venerdì 21 febbraio 2020

LE ARMI DI DISTRUZIONE DI MASSA E IL LABORATORIO BIOCHIMICO DI WUHAN IN CINA



Armi biologiche

Un'arma biologica è un agente microbiologico nocivo, o una tossina da esso prodotta, utilizzato mediante uno strumento di offesa al fine di diffondere la contaminazione e il contagio in territori e popolazioni nemiche. Rientra pertanto tra le armi di distruzione di massa.
Gli agenti biologici utilizzati nella realizzazione di questo tipo di armi si dividono in base alla loro tipologia:
  • virali, come il Marburg U, in grado di uccidere un uomo in 72 ore, causando una devastante febbre emorragica (analogamente alla febbre gialla). La mortalità raggiunge picchi del 90%.
  • batteriologici, come la peste
  • biologici ad effetto indiretto, il cui danno all'organismo umano deriva dalle tossine da loro liberate, ad esempio il botulino.



Storia

Durante il Medioevo, gli attacchi biologici venivano compiuti lanciando i cadaveri nelle città nemiche coi trabucchi o lasciandoli nelle riserve d'acqua per avvelenarle. Nel 1347 in Crimea, i corpi di alcuni guerrieri tartari di Ganī Bek morti di peste, vennero gettati oltre le mura della colonia genovese di Caffa (oggi Feodosia, Ucraina) dopo un assedio protrattosi per mesi. Questo episodio potrebbe essere stato responsabile dell'avvento della peste nera in Europa tramite il traffico marittimo.
Per armi biologiche controllate si aspetterà fino in epoca contemporanea ed il loro sviluppo si protrarrà fino alla guerra fredda nonostante la convenzione di Ginevra lo bandisse fin dal 1864.
Durante la seconda guerra sino-giapponese, agli ordini del generale Shirō Ishii, l'unità 731 fu incaricata di studiare e testare armi chimiche e biologiche, violando il Protocollo di Ginevra che il Giappone aveva sottoscritto nel 1925, e che metteva al bando questo tipo di armi. L'Unità 731 testava il frutto del proprio lavoro (agenti chimici e biologici) attraverso la diffusione tra la popolazione civile ed i prigionieri, ad esempio lanciando dagli aerei sciami di zanzare infette, o contaminando con agenti patogeni i pozzi.
Nel 1943 i Tedeschi attuarono il primo ed unico attacco bioterroristico contro gli Alleati (e contro la popolazione civile) finora noto, infestando la provincia di Latina, bonificata pochi anni prima, con il plasmodio della malaria.



Impiego bellico moderno

A parità di peso, le armi biologiche sono da 150 a 200 volte più efficaci di quelle chimiche: spesso ne bastano pochi milligrammi per provocare effetti letali sull'organismo.
Per diffondere l'agente biologico si può nebulizzare una soluzione acquosa o una polvere ipersottile contenente il virus, il batterio o la tossina; le particelle in ogni caso devono essere molto piccole, per poter penetrare i polmoni umani in profondità ed avviare il contagio. Questa modalità è ideale per la diffusione aerea.
Gli agenti possono essere portati sugli obiettivi da mano umana, o lanciati da mezzi di dispersione aerea, o caricati in bombe, missili e proiettili d'artiglieria.
Pertanto le modalità attraverso cui può essere esplicata l'azione di un'arma biologica sono:
diffusione aerea con conseguente inalazione
contaminazione dei viveri e delle acque.
contaminazione delle schegge dovute all'esplosione delle bombe e dei proiettili (è il caso della tetanotossina e della tossina della gangrena gassosa), specialmente se caricati nelle granate del tipo "a frammentazione", o del tipo "a saturazione-diffusione".



Batteri e virus

Fra i batteri, uno dei più terribili e micidiali è quello dell'antrace: provoca una malattia che in genere colpisce gli animali, ma che occasionalmente può contagiare l'uomo per via inalatoria, provocando una polmonite rapidamente mortale. Le sue spore hanno la caratteristica di persistere nel terreno anche per decine di anni e di resistere a lungo nell'ambiente esterno (vengono distrutte esponendole per almeno 15 minuti a una temperatura di 121 °C, alla normale pressione atmosferica). Per la loro elevata resistenza agli agenti esterni, le spore possono essere nebulizzate in aerosol, attraverso speciali proiettili.
Microorganismi meno resistenti, come quello del tifo (Salmonella typhi) e del colera (Vibrio cholerae), ed i virus della poliomielite (Poliovirus) e dell'epatite virale (Hepatovirus), possono altresì essere dispersi nell'ambiente, tramite irrorazione o contaminazione mirata, provocando gravissime forme cliniche, quali gastroenteriti, epatiti, paralisi.
La dottrina di impiego ne prevede l'uso per l'avvelenamento di grossi quantitativi di derrate alimentari e dei bacini d'approvvigionamento idrico. Il loro campo elettivo d'applicazione è costituito dal bombardamento delle retrovie, il che causerebbe la completa paralisi del rifornimento alle prime linee. Qualora venissero usate contro le prime linee, causerebbero il caos totale nello sgombero dei colpiti. Un'epidemia di questo tipo potrebbe essere assai difficilmente controllabile e ritorcersi in ogni momento contro gli stessi utilizzatori (effetto “boomerang").

Tossine

Le tossine sono prodotti del metabolismo batterico, fungino, algale e vegetale. Possono essere disperse nell'ambiente in vari modi: non escluso l'impiego di missili intercontinentali a testata tossica. Per la relativa facilità di produzione, queste armi vengono comunemente chiamate "l'atomica dei poveri".
La tossina botulinica provoca paralisi flaccida nella muscolatura volontaria scheletrica, mentre la tossina tetanica provoca la paralisi spastica della medesima muscolatura. La prima agisce se somministrata per via orale; la seconda per via iniettiva. In entrambi i casi la morte sopraggiunge per asfissia da paralisi della muscolatura respiratoria, in uno stato perfettamente mantenuto di coscienza. Queste tossine vengono oggigiorno prodotte industrialmente grazie alle tecniche d'ingegneria genetica e di biologia molecolare. Trenta grammi di questi veleni sono teoricamente in grado di uccidere l'intera popolazione umana; il loro punto debole è però la scarsa resistenza al calore.
Micidiale è anche l'effetto della tossina di alcuni funghi del genere Fusarium; diffusa nell'area-bersaglio in forma di polvere finissima, la cosiddetta "pioggia gialla", viene inalata e causa rapidamente necrosi della cute e delle mucose, emorragie sull'apparato digerente e su quello respiratorio; è tossica per il fegato e per il rene, con conseguente blocco della funzionalità epatica e renale. Anche il midollo osseo rosso, emopoietico, viene depresso, con effetti simili a quelli delle radiazioni ionizzanti.
Discorso analogo vale per le tossine dei funghi del genere Amanita e Cortinarius. Le tossine amanitina e falloidina sono letali in quanto bloccano l'RNA ribosomiale, con questo la sintesi proteica e la morte della cellula. Rene, fegato ed intestino vengono devastati dall'azione delle tossine dell'Amanita phalloides, dell'Amanita verna e dell'Amanita virosa. Letale è anche l'azione della tossina del Cortinarius orellanus. Tutte queste tossine risultano termostabili, ovvero non si degradano col calore durante la cottura dei cibi, per cui mantengono invariato il loro potere tossico.
Per l'uomo la dose tossica di queste tossine è pari ad 1 milligrammo per ogni chilogrammo di peso corporeo ed a nulla vale la lavanda gastrica: poiché esse passano indenni la barriera offerta dal succo gastrico, non suscitano il riflesso del vomito, non inducono senso di nausea ed agiscono appena dopo l'assorbimento intestinale. Una volta riversate nel sangue, l'unico presidio efficace, purché attuato entro 48-72 ore, è la plasmaferesi.

