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L'Attilio Bagnolini (S 505) era un sommergibile italiano costruito negli anni sessanta e messo in disarmo negli anni novanta. A seguito delle clausole armistiziali, all'Italia fu impedito di possedere sommergibili nel secondo dopoguerra. Decadute le clausole la Marina Militare Italiana tornò a studiare un progetto di sommergibile, che sfociò nella classe Toti, impostata a Monfalcone nel 1965 presso la Italcantieri. Doveva essere una classe di un battelli con caratteristiche ASW (sigla statunitense SSK - Submarine Hunter/Killer), inseriti appieno nel clima di guerra fredda a cui parteciparono per tutta la loro vita operativa. Della classe facevano parte il Toti, il Bagnolini, il Dandolo e il Mocenigo. Il sommergibile Attilio Bagnolini, matricola 505, secondo a portare questo nome e secondo della classe Toti, fu costruito dall'Italcantieri di Monfalcone. Impostato l'11 aprile 1965, varato il 26 agosto 1967, consegnato alla Marina Militare il 16 giugno 1968 posto in disarmo il 5 luglio 1991.
LA CLASSE TOTI
La classe Enrico Toti è stata una serie di sommergibili a propulsione diesel-elettrica costruiti per la Marina Militare italiana tra il 1965 ed il 1968; sono stati i primi battelli subacquei costruiti in Italia dopo la fine della seconda guerra mondiale. La classe era costituita da quattro battelli di piccole dimensioni il cui scopo era di sorvegliare il passaggio di altri sottomarini nelle acque italiane; si caratterizzavano per una silenziosità notevole per l'epoca, favorita dalle modeste dimensioni dello scafo.
La durata media delle missioni per questi sommergibili era di 14-16 giorni. Alla fine della guerra fredda essi vennero impiegati solamente per l'addestramento degli equipaggi. Classificati "SSK" (Submarine Submarine-Killer), cioè destinati alla lotta antisommergibile con compiti di scoperta e attacco di altre unità subacquee, questi battelli avevano una buona dotazione di sensori, di sistemi di comunicazione e di guerra elettronica.
L'armamento era di 4 tubi lanciasiluri prodieri per il lancio di siluri multiruolo antinave-antisommergibile A184 a filoguida e a testa autocercante asserviti a una centrale di lancio elettronica, prodotta e progettata dalla Fiat Mirafiori. Inizialmente erano dotati anche di 12 mine. L'armamento e l'autonomia adatti solo per missioni a media-corta autonomia fece sì che si passasse presto a sommergibili più grandi ed efficienti, sia pure apparentemente meno popolari, la classe Sauro, sui quali vennero trasferiti esperienze e particolarità dei battelli della classe Toti.
I sommergibili della classe Toti segnarono una svolta di un certo rilievo nella storia dell'arma subacquea italiana: furono progettati e realizzati dalla Italcantieri negli stabilimenti di Monfalcone, le cui maestranze, durante il periodo 1944-45, avevano ottenuto esperienza nella costruzione di alcuni esemplari tedeschi tipo XXI e XXIII. I battelli adottarono lo snorkel e vennero dotati di tutte le attrezzature e le apparecchiature, che l'esperienza del periodo bellico e la tecnologia postbellica avevano contribuito a migliorare, ottenendo notevoli risultati riguardo alla silenziosità, alla velocità in immersione, all'autonomia e alla quota operativa di immersione.
I battelli erano a semplice scafo totalmente saldato, che comprendeva i tubi lanciasiluri e la garitta d'emergenza, inglobata nella parte anteriore della vela e lo scafo racchiudeva a prora ed a poppa le casse di zavorra. L'elica a cinque pale era azionata solamente dal motore elettrico, alimentato dalle batterie in immersione e dai gruppi elettrogeni in emersione.
Entrati in servizio nel 1968-69, i “Toti” sono stati assegnati inizialmente alla base di La Spezia per essere trasferiti a partire dal 1971 ad Augusta, inquadrati nel 2º Gruppo Sommergibili (GRUPSOM2) del Comando Sommergibili.
Dei quattro esemplari due sono stati preservati come navi museali: Il Dandolo è custodito presso l'Arsenale di Venezia, mentre il Toti è custodito al Museo nazionale della scienza e della tecnologia "Leonardo da Vinci" di Milano. Una soluzione simile si prospetta per il Mocenigo nel porto di Augusta, mentre il Bagnolini, in disarmo alla banchina di Punta Cugno della base di Augusta, ha lasciato la Sicilia il 20 agosto 2021dimorato assieme alla MOC 1201 (Moto Officina Costiera A 5331), la nave cisterna porta acqua Brenta (A 5358), al rimorchiatore Atlante (A 5317) a bordo della nave semisommergibile Yacht Express, della compagnia Dyt Yacht Transport (parte del gruppo Spliethoff) diretta ad Aliaga, in Turchia, dove sono giunte per la demolizione il 22 agosto successivo.
IL NOME “BAGNOLINI”
Questo è il secondo sommergibile intitolato all'alpino Medaglia d'Oro al Valor Militare Attilio Bagnolini caduto in Africa Orientale nel 1936.
La prima unità fu un sommergibile della classe Liuzzi battezzato Alpino Bagnolini, impostato nel 1938 nei cantieri Tosi di Taranto e consegnato l'anno successivo alla Regia Marina. Il primo affondamento di un'unità nemica fu opera di questo battello, che silurò l'incrociatore britannico HMS Calypso dopo due soli giorni di guerra. L'Alpino Bagnolini operò successivamente dalla famosa base atlantica di Betasom effettuando diverse missioni. Nel 1943, ormai usurato dall'intensa attività, fu trasformato in sommergibile da trasporto pronto per essere inviato in estremo oriente quando, a causa dell'armistizio, fu internato dai tedeschi. Ridenominato U-IT 22, partì nel 1944 per le basi giapponesi ma fu affondato al largo del Sudafrica. Dell'equipaggio misto italo-tedesco non ci furono superstiti.
Pur riferendosi allo stesso eroe, il sommergibile della classe Toti portava invece il nome Attilio Bagnolini.
