sabato 18 aprile 2020

I Sistemi Automatici per la Direzione delle Operazioni di Combattimento (SADOC) della MARINA MILITARE ITALIANA, da Benedetto Brin al C.M.S. “ATHENA-SADOC Mk.4, fino alla Intelligenza Artificiale (I.A.) di Leonardo


Lo scienziato Guglielmo Marconi, sin dal 1896, si interessò e svolse esperimenti di radio-elettronica con il supporto del Post Office britannico: il Ministro della Regia Marina, ammiraglio Benedetto Brin, appresa la notizia, dette subito disposizioni affinché si invitasse Marconi a ripetere gli esperimenti in Italia. 




Nel luglio 1897 la Regia Marina iniziò la sperimentazione della telegrafia sul mare nel porto di La Spezia a bordo della corazzata San Martino; Guglielmo Marconi eseguì una serie di prove, prima a terra e poi in mare, riuscendo a far giungere i segnali Morse ad una distanza di 18 Km. 




Gli esperimenti furono svolti alla presenza dei reali d’Italia e dell’ammiraglio Benedetto Brin. Tali attività portarono all’installazione di apparati riceventi sulle corazzate Lepanto e Sardegna e stazioni trasmittenti furono installate a Livorno e sulle isole Palmaria e Gorgona. 

Alcuni esperimenti telegrafici furono condotti tra il 1898 e il 1900 con risultati soddisfacenti e con distanze coperte di oltre 200 km. Negli anni successivi vi furono altre dimostrazioni effettuate dall’incrociatore Carlo Alberto delle Regia Marina in Inghilterra il 9 agosto 1902. Durante tale dimostrazione, la Regia Marina colse l’occasione per sperimentare un collegamento tra l’Italia e l’Inghilterra.
Il marchese Solari, congedatosi in seguito dalla Regia Marina, divenne un collaboratore di Guglielmo Marconi. La visita di Vittorio Emanuele III allo Zar Nicola II modificò il programma dell’incrociatore Carlo Alberto che fu dirottato in Russia alla base navale di Kronstadt. Anche Marconi si imbarcò sul Carlo Alberto e seguì tutte le prove in mare. Dopo questa positiva campagna di sperimentazione, ne fu autorizzata una seconda, in Atlantico, sempre con l’incrociatore Carlo Alberto, nelle acque vicino al Canada nel dicembre 1902.
Si iniziarono a costruire stazioni fisse a Massaua (1910), Mogadiscio (1911) e in Cirenaica (1912), assicurando così i collegamenti fra il territorio nazionale e le colonie in Africa. Venne avviata inoltre una campagna di sperimentazione in Mediterraneo, nel 1914, utilizzando gli incrociatori Duca degli Abruzzi e il Regina Elena, a cui partecipò lo stesso Marconi. 
In questa campagna furono sperimentati diversi tipi di antenne e furono condotti esperimenti con uso di modulazioni vocali, in pratica i primi test di radiofonia. Ed è in questo periodo che Marconi, con vera e propria intuizione, decise di cominciare a sperimentare le onde “corte” usando frequenze più alte.
Le Marine russe e giapponesi furono le prime a impiegare la radiotelegrafia in guerra, sia in battaglia, sia nel corso della lunghissima navigazione di oltre 20.000 miglia compiuta dalla squadra russa del Baltico per andare a sacrificarsi nelle acque di Tsushima nel maggio 1905. Durante il viaggio della seconda squadra dell’ammiraglio Zinovej Petrovich Rozdestsvenskij, si constatò che le apparecchiature di Marconi furono le uniche apparecchiature radio in grado di funzionare in qualsiasi condizione. In seguito, con la scoperta della valvola termoiodica, che fu applicata alle onde medie, si riuscì a passare ad apparecchi ad onde corte, estendendone enormemente la portata.
All’inizio della Grande Guerra la Germania imperiale riuscì a salvare la grande maggioranza della propria flotta mercantile, le cui unità, opportunamente avvisate, trovarono rifugio in porti neutrali, evitando di cadere nelle “reti” dei pattugliatori britannici.
Lo scoppio delle ostilità vide, in genere, tutte le nazioni preparate allo sfruttamento su vasta scala del nuovo mezzo di radio-comunicazione. Il Vindictive, incrociatore britannico da 5.700 tonnellate fu inviato, al tempo dell’inseguimento alla squadra di Maximilian von Spee, ad incrociare nelle acque dell’Atlantico, a metà strada tra la Gran Bretagna e le isole Falkland, in modo da costituire un ponte radio alla squadra navale britannica che dava la caccia alle navi tedesche.

Anche la Regia Marina italiana, iniziò quindi ad addestrare i suoi ufficiali, con l’installazione di alcune stazioni fisse a Livorno presso l’Accademia Navale, e costituendo l’Istituto Elettrotecnico e Radiotelegrafico della Regia Marina: a dirigere l’Istituto fu nominato il prof. Giancarlo Vallauri, già ufficiale di Marina, che lo diresse sino al 1926, e che nel 1923 realizzò il Centro Radiotelegrafico di Coltano. 
Dopo le vicende belliche della seconda guerra mondiale l’Istituto riaprì a Livorno nel 1947, e nel 1957 divenne l’Istituto Radar e delle Telecomunicazioni della Marina Militare (MARITELERADAR) intitolato al prof. Vallauri. Oramai, la Marina Italiana sviluppava le sue comunicazioni sia nelle sezioni trasmittenti che in quelle riceventi.

Nel 1954, con la fondazione dell’Ente per il controllo degli armamenti, la Repubblica Federale di Germania entrava nella NATO, ed anche per l’Italia venivano progressivamente rimossi molti limiti in materia di sviluppo, produzione, e disponibilità di mezzi di difesa.
In Italia, negli anni ’60, si diede corso al secondo Programma Navale, con la costruzione di nuove piattaforme, come gli incrociatori lanciamissili Doria e Duilio. Le nuove commesse consentirono di bandire una gara per ricetrasmettitori HP con modulazione SSB (Single Side Band) della ditta Scialotti di Pomezia, poi divenuta Elmer, con apparati di progettazione statunitense (General Dynamics), con adattatori per antenne a stilo da 10 m telecomandati manualmente.
Con la legge navale 22 marzo 1975 si diede corso alla realizzazione delle fregate della classe Lupo, navi sulle quali vennero utilizzati gli apparati trasmettitori e ricevitori HF-L1001 e HF-L-R/C progettati in Italia dalla Telettra, sostituendo i trasmettitori e i ricevitori della serie ST e SR.
Vennero anche valorizzati i requisiti dell’aero-cooperazione, concretamente attuata con ricetrasmettitori nella banda UHF. Negli anni ‘60 questi apparati a modulazione prima di ampiezza e poi di frequenza, furono costruiti dall’OTE di Firenze. Alla fine degli anni ’70 tali apparati furono sostituiti dagli Elmer (SRT-619 B/C), adattati poi negli anni ‘80 per essere utilizzati anche nei collegamenti via satellite (SRT-619 BCS).
Agli inizi del 2000 entrarono in servizio i nuovi radiotrasmettitori SRT-619N, sempre di progetto e costruzione Elmer (acquisita poi dalla Marconi ed infine dalla Selex Communications, gruppo Leonardo-Finmeccanica), realizzati per le fregate della classe Maestrale nell’ambito del programma satellitare SICRAL.
I primi esperimenti di comunicazione satellitare iniziarono verso la fine degli anni ’60: la NATO aveva effettuato un esperimento denominato TACSATCOM (Tactical Satellite Communication), interforze e aperto alle nazioni NATO, con satelliti messi a disposizione dagli Stati Uniti. 
Tra il 1971 e il 1974 anche la M.M. iniziò questa sperimentazione con il programma SIRIO e, nel 1982, con il FLEET SATCOM, sempre utilizzando satelliti statunitensi. 
Nel 1986, con l’operazione navale “Golfo Persico”, la Marina italiana decise di adottare i terminali commerciali Immarsat per disporre di un canale di comunicazione HF. Nel frattempo, per iniziativa dell’AMI e di altri enti statali fu avviato il progetto SICRAL (Sistema Italiano di Comunicazione Riservate e Allarmi) che nel febbraio del 2001 lanciò il primo satellite, programma a cui la Marina Militare si associò e che alla fine, per ovvi motivi, fu gestito dal Ministero della Difesa. La componente terrestre del SICRAL è costituita dal Centro Gestione e Controllo, situato a Vigna di Valle, sul lago di Bracciano, e da un centinaio di terminali distribuiti nelle singole Forze Armate.

