Nave "Cristoforo Colombo".
https://svppbellum.blogspot.com/
Blog dedicato agli appassionati di DIFESA, storia militare, sicurezza e tecnologia.
Nave “Cristoforo Colombo”
Non molti sanno che l’Amerigo Vespucci fu costruita come coppia di due navi non gemelle, ma molto simili; ma la “sorella” del mare venne ceduta ai Russi in “conto riparazione danni di guerra” dopo la fine del Secondo Conflitto Mondiale. La sorte di nave “Cristoforo Colombo” fu assai più sfortunata della Vespucci. Venne inizialmente utilizzata dai Sovietici in qualità di nave scuola per circa 10 anni: fu utilizzata saltuariamente in qualità di trasporto legname.
La Colombo infatti, divenuta operativa nel 1928, fu ceduta all’URSS dopo la Seconda Guerra Mondiale, con il nuovo nome di Dunay, per essere utilizzata come nave scuola nel Mar Nero fino al tragico incendio del 1963. A seguito di quell’incendio (per lungo tempo si sospettò di segreti sabotatori), nel 1971 venne definitivamente demolita.
La cessione della nave ai russi come riparazione dei danni di guerra fu molto travagliata, e furono in tantissimi a tentare di boicottare il passaggio della nave in mani straniere.
La nave più bella del mondo: Nave Amerigo Vespucci, la più antica della Marina Militare Italiana.
E’ una nave elegante e meravigliosa nelle sue forme: gode di un trattamento speciale nelle acque di tutto il globo. Secondo le leggi del mare, pare che i transatlantici abbiano la precedenza rispetto a tutte le altre imbarcazioni. Regola che però non vale per il Vespucci che fa fermare tutti, godendo di un diritto di precedenza riservato a nessun altro.
La fama e l’attaccamento a questa nave, che ci rappresenta in tutto il mondo, è tanto da farcela chiamare spesso erroneamente “La Vespucci”, come fosse un mamma.
Lo Storico incontro fra l’Amerigo Vespucci e la Portaerei USS Independence del 1962.
Correva l’anno 1962, e da pochissimo tempo era entrata in servizio la Portaerei Statunitense USS Indipendence, una nave della Classe Forrestal che, insieme a 3 sue “sorelle”, rivoluzionò completamente il mondo delle portaerei definendo un nuovo orizzonte per l’utilizzo di questo tipo di navi. L’Amerigo Vespucci, veliero scuola della Marina Militare Italiana, fu varata molti anni prima della USS Indipendence, nel 1931, e da allora costituisce motivo di orgoglio per tutta la Marina Militare Italiana, e per tutti gli italiani.
Nel 1962 queste due navi si incontrarono nel Mar Mediterraneo, e la portaerei statunitense lampeggiò con il segnale luminoso, chiedendo:
- Chi siete?
Al che dall’Amerigo Vespucci risposero:
- Nave scuola Amerigo Vespucci, Marina Militare Italiana.
E la risposta degli statunitensi rimase scritta negli annali:
- Siete la nave più bella del Mondo!
Il cordiale omaggio della US Navy alla nostra nave è solo uno dei tanti che il mondo del mare tributa periodicamente al Vespucci, che venne ritenuta, sin dal momento del suo varo, un esempio dell’eccellenza artigianale e ingegneristica italiana. Le regole di navigazione prevedono che i transatlantici abbiano sempre la precedenza rispetto alle altre imbarcazioni, ma quando i giganti del mare incontrano l’Amerigo Vespucci nei mari di tutto il mondo, questa legge non vale più, e i giganti spengono i motori, rinunciano alla precedenza e suonando tre colpi di sirena in segno di saluto.
Ma la nave Amerigo Vespucci non è solo la più bella del mondo, è anche la più antica della Marina Militare Italiana con i suoi innumerevoli anni di attività dal primo varo del 1931.
L’Amerigo Vespucci è un veliero, progettato nella seconda meta degli anni ’20, che funge da nave scuola per gli allievi della Marina Militare che devono imparare l’arte del navigare. All’epoca della sua creazione, nel 1925, si sentì l’esigenza di mandare in pensione la nave scuola in dotazione all’Accademia Navale. Il progetto fu affidato all’ingegnere e tenente colonnello Francesco Rotundi che diresse i lavori dai cantieri navali di Castellammare di Stabia (NA).
Come già evidenziato in precedenza, in realtà, all’epoca, il progetto aveva previsto la costruzione di due navi scuola: la nave Amerigo Vespucci e la Cristoforo Colombo, praticamente identiche in ogni dettaglio. Il destino delle due navi gemelle fu però diverso.
