sabato 13 luglio 2019

Le fregate lanciamissili Type 22 o Broadsword della Royal Navy britannica


Le fregate lanciamissili Type 22 o Broadsword sono unità navali che hanno costituito la principale innovazione della Marina inglese negli anni ottanta, che servirono insieme ai cacciatorpediniere Type 42 rinnovando la linea di navi da combattimento e potenziando le capacità di combattimento notevolmente, ma non senza limiti e problemi di un certo livello.



Progetto

Il progetto delle navi Type 22 venne redatto per poter far fronte alle nuove esigenze militari. L'evoluzione della minaccia e delle filosofie di impiego richiese un successore delle vecchie ma efficienti fregate Leander, che erano mezzi versatili ma scarsamente adatti alle nuove esigenze operative, con un accrescimento delle dotazioni elettroniche ed elicotteristiche.
Il progetto partì comunque da quello delle Type 12 Leander, ed in effetti la cosa può in un certo senso stupire perché cronologicamente le navi più recenti erano le Type 21 Amazon. Ma le Type 22 non derivarono da queste, ma per l'appunto dalle Leander, come si nota soprattutto dalla forma dello scafo. La nave risultante, circa il 50% più pesante, era maggiormente idonea per sostenere alte velocità senza troppa influenza da parte delle condizioni di mare avverse.



Struttura

Lo scafo ha una struttura massiccia con una prua assai piccola e aguzza, con un ponte di coperta, a prua, limitato dalla presenza della tuga, che sorregge con un'altezza di un ponte le sovrastrutture tra l'avanti della plancia, dove vi è il lanciatore del missile Sea Wolf e l'hangar poppiero. La plancia è larga e bassa, con un albero sistemato posteriormente, massiccio, che sostiene il radar principale combinato di scoperta aerea e di superficie, con un'antenna cilindrica posta in maniera orizzontale, un po' come un grande radar di navigazione dei tipi che si vedono sui traghetti civili.
Posteriormente vi è un'altra struttura, con antenne di comunicazioni satellitari a capolino, un grande fumaiolo, massiccio e basso, un altro albero piuttosto grande e alto, ma senza radar, solo con antenne radio e di altro tipo. Molto separato da questo albero vi è l'hangar per due elicotteri e il lanciatore missilistico Sea Wolf posteriore. Infine vi è il ponte di volo.





Propulsione

L'apparato motore è una generazione posteriore rispetto a quello delle navi Type 12. Le vecchie turbine a ingranaggi, alimentate da caldaie ad alta pressione, sono state sostituite da quattro turbine a gas della Rolls-Royce: due potenti Olympus per le andature ad alta potenza e due Tyne per una maggiore economia nella navigazione di crociera. Gli scarichi dell'apparato motore sfogano in unico fumaiolo con una canna di maggiore diametro e una di minore apertura che convogliano i gas dei due gruppi turbine che sono a loro volta divisi in due assi, con una turbina di ciascun tipo. Le turbine non possono essere azionate in simultanea, ma solo in alternativa in configurazione COGOG, Combined Gas Or Gas. Tale configurazione rende più semplice i gruppi di trasmissione, ma non permette di sfruttare in simultanea i motori per ottenere la massima velocità possibile. Solo le ultime cinque unità sono state dotate di un apparato motore in configurazione COGAG con le quattro turbine azionabili in contemporanea.

