mercoledì 23 gennaio 2019

Il Ling-Temco-Vought A-7 Corsair II (corsaro in inglese)




Il Ling-Temco-Vought A-7 Corsair II (corsaro in inglese), è un velivolo imbarcato di costruzione statunitense successore del più contenuto e leggero Douglas A-4 Skyhawk. In servizio dalla metà degli anni sessanta sulle portaerei della USN, venne adottato anche dall'USAF e dall'Air National Guard.
Basato sull'F-8 Crusader, costruito dalla Chance Vought, fu il primo velivolo da combattimento a dotarsi di HUD (Head-Up Display), INS (Inertial Navigation System) e ad essere propulso da un motore turboventola; ebbe un discreto successo anche nel mercato d'esportazione essendo stato richiesto dalle aeronautiche militari di Grecia, Portogallo e Thailandia.



Sviluppo

Verso la fine degli anni cinquanta, l'USAF e la US Navy avevano opinioni differenti riguardo alle capacità ed alle caratteristiche degli aerei d'attacco al suolo.
Mentre l'USAF dava grande importanza alle elevate prestazioni del velivolo, all'F-100 Super Sabre seguì il bisonico F-105 Thunderchief, la US Navy riteneva più importanti autonomia e capacità di carico: all'inizio degli anni 60, difatti, entrò in servizio il bombardiere imbarcato A-6 Intruder.



Proseguendo su questa linea, nel 1964, la US Navy emise il requisito VAL (heaVier-than-air, Attack, Light) per la costruzione di un nuovo bombardiere leggero per ovviare alla sostituzione del Douglas A-1 Skyraider e dell'A-4 Skyhawk. Il nuovo aereo, avrebbe dovuto vantare un raggio d'azione di 1.100 km, una capacità di carico di 6.800 kg ed avere la possibilità di rifornirsi in volo.[3] Il propulsore, già deciso in precedenza, doveva essere il Pratt & Whitney TF30 ed infine, il progetto doveva derivare da un velivolo già in servizio per limitarne tempi e costi di sviluppo. Le case produttrici interpellate, Douglas, Grumman, North American e la LTV (Ling-Temco-Vought) proposero rispettivamente: una nuova versione dell'A-4 Skyhawk denominata A-4F, il G-12, un A-6 Intruder monoposto, una versione ingrandita dell'FJ-4B Fury, l'A-7 il quale si basava sull'F-8 Crusader all'epoca ampiamente utilizzato da US Navy e USMC.
L'11 febbraio 1964 venne scelto il progetto dell'A-7 diretto da John Russell Clark, già capo progetto del Crusader. Il 19 marzo la US Navy ordinò un primo lotto di esemplari del nuovo velivolo, comprendente: tre prototipi YA-7A, tre aerei di preproduzione e 35 di serie. L'anno successivo, l'aereo ricevette il nome ufficiale di Corsair II, in ricordo del Vought F4U Corsair utilizzato da US Navy e USMC durante la seconda guerra mondiale e la guerra di Corea.



Il primo YA-7A compì il primo volo il 27 settembre 1965 ai comandi di John Konrad ed entrò in servizio nella USN nell'ottobre 1966, quando i primi Corsair vennero consegnati al VA-174 "Hellrazors", il reparto di addestramento della US Navy per la costa atlantica, basato a Cecil Field in Florida. Il mese seguente, iniziarono i test a bordo della CV-66 USS America.[3] Il primo squadron su A-7 venne dichiarato operativo il 1º febbraio 1967 iniziando, a dicembre, le operazioni sul Vietnam. L'USMC, al contrario, decise di sostituire i suoi Skyhawk non col Corsair II, bensì con l'Harrier, scelta dettata dalle sue capacità V/STOL (Vertical/Short Take Off and Landing) che ne permettevano l'impiego anche da navi d'assalto anfibio, come le classe Iwo Jima, e da piccole piste improvvisate su terraferma. Durante la guerra del Vietnam l'USAF constatò che, nelle missioni CAS, possedere un velivolo supersonico incapace di sfruttare questa sua capacità costituiva un considerevole dispendio di denaro in termini manutentivi e, d'altro canto, sarebbe risultato ben più economico utilizzare un aereo dalle minori prestazioni velocistiche, con una suite avionica "ad hoc". Ecco perché, il 5 novembre 1965, l'USAF ordinò una versione del Crusader con avionica aggiornata, sistema di rifornimento in volo compatibile con il "Boom" dei nuovi aerei cisterna ed un propulsore dalla spinta più regolare, anche se non estrema. Prodotto nelle più varie e disparate versioni, l'A-7 Corsair II è stato prodotto in 1.569 unità.