Politica e strategia delle armi biologiche

Le armi biologiche sono affette dalle stesse limitazioni ed i rischi d'impiego delle armi chimiche. Ad esempio il contagio potrebbe sfuggire al controllo e colpire anche le popolazioni alleate.
Le armi biologiche sono recentemente considerate armi terroristiche e messe al bando da svariate convenzioni internazionali, sebbene si sospetti che Stati Uniti e Russia conservino abbondanti riserve di questi agenti nei loro laboratori. La supposta presenza negli arsenali iracheni di armi biologiche è stata una delle cause dichiarate della Guerra d'Iraq o seconda guerra del Golfo (2003).

Bioterrorismo

Il bioterrorismo consiste nell'utilizzo intenzionale di agenti biologici (virus, batteri o tossine) in azioni contro l'incolumità pubblica quali attentati, sabotaggi, stragi o minacce volte a creare panico e isteria collettiva.
Gli agenti biologici utilizzati possono essere reperiti in natura, o possono essere modificati dall'uomo al fine di aumentarne il potere distruttivo, la virulenza o la diffusione nell'ambiente. Quest'ultima può avvenire attraverso l'aria, l'acqua, il cibo o le bevande.

Classificazione degli agenti biologici

Il CDC statunitense suddivide le armi biologiche usate nel bioterrorismo in tre categorie, a seconda della facilità di diffusione e del rischio maggiore o minore di malattia letale che provocano:

Categoria A

Comprende organismi e tossine altamente pericolose per la collettività per:
  • la facile diffusibilità o trasmissione da persona a persona;
  • il loro potere altamente letale;
  • i fenomeni di panico e di isteria collettiva che possono causare;
  • la necessità di adottare speciali contromisure su vasta scala per la tutela della salute pubblica.

Categoria B

Comprende organismi moderatamente pericolosi per:
  • la loro diffusibilità su scala ridotta;
  • la capacità di provocare malattie potenzialmente meno letali;
  • la necessità di misure di monitoraggio della salute pubblica meno intensive rispetto alla categoria A.

Categoria C

Comprende organismi patogeni emergenti, potenzialmente modificabili attraverso l'ingegneria genetica per essere trasformati in armi biologiche. Questi agenti presentano:
  • facile disponibilità nell'ambiente
  • facile produzione
  • alto potenziale in termini di virulenza e di impatto sulla salute pubblica.

Storia

L'esposizione ad agenti biologici in ambiente di vita e di lavoro è un importante rischio per la salute, che deve essere ben conosciuto, al fine di poter sviluppare una corretta, aggiornata, utile attività d'informazione e mettere in atto validi piani di prevenzione, sorveglianza e controllo delle patologie correlate.
La possibile minaccia di atti di terrorismo con impiego di agenti biologici determina una necessità di approfondimento della materia. Nella storia le armi biologiche sono usate da molto più tempo delle armi chimiche o nucleari.
Fin dall'antichità sono stati deliberatamente realizzati oggetti di vario tipo per nascondere e trasmettere agenti di malattia al nemico. Come l'impiego di cadaveri o carcasse di animali infetti per contaminare pozzi, cisterne e raccolte d'acqua utilizzate dagli eserciti e dalla popolazione, veleni e altre sostanze tossiche ritrovabili in natura o realizzate ad hoc. Anche il virus del vaiolo è stato sfruttato come arma biologica. I tartari addirittura catapultavano cadaveri infetti da peste bubbonica oltre le mura delle città assediate, in modo da diffondere il contagio e la morte prima della battaglia.
Anche gli inglesi durante la guerra dei sette anni per sconfiggere gli indiani, che numericamente erano molti di più, si aiutarono con la guerra biologica. Infatti come atto di amicizia regalarono agli indiani coperte, ma queste in realtà provenivano da ospedali di malati di vaiolo che così si diffuse tra gli indiani causando decine e migliaia di morti.
Nel 1763 in Nova Scozia Sir Jeffrey Amherst, governatore dello Stato, distribuì ai pellerossa coperte utilizzate negli ospedali in cui si ricoverano i vaiolosi, diffondendo così il morbo tra le tribù indigene; nello stesso periodo gli inglesi mandarono tra i maori, in Nuova Zelanda, gruppi di prostitute malate di sifilide, sterminando così le popolazioni.

