martedì 5 maggio 2020

General Dynamics Electric Boat fornirà gli aggiornamenti del sistema missilistico strategico imbarcato “Trident II" (D5) UGM-133A



La General Dynamics Electric Boat Corp. (GDEB), Groton, Connecticut, ha ricevuto un contratto di $ 60.594.296 per fornire aggiornamenti ed integrazione dei sistemi strategici imbarcati US Trident II Strategic Weapon System ed all’SWS del Regno Unito. I lavori saranno completati entro il mese di aprile 2024.



Il missile Trident è un missile balistico lanciato da sottomarini (SLBM) ed equipaggiato con più veicoli di rientro MIRV indipendenti. Sviluppato originariamente dalla Lockheed Missiles e Space Corporation, il missile è armato con testate termonucleari ed è lanciato da sottomarini missilistici balistici a propulsione nucleare (SSBN). I missili Trident sono trasportati da quattordici sottomarini della classe Ohio dell’Us Navy, con testate statunitensi, oltre a quattro sottomarini della Royal Navy classe Vanguard, con testate britanniche. Il missile prende il nome dal tridente mitologico di Nettuno.
Il Trident II è un razzo a tre stadi, ciascuno dei quali contiene un motore a razzo a combustibile solido. Il primo motore è realizzato dalla Northrop Grumman. Questo primo stadio incorpora un motore a propellente solido, parti per garantire l'accensione del primo stadio ed un sistema di controllo della spinta del vettore (TVC). La sezione del primo stadio, rispetto al Trident C-4, è leggermente più grande, consentendo una maggiore autonomia e un carico utile maggiore. Oltre a un motore più grande, il D-5 utilizza un legante per carburante avanzato e più leggero (polietilenglicole) rispetto al C-4. Questo combustibile è più comunemente noto come NEPE-75 (NEPE sta per polietere plastificato di estere nitrico).


La seconda variante del Trident è più sofisticata e può trasportare un carico utile più pesante. È abbastanza preciso da essere un'arma da primo colpo, da controforza o da secondo colpo. Tutte e tre le fasi del Trident II sono realizzate in resina epossidica di grafite, rendendo il missile molto più leggero. Il Trident II era il missile originale sugli SSBN classe Vanguard britannici e americani classe Ohio dal Tennessee in poi. Il missile D5 è attualmente imbarcato su quattordici SSBN classe Ohio e su quattro classe Vanguard. Ci sono stati 172 voli di prova con successo del missile D5 dal completamento del progetto nel 1989; il più recente è stato effettuato dalla USS Rhode Island nel maggio 2019. Ci sono stati anche 10 voli di prova che conclusisi in fallimenti; il più recente quello dell’HMS Vengeance britannico, al largo della costa della Florida, nel giugno 2016.
La Royal Navy gestisce i suoi missili in un pool condiviso, insieme allo squadrone atlantico degli SSBN classe Ohio della US NAVY a King's Bay, in Georgia. Il pool viene "mescolato" e i missili vengono scelti a caso per essere caricati sui sottomarini di entrambe le nazioni.


Il missile Trident, prodotto in 2 versioni che in pratica sono anche 2 generazioni diverse, è un SLBM imbarcato sui sottomarini tipo SSBN classe Ohio, 18 dei quali completati, anche se 4 di essi hanno avuto il ruolo convertito a quello di sottomarini lancia missili da crociera a seguito della riduzione degli armamenti nucleari. 


Ogni 'Ohio' ha 24 pozzi di lancio verticali per i missili Trident (nel caso della conversione in SSGN, 7 missili BGM-109 trovano posto in ciascun silo di lancio).


I primi Trident, chiamati C4 erano armi molto precise, con testata MIRV, e gittata di circa 5.000 km, sostanzialmente migliorate rispetto ai Poseidon. I Trident D5 sono armi molto più potenti, come gittata, e anche precisione. Hanno 10 testate per missile, ma esse sono state ridotte a 2-4 per rispettare gli accordi START. La gittata è molto maggiore del tipo precedente e il missile è equivalente ad armi sovietiche come l'SS-N-20, ma più preciso e compatto. Attualmente i Trident costituiscono la componente principale delle forze nucleari strategiche statunitense e britannica.

Sviluppo

Il Trident I (C4) venne progettato nel 1979 mentre il Trident II (D5) venne prima sviluppato nel 1990 e nel 2002 venne presa la decisione di prolungarne la vita operativa fino al 2027, mediante la sostituzione dei componenti diventati ormai obsoleti. Nel 2007 la Lockheed si è aggiudicata una commessa di 789,9 milioni di dollari per questi lavori, incluso l'aggiornamento del sistema di guida e del sistema di rientro.

Descrizione

Il lancio del missile sotto la superficie marina, avviene come per i Polaris e i Poseidon a freddo, cioè i missili vengono espulsi dai loro tubi mediante aria compressa e non appena emerso dalla superficie marina avviene l'accensione del motore del primo stadio iniziando la prima fase di spinta. Idealmente il missile è protetto come da una bolla d'aria nel tempo trascorso sotto il livello del mare, così non viene mai toccato dall'acqua. Quando avviene l'accensione del 3º stadio, entro 2 minuti dal lancio, il missile ha già raggiunto una velocità maggiore di 20000 km/h.
Il Trident venne costruito in due versioni: la versione Trident I (C4) UGM-96A e la versione Trident II (D5) UGM-133A. Entrambe le versioni hanno tre stadi a propellente solido e il sistema di guida inerziale. Nella fase post-lancio il Trident usa il puntamento stellare per aggiornare la sua posizione e correggere gli eventuali errori compiuti dal sistema di guida inerziale.

Trident I (C4) UGM-96A


I primi 8 sottomarini Classe Ohio furono direttamente armati con i missili Trident I, che vennero imbarcati anche sui sottomarini delle classi James Madison e Benjamin Franklin rimpiazzando i missili Poseidon.

Trident II (D5) UGM-133A


Il secondo tipo del Trident è tecnicamente più sofisticato e può trasportare cariche più pesanti. Il missile ha i 3 stadi in fibra di carbonio risultando così più leggero. I missili Trident hanno costituito l'armamento originario dei sottomarini britannici Vanguard. Successivamente sono stati montati sui sottomarini americani Classe Ohio. Attualmente 12 sottomarini Classe Ohio sono equipaggiati dai Trident.
Le differenza tra le 2 versioni stanno nella lunghezza del missile (10,2 m nella 1ª versione), nel diametro (1,8 m nella 1ª versione), nel peso (33.142 kg nella 1ª versione) e soprattutto nel raggio d'azione che nella 1ª versione era di 7400 km e nel CEP (Circular error probable) che era di circa 380 m nella 1ª versione e di circa 90–120 m nella 2ª versione. L'ultima caratteristica è la misura della precisione di un'arma in balistica, indica per esempio che il Trident ha il 50% di probabilità di impattare all'interno di una circonferenza dal raggio di 120 m con guida inerziale e all'interno di una circonferenza dal raggio di 90 m se guidato da GPS. Il Trident II con il veicolo di rientro Mk 5 può essere equipaggiato con 12 (8 per i trattati START) testate nucleari W88 oltre che con le testate nucleari W76.
Il Pentagono ha proposto nel 2006 la modifica del Trident in un missile convenzionale allo scopo di diversificare le sue opzioni strategiche in una più ampia strategia di lungo termine per sviluppare una capacità mondiale di attacco rapido denominata Prompt Global Strike. Il programma per convertire i Trident II in arma convenzionale dovrebbe avere un costo di 503 milioni di dollari americani. I missili, presumibilmente due per sottomarino dovrebbero avere una modifica al veicolo di rientro Mk 4 equipaggiandolo con guida GPS per aggiornare la rotta di navigazione e correggere la traiettoria del veicolo durante la fase di rientro.

