mercoledì 18 ottobre 2023

US ARMY 1944 - 1967: L’M-45 Quadmount era un cannone antiaereo trainato composto da 4 mitragliatrici M2 Browning calibro .50 montate in coppia su entrambi i lati del compartimento di un cannoniere corazzato aperto con collegamento elettrico.





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Il sistema a/a venne sviluppato dalla WL Maxson Corporation per sostituire la precedente arma binata M-33 Maxson. Sebbene progettato come arma antiaerea, fu utilizzato anche contro bersagli terrestri, dove si guadagnò i soprannomi "tritacarne" e “Krautmower". Introdotto nel 1944, rimase in servizio operativo fino alla guerra del Vietnam.
L’M-45 Quadmount era un'arma antiaerea portatile americana. Come suggerisce il nome, il Quadmount utilizzava 4 mitragliatrici M2HD (chiamate anche versione Heavy Barrel M2) montate su di esso. Le armi erano montate sugli angoli superiore e inferiore sinistro e destro del Quadmount per creare un quadrato mortale. 
La prima guerra mondiale potrebbe aver introdotto gli aerei in guerra, ma durante la seconda guerra mondiale dominavano i cieli. La fanteria, l'artiglieria e le forze corazzate erano vittime dei predatori del cielo. Con questo in mente, un'arma antiaerea portatile era assolutamente necessaria per le forze terrestri (…e lo è ancor oggi).
All'inizio della Seconda Guerra Mondiale, le forze statunitensi disponevano dell'M33 twin mount, ma due cannoni non erano sufficienti per questa guerra in rapida evoluzione, quindi la WL Maxson Corporation sviluppò l'M45 Quadmount che utilizzava una torretta alimentata elettricamente da una coppia di batterie ricaricabili da 6 volt. La sua torretta era in grado di oscillare di 360° e cambiare elevazione da -10 a +90°. Sebbene il cannone fosse progettato per il combattimento antiaereo, se necessario poteva essere puntato a livello del suolo.
La cavalcatura veniva utilizzata su di un rimorchio e trasportata pronta attraverso le strade aperte e i campi d’Europa garantendo una protezione immediata alle forze alleate dai bombardamenti aerei.
L'operatore del Krautmower sedeva al centro con le armi orientate verso i lati del tiratore. Il sistema richiedeva 2 mitraglieri per mantenere l'arma carica e sparare. Ogni arma utilizzava una cassa di munizioni da 200 colpi. Il tiratore poteva sparare con tutte e quattro i cannoncini contemporaneamente, ma in pratica, il tiratore ne utilizzava 2 contemporaneamente cambiando coppia di armi per risparmiare munizioni. Ciò permetteva anche di raffreddare le canne e di ricaricare correggendo eventuali malfunzionamenti.
L'M45 Quadmount era in grado far convergere le canne verso un punto di mira a più distanze e il tiratore era anche in grado quindi di ripristinare le canne e la loro convergenza dalla sede di tiro. Aveva un raggio di tiro effettivo di 1,6 miglia e le sue mitragliatrici M2HD potevano squarciare le carlinghe dei velivoli dell’epoca.
Offriva anche molte più munizioni rispetto ai modelli di tipo cannone che utilizzavano proiettili da 20 mm e, sebbene il Krautmower non fosse altrettanto efficace, era più indulgente per l'operatore medio.
L'M45 ha visto molta azione nel teatro europeo. Divenne un'efficace difesa antiaerea che veniva spesso dislocata presso unità di guerra di terra. Unità corazzate, artiglieria e altro facevano affidamento su queste armi per seminare scompiglio verso i velivoli tedeschi e potevano persino intercettare i cacciabombardieri Messerschmitt. Gli alleati avevano spesso la superiorità aerea, ma il Messerschmitt poteva avvicinarsi, attaccare a bassa quota e scomparire prima che arrivassero i combattenti alleati. Il Krautmower ha aiutato ad affrontare questi aerei tedeschi.
Un utilizzo degno di nota degli M45 fu nella Battaglia delle Ardenne. Le armi antiaeree furono usate contro le forze di fanteria tedesche e fornirono quello che probabilmente equivaleva a una quantità estremamente efficace di fuoco di supporto. È difficile spostare la fanteria quando una calibro .50 la colpisce con facilità a mezzo miglio di distanza. Dopo la battaglia ottenne il soprannome di Krautmower.
Gli M45 brillarono anche mentre gli Alleati attraversavano il fiume Reno per raggiungere la Germania. La Germania inviò 248 combattenti per distruggere il ponte e fermare l'avanzata degli Alleati. Gli M45 Quadmount furono responsabili del 30% delle vittime degli aerei tedeschi. Il ponte rimase in piedi, consentendo alla Terza Armata americana di penetrare in Germania.
L'M45 non scomparve quando i nazisti furono sconfitti: si diffuse attraverso la Corea e il Vietnam. In Vietnam, gli M45 Quadmount si sono fatti strada sui camion per proteggere i convogli dagli aerei del Vietnam del Nord in arrivo. A quel punto, gli aerei erano molto più veloci, quindi i Quadmount facevano affidamento sulla loro enorme potenza di fuoco, che è una delle chiavi per sopravvivere a un'imboscata. Con 800 colpi di .50 BMG, queste armi A/A erano un inferno su ruote.
Dopo il Vietnam, il Krautmover svanì. Le minacce aeree divennero molto più veloci, quindi furono affrontate da armi molto più avanzate e complicate: come arma di fanteria, l'M45 semplicemente non era più necessario. 