Dal XX secolo ai giorni nostri

Più recentemente la guerra biologica ha assunto una connotazione scientifica; lo sviluppo della moderna microbiologia, durante il XIX secolo, ha fornito l'opportunità di isolare e produrre patogeni specifici come, ad esempio, il Bacillus anthracis e lo Pseudomonas mallei. La Germania sviluppò un programma di guerra biologica durante il primo conflitto mondiale, infettando il bestiame con gli agenti eziologici dell'antrace e della morva. Negli anni '30 tutti i maggiori Paesi svilupparono programmi di ricerca e di difesa batteriologici nonostante l'adesione al Protocollo di Ginevra (1925), che bandisce (senza dire nulla riguardo alla loro produzione), l'uso bellico delle armi chimiche e quelle biologiche. Nel 1933 un aerosol di batteri Serratia fu liberato vicino ad una canna di aerazione della metropolitana di Parigi.
In seguito a quest'attentato fu sviluppato un programma di controllo su batteri e virus potenzialmente utilizzabili nella guerra biologica. Nello stesso periodo la Gran Bretagna sviluppò un suo progetto, focalizzato sulle spore di antrace e sul loro raggio di diffusione quando lanciate con una bomba convenzionale. L'isola Gruinard, al largo delle coste della Scozia, fu scelta come luogo degli esperimenti e i dati ottenuti sono utilizzati sia dalla Gran Bretagna sia dagli USA. Subito dopo la prima guerra mondiale si cominciò a riflettere sulla pericolosità delle prime armi biologiche scientificamente costruite e presero il via i tentativi diplomatici volti a limitare la proliferazione e l'uso di armi di distruzione di massa. Dalla fine degli anni '60 le armi batteriologiche, fortunatamente, hanno assunto un'importanza sempre più marginale; le continue ricerche sui microrganismi, hanno, infatti, finito per ridurre a zero i microrganismi "segreti", cioè quelli contro di cui il nemico non ha alcuna difesa.
Nel 1931 durante l'occupazione della Manciuria da parte del Giappone, quest'unità utilizzò i prigionieri di guerra come cavie da laboratorio. Inoltre sono documentate almeno cinque incursioni nel 1941 di aerei giapponesi sulla Cina con lo scopo di spargere la peste bubbonica.
Inoltre nel 1956 l'Unione Sovietica accusò gli USA di aver usato armi biologiche in Corea. Dopo questo divieto il programma statunitense cambiò: si utilizzarono agenti biologici surrogati per elaborare e modellare organismi più letali. Molti test consistono nello spruzzare segretamente organismi su aree popolate. Dopo la memorabile irrorazione su San Francisco della Serretia Marcescens il programma venne dichiarato concluso. Ma nel 1969 si notò in quella zona un aumento delle infezioni di 5-10 volte.
Finalmente, nel 1972, un trattato internazionale, firmato da 160 Paesi e ratificato da 140 Paesi, ha messo al bando tutte le armi batteriologiche (Biological and Toxin Weapons Convention). Nonostante questo divieto, verso la metà degli anni '80, la corsa alle armi batteriologiche è ripresa con vigore, continuando fino ai nostri giorni. Da allora la storia dei trattati va di pari passo con quella degli esperimenti sulle armi biologiche che continuano in molti paesi. Mentre nel passato le armi biologiche erano pensate e costruite soprattutto per aggredire gli eserciti nemici, oggi è la popolazione civile ad essere bersaglio di queste armi da parte di gruppi terroristici.
L'uso, a volte, di armi biologiche rappresenta un grave problema di sanità pubblica. In caso di attacco bioterroristico, le prime risposte devono arrivare dalla polizia, dai vigili del fuoco e dal personale medico delle vicinanze. È chiaro che nei primi momenti dopo l'incidente non si conosce la natura dell'agente infettante, per cui è importante coinvolgere, nei piani di emergenza, anche esperti microbiologi (da inviare eventualmente sul campo per i rilevamenti o i campionamenti del caso) che possano fornire risposte più precise e in tempi brevi. Il tentativo fallito della setta giapponese della Sublime Verità di spargere un liquido con spore di antrace è stato, all'inizio degli anni Novanta, il primo attentato di bioterrorismo della storia. Anche Al Qaida ha tentato senza successo di produrre armi biologiche in laboratori ubicati nelle città afghane di Jalalabad e Kandahar. Tuttavia, nonostante l'ampia risonanza che questa minaccia ha avuto, si conoscono pochi tentativi di azioni vere e proprie, da parte di gruppi terroristici, volte a provocare eccidi tra la popolazione civile mediante l'impiego di agenti CBRN.
Fa eccezione il caso di contaminazione da salmonella di 751 persone (con esito non letale) da parte della setta di Rajneesh in Oregon negli Stati Uniti nel 1984 e i diversi attentati commessi dall'Aum Shinrikyō in Giappone, con l'uso di agenti chimici e biologici, che nel giugno del 2004 hanno provocato la morte di sette persone e il ricovero di duecento a Matsumoto, e dodici morti e il ricovero di mille persone a Tokio. Con gli attentati all'antrace negli USA, nell'autunno 2001, e i più recenti attacchi alle reti del trasporto pubblico di Madrid e Londra, anche l'Europa si prepara a uno scenario ancora peggiore. Nell'agosto 2005, le rivelazioni che una cellula di Al Qaeda stava progettando un attentato con gas sarin contro la Camera dei Comuni britannica, nonché un incidente, avvenuto nel maggio del 2004, con il lancio di profilattici pieni di una polvere viola contro il Primo ministro Tony Blair, durante l'ora delle interrogazioni, hanno messo in luce l'alto grado di vulnerabilità dei parlamenti nazionali e la mancanza di preparazione a gestire casi del genere. Come reazione a questi eventi, su entrambe le sponde dell'Atlantico sono state promosse misure volte a individuare metodi adeguati per la rilevazione di eventuali attacchi con agenti biologici. Gli USA hanno mostrato l'impegno maggiore con un'iniziativa globale denominata "Biodefense for the 21st Century", lanciata nell'aprile 2004 dal Presidente Bush. Secondo uno studio, dopo l'11 settembre, i fondi di bilancio complessivamente stanziati per la difesa da agenti biologici sono aumentati di sedici volte, da 305 milioni di dollari nell'esercizio 2001 a circa 5 miliardi di dollari per gli esercizi 2004, 2005 e 2006. L'incremento dei finanziamenti destinati alla ricerca nel settore della difesa da agenti biologici del National Institute of Health è ancora più sorprendente: essi sono aumentati di 34 volte dal 2001 al 2006. Per contro, il governo britannico nel bilancio 2003 ha stanziato 260 milioni di sterline per misure di lotta contro il rilascio di agenti biologici.



Principali agenti e sostanze impiegate

Le sostanze usate con scopi di bioterrorismo sono in genere materiali biologici quali batteri o virus, che vengono utilizzati in atti di guerra contro un paese o gruppo di persone. L'invio di spore di antrace attraverso il sistema di posta degli Stati Uniti nel 2001 è stato il primo utilizzo di un agente di bioterrorismo contro gli Stati Uniti. Oltre alla posta negli Stati Uniti, le armi biologiche possono infettare i prodotti alimentari, l'acqua potabile e branchi di animali.
Il Centers for Disease Control and Prevention (CDC) classifica gli agenti biologici in funzione del rischio che rappresentano per il pubblico. Quelli che presentano il rischio più elevato, perché possono essere facilmente diffusi e possono causare mortalità elevata, sono classificati come categoria A. Tali sostanze comprendono batteri e virus che causano malattie come:
  • carbonchio,
  • botulismo,
  • peste,
  • tularemia,
  • il vaiolo, e febbre emorragica virale (come ad esempio quella sostenuta dai virus Hantavirus e Ebola).

Il CDC classifica gli agenti biologici che presentano un rischio moderato per il pubblico come categoria B. Questi agenti possono essere diffusi con una certa facilità e possono causare un grado moderato di malattia, ma i tassi di mortalità a causa di queste malattie sono generalmente bassi. [Per informazioni più specifiche sugli agenti di bioterrorismo e sulle contromisure che il governo americano sta prendendo per prepararsi in caso di un altro attentato bioterroristico, visitare il sito web del CDC sul bioterrorismo.
Oltre ad agenti biologici, anche agenti chimici o radioattivi possono anche essere usati come arma di bioterrorismo. Il CDC classifica gli agenti chimici in base alla attività da essi esplicata sulla pelle, nei polmoni, nel tratto gastrointestinale e sul sistema nervoso. L'unico utilizzo di agenti chimici da parte di un gruppo terroristico si è verificato nel 1994 e nel 1995, quando la setta Aum Shinrikyō ha rilasciato il gas nervino sarin in Giappone a Matsumoto ed a Tokyo, causando 19 morti e obbligando migliaia di persone al ricovero ospedaliero o al trattamento ambulatoriale.
Gli agenti radioattivi sono incolori, inodori ed invisibili. La contaminazione di cibo, acqua od oggetti può causare all'uomo ed agli animali inabilità o morte ed inoltre è difficile da evidenziare. I sintomi di esposizione alle radiazioni possono includere nausea, vomito, diarrea e, a seconda del grado di esposizione, gengive sanguinanti, epistassi, ecchimosi, e perdita di capelli. L'esposizione ad agenti radioattivi avviene attraverso ingestione, inalazione o la contaminazione di una ferita aperta. Un esempio di un agente radioattivo è il polonio 210 che, nel 2006, è stato la causa della morte del dissidente russo, Aleksandr Val'terovič Litvinenko.