Armamento

I sistemi d'arma scelti sono stati fondamentali per determinare le dimensioni della nave. Le Type 22 erano prevalentemente destinate alla lotta antisommergibile. I sottomarini sovietici a cui si voleva dare la caccia non erano solo armati di siluri, ma anche di missili antinave, talvolta di tipo lanciabile in immersione e con profilo di attacco a pelo d'acqua. Per contrastare queste armi non vi era nell'arsenale inglese degli anni sessanta alcun tipo di armamento navale e così venne sviluppato un modello di missile antiaereo, estremamente preciso e capace di ingaggi a pelo d'acqua, con un tempo di reazione di pochi secondi. A partire dal 1964 venne sviluppato il Sea Wolf, missile destinato a sostituire il Sea Cat. Il missile era pesante 114 kg, 14 dei quali erano per la testata bellica esplosiva a frammentazione. Sebbene questo missile fosse di per sé piuttosto piccolo, e non vi fossero sistemi di ricarica complessi perché ci si affidava a soli carrelli a mano collegati con gli elevatori sottostanti, la realizzazione nel suo complesso, costituita da lanciamissili sestuplo, radar di tiro e magazzino per 30 missili, richiedeva un volume non indifferente. Portarne due, per avere con 60 missili di riserva ed una protezione a giro d'orizzonte, era talmente impegnativo per la nave della stazza di una fregata superiore a quella dei cacciatorpediniere Type 42 con missili Sea Dart a medio raggio. Il Sea Wolf era un missile con un raggio di circa 5 km e tangenza massima di circa 3 km e quindi costituiva un'arma di sola autodifesa per la nave e non offriva nessuna copertura contro minacce ad alta o a media quota.
La classe Type 22 era risultata un progetto troppo grande e costoso e la nave non presentava alcun elemento di rilievo. Nonostante la grossa mole la nave aveva un solo radar di scoperta aerea e di superficie, senza un apparato di scoperta di superficie e aerea a bassa quota dedicato e da usare in caso di guasti o disturbi. Per la lotta antisommergibile vi era la possibilità di ospitare un paio di elicotteri Lynx e due impianti tripli di lanciasiluri antisommergibile, che almeno all'inizio non erano presenti in due delle navi del primo lotto armati di siluri Stingray e successivamente Mk 46. Gli elicotteri potevano essere armati di quattro missili antinave Sea Skua, o due siluri Stingray antisommergibile o due cariche di profondità Mk 11. L'armamento artiglieresco iniziale era costituito da due cannoni Bofors da 40mm/L70 e due mitragliere da 20mm/85. Nelle unità del secondo lotto i cannoni Bofors sono stati sostituiti da quattro cannoni Oerlikon/BMARC da 30mm/75 in due impianti binati. Per il combattimento ASuW le navi erano armate di missili antinave Exocet MM38.
Complessivamente le Type 22, almeno per quanto riguarda le unità del primo lotto , erano navi piuttosto disarmate per il loro ruolo. Le Type 22 potevano inseguire in condizioni di mare grosso i sottomarini nucleari, ma oltre a non poter raggiungere i battelli più veloci, erano influenzate dalle condizioni del tempo, in quanto in cattive condizioni meteorologiche il sonar a scafo aveva delle difficoltà nel rilevamento dei sommergibili. Nelle unità del secondo lotto si rimediò a questo inconveniente con la presenza di un sonar a profondità variabile Type 2031(Z) che non ebbe mai modo di essere installato sulle unità del primo lotto dove per motivi tecnici non vi era la possibilità di ospitare tale sensore.
Le unità del terzo lotto ebbero un incremento dell'armamento sia artiglieresco sia missilistico. A prua venne installato un cannone Vickers 114mm/55, per la difesa antiaerea di punto in sostituzione delle mitragliere da 20mm/85 è stato installato un CIWS Goalkeeper e i missili Exocet sostituiti da otto missili Harpoon in due lanciatori quadrupli. Le Type 22 con le unità del terzo lotto ebbero un'evoluzione da unità antisommergibile a unità multiruolo.

Servizio

Le prime quattro navi, Broadsword (F88), Battleaxe (F89), Brilliant (F90) e Brazen (F91) sono note come Batch 1 (lotto 1) e sono state poco più che prototipi. Il tipo aveva le potenzialità dimensionali per essere migliorate con sistemi nuovi, se solo avessero avuto una valida riprogettazione, cosa avvenuta con il Batch 2.
Le sei navi del Batch 2 ordinate negli anni successivi, Boxer (F92), Beaver (F93), Brave (F94), London (F95), Sheffield (F96) e Coventry (F98) hanno avuto come principale miglioramento la possibilità di rimorchiare il sonar filabile di cui non si era potuto disporre l'installazione nel primo lotto. Questa modifica, apparentemente di poco conto, è in realtà fondamentale per riuscire ad assicurare la localizzazione dei sottomarini, specie se assai silenziosi e in cattive condizioni meteo, che nei mari settentrionali sono tali da mettere fuori uso i sonar a scafo per circa la metà del tempo, per non parlare delle difficoltà di far operare gli elicotteri in molte situazioni pratiche.