Il Vespucci invece è ad oggi funzionante e operativa, navigando in lungo e largo in tutto il mondo con il suo carico di allievi e continuando a stupirci con la sua eleganza e maestosità. Parliamo di una nave a vela con motore e tre alberi verticali, lunga 101 metri e pesante 4.146 tonnellate a pieno carico, con una velocità massima di 10 nodi a motore e 16 a vela. Le sue 24 vele quadre in tela olona, una fibra naturale, hanno un’estensione di 2.635 metri quadri, e il totale delle cime, le corde utilizzate a bordo, è pari a 36 chilometri di lunghezza.
«Non chi comincia ma quel che persevera», il motto della nave scuola!
Nel panorama navale italiano ogni nave porta con sé un nome e un motto. Si tratta di una breve frase che ha lo scopo di dare valore alla nave e stimolare positivamente l’equipaggio stesso. Dagli anni ’30 del Novecento diventa una consuetudine. Non fa eccezione nave Amerigo Vespucci. Il motto della nave scuola è «Non chi comincia ma quel che persevera», ufficializzato nel 1978. La frase, attribuita al grande artista Leonardo Da Vinci, sembra calzare a pennello una nave che continua a essere la più bella del mondo nonostante ne sia passata parecchia di acqua sotto i ponti. Il motto ovviamente sembra essere un chiaro riferimento alla severa formazione a cui sono destinati i futuri ufficiali della Marina Militare. Non è tanto il cominciare quel percorso, quanto piuttosto portarlo fino in fondo.
Ma non c’è nave senza equipaggio. Il cuore pulsante della Vespucci sono infatti i 16 ufficiali, 70 sottufficiali e 200 marinai che la abitano. Un numero che aumenta fino ad arrivare a 400 persone durante il periodo estivo, quando a bordo salgono anche gli Allievi del primo anno dell’Accademia Navale di Livorno, i cadetti, per scoprire i segreti e le tecniche marinaresche. Quest’ultimi sono chiamati “pivoli” e si occupano degli alberi di maestra o di mezzana. I marinai, invece, svolgono l’attività di controllo e gestione dell’albero di trinchetto e degli altri due sopracitati.
La vita su nave Vespucci segue la routine della navigazione e quella del porto. Quando è ormeggiata infatti l’equipaggio si mette a disposizione per condividere la sua storia con i visitatori. Durante il periodo in mare, invece, si seguono ritmi severi con attività che richiamano le tradizioni della marineria velica di un tempo.
L’Amerigo Vespucci rappresenta anche la tradizione. Così, ancora oggi, tutti gli ordini del Comandante vengono impartiti dal Nostromo mediante un fischietto in ottone detto appunto “fischietto del Nostromo”. Si tratta di una sorta di linguaggio in codice in cui ogni fischio, nota o pausa corrisponde a uno specifico comando, proprio come accadeva in passato. I nostromi, o nocchieri, sono addetti alle manovre in coperta, cioè sul ponte esterno. Dal varo del 1931, sulla Vespucci si sono succeduti 18 nostromi, i cui nomi sono scritti su una targa a bordo della nave.
Nave Amerigo Vespucci rappresenta l’Italia in tutto il mondo, un fiore all’occhiello per il nostro paese. Il veliero viene definito ambasciatore sul mare dell’arte, della cultura e dell’ingegneria italiana. Chi meglio di questo veliero rappresenta infatti il nostro Made in Italy? Dal 2007 è anche ambasciatrice dell’UNICEF.
Come disse il Capitano Angelo Patruno, Comandante della nave scuola nel 2017, «C’è un grandissimo rispetto in ognuno di noi, c’è la sensazione di orgoglio, di consapevolezza della storia che questa nave rappresenta per l’Italia».
Sono spesso i dettagli a fare la differenza ed è questo il caso del Vespucci. Dallo scafo bianco e nero, con gli oblò che ricordano le batterie dei cannoni dei vascelli dell’Ottocento, fino ai fregi di prora e gliarabeschi di poppa in oro zecchino, e la polena a prua raffigurante l’omonimo esploratore. Tutto rientra nel disegno di un veliero che profuma di mare e avventure. Per non parlare poi delle vele in tela olona, le cime in materiale vegetale e i legni super lucenti che la caratterizzano.
