mercoledì 16 ottobre 2024

SEZIONE A.N.M.I. DI TORINO: in data 11 ottobre 2024 ho avuto l’onore di visitare la locale sezione ANMI, il museo annesso, la sezione centrale del Regio sommergibile Andrea Provana, risalente alla Prima Guerra Mondiale e alcuni reperti già in dotazione alla Marina Militare italiana…








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In data 11 ottobre 2024, durante un breve soggiorno a Torino, venuto a conoscenza della presenza presso il Parco del Valentino degli importanti resti del Regio sommergibile Andrea Provana, risalente alla Prima Guerra Mondiale, ho deciso di avviarmi a piedi, a passo sostenuto, per raggiungere la locale sede dell’A.N.M.I.. 


Sono stato accolto, unitamente ad alcuni turisti inglesi, con una gentilezza fuori dal comune, resistente al passare degli anni e delle incombenze del tempo. 

Un ex marinaio di origine sarda Andrea MARROCCU, ci ha accompagnato spiegando ogni caratteristica tecnica dei reperti ivi accuratamente e gelosamente conservati, tra cui: le centraline di tiro dei siluri A-184, la centrale operativa del complesso radar S.M.A. SPQ-5, il mini sommergibile telecomandato MIN Mk.2 e alcuni siluri anni ’60 e ’70 (disattivati).


CENTRALE DI TIRO DEI SILURI DA 533 mm A-184


SILURO A-244


SMG ANDREA PROVANA





CABINA DEL COMANDANTE DEL SMG PROVANA



MIN MK2





UNO SCORCIO DEL MUSEO




Non ho potuto nascondere la mia sorpresa nel rilevare l’ottimo stato di conservazione soprattutto dei resti della parte centrale superiore del Regio sommergibile Provana. Dietro mia insistenza, è stato possibile entrare all’interno del smg e visitare la centrale di manovra, il periscopio di avvistamento e la bellissima stanzetta riservata al comandante, il solo che poteva fruire di un piccolo lettino munito di materasso e di una scrivania con cassetti; gli altri membri dell’equipaggio, a turno riposavano su brandine-volanti, spesso ricavate nella camera di lancio dei siluri (!). Sono stato colpito dalla presenza di un boccaporto nella parte posteriore della torretta: una volta dentro è perfettamente conservata una cucina a carbone, utilizzata in emersione dall’equipaggio.

LA STORIA della “Società di Mutuo Soccorso” fra i militari della Regia Marina, poi diventata l’Associazione Nazionale Marinai d’Italia (A.N.M.I.)

Nel lontano 1896, a cura del Sottocapo timoniere Giuseppe Torta, nasceva a Torino la Società di Mutuo Soccorso fra i militari della Regia Marina, che negli anni successivi sarebbe poi diventata l’A.N.M.I..
La sede più antica d'Italia è stata opera dei marinai della Regia Marina. L'ANMI Torino testimonia l'antico storico rapporto del Piemonte con il mare. La sede dispone di una ricca biblioteca dedicata alla Marina Militare e Civile, un'area espositiva di vari cimeli donati negli anni dai soci e vanta la presenza di un cimelio risalente alla Prima Guerra Mondiale: la parte centrale del Sommergibile Andrea Provana (1918-1928) gratuitamente visitabile.

IL CIMELIO DEL REGIO SOMMERGIBILE PROVANA CHE SI PUO’ VISITARE nel Parco del Valentino, in viale Marinai d’Italia, 1

L'Andrea Provana è stato un sommergibile della Regia Marina. Entrato in servizio nel settembre 1918, quando ormai la prima guerra mondiale volgeva al termine, ed assegnato – sotto il comando del capitano di corvetta Ubaldo degli Uberti – alla I Flottiglia Sommergibili di La Spezia, non prese parte ad alcuna azione bellica.
Nell'ottobre 1920 fu assegnato all'Accademia Navale di Livorno ed impiegato nell'addestramento degli allievi.


Nel 1923, durante la crisi di Corfù, quando la flotta italiana occupò quell’isola con uno sbarco, il Provana – insieme al gemello Barbarigo –, al comando del capitano di fregata Achille Gaspari Chinaglia, fu tenuto (emerso) di retroguardia durante lo sbarco, venendo poi dislocato in agguato su una delle due rotte che conducevano a Corfù (all'altra fu destinato il Barbarigo): i due sommergibili sarebbero serviti a proteggere la squadra navale italiana da un eventuale contrattacco da parte di navi greche.
Prese parte alle esercitazioni del 1926 e del 1927.
Il 30 marzo 1927, mentre il sommergibile si trovava a Portoferraio, ci fu uno scoppio causato dal motore diesel di dritta: rimasero feriti 6 uomini. Trainato a La Spezia, il sommergibile, ormai superato, non fu neanche riparato: fu posto in disarmo e quindi radiato il 21 gennaio dell'anno seguente. Fu poi demolito.
Durante l'esposizione mondiale del 1928 la sezione centrale del sommergibile, comprendente la torretta, fu collocata a Torino, davanti al padiglione della Regia Marina.
Conclusasi l'esposizione, tale parte del Provana fu acquistata dall'ANMI di Torino, che la collocò, nel 1933, nel Parco del Valentino, nei pressi della propria sede (viale Marinai d'Italia 1), ove si trova tuttora, visitabile gratuitamente previo appuntamento.
Ricorrendo nell'anno 2015 il centenario della messa in cantiere dell'unità navale, domenica 12 aprile nel corso dei festeggiamenti, è stata riattivata a bordo del sommergibile una stazione radio che ha riportato nell'etere i segnali radiotelegrafici e radiofonici del Sommergibile A. Provana dando nuovamente voce all'unità ormai silente da 88 anni.

L’Agostino Barbarigo - unità capoclasse dell’Andrea Provana, è stato un sommergibile della Regia Marina.

In servizio nel settembre 1918, al comando del capitano di corvetta Carlo De Donato, non ebbe modo di prendere parte al primo conflitto mondiale, che volgeva ormai al termine.


A guerra finita fu assegnato alla «Flottiglia Sommergibili di grosso tonnellaggio» e dislocato a La Spezia.
Durante la crisi di Corfù, quando la flotta italiana occupò quell’isola con uno sbarco, il Barbarigo – insieme al gemello Provana – fu tenuto (emerso) di retroguardia durante lo sbarco, venendo poi dislocato in agguato su una delle due rotte che conducevano a Corfù (all'altra fu destinato il Provana): i due sommergibili sarebbero serviti a proteggere la squadra navale italiana da un eventuale contrattacco da parte di navi greche.
Prese parte alle grandi esercitazioni del 1924 e del 1925; comandante dell'unità, in quel periodo, era il capitano di corvetta Raffaele De Courten. Ormai superato, il 18 dicembre 1925 fu assegnato all'Accademia Navale di Livorno come unità addestrativa.
Il 18 marzo 1928 (comandante dell'unità era il capitano di corvetta Edoardo Somigli, futuro ammiraglio di squadra nella Marina Militare e comandante del Centro alti studi per la difesa dal 1º settembre 1949 al 31 agosto 1956) fu assegnato alla I Flottiglia Sommergibili.
Radiato il 1º maggio 1928, fu avviato alla demolizione.

Andrea II Provana di Leynì (Leinì, 1520 circa – Nizza, 29 maggio 1592) è stato un ammiraglio sabaudo.

Deve la sua fama per aver comandato, nel 1571, la flotta sabauda nella battaglia di Lepanto contro l'Impero ottomano.


Nacque intorno al 1520, forse nel castello di Leinì, figlio del conte Giacomo III e della nizzarda Anna Grimaldi di Boglio. L'anno di nascita era stato fissato dallo storico chierese Carlo Tenivelli (1754-1797) al 1511. Tuttavia, Arturo Segre (1873-1928) nel corso delle sue ricerche, poi confluite in un saggio apparsi per i tipi dell'Accademia dei Lincei, verificò che i genitori si sposarono nel 1518. Egli poté quindi porre la sua nascita fra 1519 e 1524 (quest'ultima data si desume dal fatto che nel 1545 dichiarava di aver già superato i ventun anni).
Provana fu, com'è stato scritto, «la figura che in tutti i momenti più importanti della storia piemontese, durante la seconda metà del XVI secolo, spiccò sopra ogni altra accanto a quella del duca Emanuele Filiberto I di Savoia», con il quale combatté nel castello di Nizza, durante la guerra contro Enrico II di Francia, con l'incarico di maestro di campo generale, e luogotenente generale.
Si distinse nella guerra delle Fiandre, dove è ricordata nel 1553 una sua solitaria missione: infiltratosi tra le file dell'esercito nemico che assediava la piazzaforte di Bapaume, tra il confine del Belgio e lo stretto di Calais, riuscì con un'azione di intelligence a far riportare al duca di Savoia, comandante dell'esercito imperiale, una vittoria sull'esercito francese. Mentre tre anni più tardi, nel 1556, fu incaricato di provvedere alle fortificazioni di Villafranca marittima, il porto di Nizza, e di allestire una flottiglia da guerra.
Secondo alcuni storici, con Andrea Provana si può fissare la vera origine della marina piemontese, destinata un giorno a conglobare tutte quelle della nazione italiana. La sua fedeltà fu peraltro ricompensata, con la nomina a Capitano Generale della flotta sabauda e Governatore di Nizza. Nella Savoia, e a Nizza, è ricordato per aver represso con durezza una sedizione messa in atto da un gruppo di Ugonotti ribellatisi al duca di Savoia: i capi della congiura furono catturati e giustiziati.
Navigò su ordine del Duca in varie imprese contro i pirati barbareschi, e in soccorso della flotta spagnola contro i Turchi. Degna di menzione è, in tal senso, la sua partecipazione, nel 1563, alla riconquista di Peñón de Vélez de la Gomera, sulla costa marocchina, dal 1522 in mano ai barbareschi che minacciavano le comunicazioni con lo stretto di Gibilterra. Un'altra impresa di Andrea Provana rimonta al 1565, con la partecipazione alla liberazione di Malta dai Turchi.
L'impresa che gli diede celebrità storica, fu, nel 1571, la partecipazione alla Battaglia di Lepanto, quale ammiraglio della flotta del Ducato di Savoia. Durante il corso della battaglia fu colpito alla testa, ma sì salvò grazie al "morione" che ammortizzò l'impatto. Il morione gli era stato donato da Francesco Maria II della Rovere, Duca di Urbino, che aveva chiesto di salpare con la "Capitana" del Provana, desiderando combattere sopra le navi del duca di Savoia, e al fianco dell'Ammiraglio. Su quella Galea, peraltro, era salita anche la quinta compagnia del reggimento lombardo di Francesco Paolo Sforza di Caravaggio, comandata dal capitano Gianbattista Bonarelli della Rovere. Due giorni dopo la vittoria contro l'Impero ottomano, Andrea Provana, dal porto di Petalà, mandò al duca di Savoia una relazione che rimane uno dei più interessanti resoconti dell'intero svolgimento della battaglia. Per questa impresa, egli ottenne numerosi riconoscimenti, vitalizi, titoli e onorificenze, quali quelle di Grande Ammiraglio dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro, e il "Collare" dell'Ordine Supremo della Santissima Annunziata.
Morì a Nizza nel maggio del 1592. Le sue spoglie, inizialmente deposte a Villafranca marittima, vennero in seguito trasportate nella cappella di famiglia a Frossasco.
Riconoscimenti:
  • La città di Torino gli ha dedicato una via, nella zona centrale della città;
  • La Regia Marina ha battezzato con il suo nome due sommergibili: il primo della classe Barbarigo, varato nel 1918, il secondo appartenente alla classe Marcello, nel 1938.

