Ruggiero di Lauria (Lauria o Scalea, 17 gennaio 1250 – Cocentaina, 19 gennaio 1305) fu un ammiraglio di origine italiana al servizio dei sovrani aragonesi.
Ruggiero era figlio di Riccardo di Lauria, signore dell'omonimo feudo e servitore di Manfredi di Sicilia, e di Donna Bella, nutrice di Costanza di Hohenstaufen e sorella di Guglielmo Amico. Riccardo era feudatario in Calabria e signore di Scalea nell'anno della sua morte, avvenuta durante la battaglia di Benevento in cui perì lo stesso Manfredi. Anche in virtù dei possedimenti terrieri in Calabria, si racconta che Ruggiero fosse in realtà nato nel castello normanno o nel palazzotto d'Episcopio di Scalea, anziché a Lauria, così come risulterebbe anche da un documento in latino conservato, ma mai trovato, negli archivi della Corona d'Aragona (a Barcellona), che lo stesso Ruggiero avrebbe inviato personalmente al re Giacomo II («Así consta de una carta Latina que se conserva en el Archivio Real de la Corona de Aragón, escrita por Roger al Rey Don Jayme II»).
Nel 1266 la dinastia sveva viveva momenti difficili culminati, due anni più tardi, nella decapitazione del sedicenne sovrano Corradino per volontà di Carlo I d'Angiò. Ruggiero si rifugiò a Barcellona con altri esuli siciliani vivendo con la madre Bella alla corte della regina Costanza, consorte dell'infante e futuro re d'Aragona Pietro III, nonché figlia di Manfredi e cugina di Corradino.
Fu armato cavaliere dall'infante Pietro insieme a Corrado I Lancia, di cui fu compagno di imprese e in seguito cognato. Ruggero servì i re d'Aragona Pietro III e Giacomo II (rispettivamente re di Sicilia coi nomi di Pietro I e Giacomo I) e il re di Sicilia Federico III, riportando numerose vittorie contro le flotte degli Angioini.
Nel 1279 rimase vedovo di Margherita, sorella di Corrado e Manfredi Lancia, dalla quale aveva avuto un figlio, Ruggiero, e tre figlie, Beatrice, Gioffredina e Ilaria.
Nel 1282 fu nominato capo della flotta del regno aragonese di Sicilia, insorta contro gli Angioini durante i Vespri siciliani. Nella prima delle battaglie navali del golfo di Napoli (5 giugno 1284) si scontrò con la flotta angioina comandata da Carlo II “lo Zoppo”, fatto prigioniero. Nel 1285 sconfisse angioini e genovesi e, nella notte tra il 3 e il 4 settembre, anche Filippo III di Francia “l'Ardito” — in guerra da due anni contro la Corona d'Aragona — nella battaglia navale delle Formiche, presso Roses, in Catalogna.
Nel 1288 Ruggiero sconfisse definitivamente gli angioini benché armato solo di quaranta navi contro le ottanta degli avversari, garantendo così la supremazia della flotta siculo-catalana nel Mediterraneo occidentale. Dopo la seconda vittoria Ruggiero, senza l'autorizzazione del re, vendette una tregua al conte Roberto II d'Artois e al cardinale Gerardo Bianchi da Parma. I siciliani disapprovavano tale tregua perché la ritenevano inutile e dannosa; secondo loro la vittoria, favorita dalla vacanza della Santa Sede, avrebbe scoraggiato definitivamente gli angioini da ulteriori rivendicazioni del loro territorio.
Una volta eletto re di Sicilia nel 1296 Federico III sottrasse il fondo di Aci e il relativo castello ai vescovi di Catania e lo concesse all'ammiraglio come premio per le sue imprese militari. Tuttavia i rapporti tra Ruggiero e il giovane sovrano si deteriorarono e, quando il primo passò dalla parte degli angioini, Federico fece espugnare il castello (1297) entro il quale si erano asserragliati i ribelli. Per riuscire nell'impresa il re fece costruire una torre mobile in legno, chiamata cicogna, alta quanto la rupe lavica e dotata di un ponte alla sommità per rendere agevole l'accesso al castello. In seguito Ruggiero si trincerò a Castiglione di Sicilia, suo feudo e residenza estiva, dove fu assediato e quindi sconfitto. Arrestato, fuggì da Palermo e abbandonò la Sicilia insieme alla sua seconda moglie, la nobildonna catalana Saurina d'Entença, che diede a Ruggiero quattro figli, Roberto, Berengario, Carlo e Margherita.