ENGLISH

General Dynamics Electric Boat to provide U.S. Trident II Strategic Weapon System ship alterations   

General Dynamics Electric Boat Corp. (GDEB), Groton, Connecticut, is awarded $60,594,296 for a cost-plus-fixed-fee contract to provide U.S. Trident II Strategic Weapon System (SWS) ship alterations and United Kingdom SWS ship alterations for Strategic Systems Program shipboard integration installations. Work is expected to be complete by April 2024.
The Trident missile is a submarine-launched ballistic missile (SLBM) equipped with multiple independently targetable reentry vehicles (MIRV). Originally developed by Lockheed Missiles and Space Corporation, the missile is armed with thermonuclear warheads and is launched from nuclear-powered ballistic missile submarines (SSBNs). Trident missiles are carried by fourteen United States Navy Ohio-class submarines, with American warheads, as well as four Royal Navy Vanguard-class submarines, with British warheads. The missile is named after the mythological trident of Neptune.
The Trident II is a three-stage rocket, each stage containing a solid-fuel rocket motor. The first motor is made by Northrop Grumman. This first stage incorporates a solid propellant motor, parts to ensure the first-stage ignition, and a thrust vector control (TVC) system. The first-stage section, compared to the Trident C-4, is slightly larger, allowing increased range and a larger payload. In addition to a larger motor, the D-5 uses an advanced and lighter fuel binder (polyethylene glycol) than the C-4. This fuel is more commonly known as NEPE-75 (NEPE stands for nitrate ester plasticized polyether).
The second variant of the Trident is more sophisticated and can carry a heavier payload. It is accurate enough to be a first strike, counterforce, or second strike weapon. All three stages of the Trident II are made of graphite epoxy, making the missile much lighter. The Trident II was the original missile on the British Vanguard-class and American Ohio-class SSBNs from Tennessee on. The D5 missile is currently carried by fourteen Ohio-class and four Vanguard-class SSBNs. There have been 172 successful test flights of the D5 missile since design completion in 1989, the most recent being from USS Rhode Island in May 2019. There have been fewer than 10 test flights that were failures, the most recent being from HMS Vengeance, one of Britain's four nuclear-armed submarines, off the coast of Florida in June 2016.
The Royal Navy operates their missiles from a shared pool, together with the Atlantic squadron of the U.S. Navy Ohio-class SSBNs at King's Bay, Georgia. The pool is 'co-mingled' and missiles are selected at random for loading on to either nation's submarines.
The UGM-133A Trident II, or Trident D5 is a submarine-launched ballistic missile (SLBM), built by Lockheed Martin Space Systems in Sunnyvale, California, and deployed with the American and British navies. It was first deployed in March 1990, and remains in service. The Trident II Strategic Weapons System is an improved SLBM with greater accuracy, payload, and range than the earlier Trident C-4. It is a key element of the U.S. strategic nuclear triad and strengthens U.S. strategic deterrence. The Trident II is considered to be a durable sea-based system capable of engaging many targets. It enhances the U.S. position in strategic arms negotiation with performance and payload flexibility that can accommodate active treaty initiatives (see New START). The Trident II's increased payload allows nuclear deterrence to be accomplished with fewer submarines, and its high accuracy – approaching that of land-based missiles – enables it to be used as a first strike weapon.


Trident II missiles are carried by 14 US Ohio and four British Vanguard-class submarines, with 24 missiles on each Ohio class and 16 missiles on each Vanguard class (the number of missiles on Ohio-class submarines will be reduced to 20 each in coming years, in compliance with the New Strategic Arms Limitation Treaty). There have been 176 successful test flights of the D5 missile since design completion in 1989, the most recent being from USS Nebraska in September 2019. There have been fewer than 10 test flights that were failures, the most recent being from HMS Vengeance off the coast of Florida in June 2016. The D5 is the sixth in a series of missile generations deployed since the sea-based deterrent program began 60 years ago. The Trident D5LE (life-extension) version will remain in service until 2042.


History

The Trident II was designed with greater range and payload capacity than its predecessor (Trident C-4). In 1972, the US Navy projected an initial operating capability (IOC) date of 1984. The US Navy shifted the IOC date to 1982. On 18 October 1973, a Trident program review was administered. On 14 March 1974, the US Deputy Secretary of Defense disseminated two requirements for the Trident program. The first was an accuracy improvement for the Trident C-4. The second requirement asked for an alternative to the C-4, or a new Trident II missile with a larger first-stage motor than the C-4.

The U.S. Navy conducted studies to determine whether the more expensive Trident II could be constructed similarly to the US Air Force's MX ICBM, primarily to decrease budget costs. It was established that the Trident II would be 83 inches in diameter and 44 feet in length in order to match the performance of the existing MX ICBM. Modifications to the guidance system, electronics hardening, and external protective coatings were incorporated into the design. While this satisfied the Navy's study requirements, it did not accommodate the US Air Force payload requirements.
Propulsion stages were proposed to be used between the first stage and second stage motors, effectively making the Trident II a longer three-stage missile than the C-4. Studies were delayed in 1978 when Congress only approved $5 million of the suggested $15 million for the Navy and Air Force program studies. By December 1978, the Navy's and the Air Force's own studies agreed with each other that a similar missile structure would not achieve desired savings. It was determined that the Navy and Air Force would maintain and be responsible for their own unique weapon systems. The US Navy continued with its own design of the Trident II.
In March 1980, US Secretary of Defense Harold Brown proposed an increased level of funding for the submarine-launched ballistic missile modernization, emphasizing increased accuracy. The House Armed Services Committee (HASC) recommended no funding, while the Senate Armed Services Committee (SASC) recommended full funding of $97 million. The SASC asked for a plan incorporating "the fullest possible competition should consider competing among contractors for each major component, including the integrated missile." $65 million was awarded for the submarine-launched ballistic missile modernization.
On 2 October 1981, President Reagan called for the modernization of the strategic forces. The Defense Department directed the Navy to fund all development of the Trident II D5 missile with a December 1989 IOC. All research and development efforts would be directed toward "a new development, advanced technology, high accuracy Trident II D5 system." In December 1982, Deputy SECDEF Frank Carlucci advised Secretary of the Navy Caspar Weinberger to include funding for a new reentry vehicle–warhead combination for Trident II. The reentry vehicle was to be designated as the Mk 5, which was to have a greater yield than the Mk 4. The development contract for Trident II was issued in October 1983. On 28 December 1983, the deputy SECDEF authorized the Navy to proceed with full-scale engineering development of the Trident II D5. The first Trident II launch occurred on 15 January 1987, and the first submarine launch was attempted by USS Tennessee, the first D-5 ship of the Ohio class, on 21 March 1989 off the coast of Cape Canaveral, Florida. The launch attempt failed four seconds into the flight because the plume of water following the missile rose to greater height than expected, and water was in the nozzle when the motor ignited. Once the problem was understood, relatively simple changes were quickly made, but the problem delayed the IOC of Trident II until March 1990. IOC for SWFPAC completed on schedule in 2001, allowing Trident II SSBN to be deployed in the Pacific theater.
In 1980, the United Kingdom adopted the missile as part of its Trident nuclear program.

Design

The Trident II is a three-stage rocket, each stage containing a solid-fuel rocket motor. The first motor is made by Northrop Grumman. This first stage incorporates a solid propellant motor, parts to ensure first-stage ignition, and a thrust vector control (TVC) system. The first-stage section, compared to the Trident C-4, is slightly larger, allowing increased range and a larger payload. In addition to a larger motor, the D-5 uses an advanced and lighter fuel binder (polyethylene glycol) than the C-4. This fuel is more commonly known as NEPE-75. (NEPE stands for nitrate ester plasticized polyether.)
Both the first- and second-stage motors are connected by an interstage casing, which contains electronic equipment and ordnance for separation during flight. The second stage also contains a motor made by Thiokol and Hercules Inc., parts to ensure the second-stage ignition, and a TVC system. The first and second stages are both important to the structural integrity of the missile. To ensure that the stages maintain a maximal strength-to-weight ratio, both stages are reinforced by a carbon-fiber-reinforced polymer hull.
The second- and third-stage sections are connected by an integrated equipment/adapter section (ES). The equipment/adapter section is modified to be shorter and more compact than the C-4's adapter section. The D-5's equipment section contains critical guidance and flight control avionics, such as the Mk 6 navigation system. The equipment section also contains the third-stage TVC system, ordnance for ejecting from the second-stage motor, and the MIRV platform. The nose fairing shields the payload and third-stage motor. Mounted within the nose cap (above the nose fairing) is an extendable aerospike. This aerospike effectively decreases drag by 50%. The third-stage hull is also reinforced by carbon fiber and kevlar.
The Trident II is the first missile of the US Navy's Fleet Ballistic Missile program to incorporate a 3D printed component.

