venerdì 25 giugno 2021

Il sistema anti-aereo Sistel - Sistemi Elettronici S.p.A. "INDIGO" e "SEA INDIGO"


La società “Sistel - Sistemi Elettronici S.p.A.” venne fondata nel 1967 da cinque società italiane con interessi in missili, propulsione a razzo ed elettronica. 

Era posseduta: 
  • per il 35% da Montecatini Edison, 
  • per il 20% da Fiat, Contraves Italiana e Finmeccanica
  •  e per il 5% dalla Snia. 
Nel 1969 la Sistel rilevò la maggior parte del lavoro missilistico della Contraves e l'intero staff della Divisione Missilistica della società; era una azienda italiana che operava nel settore della progettazione e realizzazione di sistemi missilistici e unica azienda italiana in possesso delle conoscenze necessarie per lo studio e la sperimentazione di sistemi d'arma missilistici avanzati.
Come già evidenziato, la Sistemi Elettronici venne fondata nel 1967 dalla Montecatini Edison (35%), Fiat (20%), Contraves Italiana (20%, gruppo Oerlikon), Finmeccanica (20%) e dalla SNIA (5%). Nel 1969 rilevò la Divisione Missilistica della Contraves Italiana e dunque il sistema missilistico antinave Nettuno Mk-1 che quest'ultima stava mettendo a punto per la Marina Militare Italiana e che Sistel utilizzerà per la progettazione e la realizzazione del successivo missile Vulcano Sea Killer Mk-2. Entrambi i missili erano progettati per essere lanciati da navi: gli Mk-2 furono utilizzati anche dalla Marina Militare Iraniana nella Guerra del Golfo.
I successivi sviluppi del missile MK2 furono orientati al suo impiego come arma in dotazione agli elicotteri della Marina Militare con finalità antinave. Con il nome di Marte il nuovo missile interessò la Marina Militare Italiana, che nei primi anni '80 lo omologò per l'impiego sugli elicotteri imbarcati classe AB 212 ed SH 3D in funzione antinave.
Gli acquirenti dei missili Sea Killer furono:
  • Italia, 
  • Iran, 
  • Venezuela, 
  • Libia 
  • e Perù.

Dalla Contraves, la società ereditò anche il progetto Indigo, un sistema missilistico contraereo che però fu abbandonato nel 1980.
Assieme ad Aeritalia, SNIA e Selenia, la Sistel prese anche parte al progetto relativo al Missile strategico “Alfa” (classe POLARIS A-1), da molti ritenuto il tentativo italiano di realizzare un missile nucleare, occupandosi dello sviluppo dell'elettronica di bordo.
Negli anni ottanta l'accantonamento del Progetto MEI, relativo allo sviluppo di sistemi di difesa aerea a bassa quota, comportò per la società l'insorgenza di gravi problemi economici tanto da richiedere il salvataggio ad opera della Selenia (IRI), della OTO Melara e della Breda (Efim), azionisti con il 90% e della Contraves, socia al 10%. La Sistel venne liquidata nel 1992 e parte del personale fu assorbito dalla OTO Melara e dalla Selenia. Nel 1986 fatturava 17 miliardi di lire con utili per 46 milioni. Aveva 180 dipendenti nel 1989, locati nello stabilimento di Roma, in via Tiburtina.

Il sistema missilistico anti-aereo di punto denominato “INDIGO”

Nel 1974 la Sistel stava continuando una graduale evoluzione del suo missile terra-aria a breve raggio denominato “Indigo”, ma non aveva ottenuto ancora alcun contratto per la produzione di serie. Le prove di qualificazione dell'Esercito Italiano nella versione trinata terrestre - per la difesa di punto - terminarono alla fine del 1973, e le prove della variante semovente per la protezione delle truppe continuarono per tutto il 1974, con l'ultima serie di lanci in Sardegna. In tutto vennero effettuati circa 100 lanci di qualificazione.
Sulla base dell'esperienza nella guerra di ottobre 1973 in Medio Oriente, la Sistel era fiduciosa che ci fosse un mercato per il lanciatore mobile Indigo accoppiato con i cannoni Oerlikon da 35mm o Bofors da 40mm per la difesa di punto a corto raggio. Sia i missili che i cannoni potevano essere diretti dal sistema di controllo del tiro “Superfledermaus” della Contraves.
L'Indigo era un missile antiaereo utilizzabile per la bassa e bassissima quota, messo a punto nel 1972. Veniva lanciato da lanciatori trinati semoventi ed era progettato per l'uso con un'ampia gamma di sistemi di controllo del fuoco all’epoca esistenti della categoria del Superfledermaus di Contraves (nella versione trainata) o tramite radar di acquisizione e tracciamento Thomson-CSF Mirador Eldorado accoppiati con una centrale di tiro Galileo (quando si utilizzava il lanciatore semovente). 