Gli interni non sono da meno. Si tratta di elegantissimi arredi in legno che risalgono agli anni ’30, come la Sala Consiglio in noce e mogano utilizzata come salotto di rappresentanza per incontri molto importanti.
Altrettanto importante è un lungo corridoio che mostra i Crest, emblemi a forma di scudo scambiati con le autorità dei porti in cui la Vespucci è stata ospitata e ormeggiata. Il lungo viaggio della nave scuola è forse racchiuso in questi pochi metri.
Un ammiraglio da ricordare: Agostino Straulino
I comandanti restano sul Vespucci per un anno, ma alcuni rimangono nella storia. Tra questi l’Ammiraglio Agostino Straulino, conosciuto tra gli addetti ai lavori come quello che “annusava” il vento più che osservarlo dagli strumenti tecnici di bordo. Divenne noto per l’aver partecipato a numerose regate nonostante avesse ormai più di ottanta anni. Ma lo si ricorda anche per le sue grandi avventure al comando della nave scuola, ad esempio quando nel 1965 navigò a vele spiegate lungo il Tamigi e, una volta raggiunto il porto di Portsmouth, rifiutò i rimorchiatori e ormeggiò fra un incrociatore e una portaerei come se stesse parcheggiando una Smart in centro città.
Agostino Straulino, detto Tino (Lussinpiccolo, 10 ottobre 1914 – Roma, 14 dicembre 2004), è stato un velista e ammiraglio italiano.
È una delle figure leggendarie della vela italiana. Nato in una famiglia originaria di Sutrio in Carnia, impara ad andare in barca a vela per andare a scuola. Le sue prime esperienze sono dunque nel golfo del Quarnaro.
Diplomatosi nel 1932 presso il Regio istituto nautico di Venezia frequenta successivamente l'Accademia navale di Livorno dove entra nel 1934 come allievo ufficiale di complemento del Corpo di stato maggiore. Durante la seconda guerra mondiale destinato come ufficiale alla Decima MAS, tra gli assaltatori del Gruppo Gamma che piazzavano le cariche esplosive magnetiche sotto le navi britanniche nella rada di Gibilterra. Nella carriera militare raggiunse il grado di contrammiraglio.
Al termine della guerra, nel corso dei lavori di sminamento nel golfo di Taranto, un ordigno bellico gli esplose vicino e lo rese quasi cieco. La vista ricomparve lentamente, ma il suo amore per la vela lo spinse ad allenarsi durante la notte, quando non era necessario vedere perfettamente, per prepararsi ai Giochi olimpici del 1948. Dal 21 novembre 1964 al 28 ottobre 1965 ebbe il comando della nave scuola Amerigo Vespucci, con la quale passò alla leggenda grazie all'uscita a vele spiegate dal porto di Taranto attraverso il canale navigabile e stabilendo il record di velocità di 14,6 nodi (27,039 km/h).
L'attività sportiva
Ha ottenuto una medaglia d'oro alla XV Olimpiade (Helsinki - 1952) per la vela - classe star e nella stessa specialità una medaglia d'argento alla XVI Olimpiade (Melbourne - 1956). Dopo questi successi la vela italiana ha dovuto aspettare 48 anni e Alessandra Sensini per vincere nuovamente una medaglia d'oro in un'olimpiade.
Nel 1973 vinse la One Ton Cup con Ydra, disegnata da Dick Carter.
Nel 2001 gli venne conferita dal presidente Carlo Azeglio Ciampi l'onorificenza di Cavaliere di gran croce della Repubblica Italiana. A 88 anni vinse per la quinta volta consecutiva la regata over 60 di Napoli. È morto all'età di oltre 90 anni in una stanza dell'ospedale militare romano del Celio. La sua salma è stata portata all'aeroporto di Lussinpiccolo da un elicottero della Marina Militare italiana per esser tumulata nella tomba di famiglia dopo funerale e funzione religiosa, alla presenza di parenti e autorità italiane e croate.
Nato per essere marinaio, disse: «Sulla mia isola sono venuto al mondo e cresciuto. Là ho capito il mare e il mare mi ha accolto tra i suoi abitanti. Là ho conosciuto il vento e l'ho fatto diventare mio amico».
Palmarès
Olimpiadi
- Una volta campione olimpico.
- 1936 - Berlino - Classe Star: riserva
- 1948 - Torquay - Classe Star: 5° (con Nicolò Rode), perse una medaglia praticamente vinta a causa di un disalberamento
- 1952 - Harmaja - Classe Star: 1° (con Nicolò Rode)
- 1956 - Melbourne - Classe Star: 2° (con Nicolò Rode), dietro a Williams e Herbert.