I suoi numerosi possedimenti in Sicilia, Calabria e Africa furono subito confiscati da parte di Federico.
Il 4 luglio 1299, a capo di un'armata angioina composta di settanta galee — trenta delle quali inviate da Giacomo II dalla Catalogna per far fronte agli impegni presi con il papa Bonifacio VIII quattro anni prima nel Trattato di Anagni — sconfisse i siciliani nella battaglia di Capo d'Orlando. Nello scontro seimila uomini della flotta avversaria morirono o caddero prigionieri, ma Federico sfuggì alla cattura. La storiografia ritiene verosimile che la fuga del sovrano fosse stata permessa o agevolata da Giacomo e dallo stesso Ruggiero che, nonostante fossero suoi nemici in battaglia, conservavano tuttora legami affettivi, sia di parentela che di pregressa fedeltà.
Il 14 giugno 1300, nella battaglia di Ponza, Ruggiero sconfisse la flotta di Federico III, catturando il sovrano e Palmiero Abate. Il re riuscì nuovamente a fuggire, mentre Palmiero morì in prigionia. Il 31 agosto 1302, con la pace di Caltabellotta che chiudeva la lunga guerra del Vespro, Ruggiero fece atto di sottomissione a Federico di Sicilia il quale, a seguito di ciò, gli rese i possedimenti confiscati.
Si ritirò in Catalogna e morì a Cocentaina, presso Valencia, nel gennaio del 1305. I suoi beni furono ereditati da suo figlio Ruggiero e, alla morte di questi, da Berengario.
Ruggero di Lauria, l’ammiraglio del Vespro di Fara Misuraca e Alfonso Grasso
La guerra del Vespro, come pochi forse ricordano, si combatté soprattutto in mare e protagonista di questa guerra fu principalmente Ruggero di Lauria. Nato poco prima del 1250 forse a Scalea, era il primogenito di Bella d'Amico nutrice di Costanza di Svevia (figlia del futuro re di Sicilia Manfredi e di Beatrice di Savoia) e di un piccolo feudatario calabrese, Riccardo di Lauria, fedele servitore di Manfredi di Svevia.
La benevolenza di cui Bella godeva presso Costanza fece sì che il giovane Ruggero entrasse a far parte del seguito dell'infante Pietro, usufruendo di notevoli privilegi. Subito dopo la morte di Giacomo I (27 luglio 1276) la popolazione musulmana di Spagna si era sollevata contro gli Aragonesi e il Lauria, baiulus e castellano di Cocentaina e Alcoi, dovette provvedere alla difesa delle due città. Lo fece così bene che di lì a poco lo vediamo partecipare all'allestimento della flotta di Pietro III per la spedizione a Tunisi ed in Sicilia, ma fino alla primavera 1283 Lauria non ebbe comandi militari importanti. Fu quindi una sorpresa quando, nell’aprile del 1283, venne nominato ammiraglio di Catalogna e Sicilia al posto di Giacomo Pérez, figlio naturale di Pietro III. La decisione di Pietro III si dimostrò la carta vincente degli Aragonesi nella guerra del Vespro.
Il Lauria, infatti, organizzò la difesa della Sicilia e della testa di ponte aragonese in Calabria e con Giovanni da Procida, dopo la partenza di Pietro per la Catalogna, il 6 maggio 1283, fu uno dei più importanti consiglieri della regina Costanza e dell'infante Giacomo nell'amministrazione della Sicilia.
La lunga guerra contro gli Angioini di Napoli
Nella primavera 1283 Carlo I d'Angiò aveva fatto armare in Provenza una flotta di 18 galee che giunse a Napoli il 21 maggio e da lì salpò verso Malta, allora contesa tra gli Angioini e gli Aragonesi. Il Lauria allora, con una flotta di 22 galee, prese il mare da Palermo e riuscì a sorprendere la flotta angioina presso il porto di La Valletta. La battaglia fu lunga e sanguinosa e finì con la vittoria del Lauria che umiliò gli angioini facendo rapare a zero i sopravvissuti.