IL RADAR SARCHIAPONE SPQ 5 E I DERIVATI

L'MM/SPQ-5 “Sarchiapone” era un radar operativo in banda X per la sorveglianza marittima di superficie, sviluppato come radar sperimentale OTH per lo studio della propagazione delle onde tramite canalizzazioni.



LA CENTRALINA DEL RADAR SMA SPQ5 CONSERVATA A TORINO








L'antenna era un'antenna parabolica simmetrica con un diametro di 3 metri e un riflettore ausiliario iperbolico Cassegrain. Il riflettore parabolico era molto più grande del necessario, con il risultato di avere lobi laterali estremamente ridotti. Il trasmettitore e il ricevitore erano stati montati direttamente sull'antenna.
L'MM/SPQ-5 è stato installato sulla fregata italiana “Alpino” (F 580) dal 1973 al 1987. Era in grado di localizzare gli aerei durante il loro decollo dalla portaerei “Kennedy” a una distanza di 350 miglia nautiche.
L'antenna del SPQ-5 (a.k.a. Sarchiapone) aveva un doppio sistema di riflessione, che la rendeva, appunto, adatta ad emissioni "a spillo". 
Venne utilizzata anche dall'Ardito negli anni 1978-1982 (circa) come componente sperimentale del sistema di comunicazione satellitare Sirio. Poi il progetto fu abbandonato. Per usarla come arma Directed Energy bisognerebbe poter fare il tracking con elevata precisione. Non sarebbe da escludere, ma....bisognerebbe trovare chi progetta il sistema. Un tempo molto, molto lontano, la MMI aveva una notevole capacità al suo interno, oggi (da molto tempo) non più.
Per gli appassionati di storia, il Sarchiapone, nella versione campale, venne impiegato come radar della difesa costiera.
Uno venne installato vicino a La Spezia (loc. Castellana), uno a Taranto (San Vito), ed uno vicino a Venezia (Piave Vecchia). Quest'ultimo venne poi trasferito in Sicilia, a Capo Passero, in località Cozzo Spadaro, da dove (quando tutto andava bene) poteva addirittura controllare il traffico che si svolgeva lungo le coste libiche.
La realizzazione del sistema radar Co.Ra (Condotto Radar), era un’invenzione dell’allora Capitano di Fregata Calzeroni, che intuì la possibilità di mettere a punto un radar idoneo a segnalare a grande distanza la presenza di sottomarini in immersione, sfruttando il fenomeno della ionizzazione dell’aria. Tale fenomeno si verifica a causa dell’umidità tra la superficie marina e lo strato atmosferico superficiale: a causa di una massa metallica immersa, il campo magnetico ha una deflessione che può essere rilevata impiegando un particolare tipo di sistema radar munito di trasmettitore di potenza adeguata e ricevitore molto sensibile.
Sulla base di tali intuizioni, venne realizzato e provato a bordo della nave esperienze Quarto il radar SPQ-5A.
A causa della segretezza che aleggiava sulla sua realizzazione, fu scherzosamente denominato “Sarchiapone”. L’antenna operava in banda X con potenza di 2.000 Kw di picco e con antenna provvista di doppia focalizzazione (feeder >riflettore conico>disco riflettore d’antenna) in grado di ottenere un fascio molto stretto con apertura di 1° e 30’.
Durante i primi esperimenti ci si rese conto che il sistema era in grado d’individuare la presenza di unità navali di superficie a grandissima distanza a causa di un fenomeno naturale denominato “Condotto Radar”, formato da uno stretto spazio superficiale di pochi metri e di ampiezza estremamente variabile, che si crea con umidità dell’ordine di 80%-95% e che funge da guida d’onda; è lo stesso tipo di fenomeno che si crea a frequenze ottiche e che è denominato “Fata Morgana”.
Un apparato SPQ-5A fu imbarcato dal 1973 al 1987 a bordo della fregata Alpino, che durante un test riesci ad individuare aerei in decollo dalla portaerei Kennedy ad una distanza di 350 miglia.
Tre apparati vennero basati a terra alla Spezia, Taranto e Venezia. Quello veneto era in grado di intercettare, a considerevole distanza, il traffico aereo della base di Amendola, nei pressi di Foggia.
Fu progettata una rete costiera per la sorveglianza di tutto il Mediterraneo, ma la rinuncia al progetto venne determinata dall’incostanza del fenomeno e dalla necessità d’installare antenne a livello del “Condotto Radar” e quindi a quote molto basse.
Un altro apparato SPQ-5A fu imbarcato a bordo del cacciatorpediniere Ardito, per consentire l’impiego dell’unità nell’ambito del progetto “Sirio” dal 1979 al 1980; l’apparecchiatura fu utilizzata come ricevitore UHF per le telecomunicazioni satellitari.
Una diversa soluzione tecnica, in seguito abbandonata, fu progettata utilizzando l’apparato SPQ-4B “Bastardone” o “BST-1”, così chiamato per la molteplicità della apparecchiature, che lo componevano: antenna radar Orion 10X, guide d’onda e motori di brandeggio dell’SPS-702, ricevitore dell’SPQ-5, e consolle dell’SPQ-2; l’apparato fu imbarcato a bordo del Quarto e posizionato ad estrema prora dell’unità.
Un’ulteriore evoluzione del “Sarchiapone” era il Co.Ra SPS-702A installato a bordo delle fregate della classe “Lupo”: a causa della delicatezza e leggerezza delle apparecchiature, queste furono posizionate in un “radome”, per essere protette dal vento.
Il compito del Co.Ra era quello di teleguidare i missili nave-nave TESEO oltre l’orizzonte radar verso i bersagli, senza dover ricorrere all’impiego di un elicottero, con il vantaggio per l’unità di avere minori probabilità di essere individuata da parte delle contromisure ECM-ECCM ostili.

IL RICORDO DI MASSIMO ANNATI A PROPOSITO DEL “SARCHIAPONE”