Tecnica

A prima vista l'A-7 poteva assomigliare molto al suo predecessore mostrando però una fusoliera di sezione maggiore, accorciata di circa 2,5 m e con una apertura alare di circa un metro superiore.

Struttura

Il Corsair II si presentava come un monoposto ad ala alta con freccia di 35° ed estremità pieghevoli per ridurre l'ingombro sul ponte di volo delle portaerei; le semiali formavano con la fusoliera un angolo diedro negativo di 5°.L'ala disponeva di slat su tutta la lunghezza del bordo d'attacco, il quale aveva, a sua volta, un dente in corrispondenza delle cerniere migliorandone la stabilità all'imbardata.
Nella parte interna del bordo d'uscita, alloggiavano gli ipersostentatori e, su quella esterna, gli alettoni; i deflettori, infine, erano posizionati al centro del dorso alare.[4] Il carrello d'atterraggio, totalmente retrattile, contava un doppio ruotino anteriore con gancio per il decollo dalla catapulta e due bracci posteriori a ruotino singolo. Il Corsair II era dotato, inoltre, di un aerofreno ventrale a "T" e gancio di coda per l'appontaggio; la cabina di pilotaggio, in posizione molto avanzata per migliorare la visibilità, ospitava un seggiolino eiettabile Douglas ESCAPAC 1G-4.[3] L'impianto propulsivo era costituito da un turboventola Pratt & Whitney TF30-P-6 da 5.150 kg di spinta, già adottato dall'F-111 Aardvark dell'USAF, il cui raffreddamento era garantito dall'ampia presa d'aria frontale, posta al di sotto del radome. Sfruttando la maggior efficienza dei turbofan rispetto ai turbojet, l'A-7 poteva vantare un'autonomia in volo maggiore a qualsiasi altro velivolo in forza alla US Navy.
La capacità dei serbatoi era di 5.655 litri, e sui piloni alari potevano prendere posto fino a quattro serbatoi esterni da 1.134 litri l'uno. L'A-7 era anche in grado di rifornirsi in volo tramite, procedura valida solo per le prime versioni, una sonda retrattile sul lato destro della fusoliera.[3] Dal punto di vista logistico il Corsair II richiedeva solo 11,5 ore/uomo di manutenzione per ogni ora di volo, un vantaggio che permetteva di ridurre le attività manutentive ed aumentare la disponibilità operativa delle singole unità.



Avionica

La suite avionica dell'A-7A comprendeva un radar AN/APQ-116 ed un radar doppler APN-153 integrati con l'avionica di navigazione INS e di gestione dell'armamento. L'Inertial Navigation System comprendeva un computerdedicato AN/ASN-41, un radar altimetro AN/APN-141 ed un ricevitore TACAN AN/ARN-52 con antenne di ricezione alla base della deriva. La nuova piattaforma inerziale richiedeva solo due minuti e mezzo per l'allineamento prima del decollo, al contrario degli interminabili tredici del F-4 Phantom II.
La gestione dell'armamento comprendeva un computer dedicato CP-741 che migliorò nettamente la precisione del carico bellico aria-superficie: l'approssimazione media era calcolata in un'area di circa 20 metri quadrati. Come autodifesa il Corsair II disponeva d'un RWR(Radar Warning Receiver) e di un set di contromisure ECM (Electronic Counter Measures).

Armamento

L'armamento tipico dell'A-7A era costituito da due cannoni Colt Mk12 da 20 mm, con caricatori da 250 colpi l'uno, ciascuno posto a lato della presa d'aria. Disposti come i cannoni, tra la cabina di pilotaggio ed il bordo d'attacco alare, vi erano due rotaie per missili AIM-9 Sidewinder. Data la capacità di carico di 227 kg, al Sidewinder poteva essere preferito un pod LAU-33A/A a due razzi (non guidati) Zuni da 127 mm. Al di sotto d'ogni semiala vi erano alloggiati tre piloni, dei quali i più interni ed i ventrali vantavano una capacità di carico di 1.587 kg mentre quelli esterni di 1.134 kg. 
Il Corsair II, oltre agli armamenti già elencati per la versione E ad inizio pagina, disponeva di:

POD lanciarazzi:
  • LAU-32, per 7 razzi non guidati da 70 mm
LAU-3-3A per 19 razzi non guidati da 70 mm
  • Bombe:
  • BLU-27 da 800 lb (Napalm)
GBU-10 Paveway da 2000 lb
GBU-12 Paveway da 500 lb

  • Missili:
  • AGM-78A Standard (antiradar)


Armamento nucleare:

  • B28 da 2100 lb
B43 da 2100 lb
B57 da 500 lb (utilizzabile come arma anti-nave)
B61 da 700 lb.