A bordo delle unità della nostra marina militare venne installato un sistema che richiede, per espletare al meglio le sue funzioni, collegamenti per fornire o ricevere dati riguardanti la preparazione e la condotta del combattimento: il SADOC (Sistema Automatico per la Direzione delle Operazioni di Combattimento) della fine degli anni ’60; in detto sistema vennero concentrate e quindi elaborati tutti i dati necessari in combattimento che possono poi essere comunicati alla squadra navale impegnata nelle medesime operazioni. 
I dati dei sensori dei radar, sonar, ecc di ogni unità, vengono elaborati e trasmessi, formattati secondo standard NATO, via radio in HF o UHF, alle altre unità inserite in rete, con sequenze definite dall’Unità Centrale di Controllo, ricevendo poi i dati provenienti dalle altre unità.
La nostra marina ripone molta attenzione alla sorveglianza integrata degli spazi marittimi d’interesse, in concorso con le Marine NATO, e interviene con la massima tempestività ed efficacia alla capacità di proiezione delle forze sul mare e dal mare. Dal 2010 la Centrale Operativa di Sorveglianza Marittima affianca la tradizionale Centrale Operativa Aeronavale per assolvere la fondamentale funzione di sorveglianza dell’ambiente marittimo in ambito nazionale, NATO, UE e multinazionale, e la nuova sede operativa, denominata Centro Operativo della Marina Militare, (COMM), dotata delle più moderne tecnologie informatiche e di comunicazioni, potenzia enormemente queste capacità.
Nel 1970, riconosciuta l'esigenza di disporre di un proprio centro per lo sviluppo del software operativo e per gli studi concernenti l'architettura dei sistemi SADOC, MARICENSADOC venne portato all'interno del comprensorio del Centro di Addestramento Aeronavale di Taranto, assumendo l'attuale denominazione di MARICENPROG, Centro di Programmazione della Marina Militare.
Il centro è alle dipendenze gerarchiche del Comando C4S (Comando, Controllo, Computer, Comunicazioni e Sicurezza) della squadra navale, e attualmente opera nell'aggiornamento ed adeguamento dei sistemi di comando e controllo di terza generazione (SADOC 3) che equipaggiano le unità della classe FREMM e nella realizzazione del nuovo sistema (SADOC 4) destinato ad equipaggiare le unità di nuova costruzione. Il centro partecipa a gruppi di lavoro Nato sull'interoperabilità e lo sviluppo dei sistemi automatizzati di comando e controllo imbarcati nonché il concorso all'addestramento del personale tecnico addetto alla condotta e manutenzione dei sistemi SADOC imbarcati sulle unità della squadra.
Attualmente MARICENPROG partecipa allo sviluppo ed alla produzione dei software dei programmi operativi necessari alla "digitalizzazione del campo di battaglia", nell'ambito del progetto interforze "Forza NEC" .
Cinquant’anni fa la costituzione del centro fu un salto di qualità per la Marina Militare, che si dotò di un sistema operativo interamente nazionale sviluppato a Taranto, vicino alle navi e agli operatori ed all'interno del comprensorio di MARICENTADD, dove si formava il personale all'uso dei sistemi.

Notevole, all’epoca era la componente elettronica dell’incrociatore lanciamissili VITTORIO VENETO (C550): 
  • Il radar tridimensionale di scoperta aerea lontana Hughes AN/SPS-52C era posizionato sull'albero di maestra prodiero. 
  • Il TACAN e il radar bidimensionale di scoperta aeronavale della Lockheed Electronics AN/SPS-40 erano collocati sul mack poppiero.
  • il radar di navigazione e di scoperta di superficie SMA MM-SPQ-2B era collocato sull'albero di trinchetto. 
  • Il radar bidimensionale di scoperta aeronavale AN/SPS-40 era stato acquisito in attesa che venisse sviluppato il nuovo modello di produzione nazionale MM/SPS-768 che fu prodotto a partire da novembre 1975 e avrebbe equipaggiato tutte le unità di altura della squadra navale a partire dalla seconda metà degli anni settanta.
  • I due radar guida-missili Sperry AN/SPG-55A erano posizionati sulla sommità della struttura centro-prodiera. 
  • Le quattro centrali di tiro ELSAG -Elettronica San Giorgio Argo NA-10/RTN-10X, ciascuna asservita ad una coppia di cannoni da 76/62, erano sistemate una a prora, una a poppa e due in posizione centro-laterale.
  • Il sistema di guerra elettronica I.F.F. e E.S.M./ECM era Abbey Hill e disponeva di due lanciarazzi chaff/jammers/flares SCLAR Breda-Elsag collocati ai due lati dell'unità. 
  • La nave era dotata di sistema di comando e controllo SADOC-1. 
  • Di un sonar a scafo a media frequenza AN/SQS-23G a cui erano associati i sensori degli elicotteri imbarcati.

L'elettronica della nave ammiraglia della flotta, dopo il ciclo di lavori a cui la nave fu sottoposta tra il 1980 e il 1983, fu completamente rinnovata con l'acquisizione delle più recenti apparecchiature e dei nuovi sistemi d'arma, caratterizzando il nuovo aspetto dell’unità:
  • Il radar bidimensionale di scoperta aerea lontana AN/SPS-40 fu sostituito dal nuovo radar di costruzione nazionale Selenia MM/SPS-768 con secondario IFF Mk XII, installato sul mack di poppa alla cui sommità era collocata l'antenna del TACAN, Face Standard del tipo URN-25, per la radionavigazione degli elicotteri imbarcati. 
  • Il radar di scoperta di superficie SMA MM/SPS-702 con secondario IFF, con antenna collocata su di una mensola del mack prodiero, sostituì il precedente radar SMA MM/SPQ-2B di navigazione e scoperta navale e dopo i lavori la nave fu equipaggiata con radar di navigazione MM/SPN-748, con antenna collocata sul cielo della plancia. 
  • A proravia del mack prodiero vi erano i due radar guidamissili Sperry AN/SPG-55B search per missili Standard, che sostituirono i precedenti AN/SPG-55A asserviti ai Terrier. 
  • Asserviti al sistema di difesa di punto CIWS Dardo vi erano due direzioni di tiro Selenia-Elsag Orion SPG-74 RTN-20X, collocate lungo l'asse longitudinale a prora e a poppa.

Anche l'elettronica dei cacciatorpediniere AUDACE e ARDITO subì nel corso degli anni notevoli aggiornamenti e miglioramenti. La maggior parte delle elettroniche erano collocate nei due mack: 
  • Il mack prodiero sosteneva le antenne dei radar di scoperta aeronavale R.C.A. AN/SPS-12 e il radar di navigazione e scoperta di superficie SMA MM/SPQ-2 che era collocato su di una mensola dell'alberetto del mack. 
  • Il radar di scoperta aerea R.C.A. AN/SPS-12, che inizialmente equipaggiava le due unità si era manifestato inadeguato e venne sostituito a metà degli anni settanta dal nuovo radar bidimensionale di scoperta aerea lontana Selenia MM/SPS-768 (RAN 3L) di costruzione nazionale, collocato sul mack prodiero, con secondario IFF Mk XII, una potenza di picco di 135 Kw e una portata di 220 chilometri, operante in banda D, secondo la designazione NATO, o L secondo la designazione IEEE. 
  • Il radar MM/SPS-768 (RAN-3L) venne sviluppato dalla Selenia a partire dall'intenzione manifestata nel maggio 1966, da parte della Marina Militare Italiana, di sostituire il radar R.C.A. AN/SPS-12/40, adottato da tutte le unità costruite negli anni sessanta e dalla determinazione con cui la Marina Militare proseguiva il cammino verso l'indipendenza dal mercato americano, soprattutto quello relativo alle sempre più sofisticate apparecchiature elettroniche. 

Il contratto per lo sviluppo della nuova apparecchiatura venne firmato nel 1968. Nell'attesa dello sviluppo del nuovo radar, per le esigenze dell'incrociatore Vittorio Veneto e per le due unità della classe Audace, vennero acquistati tre radar Lockheed Electronics AN/SPS-40, ma si preferì sostituire i vecchi AN/SPS-12 del Doria e del Duilio e imbarcare provvisoriamente sulle due unità della classe Audace le due apparecchiature sbarcate dai due incrociatori, in attesa del nuovo radar della Selenia MM/SPS-768, che fu in produzione a partire da novembre 1975 e avrebbe equipaggiato tutte le unità di altura della squadra navale a partire dalla seconda metà degli anni settanta. Il radar Selenia MM/SPS-768 (RAN 3L) con secondario IFF Mk XII, venne successivamente aggiornato nel corso dei lavori di ammodernamento effettuati alla fine degli anni ottanta. Le due unità della classe Audace e i due Doria sono state le prime unità della Marina Militare ad essere equipaggiate con questo radar.
A proravia del mast prodiero trovava collocazione il radar bidimensionale per scoperta aerea a media distanza e a bassa quota Selenia MM/SPS-774 (RAN-10S) con antenna SMA OA-3 e secondario IFF Mk XIII, che aveva una portata era di 155 Km, e sul cielo della plancia trovavano posto la prima delle tre direzioni di tiro Selenia SPG-70 con centrale Argo NA 10 Mod. 0 e radar Orion RTN 10X per i calibri principali ed in posizione più sopraelevata l'antenna del TACAN, per la radionavigazione degli elicotteri imbarcati, mentre le altre due centrali di tiro SPG-70, asservite ai 76/62 Compatto, erano collocate ai lati del mack poppiero. Il secondo blocco della sovrastruttura iniziava con il secondo mack, su cui era innestata una mensola dove trovava collocazione l'antenna del radar di scoperta aerea tridimensionale Hughes AN/SPS-52, aggiornato dopo i lavori di ammodernamento alla versione AN/SPS-52C con antenna tipo AN/SPA-72B, che aveva una portata di 440km mentre asservita ai missili Tartar e successivamente agli Standard c'era una centrale di tiro Mk-74 con due radar guida missili Raytheon AN/SPG-51 collocati sul cielo della sovrastruttura a poppavia del secondo mack.
Il sonar C.W.E 610, attivo a media frequenza, era a collocato in chiglia.
Per un breve periodo di tempo sull'Ardito venne installata, tra la D.T. NA-10 e il TACAN l'antenna del radar SPQ-5B, denominato “Sarchiapone”, che grazie alla sua elevata sensibilità e potenza venne adattata anche per la ricezione satellitare in banda UHF durante la crociera di circumnavigazione del globo effettuata nel 1979-’80 dall'Ardito e dal Lupo, inquadrati nel 6º Gruppo Navale.
Al termine dei lavori di ammodernamento il nuovo aspetto delle due unità della classe Audace fu caratterizzato oltre che dalla presenza dei nuovi sistemi d'arma anche da nuove apparecchiature elettroniche.
Il radar SMA MM/SPQ-2D dopo gli ammodernamenti venne destinato solo a compiti di scoperta di superficie e le due unità vennero dotate di radar di navigazione MM/SPN-748 di fabbricazione nazionale, della GEM Elettronica, sistemato sotto il radar di scoperta aerea MM/SPS-768 (RAN-3L) su una mensola del mack prodiero.
Alla difesa aerea a medio raggio, affidata ai missili Aspide, e alla difesa di punto, affidata alle artiglierie, erano asserviti tre sistemi Dardo-E con direzioni di tiro Selenia-Elsag SPG-76/RTN 30X Argo NA 30 con sistema di puntamento a guida infrarosso e laser, che hanno sostituito le direzioni di tiro NA-10 precedenti. Le nuove direzioni di tiro erano il prodotto della collaborazione tra la Selenia e la Elsag e, totalmente integrati nel sistema di combattimento, erano in grado di guidare le artiglierie in funzione antiaerea, anti-superficie e nel tiro contro costa. Le tre direzioni di tiro erano collocate come le precedenti, una sul cielo della plancia destinata al cannone prodiero e al sistema Albatros e due in posizione laterale in due mensole poste sul mack poppiero, con un orizzonte ottico di 360° asservita ai cannoni da 76mm Compatto a tiro rapido. Il radar RTN-30X poteva essere abbinato all'Otobreda Compatto o Super Rapido, al cannone da 127/54, al Breda Dardo e ai missili Sea Sparrow/Aspide. Le prime unità equipaggiate con sistema Dardo-E con il 76mm Super Rapido sono stati i due Audace dopo gli ammodernamenti, mentre le prime unità ad essere equipaggiate sin dalla costruzione con il Dardo-E abbinato ai 76mm SR furono i due cacciatorpediniere classe Durand de la Penne.
L'antenna del TACAN Face Standard del tipo URN-25 venne collocata su di una mensola dell'alberetto del mast prodiero.
In posizione laterale, lungo il ponte di coperta, all'altezza della rampa di lancio Mk.13 erano collocati due lanciarazzi multipli di 20 tubi da 105mm del sistema SCLAR, per il lancio di chaff/flares/decoys, per la difesa passiva delle unità,[1] controllati da parte della suite di guerra elettronica e pienamente coordinati con i sistemi di difesa attiva della nave.

