domenica 10 novembre 2019

AFFONDATE LA CORAZZATA "WIEN"!


La SMS Wien è stata una nave da battaglia classe Monarch della k.u.k. Kriegsmarine, la marina militare dell'Impero Austroungarico.
Impostata nel 1893 e varata nel 1895, venne classificata come "nave da battaglia da difesa costiera". Nel 1897 partecipò alle manovre a Spithead per i 60 anni di regno della regina Vittoria. Partecipò alla prima guerra mondiale dai porti dell'Adriatico, bombardando le installazioni costiere di Golis il 9 settembre 1914 e nei giorni seguenti le batterie installate sulla costa del Montenegro. Alla fine del mese di agosto 1915 appoggiò gli sbarchi austriaci a Traste, nella zona di Cattaro. Nell'agosto 1917 insieme alla sorella SMS Budapest venne assegnata a Trieste ed il 6 novembre successivo attaccò la batteria costiera di Cortellazzo, venendo colpita sette volte dall'artiglieria italiana e da due MAS, i cui siluri non andarono a segno.




L’affondamento

In seguito all'attacco alla batteria alle foce del Piave i comandi italiani decisero di neutralizzare questa minaccia. Il compito fu affidato all'allora sottotenente di vascello Luigi Rizzo. La sera del 10 dicembre 1917 Rizzo partì al comando di un'unità MAS composta da due motoscafi, il MAS 9 e il MAS 13 per attaccare i due navigli austriaci ancorati nel Vallone di Muggia.
I due MAS, trainati da altrettante torpediniere da Venezia fino al mezzo del golfo di Trieste, partirono con i loro motori elettrici fino alla diga nord della baia. Rizzo verificò che l'incursione non fosse stata notata prima di dare l'ordine di tagliare le ostruzioni che impedivano l'accesso alla baia. Dopo due ore era stato tagliato anche l'ultimo dei cavi d'acciaio messi a diversi livelli sotto il livello dell'acqua e i due MAS entrarono nel varco creato. Il MAS 9 puntò sulla SMS Wien, il MAS 13 sulla SMS Budapest. A 50 metri dalla sagoma della Wien Rizzo ordinò, senza essere stato notato dalle sentinelle austriache, il lancio dei siluri. Contemporaneamente furono lanciati anche i siluri sulla Budapest dal MAS 13 ma al contrario dei siluri del MAS 9 che centrarono in pieno la Wien quelli del MAS 13 mancarono il bersaglio ed esplosero sulla banchina.
La SMS Wien affondò in soli cinque minuti dopo il suo siluramento portando con sé 33 uomini d'equipaggio. Il comandante, il capitano di fregata Leopold Huber von Schebenhain si salvò. Rizzo invece fu insignito per l'azione con la Medaglia d'oro al valor militare.
Il capo di stato maggiore della marina, a proposito dell’affondamento della Wien, comunicò:
“Nella notte dal 9 al 10 dicembre nostro naviglio sottile, a prendersi il varco attraverso varie costruzioni a pelo d'acqua e subacquee, entrava nel porto di Trieste che lanciava contro due navi tipo ‘Monarch’ quattro siluri, i quali esplosero tutti. Una delle navi, la Wien, è colata a picco. Quantunque fatto segno a lancio di siluri e ad intenso fuoco nemico, le nostre unità sono ritornate incolumi alla loro base.”
Dall’agosto 1917, insieme alla gemella Budapest la Wien era in servizio presso il porto di Trieste. All’inizio di novembre aveva rischiato l’affondamento durante l’attacco a Cortellazzo, venendo colpita 7 volte dalle nostre artiglierie. 2 dei nostri MAS l’attaccarono con dei siluri ma i colpi non andarono a segno.
Gli alti comandi della nostra Marina decisero di neutralizzare la minaccia rappresentata da queste navi che da alcuni giorni infierivano sulle difese alla foce del Piave. Il sottotenente di vascello Luigi Rizzo, venne incaricato di condurre l’attacco con 2 MAS (9 e 13) alle due navi ormeggiate nel Vallone di Muggia, vicino Trieste.
I MAS vennero trainati dal porto di Venezia da due torpediniere fin dentro il golfo di Trieste per poi proseguire usando i motori elettrici fino alla baia. Qui aperta una breccia nelle difese nemiche che ostruivano l’accesso alla baia si diressero verso le 2 corazzate Wien e Budapest. I siluri del MAS 9 colpirono la Wien affondandola in soli 5 minuti ma quelli del MAS 13 mancarono la Budapest ed andarono ad esplodere contro il molo.




Due siluranti avevano i motori sotto pressione, nel porto di Lido di Venezia: erano la torpediniera « 9 P.N. »,  comandante Silvio Bonaldi e « 11 P.N.  », comandante Mario Pellegrini. Usciranno in mare, destinazione ignota, rimorchiando il « Mas 9 » del tenente di vascello Luigi Rizzo, e il « Mas 13 », capo timoniere Andrea Ferrarini.  




