: 
altrimenti cessa di esistere come popolo.
Qualcuno è convinto che coloro che seguono questo blog sono dei semplici guerrafondai! 
Nulla di più errato. 
Quelli che, come noi, conoscono le immense potenzialità distruttive dei moderni armamenti 
sono i primi assertori della "PACE". 
Quelli come noi mettono in campo le più avanzate competenze e conoscenze 
per assicurare il massimo della protezione dei cittadini e dei territori: 
SEMPRE!
….Gli attuali eventi storici ci devono insegnare che, se vuoi vivere in pace, 
devi essere sempre pronto a difendere la tua Libertà….
La difesa è per noi rilevante
poiché essa è la precondizione per la libertà e il benessere sociale.
Dopo alcuni decenni di “pace”,
alcuni si sono abituati a darla per scontata:
una sorta di dono divino e non, 
un bene pagato a carissimo prezzo dopo innumerevoli devastanti conflitti.…
…Vorrei preservare la mia identità,
difendere la mia cultura,
conservare le mie tradizioni.
L’importante non è che accanto a me
ci sia un tripudio di fari,
ma che io faccia la mia parte,
donando quello che ho ricevuto dai miei AVI,
fiamma modesta ma utile a trasmettere speranza
ai popoli che difendono la propria Patria!
Violenza e terrorismo sono il risultato
della mancanza di giustizia tra i popoli.
Per cui l'uomo di pace
si impegna a combattere tutto ciò 
che crea disuguaglianze, divisioni e ingiustizie.
Signore, apri i nostri cuori
affinché siano spezzate le catene
della violenza e dell’odio,
e finalmente il male sia vinto dal bene…
Come i giusti dell’Apocalisse scruto i cieli e sfido l’Altissimo: 
fino a quando, Signore? Quando farai giustizia?
Dischiudi i sette sigilli che impediscono di penetrare il Libro della Vita 
e manda un Angelo a rivelare i progetti eterni, 
a introdurci nella tua pazienza, a istruirci col saggio Qoelet:
“””Vanità delle vanità: tutto è vanità”””.
Tutto…tranne l’amare.



(Fonti: https://svppbellum.blogspot.com/, Web, Google, SecretProject, Wikipedia, You Tube)