Sequence of operation

Before the launch sequence is initiated, the on-board MARK 6 navigation system is activated. The specified mission trajectory is loaded onto the flight computer.
Once the launch command is given, a steam generator system is activated, igniting a fixed solid-grain small rocket motor. The exhaust is fed into cooling water, causing expanding gas within the launch tube to force the missile upward, and out of the submarine. Within seconds, the missile breaches the surface of the water and the first-stage Thrust Vectoring Control (TVC) subsystem ignites. This enables hydraulic actuators attached to the first-stage nozzle. Soon after, the first-stage motor ignites and burns for approximately 65 seconds until the fuel is expended; in addition, an aerospike atop the missile deploys shortly after first-stage ignition to shape airflow. When the first-stage motor ceases operation, the second-stage TVC subsystem ignites. The first-stage motor is then ejected by ordnance within the interstage casing.
Once the first stage is cleared, the second-stage motor ignites and burns for approximately 65 seconds. The nose fairing is then jettisoned, separating from the missile. When the nose fairing is cleared of the missile, the third-stage TVC subsystem ignites, and ordnance separates the second-stage motor. The third-stage motor then ignites, pushing the equipment section the remaining distance (approx. 40 seconds) of the flight. When the third-stage motor reaches the targeted area, the Post Boost Control System (PBCS) ignites, and the third-stage motor is ejected.
The astro-inertial guidance uses star positioning to fine-tune the accuracy of the inertial guidance system after launch. As the accuracy of a missile is dependent upon the guidance system knowing the exact position of the missile at any given moment during its flight, the fact that stars are a fixed reference point from which to calculate that position makes this a potentially very effective means of improving accuracy. In the Trident system this was achieved by a single camera that was trained to spot just one star in its expected position. If it was not quite aligned to where it should be, it would indicate that the inertial system was not precisely on target and a correction would be made.
The equipment section, with the MIRV, then aims the reentry vehicles (RV) towards earth. The payload is then released from the MIRV platform. To prevent the PBCS correctional thrust from interfering with the RV when released, the equipment section initiates the Plume Avoidance Maneuver (PAM). If the RV will be disrupted by the PBCS nozzle's thrust, the nearest nozzle will shut off until the RV is away from the MIRV. The PAM is used only when a nozzle's plume will disrupt the area near an RV. The PAM is a specialized design feature added to the Trident II to increase accuracy.

Warheads

In US service Trident II can be loaded with up to 8 Mk-5 RVs with 455 kt W88 warheads, up to 14 Mk-4A RVs with 90 kt W76-1 warheads, and up to 14 Mk-4A RVs with 5-7 kt W76-2 warheads. In practice, each missile on average carries 4 warheads due to the warhead limitations placed by the New START treaty.
The system previously carried the Mk-4 RV with a 100 kt W76-0 warhead, but beginning in September 2008 W78-0s were converted to W76-1s. This process was completed by December 2018. Conversion from the W76-0 to W76-1 involved fitting the warheads with a new RV (the Mk-4A), replacing age limited components and fitting the warhead with a new MC4700 arming, fusing and firing (AF&F) system. The MC4700 AF&F system (dubbed the "super fuze") significantly improves warhead kill probabilities against hardened targets such as silos or bunkers. The W76-2 is also fitted with the Mk-4A RV and MC4700 fuze.
In the National Nuclear Security Administration's 2021 budget request, the agency requested US$53m to begin development of a new W93 warhead for use on Trident II and US$32 million to begin development of a new Mk-7 RV. If approved, the W93 will be the first new nuclear weapon system to receive a type designation since the end of the Cold War. It is unclear if the W93 will replace the W76-1, the W88 or both warheads.
In UK usage Trident II missiles are equipped with a warhead called Holbrook and have a maximum yield of 100 kt. The British government insists the warhead is indigenously designed, but analysts believe that it is largely based on the US W76 design. In 2011 it was reported that British warheads would receive the new Mk 4A reentry vehicles and some or all of the other upgrades that US W76 warheads were receiving in their W76-1 Life Extension Program. Some reports suggested that British warheads would receive the same arming, fusing and firing system (AF&F) as the US W76-1. Under a 1958 agreement, the U.S. supplies the UK with blueprints of its own warhead designs but the design, manufacture and maintenance of UK warheads are purely a UK responsibility. AWE is currently developing a new warhead to replace the existing Holbrook warhead with deployment expected in the 2030s.

Additional specifications

Range (exact is classified):
Full load: ~7600 km
Reduced load: >12000 km
Guidance system: The MK 6 Astro-inertial guidance navigation system which is able to receive GPS (Global Positioning System) updates.
CEP: Requirement: 90 metres (300 ft). (Information from flight tests is classified.)
Mk-5 RV (175 kg each) offloading effects on D-5 range show.

Operators

The Royal Navy operates its missiles from a shared pool, together with the Atlantic squadron of the U.S. Navy Ohio-class SSBNs at King's Bay, Georgia. The pool is co-mingled and missiles are selected at random for loading on to either nation's submarines.

(Web, Google, Wikipedia, Navyrecognition, You Tube)








































L’“IDAS” (Interactive Defense and Attack System for Submarines), sarà adottato anche dalla Marina Militare italiana?


L’“IDAS” (Interactive Defense and Attack System for Submarines), è un missile anti aeromobili a medio raggio, imbarcato sui sottomarini Tipo 209 e Tipo 212A.  Permette ai sottomarini di ingaggiare le minacce di elicotteri da guerra antisommergibile (ASW), navi di superficie di piccole e medie dimensioni in operazioni segrete e obiettivi costieri preselezionati. Design e caratteristiche del sistema missilistico IDAS:
  • Società produttrice: Diehl BGT Defence e ThyssenKrupp Marine Systems
  • Volo iniziale 2006;
  • Lunghezza: 2,800mm
  • Diametro: 180 mm
  • Peso: 140 kg
  • Velocità: 240 m / s.
Il sistema IDAS comprende tre componenti principali: 
  • un missile, 
  • un container di lancio, 
  • l'integrazione del sistema di combattimento (CS). 