A causa del limite di peso a cui i velivoli della US Navy devono rigidamente sottostare per poter generare sufficiente portanza subito dopo il lancio tramite CATOBAR (Catapult Assisted Take Off But Arrested Recovery), la Navy preferisce a volte far decollare i suoi aerei con il carico bellico massimo ed i serbatoi semi vuoti, sfruttando i kit aerocisterna del Greyhound una volta in volo. Ciò permette al velivolo in missione la totale autonomia, operando con il carico adeguato di armamenti.

Impiego operativo

L'A-7 entrò in servizio negli Squadron da attacco VA della US Navy. Il Corsair II risultò un aereo facile da pilotare, a parte dimostrare una scarsa stabilità, in caso di vento laterale, durante l'atterraggio.

Guerra del Vietnam

U.S. Navy

I primi Corsair II che giunsero in Vietnam, furono gli A-7A del VA-147 “Argonauts” a bordo della CV-61 USS Ranger nel 1967. Le operazioni, iniziate il 4 dicembre, contarono ben 1.400 missioni eseguite solo dalle unità degli "Argonauts" e perdendo solo l'unità pilotata dall'LCDR James M. Hickerson, il 22 dicembre; il pilota, fatto prigioniero, fu rilasciato il 14 marzo 1973. Nel gennaio 1968, la CV-61 USS Ranger fu inviata, con la sua linea volo Corsair II, al largo delle coste nord coreane, per amministrare la crisi causata dalla cattura della nave statunitense AGER-2 USS Pueblo.
Gli esemplari del A-7B arrivarono in Vietnam nel 1969 schierati sempre tra le file del VA-147 e che, dal 1971, operarono al fianco dei primi A-7E del VA-81 “Sunliners” e del VA-83 “Rampages”, appartenenti al Carrier Wing CVW-17 imbarcato sulla CV-59 USS Forrestal. L'ultimo A-7 andato perduto durante la guerra del Vietnam fu quello del CDR T.R. Wilkinson del VA-147 della CV-64 USS Constellation, disperso durante un volo d'addestramento il 29 gennaio 1973. Alla fine della guerra l'US Navy censì la perdita di 92 Corsair II, di cui 15 abbattuti da missili contraerei, dal 1967 al 1973.

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martedì 22 gennaio 2019

Il sottomarino convenzionale italo-russo S1000



Il sottomarino convenzionale italo-russo S1000 era il progetto di una classe di sottomarini convenzionali (SSK) sviluppata in collaborazione da Russia e Italia. 

Si trattava di una versione avanzata della classe Amur progettata dal Rubin Design Bureau e destinata soprattutto per l'esportazione, tanto è che l'India, avendo ricevuto dei dati su questi battelli, si diceva interessata ad acquistarne 6 per una spesa di 3,5 miliardi di dollari. Lo sviluppo per l'Italia era curato da Fincantieri.

Caratteristiche:

Trattandosi di unità non a propulsione nucleare di ultima generazione, l'S1000 era dotata di un sistema di propulsione AIP (Air Independent Propulsion) funzionante ad idrogeno (celle a combustibile) come per la classe Salvatore Todaro (U212).
Le dimensioni del battello in sintesi erano:
Lunghezza fuori tutto 56,20 m
Diametro esterno dello scafo resistente 5,50 m
Pescaggio 5,40 m.
Il dislocamento in immersione era di circa 1.100 t
La profondità massima raggiungibile in immersione avrebbe dovuto essere superiore ai 250 m.
La manovrabilità e le direzionalità del mezzo era in progetto fornita dai 4 timoni di poppa (di tipo a X) e dai 2 timoni orizzontali (non retrattili) installati sulla vela.
La velocità massima in immersione in progetto era di oltre i 14 nodi.

Impianto di propulsione:

Il sistema di propulsione si componeva di:
un motore elettrico a magneti permanenti da 1.000 kW su singolo asse in linea (motore di propulsione magnetico);
due motori diesel (sovralimentati) da 715 kW ciascuno;
due generatori da 650 kW di potenza ciascuno;
due gruppi di batterie da 112 celle al piombo ciascuno, situati in compartimenti separati;
capacità AIP (basata su fuel cell) 200 kW.

La spinta era fornita da un'unica elica a 7 pale oblique.