Il Bagnolini aveva quale distintivo ottico il 505, nonostante il capo classe Enrico Toti avesse il 506. Questo sembra sia dovuto ai ritardi di lavorazione sul primo della serie (il Toti), le cui difficoltà vennero poi ovviate sul secondo (il Bagnolini) consentendogli di entrare prima in servizio.
Operatività
Nel corso della sua attività il Bagnolini ha accumulato 21000 ore di moto percorrendo 115 000 miglia. L'equipaggio, composto da 26 fino ad un massimo di 30 persone, si divideva in due o tre squadre di guardia a seconda della durata della missione e della categoria (specializzazione) di appartenenza. In taluni casi prestavano servizio secondo lo schema 4+4, cioè 4 ore di guardia, 4 ore di riposo in una branda “calda” (alternata con un collega) in altri casi i turni rispettavano lo schema 4+8 (sempre con branda calda quindi, con due brande si dormiva in tre).
Il caratteristico bulbo a prora (detto "naso") conteneva l'impianto ecogoniometrico che costituiva il sistema attivo (meglio conosciuto col nome di sonar), mentre l'impianto idrofonico che costituiva il sistema passivo era contenuto nella porzione di perimetro anteriore basso, subito sotto i tubi lanciasiluri del battello e tutto ciò, con la netta prevalenza nell'uso del sistema passivo, creava l'impianto necessario ad individuare i bersagli.
La classe Toti è stata essenzialmente impiegata per addestramento e nelle esercitazioni per simulare attacchi a sommergibili sovietici o a gruppi navali del Patto di Varsavia, riscuotendo sempre lusinghieri risultati grazie alla sua silenziosità e manovrabilità.
Posto in disarmo nel 1991 e ormeggiato alla banchina di Punta Cugno della base di Augusta, il Bagnolini ha lasciato la Sicilia il 20 agosto 2021dimorato assieme alla MOC 1201 (Moto Officina Costiera A 5331), la nave cisterna porta acqua Brenta (A 5358), al rimorchiatore Atlante (A 5317) a bordo della nave semi-sommergibile Yacht Express, della compagnia Dyt Yacht Transport (parte del gruppo Spliethoff) diretta ad Aliaga, in Turchia, dove sono giunte per la demolizione il 22 agosto successivo.
La triste fine del 'Bagnolini': è stato demolito in Turchia nel 2021; era stato radiato nel 1991.
Triste e silenziosa fine per il ‘Bagnolini’. Assieme ad altre tre unità dismesse della Marina Militare, il sommergibile, intitolato all’eroe villadossolese, ha lasciato nel 2021 l'Italia diretto in Turchia, dove è stato demolito.
Il trasporto è avvenuto con la nave autoaffondante Yacht Express. Il sommergibile, matricola 505, era il secondo mezzo navale a portare questo nome. Dopo il varo fu il secondo sommergibile della classe Toti era stato impostato l'11 aprile 1965, varato il 26 agosto 1967, consegnato alla Marina il 16 giugno 1968 e posto in disarmo il 5 luglio 1991. Precedentemente un altro sommergibile venne battezzato con il nome dell’eroe villadossolese: mezzo navale che partecipò alla II Guerra Mondiale. Dalla sua radiazione a nessuna nave della Marina Militare è stato più attribuito il nome di Attilio Bagnolini e nessuna amministrazione comunale in questi ultimi 30 anni lo ha mai chiesto al Ministero della Difesa.
Attilio Bagnolini era in forze all’11° Reggimento Alpini, Battaglione Intra, 7a Compagnia: cadde ferito a morte durante la battaglia dei Laghi Ascianghi, il 31 marzo 1936, ai 2512 metri del passo Mècan (Africa Orientale). Fu decorato di Medaglia d’oro al Valor Militare alla memoria.
Ripensare la guerra, e il suo posto
nella cultura politica europea contemporanea,
è il solo modo per non trovarsi di nuovo davanti
a un disegno spezzato
senza nessuna strategia
per poterlo ricostruire su basi più solide e più universali.
Se c’è una cosa che gli ultimi eventi ci stanno insegnando
è che non bisogna arrendersi mai,
che la difesa della propria libertà
ha un costo
ma è il presupposto per perseguire ogni sogno,
ogni speranza, ogni scopo,
che le cose per cui vale la pena di vivere
sono le stesse per cui vale la pena di morire.
Si può scegliere di vivere da servi su questa terra, ma un popolo esiste in quanto libero,
in quanto capace di autodeterminarsi,
vive finché è capace di lottare per la propria libertà:
altrimenti cessa di esistere come popolo.
Qualcuno è convinto che coloro che seguono questo blog sono dei semplici guerrafondai!
Nulla di più errato.
Quelli che, come noi, conoscono le immense potenzialità distruttive dei moderni armamenti
sono i primi assertori della "PACE".
Quelli come noi mettono in campo le più avanzate competenze e conoscenze
per assicurare il massimo della protezione dei cittadini e dei territori:
SEMPRE!
….Gli attuali eventi storici ci devono insegnare che, se vuoi vivere in pace,
devi essere sempre pronto a difendere la tua Libertà….
La difesa è per noi rilevante
poiché essa è la precondizione per la libertà e il benessere sociale.
Dopo alcuni decenni di “pace”,
alcuni si sono abituati a darla per scontata:
una sorta di dono divino e non,
un bene pagato a carissimo prezzo dopo innumerevoli devastanti conflitti.…
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Mentre sale ai massimi la tensione fra Israele e Hamas, si manifestano voci appena sussurrate che tirano in ballo persino il deterrente nucleare di Tel Aviv che non è naturalmente utilizzabile in questi scenari ristretti. Il deterrente in argomento comprende anche il sistema di missili strategici “Jericho"; la denominazione rimanda alla narrazione biblica, alla distruzione della città di Gerico da parte degli ebrei guidati da Giosuè, ed alla minaccia di una “impraticabile” guerra nucleare contro Hamas e / o contro i suoi sostenitori e finanziatori.
Alcune voci ricorrenti in queste tragiche giornate di guerra senza limitazioni, gettano nuova luce sulle armi nucleari nella regione, vale a dire sul sistema missilistico strategico israeliano Jericho».