Il sistema di guida e testata è composta da: 
  • un cercatore a infrarossi (IIR) per l'elaborazione di immagini ad alta precisione, 
  • un pilota automatico, 
  • un’unità di riferimento inerziale strap-down ed elettronica di guida. Questo ricercatore IIR fornisce una guida autonoma per il missile consentendogli di cercare, rilevare e acquisire gli obiettivi. L'autopilota viene utilizzato per la navigazione.
Il sistema di difesa e attacco interattivo per sottomarini (IDAS) è un sistema missilistico guidato a fibra ottica, lanciato da un sottomarino, sviluppato per la marina tedesca ed altri partner.
Questa arma è progettata per fornire migliori capacità di autodifesa e di guerra asimmetrica per sottomarini sommersi. Il consorzio IDAS comprende Diehl BGT Defense, l'appaltatore principale e ThyssenKrupp Marine Systems. La società Diehl BGT Defense è responsabile della produzione del missile e del suo sistema in fibra ottica, mentre ThyssenKrupp Marine Systems supervisiona lo sviluppo del container di lancio e l'integrazione del sistema missilistico sull’unità sottomarina. Nel maggio 2013, ThyssenKrupp Marine Systems e Diehl Defense hanno firmato un accordo di cooperazione con la società turca Roketsan per lo sviluppo e la fornitura di una testata IDAF ed il collaudo del sistema di attuazione del controllo (CAS). La società norvegese Nammo è stata selezionata per sviluppare e produrre un motore a razzo per l’IDAS.
La Germania ha offerto un'opportunità alla Turchia per la sua partecipazione al sistema missilistico IDAS nel febbraio 2015. Un prototipo del sistema missilistico IDAS ha effettuato il suo volo inaugurale da una struttura di prova subacquea nella Germania settentrionale nel 2006. È stato lanciato con successo dal sottomarino di classe 212A della Marina tedesca nel Mar Baltico nel 2008. Nel 2015 è previsto il primo lancio di prova dei sottomarini classe Ula della Royal Norwegian Navy. L'arma ha un'alta probabilità di colpire e può essere dispiegata in tutte le condizioni climatiche. Offre un elevato grado di precisione dei colpi su determinati punti di impatto. Il missile lungo 2,5 m ha un diametro di 180 mm e una massa di lancio di 120 kg. Il suo gruppo alare ripiegabile e le cinghie forniscono supporto e guida nel contenitore di lancio. L'arma è dotata di un sistema di attuazione del controllo elettromeccanico con quattro alette di controllo pieghevoli. Dispone inoltre di un sistema di quattro bobine in fibra ottica. La coda del missile e il contenitore di lancio hanno una bobina ciascuno e la boa di compensazione della sezione posteriore separabile del missile ha due bobine. L'IDAS è integrato nel sistema di controllo delle armi del sottomarino. Gli operatori possono controllare l'arma durante l'intero inviluppo di volo, eseguire il retargeting in volo e l'interruzione della missione. Un collegamento dati in fibra ottica è installato per trasmettere informazioni sul rilevamento e sulla distanza del bersaglio dal sistema di controllo del sottomarino al missile. Trasmette anche immagini digitali dal missile alla console di controllo delle armi. Una testata multiuso, del peso massimo di 20 kg, consente al missile di fornire difesa attiva contro obiettivi aerei, marittimi e terrestri.

Lancio da un contenitore sommerso per il missile IDAS

L'arma IDAS viene lanciata da un contenitore di lancio, che viene caricato nel tubo lancia-siluri del sottomarino. Il container di lancio è in grado di immagazzinare fino a quattro missili pronti al lancio e l'espulsione idraulico-meccanica dei missili. Questo contenitore prevede bobine in fibra ottica per ciascuno dei quattro missili. Le funzionalità principali di questo nuovo sistema sono la capacità di lancio sottomarino del missile e il suo controllo interattivo e controllo durante il volo da parte dell'operatore. Il sistema utilizza un collegamento dati tra il missile guidato (LFK) e il sottomarino durante il volo attraverso una fibra ottica.

Propulsione

Il missile è motorizzato da un motore a razzo a propellente solido a singolo stadio che funziona a diversi livelli di spinta. La tecnologia IDAS (basata sul missile aria-aria IRIS-T ) è principalmente mirata contro le minacce aeree, come gli elicotteri ASW, ma anche contro le navi di superficie di piccole o medie dimensioni o gli obiettivi terrestri costieri. Attualmente è sviluppato da Diehl BGT Defence e HDW, che fa parte della Thyssenkrupp Marine Systems (TKMS), per essere lanciato dai tubi lancia-siluri dei sottomarini Type 212. Il missile IDAS ufficialmente ha un raggio d’azione di circa 40 km.  
Quattro missili vengono inseriti in un unico tubo lancia-siluri immagazzinato a prua del sottomarino. Le prime consegne di IDAS per la Marina tedesca e il servizio operativo sono iniziate dal 2014 in poi. 
Fatta eccezione per alcuni anni di test da parte della Royal Navy e della Marina israeliana della Blowpipe (missile) TV a corto raggio negli anni ’70, il sistema IDAS è il primo missile al mondo che offre ai sottomarini la capacità di affrontare le minacce aeree mentre sono immersi, e il primo missile lanciato dal tubo che emerge in una capsula e viene lanciato direttamente dai tubi lancia-siluri. In alternativa, I’DAS potrebbe in teoria essere lanciato anche tramite il sistema Gabler Maschinenbau TRIPLE-M; nel nuovo sottomarino di tipo 216 attualmente in fase di sviluppo, l’IDAS sarà lanciato normalmente dai tubi lancia-siluri. Il sistema missilistico guidato "Interactive Defense and Attack System for Submarines - IDAS" serve all'autodifesa dei sottomarini contro le minacce aeree: in una tale situazione di minaccia, i sottomarini non sono stati finora in grado di difendersi attivamente. L'unica opzione rimasta era quella di  immergersi e sperare di non essere scoperti.

Funzionalità

L'elicottero attaccante è identificato dal sonar del sottomarino. Quindi i dati di destinazione vengono visualizzati sulla console di posizione e controllo.
Nella fase successiva, l'IDAS viene espulso idraulicamente dal tubo lancia-siluri. Dopo che il suo motore lo ha espulso ad una distanza di sicurezza dal sottomarino, il missile si dirige sott'acqua nella direzione del bersaglio. A questo punto, è già possibile un cambio di direzione per attaccare il bersaglio da un lato o dalle spalle. Con l'aiuto di un motore booster, l’IDAS spinge attraverso la superficie dell'acqua e sale alla sua altitudine di crociera. Le ali vengono quindi dispiegate per le funzioni di controllo.
Durante la ricerca del bersaglio, l'LFK vola alla massima velocità nella direzione dell'area assegnata prima del lancio. Durante l'intera operazione, il sistema visualizza graficamente all'operatore nel sottomarino, tramite il cavo in fibra ottica, l'ambiente percepito dalla testa di riferimento dell’IDAS e il suo obiettivo. Se necessario, l'operatore può intervenire in qualsiasi momento e modificare sia il bersaglio sia la traiettoria apportando correzioni manuali e può anche terminare la missione in qualsiasi momento.
Il bersaglio viene ingaggiato alla fine della missione innescando la testata con un corrispondente effetto scheggia.
Il progetto è stato finalizzato nel 2018 ed è previsto un periodo di quattro anni per lo sviluppo, o fino alla fine del 2023. 
L'introduzione nelle forze armate tedesche e la consegna alla Bundesmarine sono previste per il 2024 dopo il completamento dello sviluppo e test operativo. 
Chissà se anche la M.M. lo adotterà per armare i futuri U212 NFS!

(Web, Google, Wikipedia, You Tube)














lunedì 4 maggio 2020

I nuovi U212 NFS della Marina Militare utilizzeranno nuove batterie derivate da quelle "ossido di alluminio-argento (Al-AGO) dei siluri WASS?


Rispetto ai precedenti 4 U-212A, i nuovi U-212 NFS includeranno moltissime tecnologie ed apparati sviluppati e realizzati nel nostro Paese:
  • Nuove batterie al “Litio-Polimeri” già utilizzate con successo da Leonardo-Wass sui siluri “Black Shark”, o quelle più diffuse a livello mondiale al “Litio-Ferro-Fosfato”,
  • Un nuovo rivestimento in fluoro-polimero,
  • Nuovo design della prua,
  • Miglioramenti alle FUEL-CELLS,
  • Nuove capacità di guerra elettronica ECM-ECCM, 
  • Le antenne saranno movimentate utilizzando sistemi elettrici invece che idraulici con gli aggiornamenti forniti dalla ditta italiana Calzoni,
  • Un nuovo sistema nazionale di gestione del combattimento e di guerra elettronica, 
  • Possibilità di imbarcare e di lanciare missili mare-mare e mare-terra,
  • un nuovo sistema di emersione d'emergenza sarà di progettazione italiana.