A PROPOSITO DEL CORONAVIRUS - Dal sito di “TGCOM24”: 

“””Coronavirus, quella strana esercitazione militare a Wuhan nel settembre 2019”””
“”””Un mese prima dei Giochi delle Forze armate nella città cinese, si tennero esercitazioni militari per simulare una possibile minaccia batteriologica chiamata “coronavirus".
A pensare male si fa peccato ma, a volte, ci si azzecca. Spunta un episodio anomalo della cronache cinesi o per lo meno, da quanto trapela. Secondo quello che risulta a Tgcom24, ben prima dell'epidemia internazionale legata al coronavirus poi chiamato Covid-19 ci fu un'esercitazione militare proprio a Wuhan. Le autorità chiesero all'esercito di organizzare per settembre delle operazioni di soccorso simulando un pericolo batteriologico. L'esercitazione fu programmata in vista dei Giochi delle Forze Armate cinesi in programma il mese successivo a Wuhan. Casualmente il nemico da battere fu chiamato "coronavirus", definizione che, ricordiamolo, riguarda una grossa quantità di virus conosciuti per causare diverse malattie. E qua la coincidenza: due mesi dopo a Wuhan fu registrato il "paziente zero". 
Il 18 settembre le autorità cinesi avrebbero organizzato anche un piano di risposta d'emergenza per l'aeroporto Tianhe di Wuhan nel caso si fosse riscontrato un passeggero colpito dall'infezione di quel nemico chiamato coronavirus. Ma come mai, tra tutte le possibile infezioni che possono colpire gli esseri umani, si scelse proprio il “coronavirus".
E sono proprio le tempistiche quelle che hanno creato un alone di mistero intorno allo scoppio dell'epidemia. Ne è un altro esempio la mail spedita il 2 gennaio dall'Istituto di virologia di Wuhan al personale dei suoi dipartimenti. "Il comitato sanitario nazionale richiede esplicitamente che tutti i dati sperimentali dei test, i risultati e le conclusioni relative a questo virus non siano pubblicati su mezzi di comunicazione autonomi - si legge nella lettera, che prosegue specificando -  non devono essere divulgati ai media, compresi quelli ufficiali e le organizzazioni con cui collaborano. Si chiede di rispettare rigorosamente quanto richiesto". In sostanza, leggendo quelle parole in controluce, il mondo non deve sapere””””.



Armi di distruzione di massa:
  • Nucleari,
  • Batteriologiche,
  • chimiche.

La locuzione arma di distruzione di massa (in inglese Weapon of mass destruction) viene usato per descrivere un'arma capace di uccidere indiscriminatamente una grande quantità di esseri viventi. 
Questa definizione comprende diversi tipi di armi, tra cui armi nucleari, armi biologiche, armi chimiche (a volte riferite con la sigla NBC) e armi radiologiche.
In ambito militare viene usato anche il termine ABC (Atomic Biological Chemical), sostituito dal termine NBC (Nuclear Biological Chemical) dopo l'invenzione della bomba all'idrogeno e infine da CBRN (Chemical Biological Radiological Nuclear) in seguito alla crescente consapevolezza della minaccia rappresentata dalle armi radioattive, anche se non esplosive (come le cosiddette bombe sporche).
A causa dell'impatto indiscriminato di questo tipo di armi, il timore di un loro ricorso ha influenzato politiche, movimenti sociali ed è stato il soggetto di molti film. Lo sviluppo e il controllo di armi di distruzione di massa varia da nazione a nazione e a livello internazionale.

Storia

Il termine venne usato per la prima volta nel 1937 in riferimento al bombardamento di Guernica in Spagna, ma in seguito ai bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki e durante la seconda guerra mondiale, il suo significato si riferì maggiormente all'uso di armi non-convenzionali.

Origine

Un articolo del Times del 28 dicembre 1937 riguardante il bombardamento di Guernica, anche se in quell'epoca il Giappone stava effettuando ricerche nel campo della armi biologiche (vedere Unità 731) e le armi chimiche erano già state largamente usate.
Un altro utilizzo del termine si trova nel Trattato sullo spazio extra-atmosferico del 1967, anche se non contiene alcuna definizione.

Utilizzo nel controllo degli armamenti

Prima di allora, il termine "WMD" era usato ampiamente nella comunità del controllo sulle armi. I termini Atomico, Biologico e Chimico (ABC) e il successivo Nucleare, Biologico e Chimico (NBC) vennero introdotti col tempo.
Guerra NBC è l'espressione utilizzata per indicare la guerra nucleare, biologica (o batteriologica) e chimica. Per guerra NBC si intende guerra con l'uso di testate nucleari, biologiche e chimiche come le bombe nucleari, bombe sporche, testate batteriologiche (con botulino, vaiolo, ecc.) e bombe chimiche che rilasciano gas vescicanti, gas acidi, cloro, bromo, ecc. Come protezione durante un attacco NBC si usano apposite mantelline e maschere antigas con appositi filtri; ma queste protezioni sono efficaci soltanto per evitare la contaminazione durante il fallout nucleare (la prima ricaduta).
La definizione estesa venne adottata anche dalla risoluzione 687 del 1991 e dalla Convenzione sulle armi chimiche del 1993.

Guerra fredda e Guerra al terrorismo

La parola WMD entrò in disuso durante le prime fasi della Guerra fredda, quando era usata principalmente in riferimento alle armi nucleari. A quell'epoca, i quantitativi statunitensi di armi termonucleari erano considerati un deterrente necessario contro un attacco dell'Unione Sovietica (vedere Distruzione mutua assicurata). Quindi i politici statunitensi favorevoli oppure non contrari a questo tipo di armi usarono il termine militare meno dispregiativo armi strategiche.
Nel 1990 e durante la guerra del golfo nel 1991, il termine tornò di uso comune tra i politici e nei media. A quell'epoca, era utilizzato in riferimento alle riserve di armi di una nazione avversaria, e in particolare alle armi chimiche presenti in Iraq durante il regime di Saddam Hussein. All'alba della cosiddetta guerra al terrorismo, la connotazione dispregiativa del termine venne sfruttata per motivare l'opinione pubblica statunitense a favore della guerra. Quindi Arma di distruzione di massa sostituì Arma strategica. Dopo gli attentati dell'11 settembre 2001, l'immaginario collettivo venne influenzato dagli attacchi a base di antrace facendolo diventare un sinonimo di arma biologica o dispositivo per il bioterrorismo. L'utilizzo del termine crebbe nel 2002 durante la successiva crisi in Iraq e nel caso Nigergate, dove l'ipotetica e mai confermata presenza di armi di distruzione di massa in Iraq divenne la giustificazione principale dell'invasione dell'Iraq del 2003, nonostante pareri contrari, come quello del ex-ispettore capo dell'ONU Scott Ritter.