Tra coloro che oggi hanno qualche capello grigio, molti ricordano ancora una storiella raccontata da Walter Chiari negli anni Sessanta, in cui un povero viaggiatore cercava disperatamente di indovinare la datrici di cui misterioso animale denominato «Sarchiapone» appartenente al vicino di scompartimento, tenuto dentro una strana cappelliera. Alla fine, sconfitto e infuriato, rinunciava, lasciando lo scompartimento libero, mentre si scopriva che il « Sarchiapone» non esisteva affatto.
Il termine « Sarchiapone» è stato quindi assunto da tutta una generazione, come scherzoso sinonimo di mistero incomprensibile.
Tuttavia, per chi ha speso la propria vita in Marina, questo termine ha anche una diversa connotazione, dato che indicava in gergo navale, un progetto molto segreto e molto promettente. Tutto incominciò da un'intuizione dell'allora capitano di fregata Calzeroni, all'epoca destinato al Centro Addestramento Aeronavale di Taranto. In presenza di una massa metallica immersa, come appunto quella di un sommergibile, il campo magnetico
avrebbe dovuto subire una deflessione.
Se si fosse stati in grado di valutarla, si sarebbe potuto migliorare significativa¬mente il raggio di scoperta delle unità anti-sommergibili. Il principio era già noto e sfruttato dai MAD (appunto Magnetic Anomaly Detector) degli aerei da pattugliamento marittimo. Questo sistema, tuttavia (ed è una grande differenza) sarebbe stato basato non sulla misurazione «passiva» del campo magnetico terrestre, ma sull'impiego di un trasmettitore radar, misurando le variazioni sul segnale ricevuto. In definitiva, com'è noto ai molti che navigano, la «spazzata» di un radar è spesso sufficiente a provocare lo sfarfallio nei tubi al neon in plancia, grazie alla differenza di potenziale che si genera in occasione del passaggio delle onde elettromagnetiche.
Calzeroni si basava sul fatto che in condizioni di normale umidità, in prossimità della superficie marina si trovano un gran numero di ioni liberi, il cui orienta¬mento (spin) è legato alla presenza del campo magnetico terrestre. La massa ferromagnetica di un sommergibile avrebbe provocato negli ioni un differente orientamento. In presenza del passaggio del fronte dell'onda elettromagnetica emessa dal radar gli ioni si sarebbero orientati diversamente, per poi ritornare immediatamente dopo nella posizione precedente. Questa deviazione avrebbe assorbito energia, che sarebbe poi stata riemessa all'atto del riorientamento. Il ricevitore del radar avrebbe dovuto essere
in grado di registrare la debolissima energia emessa in tale fase, che sarebbe stata differente nel caso che l'orientamento iniziale fosse stato quello dovuto al campo magnetico terrestre oppure alla presenza del sommergibile. L'idea non era del tutto nuova. Negli ultimi mesi della seconda guerra mondiale i giapponesi avevano tentato di sfruttare l'esistenza di ponti radio tra le isole dell'arcipelago allo scopo di scoprire il transito di navi e sommergibili attraverso i passaggi obbligati. La fluttuazione del segnale legato alla variazione del campo magnetico, a causa della temporanea presenza di una massa metallica, avrebbe dovuto fungere da allerta per la difesa costiera.
La differenza sostanziale tra il concetto giapponese e quello italiano riguardava il fatto che il sistema ideato da Calzeroni prevedeva di misurare la debolissima energia emessa dagli ioni eccitati, invece che le fluttuazioni di un segnale radio.
Trattandosi di misurare differenze molto limitate, e quindi di segnali estremamente deboli, questo sistema avrebbe dovuto avere una potenza in trasmissione molto elevata, e avere un fascio molto stretto, in modo da poter conseguire potenze molto alte nel settore d'interesse.
L'analisi del segnali rappresentava sicuramente la sfida maggiore, che fu affrontata con grande inventiva dai progettisti, specie se si pensa alla realtà dell'elettronica disponibile trent'anni fa.
L'idea trovò l'appoggio dello Stato Maggiore della Marina, anche grazie alla vera e propria «campagna promozionale» del vulcanico Calzeroni. L'industria italiana venne coinvolta e fu realizzato un radar congiuntamente dalla SMA e dalla Galileo. II sistema venne battezzato SPQ-5A e nel 1973 se ne imbarcò un esemplare sull'Alpino, sistemandolo sul cielo della plancia, subito dietro e più in alto dell'antenna del radar del tiro Orion-lOX della direzione tiro prodiera. Il radar si presentava con una grande antenna a disco di circa 3 metri di diametro, e un feeder molto pronunciato. Il progetto era considerato estremamente segreto e solo pochi ne conoscevano i dettagli, al punto che l'SPQ-5 divenne immediatamente noto nella Squadra Navale sotto il nomignolo di «Sarchiapone», per il mistero esasperato che lo circondava.
Qualcosa tuttavia dovette trapelare se il Jane's Fighting Ships qualche anno do¬po, nel descrivere le differenze tra Alpino e Carabiniere, indicava la presenza della grossa antenna come «MAD aerial», pur senza identificarlo con una sigla.
Per l'Alpino incominciò allora una vita estremamente intensa, che lo vide impiegato per mesi nell'ambito di campagne di valutazione dall'Artico fino ai Caraibi. Per contro il Carabiniere, pur essendo anch'esso fortemente utilizzato (nave di nuova concezione e nuova costruzione in una Marina che andava rapidamente invecchiando) non andò mai incontro ad un simile impegno. L'SPQ-5A operava in banda X, con una rispettabile potenza di quasi 2 MW. Il fattore chiave del suo funzionamento, tuttavia, era basato sulla particolarità del metodo di doppia focalizzazione del fascio. Nei radar tradizionali le onde elettromagnetiche emesse dal feeder, posto al centro della parabola, vengono focalizzate in un fascio di ampiezza desiderata grazie alla specifica geometria dell’antenna (paraboloide, cosecante, inversa, ecc.) Nell’SPQ-5°, invece il fascio veniva inviato prima su di un riflettore conico, posto vicino al feeder e poi inviato sul disco. Il risultato era quello di ottenere un fascio estremamente stretto, pressoché aghiforme, con un'apertura di soli 1° 30', eliminando virtualmente ogni lobo secondario, e ottenendo così un'elevatissima densità di potenza.
Durante le estese campagne di valutazione a cui venne sottoposto il sistema emersero però, del tutto inaspettate, altre importanti caratteristiche.
L'SPQ-5A si dimostrò presto in grado di scoprire bersagli di superficie a distanze assolutamente impensabili. Si trattava del cosiddetto «condotto radar» a cui si fa talvolta riferimento nella letteratura specializzata. In presenza di determinate condizioni (specialmente umidità elevata, dell'ordine dell' 80%-95%) si viene a formare una sorta di condotto in prossimità della superficie marina, dove le onde elettromagnetiche viaggiano seguendo la curvatura terrestre, arrivando così ben oltre l'orizzonte. Si realizza così qualcosa di relativamente simile al normale fenomeno di propagazione delle onde radio ad alta frequenza che «rimbalzano» tra superficie e ionosfera, coprendo lunghissime distanze. Un fenomeno simile accade anche per le onde ottiche, noto da secoli sotto il nome di «Fata Morgana», e consente, in particolari situazioni, di vedere l'immagine di oggetti che si trovano molto al di là dell'orizzonte.
Per tornare al caso della propagazione radar, questo fenomeno è utilizzato quotidianamente dai sommergibili, che godono comunque di un apprezzabile orizzonte radar (ben oltre il semplice orizzonte geometrico) anche se le loro antenne operano bassissime, quasi a contatto con la superficie. In definitiva la normale propagazione sferica (dipendente dalla quarta potenza del raggio) veniva sostituita da una diversa propagazione, con un tetto verticale che consentiva di canalizzare l'emissione, riducendo enormemente l'attenuazione. Si realizzava una sorta di «guida d'onda aperta» a causa delle differente permeabilità magnetica dell'aria umida vicino alla superficie marina, e di quella più secca esistente in quota. L'altezza di tale condotto è fortemente variabile in funzione delle condizioni meteorologiche, e oscilla abitualmente tra 5 e 30 metri. Spesso ci si riferisce a questo fenomeno come «propagazione anomala». In realtà si tratta di una propagazione del tutto normale (ovvero rispondente alle leggi fisiche), ma non adeguatamente sfruttata, in assenza di adeguati strumenti.
Fu così che l'Alpino, nel corso di alcune esercitazioni divenute leggendarie, fu in grado di scoprire gli aerei della Kennedy nel momento stesso in cui decolla¬vano dalla portaerei, rimanendo a oltre 350 miglia di distanza. Dato che la massima taratura dello schermo PPI era limitata a 200 miglia, si dovette ricorrere all'indicatore «A/R» che arrivava a 400 miglia. In un'altra occasione L'Alpino mentre si trovava presso Ustica, fu in grado di seguire il gruppo navale «avversario» in uscita da Tolone !
Il «Sarchiapone» non era inserito nel normale sistema di difesa aerea (che non avrebbe comunque potuto gestire vettori distanti oltre 300 miglia), ma l’operatore passava i dati dei bersagli con un semplice collegamento in fonìa. Un altro vantaggio operativo era legato come si è detto, all’assoluta mancanza di lobi secondari, il che rendeva estremamente difficile, se non quasi impossibile, l'intercettazione del segnale da parte dei sistemi di guerra elettronica imbarcati sulle altre navi. Difatti se l'impulso, ancora estrema¬mente stretto nonostante il lungo tragitto, investiva una parte della nave dove non si trovavano gli intercettatori della guerra elettronica, la nave “bersaglio” non aveva modo di sapere di essere stata inquadrata dal «Sarchiapone». La cosa era ulteriormente rafforzata dal fatto che il condotto radar si estendeva a pochi metri di quota, mentre spesso gli intercettatori della guerra elettronica erano posizionati sull'albero, al di sopra del condotto. La campagna nel Mare Artico, svolta¬si nel 1975 e quella nei Caraibi del 1976 dimostrarono la capacità del « Sarchiapone» di operare anche con un campo di temperature e di umidità estremamente vario, nel duplice ruolo di scoperta anti-sommergibile (quello originario), e di scoperta di superficie oltre l'orizzonte. Vennero individuati dei sommergibili immersi a 50-60 metri di profondità. Per questo scopo gli operatori dovevano esaminare i dati raccolti con l'aiuto di un registratore Ampex, valutando segnali estremamente deboli (10-19 W. ovvero un decimo di un miliardesimo di miliardesimi di Watt), a fronte di potenze di emissione di circa 2 MW. La potenza in gioco era comunque tale da «imbiancare» gli schermi delle unità vicine, oltre che, naturalmente quelli dell'Alpino.
La US Navy, in particolare, si dimostrò estremamente interessata al progetto, tanto che per l'attività l'Italia ricevette in cambio un congruo aiuto da parte del programma di assistenza militare MDAP. Questa almeno era la voce (impossibile da verificare appieno) che circolava al¬l'epoca, grazie all'arrivo di due sommergibili classe «GuppyIII» (Romei e Piomarta), e un buon numero di missili Tartar e di siluri leggeri, che portarono un po' di ossigeno alla nostra esausta Marina in attesa dell'entrata in linea delle nuove costruzioni previste dalla «Legge Navale» (1975-1985). Il sistema, nonostante le prestazioni davvero stupefacenti, non era ovviamente scevro di problemi. Il trasmettitore e il ricevitore si trovavano direttamente sull'antenna, per non dover realizzare guide d'onda lunghe, tali da trasportare una simile potenza, cosa che rendeva l'antenna stessa oltremodo pesante. L'antenna era stata realizzata con asservimenti simili a quelli dei radar del tiro, anzi le Officine Galileo avevano impiegato i medesimi motori idraulici impiegati per le direzioni tiro dei cannoni da 127 mm utilizzate sul cacciatorpediniere San Giorgio, dato che però pesava alcune tonnellate, presentava sensibili problemi di vibrazioni e rumorosità.
La tecnica d'impiego del «Sarchiapone» prevedeva di effettuare una scansione di ricerca «TV», con una spazzata orizzontale di 120°, un «gradino» verticale di mezzo grado, e una spazzata di ritorno di 120°. Questi movimenti provocavano preoccupanti oscillazioni sul tetto della Centrale Operativa, che non era stato certo progettato e costruito per sopportate tali sollecitazioni. Il moto ondoso rendeva la cosa ancora più critica, al punto che ogni due o tre mesi i tecnici della delle Officine Galileo dovevano effettuare interventi di manutenzione, arrivando a sostituire gli ingranaggi e i cuscinetti che apparivano fortemente danneggiati, ogni sette-otto mesi. 
L'elevatissima potenza e la frequenza del «Sarchiapone», inoltre, facevano sì che qualsiasi essere vivente (marinaio o gabbiano poco importa) fosse stato investito dallo stretto fascio del radar alla distanza di uno-due km, avrebbe subito conseguenze fatali, cosa che richiedeva quindi un'estrema attenzione nell'impiego del radar.
Un altro problema sorse dall'impiego del liquido di refrigerazione della corta guida d'onda, dato che veniva utilizzato l'esafluoruro di zolfo. Questo prodotto era estremamente tossico, ma all'epoca vi era poca sensibilità sugli aspetti anti-infortunistici, e qualcuno dei pochi e selezionati giovani sottufficiali a qui era stata affidata la manutenzione e la condotta del Sarchiapone, ebbe la sgradita sorpresa di subirne gli effetti, con l’indebolimento della dentatura. Questi uomini vivevano una situazione “romanzesca», ed erano tenuti ad osservare un assoluto (quanto comprensibile) riserbo sul programma. Quando l'Alpino si trovava in porti esteri, questi operatori potevano uscire in franchigia soltanto «sotto scorta» per evitare compromissioni. Il principale problema che però dovette affrontare il «Sarchiapone» riguardò la necessità di «saper interpretare» i dati che forniva. Tra gli ecogoniometristi è normale che il contatto acustico venga investigato sfruttando l'esperienza dell'operatore e svariate tecniche di analisi del segnale, in modo da poterlo adeguatamente classificare. In campo radar questo non è certamente il metodo più seguito, ma i segnali del «Sarchiapone», con le incredibili portate offerte e, di conseguenza, la presenza di falsi contatti o contatti «non interessanti», necessitavano di dover discriminare attraverso correlazioni basate sulla conoscenza della situazione tattica, sull'esperienza dell'operatore e sull'analisi del segnale.
Per l'impiego anti-sommergibile, requisito originario del «Sarchiapone», l'impercettibile deflessione del fascio radar provocata dalla massa ferrosa immersa provocava spesso echi poco nitidi, a malapena distinguibili, la cui esistenza veniva analizzata ed evidenziata dalla lettura differita dei nastri Ampex, che dava un'immagine tridimensionale della zona esplorata. Si trattava di un'attività estremamente complessa, a maggior ragione quando si consideri la tecnologia disponi¬bile all'epoca. L'SPQ-5 dell'Alpino venne impiegato anche nel vano tentativo di scoprire la posizione del relitto del DC-9 inabissatosi presso Ustica (anno1980).
A partire dal 1980, e fino agli inizi degli, anni Novanta, il «Sarchiapone» venne imbarcato anche sulla nave da esperienze Quarto, nella variante SPQ-SB, che presentava il ricevitore montato in posizione leggermente sollevata. L'antenna dell'SPQ-SB presentava anche una fascia per evitare i cosiddetti « spill-over», ovvero i lobi secondari, che avrebbero potuto influenzare negativa¬mente il sensibile ricevitore. Il Quarto disponeva anche di Un calcolatore HP 9845 dedicato al calcolo di previsione delle portate con un software sviluppato dal Naval Ocean Systems Center (NOSC) San Diego per la US Navy e denominato IREPS (Integrated Refractive Effects Prediction System). II sistema comprendeva anche una centralina meteo con sensori remoti. Il tutto era stato integrato e adattato dalla SMA, per poter fornire l’indispensabile sostegno predittivo al Sarchiapone.
Anche il Quarto svolse un’intensa campagna di prove, mentre l’Alpino ritornava appieno della Squadra Navale (l’SPQ-5° venne definitivamente sbarcato solo nel 1987). In un secondo tempo sul Quarto venne installata un’altra versione, SPQ-4 affettuosamente chiamata “Bastardone”, dato che era stata realizzata accoppiando l'antenna del radar del tiro Orion IOX, la guida d'onda e i motori di brandeggio del SPS-702, il ricevitore dell'SPQ-5, e la consolle del SPQ-2. Il «Bastardone» o BST-1 venne sistemato nell'area prodiera, approfittando delle dimensioni e dei pesi molto più contenuti.
La campagna di prove diede risultati interessanti, anche se ovviamente inferiori a quelli del «Sarchiapone» originario, a causa della minor potenza di picco (180 kW) e della minor sensibilità in ricezione (95 dB, contro 112 dB del SPQ-5A, o 120 dB del SPQ-5B).
La principale applicazione a cui si pensò, fu quella di sfruttare la portata oltre l'orizzonte per consentire di ingaggiare navi avversarie con i missili «Teseo», senza necessariamente dover sfruttare la presenza di un elicottero. Questo impiego avrebbe creato ulteriori vantaggi operativi, grazie alla particolare discrezione del radar, che non avrebbe messo in allarme gli avversari, consentendo così al missile «Teseo» di arrivare sul bersaglio pratica¬mente senza alcun preavviso. Sulla prora del Quarto venne anche sperimentata un'altra variante del «Bastardone», denominata BST-2, con un'antenna a scansione elettronica, simile (in scala ridotta) a quella del radar tridimensionale SPS-39, ma si rivelò un parziale insuccesso. Sul Quarto era stato installato anche un normale radar SPS-702 (o SPQ-2) il cui segnale poteva essere smistato verso l'antenna del «Bastardone» o verso la normale antenna, in modo da confrontare i risultati nelle diverse condizioni d'impiego. È interessante valutare la tabella con le portate massime (espresse in miglia marine) ottenute dai diversi radar. (Vds. Tabella in alto). Durante un'esperienza l'SPQ-5B del Quarto fu invece in grado di seguire l'Audace dall'uscita delle ostruzioni alla Spezia fino a Trapani (!).
Da notare che gli addetti alla guerra elettronica del caccia, pur informati dell'attività, e a conoscenza della frequenza del «Sarchiapone», persero il contatto all'altezza dell'Isola d'Elba. Difatti l'effetto di condotto superficiale (talvolta definito anche «effetto pellicolare» per la ridotta dimensione del condotto) faceva sì che l'emissione del «Sarchiapone» battesse lo scafo, mentre le antenne della guerra elettronica si trovavano sul cielo della plancia. La disponibilità di operatori altamente motivati, ben addestrati, e un crescente data-base, consentirono anche di arrivare a determinare l'esatto nome dell'unità scoperta dal «Sarchiapone». Il radar infatti emetteva delle onde di forma perfetta¬mente quadra, con un fronte d'onda verti¬cale, che incontravano le migliaia di micro-dipoli di cui era fisicamente composta la «nave-bersaglio». Ogni singola nave differisce da un'altra, sia pur gemella, per tutte quelle impercettibili differenze di allestimento, quali potrebbero essere il posizionamento di singole draglie, ecc. La riemissione o risonanza dell'energia elettro-nica si componeva così in uno spettro dove si potevano apprezzare specifici picchi, corrispondenti a date frequenze, tipiche di ciascuna unità. Si tratta di un fenomeno noto nel campo dell'acustica, dove un diapason investito da un «suono bianco» risponde entrando in risonanza ed emettendo la propria tonalità.
Verso il 1978 il «Sarchiapone» venne anche destinato ad alcune stazioni radar costiere, nell'ambito di un ambizioso progetto che avrebbe dovuto permettere di tenere sotto controllo gran parte del Mediterraneo Centrale.
La prima e forse più importante installazione fu realizzata vicino alla Spezia, in località Castellana. Il personale destinato a questo programma utilizzava un enigmatico recapito postale: «Maristat UPS Castellana», dove UPS stava per Ufficio Programmi Speciali.
A Calzeroni, nel frattempo promosso contrammiraglio, venne affiancato il comandante Paolo Compiani, che diede nuovo impulso al programma.
Un altro impianto, installato a Piave Vecchia (Venezia) offriva la copertura dell'Adriatico fino a Foggia, consentendo di distinguere addirittura Ai aerei d'addestramento che decollavano dall'aeroporto militare della città pugliese. Questo venne poi trasferito in Sicilia, a Capo Passero, in località Cozzo Spadaro, da dove poteva agevolmente controllare il traffico che si svolgeva lungo le coste libiche.
Un terzo impianto, infine, venne posizionato a Taranto San Vito, presso il Centro di Addestramento Aeronavale.
In pratica la copertura assicurata dalle stazioni costiere, che trasmettevano i dati raccolti ad un centro di coordinamento presso Roma (Stazione 08), era tale da permettere il controllo dell'intera area d' interesse nazionale.
Nell'ambito delle valutazioni preliminari la Marina fu confortata anche dai risultati di un curioso esperimento. Nel complesso dell'Accademia Navale venne installata un'antenna direzionale alimentata da un trasmettitore a bassissima potenza (2 mW, ricavato da un normale antifurto per auto) e posizionata a sei metri di quota sul livello del mare. L'antenna parabolica ricevente venne posizionata a Genova, a circa 100 miglia di distanza. II sistema funzionò egregiamente per svariate settimane, nonostante le bassissime potenze in gioco e, soprattutto, i circuiti realizzati in modo artigianale. I risultati vennero presentati nell'ambito di un congresso dell'AGARD. Tuttavia furono proprio le installazioni costiere, e in particolare quella della Castellana, a decretare la fine del «Sarchiapone».
Lo sfruttamento del condotto radar era infatti ottimale quando l'antenna si trovava molto bassa sul mare, appunto all'interno del condotto. Soluzioni diverse rendevano molto più aleatorio il conseguimento delle condizioni necessarie a beneficiare appieno della particolare tipologia di propagazione. La stazione della Castellana invece si trova sulla sommità di una costa alta, a circa 500 metri di quota, cosa che consente un'ampia visibilità, ideale sia per i turisti incantati dal bellissimo panorama ligure, che per i radar destinati a sorvegliare le rotte d'accesso al Golfo della Spezia, ma assolutamente inadatta a sfruttare con continuità l'effetto pellicolare.
Si trattava, per usare un paragone di facile comprensione, dello stesso effetto per cui una nave di superficie non riesce a battere con il suo sonar a scafo un battello che navighi sotto lo «strato», senza ricorrere al posizionamento del VDS ad una quota idonea.
In alcune (rare) occasioni la Castellana ottenne eccellenti risultati, che però si alternarono a numerosi momenti di grande insoddisfazione. Invece che insistere con lo studio per lo sfruttamento del «condotto radar» si preferì orientare la valutazione alla scoperta antisommergibile, che però, specie per le condizioni dell'istallazione, diede risultati poco coerenti. Per tale impiego era necessaria un'enorme potenza, che poteva essere ottenuta soltanto grazie alla propagazione nel condotto, venendo invece eccessivamente «diluita» con la propagazione sferica.
Questa discontinuità, unitamente al tradizionale «spirito conservatore» tipico di tutte le Marine, portò a ridurre gli investimenti e, in un secondo tempo, verso il 1986-'87 ad abbandonare del tutto la sperimentazione.Torniamo alla metà degli anni Settanta. I risultati ottenuti dall'Alpino furono tali da convincere lo Stato Maggiore della Marina a prevederne l'imbarco anche su altre unità. Fu così che i cacciatorpediniere Audace e Ardito vennero modificati durante i lavori di fine-garanzia, e venne creata una struttura sul cielo della plancia destinata a sostenere l'antenna dell'SPQ-5. Con la «fame di spazio» caratteristica delle unità navali, tuttavia il cosiddetto «Locale apparati SPQ-5» (come recitava la targhetta sulla porta) venne comunque destinato ad altri scopi, in attesa di un'installazione che non sarebbe mai avvenuta. In un secondo tempo la postazione venne impiegata per accogliere un ingannatore della guerra elettronica, mentre con l'effettuazione del cosiddetto «ammodernamento di mezza vita», il suo posto venne preso dal radar di scoperta aeronavale SPS-774. L'Ardito, tuttavia, imbarcò per qualche tempo 1'antenna del «Sarchiapone», anche se con uno scopo completamente diverso da quello per cui era stata originariamente progettata. Grazie agli elevati guadagni che consentiva, era stato deciso, infatti, di impiegarla nelI'ambito del progetto «Sirio», come apparato ricevente in banda UHF per le telecomunicazioni satellitari. Fu così che 1'antenna del «Sarchiapone» fece il giro del mondo negli anni 1979-'80.
Una nuova versione del «Sarchiapone» venne chiamata Co.Ra. (Condotto Radar, o anche scherzosamente Compiani Radar, visto I'impulso dato da questi al pro¬gramma) e ne fu prevista l'installazione sui nuovi DDG (inizialmente conosciuti come «Super-Audace», poi come classe «Animoso» e infine con l'attuale nome di «De La Penne»). I primi disegni rappresentavano un radar a scomparsa alloggiato a prora estrema, in modo da poter sfruttare appieno l'effetto pellicolare, le cui sembianze ricordavano abbastanza da vicino l'SPQ-4 sperimentato sul Quarto. In un secondo tempo questa installazione venne sostituita da due piccole antenne poste in prossimità delle ali di plancia (appunto i cosiddetti radar Co.Ra.).
Tuttavia anche i DDG vennero poi costruiti senza la presenza di questi apparati.
Nel periodo 1986-1988 il Sagittario sperimentò un'altra versione del Co.Ra. con un'antenna fortemente direzionale realizzata dalla SMA e posta sul cielo delle plancia. La modalità operativa pre¬vedeva di effettuare solo una o due spazzate, in modo da evitare eventuali intercettazioni da parte dei sistemi di guerra elettronica avversari. L'operatore avrebbe poi dovuto effettuare in un secondo tempo un'indagine, analizzando il segnale e correlando i dati ottenuti, cosa che richiedeva una notevole esperienza, assolutamente non comune. Come trasmettitore era stato impiegato quello del SPS-702, che doveva indirizzare la propria emissione verso l'antenna del Co.Ra. o verso quella del normale apparato radar, in funzione delle esigenze.
Esistevano tuttavia alcune limitazioni intrinseche al fatto che la PRF non sarebbe stata ottimizzata per il Co.Ra., ma sarebbe rimasta quella del normale radar.
Il sistema Co.Ra. venne successivamente adottato dalle quattro fregate classe «Lupo» ed era facilmente identificabile per la presenza di un vistoso radome semisferico di color bianco sul cielo della plancia. Il radome era essenziale. Difatti l'antenna, di circa 2 metri, era sta realizzata con materiali molto sottili, in modo da mantenere i pesi leggeri e da ridurre le inerzie in gioco. Una simile struttura, tuttavia, non avrebbe potuto resistere alle sollecitazioni del vento, e dovette quindi essere racchiusa da una cupola. Questo radome non aveva uno spessore costante, in modo di assicurare la medesima impedenza anche sotto rollio, cosa fondamentale viste le prestazioni estreme che erano richieste. Lo scopo principale del Co.Ra. era di assicurare la designazione dei bersagli oltre l'orizzonte per i missili Teseo, permettendo inoltre la teleguida TG2 senza dover necessariamente impiegare l'elicottero, con tutti i rischi connessi.