Storia

Al fine di sviluppare un'arma antiaerea mobile, diversi supporti per mitragliatrice doppia da 0,5 pollici (12,7 mm) vennero testati sul telaio del semicingolato M2, tra cui Bendix, Martin Aircraft Company e Maxson. La torretta Maxson M33 fu preferita e, sul semicingolato M3 più grande (T1E2), fu accettata per il servizio nel 1942 come M13 Multiple Gun Motor Carriage. La montatura fu utilizzata anche sul semicingolato M5 simile al carrello motore a cannoni multipli M14. 
Sperimentalmente, il Quadmount fu testato anche nel 1942 su di un carro leggero M3 al posto della torretta del carro armato, ma il progetto fu interrotto. 
Anche se la produzione dei due veicoli MGMC era in corso, si stava lavorando per aumentarne la potenza di fuoco. La rielaborazione dell'M33 per ospitare quattro mitragliatrici portò al montaggio dell'M45.
L'M45 Quadmount era l'arma principale (insieme al cannone da 37 mm) dei battaglioni di artiglieria antiaerea altamente mobili schierati nel teatro europeo durante la seconda guerra mondiale. Questi battaglioni fornivano una preziosa difesa aerea a unità molto più grandi, in particolare all'artiglieria da campo. Le unità M45 Quadmount servivano come deterrente molto forte contro gli attacchi tramite mitragliatrici degli aerei da guerra nemici poiché, oltre alla loro potenza di fuoco lorda, il suo quartetto di cannoni Browning M2HB a "canna pesante" calibro .50 era in grado di essere "sintonizzato" per convergere su di un singolo e puntare a distanze che potevano essere reimpostate durante l'uso. Per l'M2 Browning furono sviluppati supporti per cannoni multipli perché la velocità di fuoco dell'M2 (450-550 colpi al minuto) per un singolo cannone era troppo bassa per l'uso antiaereo. 
L'M45 trovò impiego durante tutta la guerra come arma terrestre, in particolare durante la Battaglia delle Ardenne. Sebbene gli Alleati avessero raggiunto la supremazia aerea con l’invasione della Normandia nel giugno 1944, gli attacchi tedeschi rappresentavano ancora una notevole minaccia. I cacciabombardieri tedeschi Jabo potevano avvicinarsi e attaccare a bassa quota e poi ritirarsi rapidamente per evitare i caccia alleati. La Luftwaffe radunò un gran numero di aerei anche per l'operazione Bodenplatte che ebbe luogo il giorno di Capodanno del 1945.
Fu testato anche dalla US NAVY come soluzione per gli attacchi Kamikaze iniziati alla fine del 1944. Due portaerei della classe Essex ricevettero sei supporti ciascuna per test operativi a partire dalla CV-16 Lexington nel maggio 1945. I cannoni erano troppo leggeri e inefficaci contro le alte velocità possedute dall'aereo in picchiata Kamikaze. 
L'M45 Quadmount era inefficace contro i nuovi aerei veloci dell'era dei jet. Tuttavia, fu utilizzato contro obiettivi di fanteria nel servizio statunitense del dopoguerra. In Vietnam furono messi in servizio per difendere le basi e per guidare convogli di scorta lungo le strade dei Viet Cong. 
Anche l'esercito francese utilizzò gli M45 in combattimento. I supporti quadrupli M45 furono posizionati sui camion per affrontare le imboscate e quattro M45 furono usati durante la battaglia di Dien Bien Phu. 