Un membro della Knesset per il Likud, ha postato più volte su X «la possibilità di avviare una guerra nucleare invece di introdurre forze di terra di massa», chiedendo alle forze armate di schierare l'arma nucleare come rappresaglia agli attacchi di Hamas: una follia, naturalmente senza alcuna risposta dai vertici militari e civili della nazione ebraica.
Lo sviluppo dell'SRBM “Jericho I”
Il “Jericho I” è un sistema mobile bistadio, che probabilmente non richiede siti di fuoco rinforzati.
Il missile balistico a corto raggio (SRBM) aveva una portata variamente stimata tra 480 e 750 Km, a seconda del peso della testata. Durante la Guerra Fredda si parlava molto poco e ancora meno si sapeva di questo missile. Decenni dopo la Guerra Fredda, documenti declassificati della CIA rivelano un missile a due stadi che era considerevolmente più grande del missile monostadio ampiamente ipotizzato inizialmente.
La corsa ai missili in Medio Oriente ebbe inizio all'inizio degli anni '60. Dopo la fondazione di Israele, la sua potenza militare si sviluppò rapidamente, con il vigoroso sostegno di Francia, Stati Uniti e altri paesi occidentali. Ben presto raggiunse la superiorità sui paesi arabi. Israele lanciò un razzo meteorologico a combustibile solido chiamato Shavit nel 1961 e formulò un piano per lo sviluppo di missili.
Nel 1962, Israele stipulò un accordo con l'azienda francese Marcel Dassault per la progettazione, costruzione e test dell'MD-620, un missile con un carico utile di 3.000 libbre e una gittata di circa 280 miglia nautiche. Nel settembre 1962, Shimon Peres si rivolse alla società francese Marcel Dassault (ora Dassault Aviation) chiedendo loro di "condurre una ricerca di fattibilità sullo sviluppo e la produzione di un missile balistico superficie-superficie per Israele". Israele richiese un missile "che potesse essere lanciato con una velocità di lancio da 4 a 8 missili all'ora da lanciatori fissi o mobili, con un tempo massimo di preparazione di due ore". Nel 1963 Israele firmò segretamente un accordo con la Dassault Aircraft Corporation francese per acquistare i missili MD-620 e MD-660 di quella azienda (con una gittata di 500 Km, un carico utile effettivo di 550 Kg).
All'origine della richiesta c'era l'iniziativa egiziana sui missili balistici portata avanti da scienziati tedeschi (un progetto che alla fine fallì). Per contrastare la superiorità militare di Israele e garantire la sicurezza nazionale, alcuni paesi arabi tentarono, con l'assistenza di esperti stranieri, di sviluppare missili balistici, ma fallirono. Di fronte a queste circostanze, e soprattutto a causa del fatto che la potenza militare dei paesi arabi era stata notevolmente ridotta nelle guerre del 1967 e del 1973, Egitto, Siria, Iraq, Libia e Yemen del Sud hanno acquistato circa 1.000 FROG-7 (portata, 70 km) e missili Scud-B (portata 280 km) provenienti dall'Unione Sovietica dalla fine degli anni '60 alla fine degli anni '70.
Il Jericho I è basato sul missile francese Dassault MD-600 ed è stato originariamente sviluppato negli anni '60, quando la Francia forniva assistenza al programma di armi nucleari del paese, in particolare con il reattore Dimona. L'MD-620 a corto raggio franco-israeliano è un sistema mobile basato su due motori Topaz tandem a propellente solido. Il Topaz fu il secondo motore a propellente composito sviluppato dai francesi e fu il primo ad essere guidato da un pilota automatico che controllava quattro ugelli cardanici. La cassa del motore è costruita in acciaio e il propellente composito è costituito da un ossidante perclorato di ammonio e da alluminio e poliuretano, gli stessi costituenti utilizzati in almeno alcuni dei motori IRBM. Il primo stadio è molto simile al motore NA 803 Topaz ma senza i dispositivi di terminazione della spinta. Il motore del secondo stadio differisce leggermente dal primo stadio. I quattro ugelli rotanti, che sporgono oltre la cassa del motore, sono stati sostituiti da un unico ugello fisso. Il controllo del secondo stadio era ottenuto tramite alette aerodinamiche. Le porte di terminazione della spinta furono mantenute sul secondo stadio per ridurre la portata.
Il missile probabilmente utilizzava un sistema di guida inerziale, in qualche modo simile a quello utilizzato sul missile francese lanciato da silos. Ciò avrebbe comportato un CEP piccolo quanto circa 2.000 piedi ad una distanza di 300 miglia nautiche. Per un missile con questo corto raggio, tuttavia, si sviluppò un pilota automatico per produrre un CEP compreso tra una e due miglia nautiche.
Il programma di test a fuoco per l'MD-620 iniziò all'inizio del 1965 presso il poligono di prova missilistico dell'Ile du Levant. Il primo esperimento di lancio ebbe luogo il 1° febbraio 1965 (missile monostadio). Il 16 marzo 1965 fu effettuato il secondo test con un missile bistadio. Nel 1967 i servizi segreti occidentali avevano ottenuto pochissime informazioni sui test di volo. Nel 1969, la CIA disponeva di dati tecnici piuttosto completi sul missile.
Il programma procedette lentamente, ma nel 1968 il missile era stato lanciato almeno una volta a piena gittata. Nel 1968, la Francia impose un embargo sulle armi a Israele e la cooperazione tra Israele e la fabbrica francese fu interrotta, ma Israele aveva già informazioni sufficienti per continuare sviluppandolo e producendolo in autonomia.
Anche se restavano ancora da fare numerosi test e perfezionamenti, lo sviluppo del missile da parte della Dassault procedette al punto che lo schieramento in Israele nel 1969 sarebbe stato tecnicamente possibile. Gli Stati Uniti non sapevano quanti missili gli israeliani intendessero schierare. L'impianto di produzione appartiene alla IAI, dove vengono fabbricati anche i missili Arrow e Shavit. Uno speciale binario ferroviario collega l'impianto alla vicina base missilistica Wing 2. Se propongono di utilizzare una testata ad alto potenziale esplosivo o per la guerra chimica, presumibilmente vedranno la necessità di molti più missili rispetto all’utilizzo di testate nucleari. Può darsi che Israele abbia deciso la messa a punto di alcune testate di vario tipo.