A partire dalla Brave il sistema motore è passato alla configurazione COGAG, con le quattro le turbine azionabili in contemporanea, cosa confermata sulle unità del Batch 3. Le turbine della configurazione COGAG sono 2 Spey SM1A e 2 Tyne RM1A sempre della Rolls-Royce. Inoltre sulla Brave e su tutte le unità Batch 3 sono stati previsti hangar e ponte di volo sufficientemente grandi per un elicottero Sea King o EH-101.
Le due navi che hanno chiuso il secondo lotto sono state ribattezzate per perpetuare il nome dei due cacciatorpediniere Type 42 tragicamente perduti nella Guerra delle Falklands, dove esse presero parte con la Broadsword e la Brilliant. La seconda ebbe il maggiore successo, quando i suoi Sea Wolf abbatterono due Douglas A-4 Skyhawk argentini attaccanti e un terzo, per evitare il missile a pelo d'acqua, cadde in mare. Il cacciabombardiere superstite si allontanò in fretta, ma subito vennero sotto altri 4 aerei dello stesso tipo, che stavolta non vennero ingaggiati a causa di un guasto del computer di tiro, che trasformò una potenziale strage di aerei argentini in un sofferto pari. I due aerei che attaccarono la Brilliant la mancarono di poco, gli altri 2 colpirono il cacciatorpediniere Glasgow trapassandolo con una bomba e causandone pertanto la ritirata dal teatro operativo.




La Broadsword ebbe meno successo, anche in questo caso operava assieme ad un caccia Type 42 per avere copertura aerea a media e alta quota, quando il 25 maggio venne attaccata da 4 Skyhawk, due dei quali la mancarono di poco con una bomba che distrusse il muso dell'elicottero. La seconda coppia attaccò il Coventry e lo "coventrizzò" distruggendolo con tre bombe. Il sistema radar del Seawolf non funzionò nel momento critico per via della bassa temperatura nel locale del calcolatore, e poi non riuscì a ingaggiare l'altra coppia che stava attaccando il caccia perché esso si frappose tra la nave e i caccia a causa di un'accostata. Così esso andò distrutto. I Seawolf vennero usati con 5 successi complessivi, ridotti a 3 più uno probabile nei riesami postbellici.
I miglioramenti delle navi sono stati notevoli, in ogni caso, con le ultime quattro, a cominciare dalla Cornwall, note come Batch 3. Esse sono state le ultime della classe ad essere prodotte, con un totale pertanto di 14 navi invece che le 26 in origine previste, per sostituire in un rapporto di parità le Type 12. Questo per via dei ritardi, degli aumenti di costi e della prospettiva di una classe di navi nuove, la Type 23 che aveva ancora una volta come fondamentale la presenza del Seawolf, qui in una versione a lancio verticale, la Seawolf VL, con 32 rampe di lancio a prua. La classe ha avuto una carenza ulteriore, quella che una nave di tali proporzioni non ha visto come dotazione un cannone di medio calibro, nonostante la stazza. Tale problema, emerso durante il conflitto del sud Atlantico, ha comportato per l'ultimo lotto l'adozione del cannone Vickers 114mm/55 Mk 8, che ha una leggerezza notevole con gittata di 23 km e proiettili da 23 kg di peso. A parte questo, gli Exocet MM.38 vennero sostituiti con 2 lanciatori quadrupli per gli Harpoon americani, con gittata di 110 km anziché 42 e il sonar a scafo Type 2050 ha sostituito il precedente modello a scafo, da estendere come modifica a tutti i lotti.
Le Type 22 sono state via via sostituite dalle Type 23; le ultime unità in servizio, appartenenti al Batch 3, sono state radiate nel 2011.
Le prime quattro navi sono state cedute al Brasile con contratto di vendita siglato il 18 novembre 1994 e sono entrate in servizio nella marina brasiliana nella seconda metà degli anni novanta.
Anche le sei unità del Batch 2 sono state tutte dismesse dalla Royal Navy, tre delle quali cedute a marine estere. Delle tre unità che non sono state cedute all'estero due sono state affondate come bersaglio nell'agosto del 2004ed una venduta per demolizione ad un cantiere turco nel 2001.
Delle tre unità cedute all'estero, due sono state cedute alla Romania ed una alla Marina del Cile.