Al termine dei lavori di ammodernamento le due unità potevano disporre di Centrale Operativa di Combattimento (C.O.C.), di nuova adozione con Sistema di Comando e Controllo AESN IPN 20 SADOC 2 (Sistema Automatico per la Direzione delle Operazioni di Combattimento) con 10 console, per il coordinamento di tutti i sensori esterni delle unità, allo scopo di determinare la scelta del sistema di difesa più adatto per affrontare eventuali aggressioni, da parte di forze nemiche.

Il Sistema Automatico per la Direzione delle Operazioni di Combattimento SADOC Mk.2 era il CMS della precedente generazione in servizio a bordo delle navi militari italiane in servizio negli anni '80 e '90 (ad es. fregate classe Maestrale e classe Lupo). 
Il CMS della famiglia ATHENA che equipaggia cacciatorpediniere classe Horizon e fregate classe Bergamini per la nostra M.M. si chiama SADOC Mk.3. Anche se questo potrebbe far pensare a successivi sviluppi della stessa architettura, SADOC Mk.2 e SADOC Mk.3/ATHENA non hanno nulla in comune. Il SADOC Mk.3 è stato sviluppato ex novo per il programma Horizon ed è stato influenzato dalla cooperazione con la marina francese. ATHENA è installato su tutte le attuali navi della marina italiana e su 19 navi costruite per clienti stranieri.

L'evoluzione del SADOC Mk.3 richiesta da Marina Militare per le sue nuove classi di navi è il nuovo CMS che presentiamo ora. 

Tuttavia, non si tratta di un miglioramento lineare del prodotto precedente. Piuttosto, Marina Militare ha richiesto di rimodellare l'MMI secondo una vasta esperienza operativa. Leonardo, invece, potrebbe portare un consistente know-how e un feedback proveniente da operatori stranieri. Il processo di costruzione del CMS ha richiesto un anno di lavoro congiunto tra Leonardo e Marina Militare, compresa la realizzazione di alcuni prototipi che esporremo anche qui ad Euronaval. Siamo molto orgogliosi del prodotto finale, in quanto lo riteniamo unico e diverso da qualsiasi altro CMS in Europa e negli Stati Uniti. La fase di sviluppo si concluderà con la consegna degli ultimi esempi di PPA, quindi questo CMS ha una lunga vita davanti a sé e capacità in continua crescita.



Dopo anni di progresso tecnologico, è stato messo a punto l’attuale “LEONARDO’S “ATHENA”® COMBAT MANAGEMENT SYSTEM”, una soluzione avanzata per la gestione avanzata del combattimento, modulare e scalabile; il sistema, per la M.M. italiana), è denominato “Sistema Automatico per la Direzione delle Operazioni di Combattimento “ SADOC Mk.4.

Per la prima volta in Europa, la multinazionale Italo-britannica-statunitense Leonardo SpA ha reso operativo il sistema di gestione del combattimento o ATHENA® - Architecture & Technologies Handling Electronic Naval Applications - advanced Combat Management Systems (CMS) su tre pattugliatori della Marina militare lituana classe FLYVEFISKEN; tale ordinativo fa parte di un programma di ammodernamento della Marina militare lituana per adeguare le proprie forze navali agli standard NATO. Leonardo ha anche fornito la centrale del tiro Medusa MK4/B e implementato funzionalità di ricerca e soccorso (SAR – Search and Rescue) per la sicurezza delle acque territoriali lituane, poste all’estremo confine dei paesi aderenti all’Alleanza Atlantica.   
La società italiana è stata responsabile anche dell’integrazione del sistema di gestione del combattimento con tutti gli altri sistemi presenti sui pattugliatori, tra i quali i radar di sorveglianza e i sistemi per la navigazione. L’architettura di sistema del CMS “Athena” deriva direttamente dalle esperienze maturate dalla società nel settore navale. I sistemi di gestione del combattimento di che trattasi sono caratterizzati da estrema flessibilità e modularità, integrano e riutilizzano capacità multi missione, che ne consentono l’impiego su ogni tipo di unità navale, dai pattugliatori alle portaerei. 
Il C.M.S. ATHENA ha già equipaggiato sia le unità navali maggiori della Marina Militare italiana sia le unità di piccolo e medio tonnellaggio della Marina Militare italiana e della Marina Militare degli Emirati Arabi Uniti.
Il Combat Management System ATHENA, è un evoluto sistema di comando e controllo di nuova generazione, ad architettura aperta in grado di garantire le migliori capacità di acquisizione, fusione e gestione dei dati per un’efficace valutazione degli scenari operativi e per la gestione delle risorse a disposizione, assicurando così rapidi ed efficaci processi decisionali.
Il CMS viene inoltre installato nel nuovo cockpit navale sviluppato da Leonardo insieme a Fincantieri per le nuovissime unità PPA. Si tratta di un avanzato sistema di controllo dell’intera nave, alla stregua di un cockpit aeronautico, una sorta “Postazione Integrata Condotta Nave”, che consentirà, per la prima volta, di gestire in modo integrato le operazioni relative sia alla conduzione della nave sia al sistema di combattimento, con un numero ridotto di operatori grazie anche all’impiego di nuove tecnologie di realtà aumentata.
Il CMS ATHENA® integra tutte le funzioni necessarie per la sorveglianza, la gestione dei sensori e delle immagini tattiche, il supporto alla navigazione, la valutazione delle minacce e l'assegnazione delle armi, la gestione del sistema d'arma, la pianificazione della missione, il collegamento dati tattici multipli e l'addestramento a bordo. Il CMS ATHENA si basa su un'architettura modulare e scalabile completamente ridondante che può essere personalizzata per soddisfare le esigenze specifiche del cliente.
Leonardo ha messo a punto un sistema di comando e controllo (CCS), una versione personalizzata del sistema di gestione del combattimento (CMS) ATHENA. Il nuovo sistema copre tutte le esigenze di gestione operativa in tempo reale attraverso sensori, armi e comunicazioni interconnesse, tutte facilmente accessibili e gestibili attraverso Console Multifunzionali avanzate (MFC). La sua architettura hardware è caratterizzata da nodi di elaborazione completamente remoti e ha un ingombro ridotto grazie alla struttura leggera in fibra di carbonio. 
Il nuovo Combat Management System è stato progettato come un unico prodotto, scalabile a diverse tipologie di piattaforme/unità navali a seconda delle loro esigenze e dei loro compiti. La sua struttura portante si basa su una struttura architettonica comune e moduli software/hardware standard in grado di soddisfare le esigenze delle navi da combattimento e di supporto. L'elaborazione remota rende l'intero sistema più resiliente e permette di inglobare l'hardware in una stanza più piccola e dedicata. Questo crea un data center C4I a bordo, riducendo al minimo la necessità di infrastrutture IT al di fuori della sala operativa.
Questo nuovo CMS è in qualche modo un taglio con il passato che sia Leonardo che Marina Militare italiana hanno perseguito appositamente per fornire i nuovi Pattugliatori Polivalenti d’Altura / PPA, le LHD, le Logistic Support Ship / LSS, etc. con un nuovo hardware per essere più interattivi. Gli algoritmi sono invisibili all'equipaggio durante lo svolgimento delle sue missioni, e naturalmente il sistema deve essere affidabile e ben funzionante. Tuttavia, questo nuovo CMS si concentra sull'interfaccia uomo-macchina (HMI).
I CMS vengono messi a punto da Leonardo in collaborazione con Marina Militare e attraverso gruppi di lavoro con marine straniere che richiedono personalizzazioni e/o caratteristiche particolari. Da tutto ciò la MM ha tratto grande beneficio dall'esperienza operativa degli utenti sul campo, che risale ai primi anni 2000, quando i primi CMS della famiglia ATHENA sono stati montati su cacciatorpediniere di classe Orizzonte / Horizon. Per la sua storia operativa, la Marina Militare ha chiamato il CMS con l'acronimo Sistema Automatico per la Direzione delle Operazioni di Combattimento (SADOC). Il SADOC Mk.2 era il CMS di precedente generazione in servizio a bordo di navi militari italiane messe in servizio negli anni '80 e '90 (ad esempio le fregate classe Maestrale e Lupo). Il CMS della famiglia ATHENA che equipaggia cacciatorpediniere di classe Horizon e fregate di classe Bergamini si chiama SADOC Mk.3. 