Il quadro era complicato dalla posizione filo-araba che de Gaulle aveva assunto dopo la guerra del giugno 1967. C'era qualche dubbio se avrebbe permesso che i missili MD-620 fossero fabbricati in Francia per Israele. Avrebbe potuto essere maggiormente disposto a lasciare che Israele ottenesse l’aiuto tecnico francese nella costruzione di missili per sé. In ogni caso, sarebbe stato molto più difficile impedire ad Israele di ricevere questo tipo di assistenza. Israele, ovviamente, pagò somme ingenti per il programma di ricerca, sviluppo e test dell’MD-620 e quasi certamente disponeva di specifiche e altri dati utili. Inoltre, nei sei anni precedenti, Israele aveva svolto una notevole quantità di ricerche missilistiche nazionali e aveva acquistato attrezzature per la produzione e i test relativi ai missili.
Con la conoscenza acquisita in questi vari modi, Israele era già in grado di procedere autonomamente alla costruzione dell’MD-620, se de Gaulle si fosse rifiutato di consentire alla società Dassault di consegnare i missili o di assistere Israele nella loro produzione. Ma senza l’aiuto francese, gli Stati Uniti hanno stimato che probabilmente Israele avrebbe impiegato almeno cinque anni per schierare un sistema missilistico, e il costo sarebbe stato sostanzialmente maggiore.
Nel 1968 gli israeliani non erano mai stati veramente schietti con gli Stati Uniti nel discutere il proprio piano sull’introduzione dei missili terra-superficie MD-620 che venivano costruiti sotto contratto in Francia. Nonostante diverse indagini alla fine del 1967 (ad esempio l’interrogatorio del generale di brigata Ezer Weizman, capo delle operazioni delle forze di difesa israeliane, e un successivo approccio al primo ministro Eshkol), tutto ciò che era stato detto agli Stati Uniti era che una decisione israeliana di abbandonare lo sviluppo la produzione degli MD-620 non era imminente e che Israele non aveva determinato il ruolo che i sistemi missilistici strategici avrebbero potuto svolgere in ambito militare.
Un alto funzionario del ministero degli Esteri israeliano confermò all'ufficio statunitense che il primo ministro Eshkol riteneva che gli Stati Uniti stessero spingendo troppo oltre nelle indagini in questo campo. Agli Stati Uniti fu consigliato di chiedere nuovamente entro “18-24 mesi” (Weizman) o “due o tre anni” (Eshkol). L’intelligence americana, tuttavia, indicò che una prima capacità operativa del sistema MD-620, considerazioni politiche a parte, era tecnicamente possibile già nel 1969.
Il Jericho-1 venne lanciato nel 1968. Il missile fu progettato con l'aiuto della società francese Dassault-Breguet, che stava studiando il missile balistico MD-600. Dopo l'embargo francese sull'esportazione di armamenti in Israele nel 1967, lo sviluppo delle industrie della difesa israeliane continuò con tecnologia interna. Il Jericho 1 divenne operativo nel 1973.
Secondo quanto riferito, al tempo le testate nucleari dei Mirage IV dovevano essere modificate per l'installazione sull'MD-620, il che probabilmente significava un peso del veicolo di rientro di circa 3.000 libbre. L'uso dell'arma Mirage IV sembrava improbabile, e sembra che se un ordigno nucleare fosse stato sviluppato dagli israeliani, avrebbe avuto un diametro di circa 25 pollici e un peso del veicolo di rientro più leggero. Un'arma del genere poteva essere installata su di un veicolo di rientro lungo circa un metro e mezzo se veniva utilizzata una zavorra. Una sezione wafer contenente alette era fissata alla parte posteriore del veicolo di rientro per stabilizzare il camper al rientro nell'atmosfera. A causa della breve gittata del missile, non si prevedeva che la progettazione del veicolo di rientro presentasse difficoltà significative.
Gli israeliani presero in considerazione due modalità di schieramento:
uno era un concetto di missile sotto la montagna (MUM) in cui i missili sarebbero stati posizionati in tunnel sul fianco di colline e montagne e lanciati ed eretti per essere lanciati;
la seconda modalità avrebbe utilizzato un semirimorchio trasportatore-eretto-lanciatore (TEL) trainato da un trattore a ruote che fungeva anche da centro di controllo del lancio. La sua lunghezza totale era di circa 60 piedi e la sua larghezza di 8,2 piedi. Ciascuna unità missilistica sarebbe composta da quattro di questi TEL, ciascuno dei quali trasportava un missile. Tre missili aggiuntivi per ogni TEL dovevano essere trasportati su autotreni, uno per ciascun veicolo, per un totale di 16 missili per unità di lancio. Il tempo di ricarica e rilancio era di circa un'ora; quindi, quattro missili potevano essere lanciati da ciascun TEL in circa tre ore. Il missile veniva eretto da un sistema di controllo idraulico montato sul rimorchio. Il missile era racchiuso in una copertura ambientale da rimuovere prima del lancio. Il conto alla rovescia normalmente avrebbe richiesto circa 30 secondi. Il tempo necessario per lanciare in condizione di marcia su strada non è stato rivelato.
Informazioni dettagliate sul programma israeliano di armi avanzate erano contenute in una pubblicazione della DIA con quel titolo, numero di controllo TCS-657029-69, aggiornata il 21 marzo 1969. Israele era in possesso di almeno un MD-620, JERICHO, 270-rnile, 2.200 missili con testata da 1-libbra e disponeva di almeno cinque strutture in grado di sostenere un programma interno di sviluppo/produzione missilistica. Il suo dispiegamento, pertanto, poteva essere difficile da rilevare. A partire dal 1969 Israele prevedeva di produrre e schierare fino a 60 missili.
Per il programma di test/sviluppo erano previsti 25 missili, 18 furono utilizzati e i rimanenti sette furono stipulati per la consegna a Israele entro la metà del 1969. Sarebbero stati consegnati a Israele due missili (uno inerte nel 1967 e uno attivo nel luglio 1968). Rapporti attendibili indicavano che il primo dei missili prodotti da Israele sarebbe stato completato nella tarda primavera o nell’estate di quest’anno. È probabile che un missile prodotto in patria richieda almeno un programma limitato di test di volo prima o in concomitanza con lo spiegamento operativo. Un simile programma di test confermerebbe il possesso e la produzione attiva dei JERICHO prodotti da Israele.
