La SMS Wien è stata una nave da battaglia classe Monarch della k.u.k. Kriegsmarine, la marina militare dell'Impero Austroungarico.
Impostata nel 1893 e varata nel 1895, venne classificata come "nave da battaglia da difesa costiera". Nel 1897 partecipò alle manovre a Spithead per i 60 anni di regno della regina Vittoria. Partecipò alla prima guerra mondiale dai porti dell'Adriatico, bombardando le installazioni costiere di Golis il 9 settembre 1914 e nei giorni seguenti le batterie installate sulla costa del Montenegro. Alla fine del mese di agosto 1915 appoggiò gli sbarchi austriaci a Traste, nella zona di Cattaro. Nell'agosto 1917 insieme alla sorella SMS Budapest venne assegnata a Trieste ed il 6 novembre successivo attaccò la batteria costiera di Cortellazzo, venendo colpita sette volte dall'artiglieria italiana e da due MAS, i cui siluri non andarono a segno.
L’affondamento
In seguito all'attacco alla batteria alle foce del Piave i comandi italiani decisero di neutralizzare questa minaccia. Il compito fu affidato all'allora sottotenente di vascello Luigi Rizzo. La sera del 10 dicembre 1917 Rizzo partì al comando di un'unità MAS composta da due motoscafi, il MAS 9 e il MAS 13 per attaccare i due navigli austriaci ancorati nel Vallone di Muggia.
I due MAS, trainati da altrettante torpediniere da Venezia fino al mezzo del golfo di Trieste, partirono con i loro motori elettrici fino alla diga nord della baia. Rizzo verificò che l'incursione non fosse stata notata prima di dare l'ordine di tagliare le ostruzioni che impedivano l'accesso alla baia. Dopo due ore era stato tagliato anche l'ultimo dei cavi d'acciaio messi a diversi livelli sotto il livello dell'acqua e i due MAS entrarono nel varco creato. Il MAS 9 puntò sulla SMS Wien, il MAS 13 sulla SMS Budapest. A 50 metri dalla sagoma della Wien Rizzo ordinò, senza essere stato notato dalle sentinelle austriache, il lancio dei siluri. Contemporaneamente furono lanciati anche i siluri sulla Budapest dal MAS 13 ma al contrario dei siluri del MAS 9 che centrarono in pieno la Wien quelli del MAS 13 mancarono il bersaglio ed esplosero sulla banchina.
La SMS Wien affondò in soli cinque minuti dopo il suo siluramento portando con sé 33 uomini d'equipaggio. Il comandante, il capitano di fregata Leopold Huber von Schebenhain si salvò. Rizzo invece fu insignito per l'azione con la Medaglia d'oro al valor militare.
Il capo di stato maggiore della marina, a proposito dell’affondamento della Wien, comunicò:
“Nella notte dal 9 al 10 dicembre nostro naviglio sottile, a prendersi il varco attraverso varie costruzioni a pelo d'acqua e subacquee, entrava nel porto di Trieste che lanciava contro due navi tipo ‘Monarch’ quattro siluri, i quali esplosero tutti. Una delle navi, la Wien, è colata a picco. Quantunque fatto segno a lancio di siluri e ad intenso fuoco nemico, le nostre unità sono ritornate incolumi alla loro base.”
Dall’agosto 1917, insieme alla gemella Budapest la Wien era in servizio presso il porto di Trieste. All’inizio di novembre aveva rischiato l’affondamento durante l’attacco a Cortellazzo, venendo colpita 7 volte dalle nostre artiglierie. 2 dei nostri MAS l’attaccarono con dei siluri ma i colpi non andarono a segno.
Gli alti comandi della nostra Marina decisero di neutralizzare la minaccia rappresentata da queste navi che da alcuni giorni infierivano sulle difese alla foce del Piave. Il sottotenente di vascello Luigi Rizzo, venne incaricato di condurre l’attacco con 2 MAS (9 e 13) alle due navi ormeggiate nel Vallone di Muggia, vicino Trieste.