Nell'inverno 1283-84, però, Carlo I e suo figlio misero in cantiere tre nuove flotte, in Provenza, a Napoli e in Puglia. Il Lauria doveva in primo luogo di impedire il congiungimento della flotta provenzale con quella napoletana. Alla fine di aprile 1284 il Lauria salpò da Messina con una flotta di 30-35 galee e, dopo aver nuovamente saccheggiato le coste della Calabria e del Principato Citra, dal 3 giugno cominciò le operazioni navali nel golfo di Napoli. Lo scontro si ebbe davanti all'isoletta della Gaiola, posta a sudest di Nisida e vicinissima alla costa di Posillipo, e si concluse con la vittoria delle forze siculo-catalane. Lauria fece incendiare le navi nel porto, devastò le coste e compì un’enorme razzia. Lo stesso principe ereditario Carlo e molti dignitari francesi caddero nelle mani di Lauria.
Gli angioini furono costretti a costituire un importante pegno nelle mani di Pietro III e dei suoi figli Alfonso III e Giacomo II nelle trattative per la soluzione della questione siciliana, e Carlo fu liberato solo nel novembre 1288.
Dopo il suo trionfale ritorno a Messina Lauria si dedicò, con profitto ad altre imprese piratesche, in fondo era un pirata come tutti quelli che andavano per mare, sulla costa nordafricana per rimpinguare le proprie casse e quelle dell'infante Giacomo. Occupò e saccheggiò Gerba e, secondo Ibn Khaldoun, la popolazione fu massacrata e più di 8000 persone furono vendute come schiavi. Divenne così signore di Gerba e impose alla popolazione musulmana un tributo annuo di 500 onze d’oro.
Nel 1285, mentre compiva le sue solite scorrerie sulle coste ioniche della Calabria e della Puglia riuscendo a conquistare perfino Taranto, gli giunse l’ordine di Pietro III di dirigersi immediatamente verso la Spagna con la flotta, per arginare l'invasione francese della Catalogna, poiché papa Martino IV nel febbraio 1284 aveva donato a Carlo di Valois, figlio di Filippo III di Francia, i Regni di Aragona e Valencia.
Lauria sconfisse i francesi nella battaglia navale delle Formiche, presso Rosas in Catalogna, e inseguì la flotta nemica compiendo scorrerie sulle coste della Linguadoca e della Provenza.
All'inizio di novembre 1285 espugnò l’isola di Maiorca per vendicare il "tradimento" del re Giacomo di Maiorca (fratello minore di Pietro III) che si era alleato con Filippo III di Francia.
Alla morte di re Pietro (11 novembre 1285), in base alle norme di successione stabilite da Pietro stesso, il primogenito Alfonso III ebbe i territori della Corona d'Aragona (Aragona, Valencia, Contea di Barcellona e Maiorca) mentre al figlio minore Giacomo toccò la Sicilia. Il Lauria si trovò allora a essere "servitore di due padroni".
Nell'agosto 1286 Lauria occupò, per Alfonso III e Giacomo II, le isole Qerqena, che egli subito ricevette in feudo da Giacomo II, come Gerba. Più di 1250 saraceni furono deportati dalle isole e venduti come schiavi nelle piazze di Trapani e Palermo, mentre alla popolazione residua fu imposto un tributo annuo di 150 onze d’oro.
La battaglia dei Conti
Dall'inizio del 1287 il Lauria intensificò nuovamente l'armamento della flotta a Palermo e a Messina, perché ci si aspettava un'offensiva angioina contro la Sicilia. E infatti il 23 giugno 1287, nel golfo di Napoli tra Castellammare di Stabia e Sorrento, attaccò la flotta angioina comandata da Narjaud (IV) di Toucy, e la sbaragliò dopo un aspro combattimento. Circa 50 galee angioine furono catturate e numerosi nobili angioini furono fatti prigionieri e vennero rilasciati solo dietro pagamento di esorbitanti riscatti, motivo per il quale la battaglia passò alla storia come "battaglia dei conti". Questa vittoria fu sicuramente il più grande successo del Lauria, perché fu ottenuta in una situazione di inferiorità numerica di quasi uno a due e perché mise fuori causa per dieci anni la potenza marinara angioina.
Dopo la battaglia il Lauria concluse una tregua navale di due anni con Roberto II di Artois e il cardinale Gerardo Bianchi da Parma che avevano la reggenza del Regno di Napoli per conto di Carlo II, ancora prigioniero.