Secondo una valutazione della Defense Intelligence Agency resa pubblica nel novembre 1989, Israele disponeva di testate chimiche e nucleari, oltre che convenzionali ad alto esplosivo, per i suoi missili Jericho 1. Secondo quanto riferito, il Jericho I ha un carico utile di 500 Kg.
Secondo quanto riferito, l'arsenale israeliano conteneva fino a 100 SSM Jericho 1. Alcuni rapporti affermano che il missile è stato schierato nel Negev e vicino al confine siriano sulle alture di Golan su lanciatori mobili. Secondo i rapporti pubblicati, può essere trasportato tramite un veicolo trasportatore su ruote (TEL) o forse utilizzando vagoni ferroviari.
In effetti, sia il Jericho 1 che il Jericho 2 furono schierati in silos a Sedot Mikha, ai piedi della Giudea, a circa 20 km a est di Gerusalemme (e circa 40 km a sud-est di Tel Aviv). La struttura si trova a pochi chilometri a sud-est della base aerea di Tel Nof. Dalla sua posizione di schieramento nel centro di Israele il missile Jericho-1 può raggiungere obiettivi come Damasco, Aleppo e Il Cairo.
A metà degli anni ’70 Israele era sul punto di fornire al Sudafrica i missili Jericho 1 con testate nucleari. Si tratta di un memorandum scritto da Raymond Amsterdam, capo di stato maggiore dell'esercito DRAF, nel 1975 e la cui riservatezza è stata recentemente revocata. Il memorandum conferma le informazioni fornite da Dieter Gerhardt, un alto ufficiale della marina della DRAF Shrigal per i russi. Secondo le informazioni, nel novembre 1974, l'allora ministro della Difesa israeliano, Shimon Peres, firmò un accordo segreto di cooperazione con il primo ministro sudafricano. Secondo l'accordo - chiamato Chalet - Israele avrebbe dovuto fornire alla DRAF i missili Jericho 1 entro un raggio di 500 km. Come parte di un accordo segreto noto come Burglar.
Il desiderio di Israele di cooperare con il Sudafrica derivava da diverse ragioni:
Il Sudafrica è stato in grado di fornire uranio dalle miniere di uranio presenti nel suo territorio;
la sua vasta area consente un test nucleare (progettato per il deserto del Kalahari ma scoperto e cancellato sotto la pressione internazionale), così come la necessità di Israele di finanziare il costoso progetto di produzione di missili balistici a Be'er Ya'akov.
Nel 1974, la DRAF iniziò a pianificare un test nucleare nel deserto del Kalahari. Il coinvolgimento di Israele non è chiaro, ma il trauma della guerra dello Yom Kippur (1973) potrebbe certamente averlo spinto a voler condurre un simile test nucleare. Intorno al 1979, con la collaborazione dei due paesi, fu effettuato un test nucleare sull'Oceano Indiano, non lontano dalla costa del Sud Africa.
Il 6 aprile 2000 Israele lanciò un missile balistico Jericho-1 dal sito di lancio di Palmachim verso il Mediterraneo come parte di un test di volo. Il missile volò solo per circa 25-40 miglia (40-65 km). L'incrociatore Aegis USS Anzio che navigò a circa 250 miglia (400 km) al largo delle coste di Israele seguì il missile quasi dal momento in cui era stato lanciato utilizzando il sistema radar Aegis. Gli americani si erano risentiti per il fatto che Israele non avesse riferito la sua intenzione di condurre l’esperimento nonostante tali pratiche fossero procedure standard. Secondo il portavoce dell'ambasciata israeliana, Mark Regev: "Quando conduciamo un test missilistico, sia a terra che in mare, ci sono pratiche di sicurezza che vengono rigorosamente osservate,... l'area del test era stata attentamente ispezionata".
Un funzionario statunitense ha confermato che, nei due anni precedenti l’incidente, Israele avesse lanciato due missili in ambiente marino dove all’epoca era di stanza la US NAVY, senza informarli in anticipo. Secondo i funzionari del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti, Israele non riferì le sue intenzioni di condurre i test. Gli americani monitorarono gli esperimenti apprendendo le caratteristiche tecniche del missile Jericho.
Ulteriori test di volo sui missili balistici lanciati dalla base di Palmachim e attribuiti al missile Jericho hanno avuto luogo il 17 gennaio 2008, 2 novembre 2011, 12 luglio 2013, 5 maggio 2015, 29 maggio 2017 e 6 dicembre 2019. I voli missilistici sono stati osservati provenienti da estese aree del Gush Dan, ma non è stata data alcuna conferma ufficiale per la loro identificazione.
Nel dicembre 2017, i media libanesi hanno riportato al-Mayadin un giornale in cui sosteneva che durante l'attacco alla Siria il 2 dicembre 2017, Israele abbia lanciato due missili superficie-superficie del modello "Jericho 1", intercettati dai russi tramite il sistema di difesa aerea Panzir-S1. Queste informazioni non hanno avuto ulteriori verifiche da parte di una fonte attendibile.
Israele non ha mai lanciato i missili Jericho in modo operativo per distruggere obiettivi nemici, ma ha utilizzato la loro limitata esposizione per scopi di deterrenza strategica.
Il primo utilizzo dei missili Jericho avvenne l'8 ottobre 1973. Durante la guerra dello Yom Kippur, Israele svelò ai media i missili Jericho in modo che venissero fotografati dai satelliti spia sovietici pur sapendo che le fotografie sarebbero state sicuramente trasferite all'Egitto. Questa decisione del Capo di Stato Maggiore David Elazar di schierare i missili ed esporli ai satelliti spia fu presa dopo aver ricevuto informazioni di intelligence passate a Israele dal Col. Prof. Yuval Ne'eman che in quel momento collegava il primo ministro al Pentagono. Le informazioni contenevano fotografie satellitari che l'Egitto aveva schierato un battaglione di missili Scud nella Porta del Nilo, e accanto a loro erano posizionati i camion Scud che, secondo l'analisi dell'intelligence tecnologica USA vengono utilizzati per trasportare le testate nucleari in dotazione agli Scud.