I MAS vennero trainati dal porto di Venezia da due torpediniere fin dentro il golfo di Trieste per poi proseguire usando i motori elettrici fino alla baia. Qui aperta una breccia nelle difese nemiche che ostruivano l’accesso alla baia si diressero verso le 2 corazzate Wien e Budapest. I siluri del MAS 9 colpirono la Wien affondandola in soli 5 minuti ma quelli del MAS 13 mancarono la Budapest ed andarono ad esplodere contro il molo.
Due siluranti avevano i motori sotto pressione, nel porto di Lido di Venezia: erano la torpediniera « 9 P.N. », comandante Silvio Bonaldi e « 11 P.N. », comandante Mario Pellegrini. Usciranno in mare, destinazione ignota, rimorchiando il « Mas 9 » del tenente di vascello Luigi Rizzo, e il « Mas 13 », capo timoniere Andrea Ferrarini.
La squadriglia era al comando del capitano di fregata (C.F.) Carlo Pignatti di Morano. Solo i marinai imbarcati su queste unità sapevano della missione: puntare sul golfo di Trieste, entrare nel Vallone di Muggia, penetrare nel porto e attaccare con i siluri dei due Mas le corazzate «Wien» e «Budapest» che proprio in quei giorni avevano lasciato la loro base di Pola per gettare l'ancora a Trieste, con il disegno di intraprendere il bombardamento dei litorale fino a Venezia.
Condizioni dei mare, pessime durante la prima settimana di Dicembre che andavano migliorando e sembravano accettabili. Ostacolo maggiore al tentativo? La luna! Il chiarore lunare rendeva impossibile la sorpresa e dunque bisognava aspettare una notte illune. Era quella tra il 9 e il 10 dicembre: quindi non c'era scelta: tra il 9 e il 10 dicembre che bisognava tentare. Non vi sarà scorta, si doveva offrire al nemico il minimo di possibilità di rilevamento. Le torpediniere trascineranno i Mas fino alla minor distanza possibile dall'obiettivo. Poi toccherà a Rizzo e a Ferrarini. Il rientro alla base era una mera speranza.
Il piano fu predisposto con cura. Quando il capo di Stato Maggiore della Marina, l'ammiraglio Thaon di Revel, seppe che le due grandi navi austriache avevano lasciato Pola per Trieste, pensò subito di attaccarle e distruggerle. Il pericolo che esse rappresentavano era troppo alto. Lo studio dell'azione fu condotto insieme con il comandante in capo della piazza di Venezia, ammiraglio Cito, con il comandante della squadriglia torpediniere Pignatti di Morano, con Rizzo stesso. Rizzo fu considerato il maggiore esperto d'incursioni nel golfo di Trieste. Ne aveva compiuto a decine, con le torpediniere e i Mas, ed era stato a lungo di base a Grado con Dentice di Frasso, per due volte era andato in osservazione fin sulle dighe di Muggia, possedeva dunque un'esperienza unica. In quel periodo prestava servizio presso il comando del Reggimento San Marco, composto dai primi «marines» italiani. Solo due giorni prima dell'operazione si riesce a matterlo a disposizione del comando torpediniere, il tempo per preparare la missione in ogni dettaglio, poi via!