TCM-20

Il TCM-20 era uno sviluppo israeliano del dopoguerra della montatura M45, equipaggiato con due cannoni Hispano-Suiza HS.404 da 20 mm al posto delle mitragliatrici. Nel servizio israeliano in prima linea, fu sostituito dal sistema di difesa aerea Vulcan M163 negli anni '70, ma alcune unità di riserva utilizzavano ancora i TCM-20 negli anni '80. L'arma venne esportata anche in diversi paesi del terzo mondo.

Supporti

Durante la seconda guerra mondiale, la torretta M45 fu montata su due sistemi specifici: il carrello motore per mitragliatrice multipla M16 e il carrello per mitragliatrice multipla M51. 
Quando montato sul rimorchio M20, era noto come supporto per rimorchio mitragliatrice M55, ma questo sistema non aveva terminato i test prima della cessazione delle ostilità. Gli M51 furono ritirati dal servizio entro la fine della seconda guerra mondiale a favore dell'M55.
Durante la guerra di Corea, l'M55 e l'M16 videro estesi combattimenti e le lezioni apprese in Corea portarono alla conversione di ulteriori 1200 semicingolati M3 nella variante M16A1 aggiungendo una torretta M45. Questi possono essere identificati dalla mancanza di armatura ripiegabile e di porta posteriore per le truppe nel compartimento dell'equipaggio ed erano spesso dotati di paraurti anteriore a rullo invece del paraurti del verricello montato su tutti gli M16. Nel 1954 fu apportata un'ulteriore modifica a circa 700 M16 MGMC, aggiungendo la porta posteriore per le truppe e fissando l'armatura ripiegabile in posizione sollevata. Questa modifica divenne nota come M16A2 MGMC.
L'M55 ricevette un nuovo generatore più potente negli anni '60 e prestò servizio durante la guerra del Vietnam, solitamente montato sul retro di un camion cannoniere M35 da 2,5 tonnellate o M54 da 5 tonnellate.

Operatività

L'M45 era azionato da due caricatori e un mitragliere. La montatura era in grado di effettuare una rotazione completa di 360°, con un angolo di elevazione compreso tra -10 e +90°. La traslazione e l'elevazione erano azionate elettricamente, alimentate da due batterie ricaricabili da 6 volt. Si poteva sparare con tutte e quattro le armi contemporaneamente, ma la pratica standard era quella di alternare il fuoco con la coppia di armi superiore e inferiore, consentendo a una coppia di raffreddarsi mentre l'altra era in uso. Ciò consentiva periodi di azione più lunghi poiché il surriscaldamento delle canne delle armi veniva ridotto. 
Le casse di munizioni M2 modello "tombstone" contenevano 200 colpi ciascuna, con una cassa di munizioni su di un sistema M45 che conteneva dieci volte più colpi di ciascuno dei quattro caricatori da 20 mm da venti colpi del sistema tedesco Flakvierling (e che, sul tedesco il sistema di ordigni, doveva essere cambiato ogni sei secondi su ciascuna arma quadrinata per garantire la propria cadenza di fuoco "combinata" massima di 800 giri al minuto), con ciascuna cassa di munizioni M2 che pesava 89 libbre ciascuna quando era piena.



Ripensare la guerra, e il suo posto
nella cultura politica europea contemporanea,
è il solo modo per non trovarsi di nuovo davanti
a un disegno spezzato
senza nessuna strategia
per poterlo ricostruire su basi più solide e più universali.
Se c’è una cosa che gli ultimi eventi ci stanno insegnando
è che non bisogna arrendersi mai,
che la difesa della propria libertà
ha un costo
ma è il presupposto per perseguire ogni sogno,
ogni speranza, ogni scopo,
che le cose per cui vale la pena di vivere
sono le stesse per cui vale la pena di morire.
Si può scegliere di vivere da servi su questa terra, ma un popolo esiste in quanto libero, 
in quanto capace di autodeterminarsi,
vive finché è capace di lottare per la propria libertà: 
altrimenti cessa di esistere come popolo.
Qualcuno è convinto che coloro che seguono questo blog sono dei semplici guerrafondai! 
Nulla di più errato. 
Quelli che, come noi, conoscono le immense potenzialità distruttive dei moderni armamenti 
sono i primi assertori della "PACE". 
Quelli come noi mettono in campo le più avanzate competenze e conoscenze 
per assicurare il massimo della protezione dei cittadini e dei territori: 
SEMPRE!
….Gli attuali eventi storici ci devono insegnare che, se vuoi vivere in pace, 
devi essere sempre pronto a difendere la tua Libertà….
La difesa è per noi rilevante
poiché essa è la precondizione per la libertà e il benessere sociale.
Dopo alcuni decenni di “pace”,
alcuni si sono abituati a darla per scontata:
una sorta di dono divino e non, 
un bene pagato a carissimo prezzo dopo innumerevoli devastanti conflitti.…
…Vorrei preservare la mia identità,
difendere la mia cultura,
conservare le mie tradizioni.
L’importante non è che accanto a me
ci sia un tripudio di fari,
ma che io faccia la mia parte,
donando quello che ho ricevuto dai miei AVI,
fiamma modesta ma utile a trasmettere speranza
ai popoli che difendono la propria Patria!
Signore, apri i nostri cuori
affinché siano spezzate le catene
della violenza e dell’odio,
e finalmente il male sia vinto dal bene…