Sebbene ciò possa suggerire successivi sviluppi della stessa architettura, SADOC Mk.2 e SADOC Mk.3/ATHENA non hanno nulla in comune. 

SADOC Mk.3 è stato sviluppato ex novo per il programma Horizon ed è stato influenzato dalla cooperazione con la marina francese. ATHENA è installato su tutte le attuali navi della marina italiana e su 19 navi costruite per clienti stranieri.
L'evoluzione del SADOC Mk.3 richiesta dalla Marina Militare italiana per le sue nuove classi di navi è il nuovo CMS in trattazione. Ma non si tratta di un miglioramento lineare rispetto al prodotto precedente. Al contrario, Marina Militare ha richiesto di rimodellare il sistema sulla base di una vasta esperienza operativa. Leonardo, invece, ha portato in dote un consistente know-how e feedback anche di operatori stranieri. Il processo di costruzione del CMS ha richiesto un anno di lavoro congiunto tra Leonardo e Marina Militare, compresa la realizzazione di alcuni prototipi. Il prodotto finale, è unico e diverso da qualsiasi altro CMS in Europa e negli Stati Uniti. La fase di sviluppo si conclude con la consegna degli ultimi esemplari dei nuovi pattugliatori PPA classe Paolo Thaon di Revel; quindi questo nuovo CMS avrà una lunga vita avanti e capacità in continua crescita.
L'hardware è molto diverso da molti CMS, soprattutto per quanto riguarda il numero limitato di console, che sono meno numerose rispetto ad altri CMS. Il numero di console dipende dal tipo di navi di missione per cui sono concepite. In generale, le marine militari di oggi richiedono più automazione e un numero decrescente di operatori. Un'unità avanzata e complessa come una fregata classe Bergamini dispone di 16 console di bordo. 
Sulla nuova LHD TRIESTE in fase di costruzione finale saranno installate ben 40 consolle. 
I Pattugliatori Polivalenti d’Altura hanno requisiti simili, ma devono essere dotati di un diverso modo di avvicinarsi alle operazioni. In particolare, essi saranno dotati di un ponte di combattimento attraverso con il quale potranno essere eseguiti sia i compiti di navigazione che quelli di combattimento. 
Di solito, le navi da combattimento hanno due sale diverse, la sala di navigazione e la sala di combattimento (Centrale Operativa di Combattimento, COC) per il CMS. Nel corso degli anni, l'esperienza operativa ha dimostrato che le navi militari trascorrono il 70% del loro periodo in mare in operazioni non combattenti o a bassa intensità (es. navigazione, transito, scorta, ecc.). In questi casi, Marina Militare ha scoperto che i compiti assegnati richiedono in media sette operatori di console. Solo in caso di operazioni di combattimento ad alta intensità tutte le console sono presidiate. Pertanto, il ponte di combattimento proposto per la prossima generazione di CMS dispone di 7 postazioni di lavoro, compresa quella del comandante. Il comandante cesserà di essere un supervisore e potrà lavorare direttamente sul CMS. Per le operazioni ad alta intensità, invece, il ponte di combattimento consente di installare un ulteriore set di console in una sala adiacente, dietro il ponte di combattimento. Sui PPA, il loro numero è da dodici a 16, a seconda della versione. In sintesi, l'apparente riduzione delle console riguarda solo operazioni non da combattimento o a bassa intensità. Quando si tratta della piena capacità di combattimento della nave, il numero di console di bordo non cambia e anzi si espande. Il CMS ha diverse modalità: addestramento, difesa, combattimento, prontezza per il combattimento e modalità personalizzate che abilitano o disabilitano i sistemi e le armi in proporzione al livello previsto di minaccia o a seconda delle disposizioni di sicurezza. Al fine di eseguire al meglio qualsiasi operazione, ogni postazione di lavoro può anche avere accesso ad applicazioni dedicate per il recupero e la modifica di rapporti di intelligence, traffico marittimo e documenti senza..... camminare intorno alla nave!
L'esportazione all'estero rende indispensabile la progettazione di hardware e software a supporto di armi e sistemi diversi, siano essi ereditati o scelti deliberatamente dai clienti. L'intera architettura del sistema ATHENA-SADOC prende in considerazione la necessità di consentire l'integrazione di una gamma diversificata di sistemi con il minor impatto possibile. Di solito, rendere i sistemi compatibili con l'hardware cinese o russo implica solo qualche aggiustamento software, ma si sono verificati casi in cui si sono dovuti installare unità/moduli speciali per "tradurre" i segnali dal CMS ai sistemi e viceversa. Per fare questo, alcuni componenti utilizzano già protocolli tecnologici agnostici e si sta già lavorando per la realizzazione di una progettazione software di tipo SOA (Service-Oriented Architecture) da implementare sul CMS attuale e futuro.
L'aggiornamento pre-programmato più importante per il CMS è l'aggiornamento di mezza età (MLU) che quasi ogni imbarcazione fa almeno una volta nel corso della sua vita utile. Durante l'obsolescenza dell'MLU vengono affrontati sia l'hardware che il software, e gli esperti di Leonardo portano il CMS allo stato dell'arte attraverso modifiche radicali al software e all'hardware. Oltre ad un aggiornamento radicale pianificato, vengono rilasciati dall’azienda produttrice kit di aggiornamento che possono essere installati a bordo autonomamente dalle singole marine militari. Tali kit sono spesso rilasciati solo su richiesta. In effetti, i militari spesso preferiscono avere un sistema conosciuto e mantenerlo in servizio il più a lungo possibile. Questo perché qualsiasi modifica importante richiede un addestramento aggiuntivo; quindi, il cliente a volte opta per rilasci importanti soltanto quando necessario. Leonardo cerca di mantenere il CMS aggiornato, possibilmente allineato con la migliore tecnologia disponibile, in modo da poter intervenire quando il cliente ritiene indispensabile per modificare i propri sistemi.
Quando il nuovo CMS sarà installato sul primo PPA, qualsiasi miglioramento derivante dal processo di integrazione sarà preso in debita considerazione per la seconda nave e poi eventualmente riadattato sulla prima, e così via per le navi successive. Lo stesso vale per i clienti stranieri, ad esempio con il CMS ATHENA. 
La società Leonardo raccoglie tutti i feedback basati sull'esperienza operativa al fine di migliorare le prestazioni del prodotto, al fine di proporre miglioramenti alle marine clienti o semplicemente rispondere alle loro esigenze con un rilascio coerente. Tale modo di sfruttare l'esperienza degli utenti si applica sia ai componenti hardware che a quelli software.

Leonardo è già impegnata in attività di ricerca volte ad introdurre nei suoi sistemi un set di strumenti di Intelligenza Artificiale (IA). 

Il nuovo CMS in consegna alla Marina Militare Italiana mette già in campo alcuni elementi di analisi predittiva. Nel dettaglio, il CMS sarà in grado di simulare una serie di situazioni di combattimento che possono essere basate su dati reali, come i rapporti di intelligence. La nave può quindi creare uno scenario fittizio per studiare la situazione ed entrare in sala operativa con una buona consapevolezza situazionale sulle capacità del nemico e sul comportamento più appropriato da tenere in combattimento. In breve, per ora quello che si potrà mettere in campo è un sistema di simulazione, ma si sarà presto in grado di comprovare veri e propri set di strumenti di IA per la pianificazione e la previsione delle operazioni. Il primo passo avanti sarà la capacità di analizzare i grandi dati provenienti da fonti multiple per fonderli in risultati completi per i responsabili delle decisioni. 

In seguito, se il cliente lo sceglie, un programma di ricerca di due-tre anni dovrebbe essere in grado di fornire capacità innovative basate su applicazioni di pura IA.