L'urgenza di eliminare la « Wien» e la « Budapest » era oramai indispensabile. Le due navi erano tornate a Trieste per appoggiare dal mare l'azione austriaca sull'isonzo. Già il 16 novembre avevano tentato di attaccare l'ala destra dei nostro esercito sul basso Piave e di mettere fuori combattimento le batterie della marina a Cortellazzo. Uscirono in pieno giorno i Mas di Costanzo Ciano e si deve al loro ardimento se l'azione nemica, in sé pericolosissima, era stata sventata. Ma poteva essere ripetuta. Di qui la necessità di scovare le due corazzate e di colpirle: la loro presenza a Trieste aveva fatto aumentare le già munite difese del porto, si erano predisposti posti di osservazione e di guardia sulle dighe di Muggia, disposte ronde in mare, chiusi gli accessi con cavi metallici, sparse ovunque in abbondanza mine. Altri ostacoli: la difficoltà di eludere per molto tempo la vigilanza dei proiettori sul golfo; la durata delle operazioni per eliminare le ostruzioni, che forse poteva richiedere ore di lavoro allo scoperto; il dubbio se fosse possibile, a impresa conclusa, ritrovare il varco per l'uscita, quando l'allarme già coinvolgerà l'intera squadra nemica e sarà in atto la furiosa reazione all'agguato.
Si poteva tentare, insomma. Ma la riuscita era affidata all'estro dei singoli ed alla fortuna. Cosi finalmente si parte. Uscirono quando oramai era calata la notte. Il mare era leggermente mosso da levante, il buio fosco. Non c'era vento e il freddo pungente. Rizzo indossava il suo casaccone di pelle, il berrettaccio di lana sul quale aveva infilato il casco di cuoio, i guanti. Soffriva di artrite, contratta nelle lunghe veglie notturne in mare aperto. Si era spalmato sul corpo un unguento lenitivo che mandava un acuto odore di canfora. Ed aveva appena trent'anni.
Si buttarono al largo, invece di navigare sottocosta, per evitare gli sbarramenti di torpedini di Cortellazzo e l'insidia dei proiettori nemici. Mano a mano che avanzano, la nebbia si faceva sempre piu' densa. Oltrepassato traverso di Capo Salvore, la nebbia era talmente fitta da far dubitare che si potesse continuare, in simili condizioni; la navigazione era basata unicamente sul senso d'orientamento dei piloti. Si andava avanti lo stesso sperando che la cappa grigia si levasse. Le torpediniere, per ore, non vedevano le loro prue che un cielo implacabilmente chiuso, senza una stella per regolare la rotta. Erano le ventidue quando Pignatti di Morano ordinò di ridurre la velocità: aveva la certezza di essere vicino ad un centro abitato. Fece arrestare constatando di trovarsi ormai a poche centinaia di metri dalla costa. Ma quale? Rizzo osservò che erano stati trascinati dall'oscurità e dalle correnti marine verso sud.
Accostarono opportunamente e si portarono nel punto prestabilito che i Mas si staccheranno dalle torpediniere. Era il momento di lasciarsi. I due piccoli scafi, ora, andranno verso il loro destino.
Erano le 22.45 quando i due Mas accesero i motori per scomparire nel buio. La nebbia, improvvisamente, cominciò a diradarsi. Rizzo fece mettere in moto i motori elettrici, per ridurre il rumore al minimo e, di conseguenza, le possibilità di individuarli da parte dei nemico. Sotto costa, riconobbe subito località Punta Grossa. A velocità ridottissima, pratico com'era dei luoghi, raggiunse la testata nord della maggiore diga di Muggia: e là forzerà il passaggio per penetrare nel Vallone. La sua temerarietà arrivò al punto di far ormeggiare il Mas sotto la scogliera. Balzò a terra, da solo, per assicurarsi che non vi fossero guardie o posti di osservazione, per non correre il rischio di imbattersi in pattuglie di vigilanza sulle dighe.
Poi, sempre da terra, fece trascinare i Mas con una cima presso l'ostruzione dei cavi di acciaio che sbarravano l'accesso al porto. Cominciò la lunga e drammatica operazione di forzamento. I cavi erano numerosi, in qualsiasi istante la luce dei proiettori avrebbe potuto centrare quella piccola pattuglia di sabotatori, far scattare l'allarme, scatenare su di loro il fuoco di tutte le batterie di Trieste. In qualsiasi istante una sentinella avrebbe potuto notare il movimento, un battello di sorveglianza individuarli dal mare. Lavoravano febbrilmente, col sudore che colava sugli strumenti e rendeva ancora più difficile la manipolazione. Lavoravano con l'ansia del tempo che passava inesorabile. Ne resterà abbastanza per andare all'attacco, prima che l'alba avesse reso impossibile l'azione con le sue luci?