- 1960 - Napoli - Classe Star; 4° (con Carlo Rolandi)
- 1964 - Tokio - Classe 5.5 S.I.: 4° (con Petronio e Minervini).
Campionati mondiali
- Quattro volte campione mondiale.
- 1939 - Kiel - Classe Star: 2° (con Nicolò Rode) su "Polluce"
- 1948 - Cascais - Classe Star: 2° (con Nicolò Rode) su "Polluce"
- 1950 - Chicago - Classe Star: 1° (con Nicolò Rode)
- 1952 - Cascais - Classe Star: 5° (con Nicolò Rode)
- 1953 - Napoli - Classe Star: 1° (con Nicolò Rode) su "Merope"
- 1954 - Cascais - Classe Star: 3° (con Nicolò Rode) su "Merope II"
- 1956 - Napoli - Classe Star: 1° (con Nicolò Rode) su "Merope III"
- 1965 - Napoli - Classe 5.5 S:I: 1° (con Petronio e Minervini) su "Grifone".
Campionati europei
- Dieci volte campione europeo.
- 1936 - Napoli - Classe Star: 2°
- 1938 - Kiel - Classe Star: 1° su "Polluce" (con Nicolò Rode)
- 1949 - Montecarlo - Classe Star: 1° su "Polluce" (con Nicolò Rode)
- 1950 - Napoli - Classe Star: 1° su "Merope" (con Nicolò Rode)
- 1951 - Napoli - Classe Star: 1° su "Merope" (con Nicolò Rode)
- 1952 - Cascais - Classe Star: 1° su "Merope" (con Nicolò Rode)
- 1953 - Napoli - Classe Star: 1° su "Merope II" (con Nicolò Rode)
- 1954 - Cascais - Classe Star: 1° su "Merope II" (con Nicolò Rode)
- 1955 - Livorno - Classe Star: 1° su "Merope II" (con Nicolò Rode)
- 1956 - Napoli - Classe Star: 1° su "Merope II" (con Nicolò Rode)
- 1959 - Fedala (Marocco) - Classe Star: 1° su "Merope III" (con Carlo Rolandi)
- 1973 - - Classe IOR: 3°.
Campionati italiani
- Dodici volte campione italiano Classe Star.
- 1938 - Livorno: 1° su "Polluce" (con Luigi De Manincor)
- 1946: Napoli: 1° su "Polluce" (con Prato)
- 1948 - Napoli: 1° su "Polluce" (con Nicolò Rode)
- 1949 - Taranto: 1° su "Polluce" (con Nicolò Rode)
- 1950 - Napoli: 1° su "Merope" (con Nicolò Rode)
- 1951: Napoli: 1° su "Merope" (con Nicolò Rode)
- 1952 - Venezia: 1° su "Polluce II" (con Niccolini)
- 1953 - Taranto: 1° su "Polluce II" (con Nicolò Rode)
- 1954 - Riva del Garda: 1° su "Merope II" (con Nicolò Rode)
- 1955 - Livorno: 1° su "Merope II" (con Nicolò Rode)
- 1956 - Bari: 1° su "Merope II" (con Nicolò Rode)
- 1959 - Trieste: 1° su "Merope III" (con Carlo Lapanje)
- Classe 6mt S:I:.
- 1938 - Livorno: 1°.
Regate internazionali
- Settimana velica di Kiel
- 1° negli anni 1954, 1955, 1956, 1957, 1959, 1960
- Porto Cervo One Ton Cup
- 1° nel 1973 su "Ydra" (di M. Spaccarelli)
- Giraglia
- 1° nel 1973 su "Ydra"
- Coppa del Re (Norvegia)
- 1° nel 1937
- Campionati internazionali di Francia
- 1° negli 1959, 1960
- Campionati internazionali di Germania
- 1° negli anni 1955, 1956, 1959.
Onorificenze:
- Medaglia d’argento al valor militare;
- Medaglia di bronzo al valor militare;
- Grande Ufficiale al merito della Repubblica Italiana.
Riconoscimenti:
Nel maggio 2015, una targa dedicata a Straulino fu inserita nella Walk of Fame dello sport italiano al parco olimpico del Foro Italico a Roma, riservata agli ex-atleti italiani che si sono distinti in campo internazionale.