Ripensare la guerra, e il suo posto
nella cultura politica europea contemporanea,
è il solo modo per non trovarsi di nuovo davanti
a un disegno spezzato
senza nessuna strategia
per poterlo ricostruire su basi più solide e più universali.
Se c’è una cosa che gli ultimi eventi ci stanno insegnando
è che non bisogna arrendersi mai,
che la difesa della propria libertà
ha un costo
ma è il presupposto per perseguire ogni sogno,
ogni speranza, ogni scopo,
che le cose per cui vale la pena di vivere
sono le stesse per cui vale la pena di morire.
Si può scegliere di vivere da servi su questa terra, ma un popolo esiste in quanto libero, 
in quanto capace di autodeterminarsi,
vive finché è capace di lottare per la propria libertà: 
altrimenti cessa di esistere come popolo.
Qualcuno è convinto che coloro che seguono questo blog sono dei semplici guerrafondai! 
Nulla di più errato. 
Quelli che, come noi, conoscono le immense potenzialità distruttive dei moderni armamenti 
sono i primi assertori della "PACE". 
Quelli come noi mettono in campo le più avanzate competenze e conoscenze 
per assicurare il massimo della protezione dei cittadini e dei territori: 
SEMPRE!
….Gli attuali eventi storici ci devono insegnare che, se vuoi vivere in pace, 
devi essere sempre pronto a difendere la tua Libertà….
La difesa è per noi rilevante
poiché essa è la precondizione per la libertà e il benessere sociale.
Dopo alcuni decenni di “pace”,
alcuni si sono abituati a darla per scontata:
una sorta di dono divino e non, 
un bene pagato a carissimo prezzo dopo innumerevoli devastanti conflitti.…
…Vorrei preservare la mia identità,
difendere la mia cultura,
conservare le mie tradizioni.
L’importante non è che accanto a me
ci sia un tripudio di fari,
ma che io faccia la mia parte,
donando quello che ho ricevuto dai miei AVI,
fiamma modesta ma utile a trasmettere speranza
ai popoli che difendono la propria Patria!
Violenza e terrorismo sono il risultato
della mancanza di giustizia tra i popoli.
Per cui l'uomo di pace
si impegna a combattere tutto ciò 
che crea disuguaglianze, divisioni e ingiustizie.
Signore, apri i nostri cuori
affinché siano spezzate le catene
della violenza e dell’odio,
e finalmente il male sia vinto dal bene…
Come i giusti dell’Apocalisse scruto i cieli e sfido l’Altissimo: 
fino a quando, Signore? Quando farai giustizia?
Dischiudi i sette sigilli che impediscono di penetrare il Libro della Vita 
e manda un Angelo a rivelare i progetti eterni, 
a introdurci nella tua pazienza, a istruirci col saggio Qoelet:
“””Vanità delle vanità: tutto è vanità”””.
Tutto…tranne l’amare.