Uso e controllo

Lo sviluppo e l'utilizzo delle armi di distruzione di massa viene regolato da trattati e convenzioni internazionali, anche se non tutti i paesi li hanno firmati e ratificati:
  • Partial Test Ban Treaty (PTBT)
  • Trattato sullo spazio extra-atmosferico
  • Trattato di non proliferazione nucleare (NPT)
  • Seabed Arms Control Treaty
  • Comprehensive Test Ban Treaty (CTBT)
  • Convenzione per le armi biologiche
  • Convenzione sulle armi chimiche.

La risoluzione 1540 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite il 28 aprile 2004 riconosce la minaccia alla pace internazionale e alla sicurezza dalle armi nucleari, chimiche e biologiche, assieme ai loro mezzi per utilizzarle; inoltre richiama uno sforzo maggiore da parte delle nazioni per limitare la loro proliferazione.

Queste armi, specialmente quelle nucleari, sono state usate solo durante la seconda guerra mondiale, perché il loro utilizzo è essenzialmente un invito a un contrattacco con lo stesso tipo di armi, generando un'escalation che potrebbe facilmente distruggere buona parte della popolazione mondiale. Durante la guerra fredda, questa consapevolezza divenne nota come la teoria della Distruzione mutua assicurata (o Deterrente nucleare) e per questo motivo non furono mai usate.
Le WMD sono state utilizzate per giustificare la dottrina del presidente degli Stati Uniti George W. Bush della cosiddetta guerra preventiva contro gli "stati canaglia", che sono sospettati di possedere o sviluppare un tale tipo di arma. I detrattori di tale strategia fanno notare come gli Stati Uniti sono la nazione che possiede la maggior quantità di tali armi, e sono l'unica nazione che abbia mai usato armi nucleari (Bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki), mentre altri sostengono che questa strategia è mirata verso nazioni che hanno intenzioni pericolose e che le attuali potenze nucleari hanno mostrato riluttanza all'utilizzo di armi di distruzione di massa tranne in circostanze estreme. Tali garanzie non sarebbero quindi state fornite da nazioni come la Corea del Nord.



IL LABORATORIO BIOCHIMICO DI WUHAN IN CINA

Il coronavirus sarebbe stato creato nel laboratorio di massima sicurezza a Wuhan come arma biochimica per la difesa?  Un vecchio studio su un virus artificiale combinato con il coronavirus della SARS getta ombre sulla vicenda.
Il nuovo coronavirus potrebbe essere stato creato in un laboratorio cinese combinando il coronavirus scoperto in una particolare specie di pipistrello cinese con un altro che causa la SARS nei topi.
È quanto emerge da un inquietante studio datato novembre 2015 pubblicato dall’US National Library of Medicine. Nel documento si descrive la creazione di un virus chimerico, composto con il Dna misto di CoV-SARS, trucco che consente agli scienziati di manipolare il virus senza timore di contagio, con lo scopo di esaminare la potenziale minaccia dei coronavirus circolanti e aiutare a prevedere future emergenze sanitarie.
Già all’epoca lo studio creò clamore nella comunità scientifica, che si domandava se ricerche del genere fossero davvero necessarie viste le conseguenze disastrose per la sicurezza pubblica che potrebbero scaturire da una eventuale fuga del virus dal laboratorio.
Ed è proprio l’origine artificiale del virus che finora ha ucciso oltre 1.300 persone e ne ha contagiate più di 60.000 che è al centro della discussione sul coronavirus da settimane. Mentre si aggrava il bilancio, in un clima di grande paura e apprensione è facile che il sospetto e la teoria del complotto prenda il sopravvento, tant’è che molte supposizioni da film fantascientifico si sono diffuse in rete, condivise ampiamente su Facebook e Twitter.
Le tesi complottistiche sono arrivate anche al tavolo della politica americana dopo che il senatore Tom Cotton ha chiesto che il governo cinese certifichi la natura non di bio-arma del coronavirus.
Al centro delle accuse, un laboratorio di massima sicurezza nei pressi di Wuhan, epicentro dell’epidemia, unica struttura in Cina dove vengono studiati gli agenti patogeni più pericolosi del mondo. Laboratorio in cui oggi lavora la dottoressa Shi Zhengli, una delle ricercatrici che ha partecipato allo studio del 2015 e che lo scorso 20 gennaio ha pubblicato un articolo su Nature in cui dichiarava l’origine animale del nuovo CoV (trasmesso dal pipistrello cinese) come se fosse una scoperta totalmente innovativa e come se 4 anni fa non fosse coinvolta nella manipolazione di un virus quasi identico a quello scoperto a dicembre 2019.
Stando a quanto riferito alla testata americana Washington Times (da non confondere con il Washington Post) da un esperto di guerra biologica ed ex medico dell’intelligence militare israeliano, l’epidemia di coronavirus che si sta diffondendo in tutto il mondo ha avuto origine in un laboratorio alle porte di Wuhan collegato al programma di armi biologiche segreto condotto dalla Cina.
Sotto accusa l’Istituto di Virologia di Wuhan, il più avanzato laboratorio di ricerca sui virus mortali in Cina. Alcuni laboratori dell’Istituto sarebbero stati utilizzati probabilmente, in termini di ricerca e sviluppo, in armi biologiche cinesi con doppio scopo civile e militare, ha detto la fonte.
Le autorità cinesi hanno dichiarato di non conoscere la causa esatta del virus, indicando come probabile origine il mercato del pesce e di animali selvatici vivi di Wuhan. Qui il virus è stato trasmesso dall’animale all’uomo e poi da uomo a uomo.
Secondo un’altra tesi, invece, il nuovo coronavirus sarebbe “uscito” dal laboratorio per un incidente oppure a causa del contagio interno di un ricercatore che frequentava la struttura. Secondo le indiscrezioni, il laboratorio nazionale di biosicurezza di Wuhan era impegnato nella ricerca sui virus di SARS, Ebola, Nipah e febbre emorragica della Crimea-Congo, e probabilmente il vaccino contro la SARS è stato scoperto lì.
La fonte del WT sostiene la probabilità che i coronavirus studiati all’interno dell’Istituto di virologia di Wuhan siano inclusi nel programma cinese top secret di “bio-warfare” (“guerra biologica”).
In Italia la teoria secondo cui la sindrome cinese può essere stata studiata come arma batteriologica nel laboratorio militare di Wuhan è stat abbracciata da Paolo Liguori, giornalista ed ex direttore di Tgcom24. Liguori sarebbe stato informato dell’origine artificiale del virus da una fonte affidabile, ma sottolinea la mancanza di prove certe a sostegno di questa tesi. Al momento quindi è bene chiarire che si tratta di voci non verificate.
Il Centro cinese per il controllo e la prevenzione delle malattie ha riferito che il virus ha avuto origine da animali selvatici vivi venduti in un mercato a Wuhan, e da lì è passato all’uomo.
Non bisogna escludere a priori la possibilità che il virus sia nato in laboratorio per scopi militari, ma la circolazione delle informazioni potrebbe essere fortemente condizionata dai rapporti conflittuali tra Cina e Stati Uniti.
Quando è scoppiato il virus, infatti, sui siti internet cinesi hanno iniziato a circolare delle voci secondo cui il coronavirus faceva parte di una cospirazione degli USA per diffondere armi biologiche e contaminare i nemici cinesi. Ricordiamo che gli agenti biologici rientrano a tutti gli effetti nella categoria di armi di distruzione di massa.