Questa tregua sollevò aspre critiche in Sicilia e perfino un'accusa di tradimento, perché egli non aveva approfittato della vittoria di Castellammare di Stabia per un'azione decisiva contro Napoli e si era limitato all'occupazione delle isole di Capri, Ischia e Procida.
La vittoria del 1287 garantì definitivamente la supremazia della flotta siculo-catalana nel Mediterraneo occidentale e significò anche la fine delle grandi operazioni navali per i successivi dodici anni della guerra dei Vespri siciliani.
In questo periodo Ruggero di Lauria intensificò la sua attività piratesca diventando sempre più ricco e potente riuscendo, in primo luogo con il commercio degli schiavi, ma anche con l'esportazione di cereali dalla Sicilia alla Catalogna e con le sue razzie ad accumulare immense ricchezze che fecero di lui uno degli uomini più ricchi del Regno d'Aragona e uno dei più importanti creditori di Giacomo II.
Il trattato di Anagni del giugno 1295 cambiò, almeno in apparenza, la situazione nell'area del Mediterraneo occidentale, perché Giacomo II restituì formalmente la Sicilia a papa Bonifacio VIII, in cambio della nomina di suo fratello minore, Federico III, a re di Sicilia. Il Lauria, però, che aveva accompagnato Federico a un incontro con Bonifacio VIII presso Valmontone il 30 maggio 1295 davanti al papa aveva dichiarato l'improponibilità della questione della restituzione della Sicilia alla Chiesa. Nonostante ciò successivamente il papa cercò di farselo amico, non dimentichiamo che era considerato il più grande ammiraglio del tempo, e l'11 agosto 1295, dietro pagamento di un censo annuo di 50 onze d'oro, lo investì formalmente di Gerba e delle Qerqena, che fino a quel momento Ruggero aveva tenuto come feudo da Giacomo II.
Il cambio di campo
Ruggero ebbe quindi un ruolo determinante alla acclamazione di Federico III a re di Sicilia sia a Catania in un Parlamento del 15 gennaio 1296 che alla sua incoronazione il 25 marzo 1296 a Palermo.
Durante una campagna militare nella primavera e nell'estate 1296 si instaurò, però, una notevole tensione tra Lauria e Federico. I motivi di questo contrasto non sono chiari. Sappiamo però che quando Giacomo nel 1296 e all'inizio del 1297 propose a suo fratello un incontro a Ischia od a Nicotera, Federico lo rifiutò categoricamente, mentre Lauria era favorevole. Si venne perciò ad un'aperta rottura, per cui l’ammiraglio nel febbraio lasciò la Sicilia e si recò a Roma dove fu nominato viceammiraglio della Chiesa romana, dopo che Bonifacio VIII ebbe investito del Regno di Sardegna e Corsica Giacomo, in cambio della promessa di assoggettare la Sicilia con una flotta di 60 galee che si sarebbe dovuta armare a spese del papa. Operazione che non ebbe seguito. A novembre dello stesso anno il Lauria fu nominato anche da Carlo II d'Angiò ammiraglio del Regno di Sicilia (parte angioina, cioè continentale) e lo investì della baronia di Acerno.
Nell'estate 1297, Lauria cerca di riconquistare Catanzaro per gli Angioini, ma dovette subire la sua prima e ultima sconfitta, l’unica della sua carriera, per mano di Blasco d'Alagona in uno scontro tra Squillace e Catanzaro nel corso del quale gli riuscì solo a fatica di salvare la vita.
Tornato in Aragona si dedicò all'allestimento della flotta con la quale Giacomo II l'anno dopo doveva intraprendere, in nome di Bonifacio VIII e Carlo II, le operazioni militari contro Federico III.
Le battaglia di Capo d’Orlando e Zannone
Alla fine di giugno 1299 la flotta angioino-catalana, forte di 58 galee, salpò alla volta della Sicilia al comando del Lauria che era accompagnato da Giacomo II e dall'erede al trono angioino Roberto duca di Calabria. La battaglia si svolse davanti a Capo d'Orlando e la flotta di Federico fu annientata, anche se Giacomo rinunciò a inseguire la flotta sconfitta, rendendo così possibile la fuga a suo fratello a dispetto del papa che odiava il ribelle Federico.