(Fonti: https://svppbellum.blogspot.com/, Web, Google, SANDBOXX, Wikipedia, You Tube)




























 

martedì 17 ottobre 2023

REPARTI SPECIALI: La “P11” è un'arma da fuoco subacquea prodotta dall'azienda tedesca Heckler & Koch.





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La pistola subacquea Heckler Koch P11 è stata originariamente sviluppata alla fine degli anni '60 dalla famosa azienda tedesca produttrice di armi Heckler und Koch GmbH. 


Progettata e prodotta in segreto, fu brevettata nel 1969, ma i relativi brevetti sono stati resi pubblici solo nel 2008. È stata adottata dai nuotatori d’assalto della Bundeswehr nel 1976. Diversi altri paesi hanno adottato questa insolita arma per le proprie forze speciali, inclusa la US NAVY. Rimase segreta fino agli anni '90, quando le prime foto di questa pistola iniziarono ad apparire sulla stampa. È un'arma estremamente interessante e insolita. Mentre i suoi principali rivali, come la pistola russa SPP-1M o la pistola americana Mk.1 UDP, sono ottimizzate per le operazioni subacquee, la pistola HK P11 può essere utilizzata efficacemente sia sott'acqua che sopra l'acqua, "in aria".
Questa capacità “doppio medio” si ottiene utilizzando due tipi di munizioni. Un tipo, la DM101 da 7,62x36 mm, è destinata all'utilizzo in acqua. È caricata con un proiettile aghiforme lungo circa 10-11 cm. Il suo peso e la velocità iniziale differiscono da fonte a fonte e sono indicati come 10 grammi e 180 m/s o 32 grammi e 117 m/s. In quest'ultimo caso, sembra che il proiettile sia realizzato in lega di tungsteno. I proiettili vengono sparati da canne a canna liscia, assemblate in gruppi di cinque all'interno di un "blocco canna" cilindrico di plastica. La stabilizzazione in acqua è ottenuta mediante effetti idrodinamici. La portata effettiva dichiarata contro una bombola d'aria subacquea è di 10 metri alla profondità degli stessi 10 metri. Quando vengono sparati “sopra l’acqua”, questi proiettili mancano di stabilità e quindi hanno una precisione piuttosto scarsa. Pertanto, insieme alla pistola HK P11, viene rilasciato un altro tipo di munizioni, la DM91 da 7,62x36 mm, per l'uso "sopra l'acqua". Queste munizioni sono caricate con proiettili appuntiti dalla forma tradizionale con nucleo in lega di tungsteno. Il peso del proiettile è di 8,6 grammi e la velocità alla volata è di 190 m/s. Ogni proiettile viene caricato nello speciale sabot di plastica e viene sparato attraverso una canna rigata. Cinque canne sono assemblate in un gruppo di canne staccabile, esternamente simile a quello utilizzato per il tiro subacqueo. Dopo aver sparato con la cartuccia DM91, il suo sabot si incastra nella costrizione della volata della canna, catturando i gas caldi della polvere all'interno della canna. Questa caratteristica garantisce uno scarico silenzioso e senza flash, simile negli effetti alle pistole silenziose sovietiche come MSP o S4M.
Entrambi i tipi di gruppi di canne sono intercambiabili e fissati al telaio in plastica della pistola per sparare. Le botti possono essere caricate e ricaricate solo in fabbrica; per l'uso sul campo, ogni pistola subacquea Heckler Koch P11 viene fornita con diversi gruppi di canne precaricati. Nella normale “pratica” i grappoli sparati vengono raccolti e rispediti alla fabbrica per essere ricaricati. La volata di ciascuna canna del grappolo è protetta da un diaframma a tenuta stagna che viene distrutto dallo sparo.
Il telaio della pistola è realizzato con la stessa plastica nera e ha un'impugnatura con il grilletto, la sicura manuale e il blocco del gruppo canna. La pistola è dotata di un sistema di attivazione elettrico, alimentato da due batterie da 12 volt conservate in un contenitore impermeabile all'interno dell'impugnatura a pistola. Pertanto, ciascuna cartuccia è dotata di uno speciale primer che viene acceso dalla corrente elettrica. Ogni grappolo di canne è dotato di mirino fisso “in ferro” con inserti luminosi al trizio.
L’arma subacquea, pertanto, ha una configurazione del tutto particolare: non dispone di un caricatore di colpi e né di un tamburo bensì di cinque canne indipendenti, disposte circolarmente.
L'arma utilizza munizioni lunghe quasi 10 cm, di calibro 7,62 × 36 mm, poiché le tradizionali cartucce non sono efficaci sott'acqua; sono infatti imprecise, vengono deviate dall'acqua, e hanno una gittata molto inferiore. Nell'impugnatura si trovano le batterie, che permettono l'azionamento elettrico della pistola. Una volta esauriti i 5 colpi, l'arma deve essere riconsegnata al produttore per essere ricaricata.