Gli U212 già oggi garantiscono una autonomia in immersione che gli consente di operare per almeno due settimane senza venire in superficie allo snorkel; è un valore di circa 6-7- volte superiore a quello che poteva fare un sommergibile convenzionale senza il sistema di propulsione AIP: ad oggi sembra che si sia arrivati a 3 settimane. Per sottomarini di tale stazza, due-tre settimane continuative in mare sono il massimo sostenibile dall'equipaggio e sono ritenute sufficienti per l'espletamento della stragrande maggioranza delle operazioni in Mediterraneo.
Dimensioni più generose con conseguente aumento dell'autonomia in immersione sono utili per marine che operino in teatri più ampi dove diversi giorni di navigazione occulta sono necessari anche solo per raggiungere l'area di operazione. 
Giappone, India e Australia si sono dotate o sono in procinto di dotarsi di SSK-AIP che possano garantire le maggiori prestazioni indispensabili per l’oceano. Germania e Norvegia, forse con un occhio alle future rotte artiche, hanno sicuramente considerato di dover operare nell'Atlantico Settentrionale e nel Mare del Nord. Dimensioni più generose non aggiungono nulla alla soluzione del fondamentale problema cinematico che rende un SSK drammaticamente inferiore ad un sottomarino nucleare d’attacco: le differenze di velocità e di spunto renderebbero nella maggior parte dei casi impossibile per l'SSK raggiungere una posizione di lancio che consenta di colpire un sommergibile ostile. Semplificando, è indispensabile raggiungere una posizione tra gli 80 ed i 45° di prora rispetto alla rotta del nemico e per fare questo bisogna essere molto più veloci. L'SSK-AIP dopo aver pattugliato magari per giorni davanti ad una base di SSN nemici si troverebbe nella stessa drammatica, frustrante ed irrisolvibile situazione di inferiorità nella quale si trovavano i sommergibili della II GM nell'attaccare navi da guerra o convogli di navi mercantili.
Quindi, secondo alcuni esperti, l'SSK-AIP potrebbe in alcuni casi avere ragione di un SSN in condizioni particolari e favorevoli, molto spesso in concorso con altri mezzi navali ed aerei.  Pertanto, dato che non è e non potrà mai essere paragonabile ad un SSN perché dare al sottomarino AIP dimensioni maggiori a scapito della furtività se non è strettamente necessario?
E’ chiaro che un SSK AIP non potrà mai essere competitivo con un SSN in velocità data la differenza di potenza installata. L'autonomia in immersione dovrebbe essere vicina ai 30 giorni e non. La traversata dello Scirè oltre Atlantico nel 2009 dalle Azzorre alla costa statunitense fu eseguita in immersione per 18 giorni ad una velocità media di 5.5-6 nodi. Le nuove celle a combustibile più piccole e potenti permetteranno di installarne molte di più nel medesimo spazio; se il sottomarino fosse leggermente più grande come auspicato da molti, sia in larghezza che in lunghezza, se ne potrebbero installare ulteriori e questo permetterebbe di generare con le sole celle a combustibile sufficiente potenza per progredire a 10-12 nodi senza l'ausilio delle batterie che, essendo al litio-ferro, hanno un volume ed un peso più piccolo di un terzo delle attuali; quindi, se ne potrebbero installare il triplo accoppiate ad un motore/ generatore di una potenza adeguata. Ciò permetterebbe spunti di velocità importanti. Le maggiori dimensioni altresì permetterebbero di imbarcare più combustibile mettendo in grado l'unità di poter operare a lungo raggio anche in Oceano, dando all'equipaggio una migliore abitabilità, più vettovagliamenti e più armi; in Mediterraneo i Smg AIP potrebbero operare a velocità più elevate se richiesto.
A parere degli esperti, le operazioni dei nostri futuri battelli AIP non devono essere circoscritte al Mediterraneo ma anche oltre. 
La reputazione dell'U-212 è basata sul suo sistema di propulsione indipendente dall'aria, che è alimentato da celle a combustibile a idrogeno e ossigeno e permette lunghi periodi di navigazione subacquea estremamente silenziosi. Il sistema AIP rimane anche nella versione NFS, ma l'industria italiana viene chiamata a sviluppare una nuova batteria agli ioni di litio piuttosto che una batteria al piombo-acido che è italiana al 100%; ha richiesto tre anni di ricerca e sviluppo per essere perfezionata, ed è più performante delle batterie precedenti. L'Italia sarà la prima marina europea ad adottare gli ioni di litio. Ai nuovi battelli U212NFS verrà inoltre applicato allo scafo un nuovo rivestimento in fluoro-polimero che riduce le incrostazioni e la resistenza aerodinamica, migliora l'idrodinamica dell'imbarcazione attraverso regolazioni al design della prua. 

Grazie alle nuove batterie, alla vernice a base di “meta-materiali”, al nuovo design della prua ed ai miglioramenti alle FUEL-CELLS, l'autonomia del nuovo U212NFS sarà molto incrementata.

L'NFS sarà leggermente più lungo della classe TODARO, in parte per ospitare un'antenna in più per fornire nuove capacità di guerra elettronica ECM-ECCM, mentre tutte le antenne saranno movimentate utilizzando sistemi elettrici invece che idraulici con gli aggiornamenti forniti dalla ditta italiana Calzoni.
La Marina Militare Italiana sta valutando opzioni nazionali per un nuovo sistema di gestione del combattimento e di guerra elettronica, mentre i nuovi sottomarini saranno progettati per essere in grado di lanciare missili mare-mare e mare-terra.
Anche un nuovo sistema di emersione d'emergenza sarà di progettazione italiana e non tedesca, come per i precedenti sottomarini.
Il primo NFS dovrà essere in servizio operativo nel 2025. L'obiettivo più importante è quello di aumentare la possibilità che l'Italia possa ora esportare i sistemi costruiti per i sommergibili. E' molto probabile che sui nuovi sottomarini AIP siano utilizzate delle nuove avanzatissime batterie derivate da quelle utilizzate con successo da Leonardo-Wass sui siluri “BLACK SHARK N.S.P.”.



BATTERIE AL “LITIO-POLIMERI”