Il software di Leonardo è basato su versioni hardened dei sistemi operativi Linux e il CMS opererà in un ambiente chiuso. Per le comunicazioni esterne, il sistema comunica solo attraverso connessioni militari sicure (certificate NATO). In parole povere, il CMS non naviga in Internet. Anche la connessione internet disponibile a bordo per la comunicazione privata dell'equipaggio è disaccoppiata dalla rete di comunicazione del CMS. In questo modo, nulla può entrare nella nave semplicemente sfondando attraverso Internet. Nonostante queste precauzioni, le comunicazioni sono continuamente monitorate attraverso applicazioni di early warning che analizzano tutto il traffico in entrata e in uscita da e verso la nave. I sistemi sono dotati di ridondanza di interruttori e firewall che impediscono anche a persone fisiche come hacker o componenti dell'equipaggio non autorizzati di sfondare. In effetti, l'integrazione di sistemi come questi a bordo non è facile, ma è stata una richiesta specifica della Marina Militare Italiana, e i clienti internazionali sono molto interessati ad essere resistenti agli attacchi informatici. 

Nel prossimo futuro, verranno implementate anche alcune soluzioni contro gli effetti elettromagnetici, ovvero le intrusioni attraverso segnali radar. 

Secondo alcune voci, aerei come l'F-35 sono già in grado di farlo. È difficile capire fino a che punto il CMS possa entrare in profondità nel CMS (si tratta di dati altamente classificati che, naturalmente, non vengono divulgati). Ma c'è un interesse crescente in tutto il mondo per questo tipo di capacità, quindi si ha bisogno di valutarle e fornire qualche soluzione per proteggere il CMS.
Il mercato primario di Leonardo è la Marina Militare Italiana. Tutte le navi che saranno messe in servizio negli anni a venire monteranno una versione di questo CMS. 
Ci si augura che queste navi servano da vetrina per dimostrare le nostre eccezionali capacità sul campo, con un occhio ai mercati in cui siamo già presenti e con l'ambizione di espandersi verso i mercati più dinamici come il Sud-Est asiatico. Il Sud America sembra offrire un terreno fertile per i programmi della società Leonardo da molto tempo, ma i vincoli di bilancio in quelle regioni a volte giocano contro il nostro successo commerciale.

CARATTERISTICHE CHIAVE DEL C.M.S. “ATHENA-SADOC Mk.4”:
  • Elevato livello di integrazione di sistema e automazione
  • Ampia gamma di operazioni di missione supportate
  • Architettura aperta, distribuita e modulare
  • Ampia adozione di componenti COTS adeguati
  • Supporto avanzato per le decisioni tattiche e di pianificazione
  • Integrazione con i sistemi Maritime C4I
  • Digitalizzazione video (radar, TV), distribuzione e presentazione
  • Alto livello di integrazione automatica dei dati dei sensori e coordinamento automatico dei sistemi d'arma
  • Prestazioni e affidabilità del sistema per garantire la continuità delle funzioni operative senza perdita di dati
  • Flessibilità e modularità con potenziale di crescita e capacità di aggiornamento.

(Web, Google, Leonardo, Monch, Analisi Difesa, Difesa On Line, You Tube)

































NAVE VITTORIO VENETO E' ANCORA A TARANTO: il museo era la speranza, l’amianto la sua croce, la demolizione il suo destino? Chissà!


L'incrociatore lanciamissili Vittorio Veneto (C 550) ex nave ammiraglia della Marina Militare, in servizio dal 1969 al 2003 (anno in cui è stato collocato in status di Ridotta tabella di disponibilità in attesa del disarmo, avvenuto nel 2006, e della radiazione dal libro registro del naviglio militare), è la seconda unità italiana a portare questo nome dopo la nave da battaglia Vittorio Veneto della seconda guerra mondiale.




Progetto

Il progetto derivava direttamente dalle due unità della classe Andrea Doria: con tali navi era stata introdotta la tipologia di incrociatore lanciamissili portaelicotteri; con una rampa missilistica Mk.10 a prua, cannoni antiaerei al centro e un ponte di volo a poppa, capace di far operare, assieme all'hangar associato, due elicotteri pesanti Sikorsky SH-3D Sea King o Agusta-Bell AB 204 queste navi non erano però abbastanza efficienti da giustificarne il costo, data l'esiguità della linea di volo; il progetto fu rivisto e ingrandito, con un aumento di dislocamento del 50%, per arrivare a sei elicotteri SH-3 Sea King pesanti o nove AB-204 ASW medio-leggeri. La progettazione riuscì, almeno in parte, a risolvere il problema del rapporto costo-efficacia, e il Vittorio Veneto entrò in linea nel 1969, restando però esemplare unico, cosa che certamente non giovò alla massimizzazione dei vantaggi della sua progettazione.
In seguito all'evolversi della tecnologia e a perplessità sulla sua capacità di difesa antiaerea e antinave, la nave fu sottoposta a lavori di aggiornamento presso l'Arsenale di Taranto durante il periodo 1980-1983, al termine dei quali il Vittorio Veneto fu a trovarsi con un armamento molto potente e diversificato, adatto a molte esigenze, e con una mezza squadriglia elicotteri. La linea di volo fu rinnovata con la sostituzione degli AB 204 con gli AB 212 ASW, ma uno dei limiti era che i Sea King non potevano operare totalmente dalla nave, perché, essendo troppo alti non c'era spazio nell'hangar per questi elicotteri.




Struttura

La linea della nave presentava una prua senza castello e con un alto bordo libero mentre la parte poppiera era come una nave portaerei con un ponte di volo rettangolare relativamente grande (circa 800 m²), lungo 48 metri e largo 18,50, con una rimessa sottostante di 27,5 x 15,3 m, collegata con un elevatore. Nonostante le apparenze, le grandi sovrastrutture non hanno spazio per la sistemazione di un hangar, come nei classe Moskva - Progetto 1123 Kondor praticamente coevi e pesanti circa il doppio. Dalla plancia alla poppa estrema vi era una lunga sovrastruttura che si estendeva per tutta la larghezza e alzando la coperta di un interponte. La decisione di dotare l'unità di un ampio ponte di volo poppiero con hangar sottostante comportò la necessità di creare un cassero esteso per quasi 2/3 dell'intera lunghezza della nave; il profilo dell'unità presentava la prua alta e slanciata che si raccordava al cassero con andamento discendente e insellatura poco pronunciata, con la poppa che risultava leggermente più bassa dell'estremità prodiera. Lo scafo era dotato di pinne stabilizzatrici antirollio, ed era caratterizzato dalla presenza del bulbo prodiero in cui era collocato il sonar. La poppetta, sottostante alla parte estrema del ponte di volo, era destinata alle operazioni d'ormeggio. Le sovrastrutture erano caratterizzate da un unico blocco centro prodiero che ospitava il ponte di comando e tutti i locali necessari per condurre l'attività operativa. A poppavia della plancia si trovavano due strutture denominate mack, che integravano i due fumaioli per lo scarico dei fumi delle caldaie, con gli alberi che fornivano un supporto per tutte le antenne radar e di telecomunicazione dalla nave. L'ampio spazio tra i due mack era riservato alla possibilità, poi tramontata, d'imbarcare missili tipo Polaris e vi era sistemata una gru con ampio braccio.




Propulsione

La nave era equipaggiata di quattro caldaie Ansaldo-Foster Wheeler, con due gruppi turboriduttori Tosi, dalla potenza di 73000 hp che trasmettevano il movimento agli assi portaeliche con due eliche a passo fisso. La velocità massima era di 32 nodi con autonomia di 6.000 miglia a 17 nodi.




Armamento

L'armamento missilistico antiaereo era dato dal sistema di lancio MK10 Terrier con rampa binata collocata a prora in coperta, nel deposito missili erano presenti due tamburi rotanti per 40 missili Standard MR/ER con capacità ASROC (la possibilità di lanciare attraverso l'MK10 dei siluri). L'armamento di artiglierie per la difesa aerea ravvicinata aveva una cadenza teorica di 60 colpi/minuto, che potevano essere sparati da ognuno degli otto cannoni da 76 mm/62, costruiti dalla Oto Melara di La Spezia, raggruppati ai lati della sovrastruttura in torrette singole, quattro per lato, disposti due davanti alla plancia e gli altri sei a lato della tuga centrale. Vi erano poi anche sei lanciasiluri antisommergibili in due impianti tripli situati nella zona poppiera sui due lati prima del ponte di volo per siluri leggeri da 324 mm, del tipo Mk 46 e successivamente del tipo A 244.
Il ciclo di lavori ai quali l'unità fu sottoposta tra il 1980 e il 1983 ha visto l'aggiunta di tre sistemi Breda Dardo, uno a prua e due a poppa, collocate ai lati dell'hangar su torri binate da 40mm per potenziare la sua capacità difensiva antiaerea a corto raggio, e quattro rampe di missili a lungo raggio franco-italiani OTOMAT TESEO, che conferirono all'unità notevoli capacità antinave, collocate a due a due a centro nave, per la cui collocazione è stata necessaria l'aggiunta di apposite mensole sporgenti lungo le murate. I sistemi Dardo in aggiunta ai cannoni da 76 mm portarono ad un totale di 14 le bocche da fuoco. Anche la rampa principale MK 10, analoga a quella dei classe Belknap, fu aggiornata allo standard Mod. 9 acquisendo quindi la possibilità di lanciare missili Standard e ASROC.