UNA DELLE ARMI PIU’ SOFISTICATE E SEGRETE

E’ una delle armi più sofisticate e segrete che sembra uscita da un film della serie 007.
Sono armi utilizzate principalmente dai reparti speciali di aerea occidentale e NATO. La HK P11 è una delle armi meno note tra quelle prodotte dalla tedesca Heckler & Koch; da molti anni equipaggia gli uomini delle forze speciali sparse in tutto il mondo (Europa e USA principalmente). 
Il progetto venne sviluppato negli anni ‘70 per essere utilizzata in circostanze di combattimento subacqueo proprio per equipaggiare i reparti sommozzatori delle Marine Militari di varie nazioni, tra cui Germania, Italia, Francia, Norvegia,  Inghilterra e Stati Uniti.

LA RISPOSTA ALLA “SPP-1M” SOVIETICA o alla statunitense Mk.1 UDP

La HK P11 fu la risposta alla equivalente arma subacquea sovietica SPP-1M apparsa per la prima volta negli anni sessanta; a differenza dell’omologa arma sovietica, la HK P11 utilizza munizioni di calibro maggiore e più ingombranti ed utilizza un maggior numero di colpi disponibili allo scopo di aumentare la letalità in ambito subacqueo.
La HK P11 non dispone di ricarica automatica in quanto utilizza un caricatore a tamburo che costituisce il corpo tamburo-canna della pistola, tipo usa e getta, e contenente cinque colpi di pronto impiego.
Per poter ricaricare bisogna sostituire l’intero corpo tamburo-canna costituiti da cinque canne indipendenti disposte in circolo; non possono essere ricaricati sul posto e dopo l’utilizzo vanno raccolti e conservati per essere successivamente rispediti presso la casa madre per la ricarica. 
Ogni tamburo, come anche l’intero corpo della pistola, è realizzato in tecnopolimeri; le munizioni sono lunghe circa dieci centimetri in calibro 7,62 × 36 mm; sono chiaramente cartucce non convenzionali, progettate appositamente per quest’arma e per l’utilizzo sotto la superficie marina. E’ notorio agli addetti ai lavori che le normali munizioni in ambiente subacqueo non risultano efficaci, sono altamente imprecise perché deviate dall’acqua, ed hanno una gittata molto inferiore.
Le cinque canne sono sigillate ermeticamente da una sottile membrana in modo da proteggere sia l’interno della canna che la cartuccia in essa contenuta dall’acqua di mare; al momento dello sparo il proiettile oltrepassa la membrana. L’innesco della cartucce nella pistola HK P11 è di tipo elettrico, infatti trovano alloggiamento nell’impugnatura a tenuta stagna 2 batterie da 9V che forniscono l’energia elettrica necessaria.

LA GITTATA UTILE

La gittata utile della HK P11 può variare a seconda della profondità di utilizzo e in prossimità della superficie è di circa 15 metri; fuori dall’acqua invece la gittata utile stimata e di circa 30 metri. La precisione dell’arma si riduce notevolmente su distanze maggiori; i proiettili hanno una forma allungata e risultano relativamente pesanti; considerato inoltre che le canne non presentano una rigatura interna ed i proiettili non vengono stabilizzati in aria, l’efficacia letale sulle lunghe distanze è praticamente nulla.

L’UTILIZZO IN ITALIA

In Italia la pistola HK P11 viene utilizzata maggiormente dal “G.O.I.” Gruppo Operativo Incursori del COMSUBIN per compiti di antisabotaggio e di combattimento subacqueo; sono state fornite in dotazione anche al IX Reggimento “Col Moschin” dell’Esercito Italiano.