La squadriglia era al comando del capitano di fregata (C.F.) Carlo Pignatti di Morano.  Solo i marinai imbarcati su queste unità sapevano della missione: puntare sul golfo di Trieste, entrare nel Vallone di Muggia, penetrare nel porto e attaccare con i siluri dei due Mas le corazzate  «Wien» e «Budapest» che proprio in quei giorni avevano lasciato la loro base di Pola per gettare l'ancora a Trieste, con il disegno di intraprendere il bombardamento dei litorale fino a Venezia.
Condizioni dei mare, pessime durante la prima settimana di Dicembre che andavano migliorando e sembravano accettabili. Ostacolo maggiore al tentativo?  La luna! Il chiarore lunare rendeva impossibile la sorpresa e dunque bisognava aspettare una notte illune. Era quella tra il 9 e il 10 dicembre: quindi non c'era scelta: tra il 9 e il 10 dicembre che bisognava tentare. Non vi sarà scorta, si doveva offrire al nemico il minimo di possibilità di rilevamento. Le torpediniere trascineranno i Mas fino alla minor distanza possibile dall'obiettivo. Poi toccherà a Rizzo e a Ferrarini.  Il rientro alla base era una mera speranza.
Il piano fu predisposto con cura. Quando il capo di Stato Maggiore della Marina, l'ammiraglio Thaon di Revel, seppe che le due grandi navi austriache avevano lasciato Pola per Trieste, pensò subito di attaccarle e distruggerle. Il pericolo che esse rappresentavano era troppo alto. Lo studio dell'azione  fu condotto insieme con il comandante in capo della piazza di Venezia, ammiraglio Cito, con il comandante della squadriglia torpediniere Pignatti di Morano, con Rizzo stesso. Rizzo fu considerato il maggiore esperto d'incursioni nel golfo di Trieste. Ne aveva compiuto a decine, con le torpediniere e i Mas, ed era stato a lungo di base a Grado con Dentice di Frasso, per due volte era andato in osservazione fin sulle dighe di Muggia, possedeva dunque un'esperienza unica. In quel periodo prestava servizio presso il comando del Reggimento San Marco, composto dai primi «marines» italiani. Solo due giorni prima dell'operazione si riesce a matterlo a disposizione del comando torpediniere, il tempo per preparare la missione in ogni dettaglio, poi via!
L'urgenza di eliminare la « Wien» e la « Budapest » era oramai indispensabile. Le due navi erano tornate a Trieste per appoggiare dal mare l'azione austriaca sull'isonzo. Già il 16 novembre avevano tentato di attaccare l'ala destra dei nostro esercito sul basso Piave e di mettere fuori combattimento le batterie della marina a Cortellazzo. Uscirono in pieno giorno i Mas di Costanzo Ciano e si deve al loro ardimento se l'azione nemica, in sé pericolosissima, era stata sventata. Ma poteva essere ripetuta. Di qui la necessità di scovare le due corazzate e di colpirle: la loro presenza a Trieste aveva fatto aumentare le già munite difese del porto, si erano predisposti posti di osservazione e di guardia sulle dighe di Muggia, disposte ronde in mare, chiusi gli accessi con cavi metallici, sparse ovunque in abbondanza mine. Altri ostacoli: la difficoltà di eludere per molto tempo la vigilanza dei proiettori sul golfo; la durata delle operazioni per eliminare le ostruzioni, che forse poteva richiedere ore di lavoro allo scoperto; il dubbio se fosse possibile, a impresa conclusa, ritrovare il varco per l'uscita, quando l'allarme già coinvolgerà l'intera squadra nemica e sarà in atto la furiosa reazione all'agguato.
Si poteva tentare, insomma. Ma la riuscita era affidata all'estro dei singoli ed alla fortuna. Cosi finalmente si parte. Uscirono quando oramai era calata la notte. Il mare era leggermente mosso da levante, il buio fosco. Non c'era vento e il freddo pungente. Rizzo indossava il suo casaccone di pelle, il berrettaccio di lana sul quale aveva infilato il casco di cuoio, i guanti. Soffriva di artrite, contratta nelle lunghe veglie notturne in mare aperto. Si era spalmato sul corpo un unguento lenitivo che mandava un acuto odore di canfora. Ed aveva appena trent'anni.
Si buttarono al largo, invece di navigare sottocosta, per evitare gli sbarramenti di torpedini di Cortellazzo e l'insidia dei proiettori nemici. Mano a mano che avanzano, la nebbia si faceva sempre piu' densa. Oltrepassato traverso di Capo Salvore, la nebbia era talmente fitta da far dubitare che si potesse continuare, in simili condizioni; la navigazione era basata unicamente sul senso d'orientamento dei piloti. Si andava avanti lo stesso sperando che la cappa grigia si levasse. Le torpediniere, per ore, non vedevano le loro prue che un cielo implacabilmente chiuso, senza una stella per regolare la rotta. Erano le ventidue quando Pignatti di Morano ordinò di ridurre la velocità: aveva la certezza di essere vicino ad un centro abitato. Fece arrestare constatando di trovarsi ormai a poche centinaia di metri dalla costa. Ma quale? Rizzo osservò che erano stati trascinati dall'oscurità e dalle correnti marine verso sud.
Accostarono opportunamente e si portarono nel punto prestabilito che i Mas si staccheranno dalle torpediniere. Era il momento di lasciarsi. I due piccoli scafi, ora, andranno verso il loro destino.
Erano le 22.45 quando i due Mas accesero i motori per scomparire nel buio. La nebbia, improvvisamente, cominciò a diradarsi. Rizzo fece mettere in moto i motori elettrici, per ridurre il rumore al minimo e, di conseguenza, le possibilità di individuarli da parte dei nemico. Sotto costa, riconobbe subito località Punta Grossa.  A velocità ridottissima, pratico com'era dei luoghi, raggiunse la testata nord della maggiore diga di Muggia: e là forzerà il passaggio per penetrare nel Vallone. La sua temerarietà arrivò al punto di far ormeggiare il Mas sotto la scogliera. Balzò a terra, da solo, per assicurarsi che non vi fossero guardie o posti di osservazione, per non correre il rischio di imbattersi in pattuglie di vigilanza sulle dighe.
Poi, sempre da terra, fece trascinare i Mas con una cima presso l'ostruzione dei cavi di acciaio che sbarravano l'accesso al porto. Cominciò la lunga e drammatica operazione di forzamento. I cavi erano numerosi, in qualsiasi istante la luce dei proiettori avrebbe potuto centrare quella piccola pattuglia di sabotatori, far scattare l'allarme, scatenare su di loro il fuoco di tutte le batterie di Trieste. In qualsiasi istante una sentinella avrebbe potuto notare il movimento, un battello di sorveglianza individuarli dal mare. Lavoravano febbrilmente, col sudore che colava sugli strumenti e rendeva ancora più difficile la manipolazione. Lavoravano con l'ansia del tempo che passava inesorabile. Ne resterà abbastanza per andare all'attacco, prima che l'alba avesse reso impossibile l'azione con le sue luci?
Per colmo di sfortuna, dopo che si erano tagliati i cavi più grossi, la cesoia idraulica smise di funzionare e si potè limare sott'acqua gli altri, i più sottili, rimasti solo schiacciati dallo strumento ormai difettoso. Si persero per questo due ore, con continue interruzioni ogni volta che i fasci dei riflettori inquadravano la costa della diga: e allora bisognava buttarsi carponi e nascondersi tra i massi della scogliera, con il cuore in gola. In quell'immenso silenzio, si udirono lontane voci da terra, passi di gente che si allontanava, echi di richiami.
I siluri di Rizzo raggiunsero la fiancata della « Wien » e subito si alzarono due colonne d'acqua altissime nel punto dove la corazzata era stata centrata: quasi subito la nave cominciò a inclinarsi e ad affondare, una nave varata nel 1895, con un dislocamento di 5.600 tonnellate, armata con quattro cannoni Krupp da 240 mm, sei cannoni Skoda da 152 mm, 12 cannoni da 47, un equipaggio di 441 marinai.
Facile immaginare il seguito. Mentre la « Wien » affondava e la « Buclapest» era colpita, sia pur non gravemente, un riflettore si accese sulla corazzata colpita, poi si spense insieme a tutte le altre luci di bordo; da ogni direzione i cannoni cominciano a sparare; si udirono grida di soccorso; l'allarme investì l'intera piazza; i proiettori illuminarono la rada e perfino il cielo, perché in principio gli austriaci credevano che l'offesa fosse venuta dall'aria con gli idrovolanti e spararono con i pezzi antiaerei; si levarono i bagliori rossi dell'incendio della « Wien », mentre gli uomini si gettavano in acqua, tentando di salvarsi. I Mas messi in azione i motori a scoppio, presero il largo velocissimi. Puntando verso il centro della diga maggiore, la costeggiarono, ritrovano il varco ed uscirono in mare aperto.
A bordo delle due torpediniere in attesa, si vissero ore d'angoscia. I minuti sembrarono secoli. La « 9 P. N. » diede fondo a un ancorotto, l'altra rimase pronta, in moto lentissimo, senza mai perdere di vista la gemella. Quando da Trieste giunse il rombo delle esplosioni e si scorsero nella notte le luci fosche dell'incendio, cominciò l'attesa più terribile. Torneranno? Saranno catturati? Saranno riusciti nella loro missione? Mentre il golfo era un mare di luce, ecco apparire per primo il Mas di Luigi Rizzo.
Erano salvi: « Il più grande entusiasmo invase tutti i cuori. Gli urrà e gli evviva risuonarono altissimi sull'ampia distesa dell'Adriatico deserto: mai dimenticheremo quei momenti di cosi santa e profonda commozione. Rizzo sale sulla  « 9 P. N. »: lo abbraccio, lo bacio ». Bisogna informare subito dei successo, via radio, il comandante in capo della piazza di Venezia, l'ammiraglio Cito. Ma ricordando come il nemico, quando deve registrare qualche colpo fortunato, non manca mai della cattiveria di annunciarlo egli stesso agli italiani, nella nostra lingua, facendolo premettere dalle parole  « ecco notizie per voi », gli uomini della squadriglia vittoriosa pensano che è finalmente venuto il momento di vendicarsi. E via radio, in lingua tedesca, facendolo anch'essi precedere dal fatidico « ecco notizie per voi »  lanciano a loro volta il seguente messaggio: « Wien e Budapest attaccate. Tutti i siluri esplosi. Una delle due navi affondata, l'altra probabilmente colpita. Viva il re ».
Così era finita. Puntarono su Venezia, mentre cominciò a far giorno. Spuntò l'alba su di un cielo nuvoloso e plumbeo. Quella notte Rizzo e i suoi compagni dormiranno. Saranno gli austriaci a vegliare a Trieste. Ma era oramai troppo  tardi!