La vittoria di Capo d'Orlando si rivelò in realtà priva di valore, perché Giacomo II non proseguì le operazioni e se ne tornò in Aragona mentre un esercito angioino al comando di Filippo d'Angiò principe di Taranto, fu annientato presso Falconara (l'odierna Birgi) il 1° dicembre da Federico III e Blasco d'Alagona, in quella che fu la battaglia decisiva della guerra dei Vespri siciliani. La cattura in battaglia del figlio prediletto Roberto tolse ogni volontà di combattere a Carlo II d'Angiò che intavolò trattative di pace senza comunicarlo al papa.
All'inizio di giugno 1300 il Lauria sbarcò nuovamente presso Capo d'Orlando con 36 galee e in seguito si ritirò prima a Napoli e poi a Gaeta per aspettare rinforzi e per attirare Corrado Doria, nuovo grande ammiraglio di Federico III, fuori dai porti siciliani verso Nord e attaccarlo in acque a lui ostili.
Il Doria si lasciò ingannare e il 14 giugno 1300 con una flotta di 32 galee, presso l'isola di Zannone a nordest di Ponza, si vide davanti inaspettatamente la flotta del Lauria forte di 58 galee. Il Lauria vinse facilmente anche perché cinque galee del Doria fuggirono prima ancora che avesse inizio il combattimento. La battaglia navale di Zannone significò la completa eliminazione della flotta siciliana dalla guerra dei Vespri, ma non cambiò l'esito della guerra, perché Carlo II d'Angiò non seppe utilizzare la supremazia sul mare conquistata dal grande ammiraglio Ruggero di Lauria.
Il totale annientamento della flotta di Federico III nelle battaglie navali di Capo d'Orlando e di Zannone costrinsero il Lauria ad occuparsi semplicemente di problemi logistici senza più combattere sino alla pace di Caltabellotta (31 agosto 1302).
La pace di Caltabellotta
Dopo il trattato il Lauria rimase nel Regno di Napoli (che continuava – ricordiamo – a chiamarsi Regno di Sicilia, mentre la Sicilia stessa assumeva la denominazione di Regno di Trinacria) poiché era sua intenzione realizzare una grande impresa militare contro Alessandria ed Il Cairo, ma il progetto non si realizzò ed egli si limitò ad effettuare alcune scorrerie in Tunisia.
Nel giugno 1304 si recò in Sicilia dove si riconciliò con Federico III. Dalla Sicilia tornò a Valencia, dove giunse il 18 luglio 1304. Lì, o nei suoi vicini feudi di Cocentaina e dAlcoi, trascorse i suoi ultimi mesi di vita. Morì il 17 gennaio 1305 (anche se l'iscrizione funeraria indica il 1304); fu sepolto nel monastero di Santes Creus (presso Barcellona), come egli stesso aveva stabilito.
Un grande guerriero di scarse qualità umane
Il Lauria fu senza dubbio un grande genio militare e le sue vittorie tra il 1283 e il 1287 influenzarono in modo decisivo il corso della guerra dei Vespri siciliani e i rapporti di forza nel Mediterraneo occidentale, perché la flotta siculo-catalana poté ottenere la sovranità illimitata sul mare e quindi fare della Sicilia una inespugnabile fortezza marinara e fu merito del Lauria se Pietro III e i suoi due figli dal 1283 al 1297 poterono tenere la Sicilia contro una soverchiante e agguerrita coalizione di nemici, papa in testa. Tuttavia, come scrive l’Amari, avendone egli distrutta la flotta nelle due battaglie condotte a fianco degli Angiò ne compromise, per sempre, i sogni di autonomia e reale supremazia.
Le sue capacità militari contrastarono fortemente con le sue qualità umane. Di temperamento irascibile, fu protagonista di numerose sfide a duello, tenne sempre una condotta di guerra considerata brutale e crudele anche per quei tempi che comportò massacri di donne e bambini e traffico di schiavi e la sua avidità fu tale da essere biasimata anche dai suoi contemporanei.
Titoli
A Ruggiero fu concesso di fregiarsi dei titoli di signore di Lauria, di Lagonegro (dal 1297), di Rivello, di Maratea, di Castelluccio, di Rotonda, di Papasidero e di Laino (dal 1301), di Gerba (dal 1284), di Cercara (per lettera di Bonifacio VIII, 11 agosto 1295), di Castellammare (da Carlo II, 22 febbraio 1301); ammiraglio del regno di Aragona e Sicilia, grande ammiraglio di Carlo II d'Angiò e, infine, barone di Cocentaina.