Israele ha utilizzato i missili almeno ancora una volta e con la consapevolezza delle loro capacità, per segnalare le proprie intenzioni. Nel 1990, nel pieno della crisi della Guerra del Golfo, Israele espose alcuni missili a un satellite spia statunitense, come segno della fine della politica di moderazione impostagli. Secondo la testimonianza dell'allora ambasciatore degli Stati Uniti in Israele, William Brown: "Più tardi, durante la crisi, gli israeliani lasciarono che i nostri satelliti sbirciassero alcuni dei loro missili Jericho. Sapevano che il messaggio sarebbe arrivato, e avevano ragione”.
IRBM Jericho II e ICBM Jericho III
Jericho è una designazione generale data a una famiglia di missili balistici vagamente imparentati sviluppati da Israele a partire dagli anni '60. Come per la maggior parte dei sistemi d’arma non convenzionali israeliani, i dettagli esatti sono riservati, sebbene siano presenti dati di test osservati, dichiarazioni pubbliche di funzionari governativi e dettagli in letteratura aperta, in particolare sul veicolo di lancio satellitare Shavit.
Il successivo sviluppo della famiglia Jericho è legato ai veicoli di lancio spaziale Shavit e Shavit II ritenuti derivati dell'IRBM Jericho II e che hanno preceduto lo sviluppo dell'ICBM Jericho III. Il Lawrence Livermore National Laboratory negli Stati Uniti ha concluso che lo Shavit potrebbe essere stato adattato come un missile balistico intercontinentale che trasporta una testata da 500 kg su 7.500 km. Ulteriori informazioni sul programma Jericho sono state rivelate dalla serie di missili sudafricani, di cui si ritiene che gli RSA-3 siano copie autorizzate del Jericho II/Shavit, e dall'RSA-4 che ha utilizzato parte di questi sistemi in il loro stack con una prima fase pesante. Successivamente alla dichiarazione e al disarmo del Programma nucleare sudafricano, i missili della serie RSA furono offerti commercialmente come veicoli di lancio satellitare, facendo sì che le specifiche pubblicizzate diventassero di pubblico dominio.
La versione di lancio spaziale civile del Jericho, la Shavit, è stata studiata in una versione lanciata dall'aria trasportata su di un Boeing 747 simile a un lancio sperimentale statunitense del missile balistico intercontinentale Minuteman da un C-5 GALAXY.
Jericho I
Jericho I fu identificato pubblicamente per la prima volta come sistema missilistico balistico operativo a corto raggio alla fine del 1971. Era lungo 13,4 metri (44 piedi), 0,8 m (2 piedi 7 pollici) di diametro e pesava 6,5 tonnellate (14.000 libbre). Aveva un'autonomia di 500 km (310 mi) e un CEP di 1.000 m (3.300 piedi) e poteva trasportare un carico utile stimato a 400 chilogrammi (880 libbre). Doveva trasportare una testata nucleare. A causa dell'ambiguità di Israele riguardo al suo programma di armi nucleari, il missile è classificato come missile balistico. Lo sviluppo iniziale fu in collaborazione con la Francia, Dassault fornì vari sistemi missilistici a partire dal 1963 e un tipo designato MD-620 fu lanciato in prova nel 1965. La cooperazione francese fu interrotta da un embargo sulle armi nel gennaio 1968, sebbene 12 missili fossero stati consegnati dalla Francia. I lavori furono continuati dalla IAI presso la struttura di Beit Zachariah e il programma costò quasi 1 miliardo di dollari fino al 1980, incorporando parte della tecnologia statunitense. Nonostante alcuni problemi iniziali con i suoi sistemi di guida, si ritiene che siano stati prodotti circa 100 missili di questo tipo.
Nel 1969, Israele concordò con gli Stati Uniti che i missili Jericho non sarebbero stati utilizzati come "missili strategici", con testate nucleari, almeno fino al 1972.
Durante la guerra dello Yom Kippur dell'ottobre 1973, con le prime scoperte a sorpresa sia sui confini settentrionali che su quelli meridionali da parte degli eserciti arabi, l'allarmato ministro della Difesa Moshe Dayan disse al primo ministro israeliano Golda Meir che "questa è la fine del terzo tempio". Stava avvertendo dell'imminente sconfitta totale di Israele, ma "Tempio" era anche la parola in codice per le armi nucleari. Dayan aveva nuovamente sollevato il tema del nucleare in una riunione di gabinetto, avvertendo che il paese si stava avvicinando a un punto di "ultima istanza". Quella notte Meir autorizzò l'assemblaggio di tredici "pacchetti fisici" di armi nucleari per armare i missili Jericho I presso la Base aerea Sdot Micha e aerei F-4 presso la base aerea di Tel Nof, da utilizzare contro obiettivi siriani ed egiziani. La portata del Jericho 1 è sufficiente per colpire le principali città come Damasco e Il Cairo da posizioni di lancio sicure. Sarebbero stati utilizzati se assolutamente necessario per prevenire la sconfitta totale, ma la preparazione era stata effettuata in modo facilmente rilevabile, probabilmente come un segnale agli Stati Uniti. Il segretario di Stato americano Henry Kissinger venne a conoscenza dell’allarme nucleare la mattina del 9 ottobre. Quel giorno, in linea con il suo accordo e avvertimento che impediva un attacco preventivo israeliano contro il raduno di eserciti arabi. Il presidente Nixon ordinò l'inizio dell'operazione Nickel Grass, un ponte aereo statunitense per sostituire tutte le perdite materiali di Israele. Prove aneddotiche suggeriscono che Kissinger disse a Sadat che la ragione del ponte aereo americano era che gli israeliani erano vicini al "passo al nucleare".
Si ritiene che tutti i missili Jericho 1 siano stati messi fuori servizio negli anni '90 e sostituiti con i Jericho 2 a lungo raggio. I missili Jericho 1 erano alloggiati a Zekharia, situata a sud-est di Tel Aviv e posizionati in grotte.