Per colmo di sfortuna, dopo che si erano tagliati i cavi più grossi, la cesoia idraulica smise di funzionare e si potè limare sott'acqua gli altri, i più sottili, rimasti solo schiacciati dallo strumento ormai difettoso. Si persero per questo due ore, con continue interruzioni ogni volta che i fasci dei riflettori inquadravano la costa della diga: e allora bisognava buttarsi carponi e nascondersi tra i massi della scogliera, con il cuore in gola. In quell'immenso silenzio, si udirono lontane voci da terra, passi di gente che si allontanava, echi di richiami.
I siluri di Rizzo raggiunsero la fiancata della « Wien » e subito si alzarono due colonne d'acqua altissime nel punto dove la corazzata era stata centrata: quasi subito la nave cominciò a inclinarsi e ad affondare, una nave varata nel 1895, con un dislocamento di 5.600 tonnellate, armata con quattro cannoni Krupp da 240 mm, sei cannoni Skoda da 152 mm, 12 cannoni da 47, un equipaggio di 441 marinai.
Facile immaginare il seguito. Mentre la « Wien » affondava e la « Buclapest» era colpita, sia pur non gravemente, un riflettore si accese sulla corazzata colpita, poi si spense insieme a tutte le altre luci di bordo; da ogni direzione i cannoni cominciano a sparare; si udirono grida di soccorso; l'allarme investì l'intera piazza; i proiettori illuminarono la rada e perfino il cielo, perché in principio gli austriaci credevano che l'offesa fosse venuta dall'aria con gli idrovolanti e spararono con i pezzi antiaerei; si levarono i bagliori rossi dell'incendio della « Wien », mentre gli uomini si gettavano in acqua, tentando di salvarsi. I Mas messi in azione i motori a scoppio, presero il largo velocissimi. Puntando verso il centro della diga maggiore, la costeggiarono, ritrovano il varco ed uscirono in mare aperto.
A bordo delle due torpediniere in attesa, si vissero ore d'angoscia. I minuti sembrarono secoli. La « 9 P. N. » diede fondo a un ancorotto, l'altra rimase pronta, in moto lentissimo, senza mai perdere di vista la gemella. Quando da Trieste giunse il rombo delle esplosioni e si scorsero nella notte le luci fosche dell'incendio, cominciò l'attesa più terribile. Torneranno? Saranno catturati? Saranno riusciti nella loro missione? Mentre il golfo era un mare di luce, ecco apparire per primo il Mas di Luigi Rizzo.
Erano salvi: « Il più grande entusiasmo invase tutti i cuori. Gli urrà e gli evviva risuonarono altissimi sull'ampia distesa dell'Adriatico deserto: mai dimenticheremo quei momenti di cosi santa e profonda commozione. Rizzo sale sulla « 9 P. N. »: lo abbraccio, lo bacio ». Bisogna informare subito dei successo, via radio, il comandante in capo della piazza di Venezia, l'ammiraglio Cito. Ma ricordando come il nemico, quando deve registrare qualche colpo fortunato, non manca mai della cattiveria di annunciarlo egli stesso agli italiani, nella nostra lingua, facendolo premettere dalle parole « ecco notizie per voi », gli uomini della squadriglia vittoriosa pensano che è finalmente venuto il momento di vendicarsi. E via radio, in lingua tedesca, facendolo anch'essi precedere dal fatidico « ecco notizie per voi » lanciano a loro volta il seguente messaggio: « Wien e Budapest attaccate. Tutti i siluri esplosi. Una delle due navi affondata, l'altra probabilmente colpita. Viva il re ».