Elettronica

Notevole la componente elettronica dell'unità. Il radar tridimensionale di scoperta aerea lontana Hughes AN/SPS-52C era posizionato sull'albero di maestra prodiero. Il TACAN e il radar bidimensionale di scoperta aeronavale della Lockheed Electronics AN/SPS-40 erano collocati sul mack poppiero, mentre il radar di navigazione e di scoperta di superficie SMA MM-SPQ-2B era collocato sull'albero di trinchetto. Il radar bidimensionale di scoperta aeronavale AN/SPS-40 era stato acquisito in attesa che venisse sviluppato il nuovo modello di produzione nazionale MM/SPS-768 che fu prodotto a partire da novembre 1975 e avrebbe equipaggiato tutte le unità di altura della squadra navale a partire dalla seconda metà degli anni settanta. I due radar guida-missili Sperry AN/SPG-55A erano posizionati sulla sommità della struttura centro-prodiera. Le quattro centrali di tiro ELSAG -Elettronica San Giorgio Argo NA-10/RTN-10X, ciascuna asservita ad una coppia di cannoni da 76/62, erano sistemate una a prora, una a poppa e due in posizione centro-laterale. Il sistema di guerra elettronica I.F.F. e E.S.M./ECM era Abbey Hill e disponeva di due lanciarazzi chaff/jammers/flares SCLAR Breda-Elsag collocati ai due lati dell'unità. La nave era dotata di sistema di comando e controllo SADOC-1 e di un sonar a scafo a media frequenza AN/SQS-23G a cui erano associati i sensori degli elicotteri imbarcati.
L'elettronica della nave, dopo il ciclo di lavori a cui la nave fu sottoposta tra il 1980 e il 1983, fu completamente rinnovata con l'acquisizione delle più recenti apparecchiature e dei nuovi sistemi d'arma, caratterizzando il nuovo aspetto dell'unità.
Il radar bidimensionale di scoperta aerea lontana AN/SPS-40 è stato sostituito dal nuovo radar di costruzione nazionale Selenia MM/SPS-768 con secondario IFF Mk XII, installato sul mack[6] di poppa alla cui sommità era collocata l'antenna del TACAN, Face Standard del tipo URN-25, per la radionavigazione degli elicotteri imbarcati. Il radar di scoperta di superficie SMA MM/SPS-702 con secondario IFF, con antenna collocata su di una mensola del mack prodiero, ha sostituito il precedente radar SMA MM/SPQ-2B di navigazione e scoperta navale e dopo i lavori la nave fu equipaggiata con radar di navigazione MM/SPN-748, con antenna collocata sul cielo della plancia. A proravia del mack prodiero vi erano i due radar guidamissili Sperry AN/SPG-55B search per missili Standard, che hanno sostituito i precedenti AN/SPG-55A asserviti ai Terrier, mentre asserviti al sistema di difesa di punto CIWS Dardo vi erano due direzioni di tiro Selenia-Elsag Orion SPG-74 RTN-20X, collocate lungo l'asse longitudinale a prora e a poppa.




Mezzi aerei

La nave poteva imbarcare fino a 9 elicotteri leggeri di tipo Agusta-Bell AB 204, poi sostituiti dagli AB 212 ASW, o sei elicotteri SH-3D Sea King.




Servizio

Costruita dalla Navalmeccanica nel cantiere navale di Castellammare di Stabia, l'unità fu impostata il 10 giugno 1965, varata il 5 febbraio 1967 e consegnata alla Marina Militare il 12 luglio 1969. Il primo comandante dell'unità è stato il capitano di vascello Vittorio Marulli che sin dal 1966 ne aveva diretto l'allestimento e che con il grado di ammiraglio di squadra sarebbe stato dal settembre 1981 al gennaio 1984 Comandante in Capo della Squadra Navale e dal 7 febbraio 1984 al 15 ottobre 1985 Capo di Stato Maggiore della Marina. Durante la seconda guerra mondiale Marulli aveva prestato servizio in qualità di ufficiale sull'omonima nave da battaglia.
Dopo avere raggiunto per la prima volta la sua base operativa di Taranto il 30 ottobre, il 4 novembre, cinque giorni dopo, riceveva a Trieste la Bandiera di combattimento, donata dalla città di Vittorio Veneto. A consegnare la bandiera di combattimento è stata la contessa Maria Francesca Frascara vedova dell'ammiraglio Corso Pecori Giraldi, già comandante della nave da battaglia Vittorio Veneto durante la seconda guerra mondiale e dal 1955 al 1962 capo di stato maggiore della Marina.
Dopo appena un anno di servizio e di messa a punto, la nave partì per una lunga crociera addestrativa tenutasi fra il 25 aprile e il 23 agosto 1970 in nord Atlantico, toccando diversi porti americani ed europei.
In seguito all'uscita dalla squadra dell'incrociatore lanciamissili Garibaldi, nel 1971 il Vittorio Veneto assunse anche il ruolo di nave ammiraglia, che cedette all'incrociatore portaeromobili Giuseppe Garibaldi nel 1987.
Nel corso della sua attività l'incrociatore Vittorio Veneto ha partecipato a numerosissime esercitazioni nazionali ed internazionali, svolgendo sempre la funzione di nave comando di gruppi di scorta a unità portaerei o di convogli complessi.
Nel 1972, fra il 16 agosto e il 29 ottobre, accompagnato da due fregate della classe Bergamini, prese parte ad una lunga campagna addestrativa nel Sud America.
Nell'inverno e nella primavera del 1973 il Vittorio Veneto ha partecipato con l'Andrea Doria e il 3º Gruppo elicotteri al soccorso delle popolazioni colpite dalle alluvioni in Tunisia. Più tardi prese parte alle operazioni di soccorso delle popolazioni nazionali colpite dai terremoti del Friuli nel 1976 e dell'Irpinia nel 1980.
Nel 1978 il Vittorio Veneto fu impiegato nella crociera di addestramento estiva degli allievi del secondo anno dell'Accademia di Livorno in sostituzione del San Giorgio, fermo ai lavori, dopo che crociera addestrativa del 1977 aveva messo a dura prova le strutture della nave che durante la navigazione nell'Oceano Indiano era stata investita dai monsoni. Per l'occasione l'hangar del Vittorio Veneto fu attrezzato come dormitorio per gli allievi.
Fra il 7 luglio e il 20 agosto del 1979 il Vittorio Veneto, con l'incrociatore Andrea Doria e con il rifornitore di squadra Stromboli, ha costituito l'VIII Gruppo navale che nelle acque del Golfo di Thailandia e nel Mar Cinese Meridionale ha incrociato in soccorso dei "boat people". Il Gruppo navale soccorse e portò in Italia al rientro a Venezia circa un migliaio di profughi vietnamiti che fuggivano dal loro paese.
Nel febbraio del 1984, nel corso del primo impiego di truppe italiane al di fuori del confini nazionali dalla fine della seconda guerra mondiale il Vittorio Veneto, sotto l'egida dell'O.N.U., partecipò alla seconda fase della operazione "Libano Due", scortando i convogli da e per l'Italia e garantendo l'appoggio e la copertura dei contingenti nazionali schierati a Beirut.
Nel febbraio del 1985 ha ospitato il presidente della Repubblica Pertini in visita ufficiale in Egitto.
All'inizio di ottobre del 1985 il Vittorio Veneto prese parte all'Operazione Margherita per ombreggiare il transatlantico Achille Lauro sequestrato da terroristi palestinesi. L'operazione fu coordinata proprio dal Vittorio Veneto e in tale occasione sull'unità navale furono imbarcati incursori paracadutisti del COMSUBIN.
Con l'entrata in servizio del nuovo incrociatore portaeromobili Giuseppe Garibaldi, avvenuta il 30 settembre del 1985, il Vittorio Veneto ha perso il ruolo di nave ammiraglia ma non ha smesso di ricoprire ruoli importanti, partecipando attivamente a tutte le più importanti esercitazioni nazionali ed internazionali.
Nel corso dell'operazione Ibis tra l'11 dicembre 1992 e il 14 aprile 1993, il Vittorio Veneto ha operato come nave comando del 24º Gruppo navale composto anche dalla fregata Grecale, il rifornitore di squadra Vesuvio e le navi da sbarco San Giorgio e San Marco con gli uomini del Battaglione "San Marco".
Dal 20 aprile all'8 settembre del 1993 il Vittorio Veneto è stata Nave Sede Comando dello STANAVFORMED, la forza navale permanente nel Mediterraneo della N.A.T.O., nell'operazione “Marittime Guard” in Adriatico per operazioni di controllo in seguito al susseguirsi degli avvenimenti nella ex Iugoslavia e per costituire una prima cinta difensiva antiaerei al territorio nazionale.
Dal 14 al 27 aprile 1997, in qualità di sede di comando del XXVIII Gruppo navale, prese parte all'operazione Alba. Nel corso della missione, il 22 aprile si arenò sulle coste dell'Albania, di fronte al porto di Valona, senza riportare particolari danni, ma con un danno d'immagine per la Marina Militare Italiana: quella notte, a causa del forte vento levatosi, le ancore iniziarono ad arare il fondo, si tentò di mettere in pressione le macchine per manovrare, ma dalle griglie sotto lo scafo i condensatori aspirarono sabbia, entrando in avaria. La nave era l'ammiraglia dell'operazione in corso, e stava trasportando truppe e mezzi da sbarcare in Albania, nell'ambito dell'Operazione Alba. La nave fu disincagliata alcuni giorni dopo da unità da rimorchio della Marina Militare, giunte in soccorso dal porto militare di Taranto. In seguito all'incidente il comandante dell'unità capitano di vascello Vincenzo De Fanis ha chiesto e ottenuto di essere sostituito, tre mesi prima della scadenza prevista. Il suo successore è stato il pari grado Giuseppe De Giorgi, già aiutante di bandiera dell'ammiraglio Mariani nel Golfo Persico nell'Operazione Golfo 1 e figlio dell'ammiraglio Gino De Giorgi che in qualità di capo di stato maggiore della Marina (1973 - 77) aveva pubblicato nel novembre 1973 un documento noto "Libro Bianco della Marina" che di lì a qualche anno avrebbe portato alla Legge navale del 1975 che fu il presupposto di un sostanziale ammodernamento della flotta della Marina Militare.
L'Operazione Alba fu anche l'ultima missione operativa del Vittorio Veneto, che da quel momento in poi ha svolto solo missioni di rappresentanza e campagne addestrative per gli Allievi della seconda classe dell'Accademia navale di Livorno e per gli allievi marescialli della Scuola sottufficiali di Taranto.
Nell'ottobre del 1999 il Vittorio Veneto assunse il compito di Nave di Bandiera del Comandante delle Forze d’Altura.
Il 9 settembre 2003 la nave ha ospitato il Presidente della Repubblica Ciampi in occasione della commemorazione del 60º anniversario dell'affondamento della corazzata Roma.
La nave non è stata più operativa dal 1º novembre 2003, a circa un mese dal rientro dall'ultima campagna addestrativa per Allievi Marescialli, avvenuto il 12 ottobre 2003, quando è stata ritirata dal servizio attivo e posta in riserva anche a causa dei crescenti costi e dell'obsolescenza strutturale in generale e dell'apparato motore in particolare. Il Vittorio Veneto ha resistito, grazie agli ammodernamenti, per più tempo rispetto ai più vecchi Doria, radiati nei primi anni novanta, ma la sua opera è stata poi demandata al Garibaldi, che affida a caccia VSTOL la difesa aerea, rinunciando ai SAM a lungo raggio, e usando, al posto dei cannoni da 76 mm, due lanciamissili Selenia Aspide/Albatros.
Nel ruolo di nave ammiraglia della Marina Militare, il Vittorio Veneto sostituiva l'incrociatore lanciamissili Giuseppe Garibaldi, disarmato nel 1971, per poi essere sostituita a partire dal 1985 dalla portaerei leggera/incrociatore portaeromobili Giuseppe Garibaldi. A titolo di curiosità le due unità ammiraglie - quella precedente e quella successiva alla Vittorio Veneto - erano accomunate, oltre che dallo stesso nome, anche dallo stesso distintivo ottico 551.
La nuova ammiraglia della Squadra navale la portaerei Cavour ha ereditato il distintivo ottico 550, lo stesso che aveva contraddistinto il Vittorio Veneto.