Il lanciamissili a sei colpi poteva essere schierato su di una pendenza fino a 7° e poteva essere pronto al tiro con estrema rapidità. L'Indigo veniva lanciato singolarmente o in salva (due missili), il metodo di funzionamento era selezionato dal computer di ingaggio, ma era anche possibile un annullamento manuale. Una versione navale denominata Sea Indigo era prevista.
Nell’eterno conflitto tra missile e aereo, che ricorda il vecchio conflitto tra cannoni e corazze, assume particolare importanza la contrattazione a quelle basse quote di volo che offrono agli aerei attaccanti maggiori possibilità di eludere i radar di ricerca, oltre a consentire loro di sfruttare le caratteristiche orografiche della zona di combattimento nel miglior modo possibile. Le altitudini più vantaggiose sono da 50 a 300 metri di quota. In un attacco che utilizza esplosivi convenzionali per bersagli mobili, è necessario un tempestivo riconoscimento del bersaglio stesso. Ciò richiede di volare ad un'altitudine non inferiore a 100 metri ad una velocità non superiore a Mach 0,8 (850 km/h). Il lancio avverrà quindi da una distanza di 2-3 km. Per i bersagli fissi, la distanza non cambia, ma la velocità può arrivare fino a Mach 1.2 (1.270 km/h). Ciò posto, è necessario che i sistemi d'arma difensivi abbiano tempi di reazione molto brevi e siano dotati di missili ad alte prestazioni. Nel caso di un attacco con missili aria-superficie o bombe guidate con carica nucleare, il lancio potrebbe essere effettuato da una distanza di circa 15 km. 
Di conseguenza, lo sviluppo dell’INDIGO venne promosso dal Ministero della Difesa italiano al fine di risolvere, secondo le specifiche stabilite dalla NATO, il problema della difesa ravvicinata contro gli attacchi a bassa quota. Gli studi in proposito furono avviati nel 1962 dalla Contraves e proseguirono finché, nel 1969, l'intero programma fu assunto dalla Sistel (costituita con la partecipazione della stessa Contraves e di altre società italiane); vennero previste tre versioni del lanciamissili: 
  • uno trainato a terra, 
  • uno imbarcato 
  • e una versione terrestre semovente. 
Nel 1976, dopo un'ampia e favorevole serie di prove effettuate presso i campi di prova a Capo Teulada in Sardegna, la prima versione dell'arma trainata fu resa pienamente operativa.

L'INDIGO aveva le seguenti caratteristiche: 
  • lunghezza, 3.076 mm; 
  • diametro, 195 mm; 
  • peso al lancio, 120 kg.;
  • una configurazione aerodinamica avanzata;
  • ali di controllo cruciformi con un'apertura di 813 mm poste molto vicino al baricentro, che consentivano una rapida risposta ai segnali emessi dal sistema di guida. In linea con quelle ali vi erano le pinne caudali stabilizzatrici; 
  • La propulsione era assicurata da un booster a propellente solido che produceva una spinta di 3.750 kg e bruciava per 2,5 secondi. Al termine della combustione il missile raggiunge una velocità di Mach 2.5 (2.650 km/h) e il suo peso si riduceva a 80 kg.;
  • La portata era di 10 km;
  • La tangenza operativa era compresa tra il livello degli alberi e 5.000 m.;
  • In caso di possibili manovre evasive da parte del bersaglio, il tempo di volo era di 30 secondi. Se il missile non riusciva ad intercettare il bersaglio dopo quell'intervallo, si autodistruggeva;
  • Il missile poteva sopportare i 40 g e una forza laterale di 30 g.;
  • La testata pesava complessivamente 22 kg ed era del tipo a frammentazione, simmetrica attorno all’asse;
  • Utilizzava una spoletta ad impatto ed una spoletta di prossimità a infrarossi; 
  • I circuiti del sistema di guida erano gestiti da batterie che si attivavano al momento del lancio. Le antenne dei ricevitori radio e un trasmettitore a infrarossi erano montate sulle quattro pinne stabilizzatrici. Le antenne avevano una grande direttività ed i disturbi elettronici che potevano essere emessi dal bersaglio erano quindi molto attenuati.