Operatori

La pistola H&K P11 è utilizzata dai reparti speciali di diversi paesi:
  • Germania - Kampfschwimmer e Kommando Spezialkräfte;
  • Regno Unito - Special Boat Service;
  • Italia - COMSUBIN e “Col Moschin”;
  • Stati Uniti - Navy SEAL;
  • Paesi Bassi;
  • Danimarca;
  • Norvegia;
  • Francia;
  • Israele.



Ripensare la guerra, e il suo posto
nella cultura politica europea contemporanea,
è il solo modo per non trovarsi di nuovo davanti
a un disegno spezzato
senza nessuna strategia
per poterlo ricostruire su basi più solide e più universali.
Se c’è una cosa che gli ultimi eventi ci stanno insegnando
è che non bisogna arrendersi mai,
che la difesa della propria libertà
ha un costo
ma è il presupposto per perseguire ogni sogno,
ogni speranza, ogni scopo,
che le cose per cui vale la pena di vivere
sono le stesse per cui vale la pena di morire.
Si può scegliere di vivere da servi su questa terra, ma un popolo esiste in quanto libero, 
in quanto capace di autodeterminarsi,
vive finché è capace di lottare per la propria libertà: 
altrimenti cessa di esistere come popolo.
Qualcuno è convinto che coloro che seguono questo blog sono dei semplici guerrafondai! 
Nulla di più errato. 
Quelli che, come noi, conoscono le immense potenzialità distruttive dei moderni armamenti 
sono i primi assertori della "PACE". 
Quelli come noi mettono in campo le più avanzate competenze e conoscenze 
per assicurare il massimo della protezione dei cittadini e dei territori: 
SEMPRE!
….Gli attuali eventi storici ci devono insegnare che, se vuoi vivere in pace, 
devi essere sempre pronto a difendere la tua Libertà….
La difesa è per noi rilevante
poiché essa è la precondizione per la libertà e il benessere sociale.
Dopo alcuni decenni di “pace”,
alcuni si sono abituati a darla per scontata:
una sorta di dono divino e non, 
un bene pagato a carissimo prezzo dopo innumerevoli devastanti conflitti.…
…Vorrei preservare la mia identità,
difendere la mia cultura,
conservare le mie tradizioni.
L’importante non è che accanto a me
ci sia un tripudio di fari,
ma che io faccia la mia parte,
donando quello che ho ricevuto dai miei AVI,
fiamma modesta ma utile a trasmettere speranza
ai popoli che difendono la propria Patria!
Signore, apri i nostri cuori
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lunedì 16 ottobre 2023

REGIA MARINA ITALIANA 1934: in quell’anno l'Italia sentì l’esigenza di naviglio di dislocamento di circa 50 tonn per 30 m di lunghezza, che potesse essere usato sia come unità silurante, sia per compiti antisommergibili e come posamine: la mototorpediniera “STEFANO TURR”.






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Durante i primi anni ’30, l’Italia fu una delle poche nazioni al mondo che aveva in dotazione una potente componente di unità costiere veloci composta da piccoli MAS con un dislocamento di alcune decine di tonn., con una decina di uomini di equipaggio e armamento costituito generalmente da 2 siluri, alcune bombe di profondità, 1 mitragliatrice o 1 cannone di piccolo calibro. Erano molto veloci (fino a 45+ nodi) ma con dislocamenti limitati, forti limitazioni operative e scarsa stabilità in condizioni meteo avverse dovuta alle carene ottimizzate per le alte velocità: erano  utilizzabili come mezzi da combattimento solo in condizioni di tempo favorevole.
Nel 1934 la Regia Marina necessitava di naviglio con un dislocamento maggiore: circa 50 tonn., 30 m. di lunghezza, che potesse essere utilizzato come unità silurante, per compiti antisom e per la posa delle mine. Questo naviglio avrebbe dovuto operare a notevole distanza dalle basi indipendentemente dalle condizioni meteo sostituendo le torpediniere molto più costose per costruzione e per manutenzione, oltre ad essere riproducibile su vasta scala.
L’unità venne presto denominata “mototorpediniera”, evidenziando la differenza di compiti assegnati. 