Il recupero della prua della WIEN

Nel 1925 vennero recuperati come pezzi di ricordo lo sperone di prua e il pezzo della poppa con il nome della corazzata; il primo venne regalato a D'Annunzio per il suo Vittoriale, mentre il secondo è oggi conservato al Museo storico navale di Venezia. Inoltre vennero recuperati altri pezzi come la fiancata colpita dai siluri ed alcuni frammenti murati poi nella diga foranea di Muggia che prese poi il nome di Rizzo. L'ancora venne regalata all'ammiraglio, all'epoca capitano di vascello, Carlo Pignatti Morano di Custoza.
La demolizione del relitto proseguì fino agli anni '50 quando tra il 1953 e il 1955 fu utilizzato anche l'esplosivo per il recupero. Oggi la corazzata “SMS Wien” giace ancora là dove è stata affondata. I suoi resti sono stati ritrovati nel 2008 a meno di mezzo miglio di distanza dalla Ferriera di Servola e a circa 20 metri di profondità. A cento anni di distanza, i frammenti della corazzata della Marina austroungarica, silurata la notte del 10 dicembre 1917, verranno restaurati ed esposti al pubblico. Il recupero dei frammenti della grande corazzata è stato eseguito da personale sommozzatore formato per gli interventi subacquei in ambienti confinati, equipaggiato con attrezzature individuali per soccorsi subacquei e in ambienti acquatici e dalla squadra dei sommozzatori dei Vigili del Fuoco di Trieste che hanno lavorato a venti metri di profondità in condizioni ambientali rese difficoltose dalla quasi totale assenza di visibilità dovuta alla natura fangosa del fondale. Ciò che rimane del relitto dell'unità da guerra austroungarica appare come un grande scheletro, coperto da uno spesso strato di fango dal quale emergono pezzi contorti della fiancata, alcune ordinate, parti di un ponte, frammenti di quella che fu un’unità da combattimento da 5.600 tonnellate.
La corazzata Wien era andata a fondo in soli cinque minuti portando con sé 33 uomini d'equipaggio, mentre i naufraghi sopravvissuti raggiunsero la riva a nuoto. I due Mas riuscirono a sfuggire alla reazione della difesa costiera austriaca e a rientrare alla base. Per l’azione Rizzo fu insignito della Medaglia d’Oro al Valor Militare. Molti fra i marinai imbarcati sul Wien erano triestini, allora sudditi dell’Impero austro-ungarico. Dopo la guerra, diventata Trieste italiana, nel 1925 furono recuperati dal relitto lo sperone di prua e il frammento della poppa con il nome della corazzata. Il primo venne regalato a D’Annunzio per il suo Vittoriale, mentre il frammento della poppa si trova oggi al Museo Storico navale di Venezia. Nel decennale dell’azione, nel 1927, lo stesso Luigi Rizzo indossò lo scafandro da palombaro e scese sul relitto della nave che aveva affondato.
L’impresa di Trieste, predisposta da Rizzo sin dalla primavera di quel stesso anno e avvallata da Thaon di Revel (il quale non esitò a verificare di persona la “scena” del forzamento del porto triestino in una notte del settembre 1917, spingendosi a bordo di un motoscafo a poche centinaia di metri dalle ostruzioni nel corso della redazione finale del piano di Rizzo), ebbe il preciso obiettivo di alleggerire la pressione austro-ungarica contro Venezia. La città lagunare rappresentava, infatti, la maggiore e più avanzata base del teatro navale italiano in Alto Adriatico, quella che teneva sotto scacco Pola, la principale base austroungarica che distava a sole 70 miglia dalla laguna. Inoltre Venezia proteggeva il lato a mare dell’Esercito italiano e contribuiva con i caccia, le torpediniere, i MAS, i pontoni armati, i sommergibili e gli idrovolanti del maggiore idroscalo del mondo ad attaccare costantemente l’ala a mare dell’Esercito asburgico.
La Marina Italiana, dopo avere arrestato a Cortellazzo, il 16 novembre 1917, l’offensiva nemica, impedendo così ai tedeschi e agli austriaci di arrivare a Venezia e di vincere, sull’onda di Caporetto, la guerra italiana ed europea, tornò così all’offensiva avendo quale obiettivo le corazzate Wien e Budapest. Quelle stesse corazzate che, pur respinte a Cortellazzo grazie all’epica resistenza dei marinai della batteria costiera 001 comandata dal tenente di Vascello Bruno Bordigioni e dal successivo intervento dei MAS, delle corazzate, delle siluranti e degli idrovolanti italiani, continuava a rappresentare, a tutti gli effetti, una costante minaccia potenziale per il fronte a mare italiano.