Così era finita. Puntarono su Venezia, mentre cominciò a far giorno. Spuntò l'alba su di un cielo nuvoloso e plumbeo. Quella notte Rizzo e i suoi compagni dormiranno. Saranno gli austriaci a vegliare a Trieste. Ma era oramai troppo tardi!
Il recupero della prua della WIEN
Nel 1925 vennero recuperati come pezzi di ricordo lo sperone di prua e il pezzo della poppa con il nome della corazzata; il primo venne regalato a D'Annunzio per il suo Vittoriale, mentre il secondo è oggi conservato al Museo storico navale di Venezia. Inoltre vennero recuperati altri pezzi come la fiancata colpita dai siluri ed alcuni frammenti murati poi nella diga foranea di Muggia che prese poi il nome di Rizzo. L'ancora venne regalata all'ammiraglio, all'epoca capitano di vascello, Carlo Pignatti Morano di Custoza.
La demolizione del relitto proseguì fino agli anni '50 quando tra il 1953 e il 1955 fu utilizzato anche l'esplosivo per il recupero. Oggi la corazzata “SMS Wien” giace ancora là dove è stata affondata. I suoi resti sono stati ritrovati nel 2008 a meno di mezzo miglio di distanza dalla Ferriera di Servola e a circa 20 metri di profondità. A cento anni di distanza, i frammenti della corazzata della Marina austroungarica, silurata la notte del 10 dicembre 1917, verranno restaurati ed esposti al pubblico. Il recupero dei frammenti della grande corazzata è stato eseguito da personale sommozzatore formato per gli interventi subacquei in ambienti confinati, equipaggiato con attrezzature individuali per soccorsi subacquei e in ambienti acquatici e dalla squadra dei sommozzatori dei Vigili del Fuoco di Trieste che hanno lavorato a venti metri di profondità in condizioni ambientali rese difficoltose dalla quasi totale assenza di visibilità dovuta alla natura fangosa del fondale. Ciò che rimane del relitto dell'unità da guerra austroungarica appare come un grande scheletro, coperto da uno spesso strato di fango dal quale emergono pezzi contorti della fiancata, alcune ordinate, parti di un ponte, frammenti di quella che fu un’unità da combattimento da 5.600 tonnellate.
La corazzata Wien era andata a fondo in soli cinque minuti portando con sé 33 uomini d'equipaggio, mentre i naufraghi sopravvissuti raggiunsero la riva a nuoto. I due Mas riuscirono a sfuggire alla reazione della difesa costiera austriaca e a rientrare alla base. Per l’azione Rizzo fu insignito della Medaglia d’Oro al Valor Militare. Molti fra i marinai imbarcati sul Wien erano triestini, allora sudditi dell’Impero austro-ungarico. Dopo la guerra, diventata Trieste italiana, nel 1925 furono recuperati dal relitto lo sperone di prua e il frammento della poppa con il nome della corazzata. Il primo venne regalato a D’Annunzio per il suo Vittoriale, mentre il frammento della poppa si trova oggi al Museo Storico navale di Venezia. Nel decennale dell’azione, nel 1927, lo stesso Luigi Rizzo indossò lo scafandro da palombaro e scese sul relitto della nave che aveva affondato.
L’impresa di Trieste, predisposta da Rizzo sin dalla primavera di quel stesso anno e avvallata da Thaon di Revel (il quale non esitò a verificare di persona la “scena” del forzamento del porto triestino in una notte del settembre 1917, spingendosi a bordo di un motoscafo a poche centinaia di metri dalle ostruzioni nel corso della redazione finale del piano di Rizzo), ebbe il preciso obiettivo di alleggerire la pressione austro-ungarica contro Venezia. La città lagunare rappresentava, infatti, la maggiore e più avanzata base del teatro navale italiano in Alto Adriatico, quella che teneva sotto scacco Pola, la principale base austroungarica che distava a sole 70 miglia dalla laguna. Inoltre Venezia proteggeva il lato a mare dell’Esercito italiano e contribuiva con i caccia, le torpediniere, i MAS, i pontoni armati, i sommergibili e gli idrovolanti del maggiore idroscalo del mondo ad attaccare costantemente l’ala a mare dell’Esercito asburgico.