Nome

Il nome dell'unità rievoca la battaglia di Vittorio Veneto, combattuta tra il 24 ottobre ed il 3 novembre 1918, presso Vittorio Veneto, sul fronte italiano della prima guerra mondiale che segnò la fine delle ostilità sul fronte italiano e la resa dell'Austria-Ungheria.
Precedentemente il nome Vittorio Veneto era stato ad una nave da battaglia della Regia Marina facente parte della classe Littorio che al termine della seconda guerra mondiale fu demolita in ottemperanza alle clausole del trattato di pace.

Progetto di nave museo

L'incrociatore Vittorio Veneto è stata in disarmo dal 29 giugno 2006: gli furono tolti gli otturatori dai cannoni e gli stessi tagliati e sigillati con tappi di bronzo, ma restava comunque un'unità della Marina Militare iscritta al quadro del naviglio militare.
Il Vittorio Veneto era in predicato di diventare la prima nave-museo italiana; era stato annunciato che la realizzazione sarebbe stata effettuata entro il 2010, ovvero poco prima delle previste celebrazioni del 150º anniversario dell'Unità d'Italia che si svolsero nel 2011, ma i termini dichiarati non sono stati rispettati. L'ostacolo fondamentale alla realizzazione del progetto, oltre alla mancanza di fondi, è stata la massiccia presenza di amianto nella nave, che andava rimosso e trattato per poter aprire al pubblico la bella unità. 

Nel maggio 2018 il Vittorio Veneto è stato messo in vendita per essere demolito dai cantieri turchi: c’era una volta l’idea del museo….

Il glorioso Incrociatore Vittorio Veneto è stato un bene di grande valenza storico-culturale per la nostra Nazione, di cui è stato vanto, in giro per i mari del mondo, nell’ambito di missioni militari e umanitarie, persino nel ruolo di nave Ammiraglia della Flotta della nostra Marina Militare. 
Il suo elegante, unico e possente scafo, allestito militarmente come lanciamissili, grazie alla genialità che ha sempre caratterizzato l’ingegneria navale e la debita maestranza italiana, ha attraversato gran parte della nostra Storia Moderna nel corso di ben 34 anni di intensa attività sino al rientro a Taranto, il 12 ottobre 2003, al termine dell’ultima campagna addestrativa. 
Questa Nave è stata vessillo italico riflesso nel suo nome, che rievoca l’Unità d’Italia conseguita nella battaglia di Vittorio Veneto, tra il 24 ottobre ed il 3 novembre 1918 e con la successiva resa dell’Austria-Ungheria nella Prima guerra mondiale.
Due città, Taranto e Trieste, erano la rappresentazione della volontà di una Nazione che ha rincorso il sogno di potere trasformare il Vittorio Veneto in un Museo del Mare unico al mondo. 
Avrebbe dovuto perpetuarsi il prestigio Italico nel mondo e, nello stesso tempo, si sarebbe dato un notevole impulso all’economia locale grazie tramite lo stimolo al turismo e a tante attività culturali e di formazione nautica. 
Ciò è già stato sperimentato in altre nazioni, in cui si trae grande vantaggio dalla debita preservazione di natanti-cimeli storici, anche quando nemmeno paragonabili alla maestosità del nostro Vittorio Veneto e al suo fascino irresistibile che avvince chiunque lo veda e che ha "commosso" tantissimi Marinai in cui resta viva la memoria “di avere provato un senso di ammirazione, di rispetto e di orgoglio ogni qualvolta, da altre navi, ne scorgevano all’orizzonte l’inconfondibile sagoma”.
Nessun Italiano ha accettato senza un minimo di sconforto che Nave Veneto sia stata destinata a diventare "lamette da barba", smantellata con il supremo "sfregio" di un misero ricavo da "ferro vecchio" battendo cassa ad acquirenti stranieri che purtroppo demoliranno un bene così prezioso per i nostri cuori. 
L’Incrociatore Vittorio Veneto, bene dello Stato, apparteneva al popolo Italiano che aveva diritto di fregiarsene con il privilegio di trarne quel beneficio che sarebbe di gran lunga maggiore della spesa per convertirne la destinazione in Museo, specie se il supporto di una cordata di sponsor avere sicuramente integrato lo sforzo Istituzionale nel fare quanto di meglio per il bene comune, con la prospettiva di fruire anche dei ricavi in termini economici e di prestigio.
Sarebbe stato bello avere una nave da visitare di fronte al Museo del Mare del Porto Vecchio: era stata già verificata la trasportabilità, da Taranto, al traino di un rimorchiatore d’altura per risalire l’Adriatico, in sette giorni, fino a Trieste dove svilupparne il progetto della musealizzazione, in parallelo con le opere di ristrutturazione di Porto Vecchio (e annesso Museo del Mare) finanziate con 50 milioni di Euro dal Governo e dall’Unione Europea: a fronte di un costo di venti o dieci milioni, tutto da verificare e stimare, avrebbe potuto cambiare l’economia, come accaduto per Genova con gli insediamenti nel Porto Antico.
Il ventilato arrivo a Trieste del Vittorio veneto da trasformare in Museo galleggiante aveva entusiasmato soprattutto quei triestini che ancora ribadiscono la identità di "redenti" uniti all’Italia alla fine della prima Guerra Mondiale, appunto all’esito della gloriosa battaglia di Vittorio Veneto.
Con la indegna fine della gloriosa Nave si è commesso un grave errore di sottovalutazione della crisi identitaria che, serpeggiando nel capoluogo giuliano, somma un ulteriore motivo di delusione proprio in quei cittadini che accusano una noncuranza dei loro sentimenti patriottici, ancor più, nel vedersi negato il promesso aggancio alla Madre Patria Italia attraverso la musealizzazione dell’Incrociatore Vittorio Veneto che, in loco, sarebbe stata viva espressione della forte volontà di essere, in tutto e per tutto, italiani.
Con la rottamazione di questa Nave storica, rimasta la più innovativa per la sua epoca, si è gettata al macero una delle più belle pagine della genialità della tecnica navale italiana che era stata portata in giro per il mondo rappresentando al meglio l’Italia tutta. 
La indegna “rottamazione” equivale alla negazione di uno dei più alti punti di riferimento della Storia della nostra Marina Militare che è storia di grande dignità e sacrificio dei nostri Marinai legati alle navi da un amore per la vita. 
In virtù di una ineludibile “passione” nei confronti del suo Vittorio Veneto, il popolo Italiano non poteva fare a meno di perseguire il sogno di farlo vivere trasformato in Museo e orgoglio italiano.
Il ministero della Difesa ha purtroppo concluso la procedura di vendita dell’ex Incrociatore Vittorio Veneto, soggetta all’obbligo di demolizione e riciclaggio sicuro e compatibile con l’ambiente aperta ad operatori che agiscono in conformità tecnica con i requisiti previsti dal Regolamento Europeo.
La nave da tempo si trovava presso l’Arsenale Militare Marittimo di Taranto Marinarsen.
L’Autorità ha deciso di alienare l’ex Incrociatore Vittorio Veneto, con l’obbligo per l’acquirente di effettuarne la demolizione e un riciclaggio sicuro e compatibile con l’ambiente, in quanto la suddetta unità presentava quantità di materiali pericolosi quali ad esempio amianto. L’8 gennaio 2019, è stata ultimata la preselezione degli operatori economici (O.E.) interessati alla procedura: la Commissione decise di aggiudicare la vendita alla società SIMSEKLER per un valore di vendita pari a 3.382.000,00,00 €. 