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giovedì 11 luglio 2019

Il Beretta BM 59 (in Italia noto anche come FAL, ovvero "Fucile Automatico Leggero")

L'autore del blog, luglio 1977, prima dell'esercitazione tiri  - ALBENGA (SV).


Il Beretta BM 59 (in Italia noto anche come FAL, ovvero "Fucile Automatico Leggero"), è stato l'ultimo fucile da battaglia adottato ufficialmente dall'Esercito Italiano nel 1959: la distribuzione ai reparti cominciò nel 1962 ed è stato sostituito dal fucile d'assalto AR 70/90, sempre della Beretta, negli anni novanta.




Nel 1951 l'Esercito Italiano adottò come arma d'ordinanza il fucile USA modello Garand M1 in calibro .30-06 (7,62 × 63 mm) e, a seguito di una prima fornitura, Beretta ottenne la licenza per la produzione in Italia. Il fucile Garand è stato probabilmente una delle migliori armi per fanteria della Seconda guerra mondiale, ma alla fine degli anni cinquanta cominciava ad essere obsoleto a causa della diffusione delle armi portatili automatiche nelle fanterie degli eserciti del Patto di Varsavia.
Inoltre la NATO aveva stabilito come requisiti per i fucili dei paesi aderenti al trattato una maggiore leggerezza rispetto al Garand, la capacità di tiro a raffica e l'adozione di uno stesso tipo di munizione, ovvero il 7,62 × 51 mm NATO, richiedendo quindi la modifica di armi esistenti o la progettazione di nuove.
Due erano gli obiettivi da raggiungere con la fornitura della nuova arma all'Esercito Italiano: contenere i costi, data la difficoltà nello stanziamento dei fondi da parte del ministero della difesa, ed unificare i compiti operativi delle armi individuali fino ad allora in dotazione con un'unica arma. L'ingegner Domenico Salza, della Beretta, propose la modifica progressiva del Garand già in dotazione, con una spesa notevolmente inferiore a quella richiesta per la progettazione e costruzione di una arma totalmente nuova: infatti la modifica degli esistenti M1 (o la produzione ex novo del Garand modificato) avrebbe utilizzato quasi esclusivamente i macchinari di produzione del fucile preesistente.
La polivalenza di questa nuova arma permetteva di iniziare il pensionamento dei fucili Enfield (alcuni reggimenti ne erano ancora equipaggiati nei primi anni sessanta), di parte dei fucili Garand per quanto possibile, delle carabine Winchester e dei mitra MAB il che avrebbe facilitato enormemente la logistica.
Il BM59 è un fucile da battaglia che può sparare in regime automatico o semiautomatico (fuoco selettivo).



A differenza del fucile da cui deriva, è dotato di:
  • un caricatore posto inferiormente alla culatta da 20 colpi;
  • un selettore di tiro a colpo singolo o raffica;
  • un caratteristico tricompensatore, ovvero un manicotto tromboncino frangifiamma (montato permanentemente sulla versione con il calcio completo o in quello ripiegabile lungo il fusto per truppe alpine mentre nella versione truppe avio anch'essa comprensiva di calcio pieghevole era smontabile per ridurre al massimo lo spazio occupato dall'arma) che funge anche da freno di bocca e che consente di utilizzare le granate a codolo tipo Energa e SuperEnerga a carica cava.
  • un alzo specifico (chiamato alidada) per il tiro teso della versione anticarro a carica cava delle sopra dette granate era situato sulla volata prima del tromboncino verso il calcio. Portando l'alidada in posizione di utilizzo, ovvero in posizione verticale, si blocca il flusso dei gas diretti al pistone (destinato a far retrocedere l'otturatore per il caricamento di una nuova cartuccia). In questo modo i gas prodotti dalla combustione della carica di lancio vengono utilizzati completamente per il tiro della granata da fucile. Riguardo l'utilizzo anticarro per effettuare il tiro teso con la granata bisognava collimare il bersaglio con una delle tre tacche di mira da 75, 100 e 120 metri presenti sull'apposita piastrina mobile da inserire nel sopracitato alzo prima dell'eventuale utilizzo, con il calcio dell'arma infilato saldamente sotto l'ascella del braccio ed impugnando l'arma sulla sua impugnatura a pistola, mentre l'altro braccio veniva infilato tra la cinghia e l'arma effettuando una leggera pressione sulla cinghia verso l'esterno. Il tutto sia per un più facile inquadramento del bersaglio e sia per ammortizzare meglio il forte rinculodovuto al blocco del foro di recupero gas.