Il progetto prevedeva: 
  • un’unità di 51,5 t standard, 
  • 68 a pieno carico, 
  • una lunghezza di 32 m, 
  • larghezza di 5,25, 
  • un pescaggio di circa 60 centimetri. 
  • Armamento: 4 siluri da 450m, pesanti 860kg, con una testata di 200kg, capaci di 46 nodi con un raggio di 4000 m, 2/3 mitragliatrici Breda da 13,2, una da 6,5, due lanciatori per 6 bombe di profondità da 50kg, due idrofoni tipo C. 
  • Propulsione: 4 motori diesel Fiat V1616 da 3000 cv complessivi, più un motore ausiliario a benzina Fiat J-108 da 13cv. Il motore Fiat V1616 era un 16 cilindri a V a semplice azione, con cilindri di 160mm di diametro e corsa al pistone di 180mm con avviamento ad aria compressa. Ogni diesel raggiungeva 750 cv a 1800 giri al minuto. Due dei motori, quelli più esterni, avevano la marcia reversibile. Il motore ausiliario Fiat J-108 a benzina fungeva da generatore. 
  • Equipaggio: 16 persone, 2 ufficiali, 4 sottufficiali e 10 marinai.
  • Autonomia operativa: non meno di 2000 miglia a 15 nodi.
  • Velocità max: non inferiore a 35 nodi. 

Il progetto di Baglietto prevedeva uno scafo a V, che si apriva fino a 110º nel fondo. Per garantire robustezza strutturale e al contempo leggerezza, costruito in alluminio. A quell’epoca solo la Germania nazista aveva tentato di costruire unità veloci con motori Diesel.
Purtroppo, non c’era altra scelta, poiché i normali motori a benzina non avrebbero permesso l’autonomia richiesta. 
Un altro progetto del 1938, per una imbarcazione di 50 t, dotata di motori Isotta Fraschini Asso 1000, sebbene proposto anche alla marina Spagnola nel 1940, non ebbe seguito.
Il progetto Baglietto venne così approvato in data 27 maggio 1935 e la nuova unità fu denominata “Stefano Turr”. Nel mese di giugno 1935 ebbe inizio la costruzione presso le Costruzioni Meccaniche Aeronautiche S.A. di  Marina di Pisa. Il materiale per la costruzione fu fornito dalla “Canadian Aluminum Corporation”.
Il 9 maggio 1936 la mototorpediniera Stefano Turr fu varata per essere subito sottoposta alle prime prove a mare. La particolare costruzione permetteva un doppio fondo lungo tutta la lunghezza della scafo. Il materiale usato era uno strato di alluminio puro su lega usato in campo aeronautico denominato “Aclad”, molto resistente. I fogli avevano una superficie piatta al fine di facilitarne la costruzione di guerra da parte dei cantieri minori, ed erano uniti con rivetti di duralluminio aeronautico. I compartimenti stagni erano collocati nelle sezioni 8, 11, 15, 29, 40, 48 e 57, e condividevano la divisione dello scafo in 8 compartimenti:
  • Il primo compartimento era costituito dalla prua e dal pozzetto dell’ancora;
  • Il secondo era il deposito delle munizioni;
  • il terzo i depositi dei materiali; 
  • ed il quarto comprendeva il quadrato ufficiali, quello sottufficiali, la cabina del comandante e del secondo, e gli alloggi ufficiali e sottufficiali;
  • Nel quinto e sesto erano collocati i quattro motori diesel e il deposito del carburante ausiliario; 
  • Nel settimo c’erano gli alloggi dell’equipaggio che dormiva su semplici amache;
  • nell’ottavo compartimento c’erano i depositi di carburante e acqua. 
Per diminuire la forza d’impatto con le onde, a metà scafo c’era un gradino di 0,5 metri. 
La plancia era chiusa, al contrario degli altri Paesi che preferivano una plancia aperta per le motosiluranti e il naviglio minore. 
L’unità era dipinta in grigio cenerino chiaro e grigio scuro nelle parti immerse e riportava sullo scafo a prua la scritta “TU”.
Dalle prime prove emersero problemi all’apparato propulsivo: 
  • il motore diesel Fiat V1616 aveva superato a stento i test di durata al banco e nell’ambiente operativo si rivelò inaffidabile;
  • Nei test del giugno-agosto 1936, la Turr non fu in grado di raggiungere la velocità prevista e il miglior risultato furono 34,62 nodi con un dislocamento di 49t;
  • A pieno carico, la velocità massima era di 30-32 nodi. 
Visti i continui problemi ai motori, in settembre il programma di prove fu sospeso ed i motori spediti alla Fiat per una completa revisione e l’applicazione di possibili miglioramenti. Nell’aprile del 1937, i motori furono reimbarcati, ma le nuove prove portarono a frequenti fratture dell’albero motore. Quindi, i motori furono quindi nuovamente restituiti alla Fiat.
Nel frattempo, furono effettuati miglioramenti allo scafo dell’unità, specialmente alla prua. 
I motori tornarono solo nell’aprile del 1938 e nelle prove a mare fu quindi accertata la reale autonomia dell’unità: con 10t, a 25 nodi, la Turr raggiungeva le 750 miglia con tutti e 4 i motori in funzione, con un consumo di 13,33 kg per miglio. A pieno carico di nafta (16t), superava le 1145 miglia a 17,9 nodi e 4 motori, o 1582 miglia a 13,6 nodi e 2 motori o 3800 miglia a 6,6 nodi con 1 solo motore in funzione.