Nella cultura di massa
Ruggiero di Lauria è il nome in italiano corrente, ma in taluni testi antichi egli è citato come Ruggieri di Loria, per esempio nella Nova Cronica e nel Decameron di Boccaccio; ancora nel Decameron come Ruggieri dell'Oria, mentre in spagnolo è noto come Roger de Loria, così come in inglese, secondo la traduzione in tale lingua di Vidas de espanoles célebres di M.J. Quintana: in catalano è chiamato comunemente Roger de Lluria e in aragonese Rocher de Lauria.
Nel 1978 il compositore spagnolo José Maria Valls Satorres scrisse una marcia intitolata Roger de Lauria e dedicata alla memoria dell'ammiraglio.
Il cortile interno dell'Università Pompeu Fabra di Barcellona è intitolato a Roger de Lluria.
La Regia Marina intitolò all'ammiraglio la corazzata Ruggiero di Lauria varata nel 1884, prima unità dell'omonima classe di pre-dreadnought. Anche la marina spagnola gli intitolò (come Roger de Loria) uno dei tre cacciatorpediniere della classe Oquendo.
A Palermo, in Italia, è attivo un circolo canottieri intitolato a “Roggero di Lauria”.
Il blu e il bianco della squadra calcistica dell'RCD Espanyol di Barcellona furono scelti in omaggio a Ruggiero di Lauria, in quanto erano quelli del suo armoriale; lo scudo era in realtà argento e blu, ripreso dal II battaglione “Roger de Lauria” facente capo alla VI brigata di fanteria leggera paracadutisti Almogavares dell'esercito spagnolo.
Ruggiero di Lauria (nave da battaglia)
La Ruggiero di Lauria fu una nave da battaglia pre-dreadnought della Regia Marina, prima unità dell'omonima classe.
Entrata in servizio nel 1888, ebbe uno scarso impiego operativo e fu radiata nel 1909; lo scafo fu impiegato come deposito galleggiante di carburante alla Spezia, dove fu affondato nel 1943.
Impostata nel Cantiere navale di Castellammare di Stabia il 3 agosto 1881, la nave fu varata il 9 agosto 1884 con il nome di Ruggiero di Lauria in onore dell'omonimo ammiraglio italiano vissuto nel XIII secolo; la corazzata entrò poi in servizio il 1º dicembre 1888.
A causa del progetto poco innovativo della sua classe, la corazzata nacque già obsoleta, inferiore come capacità alle unità coeve, ed ebbe di conseguenza uno scarso impiego operativo. A maggio del 1890 si recò a Genova per i festeggiamenti per il 30º anniversario della Spedizione dei Mille. Nel 1895 fece parte, insieme all'unità gemella Andrea Doria, della formazione navale navale italiana inviata a presenziare alle cerimonie per l'apertura del canale di Kiel. Nel 1897 la nave venne dislocata a Creta partecipando alle operazioni navali internazionali nelle acque dell'isola, sconvolta da una ribellione delle popolazioni locali contro il governo dell'Impero ottomano; oltre a contribuire al blocco navale dell'isola, la nave partecipò a operazioni di sbarco di reparti sulla terraferma, stazionando dal 1° al 10 marzo davanti Ierapetra per proteggerla da attacchi degli insorti. L'Italia inviò la 2ª Divisione Navale della 1ª Squadra, al comando del contrammiraglio Enrico Gualterio, composta dalla corazzata Ruggiero di Lauria, dalle gemelle Francesco Morosini, al comando del capitano di vascello Carlo Amoretti, e Andrea Doria, dall'ariete torpediniere Stromboli e dall'incrociatore protetto Giovanni Bausan. La nave, al comando del capitano di vascello Alberto De Libero, fu inviata a La Canea insieme all'ariete torpediniere Stromboli, al comando del capitano di vascello Luigi Graffagni e a navi di altre potenze europee. Il Capitano di Vascello Carlo Amoretti fu nominato Comandante Militare Internazionale di La Canea e sbarcando prese possesso del Quartier Generale della Gendarmeria, insieme agli ufficiali dei Carabinieri Reali che erano già sul posto, mentre il 6 febbraio in occasione di disordini scoppiati il giorno precedente a La Canea, dove, all’interno della città, i reparti turchi spararono sulla folla e i quartieri cristiani furono dati alle fiamme, le navi europee presenti nell'isola raccolsero i superstiti delle stragi, tra queste l'incrociatore protetto Etna al comando del capitano di vascello Giovanni Giorello, che dislocato precedentemente al'arrivo della 2ª Divisione nelle acque dell'isola, accolse a bordo 1.240 rifugiati, di cui oltre 700 cristiani in fuga dagli eccidi dei turchi.