CORONAVIRUS, L'ORDINE PER E-MAIL DEL REGIME AI MEDICI DI WUHAN: NON PARLATE DEL CONTAGIO!

"Il comitato sanitario nazionale richiede esplicitamente che tutti i dati sperimentali dei test, i risultati e le conclusioni relative a questo virus non siano pubblicati su mezzi di comunicazione autonomi". Così, il 2 gennaio, Pechino si rivolgeva via mail a medici e ricercatori di Wuhan, quando ancora il coronavirus non destava particolare preoccupazione nel mondo. Nulla doveva essere divulgato: tutto doveva rimanere all'interno dei confini della città focolaio di Wuhan. Tuttavia, una ventina di giorni dopo, il virus arrivò negli Stati Uniti, a causa di un cittadino di ritorno da Wuhan. In quel caso gli Usa curarono con successo il paziente, avvalendosi di un antivirale in via di sperimentazione, richiesto dalla Cina qualche giorno prima della somministrazione.
Dopo la cura con il Remdesivir, i sintomi nel paziente americano scomparirono e i risultati furono immediatamente pubblicati nel New England Journal of Medicine. Ma prima ancora che gli Usa abbiano testato il farmaco, l'’Istituto di Virologia di Wuhan richiede ufficialmente il brevetto del Remdevisir per il "trattamento dei pazienti malati di coronavirus". La motivazione della richiesta verrà resa nota solo due settimane dopo. Nel testo in esame la Cina adduceva a "interessi di sicurezza nazionale", prima ancora di aver preso misure stringenti come quarantena e sospensione dei servizi per bloccare la diffusione del virus. I sospetti sul comportamento del governo cinese si intensificano.

(Web, Tgcom24, Money, Liberoquotidiano, You Tube, Wikipedia)




















La Scotti-Isotta Fraschini 20/70 mm era un cannone-mitragliera italiano.



La Scotti-Isotta Fraschini 20/70 mm era un cannone-mitragliera italiano. Era un'arma multiruolo, che poteva essere utilizzato sia come in funzione contraerea che controcarro, disponibile sia in affusti terrestri che navali.

Sviluppo ed impiego

Lo sviluppo dell'arma comincia nel 1928, per opera del progettista Alfredo Scotti, che la ideò inizialmente per l'impiego come cannone aeronautico: infatti nella prima guerra mondiale, diversi cannoni, da 20, 37 e persino 47 mm, erano stati installati sui bombardieri, per il bombardamento terrestre e antinave. L'arma impiegava il sistema di funzionamento automatico a rinculo, con canna fissa e blocco geometrico dell'otturatore rimosso per azione del gas, ideato dallo stesso Alfredo Scotti, e caratteristico di tutte le armi automatiche e semiautomatiche di sua creazione.
In questa funzione, il cannone restò sostanzialmente ignorato dalle autorità italiane, le quali non erano interessate, per uso aeronautico, a nessun calibro che fosse più pesante del 12,7 mm, per il quale i tecnici italiani stavano contemporaneamente sviluppando i proiettili esplosivi.
L'arma, in effetti, da un lato era giunta in ritardo e dall'altro era molto avanti rispetto al suo tempo. Alla fine degli anni venti i bombardieri non utilizzavano più cannoni pesanti per il tiro diretto al suolo (solo durante la seconda guerra mondiale tutte le potenze impegnate nel conflitto sentirono la necessità di disporre di nuovo di cannoniere volanti, per il tiro anticarro e antinave, e di cannoni con proiettili ad elevata velocità iniziale, per il tiro contro i bombardieri) e d'altronde nessun caccia o aereo d'attacco monomotore dell'epoca poteva ospitare un'arma così massiccia e sparante una munizione eccezionalmente potente come il 20 × 138 mm B Long Solothurn, con il relativo rinculo. Ancora alla fine degli anni trenta infatti, i tedeschi, pur attratti dall'idea di disporre di un'arma in grado di abbattere i bombardieri restando fuori dalla portata del loro fuoco difensivo, dovettero rinunciare all'uso sui caccia dell'MG C/30L (versione avionizzata del 2cm FlaK 30, sparante la stessa cartuccia della Scotti), mentre i giapponesi utilizzarono solo in torretta, sui bombardieri, i cannoni HO-1 e HO-3 (versioni avionizzate del fucile anticarro Type 97) pur un po' più leggeri, e sparanti munizioni meno potenti, dei loro “parenti” europei.
Visto il disinteresse delle autorità italiane, Scotti, nel 1932, vendette il brevetto, per tutte le nazioni eccetto l'Italia, alla Swiss Oerlikon che negli anni successivi, pubblicizzandola come arma ideale per il fuoco anticarro e antiaereo, la rivendette alla Cina e ad alcuni paesi sudamericani, attratti dal poter disporre a basso costo (l'arma era infatti di produzione facile ed economica) di un'arma moderna e polivalente, che per di più aveva la fama di essere l'originale da cui Marc Birkigt aveva tratto il principio di funzionamento del cannone Hispano-Suiza HS.404 (ugualmente funzionante a rinculo con blocco geometrico rimosso per azione del gas, ma con blocco di tipo oscillante, non rotante come nello Scotti), usato da due della maggiori potenze del tempo.
Anche in questa veste, il cannone ricevette una nuova valutazione negativa dalle autorità italiane che, nella gara indetta nel 1935 per la fornitura di una mitragliera da 20 mm, le preferirono la Breda 20/65 Mod. 1935.
Lo sviluppo, in Italia, continuò per opera della Isotta Fraschini, che aveva acquistato i progetti dell'arma nel 1938. La versione Mod. 1939 installata su affusto a candeliere fu impiegata dalla Regia Aeronautica per la difesa delle installazioni e dalla Regia Marina sulla maggior parte delle sue navi e sui suoi treni armati. L'esercito olandese, pressato da esigenze belliche, nel dicembre del 1939 ordinò all'Isotta Fraschini 100 esemplari del cannone, completi di cinquemila munizioni per arma, su affusto campale, con riserva per ordinarne altri 100 esemplari (che verranno poi ordinati nel marzo del 1940). Di questi, 46 esemplari, rinominati dagli olandesi 2 tl no.2, vennero consegnati tra il gennaio ed il maggio 1940, con gli ultimi 11 esemplari che risultano fortunosamente consegnati il 14 maggio, ad invasione tedesca già in corso.
Anche se meno prestante, l'arma era di più facile realizzazione e manutenzione rispetto alla Breda; per questo, a guerra iniziata, la creazione di Scotti destò nuovo interesse presso i comandi militari e venne ordinata in alcune centinaia di unità: questa versione su affusto ruotato, detta Mod. 1941, fu prodotta in circa 300 esemplari dalla Isotta Fraschini ed anche dalla Officine Meccaniche. Le armi prodotte da quest'ultima, del tutto identiche, sono spesso denominate Scotti-OM 20/70 Mod. 1941. Dopo l'armistizio, fu utilizzata dalla Wehrmacht come 2-cm Scotti (i) contro i partigiani jugoslavi. Esemplari di preda bellica furono utilizzati anche dall'esercito britannico. Rimase poi in servizio con l'Esercito Italiano e la Marina Militare nel dopoguerra.
Lo sviluppo presso l'Isotta Fraschini non si fermò al Mod. 41. Esemplari dell'arma vennero alimentati a nastro metallico a maglie disgreganti, ed operarono soddisfacentemente fino a cadenze di tiro di 600 colpi al minuto. Queste prestazioni, date le mutate esigenze operative, e mutate caratteristiche tecniche dei velivoli, l'avrebbero di nuovo resa interessante per il suo originario uso aeronautico, ma le difficoltà di montaggio sugli aerei esistenti, e l'armistizio, al contrario di quanto avvenuto per la “parente” HS.404, prevennero ogni uso operativo in tal senso.