Fu prodotto in cinque varianti principali:
  • BM59 Modello I, con calcio in legno. Conosciuto in Italia come "ITAL" e sul mercato estero come "BM59 Mk-1".
  • BM59 Modello II con calcio in legno e impugnatura a pistola per migliorare la tenuta da parte dell'operatore nel tiro automatico. Conosciuto sul mercato dell'esportazione come "BM59 Mk-2". In Italia non è mai stato impiegato militarmente, ma è stato venduto in quantitativi molto significativi all'esercito della Nigeria, divenendone per un certo periodo il fucile d'ordinanza e guadagnandosi anche l'appellativo di "Nigerian Type".
  • BM59 Modello III, con calcio metallico ripiegabile e impugnatura a pistola, progettato appositamente per gli Alpini Italiani e conosciuto dunque in Italia come "ITAL-TA" (TA per "Truppe Alpine"). Una variante del modello III, chiamata "ITAL-Para', o 'TP", è specificamente destinata alle truppe paracadutiste, e come tale utilizza un tricompensatore asportabile per ridurre ulteriormente le dimensioni e facilitare gli aviolanci. Conosciuto sul mercato dell'esportazione come "BM59 Mk-3".
  • BM59 Modello IV, con canna pesante e calcio in plastica, era studiato come arma di supporto nel ruolo di mitragliatrice leggera di squadra. Conosciuto in Italia come "ITAL-Pesante" e sul mercato dell'esportazione come "BM59 Mk-4", non è mai stato effettivamente utilizzato né tanto meno acquisito in quantitativi significativi dalle Forze Armate italiane. Ancora una volta, il principale sbocco commerciale di questo modello fu la Nigeria, che lo produsse anche localmente negli arsenali governativi (DICON), così come il Modello II, per la maggior parte assemblandolo con parti importate dall'Italia.
  • BM62, variante per il mercato civile, capace di solo tiro semi-automatico (a colpi singoli e non a raffica), era equipaggiato di un caricatore della capacità di soli cinque colpi calibro .308-Winchester, ed era privo sia del bipede ripiegabile che del caratteristico "tricompensatore", ovvero del manicotto, fisso sui modelli I, II e IV e rimovibile nel modello III, che funge ad un tempo da spegnifiamma, freno di bocca e lanciatore per le granate a codolo, sostituito da un rompifiamma diverso, fisso (non sostituibile col "tricompensatore") e che non consente il lancio di artifizi. La Beretta ne produsse poco più di tremila pezzi per il mercato civile italiano; un'arma molto simile denominata BM69, equipaggiata sia del "tricompensatore" militare che dell'originale caricatore da 20 colpi, fu assemblata dalla ditta statunitense Springfield Armory, inizialmente con parti importate dall'Italia poi interamente in loco con macchinari acquistati dalla Beretta, e fu venduta sul mercato civile americano durante gli anni ottanta (nello stesso periodo la Springfield Armory assemblò un certo quantitativo di BM59 a raffica). Più recentemente, la NUOVA JAGER srl ha immesso sul mercato civile italiano un'arma molto simile ma ulteriormente demilitarizzata, chiamata M-99, assemblata con Garand trasformati e parti di BM59 surplus, modificato nelle componenti meccaniche con lo stesso procedimento utilizzato dalla BERETTA per la versione civile BM62