Ma torniamo alla notte di Trieste

I MAS erano dotati di speciali cesoie idropneumatiche montate a prora allo scopo di tagliare le ostruzioni poste a protezione del porto. Durante le esercitazioni quell’apparato, macchinoso ma silenzioso, aveva funzionato. Quella notte, invece, no. La diversa consistenza dei cavi austro-ungarici faceva sì che le mandibole di quelle cesoie masticassero, anziché tranciare, i cavi. Ci vollero 55 lunghissimi minuti di lento ruminare in luogo del fulmineo “ciak” programmato. Cinquantacinque minuti bestiali durante i quali una vedetta o una delle sentinelle che camminavano su e giù lungo la diga foranea nel tentativo di scaldarsi, avrebbero potuto dare l’allarme. 
Ma i nostri uomini riuscirono, alla fine, a superare le ostruzioni. Neppure il dopo fu facile. I tempi erano saltati clamorosamente a causa di quel ritardo imprevisto. Furono necessari ulteriori 40 minuti per individuare i bersagli muovendosi silenziosamente e lentissimamente nell’oscurità del porto con la propulsione smistata sui motori elettrici delle siluranti e quindi accertarsi che le corazzate nemiche non fossero protette da reti para-siluri. Per fare questo i MAS si spinsero quasi a toccare le navi da battaglia austro-ungariche per poi tornare indietro e portarsi nel cerchio di lancio alla distanza necessaria per attivare le testate esplosive dei siluri.




ENGLISH

SMS Wien  ("His Majesty's Ship Vienna") was one of three Monarch-class coastal defense ships built for the Austro-Hungarian Navy in the 1890s. After her commissioning, the ship participated in an international blockade of Crete during the Greco-Turkish War of 1897. Wien and the two other Monarch-class ships made several training cruises in the Mediterranean Sea in the early 1900s. They formed the 1st Capital Ship Division of the Austro-Hungarian Navy until they were replaced by the newly commissioned Habsburg-class predreadnought battleships at the turn of the century. In 1906 the three Monarchs were placed in reserve and only recommissioned for annual summer training exercises. After the start of World War I, Wien was recommissioned and assigned to 5th Division together with her sisters.
The division was sent to Cattaro in August 1914 to attack Montenegrin and French artillery that was bombarding the port and they remained there until mid-1917. Wien and her sister Budapest were sent to Trieste in August 1917 and bombarded Italian fortifications in the Gulf of Trieste. On the night of 9–10 December, while Wien and Budapest were at anchor in Trieste, two Italian torpedo boats managed to penetrate the harbor defenses undetected and fired several torpedoes at the two ships. Budapest was not hit, but Wien was struck by two torpedoes and sank in less than five minutes with the loss of 46 of her crew. The wreck was salvagedsometime during the 1920s by the Italians.

Description and construction

At only 5,785 tonnes (5,694 long tons) maximum displacement, the Monarch class was less than half the size of the battleships of other major navies at the time and were officially designated as coast defense ships. The Austro-Hungarian government believed that the role of its navy was solely to defend her coast.
Wien had an overall length of 99.22 meters (325 ft 6 in), a beam of 17 meters (55 ft 9 in) and a draft of 6.4 meters (21 ft 0 in). Her two 4-cylinder vertical triple-expansion steam engines produced a total of 8,500 indicated horsepower (6,300 kW) using steam from five cylindrical boilers. These gave the ship a maximum speed of 17.5 knots (32.4 km/h; 20.1 mph). Wien's maximum load of 500 metric tons (490 LT) of coal gave her a range of 3,500 nautical miles (6,500 km; 4,000 mi) at a speed of 9 knots (17 km/h; 10 mph). She was manned by 26 officers and 397 enlisted men, a total of 423 personnel.
The armament of the Monarch class consisted of four 240-millimeter (9.4 in) Krupp K/94 guns mounted in two twin-gun turrets, one each fore and aft of the superstructure. The ships carried 80 rounds for each gun. Their secondary armament was six 150-millimeter (5.9 in) Škoda guns located in casemates in the superstructure. Defense against torpedo boatswas provided by ten quick-firing (QF) 47 mm (1.9 in) Škoda guns and four 47-millimeter QF Hotchkiss guns. The ships also mounted two 450-millimeter (18 in) torpedo tubes, one on each broadside. Each torpedo tube was provided with two torpedoes. After 1917 refits one Škoda 7 cm K16 anti-aircraft gun was installed.
The ship's nickel-steel waterline armor belt was 120–270 millimeters (4.7–10.6 in) thick and the gun turrets were protected by 250 millimeters (9.8 in) of armor. The casemates had 80 millimeters (3.1 in) thick sides while the conning tower had 220 millimeters (8.7 in) of armor. Wien's deck armor was 40 millimeters (1.6 in) thick.
The Monarch-class ships were ordered in May 1892 with Budapest and Wien to be built at the Stabilimento Tecnico Triestino shipyard in Trieste. Both ships were laid down on 16 February 1893, the first ships in the class to be laid down. Wien was launched on 7 July 1895 by Countess Kielmannsegg, wife of the Governor of Lower Austria, and commissioned on 13 May 1897.