Descrizione

La canna è ad 8 righe destrorse. Il funzionamento è a presa di gas, con canna fissa ed otturatore scorrevole brevettato da Scotti. L'alimentazione avviene lateralmente tramite piastrine da 12 colpi comuni alla Breda, anche se inizialmente era disponibile anche un caricatore a tamburo da 41 colpi; il bossolo vuoto viene riposizionato dall'estrattore nella piastrina. Il sistema di puntamento era manuale ad alzo a cannocchiale o con mira a riflessione. Il cannoniere sedeva su di un seggiolino ed era assistito da due serventi.
Nel Mod. 41, in configurazione di traino, le gambe laterali del treppiede si ripiegavano e l'arma si muoveva su due ruote (con possibilità di fare fuoco anche in questa configurazione con un brandeggio limitato). In batteria, con il treppiede aperto e regolato, l'arma brandeggiava su 360°.
Il Mod.39 era installato su un affusto singolo a candeliere in ghisa per la difesa di installazioni o l'uso imbarcato. I modelli singoli erano prodotti anche in versione a puntamento libero. La stessa mitragliera venne impiegata sull'affusto navale binato Mod. 35 R.M., con puntamento tramite manovellismi e sedile per un puntatore.
L'arma fu anche installata in torretta quadrinata nei due prototipi del carro armato M15/42 Contraereo.

Funzionamento

Come tutte le armi automatiche e semiautomatiche progettate da Alfredo Scotti (compresi il fucile Scotti Mod. X e la mitragliera da 12,7 mm Scotti/Isotta Fraschini), il cannone mitragliera da 20mm sparava ad otturatore aperto, cosa che aiutava il raffreddamento ed impediva che una cartuccia camerata in una canna surriscaldata esplodesse involontariamente. Di converso, nel caso della mitragliera aeronautica da 12,7 mm e di qualsiasi altra applicazione aeronautica, rendeva impossibile la sincronizzazione con le eliche, e quindi il montaggio in cappottatura con il motore (a meno di sparare attraverso l'asse dell'elica).
Per far funzionare il cannone Scotti, l'operatore inserisce un nastro, lastrina o tamburo carichi sul lato sinistro dell'arma, e tira indietro la maniglia di armamento. Questo primo movimento sblocca l'otturatore (in due pezzi), ritrae il percussore ed arretra l'otturatore fino alla posizione di blocco, dove è trattenuto dalla leva di scatto e tenuto in tensione dalla compressione della molla di recupero.
Azionando il grilletto, la leva di scatto viene rilasciata e l'otturatore inizia la corsa. Estrae una cartuccia dal caricatore/nastro/lastrina e la spinge avanti. Nell'ultima fase del caricamento, i tenoni sulla testa dell'otturatore ingaggiano gli scassi elicoidali nel ricevitore, la testa dell'otturatore, avanzando, ruota di una frazione di giro (circa 1/8), la cartuccia viene camerata, e la parte posteriore dell'otturatore (slitta), spinta dalla molla, si chiude su quella anteriore (testa), impedendo una rotazione in senso contrario della testa dell'otturatore, e serrando quindi geometricamente l'otturatore alla canna.
Il percussore, alloggiato all'interno dell'otturatore e solidale alla slitta, è spinto in avanti con questa, dall'inerzia, e dalla spinta della molla di recupero. Contemporaneamente alla chiusura dell'otturatore colpisce l'innesco centrale della cartuccia e provoca l'esplosione della carica propellente e il lancio del proiettile. Quando il proiettile supera un'apposita apertura nella canna, da questa viene spillato gas, che muove indietro un pistone a corsa corta, posizionato sotto la canna e collegato alla parte posteriore dell'otturatore, con forza sufficiente da ritrarla per qualche centimetro, provocando quindi lo sblocco della parte anteriore, la quale, a questo punto, libera di ruotare, viene ruotata e spinta indietro dalla pressione residua dei gas presenti in canna, con forza sufficiente a completare il ciclo.
Il bossolo esploso, ingaggiato dall'unghia dell'estrattore, viene tirato indietro finché non rientra nella lastrina di caricamento e si ferma contro il bordo posteriore di questa (in caso di caricamento a lastrina) o, (negli altri casi) sbattendo contro l'espulsore, non è proiettato fuori dal ricevitore. L'otturatore continua la corsa indietro fino al tampone posteriore. Se, a questo punto, il grilletto è stato rilasciato, la leva di scatto impegna l'otturatore, bloccandolo in posizione aperta, altrimenti la molla di recupero lo spinge avanti, ricominciando il ciclo.

ENGLISH

The Scotti-Isotta Fraschini 20/70 was an Italian cannon gun. It was a multi-purpose weapon, which could be used both in anti-aircraft and counter-truck operation, available both in land and naval hulls.