(Fonti: https://svppbellum.blogspot.com/, Web, Google, ANMI TORINO, Wikipedia, Betasom, MuseoNavale, You Tube)





































 

martedì 15 ottobre 2024

MARINA MILITARE ITALIANA 2029: starebbero emergendo importanti novità circa le 2 unità che andranno ad affiancare i DDG CLASSE DORIA ammodernati. Il dislocamento è al momento stimabile in oltre 14.000 tonn a pieno carico; ciò li fa entrare nella categoria superiore degli “incrociatori pesanti”.









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Blog dedicato agli appassionati di DIFESA, 
storia militare, sicurezza e tecnologia. 
La bandiera è un simbolo che ci unisce, non solo come membri 
di un reparto militare 
ma come cittadini e custodi di ideali.
Valori da tramandare e trasmettere, da difendere
senza mai darli per scontati.
E’ desiderio dell’uomo riposare
là dove il mulino del cuore non macini più
pane intriso di lacrime, là dove ancora si può sognare…
…una vita che meriti di esser vissuta.







Dal sito di R.I.D. (Rivista Italiana Difesa), starebbero emergendo nuovi dati circa i 2 nuovi DDG (incrociatori) che andranno ad affiancare nella flotta della Marina Militare i DDG CLASSE DORIA ammodernati.



Il dislocamento è al momento stimabile in oltre 14.000 tonn a pieno carico; un dislocamento, appunto, rilevante, che li fa entrare nella categoria superiore degli “incrociatori pesanti”.
Un’altra “importante” novità riguarda il radar AESA in fase avanzata di sviluppo da parte di Leonardo: deriverebbe dall’esperienza del KRONOS DBR dei Pattugliatori Polivalenti d’Altura e sarà probabilmente un radar bi-banda AESA che, però, alla banda X affianca la banda S (invece della banda C come sul KRONOS DBR). La banda S, oltre alla funzione di “ricerca e scoperta”, avrà anche la funzione guida missili.
Sarebbero al momento confermate 80 celle VLS, con lanciatori Sylver A-70 e A-50.
Dalle informazioni in possesso di RID, sugli incrociatori potrebbe in prospettiva essere installato il nuovo lanciatore multi-missile Sylver A-70 NG (Next Generation), in grado di lanciare il nuovo missile MBDA RJ-10 (la versione antinave supersonica del FC/ASW), il missile ASTER New Technology e l’intercettore anti-ipersonico MBDA AQUILA.





L'Italia prevede la consegna dei nuovi incrociatori entro il 2029

Stimolata dal ritiro di numerose vecchie unità navali oramai obsolete, la Marina Militare italiana è ora tornata al tavolo da disegno per mettere a punto quella che considera la pietra angolare della sua flotta: i nuovi cacciatorpediniere “DDX”.
Dopo aver costruito 10 fregate della classe FREMM - lo stesso tipo acquisito dagli Stati Uniti - e aver progettato nuovi PPA, una LHD da 35.000 tonnellate e nuove navi logistiche LSS, uno studio di riduzione del rischio ha auto inizio su due incrociatori da 14.500 tonnellate ancora denominati DDX.
"I DDG sono fondamentali per una flotta d’altura come quella italiana, che deve essere in grado di proiettare capacità in mare e dal mare mentre opera attraverso l'intero spettro delle operazioni marittime congiunte", (Amm. Aurelio De Carolis della Marina italiana).
"A parte le portaerei, le navi anfibie e i sottomarini, si ha necessità di cacciatorpediniere in grado di effettuare attacchi di terra e capacità di protezione del gruppo di lavoro", ha aggiunto.
La Marina vuole che le navi lunghe 175 metri sostituiscano due vecchi cacciatorpediniere, l'ITS Durand de la Penne e l'ITS Mimbelli. Queste due navi sono entrate in servizio nei primi anni '90 e sono state raggiunte in servizio dalle due più recenti navi italiane classe Horizon Doria e Duilio, che la Marina italiana classifica come cacciatorpediniere.
"Abbiamo sempre avuto due coppie di cacciatorpediniere in servizio, risalenti agli anni '60", ha detto De Carolis.
Con 4,5 milioni di euro (U.S. 5,3 milioni di dollari) preventivati finora per studi di fattibilità biennali e riduzione del rischio, la Marina mira a completare il progetto nel 2025 e ricevere la prima nave entro il 2028.
I piani attuali prevedono navi larghe 24 metri e più di 300 membri di equipaggio, offrendo al contempo una velocità massima di oltre 30 nodi utilizzando il sistema di propulsione CODOGAL (COMbined Diesel Or Gas And eLectric). Il sistema consente l'uso di turbine a gas o diesel, oltre alla propulsione elettrica per velocità inferiori.
L'Italia sta rinnovando la sua Marina per il Mar Mediterraneo, mentre la Turchia potenzia la sua flotta d’altura, la Libia rimane in bilico dopo anni di conflitto e la Russia cerca di aumentare la sua influenza regionale.
Le navi saranno costruite da Fincantieri, tenendo occupato il cantiere dopo una serie di recenti costruzioni navali grazie alla legge navale italiana da 6,3 miliardi di dollari nel 2014.

ARMAMENTO IMBARCATO 

Il dominio della difesa aerea estesa pone sfide sempre più impegnative dovute alla presenza di minacce complesse e in rapida evoluzione, quali missili balistici manovranti, missili da crociera e “gliders” ipersonici. Nei prossimi decenni queste nuove minacce dovranno essere affrontate con soluzioni dedicate, volte all’implementazione di una protezione efficace di schieramenti operativi e siti sensibili dislocati sul territorio nazionale.
MBDA sta lavorando da più di cinque anni alla difesa da minacce ipersoniche, presentando soluzioni innovative e concepite sulla base dell'esperienza accumulata sia sulla progettazione e l’impiego del missile ASTER sia su di una profonda conoscenza delle minacce stesse. Si tratta del progetto AQUILA, che propone i più avanzati concetti di intercettori a contrasto della minaccia ipersonica ed a complemento di un portafoglio globale di soluzioni per la difesa aerea.



Nel marzo 2023, MBDA è stata invitata, insieme ai suoi partner industriali, a partecipare ad un bando di gara riguardante lo studio di architetture e tecnologie relative ad un intercettore endo-atmosferico capace di neutralizzare queste nuove minacce.



HYDIS² è il progetto di studio presentato da MBDA, alla guida di un consorzio che prevede la partecipazione di 19 partner industriali europei e più di 30 sub-contractor di 14 Paesi europei.
I consorziati sono gruppi industriali attivi nel settore della difesa, enti di ricerca, piccole e medie imprese, università, tutti con una forte e riconosciuta esperienza nelle tecnologie chiave per portare avanti lo studio di questo nuovo intercettore. Il consorzio riunisce insieme le migliori competenze missilistiche all’interno dell’Unione Europea con le più alte competenze scientifiche del settore aeronautico ed attori in nuovi settori per raccogliere e vincere la sfida posta dalla minaccia ipersonica.
Eric Béranger, CEO di MBDA, ha dichiarato: "Questo progetto offre un significativo vantaggio europeo, contribuendo ad incrementare la resilienza e la sovranità tecnologica europea, attraverso il rafforzamento della cooperazione e l’interoperabilità tra i Paesi dell'UE. Il progetto contribuirà anche ad incrementare la sovranità dell'industria europea dei sistemi missilistici, sostenendo e sviluppando competenze, materiali e tecnologie definite “critiche” e rafforzando la competitività industriale europea. Le tecnologie relative al settore ipersonico sono in continua evoluzione e rimanere all’avanguardia è una priorità di MBDA per guidare l'Europa verso la soluzione più efficace per contrastare le minacce ipersoniche".
L’obiettivo di HYDIS² è quello di progettare diversi concetti di intercettori e di maturare le relative tecnologie critiche per identificare la migliore soluzione che soddisfi le esigenze dei quattro Stati - Francia, Italia, Germania e Paesi Bassi – e che sia coerente con i lavori del programma europeo TWISTER. HYDIS2 rappresenta un contributo centrale degli Stati europei alla missione di difesa delle proprie popolazioni e forze armate dalle minacce ipersoniche, che segnano un cambiamento radicale dei concetti di difesa rispetto a quelle balistiche.
Francia, Germania, Italia e Paesi Bassi hanno già confermato il loro sostegno e impegno firmando una Lettera di Intenti, concordando i Requisiti Operativi Iniziali.