Il sogno del museo a cielo aperto

Dunque, a distanza di 13 anni da quando, il 29 giugno 2006, la nave fu protagonista della cerimonia del suo ultimo ammaina-bandiera, la liturgia che per una unità militare significa la fine della vita operativa e il via allo smantellamento, la Vittorio Veneto ha abbandonato il bacino del Mar Piccolo dove è stata ancorata in tutti questi anni: si sono succeduti proclami, tavoli tecnici, conferenze, incontri e scontri politici, interrogazioni di ogni tipo, promesse, annunci, possibilità di scippo da parte di altre città come Trieste e quant’altro, tramonta la possibilità di valorizzare un pezzo di storia della Marina Militare italiana che per anni ha fatto parte del panorama unico del Mar Piccolo (all’interno del più ampio progetto di realizzare un polo museale all’interno dell’Arsenale, finanziato dal CIS). Sono stati scritti diversi articoli negli anni, ma alla fine nessuno si è di fatto concretamente interessato ad un progetto che è finito per restare nel cassetto.
Essendo passato troppo tempo, era oramai divenuto impossibile pensare di bonificare l’unità navale.
In troppi si sono riempiti la bocca di cose che non conoscevano; il tutto mentre il tempo scorreva inesorabilmente, i treni che passavano e non tornavano più indietro. E con loro anche la Vittorio Veneto, purtroppo destinata alla demolizione, e della quale non resterà che un triste ricordo nei nostri cuori.

Il museo era la speranza, l’amianto la sua croce, la demolizione il suo destino? Chissà!

Si starebbe per chiudere quindi con la beffa finale l’appendice di una lunga e travagliata storia. Dopo il suo pensionamento, avvenuto nel 2006, il Vittorio Veneto è rimasto nella stazione Cacciatorpediniere del Mar Piccolo di Taranto, frequentato dai topi e legato alle bitte da robuste cime che ora sono state definitivamente tagliate. La Difesa ha chiuso la procedura di vendita dell’incrociatore pieno d’amianto. L’obiettivo non è il suo riuso ma la demolizione obbligatoria e il possibile riciclaggio sicuro e compatibile con l’ambiente dei rottami derivanti. L’incrociatore Vittorio Veneto starebbe da tempo per lasciare Taranto, la città che ha fatto per 50 anni da casa all’unità navale della Marina Militare, ma - alla data del 28 marzo 2021 - è ancora al suo posto. Speriamo bene!

Per musealizzare il Vittorio Veneto, ipotesi battuta per quasi 15 anni senza successo, ci sarebbero voluti - secondo i dati forniti qualche anno fa dalla Fondazione Michelagnoli -, circa 20 milioni di €. 
Alla città di Taranto è mancata la forza di innovare, fiaccata com’é da una buona dose di inefficienza e incapacità. Soprattutto della politica. Ora i vertici della M.M. stanno pensando di studiare bandi di gara, a livello di Stato Maggiore, per avviare progetti di musealizzazione di unità navali quando sono ancora operative, prima della loro dismissione. In maniera che sia più semplice la gestione successiva della nave.

ENGLISH

Vittorio Veneto is a helicopter cruiser that served with the Italian Navy. Originally intended to be a class of two ships specifically designed for anti-submarine warfare (ASW), only Vittorio Veneto entered into service in 1969, its sister ship Italia being cancelled. Vittorio Veneto was decommissioned in 2003. 
This ship has the same general layout as the smaller Andrea Doria-class helicopter cruisers, but with two elevators in the flight deck and the hangar below, rather than with the hangar as part of the superstructure. It was named for the decisive Battle of Vittorio Veneto which ended World War I on the Italian front.

History

Though the Andrea Doria-class helicopter cruisers proved a useful addition to the fleet, it was judged that a larger ship was necessary. Such a vessel would be able operate a larger airwing and provide helicopter support in bad weather conditions. These considerations led to the Vittorio Veneto class, of which two ships were originally planned, though only one was actually built. The second ship of the class, Italia, was cancelled.
The ship was laid down on 10 June 1965 and launched on 5 February 1967. The cruiser was completed on 12 July 1969 at the Italcantieri plant of Castellammare di Stabia. It entered in service in the October of the same year, at the naval base of Taranto. Vittorio Veneto remained the flagship of the Italian Navy until the aircraft carrier Giuseppe Garibaldi was commissioned in 1985.

Design

Vittorio Veneto has a displacement of 7,500 tons standard and 8,850 tons fully loaded. Unlike the Andrea Dorias, which had separate funnels, it has two combination mast/funnels. The second major difference in design is the location of the helicopter facilities. Vittorio Veneto has a raised rear deck to accommodate a hangar beneath the helicopter platform, rather than a frigate/destroyer style hangar in the superstructure. There are two elevators to transfer the helicopters between the hangar and the deck.
Originally the ship carried armament similar to the Andrea Dorias comprising a Terrier anti-aircraft system situated in front of the bridge, which could also be used to launch ASROC antisubmarine rockets. Compared to the Andrea Dorias, Vittorio Veneto's missile magazine has a third drum, increasing magazine capacity by a half to sixty rounds The secondary armament comprised eight dual-purpose 76 mm (3 in) guns in a ring around the superstructure, similar to the Andrea Dorias. Finally, the vessel was armed with two triple 324 mm torpedo launchers. Vittorio Veneto could operate up to nine light helicopters, of the types Agusta-Bell AB-204 or later AB-212 or six heavy helicopters of the type AB-61, which could be housed in the hangar beneath the long rear deck.
The electronics were rather advanced for the time, comprising a three-dimensional AN/SPS-52 B radar and an SPS-768 (RAN 3L) air search radar. For anti-submarine warfare an AN/SQS-23 sonar set was installed.
Vittorio Veneto was propelled by two steam turbines providing 73,000 shp (54,000 kW), for a maximum speed of 30.5 knots (56.5 km/h; 35.1 mph). Like the previous class, the cruiser had a set of stabilizing fins to improve stability for helicopter operations.

Upgrades

The ship underwent an extensive update between 1981 and 1984. The electronics were updated, and launchers for Otomat missiles were installed, together with three OTO Melara twin 40 mm (1.6 in) DARDO CIWS compact gun mounts for AA defence and Standard SM-1ER SAM missiles to replace the Terrier SAM. The engine feeding system was shifted from nafta to diesel fuel for standardisation and environmental reasons.

Accidents

Vittorio Veneto ran aground in bad weather off the port of Vlorë on 22 April 1997. At the time she was acting as the flagship of a multinational task-force that protected aid deliveries to Albania. It took four tugboats to pull her free. No damage to the ship or injuries to the crew were reported by the Italian navy.

Decommissioning

After 1995 Vittorio Veneto served mainly as a training ship. She was decommissioned in 2003. At the time, she was the second to last cruiser in service with any Western European fleet, leaving only the French cruiser Jeanne d'Arc, which remained in service until 2010. Her air coverage capability is now supplied by the V/STOL aircraft carrier Cavour.

So the dream of the open-air museum vanishes

So, 13 years after, on June 29, 2006, when the ship was the protagonist of the ceremony of its last Flag-killing, the liturgy that for a military unit means the end of its operational life and the start of its dismantling, the Vittorio Veneto abandoned the Mar Piccolo basin where it has been anchored all these years: there have been proclamations, technical tables, conferences, meetings and political clashes, questions of all kinds, promises, announcements, the possibility of mugging by other cities such as Trieste and whatever else, the possibility of enhancing a piece of history of the Italian Navy that for years has been part of the unique panorama of the Mar Piccolo (as part of the wider project to create a museum centre within the Arsenal, financed by the CIS). Several articles have been written over the years, but in the end no one has actually taken an interest in a project that ended up staying in the drawer.
As too much time had passed, it had become impossible to think of reclaiming the naval unit.
Too many people filled their mouths with things they didn't know about; all while time was passing inexorably, trains were passing and never coming back. And with them also the Vittorio Veneto, unfortunately destined for demolition, and of which only a sad memory will remain in our hearts.

The museum was hope, asbestos was its cross, demolition was its destiny. 

It ended with the final mockery the appendix of a long and troubled history. After its retirement in 2006, the Vittorio Veneto had remained in the Destroyer Destroyer station of the Mar Piccolo of Taranto, frequented by mice and tied to the bollards by strong peaks that have now been definitively cut. The Defense has closed the sale of the cruiser full of asbestos. The objective is not its reuse but the compulsory demolition and possible safe and environmentally compatible recycling of the resulting scrap. The cruiser Vittorio Veneto has long since left Taranto, the city that has been home to the Navy's naval unit for 50 years.
To museumize the Vittorio Veneto, a hypothesis that has been beaten for almost 15 years without success, it would have taken - according to data provided a few years ago by the Michelagnoli Foundation - about € 20 million. 
The city of Taranto has lacked the strength to innovate, weakened as it is by a good dose of inefficiency and incapacity. Especially of politics. Now the top management of the M.M. are thinking of studying calls for tenders, at the level of the General Staff, to launch projects for the musealization of naval units while they are still operational, before their disposal. So that the subsequent management of the ship will be easier.

(Web, Google, Corriereditaranto, LaGazzettadelMezzogiorno, Wikipedia, You Tube)