Le nanotecnologie quintuplicano la capacità delle batterie al Litio.
Nuovi materiali come lo zolfo e una nuova tecnica produttiva per gli elettrodi delle batterie al Litio, consentono di ottenere una eccezionale combinazione di capacità e durata. E’ del tutto ovvio che se diventasse commercialmente disponibile a costi abbordabili un nuovo tipo di batteria al Litio con capacità quintupla e durata oltre doppia rispetto alle attuali, l’impatto positivo e tecnologico sarebbe formidabile. Ed è proprio questo che promettono le nuove batterie.
Quando si parla genericamente di batterie al Litio, questo elemento è sempre presente ma fondamentalmente nell’elettrodo Anodo e spesso anche nell’elettrolita. Invece i composti utilizzati per la realizzazione dell’elettrodo Catodo possono essere svariati e differenziano considerevolmente le prestazioni della batteria.
Nel tipo più comune di batterie al Litio, solitamente chiamate Litio-Ioni, il catodo è realizzato in diossido di manganese. Sono di questo tipo oltre i tre quarti di tutte le batterie al litio attualmente prodotte.
Le batterie note come Litio-Polimeri costituiscono una evoluzione di questo schema, ma con un elettrolita solido anziché liquido, realizzato con un polimero conduttivo. Questi tipi di batterie possono immagazzinare mediamente 250-300 Wh per kg e tipicamente mantengono l’80% della loro capacità dopo 500 cicli di carica-scarica.
Fin qui la tecnologia commercialmente disponibile. Da un punto di vista teorico, però, è noto da tempo che esistono altre combinazioni di materiali per il Catodo che possono incrementare notevolmente la densità energetica delle batterie al Litio, se si riuscissero a risolvere alcuni problemi costruttivi.
Emblematico il caso dello Zolfo. Teoricamente, batterie al Litio con catodo di zolfo dovrebbero immagazzinare ben 1600 Wh/kg, oltre 5 volte la capacità delle comuni batterie Li-Ion e Li-Polymer. In pratica risulta difficile costruire simili batterie, perché i composti che si formano sul Catodo durante la scarica tendono a disperdersi e perché provocano una espansione delle dimensioni del Catodo stesso che col tempo portano alla fessurazione del suo involucro di contenimento.
Ora i ricercatori hanno scoperto il modo di costruire un Catodo di zolfo con un sistema di contenimento che concilia le esigenze elettriche, chimiche e meccaniche permettendo alle reazioni litio-zolfo di avvenire regolarmente ma senza apprezzabile deterioramento della struttura dell’elettrodo, per una lunga durata. L’accorgimento consiste nel polverizzare le particelle di zolfo su una scala di 800 nanometri e nel circondarle singolarmente con dei nanogusci di biossido di titanio di diametro leggermente superiore a quello delle particelle di zolfo contenute: un po’ come un uovo con guscio di titanio, tuorlo di zolfo e albume assente. La cavità tra “guscio” e “tuorlo” permette alla particella di zolfo di formare composti con il Litio e quindi di crescere di dimensioni durante la scarica, ma senza sottoporre a stress l’involucro grazie allo spazio libero.  Il processo nano-tecnologico con cui vengono ottenute queste sferule con cavità è la vera innovazione. Si parte con le nanoparticelle di zolfo, si depone sulla loro superficie il rivestimento di titanio solido nano-poroso e infine si utilizza un solvente dello zolfo, che sia capace di permeare il guscio di titanio (ma senza scioglierlo), penetrare all’interno e qui corrodere il “tuorlo” di zolfo riducendone il diametro a parità di diametro del guscio, creando così la cavità in ogni sferula.
Estremamente interessanti le conseguenze. Con i primi prototipi si è già osservata una densità energetica di 1030 Wh/kg, non ancora al massimo valore teorico eppure già 4-5 volte superiore a quella delle comuni batterie al Litio. Di grande rilievo anche la durevolezza visto che dopo 1.000 cicli di carica-scarica la batteria ha mantenuto il 70% della capacità e ben il 98.4% di efficienza faradica (ossia la frazione di carica che viene effettivamente restituita durante la scarica, senza dispersioni): quest’ultimo dato dimostra che a livello nano-strutturale non ci sono state le temute alterazioni che di solito compromettono la funzionalità dei Catodi di zolfo.
Più cicli di ricarica vive una batteria agli ioni di litio, più il suo elettrodo negativo perde capacità di accogliere elettroni, diminuendo progressivamente la prospettiva di vita del pacco batterie. I ricercatori hanno però trovato il modo di rendere le batterie al litio eterne, anzi, auto-riparanti. Le ricerche degli ultimi anni sono state prevalentemente rivolte all’accrescimento della capacità di accumulo di energia nelle attuali batterie agli ioni di litio: la soluzione più promettente era stata identificata l’anno scorso, con l’inserimento di silicio nella nanostruttura dell’anodo. In questo modo l’elettrodo è in grado di accogliere molti più elettroni e più rapidamente (leggi: far affluire energia nella batteria più velocemente) rispetto agli standard attuali. C’è solo un piccolo problema: per far ciò, la nano-struttura dell’elettrodo si dilata fino al 300% durante la migrazione degli elettroni al suo interno, per poi riprendere le sue dimensioni originali, arrivando a lesionarsi dopo pochi cicli di ricarica.
Una ricerca ha portato a trovare la soluzione. E’ stato infatti sviluppato un polimero capace di riparare da sé ed istantaneamente le fratture provocate dalle repentine dilatazioni, grazie al quale gli elettrodi in silicio durano 10 volte più a lungo di quelli che ne sono sprovvisti.
I ricercatori hanno appositamente indebolito i legami nella struttura dell’elettrodo per facilitarne la rottura, verificando così l’efficacia dell’attrazione chimica che li ripara nel giro di poche ore. Dotare i componenti delle batterie al litio della capacità di auto-ripararsi, fondamentale per molti organismi viventi, può davvero essere la chiave per estenderne il ciclo vitale: se gli attuali elettrodi utilizzati nelle batterie al litio che usano il silicio sopportano un centinaio di cicli di carica-scarica, gli obiettivi da raggiungere per i ricercatori sono i 500 cicli per le batterie destinate ai telefoni e i 3,000 cicli per quelle progettate per i veicoli elettrici. Il tipo di batteria ricaricabile noto come accumulatore litio-polimero, o più raramente batterie litio-ione-polimero (abbreviato Li-Poly o, più comunemente, LiPo) è uno sviluppo tecnologico dell'accumulatore litio-ione.
La principale caratteristica che li differenzia è che l'elettrolita in sale di litio non è contenuto in un solvente organico, come nel molto diffuso disegno litio-ione, ma si trova in un composito di polimero solido, come ad esempio il poliacrilonitrile. Vi sono molti vantaggi in questo tipo di costruzione, che lo rendono superiore al disegno classico litio-ione, tra cui il fatto che il polimero solido non è infiammabile (a differenza del solvente organico utilizzato nelle cellule a Li-Ion) e queste batterie sono dunque meno pericolose se vengono danneggiate. Le celle che oggi vengono vendute come batterie litio-ione-polimero hanno uno schema diverso rispetto alle vecchie celle a ioni di litio. A differenza delle celle in litio-ione, che erano contenute in minuscoli contenitori rigidi in metallo cilindrici o prismatici (a nido d'ape), le attuali celle polimeriche hanno una struttura a fogli flessibili, spesso pieghevoli (laminato polimerico), e contengono ancora un solvente organico. La maggiore differenza tra le celle in polimero e le celle litio-ione è che nelle seconde, il contenitore rigido pressa reciprocamente gli elettrodi e il separatore, mentre in quelle a polimero questa pressione esterna non è richiesta perché i "fogli" di elettrodo e i "fogli" del separatore (dielettrico) sono laminati ciascuno sull’altro. Le batterie in polimero litio-ione sono apparse nel commercio destinato all'elettronica di consumo soltanto nel 1996. In precedenza erano una invenzione sovietica sotto segreto militare, ma in possesso anche del complesso militare industriale statunitense. La tecnologia venne messa a disposizione dell'industria di consumo soltanto qualche anno dopo la caduta del Muro di Berlino.
Dal momento che non è necessario alcun tipo di contenitore in metallo, la batteria può essere più leggera e sagomata per occupare lo spazio che le è riservato nell'apparecchio da alimentare. Dal momento che hanno un impacchettamento più denso senza spazi tra le celle cilindriche e senza contenitore, la densità energetica delle batterie Li-Poly è maggiore di più del 20% rispetto a una Litio-Ione classica ed è circa tre volte migliore rispetto alle batterie NiCd e NiMH. La tensione delle celle Li-Poly varia da circa 2,7 V (scariche) a circa 4,23 V (a piena carica), e le batterie Li-Poly devono essere protette dall'eccesso di carica limitando la tensione applicata a non più di 4,235 V per ogni cella usata in una combinazione di esse in serie. Durante la scarica dovuta a un carico di lavoro, questa dovrà essere rimossa e ricaricata al più presto quando la tensione scende sotto circa 3.0 V per cella (se usate in una combinazione in serie), altrimenti la batteria come conseguenza non potrà essere caricata più a lungo. Nella prima fase dello sviluppo la tecnologia litio-polimeri aveva dei problemi a causa della resistenza interna.
Un'altra sfida include il tempo di carica minore e maggiore corrente di scarica a confronto delle tecnologie già mature. Le batterie Li-Po tipicamente richiedono più di un'ora per una piena ricarica. Alcuni recenti miglioramenti al progetto hanno aumentato la massima corrente di scarica da due a 15 o anche 20 volte la capacità della cella (corrente di scarica in ampere, capacità della cella in Ampere/ora “Ah").
Se confrontate alle batterie Li-ion, le batterie Li-Poly hanno un tasso di degrado maggiore nel ciclo di vita. A ogni modo, recentemente, produttori hanno dichiarato di aver raggiunto un numero di 500 cicli di carica/scarica prima che la capacità si riduca all'80% di quella iniziale. Un'altra variante delle batterie ai polimeri di litio è la "batteria al litio ricaricabile in film sottile" che ha reso possibile più di 10 000 cicli di carica e scarica.
Uno dei grandi vantaggi della tecnologia Li-Poly è che i costruttori possono sagomare la forma alle batterie più o meno come vogliono: questo può essere importante per i costruttori di telefoni cellulari, che costantemente lavorano su telefoni sempre più piccoli, sottili e leggeri. Un altro vantaggio delle batterie ai polimeri di litio rispetto alle batterie Ni-Cd (nichel-cadmio) e NiMH (nichel-metal idruro) è che la corrente di scarica a vuoto (auto scarica) è molto minore. Uno dei principali difetti della tecnologia è la necessità di usare caricabatterie specifici, per evitare incendi ed esplosioni. La batteria può esplodere se corto-circuitata, a causa della bassissima resistenza interna e della conseguente tremenda corrente impulsiva che attraversa la cella. Inoltre una cella Li-Poly può incendiarsi facilmente se forata, per cui le batterie sono, in varie applicazioni, ricoperte da un involucro plastico che dovrebbe prevenire le forature. In applicazioni specifiche, inoltre, sono richiesti controlli elettronici di coppia per i motori elettrici collegati alla cella, al fine di contenere le correnti di scarica e di conseguenza il danneggiamento della batteria. Un problema delle batterie a base di litio è l'approvvigionamento della materia prima: il litio è disponibile in natura in quantità limitata e richiede processi di estrazione particolarmente complicati e costosi; il mercato è in mano a pochi produttori: FMC e CHEMETALL.
Ci sono attualmente due tecnologie in commercio. Entrambe sono ai Li-Ion-Poly (dove Poly sta per "Polimero elettrolita/separatore"). Sono chiamate "Batterie ai polimeri elettrolitici”. L'idea è di usare un polimero permeabile agli ioni al posto della tradizionale combinazione di un separatore microporoso e un elettrolita liquido. Questo promette non solo una migliore sicurezza, dato che l'elettrolita polimerizzato non brucia facilmente, ma anche la possibilità di realizzare batterie molto sottili, dato che non richiederanno una pressione applicata al "sandwich" catodo-anodo. L'elettrolita polimerizzato assicurerà la tenuta di entrambi gli elettrodi come una colla.
Il polimero elettrolita/separatore può essere realmente un polimero solido (polietilenossido, PEO) +LiPF6 o altri sali conduttivi +SiO2 o altri riempitivi con caratteristiche meccaniche migliori (questi sistemi non sono ancora disponibili sul mercato). Alcuni stanno pensando di usare Litio metallico come anodo, mentre altri preferiscono usare il più sicuro anodo a intercalazione di carbonio. Entrambe le tecnologie usano PVdF (un polimero) reso gel con solventi convenzionali e sali, come EC/DMC/DEC ecc. La differenza fra le due tecnologie è che una (Bellcore/Telcordia tecnologia) usa LiMn2O4 come catodo e l'altra, più convenzionale, LiCoO2. Altre, più "esotiche" (comunque non ancora commercialmente disponibili) batterie Li-poly usano un catodo polimerizzato. Per esempio, Moltech sta sviluppando una batteria con un catodo in plastica conduttiva. Ancora un'altra proposta è di usare composti zolfo organico per il catodo in combinazione con un polimero conduttivo come il polyaniline. Questo approccio promette maggiore capacità di potenza (minore resistenza interna) e una maggiore capacità di scarica, ma attualmente ha problemi con il numero di cicli e costi di realizzazione.