Le celle Sylver A50 sono state spostate ancora una volta nell'area di prua - queste forniranno l'armamento difensivo della nave contro le minacce aeree e ATBM, con i SAM Aster 15, Aster 30 e Aster 30 Block 1NT. Vale la pena notare che anche se queste celle sono celle di lunghezza "tattica", lo spazio in cui sono installate è dimensionato per celle a lunghezza di attacco. Nel frattempo, c'è un altro silo a metà nave, che utilizzerà celle A70 a lunghezza di attacco, per un totale di 80 VLS. Queste celle sono per ospitare missili da crociera, un futuro missile antinave e futuri intercettori da utilizzare contro missili "ipersonici". Immediatamente a poppa della sovrastruttura avanzata c'è uno spazio per i lanciatori dei missili Teseo Mk.2/EVO.
L'armamento del cannone rimane lo stesso - 1x 127/64LW e 3x 76/62 Sovraponte - ma un'aggiunta interessante è che gli RWS sono stati portati al calibro di 30 mm e hanno un sistema di sensori separato sull'albero anteriore che li controlla. Ci sono tre RWS da 30 mm in totale, con l'aggiornamento al loro calibro e numero esplicitamente per migliorare le difese contro le minacce senza equipaggio di fascia bassa.
Oltre alla difesa aerea e all'armamento anti-superficie, il DDX deve essere un combattente capace di svolgere attività ASW, con un sonar montato sullo scafo, un VDS trainato e due lanciatori tripli per siluri leggeri MU-90. 
La potenza di fuoco a lungo raggio per i cacciatorpediniere sarà garantita da lanciamissili VLS, con due lanciatori verso la prua (davanti al ponte) e il resto a metà nave.
I missili antiaerei Aster, già in uso su altre navi italiane, saranno adottati, così come un missile di attacco terrestre. "La Marina ha bisogno di una capacità di attacco terrestre credibile e stiamo considerando le opzioni ora", ha detto De Carolis.
Ciò potrebbe portare la Marina a prendere in considerazione la variante navale della MBDA del missile Scalp. E’ confermata l'acquisizione del missile antinave Teseo Mk2 Evolved del consorzio europeo, che l'ammiraglio ha detto che offre "capacità di attacco di costiero". L’arma utilizzerà i lanciatori situati immediatamente dietro il ponte, ha confermato.
Un ponte di elicottero poppiero e un hangar saranno in grado di ospitare due elicotteri SH101 o due SH90.
I cannoni della nave saranno gli stessi tipi di costruzione italiana che sono diventati standard per le navi da guerra italiane negli ultimi anni. Un cannone Leonardo da 127/64 LW mm a prua sparerà le munizioni guidate Vulcano, mentre due cannoni Leonardo Sovraponte da 76/62 mm al centro della nave spareranno la munizione guidata Dart, sempre sviluppata da Leonardo.
Un terzo cannone Sovraponte da 76/62 mm sarà installato sull'hangar poppiero. Soprannominato "Sovraponte" e costruito per essere posizionato in cima alle strutture delle navi, il cannone è stato sviluppato per la prima volta per le navi PPA. "Siamo soddisfatti di Sovraponte", ha detto l'ammiraglio.
Il cannone è un esempio di come il cacciatorpediniere sfrutterà le nuove tecnologie finanziate dalla legge navale: il radar AESA è un altro esempio. 




MISSILI ASTER 30 Block 1 NT

Rispetto all’attuale versione, la NT prevede essenzialmente un nuovo seeker in banda Ka, che sostituirà la quello in banda Ku oggi utilizzato, e un più moderno calcolatore. La maggiore frequenza della banda Ka, in particolare, darà al sistema di guida più raggio d’azione e una maggior precisione, caratteristiche che dal punto di vista operativo si traducono per il missile in una migliorata velocità di intercetto e nella possibilità di colpire bersagli di più ridotte dimensioni.
Si tratta di caratteristiche fondamentali, ad esempio, nel caso di intercetto di missili balistici dotati di testate multiple.
La versione NT, in ogni caso, sarà dotata della stessa massa e dello stesso booster della Block 1 “standard”, di cui manterrà anche la caratteristica di interoperabilità e comunanza tra la piattaforma marina e terrestre.
L’uso dalle medesime piattaforme di lancio della variante precedente sarà possibile dopo un aggiornamento dei sistemi informatici, che sarà responsabilità di EUROSAM, la joint venture tra il consorzio e la francese Thales.
Secondo i dati forniti da MBDA, dal suo lancio nel 1990 l’intero programma Aster ha ricevuto complessivamente 11 miliardi di investimenti. Gli esemplari consegnati sono oltre 1300, presi in carico da nove clienti, tre domestici (Italia, Francia e Gran Bretagna) e sei di esportazione (Algeria, Egitto, Qatar, Arabia Saudita, Marocco e Singapore). Gli ordini complessivi sono invece per 1800 esemplari.
L’Italia è entrata nello sviluppo dell’Aster 30 Block 1 NT nello scorso gennaio, manifestando la volontà di utilizzare il missile sulle future unità PPA (Pattugliatori Polivalenti d’Altura).
Gli Aster 15 e 30, membri originari della famiglia di missili, sono da tempo utilizzati dalle Forze Armate Italiane sia per uso navale che terrestre.Il programma “B1NT” prevede lo sviluppo da parte di MBDA della nuova versione del missile Aster 30 Block 1 NT (New Technology), così come l’ammodernamento dei sistemi SAMP/T (attualmente in servizio presso l’aeronautica francese e l’esercito italiano e a cui sembra interessata anche la Svezia)che acquisiranno così maggiori capacità, in particolare contro i missili balistici, portando un contributo essenziale da parte di entrambi i paesi all’interno del programma NATO in questo settore.
Lo sviluppo del missile Aster 30 Block 1 NT risponde ad un duplice requisito (stessa munizione per sistemi terrestri e navali a base Aster), prevedendo quindi i necessari aggiustamenti per permettere al missile di essere lanciato da unità navali. L’Italia ha infatti espresso il desiderio di poter impiegare l’Aster 30 Block 1 NT sulle future unità PPA (Pattugliatori Polivalenti d’Altura).




FC/ASW ("Future Cruise/Anti-Ship Weapon”)

L’FC/ASW è un programma lanciato da Francia, Italia e il Regno Unito a sviluppare un sistema missilistico per sostituire i loro missili Storm Shadow/SCALP sviluppati congiuntamente, nonché i rispettivi missili anti-nave Teseo, Exocet e Harpoon . Equamente finanziato dai tre paesi, il progetto è guidato dal produttore europeo di missili MBDA ed è un prodotto della stretta relazione di difesa stabilita tra le due nazioni dal Trattati di Lancaster House. 


Lo studio concettuale dell'FC/ASW, presentato nel 2011 al Salon du Bourget di Parigi, si chiamava Perseus o CVS401 Perseus (dal nome dell'eroe greco Perseo), uno studio di concetto di missile da crociera ipersonico stealth intrapreso da MBDA in consultazione con la MMI, la Royal Navy e la Marine Nationale. È stato messo a punto da 10 ingegneri che hanno lavorato al progetto per sei mesi. 
Nel 2017 è stato firmato un accordo tra i due paesi iniziali per il lancio di una fase concettuale del programma e, nel marzo 2019, MBDA ha annunciato che la revisione chiave del programma era stata completata con successo in collaborazione con l'Agenzia francese per gli appalti della difesa (DGA ) e il British Defence Equipment and Support (DE&S). 
Il 18 febbraio 2022, un accordo e i relativi contratti firmati dal capo della DGA, dal suo omologo britannico e dal CEO di MBDA hanno confermato l'avvio dei lavori di preparazione della FC/ASW. 
Il programma sembra ora perseguire due concetti missilistici complementari: un missile da crociera subsonico a bassa osservazione e un missile supersonico altamente manovrabile; con la possibile di soluzione ipersonica. 
Come già evidenziato in precedenza, anche l’Italia si è unita al programma MBDA FC/ASW per lo sviluppo di un nuovo missile da crociera di nuova generazione per il rimpiazzo di EXOCET, TESEO Mk2 e STORM SHADOW. In un incontro tra il Ministro della Difesa italiano Guido Crosetto ed il suo omologo francese Sebastien Lecornu, a margine del Paris Air Show 2023, è stata sottoscritta una Lettera di Intenti per associare l’Italia al programma, guidato, come noto, da MBDA.



MISSILE TESEO MK 2 EVOLVED

Il Teseo Mk2 / Evo di ultima generazione affronta l'evoluzione delle minacce navali ostili con un arco di tempo di venti anni e oltre. E’ l’erede del Teseo Mk2 / A e incarna tecnologie all'avanguardia a doppio ruolo negli scenari marittimi e costieri. Rappresenta un punto di riferimento evolutivo per tutti i missili anti-nave a lungo raggio, aggiungendo la capacità di operare contro bersagli in profondità, riducendo il tempo di reazione a pochi secondi in condizioni completamente controllate, dalla preparazione della missione all'impegno del bersaglio. 
Il nuovo missile avrà:
  • Peso: 700kg (inizio fase di crociera)
  • Lunghezza: <5 m (<5,5 m nel contenitore di lancio)
  • Raggio d’azione rivelato: > 350+ km.
Il “Teseo MK2/Evolved” integra una sezione di guida “homing dual-mode” all'avanguardia che include una testa cercante RF coerente con capacità ECCM che il sensore EO per un impegno ad alta precisione, per obiettivi marittimi e/o terrestri.


L’arma includerà un'innovativa pianificazione della missione con un tempo minimo di reazione tramite una soluzione di lancio automatico; i parametri della missione pianificata saranno regolabili in tempo reale dall'operatore del sistema d'arma in base al quadro tattico. Potrà contare su di un sistema di data link bidirezionale per il controllo della missione fino alla fine dell'impegno, onde consentire l’aggiornamento, la eventuale riassegnazione del target e/o l’eventuale interruzione della missione d’attacco.
Il Teseo Evo utilizzerà un'elevata velocità di crociera subsonica con una manovrabilità terminale ad alto numero di G con un'autonomia effettiva superiore ai 350 km (500?) al livello del mare. 
Avrà un INS / GPS integrato completamente autonomo ed un sistema di navigazione radio-altimetro con capacità “sea-skimming” autoadattata e capacità di volo terrestre. Il missile avrà un effetto letale attraverso l’utilizzo di un'efficace testata scalabile, semi-perforante / altamente esplosiva.
Il complesso Teseo Mk 2 / Evo è l’ultima evoluzione del noto sistema missilistico anti-nave OTOMAT con un missile anti-nave subsonico con motore turboreattore, tradizionalmente indicato nella Marina Militare Italiana come Teseo.



CANNONE LEONARDO 127/64 LW

Il cannone può usare il sistema di munizionamento Vulcano con proiettili aventi la caratteristica di possedere una gittata estesa rispetto al munizionamento tradizionale dello stesso calibro e per alcune versioni un sistema di guida che consente attacchi di precisione contro bersagli navali o terrestri. Lo stesso proiettile può essere sparato da calibri diversi (127 mm e 155 mm) in quanto risulta essere sottocalibrato e camerato tramite dei distanziali a perdere nello stesso modo dei proiettili APFSDS, la denominazione precisa per questo tipo di munizioni è HEFSDS (High Explosives Fin Stabilized Discarding Sabot) cioè proiettile ad alta esplosività, stabilizzato ad alette, ad abbandono d'involucro.