Il sistema di guida poteva funzionare in due modi:
  • “Ogni-tempo" utilizzando il radiocomando su di un raggio direttore radar combinato con un dispositivo a infrarossi, che dopo il lancio manteneva il missile a cavallo del raggio radar;
  • "Bel tempo" (molto utile se le condizioni meteorologiche ne consentivano l'uso e quando il nemico utilizzava potenti ECM-ECCM. Il dispositivo ad infrarossi, come nella prima modalità di funzionamento, manteneva il missile all'interno del campo di avvistamento, quindi, utilizzando un raggio più stretto, calcolava il movimento del missile rispetto alla linea di mira dello strumento ottico che funzionava congiuntamente al dispositivo ad infrarossi. Il missile utilizzava razzi che facilitavano l'operazione.

Il lanciatore, progettato per essere facilmente trasportato da aerei, elicotteri e veicoli a motore, era costituito da un complesso di sei tubi, che fungevano anche da rampe. Poteva essere schierato su qualsiasi terreno che non avesse una pendenza superiore ai 70°, ed era in grado di compiere rapidi movimenti in elevazione ed azimut, con una portata sufficiente a coprire l'intero spazio sovrastante. Tuttavia, nella versione imbarcata, denominata “SEA INDIGO”, il lanciatore era quadruplo e sempre facilmente ricaricabile.
Purtroppo questo sistema di difesa aerea era basato su di una tecnologia oramai datata: due lanciatori (per 12 missili) prevedevano l'uso di una sola guida radar e anche quel canale missilistico era uguale ad uno. 
Pertanto, l'intero complesso antiaereo, mostrato in foto, avrebbe potuto lanciare un solo missile alla volta su di un singolo bersaglio: il sistema di difesa aerea Indigo-MEI era inferiore non solo ai complessi sovietici dell’epoca (due canali sul razzo), ma anche al sistema Roland sperimentato negli stessi anni ed anche a quelli più datati del sistema britannico Rapier.

(Web, Google, Globalsecurity, Wikipedia, You Tube)































 

giovedì 24 giugno 2021

L'Aeritalia AIT-230 (o forse AIT230) era il precursore italiano dell'ATR 42


L'Aeritalia AIT-230 (o forse AIT230) era il precursore italiano dell'ATR 42 (insieme al suo ex concorrente, l'AS.35 di Aérospatiale). 


Un progetto italiano per i servizi passeggeri e merci: la sigla venne usata anche per riferirsi ad uno studio relativo ad un velivolo civile da trasporto regionale da 30-40 posti, da costruirsi in joint venture tra Aeritalia (oggi Leonardo) ed Aérospatiale (ora AIRBUS). Lo studio iniziale assegnava il nome in codice AS-35 per il velivolo Aérospatiale ed, appunto, AIT.320 (col punto) per il velivolo Aeritalia. Il progetto si è poi evoluto in quello che attualmente è l'ATR 42 - 72. Altre fonti riportano lo stesso progetto con il nome in codice AIT-230.
Il primo volo era previsto intorno al 1983 e pronto per le consegne entro il 1985.
La società Aeritalia all’epoca voleva collaborare con un produttore statunitense per garantire la sua introduzione sul mercato statunitense. Fu inoltre studiata una versione allungata da 50-60 passeggeri, pronta per essere lavviata dopo la versione da 30 posti.

Caratteristiche tecniche:
  • Motore: turboeliche PT6A-65
  • Lunghezza: 16,35 m
  • Apertura alare: 21,26 m
  • Peso a vuoto: circa 5500 Kg
  • Peso max: 9367 Kg
  • Velocità di crociera: 386 Km/h.

La rivista Flight descrisse l'AIT-230 come "un aereo ad ala alta con un layout di cabina a quattro assi”... "alimentato da due P&W PT6A-65”.

(Web, Google, secretprojects, Wikipedia, You Tube)




 

mercoledì 16 giugno 2021

Un piccolo “DCS Nemesis Block 1” per i Navy SEAL

Un piccolo “DCS Nemesis Block 1” per i Navy SEAL: un minuscolo sommergibile da combattimento consente ai Navy SEAL di infiltrarsi senza dispositivi di respirazione.