La Marina Italiana, dopo avere arrestato a Cortellazzo, il 16 novembre 1917, l’offensiva nemica, impedendo così ai tedeschi e agli austriaci di arrivare a Venezia e di vincere, sull’onda di Caporetto, la guerra italiana ed europea, tornò così all’offensiva avendo quale obiettivo le corazzate Wien e Budapest. Quelle stesse corazzate che, pur respinte a Cortellazzo grazie all’epica resistenza dei marinai della batteria costiera 001 comandata dal tenente di Vascello Bruno Bordigioni e dal successivo intervento dei MAS, delle corazzate, delle siluranti e degli idrovolanti italiani, continuava a rappresentare, a tutti gli effetti, una costante minaccia potenziale per il fronte a mare italiano.
Ma torniamo alla notte di Trieste
I MAS erano dotati di speciali cesoie idropneumatiche montate a prora allo scopo di tagliare le ostruzioni poste a protezione del porto. Durante le esercitazioni quell’apparato, macchinoso ma silenzioso, aveva funzionato. Quella notte, invece, no. La diversa consistenza dei cavi austro-ungarici faceva sì che le mandibole di quelle cesoie masticassero, anziché tranciare, i cavi. Ci vollero 55 lunghissimi minuti di lento ruminare in luogo del fulmineo “ciak” programmato. Cinquantacinque minuti bestiali durante i quali una vedetta o una delle sentinelle che camminavano su e giù lungo la diga foranea nel tentativo di scaldarsi, avrebbero potuto dare l’allarme.
Ma i nostri uomini riuscirono, alla fine, a superare le ostruzioni. Neppure il dopo fu facile. I tempi erano saltati clamorosamente a causa di quel ritardo imprevisto. Furono necessari ulteriori 40 minuti per individuare i bersagli muovendosi silenziosamente e lentissimamente nell’oscurità del porto con la propulsione smistata sui motori elettrici delle siluranti e quindi accertarsi che le corazzate nemiche non fossero protette da reti para-siluri. Per fare questo i MAS si spinsero quasi a toccare le navi da battaglia austro-ungariche per poi tornare indietro e portarsi nel cerchio di lancio alla distanza necessaria per attivare le testate esplosive dei siluri.
ENGLISH
SMS Wien ("His Majesty's Ship Vienna") was one of three Monarch-class coastal defense ships built for the Austro-Hungarian Navy in the 1890s. After her commissioning, the ship participated in an international blockade of Crete during the Greco-Turkish War of 1897. Wien and the two other Monarch-class ships made several training cruises in the Mediterranean Sea in the early 1900s. They formed the 1st Capital Ship Division of the Austro-Hungarian Navy until they were replaced by the newly commissioned Habsburg-class predreadnought battleships at the turn of the century. In 1906 the three Monarchs were placed in reserve and only recommissioned for annual summer training exercises. After the start of World War I, Wien was recommissioned and assigned to 5th Division together with her sisters.
The division was sent to Cattaro in August 1914 to attack Montenegrin and French artillery that was bombarding the port and they remained there until mid-1917. Wien and her sister Budapest were sent to Trieste in August 1917 and bombarded Italian fortifications in the Gulf of Trieste. On the night of 9–10 December, while Wien and Budapest were at anchor in Trieste, two Italian torpedo boats managed to penetrate the harbor defenses undetected and fired several torpedoes at the two ships. Budapest was not hit, but Wien was struck by two torpedoes and sank in less than five minutes with the loss of 46 of her crew. The wreck was salvagedsometime during the 1920s by the Italians.