Jericho II
Il Jericho II (YA-3) è un sistema missilistico balistico a lungo raggio bistadio a combustibile solido e il seguito del progetto Jericho I. Circa 90 missili Jericho 2 sono attualmente basati nelle grotte vicino a Zekharia ( base aerea di Sdot Micha ), a sud-est di Tel Aviv.
Una richiesta da parte di Israele per missili balistici a medio raggio Pershing II con raggio di 1.100 miglia (1.770 km) fu respinta dagli Stati Uniti per includerli come parte di un pacchetto di incentivi per l'assistenza militare offerto nel 1975 durante i negoziati sul trasferimento del Sinai dal controllo israeliano a quello egiziano come parte di un accordo di pace mediato dagli Stati Uniti. Lo sviluppo di Jericho II iniziò nel 1977 e nel 1986 ci furono segnalazioni di lanci di prova. Secondo Missilethreat, un progetto del George C. Marshall Institute, ci sono prove che il Jericho II sia nato come un progetto congiunto israelo-iraniano, una cooperazione che si era conclusa con la perdita di relazioni amichevoli dopo che la rivoluzione islamica del 1979 rovesciò lo Scià. Ci furono una serie di lanci di prova nel Mediterraneo dal 1987 al 1992, il più lungo di circa 1.300 km, per lo più dalla struttura di Palmachim, a sud di Tel Aviv. Jane's riferisce che si ritiene che un lancio di prova di 1.400 km abbia avuto luogo dall'Overberg Test Range in Sud Africa nel giugno 1989.
Il Jericho II è lungo 14,0 m e largo 1,56 m, con un peso di lancio dichiarato di 26.000 kg (sebbene sia stato suggerito un peso di lancio alternativo di 21.935 kg). Ha un carico utile di 1.000 kg, in grado di trasportare una notevole quantità di esplosivi ad alto potenziale o una testata nucleare da 1 Megaton . Utilizza un motore a propellente solido a due stadi con una testata separatrice. Il missile può essere lanciato da un silo, da un vagone ferroviario o da un veicolo mobile. Ciò gli dà la possibilità di essere nascosto, spostato rapidamente o tenuto in un silo rinforzato, garantendo in gran parte la sopravvivenza contro qualsiasi attacco. Dispone di un sistema di guida terminale radar attivo simile a quello del Pershing II, per attacchi molto precisi.
Il Jericho II costituisce la base del lanciatore satellitare Shavit NEXT a tre stadi da 23 tonnellate, lanciato per la prima volta nel 1988 da Palmachim. Dalle prestazioni dello Shavit è stato stimato che come missile balistico abbia una gittata massima di circa 7.800 km con un carico utile di 500 kg.
Il fatto che il Jericho II fosse un'opzione di contrattacco israeliana disponibile al bombardamento missilistico iracheno nella Guerra del Golfo del 1991 è controverso. Jane's all'epoca credeva che il Jericho II fosse entrato in servizio nel 1989. Il ricercatore Seth Carus afferma che, secondo una fonte israeliana, la decisione di schierare operativamente il Jericho-2 fu presa solo dopo il 1994, diversi anni dopo che gli attacchi Scud avevano avuto luogo, conclusa dopo il regime di cessate il fuoco e di disarmo. Raytheon Technologies, citando gli archivi dell'intelligence sovietica, mostrò loro di ritenere che il Jericho-2 fosse stato un'arma completamente sviluppata nel 1989, ma non indicò quando era stato disponibile per il dispiegamento. Gli investigatori delIl Carnegie Endowment for International Peace hanno avuto accesso alle immagini satellitari commerciali della base aerea Sdot Micha vicino a Zachariah, una sospetta base missilistica Jericho: il confronto mostra l'espansione tra il 1989 e il 1993 del tipo che potrebbe ospitare i sospetti lanciatori e missili Jericho II. Tale espansione sarebbe più coerente con una cronologia di implementazione successiva al 1991.
Jericho III
Si ritiene che il Jericho III (YA-4) sia un missile balistico intercontinentale dotato di armi nucleari entrato in servizio nel 2011. Si ritiene che il Jericho III abbia due o tre stadi, utilizzando propellente solido e con un carico utile compreso tra 1.000 e 1.300 kg. Il carico utile potrebbe essere una singola testata nucleare da 750 kg (150-400 kilotoni) o due o tre testate MIRV a basso rendimento. Ha un peso di lancio stimato di 30.000 kg e una lunghezza di 15,5 m con una larghezza di 1,56 m. Potrebbe essere simile a un veicolo di lancio spaziale Shavit aggiornato e riprogettato, prodotto da Israel Aerospace Industries. Probabilmente ha motori del primo e del secondo stadio più lunghi. Si stima che abbia una portata compresa tra 4.800 e 6.500 km (da 2.982 a 4.038 miglia), sebbene un'indagine sulla proliferazione missilistica del 2004 condotta dal Congressional Research Service abbia fissato la sua possibile portata massima a 11.500 km (la portata dei missili è inversamente proporzionale alla massa del carico utile).
Secondo un rapporto ufficiale presentato al Congresso degli Stati Uniti nel 2004, è possibile che con un carico utile di 1.000 kg il Jericho III offra a Israele capacità di attacco nucleare in tutto il Medio Oriente, Africa, Europa, Asia e quasi tutte le parti del Nord America, così come gran parte del Sud America e del Nord Oceania. Missile Threat riporta: "La portata del Jericho 3 fornisce anche una velocità di impatto estremamente elevata per i bersagli vicini, consentendogli di evitare qualsiasi difesa anti-missile balistico (ABM) che potrebbe svilupparsi nelle immediate vicinanze”. Il 17 gennaio 2008 Israele ha testato un missile balistico multi-stadio ritenuto del tipo Jericho III, secondo quanto riferito in grado di trasportare "testate convenzionali o non convenzionali". Il 2 novembre 2011, Israele ha testato con successo un missile ritenuto essere una versione aggiornata del Jericho III a Palmachim; la lunga scia di fumo è stata vista in tutto il centro di Israele. Si ritiene che i lanciatori di missili balistici intercontinentali israeliani siano sepolti così profondamente che sopravviverebbero a un attico nucleare preventivo.