Le BATTERIE al “litio-ferro-fosfato” (LiFePO4)

Tale batteria è chiamata anche “LFP” ed è un tipo di batteria ricaricabile; nello specifico una batteria agli ioni di litio, che utilizza il litio-ferro-fosfato come materiale catodico.
Il LiFePO4 fu scoperto dal gruppo di ricerca di John Goodenough all'Università del Texas nel 1996 come un materiale catodico per le batterie al litio. Grazie al suo basso costo, alla sua atossicità, all'abbondanza del ferro, alla sua alta stabilità termica, caratteristiche di sicurezza, buone prestazioni elettrochimiche, e alla sua alta capacità specifica (170 mA·h/g) ha guadagnato una posizione nel mercato.
Il limite tecnico che, inizialmente, ha relegato questa batteria a una nicchia di mercato è stata la sua alta resistenza elettrica. Questo problema, comunque, è stato parzialmente risolto riducendo la dimensione delle particelle utilizzate nella costruzione, rivestendo le particelle di LiFePO4 con materiali conduttori come il carbonio e, parzialmente, ricorrendo al drogaggio dei semiconduttori. È stato poi scoperto che una migliore conduttività veniva creata con nanoparticelle di carbonio create da precursori organici. Molti accumulatori al litio (Li-ion) utilizzati nei prodotti di consumo sono delle batterie al litio ossido di cobalto (LiCoO2). Altre varietà di batterie includono litio-ossido di manganese (LiMn2O4) e litio-ossido di nickel (LiNiO2). Le batterie vengono denominate a seconda del materiale utilizzato per il catodo; gli anodi vengono generalmente costruiti in carbonio e vi è un'ampia scelta nell'elettrolita da utilizzare.
Le batterie LiFePO4 restano sempre delle batterie che utilizzano la chimica del litio, perciò condividono con essa gli stessi vantaggi e svantaggi. I vantaggi chiave delle batterie LiFePO4, rispetto alle LiCoO2, sono una maggiore resistenza termica, una maggiore resistenza all'invecchiamento, una più alta corrente di picco e l'utilizzo del ferro che, al contrario del cobalto, ha un minore impatto ambientale. Gli accumulatori LFP hanno alcune caratteristiche, che possiamo riassumere in vantaggi e svantaggi.
Molte batterie LFP hanno una bassa corrente di auto-scarica. La vita media delle LFP, se usate al 90% della capacità nominale, supera abbondantemente i 2.000 cicli completi di vita utile. Anche sottoposte a grossi carichi, danno una ottima stabilità in tensione. Rispetto ad altre tecnologie al litio, le batterie LFP sono soggette ad un effetto di AGING relativamente basso anche se mantenute ad alte temperature Le celle sono commercialmente disponibili in diversi formati che le rendono particolarmente idonee per realizzare batterie di trazione nelle taglie più popolari di 100 / 200 / 300 / 400 AH
L'energia specifica di un accumulatore LFP è inferiore a un accumulatore LiCoO2, anche se i vari produttori stanno investendo per risolvere questo divario. Le batterie, se nuove, possono subire dei malfunzionamenti se scaricate più del 66%, quindi è consigliato un periodo di rodaggio. Questo, grazie all'introduzione di nuovi catodi, non è più necessario. Le batterie LFP soffrono durante la ricarica rapida. I nuovi catodi, introdotti da un paio d'anni, permettono correnti di carica pari anche a 5-7 volte la capacità nominale.
LiFePO4 è un materiale intrinsecamente più sicuro rispetto al LiCoO2 e alla controparte al manganese. Il legame Fe-P-O è più forte del legame Co-O così, nel caso cui non vengano rispettate le condizioni operative (cortocircuito, surriscaldamento, ecc.) gli atomi di ossigeno sono più difficili da rimuovere. Questa stabilità della reazione redox, oltre a stabilizzare la cella, aiuta anche il trasferimento dell'energia. Solo le temperature superiori agli 800 °C possono rompere il legame ossigeno: ciò assicura un ampio range sopportabile di temperature rispetto al LiCoO2. Poiché il litio tende a migrare all'esterno del catodo della cella LiCoO2, lo ione CoO2 causa un'espansione non lineare, che procura danni strutturali alla cella. I vari stati del litio nella formula LiFePO4 sono strutturalmente simili, così le celle LiFePO4 sono strutturalmente più stabili rispetto alla controparte LiCoO2. Quando totalmente cariche, nel catodo delle celle LiFePO4 non rimane alcuna traccia di litio, mentre nelle celle al cobalto ne rimane circa il 50%.
Attualmente questa tecnologia è impiegata per la costruzione di accumulatori per automobili ibride. Grazie alla loro relativa economicità, queste batterie vengono utilizzate anche da hobbysti e nel progetto "un computer per ogni bambino”. Nell'ambito dei trasporti, il loro utilizzo non si ferma alle automobili: vengono usate anche nelle biciclette a pedalata assistita, nei motoveicoli elettrici e, nell'utilizzo professionale, nei veicoli per le guardie di sicurezza.
Sono presenti in diversi formati: cilindrici (18650, 26650, 38120, 38140, 40160 - dove 18 sta per il diametro in mm e 65 la lunghezza, sempre in mm), o rettangolari, senza però un formato definito. Le capacità per le celle cilindriche possono andare da 1.100 mAh (18650) a 16 Ah (40160). Le capacità per quelle rettangolari partono da 20 Ah e possono arrivare fino a 1000 Ah per cella.