L'Oto Melara (ora Leonardo) 127/64 Lightweight (LW) è un cannone a fuoco rapido adatto per l'installazione su navi di grandi e medie dimensioni, destinato al fuoco di superficie e al supporto per armi da fuoco navale come ruolo principale e al fuoco antiaereo come ruolo secondario. La compattezza del sistema di alimentazione del cannone rende possibile l'installazione su imbarcazioni a sezione stretta.
Il cannone può sparare tutte le munizioni standard da 127 mm (5 pollici), comprese le nuove munizioni guidate a lungo raggio Vulcano.
I caricatori automatici modulari permettono di sparare fino a quattro tipi di munizioni diverse e immediatamente selezionabili; i caricatori (quattro fusti, ciascuno con un bossolo pronto al fuoco e 13 altre munizioni in magazzino) possono essere ricaricati mentre il supporto è in funzione.
Un sistema di manipolazione delle munizioni è disponibile per trasportare proiettili e cariche propulsive dal deposito munizioni principale ai magazzini di alimentazione, che vengono ricaricati automaticamente. Il flusso delle munizioni è reversibile. I proiettili possono essere scaricati automaticamente dal cannone. Interfacce digitali e analogiche sono disponibili per qualsiasi sistema di gestione del combattimento, anche secondo il protocollo COBRA.
I supporti per cannoni navali da 127/64 LW includono un modulo Vulcano, che agisce in modo duplice:
  • Programmatore di fusibili e sistema di guida per munizioni;
  • Pianificazione ed esecuzione di missioni per l'azione di supporto al fuoco navale (soluzioni di tiro, selezione delle munizioni, definizione delle traiettorie e sequenze di tiro, calcoli balistici che tengono conto del tipo di munizioni, ecc.



CANNONE LEONARDO 76/62 SOVRAPONTE

Il Leonardo 76/62 SOVRAPONTE è l’ultima evoluzione di un cannone navale leggero e rapido che offre prestazioni e flessibilità senza rivali in qualsiasi ruolo di difesa aerea e anti-superficie, in particolare nel ruolo di anti-missile.  




La capacità di un coinvolgimento molto efficace degli obiettivi basati sulla costa è anche fornita per prestazioni uniche multiruolo. 
Il “76/62 Sovraponte” è adatto per l'installazione su navi di qualsiasi tipo e classe, comprese piccole unità navali.  L'interfaccia con una vasta gamma di sistemi di gestione della lotta e / o FCS / EOS è fornita, secondo lo standard digitale e analogico, compresa l'architettura aperta. 
La frequenza di fuoco può essere selezionata da colpo singolo a tiro 120 rds / min.  In condizioni operative il tempo tattico è inferiore a 3 secondi e la deviazione standard al momento dello sparo è inferiore a 0,3 mrad, fornendo così un'eccellente precisione. 
Il 76/62 SOVRAPONTE è l'unico cannone navale di medio calibro disponibile in grado di fuoco continuo, che è un requisito fondamentale in qualsiasi scenario che coinvolge l'impegno simultaneo di più bersagli di manovra, come richiesto dal emergenti scenari di guerra asimmetrica. 
Il rapido caricamento è facilmente eseguibile anche durante l'azione di sparo da parte di due addetti alle munizioni. 
La fornitura standard include la nuova console di controllo digitale (DCC) che sfrutta la tecnologia digitale per aumentare le funzioni a disposizione dell'operatore e dei manutentori. 
Il nuovo 76/62 è pronto per il funzionamento del fusibile programmabile multifunzione 3AP. Ed ha la flessibilità necessaria per essere dotato dei seguenti optional: 
  • Scudo integrale stealth per ridurre il totale RCS della nave;
  • Muzzle Velocity Radar per aggiornare l'FCS di eventuali deviazioni dai valori della tabella dei range;
  • Dispositivo di alimentazione multipla per la gestione, la selezione e l'alimentazione automatica di qualsiasi tipo di munizioni caricate;
  • Sistema STRALES - un sistema di guida per il proiettile guidato DART.
Il cannone è caratterizzato da una cadenza di tiro molto elevata pari a 120 colpi al minuto, che lo rende particolarmente adatto per la difesa antiaerea e anti-missile e per la difesa di punto, anche se, visto il suo calibro, può essere usato anche in altri ruoli come il bombardamento navale e costiero. Il cannone è dotato di munizionamento convenzionale, che varia a seconda del tipo di impiego e la sua polivalenza di usi è data anche dalla gran quantità di tipi di munizionamento che vanno dall'incendiario al perforante, fino ai proiettili a frammentazione con spoletta di prossimità. L'intero sistema è inoltre molto compatto ed è quindi installabile anche su navi di piccole dimensioni come le corvetta o le vedette costiere, oltre ad essere completamente controllabile da remoto. Recentemente è stato aggiunto il nuovo munizionamento guidato DART.





CANNONE NAVALE A TIRO RAPIDO LEONARDO LIONFISH cal. 30 x 173

La torretta navale LIONFISH 30 si unisce alla gamma di prodotti LIONFISH di piccolo calibro di Leonardo, che comprende i modelli Ultralight, Inner Reloading e Top da 12,7 mm, oltre a una versione da 20 mm. 


Il design compatto e leggero del 30 ne consente l'installazione su piccole piattaforme, consentendo la protezione da tutti i tipi di minaccia asimmetrica, inclusi droni ed elicotteri, all'interno di scenari complessi con più bersagli o multi-bersagli. Questa capacità è guidata da sofisticati algoritmi di intelligenza artificiale (AI) che eseguono analisi contestuali e ottimizzano il coinvolgimento contro più minacce simultanee. Altre caratteristiche distintive includono un'elevata cadenza di fuoco, una lunga autonomia operativa e la capacità di utilizzare munizioni ad aria compressa di nuova concezione ad alta efficienza con frammentazione preformata, progettate per essere più efficaci contro le minacce aeree come i droni di dimensioni mini e micro. Il sistema condivide una serie di caratteristiche con altri modelli della famiglia LIONFISH, tra cui l'architettura, la capacità di essere controllato da remoto tramite una console locale ad alta risoluzione, la facilità d'uso e di manutenzione. La nuova torretta è inoltre dotata di una suite elettro-ottica che consente la sorveglianza e il tracciamento a 360°.
Il LIONFISH 30 è un sistema di cannoni navali di piccolo calibro controllati a distanza, caratterizzati da una lunga gittata operativa.
calibro piccolo, caratterizzato da una lunga gittata operativa e da una elevata cadenza di fuoco. Fa parte della più ampia famiglia di torrette d'arma remote LIONFISH che condivide la stessa architettura meccanica ed elettronica e lo stesso sistema di architettura meccanica ed elettronica e la stessa interfaccia umana estremamente semplice da utilizzare.
Grazie alle sue dimensioni compatte e al peso ridotto, LIONFISH 30 permette di fornire a navi di superficie di dimensioni molto piccole la capacità di neutralizzare minacce asimmetriche di superficie, elicotteri e droni, grazie all'impiego di munizioni Air Burst, oltre ad essere utilizzabile a bordo di imbarcazioni più grandi come armamento secondario.
Il LIONFISH 30 è equipaggiato con la mitragliera LEONARDO X-GUN da 30 mm, esente da ITAR, alimentato da due scatole di munizioni con 200 colpi pronti al fuoco.
Può sparare tutti i tipi di munizioni da 30x173 mm, prescritte dal produttore del cannone, quali:
  • Munizioni a raffica;
  • Alto esplosivo: MP-T/SD, SAPHEI-T, HEI-T;
  • perforanti: API, APFSDS-T, FAPSD-T;
  • Bersaglio da esercitazione: TP, TP-T. 
Il sistema di puntamento è completamente stabilizzato in elevazione e azimut mediante potenti servosistemi in anello chiuso con giroscopio e due tachimetri per la ridondanza.
Tutti i componenti sono completamente protetti da uno scudo stealth per ridurre al minimo la RCS e permettere il funzionamento negli ambienti più severi.
Il LIONFISH 30 è controllato a distanza attraverso la propria console di controllo locale (con video digitale ad alta risoluzione e a bassa latenza) ed è in grado di determinare autonomamente le coordinate di tiro stabilizzate eseguendo calcoli balistici e di traiettoria del bersaglio.
Il sistema Elettro-Ottico è indipendente, auto-stabilizzato ed è dotato di una suite di sensori altamente precisi con telecamera diurna, telecamera IR e telemetro LASER.
L'EOD è in grado di effettuare Nx360° per eseguire compiti di sorveglianza, rilevamento di più bersagli e inseguimento.
Il LIONFISH 30 può anche essere completamente controllato da una Console Multifunzione Remota della Piattaforma o da un FOD esterno, attivando un apposito interruttore della console di controllo locale.
In questo caso, l'acquisizione del bersaglio, l'ingaggio del bersaglio e il fuoco sono eseguiti dallo stesso MFC o FCS. 
Efficace contro qualsiasi minaccia asimmetrica di superficie, elicotteri e droni:
  • elevata cadenza di fuoco;
  • completamente stabilizzato su due assi indipendenti per una grande precisione;
  • EOD indipendente e stabilizzato con raggio d'azione azimutale di Nx360° e capacità di tracciamento per compiti di sorveglianza;
  • sistema di rilevamento di più bersagli;
  • sistema di alimentazione doppio;
  • dimensioni compatte e peso ridotto;
  • elevata affidabilità e facilità di manutenzione;
  • design stealth;
  • Console di controllo locale innovativa e di facile utilizzo con
  • video digitale ad alta risoluzione;
  • controllabile da un sistema di controllo del fuoco esterno o da una console multifunzione;
  • comunanza logistica all'interno della famiglia LIONFISH;
  • nessuna penetrazione sul ponte;
  • Registrazione dati e video integrata;
  • Test integrato con rilevamento automatico dei guasti e isolamento dei guasti.

ELETTRONICA E SISTEMI IMBARCATI

Una caratteristica notevole di questo nuovo rendering è la disposizione della suite radar. 



Il radar AESA Leonardo Kronos saranno distribuiti a prua e a poppa sopra le due sovrastrutture, in modo simile alle classi Ticonderoga, Akizuki, F125 e F126. 


Il Kronos Power Shield a banda L (AESA) rimane come un array rotante montato sulla sovrastruttura di poppa. Il rendering presenta anche quattro radar controllo del tiro NA-30S Mk.2, che non erano presenti nei rendering precedenti.
La nave dispone naturalmente anche di un sistema di guerra elettronica completo, integrato con il Combat Management Systems Leonardo SADOC 4. 