Description and construction
At only 5,785 tonnes (5,694 long tons) maximum displacement, the Monarch class was less than half the size of the battleships of other major navies at the time and were officially designated as coast defense ships. The Austro-Hungarian government believed that the role of its navy was solely to defend her coast.
Wien had an overall length of 99.22 meters (325 ft 6 in), a beam of 17 meters (55 ft 9 in) and a draft of 6.4 meters (21 ft 0 in). Her two 4-cylinder vertical triple-expansion steam engines produced a total of 8,500 indicated horsepower (6,300 kW) using steam from five cylindrical boilers. These gave the ship a maximum speed of 17.5 knots (32.4 km/h; 20.1 mph). Wien's maximum load of 500 metric tons (490 LT) of coal gave her a range of 3,500 nautical miles (6,500 km; 4,000 mi) at a speed of 9 knots (17 km/h; 10 mph). She was manned by 26 officers and 397 enlisted men, a total of 423 personnel.
The armament of the Monarch class consisted of four 240-millimeter (9.4 in) Krupp K/94 guns mounted in two twin-gun turrets, one each fore and aft of the superstructure. The ships carried 80 rounds for each gun. Their secondary armament was six 150-millimeter (5.9 in) Škoda guns located in casemates in the superstructure. Defense against torpedo boatswas provided by ten quick-firing (QF) 47 mm (1.9 in) Škoda guns and four 47-millimeter QF Hotchkiss guns. The ships also mounted two 450-millimeter (18 in) torpedo tubes, one on each broadside. Each torpedo tube was provided with two torpedoes. After 1917 refits one Škoda 7 cm K16 anti-aircraft gun was installed.
The ship's nickel-steel waterline armor belt was 120–270 millimeters (4.7–10.6 in) thick and the gun turrets were protected by 250 millimeters (9.8 in) of armor. The casemates had 80 millimeters (3.1 in) thick sides while the conning tower had 220 millimeters (8.7 in) of armor. Wien's deck armor was 40 millimeters (1.6 in) thick.
The Monarch-class ships were ordered in May 1892 with Budapest and Wien to be built at the Stabilimento Tecnico Triestino shipyard in Trieste. Both ships were laid down on 16 February 1893, the first ships in the class to be laid down. Wien was launched on 7 July 1895 by Countess Kielmannsegg, wife of the Governor of Lower Austria, and commissioned on 13 May 1897.
Service history
Peace time
After her commissioning, Wien took part in Queen Victoria's Diamond Jubilee International Fleet Review at Spithead on 26 June 1897, as well as an international blockade of Crete during the Greco-Turkish War of 1897. She was back at Pola on 16 April 1898. Wien and her sisters formed the Navy's 1st Capital Ship Division (I. Schwere Division) in 1899 and the division made a training cruise to the Eastern Mediterranean where they made port visits in Greece, Lebanon, Turkey and Malta later that year. In early 1902 they made another training cruise to the Western Mediterranean with port visits in Algeria, Spain, France, Italy, Corfu, and Albania. The ship was fitted with a Siemens-Braun radio early the following year. The ships of the division were inspected by Archduke Franz Ferdinand, the heir to the throne, in March 1903 at Gravosa. Shortly afterwards, Wien, Budapest, the battleship Habsburg and the destroyer Magnet made a cruise to the Eastern Mediterranean. Wien served as flagship of the division until she was posted at Salonica, Greece on 13 May to support Austro-Hungarian interests there after several terrorist acts against Austro-Hungarian citizens. She returned to Pola on 10 June and resumed her assignment as flagship. In 1904, the Monarch-class ships formed the 2nd Capital Ship Division and they took part in the 1904 cruise of the Adriatic and Mediterranean Seas as well as training exercises in which the three Habsburg-class battleships engaged the Budapest and her sisters in simulated combat. Those maneuvers marked the first time two homogeneous squadrons consisting of modern battleships operated in the Austro-Hungarian Navy. In 1905, Wien made a cruise of the Levant and visited ports in Greece, Turkey, Egypt and Albania. Later that summer, the ship ran aground during a night exercise off MeledaIsland; it took two tries by Budapest and Habsburg to pull her off. She had to be dry-docked for repairs.