Il “Midget DCS” è fondamentalmente un vero sottomarino in miniatura con uno scafo pressurizzato, munito di batterie agli ioni di litio per l'alimentazione, un equipaggio di due persone e la capacità di trasportare otto incursori NAVY SEAL completamente equipaggiati. Sia i NAVY SEAL che l'equipaggio potranno indossare abiti normali e respirare una scorta d'aria.


Quindi, una volta che i SEAL raggiungono il loro obiettivo, possono indossare le mute da combattimento munite di attrezzature per la respirazione ed uscire in acqua attraverso una camera di blocco. Se il DCS è in superficie, gli incursori possono uscire da due portelli sulla parte superiore dello scafo.


Il DCS è basato sul midget Nemesis progettato nel Regno Unito, lungo 39 piedi, alto 7,9 piedi e pesante 31.000 libbre a pieno carico. Può raggiungere una profondità massima di immersione di 330 piedi, un'autonomia di 69 miglia e può viaggiare a 5 nodi all'ora. La velocità massima dell'imbarcazione è classificata.




Il Nemesis è dotato di sonar in grado di seguire/evitare il fondale e un sensore di contromisure a radiofrequenza, il che significa che l'equipaggio DCS sarà in grado di rilevare navi da guerra nemiche ostili in base alle loro emissioni e quindi pianificare eventualmente un percorso alternativo.
Il Midget “DCS Block 1” è progettato per operare anche da navi di superficie, probabilmente la M/V Ocean Trader, una nave del Military Sealift Command in grado di lanciare e recuperare mini-sottomarini. Le versioni future aggiungeranno la possibilità di imbarco sui sottomarini d'attacco a propulsione nucleare classe Virginia.
Il DCS è un importante aggiornamento per la capacità di guerra invisibile sottomarina: il mini-sub entrerà in servizio operativo proprio mentre il SOCOM si sta ri-orientando lontano dalle operazioni occulte presso nazioni ostili spesso senza sbocco al mare o verso la minaccia di gravi conflitti con paesi come Russia, Cina e Corea del Nord.
La Cina, ad esempio, ha 9.000 miglia di costa, mentre la Corea del Nord ha 1.500 miglia. Ciò lascia molto spazio a una squadra SEAL per poter esfiltrarsi senza problemi (o quasi).

(Web, Google, HI-Sutton, Wikipedia, You Tube)
























 

martedì 15 giugno 2021

Il Piaggio P-133: il progetto di un bombardiere strategico della Regia Aeronautica del 1942

Il 29 gennaio 1943 l’Aeronautica ordinò altri 24 esemplari di P.108B (serie 6’) con ala e impennaggi modificati ma in marzo lo S.M. precisò che gli aerei dovevano essere del tipo P.108 bis, una versione migliorata che in fase di sviluppo progettuale andò differenziandosi nettamente dal predecessore per le maggiori dimensioni, per la diversa motorizzazione costituita da quattro P.XV RC60 da 1700 cv (derivati dal P.Xll) e per il poderoso armamento difensivo composto da quattro armi da 12,7 e sei cannoni da 20mm: proprio a motivo della notevole diversità fra le due macchine il nuovo progetto fu ridesignato P.133.