Dopo un lancio di successo di un test missilistico condotto all'inizio del 2008, il generale Itzhak Ben-Israel, esperto di armi israeliano, ex presidente dell'Agenzia spaziale israeliana presso il Ministero della Scienza, ha dichiarato: "Tutti possono fare i conti... possiamo raggiungerli con un motore a razzo in ogni punto del mondo", sembrando così confermare la nuova capacità di Israele. Funzionari del Ministero della Difesa israeliano hanno affermato che il lancio di prova del 2008 ha rappresentato un "drammatico salto nelle tecnologie missilistiche israeliane".
Dopo un ulteriore test nel 2013, Alon Ben David ha pubblicato questa opinione in un articolo su Aviation Week sulla portata del missile e sul peso di lancio: "Secondo quanto riferito, il missile balistico a raggio intermedio Jericho III di Israele è in grado di trasportare un missile balistico da 1.000 kg (2.204 libbre) testata più di 5.000 km." Ulteriori test condotti nel luglio 2013 avrebbero potuto riguardare il missile Jericho 3 o forse il missile Jericho 3A, un missile successivo che si ritiene avesse un nuovo motore.
Serie RSA sudafricana
Il Jericho II/Shavit SLV è stato prodotto su licenza anche nella Repubblica del Sud Africa come serie RSA di veicoli di lancio spaziale e missili balistici.
L'RSA-3 è stato prodotto dalla società Houwteq (una divisione fuori produzione della Denel) a Grabouw, 30 km a est di Città del Capo. I lanci di prova sono stati effettuati dall'Overberg Test Range vicino a Bredasdorp, 200 km a est di Città del Capo. Rooi Els era il luogo in cui si trovavano le strutture per le prove dei motori. Lo sviluppo è continuato anche dopo che il Sudafrica ha rinunciato alle sue armi nucleari per utilizzarle come lanciatori satellitari commerciali. Lo sviluppo in realtà raggiunse il suo apice nel 1992, un anno dopo la rinuncia al nucleare, con 50-70 aziende coinvolte, che impiegavano 1300-1500 persone del settore pubblico e privato. Un missile balistico intercontinentale o veicolo di lancio spaziale molto più pesante, l'RSA-4, con un primo stadio della classe Peacekeeper ICBM ma con componenti dello stadio superiore Jericho-2/RSA-3 era in fase di sviluppo, l' RSA-2 era una copia locale del missile balistico Jericho II e l' RSA-1 era una copia locale del secondo stadio Jericho II da utilizzare come missile mobile.
I missili dovevano basarsi sui lanciatori RSA-3 e RSA-4 già costruiti e testati per il programma spaziale sudafricano. Secondo Al J Venter, autore di How South Africa built six atomi bombs, questi missili erano incompatibili con le grandi testate nucleari sudafricane disponibili. Afferma che la serie RSA, progettata per un carico utile di 340 kg, suggerirebbe una testata di circa 200 kg., "ben oltre i migliori sforzi di SA della fine degli anni '80". L'analisi di Venter è che la serie RSA aveva lo scopo di mostrare un sistema di consegna credibile combinato con un test nucleare separato in un appello diplomatico finale alle potenze mondiali in caso di emergenza, anche se non erano mai state destinate ad essere utilizzate insieme in un sistema armato. Tre razzi erano già stati lanciati in traiettorie suborbitali alla fine degli anni '80 a sostegno dello sviluppo del Greensat Orbital Management System lanciato da RSA-3 (per applicazioni satellitari commerciali di localizzazione dei veicoli e pianificazione regionale). In seguito alla decisione del 1989 di annullare il programma sulle armi nucleari, i programmi missilistici furono autorizzati a continuare fino al 1992, quando terminarono i finanziamenti militari, e tutto il lavoro sui missili balistici fu interrotto entro la metà del 1993. Per aderire al regime di controllo della tecnologia missilistica, il governo ha dovuto consentire la supervisione degli Stati Uniti sulla distruzione delle strutture chiave applicabili sia ai programmi missilistici a lungo raggio che ai lanci spaziali.
Ripensare la guerra, e il suo posto
nella cultura politica europea contemporanea,
è il solo modo per non trovarsi di nuovo davanti
a un disegno spezzato
senza nessuna strategia
per poterlo ricostruire su basi più solide e più universali.
Se c’è una cosa che gli ultimi eventi ci stanno insegnando
è che non bisogna arrendersi mai,
che la difesa della propria libertà
ha un costo
ma è il presupposto per perseguire ogni sogno,
ogni speranza, ogni scopo,
che le cose per cui vale la pena di vivere
sono le stesse per cui vale la pena di morire.
Si può scegliere di vivere da servi su questa terra, ma un popolo esiste in quanto libero,
in quanto capace di autodeterminarsi,
vive finché è capace di lottare per la propria libertà:
altrimenti cessa di esistere come popolo.
Qualcuno è convinto che coloro che seguono questo blog sono dei semplici guerrafondai!
Nulla di più errato.
Quelli che, come noi, conoscono le immense potenzialità distruttive dei moderni armamenti
sono i primi assertori della "PACE".
Quelli come noi mettono in campo le più avanzate competenze e conoscenze
per assicurare il massimo della protezione dei cittadini e dei territori:
SEMPRE!
….Gli attuali eventi storici ci devono insegnare che, se vuoi vivere in pace,
devi essere sempre pronto a difendere la tua Libertà….
La difesa è per noi rilevante
poiché essa è la precondizione per la libertà e il benessere sociale.
Dopo alcuni decenni di “pace”,
alcuni si sono abituati a darla per scontata:
una sorta di dono divino e non,
un bene pagato a carissimo prezzo dopo innumerevoli devastanti conflitti.…
…Vorrei preservare la mia identità,
difendere la mia cultura,
conservare le mie tradizioni.
L’importante non è che accanto a me
ci sia un tripudio di fari,
ma che io faccia la mia parte,
donando quello che ho ricevuto dai miei AVI,
fiamma modesta ma utile a trasmettere speranza
ai popoli che difendono la propria Patria!
Signore, apri i nostri cuori
affinché siano spezzate le catene
della violenza e dell’odio,
e finalmente il male sia vinto dal bene…
(Fonti: https://svppbellum.blogspot.com/, Web, Ilmessaggero, Globalsecurity, Google, Wikipedia, You Tube)