Service history

Peace time

After her commissioning, Wien took part in Queen Victoria's Diamond Jubilee International Fleet Review at Spithead on 26 June 1897, as well as an international blockade of Crete during the Greco-Turkish War of 1897. She was back at Pola on 16 April 1898. Wien and her sisters formed the Navy's 1st Capital Ship Division (I. Schwere Division) in 1899 and the division made a training cruise to the Eastern Mediterranean where they made port visits in Greece, Lebanon, Turkey and Malta later that year. In early 1902 they made another training cruise to the Western Mediterranean with port visits in Algeria, Spain, France, Italy, Corfu, and Albania. The ship was fitted with a Siemens-Braun radio early the following year. The ships of the division were inspected by Archduke Franz Ferdinand, the heir to the throne, in March 1903 at Gravosa. Shortly afterwards, Wien, Budapest, the battleship Habsburg and the destroyer Magnet made a cruise to the Eastern Mediterranean. Wien served as flagship of the division until she was posted at Salonica, Greece on 13 May to support Austro-Hungarian interests there after several terrorist acts against Austro-Hungarian citizens. She returned to Pola on 10 June and resumed her assignment as flagship. In 1904, the Monarch-class ships formed the 2nd Capital Ship Division and they took part in the 1904 cruise of the Adriatic and Mediterranean Seas as well as training exercises in which the three Habsburg-class battleships engaged the Budapest and her sisters in simulated combat. Those maneuvers marked the first time two homogeneous squadrons consisting of modern battleships operated in the Austro-Hungarian Navy. In 1905, Wien made a cruise of the Levant and visited ports in Greece, Turkey, Egypt and Albania. Later that summer, the ship ran aground during a night exercise off MeledaIsland; it took two tries by Budapest and Habsburg to pull her off. She had to be dry-docked for repairs.
The Monarchs were relegated to the newly formed Reserve Squadron on 1 January 1906 and were only recommissioned for the annual summer exercises. They participated in a fleet review by Archduke Franz Ferdinand in September conducted in the Koločepski Channelnear Šipan. The ships were briefly recommissioned at the beginning of 1913 as the 4th Division after the start of the Second Balkan War, but were decommissioned again on 10 March.

World War I

With the beginning of World War I the three Monarchs were recommissioned as the 5th Division. They were sent down to the Cattaro in August 1914 to attack Montenegrin artillery batteries on Mount Lovćen bombarding the Austro-Hungarian naval base at Cattaro and the fortifications defending it. Budapest and her sisters arrived on 13 August, but their guns could not elevate sufficiently enough to engage all of the enemy artillery, which was reinforced by eight French guns on 19 October. The battleship Radetzky was summoned to deal with the guns two days later and she managed to knock out several French guns and forced the others to be withdrawn by 27 October. The Monarchs remained at Cattaro until mid-1917 to deter any further attacks. In August, Budapest and Wien were transferred to Trieste to serve as guard ships against Italian commando raids. Each ship was fitted with a 66-millimeter (2.6 in) anti-aircraft gun after their arrival on 26 August to counter constant Italian air attacks. Wien was damaged by a near miss on 5 September and both ships withdrew to Pola on 12 September.
They returned to Trieste on 30 October[15] and sortied into the Gulf of Trieste on 16 November to attack Italian coastal defenses at Cortellazzo, near the mouth of the Piave River. Budapest and Wien opened fire at 10:35 at a range of about 9–10 kilometers (5.6–6.2 mi) and knocked out most of the Italian guns after about a half-hour. Their bombardment was interrupted by several unsuccessful Italian air attacks before a more coordinated attack was made by five MAS torpedo boats and five aircraft around 13:30. This was also unsuccessful and the last Italian coast defense gun was knocked out an hour later. Wien was hit seven times in the superstructure and only lightly damaged; none of her crewmen were wounded.
Anxious to revenge themselves against the Austro-Hungarians, the Regia Marina (Royal Italian Navy) made plans for a sneak attack on the two ships in their berths in the Bay of Muggia, near Trieste, by MAS launches. On the night of 9/10 December, two MAS boats managed to penetrate the harbor defenses undetected, and fired torpedoes at Wien and Budapest at 02:32. The torpedoes fired at Budapest missed, but Wien was hit by two torpedoes fired by MAS 9, commanded by Lieutenant (tenente di vascello) Luigi Rizzo, that blew a hole 10.5-meter (34 ft) wide abreast the boiler rooms. All of the watertight doors were open on board the Wien and the ship capsized in five minutes despite an attempt to counter her growing list by flooding the trim tanks on the opposite side. The attack killed 46 members of the crew. Both Italian boats escaped without being detected and Rizzo was awarded the Gold Medal of Military Valor.
Wien was buried in the mud of the harbor bottom at a depth of 16.5 meters (54 ft) and salvage of the ship was ordered on 14 December. That same day the navy convened a court-martial of Vice Admiral Alfred Freiherr von Koudelka, commander of the naval district, the captains of both ships, and the commander of the naval defenses of Trieste. On 16 January 1918, the court convicted all four individuals for failing to take all possible precautions to protect the ships and failing to ensure that the precautions were taken. As punishment the court recommended that Koudelka and the two ship captains be retired and the commander of the naval defenses of Trieste to be returned to his former reserve status. Emperor Karl approved the recommendations on 23 January.
The navy ordered that the salvage of Wien be stopped on 7 June and the wreck was ultimately salvaged by the Italians sometime during the 1920s. A section of the ship's stern is on display at the Museo Storico Navale in Venice.

(Web, Google, Wikipedia, You Tube)























Il Messerschmitt P.1101


Il Messerschmitt P.1101 era un prototipo di caccia intercettore ogni-tempo tedesco monoposto sviluppato per rispondere alla richiesta del luglio 1944 per un caccia di emergenza, che doveva formare la seconda generazione di jet per il Terzo Reich. Una caratteristica del prototipo del P.1101 era che la freccia alare poteva essere regolata prima del volo, facendo di questo aereo il precursore dei moderni velivoli da combattimento con ala a geometria variabile, come ad esempio l'F-14 Tomcat.