The Monarchs were relegated to the newly formed Reserve Squadron on 1 January 1906 and were only recommissioned for the annual summer exercises. They participated in a fleet review by Archduke Franz Ferdinand in September conducted in the Koločepski Channelnear Šipan. The ships were briefly recommissioned at the beginning of 1913 as the 4th Division after the start of the Second Balkan War, but were decommissioned again on 10 March.
World War I
With the beginning of World War I the three Monarchs were recommissioned as the 5th Division. They were sent down to the Cattaro in August 1914 to attack Montenegrin artillery batteries on Mount Lovćen bombarding the Austro-Hungarian naval base at Cattaro and the fortifications defending it. Budapest and her sisters arrived on 13 August, but their guns could not elevate sufficiently enough to engage all of the enemy artillery, which was reinforced by eight French guns on 19 October. The battleship Radetzky was summoned to deal with the guns two days later and she managed to knock out several French guns and forced the others to be withdrawn by 27 October. The Monarchs remained at Cattaro until mid-1917 to deter any further attacks. In August, Budapest and Wien were transferred to Trieste to serve as guard ships against Italian commando raids. Each ship was fitted with a 66-millimeter (2.6 in) anti-aircraft gun after their arrival on 26 August to counter constant Italian air attacks. Wien was damaged by a near miss on 5 September and both ships withdrew to Pola on 12 September.
They returned to Trieste on 30 October[15] and sortied into the Gulf of Trieste on 16 November to attack Italian coastal defenses at Cortellazzo, near the mouth of the Piave River. Budapest and Wien opened fire at 10:35 at a range of about 9–10 kilometers (5.6–6.2 mi) and knocked out most of the Italian guns after about a half-hour. Their bombardment was interrupted by several unsuccessful Italian air attacks before a more coordinated attack was made by five MAS torpedo boats and five aircraft around 13:30. This was also unsuccessful and the last Italian coast defense gun was knocked out an hour later. Wien was hit seven times in the superstructure and only lightly damaged; none of her crewmen were wounded.
Anxious to revenge themselves against the Austro-Hungarians, the Regia Marina (Royal Italian Navy) made plans for a sneak attack on the two ships in their berths in the Bay of Muggia, near Trieste, by MAS launches. On the night of 9/10 December, two MAS boats managed to penetrate the harbor defenses undetected, and fired torpedoes at Wien and Budapest at 02:32. The torpedoes fired at Budapest missed, but Wien was hit by two torpedoes fired by MAS 9, commanded by Lieutenant (tenente di vascello) Luigi Rizzo, that blew a hole 10.5-meter (34 ft) wide abreast the boiler rooms. All of the watertight doors were open on board the Wien and the ship capsized in five minutes despite an attempt to counter her growing list by flooding the trim tanks on the opposite side. The attack killed 46 members of the crew. Both Italian boats escaped without being detected and Rizzo was awarded the Gold Medal of Military Valor.
Wien was buried in the mud of the harbor bottom at a depth of 16.5 meters (54 ft) and salvage of the ship was ordered on 14 December. That same day the navy convened a court-martial of Vice Admiral Alfred Freiherr von Koudelka, commander of the naval district, the captains of both ships, and the commander of the naval defenses of Trieste. On 16 January 1918, the court convicted all four individuals for failing to take all possible precautions to protect the ships and failing to ensure that the precautions were taken. As punishment the court recommended that Koudelka and the two ship captains be retired and the commander of the naval defenses of Trieste to be returned to his former reserve status. Emperor Karl approved the recommendations on 23 January.
The navy ordered that the salvage of Wien be stopped on 7 June and the wreck was ultimately salvaged by the Italians sometime during the 1920s. A section of the ship's stern is on display at the Museo Storico Navale in Venice.
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