Il sistema ECM-ESM-EWS è l’ELT Virgilius/Zeus, che equipaggia i PPA e le fregate FREMM più recenti (GPe ed EVO). Il sistema funziona anche in collaborazione con il lanciatore di esche ODLS-20 MLRS e i suoi moduli di attacco elettronici possono essere supportati dalle funzionalità EA del radar Kronos Starfire.
I cacciatorpediniere monteranno il radar AESA Kronos di Leonardo, un radar attivo scansionato elettronicamente con una faccia fissa montate dietro i pannelli sopra il ponte. Questa tecnologia è stata utilizzata nelle due versioni "complete" dei sette PPA.
Leonardo fornirà anche lo stesso radar rotante a lungo raggio AESA POWER SHIELD a banda L, da posizionare nella parte posteriore della nave, già adottato dalla LHD Trieste.
Il sistema di gestione del combattimento, così come le suite di comunicazione e di guerra elettronica, saranno derivati da quelli sviluppati per le navi più recenti della flotta, mentre le capacità ASW includeranno sonar (sia in bulbo prodiero che rimorchiati), lanciasiluri e lancia esche.
La LHD Trieste si unirà alle tre navi d'assalto anfibie italiane della classe San Giorgio, ma tale flotta da sbarco richiederà protezione, ha detto De Caroils. "Avremo bisogno di almeno due cacciatorpediniere pronti in ogni momento, il che significa quattro cacciatorpediniere in totale", ha spiegato. "L'approvvigionamento fa anche parte del nostro impegno nei confronti della NATO poiché facciamo parte di un progetto per nuove task force anfibie, ognuna contenente tre unità da sbarco a livello di battaglione e supporto al servizio di combattimento, il che significa quattro navi anfibie e cacciatorpediniere per la protezione.
"Questi cacciatorpediniere difenderanno - insieme a fregate ASW, sottomarini e aviazione navale imbarcata - gruppi di lavoro navali anfibi durante il loro movimento verso le aree d'assalto, e quindi forniranno un efficace supporto al fuoco navale per il sostegno della proiezione e delle operazioni a terra effettuate da elementi della forza di sbarco. Tutto ciò è richiesto, compresa la capacità di svolgere il ruolo cruciale di coordinamento e controllo dello spazio aereo sull'area obiettivo anfibia.
"Gli Stati Uniti e la Russia gestiscono ancora incrociatori, ma la maggior parte delle altre marine oggi si affida ai cacciatorpediniere per il potere di combattimento. Devono coprire le operazioni antiaeree, antinave e antisommergibile con particolare attenzione alla difesa aerea e missilistica integrata, compresa la difesa ATBM anti-missili balistici“.
Il compito più "critico" per i cacciatorpediniere, ha aggiunto, sarà quello di proteggere i gruppi di battaglia delle portaerei e svolgere il tipico "ruolo di scorta" per le portaerei. Gli esempi che ha dato includevano la guerra del Golfo Persico 1990-1991, quando la nave italiana ITS Audace faceva parte della scorta delle unità della portaerei Theodore Roosevelt; durante l'operazione Enduring Freedom nel 2002, quando l'ITS Durand de la Penne ha scortato le portaerei John C. Stennis e John F. Kennedy.
"L'Italia non può fare a meno di una Marina equilibrata che copra tutte le operazioni d’altura, quelle anti-mine, i sottomarini e le portaerei con velivoli ad ala fissa STOVL F-35B, con protezione aerea complessiva fornita da cacciatorpedinieri e guerra ASW per lo più svolta dalle fregate", ha aggiunto.



AEROMOBILI IMBARCATI

L'hangar per elicotteri è dimensionato per ospitare due elicotteri SH101 (o SH90). Il ponte di volo stesso sarà in grado di ospitare un CH-47 Chinook o un V-22 Osprey, rendendolo adatto per missioni degli incursori o della Brigata Marina San Marco.





IL SISTEMA DI PROPULSIONE

Il sistema di propulsione è descritto come "CODOGAL" o "Combined Diesel Or Gas And eLectric". 
I due alberi possono essere azionati da un motore elettrico (1,6 MW ciascuno), da una trasmissione diesel diretta (10 MW ciascuno) o da una turbina a gas (32 MW ciascuno). I modelli specifici da utilizzare non sono ancora stati scelti, ma il principio di base è che i motori elettrici saranno utilizzati quando vi sarà la necessità di funzionare nel massimo silenzio per il lavoro ASW; i diesel per la velocità di crociera (con una autonomia di circa 6.000 nmi alla loro velocità massima di 18 nodi) e le turbine a gas Rolls-Royce MT-30 per alte velocità (oltre 30 nodi). 


Quando i motori diesel o le turbine a gas sono attivate, i motori elettrici fungeranno da generatori di energia, ma ci saranno anche quattro diesel da 2,7 MW per un carico di base generale (di 10,8 MW).

EQUIPAGGIO

Il personale imbarcato di base dell’incrociatore sarà pari a 200 unità, ma potrà ospitare fino a 300 membri dell’equipaggio e alcuni incursori. 

LA CONSEGNA DELL’UNITA’ CAPOCLASSE E’ ANCORA FISSATA PER IL 2029

In questo momento, Orizzonte Sistemi Navali sta concludendo il lavoro di pre-fattibilità e riduzione del rischio, che dovrebbe essere completato nella prima metà dell'anno, con il contratto in arrivo entro il prossimo anno. La consegna della prima unità è ancora fissata per il 2029.
Il futuro cacciatorpediniere DDX della Marina Italiana, che entrerà in servizio alla fine del decennio, promette di superare, in termini di tonnellaggio e potenza di fuoco, tutte le grandi unità combattenti di superficie in Europa e nel Mediterraneo. 
Ora sappiamo un po' di più su questa nave che forse segnerà la rinascita dell'incrociatore nelle marine europee.
Nel luglio 2019, lo Stato Maggiore della Marina Italiana ha presentato un piano di grande ambizione, per renderla, entro il 2035, la forza navale più importante del Mediterraneo.
Oltre alla portaerei Trieste da 38.000 tonnellate destinata a implementare i caccia F-35B e nave Cavour da 30.000 tonnellate, anch'essa dedicato a questa funzione, il piano prevedeva tre grandi navi d'assalto anfibio da 20.000 tonnellate che sostituiranno le tre LPD della classe San Giorgio.
Queste saranno scortate da 10 fregate FREMM della classe Bergamini, 7 fregate medie PPA della classe Thaon di Revel, 8 corvette da 3.000 tonnellate del programma European Patrol Corvette, navi da pattugliamento offshore classe Comandanti, navi cacciamine, nonché tre grandi navi logistiche LSS della classe Vulcano e Etna.
Inoltre, la Marina militare italiana avrà in dotazione da 8 a 12 sottomarini convenzionali a propulsione anaerobica Type-212 e 4 cacciatorpedinieri, due della classe Horizon da 7 tonnellate, già in servizio, identici alle fregate francesi di difesa antiaerea della classe Forbin, e soprattutto due nuovi incrociatori da circa 14.500 tonn che sostituiranno i due obsoleti cacciatorpediniere antiaerei Durand de la Penne.
È chiaro oggi che Roma sembra, infatti, determinata a dargli sostanza.
Infatti, con 2 portaerei, 3 grandi navi d'assalto, 4 cacciatorpediniere, 17 fregate, 8 corvette e almeno 8 sottomarini, avrà una forza navale significativamente più grande della Royal Navy e della Marina francese, che tuttavia deve difendere 3 zone marittime (Mediterraneo, Atlantico e Manica) e una zona economica esclusiva 12 volte più grande, per non parlare dei territori d'oltremare.
È vero che queste marine possono fare affidamento sui sottomarini a propulsione nucleare o unità portaerei significativamente più potenti.
Tuttavia, Roma è sul punto di ripristinare l'equilibrio, non solo in Europa, ma anche nei confronti della Marina russa, almeno nell'area delle grandi navi di superficie. In effetti, i suoi due futuri incrociatori, attualmente in fase di progettazione, promettono di avere una potenza di fuoco semplicemente ineguagliabile in Europa e nel Mediterraneo.
Inizialmente, avrebbero dovuto avere un tonnellaggio di 10.000 tonnellate, 8 sistemi VLS SYLVER, 1 cannone da 127 mm e 3 cannoni Sovraponte da 76/62 mm, nonché 16 missili anti-nave a lungo raggio.
Ma sembra, secondo la stampa specializzata italiana, che queste caratteristiche, già più che impressionanti nel teatro europeo, siano state riviste verso l'alto.
Infatti, secondo queste fonti, le due navi raggiungeranno un tonnellaggio carico di 14.500 tonnellate, quasi il doppio di quello dei cacciatorpediniere Horizon o Type 45, oggi le navi di superficie più potenti d'Europa.
In altre parole, queste navi avranno la potenza di fuoco di 3 fregate FREMM.






Ripensare la guerra, e il suo posto
nella cultura politica europea contemporanea,
è il solo modo per non trovarsi di nuovo davanti
a un disegno spezzato
senza nessuna strategia
per poterlo ricostruire su basi più solide e più universali.
Se c’è una cosa che gli ultimi eventi ci stanno insegnando
è che non bisogna arrendersi mai,
che la difesa della propria libertà
ha un costo
ma è il presupposto per perseguire ogni sogno,
ogni speranza, ogni scopo,
che le cose per cui vale la pena di vivere
sono le stesse per cui vale la pena di morire.
Si può scegliere di vivere da servi su questa terra, ma un popolo esiste in quanto libero, 
in quanto capace di autodeterminarsi,
vive finché è capace di lottare per la propria libertà: 
altrimenti cessa di esistere come popolo.
Qualcuno è convinto che coloro che seguono questo blog sono dei semplici guerrafondai! 
Nulla di più errato. 
Quelli che, come noi, conoscono le immense potenzialità distruttive dei moderni armamenti 
sono i primi assertori della "PACE". 
Quelli come noi mettono in campo le più avanzate competenze e conoscenze 
per assicurare il massimo della protezione dei cittadini e dei territori: 
SEMPRE!
….Gli attuali eventi storici ci devono insegnare che, se vuoi vivere in pace, 
devi essere sempre pronto a difendere la tua Libertà….
La difesa è per noi rilevante
poiché essa è la precondizione per la libertà e il benessere sociale.
Dopo alcuni decenni di “pace”,
alcuni si sono abituati a darla per scontata:
una sorta di dono divino e non, 
un bene pagato a carissimo prezzo dopo innumerevoli devastanti conflitti.…
…Vorrei preservare la mia identità,
difendere la mia cultura,
conservare le mie tradizioni.
L’importante non è che accanto a me
ci sia un tripudio di fari,
ma che io faccia la mia parte,
donando quello che ho ricevuto dai miei AVI,
fiamma modesta ma utile a trasmettere speranza
ai popoli che difendono la propria Patria!
Violenza e terrorismo sono il risultato
della mancanza di giustizia tra i popoli.
Per cui l'uomo di pace
si impegna a combattere tutto ciò 
che crea disuguaglianze, divisioni e ingiustizie.
Signore, apri i nostri cuori
affinché siano spezzate le catene
della violenza e dell’odio,
e finalmente il male sia vinto dal bene…
Come i giusti dell’Apocalisse scruto i cieli e sfido l’Altissimo: 
fino a quando, Signore? Quando farai giustizia?
Dischiudi i sette sigilli che impediscono di penetrare il Libro della Vita 
e manda un Angelo a rivelare i progetti eterni, 
a introdurci nella tua pazienza, a istruirci col saggio Qoelet:
“””Vanità delle vanità: tutto è vanità”””.
Tutto…tranne l’amare.

(Fonti: https://svppbellum.blogspot.com/, Web, Google, RID, Defense-news, Meta-defense, Reddit, MBDA, Wikipedia, You Tube)