Storia del progetto

Il 15 luglio 1944 l'alto comando della Luftwaffe emise i requisiti relativi ad un "caccia di emergenza" (Jägernotprogramm), dotato di propulsione a reazione in grado di garantire il raggiungimento di una velocità di circa 1.000 km/h. Nove giorni dopo l'emissione ufficiale dei requisiti l'ingegnere Hans Hornung, dell'ufficio tecnico della Messerschmitt AG, aveva già steso la bozza su carta del progetto P.1101. L'aereo inizialmente sviluppato disponeva di un turboreattore Heinkel HeS 109-011 da 1 300 kg/s, con due prese d'aria di alimentazione di forma rotonda, disposte anteriormente sui lati dell'abitacolo. Quest'ultimo era posizionato nella parte anteriore della fusoliera, dotato di la cappottina completamente integrata nel muso rotondo dell'aereo. Il velivolo era un monoplano, con ala media avente configurazione a doppio delta, e angolo di freccia di 40° alla radice e di 26° alle estremità. La fusoliera era corta e larga, dotata di impennaggi di coda a V montati su un'asta affusolata che si estendeva sopra l'ugello del motore. Il carrello di atterraggio era triciclo anteriore, completamente retrattile. L'armamento previsto si basava su due cannoni Rheinmetall-Borsig Mk 108 da 30 mm posizionati nella parte anteriore della fusoliera, e il velivolo poteva trasportare in emergenza una bomba da 500 kg. Dopo l'esame preliminare del progetto, avvenuto nell'agosto 1944, l'aereo venne accantonato dalle autorità militari tedesche.
L'ingegnere Willy Messerschmitt però credeva fortemente in tale aereo, e durante un incontro di lavoro avvenuto tra l'8 ed il 10 settembre 1944, diede l'incarico agli ingegneri Hans Hornblug e Woldemar Voigt di riprogettare completamente il precedente velivolo. Alla fine del mese di settembre il progetto preliminare del P.1101 si era fortemente evoluto: la precedente fusoliera, di forma tozza e molto robusta, era stata allungata e resa più aerodinamica, ed inoltre venne aggiunto un muso a sezione conica davanti alla cabina di pilotaggio. Anche l'ala a doppio delta fu abbandonata, ed al suo posto venne installata quella già sperimentata del caccia Me 262. Il nuovo armamento previsto per l'aereo si basava su varie combinazioni: due cannoni Rheinmetall-Borsig MK 108 da 30m m nella parte anteriore della fusoliera, e un Mauser MG-151/20 da 20 mm, o Rheinmetall-Borsig Mk 103 da 30 mm o Mk 112 da 55 mm posizionato obliquamente all'interno. Il disegno venne ulteriormente sviluppato e dopo i test in galleria del vento di alcune ali e fusoliere, il progetto venne modificato e dichiarato concluso, con la decisione, presa privatamente da Messerschmitt nell'ottobre 1944, di intraprendere la costruzione di un aereo in scala 1:1 per effettuare i collaudi in volo. La conclusione del progetto e i test associati furono sottoposti alla Construction Bureau il 10 novembre 1944, e la selezione dei materiali di produzione iniziò il 4 dicembre 1944.




Tecnica

Il prototipo del P.1101 V1 era costituito da una fusoliera in duralluminio,[8] alla quale erano montate le ali del Messerschmitt Me 262, con l'angolo alare che poteva essere modificato a terra, sganciando e bloccando dei perni, in tre diverse posizioni: 35, 40 o 45 gradi.  Le due prese d'aria montate nei primi disegni ai lati della fusoliera furono sostituite da una singola presa d'aria posizionata nella parte centrale del muso, mentre la capottina integrata all'interno della fusoliera fu sostituita da una a goccia, che offriva al pilota una migliore visuale. Il prototipo di produzione P.1101 V1 includeva anche i classici impennaggi di coda cruciformi, costruiti in legno e montati, come da progetto, su una lunga asta affusolata. Il carrello di atterraggio era triciclo anteriore retrattile, con le gambe principali posizionate nelle radici alari che si ritraevano verso l'interno della fusoliera. Il ruotino anteriore, dotato di singola ruota sterzabile, si ritraeva sotto la parte anteriore della fusoliera, ripiegandosi su se stesso.
Il propulsore prescelto fu il potente HeS 109-011 erogante 1 300 kg/s. Il carburante trasportato, suddiviso in cinque serbatoi, era pari a 1 360 litri. Inoltre sugli eventuali modelli di produzione avrebbero dovuto essere installati un abitacolo pressurizzato, dotato di capottina corazzata, una radio ricetrasmittente ed un impianto IFF FuG 25. L'armamento previsto si basava su due cannoni Rheinmetall-Borsig MK 108 calibro 30 mm posizionati nella parte anteriore della fusoliera. Per effettuare missioni di intercettazione contro i bombardieri pesanti venne prevista l'installazione di 4 missili aria-aria Ruhrstahl X-4.




Impiego operativo

Il peggioramento della situazione bellica tedesca portò in tutta fretta allo sviluppo, sebbene considerato rischioso, di un prototipo del nuovo caccia in scala 1:1, da effettuarsi in parallelo alla costruzione in dettaglio e ai calcoli statici. Per quanto possibile furono utilizzati componenti già esistenti come ali, carrello di atterraggio e strumentazione di volo, appartenenti ad altri tipi di velivoli già in uso. Si pianificò anche di condurre alcuni voli di collaudo con angolo di freccia di 35, 40 o 45 gradi. La costruzione del prototipo P.1101 V1 iniziò presso il Messerschmitt Bavarian Oberammergau Complex, con il primo volo previsto per il giugno 1945.
La situazione bellica della Germania precipitò rapidamente, ed il 29 aprile 1945 i soldati statunitensi scoprirono il complesso di Oberammergau, con al suo interno il prototipo V1 completato approssimativamente all'80%. Oltre all'aereo venne catturata anche molta documentazione tecnica e fu deciso di inviare il velivolo, insieme ad altre prede belliche, negli Stati Uniti. Il prototipo venne rimosso dal tunnel nel quale era stato nascosto, ed imbarcato su un carro ferroviario per essere trasportato in un porto in vista del successivo imbarco su nave. Durante il tragitto l'aereo rimase esposto agli agenti atmosferici e le parti lignee, come l'impennaggio di coda, rimasero danneggiate. Inoltre il velivolo venne fatto oggetto delle sgradite attenzioni di alcuni soldati americani in cerca di ricordi da portare a casa.