Nel 1965 Straulino assume il comando dell’Amerigo Vespucci, e qui iniziò la sua seconda vita, quella da ammiraglio. “Gli inglesi – scrisse Paolo Venanzangeli – ancora raccontano di quando risalì a vele spiegate il Tamigi, fino a Londra”.
Ma la manovra più nota è certamente l’uscita a vela dal porto di Taranto, con pochi metri a disposizione sui due lati dello scafo. Una manovra pazzesca che ricordava ogni volta con enfasi e commozione. “Una manovra – ha raccontato Venanzangeli – che, a quanto si dice, fruttò al Comandante due lettere dell’ammiragliato, una di encomio, per la splendida manovra, a cui aveva assistito attonita tutta la città ed una che annunciava dieci giorni di arresti, per aver infranto il regolamento”. Andò in pensione da contrammiraglio, e nel 1988 partecipò alla sua ultima regata. Ovviamente vincendola.
Qui raccontata da Giancarlo Basile: “Alle otto in punto salivo sul barcarizzo del Vespucci, ormeggiato alla banchina torpediniere in Mar Piccolo. C’era già un gran trambusto a bordo per i preparativi: in particolare il nostromo era indaffaratissimo con un’ancora di speranza rizzata da sempre al coronamento, che il Comandante aveva voluto pronta a essere data fondo, con un grosso cavo torticcio ben abbisciato sul cassero, ciò che mi meravigliò non poco. Soffiava una forte e gelida tramontana che credo sfiorasse i trenta nodi. Mentre pensavo a cosa mai il Comandante volesse fare con quell’ancora, di colpo mi si accese una lampadina: ma certo, con quel vento che spirava dritto in poppa in uscita dal Mar Piccolo, Agostino Straulino non poteva lasciarsi sfuggire l’occasione di attraversare il canale navigabile a vele spiegate. E un’ancora data fondo di poppa poteva servire nel caso qualcosa non fosse andata come previsto. Me lo confermò subito dopo lui stesso, quando lo incontrai in Sala Consiglio, dove era apparecchiato per la prima colazione, alla quale mi invitò a fargli compagnia. Aveva un suo piano studiato nei minimi particolari, che volle confidarmi, cosa di cui mi sentii molto onorato: era la conferma che gli stavo ‘simpatico’, per usare il suo aggettivo preferito”.
Durante la colazione il Comandante comunica a Basile che toccherà proprio a lui l’incarico di ufficiale di guardia nella prima parte della navigazione. “Presi a ripassare mentalmente gli ordini che bisogna saper dare per governare un veliero stracarico di manovre correnti, cercando di ricordare ciò che avevo appreso da allievo e da aspirante guardiamarina nel corso di tre campagne addestrative su quella nave, una decina d’anni prima”.
Con molto anticipo sull’orario di apertura del ponte girevole, viene battuto il posto di manovra. “Furono mollati i cavi d’ormeggio di poppa e si iniziò a virare l’argano per salpare l’ancora, che tuttavia risultò incattivata. Il Comandante aveva evidentemente previsto anche questa evenienza, ecco perché aveva cominciato le operazioni con tanto anticipo. Dovettero intervenire i palombari per mettere in chiaro l’ancora, ci volle un’ora buona. Mancava ancora più di mezz’ora all’apertura del ponte quando, finalmente liberi, ci portammo a motore più sopravento possibile, a qualche decina di metri dalle colture dei mitili di cui il Mar Piccolo abbonda. Venne battuto il posto di manovra alla vela. In men che non si dica i gabbieri salirono a riva su per le griselle del trinchetto e mollarono i gerli di tutte le vele, dal controvelaccino al trevo. La nave era così pronta a essere invelata all’ordine e si presentava perfettamente allineata col canale navigabile”.
Ma il ponte è ancora chiuso. “Con le vele del trinchetto imbrogliate ci si avvicinava a quattro nodi, in dieci minuti saremmo stati lì… E se fosse rimasto chiuso? Ce l’avrebbe fatta l’ancora di speranza preparata a poppa a fermare le quattromila tonnellate del Vespucci? Ma ecco che il ponte cominciò ad aprirsi. In quel preciso momento il Comandante ordinò di mollare gli imbrogli e cazzare le scotte delle vele del trinchetto, che furono bordate tutte insieme in non più di quindici secondi, con i pennoni in croce. Contemporaneamente vennero alzate quattro bandiere del codice internazionale dei segnali che vogliono dire “Ho le macchine in avaria”. E sì, perché il transito a vela per il canale navigabile è vietato anche a un dinghy, figuriamoci al Vespucci. Con la tramontana che soffiava forte non ci volle molto perché la nave si abbrivasse fino a otto nodi. Con nostra meraviglia, appena il ponte fu aperto completamente, dal castello arrivò a lampi di luce il messaggio “Accelerate la vostra manovra”! Può darsi che fosse uno scherzo, ma Straulino andò su tutte le furie… Non passarono più di cinque minuti ed eravamo nel canale navigabile, con i pennoni più bassi che sovrastavano le due strade gremite di gente festante, tutte le vele del trinchetto piene da scoppiare, i baffi sotto i masconi: doveva essere uno spettacolo fantastico il Vespucci visto da terra”.