Batterie al "Litio-Ferro-Fosfato"

Le batterie LIFEPo4 sono un’ottima alternativa che va a sostituire le classiche batterie al piombo AGM, con prestazioni elevate e pesi ridotti anche del 60%.
Questa tecnologia è in grado di sopportare 2000 cicli di carica/scarica e si può ricaricare in tempi rapidissimi. La sicurezza è garantita, oltre che dal BMS interno, dal sensore di temperatura che protegge l’intero sistema. Le batterie al Litio hanno: Elevato numero di cicli, Peso ridotto del 60%, Maggior autonomia, Brevi tempi di ricarica.
La batteria in LiFePO4, invece, è più grande ed ha una maggiore resistenza al calore. Una batteria al litio-ferro-fosfato è la scelta migliore, perché è l’unica che per ora soddisfa 4 criteri fondamentali: sicurezza, durata e prestazioni, tecnologia ed eco compatibilità.
La sicurezza è il primo punto da tenere in considerazione quando si produce una batteria per un sistema di accumulo. Per sapere come reagiscono le batterie nel caso di un improbabile cortocircuito interno, vengono testate in laboratorio. Solo quando una batteria è in grado di sopportare un carico senza esplodere o bruciare, è adatta all’utilizzo. L’esplosione oltretutto porta ad un fuoco non esauribile, a causa dell’ossigeno all’interno del materiale della batteria e quindi può bruciare anche sott’acqua. La batteria al litio-ferro-fosfato, anche completamente carica, ha superato brillantemente tutti i test, non mostrando alcuna reazione. Non ci sono stati innalzamenti critici della temperatura tali da poter sciogliere il separatore, anzi essa rimane statica sui 125/130° C., senza pericolo di diffusione.
Una batteria deve essere affidabile per molti anni, solo così può risultare economicamente sostenibile. Ancora una volta, la tecnologia delle batterie è cruciale. Fondamentalmente una batteria, ogni volta che si carica e scarica, perde un po’ della sua capacità originale. Ciò significa che con il passare del tempo la batteria immagazzinerà sempre meno energia. Questo processo si percepisce in misura minima, fino a raggiungere un livello che è comunemente indicato come fine della vita che spesso avviene in modo improvviso. La batteria al litio-ferro-fosfato può arrivare fino 10.000 cicli di carico/scarico, e avrà ancora il 70% della sua capacità iniziale. Un valore senza precedenti nel settore: anche dopo 15.000 cicli, la batteria mantiene ancora circa il 60% della sua capacità. La tecnologia al litio-ferro-fosfato ci fornisce la base giusta per consentire un uso così duraturo della batteria.
La tecnologia al litio-ferro-fosfato è stata sviluppata oltre 15 anni fa. Ha inizialmente dimostrato la sua efficacia sugli autobus e nei sottomarini.
Il litio-ferro-fosfato è l’unico materiale per batterie che si verifica come un minerale naturale nella sua composizione chimica. Una batteria è costituita da due elettrodi, uno dei quali in grafite, mentre l’altro è costituito da un composto di nichel-cobalto oppure uno al litio-ferro-fosfato. In tali batterie non sono presenti né cobalto né nickel, considerati entrambi metalli pesanti tossici.



Tkms ha di recente presentato il nuovo sistema a celle a combustibile di quarta generazione “Fc4G”

Thyssenkrupp Marine Systems ha presentato di recente la nuova versione aggiornata della cella a combustibile di quarta generazione “FC4G” per applicazioni sottomarine dopo aver completato un vasto programma di test con oltre 70.000 ore di funzionamento nell'ambiente di prova; è un miglioramento di un sistema già senza rivali e ultra collaudato.
Il comunicato dell’azienda tedesca:“I nostri clienti utilizzano i nostri sistemi a celle a combustibile da oltre 15 anni. Con questa quarta generazione stiamo realizzando qualcosa di ancora più grande. Questo è il prossimo grande passo con enormi miglioramenti nella disponibilità, ridondanza e invisibilità. Sono orgoglioso che stiamo facendo avanzare nuovamente i nostri clienti stabilendo nuovi standard. "
L'FC4G è progettato per essere un sistema modulare ad alta disponibilità composto da componenti ridondanti per mantenere le massime prestazioni in ogni momento. In termini di stoccaggio dell'H2, i sistemi si basano sul collaudato ed eccezionalmente sicuro sistema di cilindri in idruro di metallo delle generazioni precedenti. Questi cilindri non contengono alcun componente attivo; quindi, riducendo al minimo il fallimento mantenendo in sicurezza le molecole di idrogeno nel reticolo cristallino dell'idruro. Poiché l'idrogeno viene alimentato al sistema nella sua forma più pura, non è richiesta alcuna conversione chimica e, di conseguenza, l'efficienza dell'intero sistema rimane molto elevata. Al contrario, i sistemi di reforming creano inevitabilmente CO2 da un combustibile liquido come il gasolio lasciando una traccia di CO2 - e potenzialmente altri sottoprodotti contenuti nel gasolio come lo zolfo - che devono essere dissolti nell'acqua marina circostante facendo funzionare le pompe elettriche.  Lo stesso vale per i sistemi AIP basati su altri principi, come i motori Stirling, i motori diesel a ciclo chiuso o le turbine a vapore a ciclo chiuso. Non così il sistema FC4G. L'unico sottoprodotto oltre all'energia elettrica è l'acqua pura, che viene immagazzinata a bordo per compensare il peso. H2 è facilmente disponibile ovunque sia attiva l'industria chimica, in genere in ogni paese del cliente, oppure può essere prodotta utilizzando fonti di energia verde suddividendo l'acqua in H2 e O2. Le firme complessive del sistema FC4G sono le più favorevoli sul mercato. Nessun sottoprodotto viene messo a mare, le firme termiche e acustiche sono ridotte al minimo mentre l'efficienza complessiva del sistema è doppia rispetto a qualsiasi motore a combustione.

Come già evidenziato in precedenza, sui nuovi sottomarini messi a punto da Fincantieri, verrà utilizzata una nuova  batteria derivata strettamente da quella all’ossido di alluminio-argento (Al-AGO), già sperimentata ed utilizzata per alimentare i siluri WASS "Black Shark N.S.P.".

Il programma per i nuovi 4 sommergibili U-212 NFS (Near Future Submarine) destinati alla Marina Militare è oramai vicino alla sua finalizzazione ma, a causa dei limitati fondi disponibili, il contratto sarà suddiviso in diverse tranche: 
  • una prima tranche, che dovrebbe partire subito, e comprenderà la realizzazione di un primo sommergibile, più un simulatore ed il supporto logistico; 
  • successivamente un altro sommergibile e poi l’opzione finale per le ultime 2 unità. 



Con quattro nuovi sottomarini AIP sarà possibile rimpiazzare le unità classe Sauro 3a e 4a serie Pelosi, Prini, Longobardo e Gazzana Priaroggia ancora in servizio, mantenendo una componente subacquea abbastanza bilanciata di otto unità.

(Web, Google, greenstart, fambatterie, accumulatorefotovoltaico, Wikipedia, You Tube)