Il primo dopoguerra

Dopo la fine della seconda guerra mondiale, il capo progettista della Messerschmitt Woldemar Voight emigrò negli Stati Uniti. Qui ritrovò il prototipo del P.1101, e coadiuvato dall'ingegnere Robert J. Woods della Bell Aircraft Corporation di Buffalo, venne incaricato di completarlo entro il giugno 1945. Purtroppo i due ingegneri non ci riuscirono a causa dei danni subiti dal velivolo, uniti alla mancanza di alcuni documenti fondamentali andati distrutti. In più ci fu il rifiuto delle autorità francesi a cedere la maggior parte dei rimanenti disegni in loro possesso, catturati prima dell'arrivo delle unità americane. Il prototipo venne spedito allo stabilimento della Bell Aircraft Corporation di Buffalo, nello stato di New York, nel 1948. Purtroppo il già danneggiato aereo accusò ulteriori danni alla cellula, considerati irreparabili, quando cadde da un vagone merci. Le autorità americane ordinarono all'ufficio tecnico della Bell di realizzarne una copia identica, usando tutti i disegni e gli elementi in suo possesso. In poco tempo l'ingegnere Robert J. Woods diede vita allo sperimentale Bell X-5, dotando di un dispositivo che permetteva di variare la freccia dell'ala in volo, a comando del pilota. La cellula del P.1101 venne usata per attività sperimentali, che videro anche prove di compatibilità con il turbogetto Allison J35, e ciò che ne rimaneva fu distrutto nei primi anni cinquanta.

Versioni
  • Me P.1101 primo disegno: prima configurazione del caccia, dotata di propulsore Heinkel-Hirth He S 011, disegnata dall'ingegnere Hans Hornung il 24 luglio 1944. Tale progetto prevedeva un velivolo dotato di apertura alare di 7,15 m, lunghezza di 6,85 m, armamento su due cannoni Rheinmetall-Borsig MK 108, impennaggi di coda a V, e corto muso rotondo.
  • Me P.1101 secondo disegno: seconda configurazione avente data del 30 agosto 1944, dotata di apertura alare di 8,16 m, lunghezza 9,37 m, superficie alare 13,5 m², altezza 3,08 m, peso a vuoto 2 624 kg, massimo al decollo 4 050 kg, velocità massima 1 080 km/h a 7 000 m. Il velivolo aveva impennaggi di coda a V, muso appuntito e ali con freccia di 40°.
  • Me P.1101 terzo disegno: disegno in scala 1:1 del prototipo di un caccia a reazione monoposto, con cui effettuare i test di collaudo della formula. Tale configurazione prevedeva un'apertura alare di 8,06 metri, una lunghezza di 8,98 m, impennaggi di coda convenzionali a croce, ed ala con angolo di freccia che poteva essere prefissato a terra. I voli di collaudo previsti prevedevano di effettuare il primo ciclo di voli con un angolo di freccia di 35°, per passare successivamente ai 45°. Il primo volo del prototipo doveva aver luogo nel mese di giugno del 1945.
  • Me P.1101 quarto progetto: configurazione finale di produzione, dotata di apertura alare di 8.25 m, lunghezza di 9,175 m, e peso a pieno carico di 1 250 kg.
  • Me P.1101 L: proposta di una versione dotata di uno statoreattore (ramjet) Lorin, al posto del turbogetto. Per favorire il decollo del velivolo vi erano otto piccoli motori a razzo sganciabili, posizionati sotto le ali. Questo disegno prevedeva una fusoliera molto più ampia per contenere il grande statoreattore, posizionato nella parte posteriore della cabina di pilotaggio, e impennaggio di coda con formula convenzionale.
  • Me P.1101/92: progetto di una versione cacciabombardiere biposto, di costruzione interamente metallica, bimotore, con due turbogetti Heinkel-Hirth He S 011, dotata di impennaggio di coda a V, ed armamento su un cannone anticarro Pak 40 da 75 mm. L'apertura alare era di 13,28 m e la lunghezza di 13,1 m.
  • Me P.1101/99: progetto di una versione cacciabombardiere biposto, di costruzione interamente metallica, quadrimotore, dotata di 4 turbogetti Heinkel-Hirth He S 011. L'impennaggio di coda era di tipo convenzionale, l'apertura alare prevista di 15,4 m, e lunghezza di 15,2 m. L'armamento, installato nella parte anteriore della fusoliera, si basava su un cannone controcarro PaK 40 da 75 mm e cinque cannoni MK 112 da 55 mm.



Utilizzatori
  • Germania - Luftwaffe
  • Stati Uniti - United States Army Air Force.

ENGLISH

The Messerschmitt P.1101 was a single-seat, single-jet fighter project of World War II, developed in response to the 15 July 1944 Emergency Fighter Program which sought a second generation of jet fighters for the Third Reich. A characteristic feature of the P.1101 prototype was that the sweep angle of the wings could be changed before flight, a feature further developed in later variable-sweep aircraft such as the Bell X-5 and Grumman XF10F Jaguar.




Design and development

Within nine days of the 15 July 1944 issuance of design specifications for the Emergency Fighter, the Messerschmitt design bureau, under Dr. Woldemar Voigt, had formed a preliminary paper design for the P.1101. The aircraft which was developed initially had a short and wide fuselage, tricycle landing gear, and mid-mounted wings with an inner sweep of 40° near the fuselage, and a shallower 26° outboard. The single HeS 011 jet engine was to be mounted internally within the fuselage, being aspirated by two rounded intakes located on either side of the cockpit. The high tail was of a V configuration, and mounted on a tapered boom which extended over and past the jet exhaust, while the cockpit was forward-mounted, with the canopy integrated into the fuselage and forming part of the rounded nose of the aircraft.
By late August 1944, the design, still in paper form, had evolved into a sleeker incarnation, with the previously stout fuselage lengthened and narrowed with a conical nose section, added in front of the cockpit. The compound sweep wing was also abandoned, with the outer wing of the Me 262 instead being adapted. Proposals for a pulsejet and rocket combination, the P.1101L, were also put forth. The design was further developed, including a longer nose, and after the wind tunnel testing of a number of wing and fuselage profiles, the decision was made to undertake the construction of a full-scale test aircraft. This finalized design and associated test data were submitted to the Construction Bureau on 10 November 1944 and the selection of production materials was begun on 4 December 1944.
On 28 February 1945, the RLM settled on a competing design, the Focke-Wulf Ta 183, as the winner of the Emergency Fighter program. This decision was based in part on the considerable design difficulties being encountered by the Messerschmitt P.1101 design team. For example, the cannon installation was proving too crowded, the mainwheel retraction and door mechanisms were too complex, the fuselage needed a great number of "strong points" to deal with loads, and the anticipated performance had fallen below the RLM specifications, due to increased weight.