Il BM59, nelle sue varianti, è stato adottato dall'Esercito Italiano e dalla Marina Militare italiana (per il battaglione San Marco e il Servizio difesa installazioni), nonché da altri paesi tra cui Eritrea, Argentina, Marocco, Indonesia e Nigeria; questi ultimi due paesi ottennero anche la licenza di produzione in loco, che misero in atto sia fabbricando l'arma interamente che assemblandola con alcune parti d'importazione italiana.
In Italia è rimasto in servizio fino a metà degli anni novanta, sostituito progressivamente dal più moderno fucile d'assalto Beretta AR 70/90. Questo fucile andò a far parte dell'equipaggiamento adottato dall'Esercito Italiano in Somalia nel 1993, durante l'operazione UNITAFdelle Nazioni Unite.
Nel tiro a raffica si inceppava spesso ed era evidente l'ingestibilità nel tiro automatico. Inoltre aveva il difetto di deviare il tiro a "sinistra" del bersaglio. Ciò era dovuto all'effetto dell'espulsione del bossolo verso destra dell'otturatore. Tecnica diffusa e insegnata in addestramento (così come il Garand M1) era mirare leggermente a destra in basso del bersaglio per compensare la deviazione del rinculo durante il fuoco. Tale confidenza si acquisiva dopo qualche esercitazione e il tiro non era poi così impreciso, specie nella posizione a terra e/o sul bipede di cui era dotato. Il munizionamento era assai potente e veloce (7,62 NATO). Nel tiro automatico a lungo raggio era di norma la raffica breve a 2-3 colpi, le raffiche lunghe erano pressoché inutili. Il tiro rapido con l'arma sottobraccio era molto impreciso oltre i 30-50 metri e sicuramente nel combattimento a brevissima distanza ci si trovava in svantaggio per l'ingombro e il peso.
Decisamente meglio era la versione per le truppe alpine e paracadutiste che con il calcio ripiegabile, offriva una migliore maneggevolezza, leggerezza e velocità nel tiro ravvicinato e un miglior appoggio spalla, estendendo il calcio in metallo, nel tiro di precisione.
Curiosità
Questo fucile fu distribuito fino al 1974 ad integrazione del 91 cavalleria (poi sostituito dalla carabina M1) ed ai battaglioni mobili dell'Arma dei Carabinieri nonché ai Reparti dei "Baschi Verdi" della GdF con funzione di lancia lacrimogeni nei servizi di ordine pubblico.
A bordo delle navi della Marina Militare il Fal veniva utilizzato anche come fucile lanciasagole, selezionando la modalità lanciagranate per convogliare i gas di sparo nella bocca da fuoco, ed impiegando cartucce con carica ridotta (senza proiettile): grazie alla spinta dei soli gas di combustione il fucile sparava un cilindro cavo di alluminio con testa gommata incastrato sulla bocca da fuoco, a cui era fissata una lunga sagola che veniva così lanciata ad una certa distanza dalla nave (non più di 50m) srotolandosi da una cassettina dove era stata opportunamente arrotolata per evitare che si imbrogliasse. Questa tecnica serviva soprattutto nei rifornimenti in mare, quando le navi devono assicurarsi a vicenda con una o più grosse cime per lo scambio di carichi o persone. Ogni cima veniva legata in fondo alla sagola sparata sull'altra nave. A questo punto bastava tirare la sagola da parte dell'equipaggio della nave raggiunta dalla testa gommata per poter recuperare e poi fissare la cima, ben più voluminosa e pesante. Per motivi di sicurezza non venivano usate cariche complete, il che impediva alla sagola di raggiungere distanze superiori.
La denominazione non ufficiale dell'arma, ovvero "Fal", può ingenerare confusione col nome di un fucile molto differente e ben distinto, lo FN FAL belga. Questo perché entrambi gli acronimi stanno per "Fucile Automatico Leggero" (Fusil Automatique Léger in francese per l'arma belga). Col suo peso di 4 chili e 400 grammi da scarico, dovuto soprattutto all'ampio uso di stampaggi metallici nella costruzione per limitare i costi, l'arma era in realtà tutt'altro che leggera, e questo le guadagnò tra le truppe il nomignolo di "fucile automatico pesante", o "Fap".
Nel giugno 2015 l'arma dei Carabinieri ha iniziato a dismettere e vendere all'asta oltre 15.000 BM-59. Nella prima metà del 2016 l'azienda vincitrice dell'asta l'italiana Nuova Jager Srl ha provveduto a demilitarizzarli, trasformandoli in carabine semiautomatiche, e a venderli sul mercato civile a collezionisti e tiratori.

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