Autonomia in immersione:

A parità di velocità, l'autonomia del battello variava a seconda della tipologia di propulsione adottata:
Snort + Batterie a 4 nodi 3.000 miglia;
Propulsione in assenza d'aria (AIP) a 4 nodi 1.000 miglia.

Equipaggio:

L'equipaggio, estremamente ridotto, doveva essere di soli 16 elementi (tra ufficiali, sottufficiali, graduati e comuni); era prevista la possibilità di imbarcare 6 operatori dei reparti speciali (una squadra di incursori).

Sistema di combattimento:

Il sistema di combattimento doveva essere gestito dal CMS (Combat Management Systems - sistemi di combattimento automatizzati) tramite 5 consoles multifunzionali.
Si componeva di 6 camere di lancio per siluri (di tipo a spinta in fuori) situate a prua con la possibilità di operare e gestire fino a 6 + 8 ordigni di vario tipo:
Siluri pesanti filoguidati da 533 mm, compresi i Black Shark;
Missili antinave e d'attacco a cambiamenti d'ambiente (tipo Sub-Harpoon);
Mine navali.

L’unità doveva essere dotata di un sistema anti-siluro, dispositivi di simulazione o diversivi.

Sensoristica di bordo:

L'unità, che disponeva di sensori e di sistema di navigazione integrati, avrebbe dovuto essere equipaggiata con:

Una unità sonar passivo/attivo (Base conforme, Intercezione Array, Rilevamento Mine, ONA)
Un supporto telescopico (Optronic Mast System) equipaggiato di:
TV / IR;
ESM (Electronic Support Measures) che permette la classificazione automatica dei segnali impiegando la propria banca dati;
intercettatore Laser
Un radar di navigazione con capacità ARPA (Automatic Radar Plotting Aid).


Sistema di Comunicazione:

Il sistema di comunicazioni Interno / Esterno avrebbe dovuto essere dotato di:
Due antenne capaci di operare (voce e dati) nelle frequenze:
HF;
UHF;
UHF-SATCOM (per comunicazioni satellitari);
VHF.
Un'antenna VLF
Telefono subacqueo.

L’Italia (tramite Fincantieri) confidata all’epoca in un progetto importante proprio nella progettazione e costruzione di sottomarini convenzionali in collaborazione con i cantieri Russi. 
Nel 1990 dopo la caduta dell’Unione Sovietica e del Muro di Berlino, cominciarono collaborazioni industriali per la creazione di tecnologie innovative ed armamenti tra Paesi prima non amici: da una parte quelli del ex Patto di Varsavia e dall’altro quelli della NATO. Dopo alcuni anni di diatribe politiche ed economiche un progetto russo/italiano sembra va prendere forma: si trattava del sottomarino S-1000 progettato da un consorzio di Fincantieri e cantieri russi Rubin Design Bureau. 
L’ S-1000 avrebbe dovuto essere uno dei progetti che vede in linea anche gli AMUR 950, ed un altro sottomarino denominato l’S-677 che corrispondeva al progetto di esportazione AMUR-1650, del cui acquisto erano all’epoca interessate la Cina, l’Indonesia e anche l’India con un bel giro d’affari Italo-Russo.
Il progetto del sottomarino S-1000 iniziò lo sviluppo nel 2004; nel 2008 il progetto subì una battuta d’arresto per via della forte crisi economica globale ed anche perché nel frattempo l’Italia si era orientata sui sottomarini AIP di fabbricazione italo/tedesca U-212.
L’S-1000 doveva essere acquistato in futuro anche dall’Italia. 
Per quanto concerne l’AMUR 950 che è molto simile ma di progettazione solo russa.
L’S-677 invece, avrebbe usufruito di tecnologie italiane avanzate come il sistema Air Independent Propulsion (AIP) alimentato da celle a combustibile (celle di Idrogeno). Il prezzo dell’S 677 avrebbe dovuto essere molto competitivo ed addirittura il più economico del mercato internazionale (addirittura $120.000.000 milioni per unità).
I sottomarini S-1000 e AMUR 950 erano progettati per compiere missioni antisom/antinave, potevano essere dotati di missili, portare un piccolo contingente di 12 incursori oltre all’equipaggio, e potevano essere usati per missioni di infiltrazione e sabotaggio con le forze speciali. 
I due sottomarini italo/russi, dovevano essere acquistati dalla nuova flotta russa che usciva da una profonda crisi economica. Anche la Cina e l’Indonesia e l’India sembravano essere abbondantemente interessate a questi progetti. Questi sottomarini potevano entrare in produzione in serie in due o tre anni.

(Web, Google, Wikipedia, Betasom, You Tube)