Il P.133, ex-P.108Bis fu richiesto nell'ottobre 1942 con ala aumentata ad 135 a 160 m2 e motori P.XII RC.35 da 1.500 hp. Ne vennero ordinati 24, poi ridotti nel maggio del '43 a 6. Esso era stato ispirato più che dal B-17, dal B-24, un esemplare del quale era stato visionato da Casiraghi durante il conflitto. Il prototipo del P.133 MM.26248, con doppia deriva, motori potenziati, 6 cannoni da 20 e 4 da 12,7, 4,8 t di carico, velocità prevista 490 kmh, era in costruzione ai tempi dell’armistizio; poi se ne persero le tracce; forse rimase sepolto sotto una galleria usata per la sua costruzione al riparo di eventuali attacchi aerei distruttivi. 
All’epoca, la Regia Aeronautica era già in estrema difficoltà per apprezzare questo avanzato velivolo plurimotore: era oramai ridotta a compiti prettamente difensivi.
Il progetto del P.130 per un bombardiere stratosferico del '42, con 4 motori P.XII e un motore DB-605 per ristabilire la compressione ad alte quote, messo dentro la fusoliera; era previsto anche il derivato P-133C da trasporto passeggeri da 5.000 km di autonomia. All’epoca era inverosimile che la Piaggio potesse pianificare con un minimo di realismo lo sviluppo pressoché contemporaneo di così tanti progetti di apparecchi quadrimotori. 
E infatti, di vari velivoli fu a malapena possibile mettere a punto dopo anni di fatica il bombardiere P.108B. Erano certo 'altri tempi': adesso progettare un quadrimotore militare è difficilissimo persino per un grande gruppo aerospaziale, oltre che un salasso finanziario per industrie e contribuenti. All'epoca, invece, una squadriglia di 9 P.108B costava circa 46 milioni, grosso modo come un gruppo di 26 S.79, ma - avendo bisogno solo di 54 aviatori anziché di 130 -, era una scelta considerata vantaggiosa anche dal punto di vista economico. La Regia Aeronautica voleva subordinare la commessa all’esito delle prove del prototipo ma la Piaggio avvertì che si sarebbe andati incontro a ritardi intollerabili.
Il 1° giugno 1943 lo S.M. autorizzò l’approntamento delle attrezzature e l’acquisto dei materiali necessari per una fornitura iniziale di sei P.133; per parte sua la ditta avviò a Finale la costruzione del primo esemplare il cui completamento era previsto entro la fine dell’anno. All’8 settembre i lavori erano giunti all’incrocio delle semiali con la fusoliera; trasferito nella galleria naturale Ghigliazza il prototipo vi rimase occultato per qualche tempo, al sicuro da attacchi aerei, e fu poi demolito sul posto.
Il Piaggio P.133 era un nuovo bombardiere strategico e la costruzione del 1° prototipo fu terminata al 90% l'8 settembre 1943 data dell’armistizio. Il bombardiere era progettato per essere "completamente metallico" con una corazza pesante per la cabina di pilotaggio. 

Le caratteristiche di progetto previste erano:
  • Motori: 4 Piaggio P.XV. RC.60 a 18 cilindri doppia stella, 1.700 hp al decollo e 1.520 continui, 4 motori radiali Piaggio P XXII 1700 HP, un altro DB-605 in fusoliera collegato con due compressori centrifughi, uno che alimentava i 4 Piaggio ed uno per la pressurizzazione dell’abitacolo; eliche P.1002 Piaggio tripala metalliche, 17.000 l di carburante;
  • Aperura alare 36 m, 
  • lunghezza 24,6 m, 
  • altezza 4,4 m, 
  • superficie alare: 160 m2
  • Pesi: 17.500 kg, max. 38.000 kg
  • Prestazioni: 490 kmh a 6.600 m, crociera 400 kmh a 7.000 m, salita a 6.000 in 31 minuti, raggio d'azione max. 2300 km, autonomia 3.200 km a 400 kmh, max 5.100 m. Velocità massima: 490 km/h
  • Autonomia: 5.100 km
  • Carico di bombe: 4.800 kg; 10 bombe convenzionali italiane da 500 Kg.
  • Armamento: 4 x 12,7 e 6 x 20 mm (2 torrette dorsali, 2 laterali, 1 di coda, 1 ventrale e 4 anteriori); 5-6 Mg-151 o SAFAT da 12,7 mm in torrette Breda comandate a distanza. Il Piaggio P 133 del 1975 avrebbe dovuto avere in dotazione tre armi fisse da 12,7 nel muso" comandate e puntate dai piloti a distanza. E' possibile che un ulteriore mitragliatrice Breda-SAFAT fosse ubicata nel muso in un sistema addestrabile per un mitragliere/bombardiere. L'ipotesi alternativa poteva essere quella di 4 mitragliatrici in una torretta stile AVRO-Lancaster. E' improbabile che due o più mitraglieri fossero previsti nel muso del bombardiere. Fusoliera di babordo e tribordo: due cannoni Ikaria Mg-FF da 20 mm. In coda: un cannone Mg-151.  Passo inferiore della fusoliera: un cannone Mg-151. Le torrette alari simili a quelle del P-108 furono ritirate per due torrette di fusoliera convenzionali e più economiche.

(Web. Google, aereimilitari, Wikmipedia, You Tube)