Development and use

The development of the weapon began in 1928, thanks to the designer Alfredo Scotti, who initially conceived it for use as an aeronautical cannon: in fact, in the First World War, several 20, 37 and even 47 mm cannons had been installed on bombers, for land and anti-ship bombardment. The weapon used the automatic recoil system, with fixed barrel and geometric locking of the shutter removed by the action of the gas, designed by Alfredo Scotti himself, and characteristic of all automatic and semi-automatic weapons of his creation.
In this function, the cannon remained substantially ignored by the Italian authorities, who were not interested, for aeronautical use, in any calibre heavier than 12.7 mm, for which the Italian technicians were simultaneously developing the explosive bullets.
The weapon, in fact, had arrived late on the one hand and was far ahead of its time on the other. At the end of the 1920s bombers were no longer using heavy cannons for direct ground fire (only during the Second World War did all the powers involved in the conflict feel the need to have flying gunboats again, for anti-tank and anti-ship firing, and cannons with projectiles at high initial velocity, for shooting at bombers) and on the other hand no single engine fighter or attack aircraft of the time could accommodate such a massive weapon and firing an exceptionally powerful ammunition as the 20 × 138 mm B Long Solothurn, with its recoil. Still at the end of the 1930s, in fact, the Germans, although attracted by the idea of having a weapon capable of shooting down bombers while remaining out of range of their defensive fire, had to give up the use on fighters of the MG C/30L (avionised version of the 2cm FlaK 30, firing the same cartridge as the Scotti), while the Japanese used only in the turret, on the bombers, the HO-1 and HO-3 guns (avionized versions of the Type 97 anti-tank rifle) although a little lighter, and firing less powerful ammunition, than their European "relatives".
Given the lack of interest of the Italian authorities, Scotti, in 1932, sold the patent, for all countries except Italy, to Swiss Oerlikon, which in the following years, advertising it as the ideal weapon for anti-tank and anti-aircraft fire, resold it to China and some South American countries, attracted by the low cost (the weapon was in fact of easy and cheap production) of a modern and versatile weapon, which moreover had the reputation of being the original from which Marc Birkigt had drawn the principle of operation of the Hispano-Suiza HS cannon.404 (also working with recoil with geometric block removed by the action of the gas, but with oscillating block, not rotating as in Scotti), used by two of the greatest powers of time.
Also in this capacity, the gun received a new negative evaluation from the Italian authorities who, in the tender called in 1935 for the supply of a 20 mm machine gun, preferred the Breda 20/65 Mod. 1935.
The development, in Italy, continued by Isotta Fraschini, who had purchased the gun's designs in 1938. The version Mod. 1939 installed on candlestick affixes was used by the Regia Aeronautica for the defence of the installations and by the Regia Marina on most of its ships and on its armed trains. The Dutch Army, pressed by war requirements, in December 1939 ordered Isotta Fraschini 100 examples of the cannon, complete with five thousand ammunition per weapon, on a candlestick, with a reserve to order another 100 examples (to be ordered in March 1940). Of these, 46 exemplars, renamed by the Dutch 2 tl no.2, were delivered between January and May 1940, with the last 11 exemplars that were fortunately delivered on May 14, to German invasion already in progress.
Even if less performing, the weapon was easier to make and maintain than the Breda; for this reason, when the war started, the creation of Scotti aroused new interest in the military commands and was ordered in some hundreds of units: this version on rotated barrel, called Mod. 1941, was produced in about 300 pieces by Isotta Fraschini and also by Officine Meccaniche. The weapons produced by the latter, completely identical, are often called Scotti-OM 20/70 Mod. 1941. After the armistice, it was used by the Wehrmacht as 2-cm Scotti (i) against the Yugoslav partisans. Examples of war prey were also used by the British army. It remained in service with the Italian Army and Navy after the war.
The development at Isotta Fraschini did not stop at Mod. 41. The weapon was powered by a metal belt with disintegrating meshes, and operated satisfactorily up to a shooting rate of 600 rounds per minute. These performances, given the changed operational requirements, and changed technical characteristics of the aircraft, would have again made it interesting for its original aeronautical use, but the difficulties of assembly on existing aircraft, and the armistice, contrary to what happened for the "relative" HS.404, prevented any operational use in this sense.

Description

The barrel is 8 rows right. The operation is gas-picked, with fixed barrel and sliding shutter patented by Scotti. The feeding is done laterally by means of 12-shot plates common to Breda, even if initially a 41-shot drum magazine was also available; the empty case is repositioned by the extractor in the plate. The pointing system was manual with telescope or reflective aim. The gunner sat on a seat and was assisted by two servants.
In the Mod. 41, in the towing configuration, the side legs of the tripod were folded and the gun moved on two wheels (with the possibility of firing even in this configuration with limited swinging). In battery mode, with the tripod open and adjusted, the gun swung 360°.
The Mod.39 was installed on a single cast iron candlestick for the defense of installations or embarked use. The single models were also produced in a free aiming version. The same machine gun was used on the twin naval gun stand Mod. 35 R.M., with pointing by cranks and seat for a pointer.
The gun was also installed in a squared turret in the two prototypes of the M15/42 anti-aircraft tank.

Operation

Like all automatic and semi-automatic guns designed by Alfredo Scotti (including the Scotti Mod. X rifle and the 12.7mm Scotti/Isotta Fraschini machine gun), the 20mm machine gun gun fired with an open bolt, which helped cooling and prevented a chambered cartridge in an overheated barrel from exploding unintentionally. Conversely, in the case of the 12.7mm machine gun and any other aeronautical application, it made it impossible to synchronize it with the propellers, and therefore to mount it in a hood with the engine (unless firing through the propeller shaft).
To operate the Scotti cannon, the operator inserts a loaded tape, plate or drum on the left side of the gun, and pulls back the cocking handle. This first movement unlocks the bolt (in two pieces), retracts the firing pin and retracts the bolt to the locked position, where it is held by the trigger lever and held in tension by the compression of the recovery spring.
When the trigger is pulled, the trigger lever is released and the shutter starts to travel. It pulls a cartridge out of the magazine/tape/strap and pushes it forward. In the last stage of loading, the tenons on the bolt head engage the helical slots in the receiver, the bolt head, advancing, rotates a fraction of a turn (about 1/8), the cartridge is chambered, and the rear of the bolt (slide), pushed by the spring, closes on the front (head), preventing the bolt head from rotating in the opposite direction, and then tightening the bolt geometrically to the barrel.
The firing pin, housed inside the plug and attached to the slide, is pushed forward with the slide by the inertia and the thrust of the return spring. Simultaneously with the closing of the bolt, it strikes the central trigger of the cartridge and causes the propellant charge to explode and the projectile to launch. When the bullet passes a special opening in the barrel, gas is drawn from it, which moves back a short-stroke piston, positioned under the barrel and connected to the rear of the bolt, with sufficient force to retract it for a few centimetres, thus causing the front part to release, which, at this point, is free to rotate, is rotated and pushed back by the residual pressure of the gases present in the barrel, with sufficient force to complete the cycle.
The exploded case, engaged by the ejector's nail, is pulled back until it re-enters the loading plate and stops against the rear edge of the loading plate (in case of plate loading) or, (in other cases) banging against the ejector, is not projected out of the receiver. The shutter continues to travel back to the rear buffer. If, at this point, the trigger has been released, the release lever engages the shutter, locking it in the open position, otherwise the return spring pushes it forward, starting the cycle again.

(WEB, GOOGLE, WIKIPEDIA, YOU TUBE)