Al balcone dell’Ammiragliato, sulla sinistra verso la fine del transito attraverso il canale navigabile, l’ammiraglio saluta entusiasta. “Rispondemmo al saluto ed eravamo già in Mar Grande, mentre il ponte si richiudeva dietro di noi. Continuammo così, in fil di ruota sotto il solo trinchetto completamente invelato fino alle ostruzioni del Mar Grande, superate le quali il Comandante mi affidò la nave, come mi aveva preannunciato. Venni all’orza, accostando a sinistra, in rotta per costeggiare il Salento fino a Santa Maria di Leuca, facendo al contempo bracciare i pennoni e bordando prima le gabbie e il trevo di maestra, poi anche il velaccio, ma tenni il controvelaccio e le vele della mezzana serrate, ricordando la forte tendenza orziera del Vespucci a quell’andatura. Avevo fatto alzare la trinchetta, il fiocco, il gran fiocco e il controfiocco e la nave governava con la barra al centro. La fiamma in testa d’albero di maestra indicava il vento esattamente al traverso, il Vespucci era ben inclinato, con gli oblò più bassi di sottovento chiusi perché andavano sott’acqua. La velocità era salita a 9,5 nodi. Mi dispiacque quando venne a rilevarmi il tenente di vascello preposto ai marinai, sarei rimasto a godermi lo spettacolo sul banco di quarto di sopravento per tutta la notte… Cenai col Comandante che si congratulò con me per come avevo svolto il servizio di ufficiale di guardia, cosa che naturalmente mi fece molto piacere: Straulino non era tipo da congratularsi tanto facilmente”.
Ripensare la guerra, e il suo posto
nella cultura politica europea contemporanea,
è il solo modo per non trovarsi di nuovo davanti
a un disegno spezzato
senza nessuna strategia
per poterlo ricostruire su basi più solide e più universali.
Se c’è una cosa che gli ultimi eventi ci stanno insegnando
è che non bisogna arrendersi mai,
che la difesa della propria libertà
ha un costo
ma è il presupposto per perseguire ogni sogno,
ogni speranza, ogni scopo,
che le cose per cui vale la pena di vivere
sono le stesse per cui vale la pena di morire.
Si può scegliere di vivere da servi su questa terra, ma un popolo esiste in quanto libero,
in quanto capace di autodeterminarsi,
vive finché è capace di lottare per la propria libertà:
altrimenti cessa di esistere come popolo.
Qualcuno è convinto che coloro che seguono questo blog sono dei semplici guerrafondai!
Nulla di più errato.
Quelli che, come noi, conoscono le immense potenzialità distruttive dei moderni armamenti
sono i primi assertori della "PACE".
Quelli come noi mettono in campo le più avanzate competenze e conoscenze
per assicurare il massimo della protezione dei cittadini e dei territori:
SEMPRE!
….Gli attuali eventi storici ci devono insegnare che, se vuoi vivere in pace,
devi essere sempre pronto a difendere la tua Libertà….
La difesa è per noi rilevante
poiché essa è la precondizione per la libertà e il benessere sociale.
Dopo alcuni decenni di “pace”,
alcuni si sono abituati a darla per scontata:
una sorta di dono divino e non,
un bene pagato a carissimo prezzo dopo innumerevoli devastanti conflitti.…
…Vorrei preservare la mia identità,
difendere la mia cultura,
conservare le mie tradizioni.
L’importante non è che accanto a me
ci sia un tripudio di fari,
ma che io faccia la mia parte,
donando quello che ho ricevuto dai miei AVI,
fiamma modesta ma utile a trasmettere speranza
ai popoli che difendono la propria Patria!
Signore, apri i nostri cuori
affinché siano spezzate le catene
della violenza e dell’odio,
e finalmente il male sia vinto dal bene…
(Fonti: https://svppbellum.blogspot.com/, Web, Google, Wikipedia, You Tube)