Production prototype

Since considerable work had already been done on the P.1101 design, the RLM decided to continue reduced funding in order for Messerschmitt to carry out experimental flights, testing the swept back wing at anticipated speeds up to Mach 1. The worsening war situation led to the expedited, but risky, approach of building a full-scale prototype in parallel with detail construction and continuing statistical calculation, while existing components such as the wings (Me 262), landing gear (extended Bf 109), and flight components were utilized where feasible. It was also intended for the test flights to be conducted with 35, 40, and 45 degree wing sweep. Production of the V1 prototype was begun at Messerschmitt's Bavarian Oberammergau Complex with a projected first flight in June 1945.
The P.1101 V1 prototype was of duralumin fuselage construction, retaining the outer wing section of the Me 262, but with larger slats and, as mentioned previously, the wing sweep could be adjusted on the ground from 30, 40, to 45 degrees; this was for testing only and never intended as an operational feature.[2] The fuselage-mounted tandem intakes of the preliminary designs were replaced by a single nose intake, and the canopy became a bubble design, which afforded better allround vision than the initial integrated canopy offered. The production prototype also incorporated a more conventional swept tail design, which was constructed out of wood and remained mounted on the tapered tailboom. A T-tail was also designed. The tricycle undercarriage consisted of a steerable, rearward-retracting nosewheel and long forward-retracting wing root-mounted main gear. The prototype was fitted with an apparently inoperable Heinkel He S 011 jet engine, but given the non-availability of this engine, a Jumo 004B was fitted for test flights. (Changing the type of engine was meant to be comparatively easy.) In addition, the production model was to be equipped with a pressurized cockpit and armored canopy, and to be armed with two or four 30 mm (1.2 in) MK 108 cannons, Ruhrstahl X-4 air-to-air missiles, or both.

Postwar

By the time an American infantry unit discovered the Oberammergau complex on 29 April 1945, the V1 prototype was approximately 80% complete. The wings were not yet attached and appear to have never had skinning applied to their undersides. The airframe was removed from the nearby tunnel in which it was hidden and all associated documents were seized. There was some lobbying by Messerschmitt Chief Designer Woldemar Voigt and Robert J. Woods of Bell Aircraft to have the P.1101 V1 completed by June 1945, but this was precluded by the destruction of some critical documents and the refusal of the French to release the remaining majority of the design documents (microfilmed and buried by the Germans), which they had obtained prior to the arrival of American units to the area.
The airframe meanwhile became a favorite prop for GI souvenir photos. Later, the prototype was shipped first to Wright Patterson AFB, then to the Bell Aircraft Works in Buffalo, New York in 1948. Damage ruled out any possibility for repair although some of the Me P.1101's design features were subsequently used by Bell as the basis for the Bell X-5, which was the first aircraft capable of varying its wing geometry while in flight.

Variants

Me P.1101 First Design

The July 24, 1944 design by Hans Hornung of a single-seat jet fighter. It was powered by one Heinkel He S 011 turbojet. This was the shortest of all versions with a blunt nose and a v-tail. It had a wingspan of 7.15 m and a length of 6.85 m. The armament was two MK 108 cannon.

Me P.1101 Second Design

August 30, 1944 sleeker design. Also a v-tailed single-seat jet fighter with a more pointed nose and wings swept back at 40 degrees. It had a wingspan of 8.16 m and a length of 9.37 m.

Me P.1101 Third Design

Full-scale prototype design of a flying test single-seat jet fighter with a wingspan of 8.06 m and a length of 8.98 m. It had a conventional tail and swept wings designed to be set at different angles while on the ground. Test flights were first intended to be undertaken with a 35 degree wing sweep, followed by a 45 degree sweep. The first test flight was to take place in June 1945.

Me P.1101 Fourth Design

The final single-seat jet fighter design that went into production with a wingspan of 8.25 m, a length of 9.175 m and a weight of 1250 kg.

Me P.1101 L

A ramjet-powered single-seat fighter that would have eight additional small rocket engines for takeoff. This design would have a much wider fuselage covering the large Lorin ramjet located to the back of the cockpit, as well as a conventional tail.

Me P.1101/92

A different design of a two-seat v-tailed heavy fighter and destroyer. It was an all-metal aircraft armed with a large 7.5 cm Pak 40 cannon and was powered by two Heinkel He S 011 turbojets. It had a wingspan of 13.28 m and a length of 13.1 m.

Me P.1101/99

Another very different variant altogether. Two-seat attack/destroyer all-metal aircraft powered by four Heinkel He S 011 turbojets. It had the cockpit at the front end of the fuselage and was armed with a 7.5 cm Pak 40 cannon and one MK 112 55 mm autocannon. Its tail was of the conventional type and it had a wingspan of 15.4 m and a length of 15.2 m.

Specifications (P.1101 fourth design 22nd Feb 1945)

General characteristics:
  • Crew: 1
  • Length: 9.18 m (30 ft 1 in)
  • Wingspan: 8.25 m (27 ft 1 in)
  • Height: 3.71 m (12 ft 2 in)
  • Wing area: 15.9 m2 (171 sq ft)
  • Aspect ratio: 4.29
  • Airfoil: root: NACA 00011.41-1.1-40; tip: NACA 00009-1.1-40
  • Empty weight: 2,594 kg (5,719 lb)
  • Gross weight: 4,065 kg (8,962 lb)
  • Max takeoff weight: 4,500 kg (9,921 lb)
  • Fuel capacity: 1,250 kg (2,756 lb) / 1,432 l (378 US gal; 315 imp gal)
  • Powerplant: 1 × Heinkel HeS 011A turbojet engine, 12.01 kN (2,700 lbf) thrust.

Performance
  • Maximum speed: 980 km/h (610 mph, 530 kn) at 7,000 m (22,966 ft) (estimated)
  • Maximum speed: Mach 0.8
  • Cruise speed: 905 km/h (562 mph, 489 kn) 

  • Landing speed: 172 km/h (107 mph; 93 kn) (with ⅓ fuel aboard)
  • Range: 1,500 km (930 mi, 810 nmi)
  • Service ceiling: 14,000 m (46,000 ft)
  • Rate of climb: 22.2 m/s (4,370 ft/min) at sea level
  • Time to altitude: 10,000 m (32,808 ft) in 9 minutes 30 seconds
  • Wing loading: 296.5 kg/m2 (60.7 lb/sq ft) maximum

  • Take-off run: 709 m (775 yd)
  • Landing run: 572 m (625 yd).

Armament

  • Guns: 4 × 30mm MK 108 cannons on production aircraft
  • Missiles: 4 × Ruhrstahl X-4 air-to-air missiles on production aircraft.


(Web, Google, Wikipedia, You Tube)