Il 15 febbraio giunse a Creta il viceammiraglio Felice Napoleone Canevaro con la 1ª Divisione della 1ª Squadra, formata dalle corazzate Sicilia, nave insegna di Canevaro, e Re Umberto, dall'incrociatore protetto Vesuvio e dall'incrociatore torpediniere Euridice. Il viceammiraglio Canevaro che sostituì al comando della squadra navale italiana il contrammiraglio Gualterio, per l’anzianità nel grado, assunse il comando del Consiglio degli Ammiragli. Dopo il disarmo il suo scafo, ridesignato come GM45, servì come deposito di carburante galleggiante. Nel 1926 venne creata l'AGIP che chiese alla Regia Marina di utilizzare a Napoli gli scafi della Ruggiero di Lauria e della torpediniera d'alto mare Procione come depositi galleggianti, poiché nel porto della città c’era bisogno di aumentare il bunkeraggio in attesa della costruzione del deposito costiero di San Giovanni a Teduccio con il relativo collegamento con il pontile di Vigliena. Gli scafi delle due navi utilizzati come depositi galleggianti venivano riforniti dalle navi dell'AGIP e da quelle noleggiate. Dopo che venne ultimato il deposito costiero lo scafo della Ruggiero di Lauria fu trasferito a Genova mentre quello della Procione fu restituito alla Marina. Durante la seconda guerra mondiale, lo scafo si trovava nel porto della Spezia sempre in funzione di deposito galleggiante dove, colpito nel corso di un'incursione aerea alleata nel 1943, affondò adagiandosi sui bassi fondali del porto; nel dopoguerra venne recuperato e avviato alla demolizione, avvenuta tra il 1946 e il 1947.
Un Pattugliatore della Marina militare italiana sarà intitolato al grande ammiraglio
I Pattugliatori Polivalenti d’Altura rientrano nel piano di rinnovamento delle linee operative delle unità navali della Marina Militare, deciso dal Governo e dal Parlamento e avviato nel maggio 2015 sotto l’egida di OCCAR (Organizzazione per la cooperazione congiunta in materia di armamenti).
La configurazione di sistema di combattimento è di tipo "light" e la nave risulta altamente flessibile e modulabile, con capacità di assolvere a molteplici compiti che vanno dal pattugliamento ed il soccorso in mare alle operazioni di Protezione Civile. I pattugliatori presentano una doppia prora sfalsata, simile al rostro delle antiche navi romane, soluzione ingegneristica che permette all’unità una riduzione della formazione ondosa e la riduzione del consumo di carburante, aumentandone la velocità massima (32 nodi). L’innovazione e l’unicità di queste navi è dettata dall’architettura della plancia che permette un’ampia visione nel corso della condotta della stessa. Elemento caratteristico di questa tipologia di navi è il Naval Cockpit, sistema di concezione italiana ed unico nel suo genere: esso è in grado di far condurre la nave a due soli operatori (PILOTA e COPILOTA) sia dal punto di vista della Piattaforma e della Navigazione, sia dal punto della condotta dello operazioni fino all’uso delle armi.
….La guerra all’Ucraina ci deve insegnare che, se vuoi vivere in pace,
devi essere sempre pronto a difendere la tua Libertà….
La difesa è per noi rilevante
poiché essa è la precondizione per la libertà e il benessere sociale.
Dopo alcuni decenni di “pace”,
alcuni si sono abituati a dare la pace per scontata:
una sorta di dono divino
e non, un bene pagato a carissimo prezzo dopo due devastanti conflitti mondiali.
….Basta con la retorica sulle guerre umanitarie e sulle operazioni di pace.
La guerra è guerra. Cerchiamo sempre di non farla, ma prepariamoci a vincerla…
(Fonti: Web, Google, Fincantieri, RID, Ilportaledelsud, Difesa, Dr.G.Arra, Wikipedia, You Tube)