IL NOME DELLA NUOVISSIMA UNITA’ NAVALE “István Türr, conosciuto in Italia come Stefano Turr”

István Türr, conosciuto in Italia come Stefano Turr (Baja, 10 agosto 1825 – Budapest, 3 maggio 1908), è stato un militare e politico ungherese. Divenne noto in Italia per la grande parte avuta nella campagna dei Cacciatori delle Alpi e nella spedizione dei Mille.
Era nativo della città di Baja, nella provincia ungherese di Bács-Kiskun. Arruolato nell'esercito austriaco, divenne tenente in un reggimento di granatieri ungheresi, con il quale, nel 1848, partecipò alla prima fase della prima guerra di indipendenza italiana. Nel gennaio 1849 passò nel Regno di Sardegna, ove divenne capitano della "Legione ungherese", formata dai molti disertori dell'esercito imperiale. Combatté nella battaglia di Ludwigshafen in supporto ai rivoluzionari tedeschi. La vittoria finale del Radetzky a Novara comportò l'abdicazione di Carlo Alberto e la caduta del governo cosiddetto "democratico". La gran parte degli esuli italiani e stranieri lasciarono il Regno di Sardegna per raggiungere i luoghi ove ancora si combatteva: la gran parte verso Roma, Türr in Germania, nel Baden ancora in fermento.
Nel 1854 passò al servizio nel British Army arruolandosi nella legione anglo-turca. Nel 1855, contando sulla protezione britannica, osò attraversare la Valacchia asburgica e venne arrestato a Bucarest mentre stava acquistando dei cavalli. Le autorità austriache lo consideravano, naturalmente, un disertore ed intendevano eseguire la condanna a morte, ma venne salvato dall'intervento di Londra.
Nel 1859 combatté in Italia come capitano dei Cacciatori delle Alpi di Garibaldi, che lo tenne sempre in grande stima. L'anno successivo lo seguì alla spedizione dei Mille: fu promosso generale di divisione dell'Esercito meridionale e venne gravemente ferito. Scelto da Garibaldi quale governatore di Napoli svolse un certo ruolo nella preparazione e nello svolgimento del plebiscito del 21 ottobre 1860. Nominato generale di divisione dell'esercito sabaudo, fu collocato in aspettativa nel dicembre 1861 e un anno dopo fu nominato Aiutante di campo onorario di re Vittorio Emanuele II.
Massone, fu membro della Loggia "Dante Alighieri" di Torino e Gran maestro del Grande Oriente Ungarico in esilio, di cui Luigi Kossuth fu Gran maestro onorario.
Il 10 settembre 1861 sposò in Mantova Adelina Bonaparte Wyse. Un matrimonio di grande rango, considerato che la sposa era figlia di Thomas Wyse e di Letizia Bonaparte, e quindi nipote di Luciano Bonaparte, fratello di Napoleone I; Adelina era inoltre cugina del nuovo imperatore dei francesi, Napoleone III. A ciò si aggiunga che la sorella, Maria, sposava nel 1863 il 3 febbraio lo statista piemontese Urbano Rattazzi.
Nel 1866, in connessione con la terza guerra di indipendenza italiana e la campagna di Garibaldi nel Trentino, Türr ebbe incarico di preparare l'insurrezione dell'Ungheria, organizzata a partire dal territorio serbo.
La sconfitta austriaca costrinse l'imperatore Francesco Giuseppe a concedere una costituzione ed istituzioni liberali, nonché una rinnovata autonomia per l'antico Regno d'Ungheria. La rinnovata pattuizione venne ricordata come la parificazione (Ausgleich) fra Austria e Ungheria: il nome stesso dello Stato passò da "Impero austriaco" ad "Austria-Ungheria".
Nel mutato clima politico si aprì una nuova fase per i fuoriusciti, fra i quali lo stesso Türr, che assunse un non secondario ruolo politico, distinguendosi per la promozione della canalizzazione del Danubio ed il sostegno ad una nascente industria nazionale. Dal 1881 diresse i lavori per il completamento del canale di Corinto, sull'omonimo istmo.

L’ENTRATA IN SERVIZIO NELLA 1^ FLOTTIGLIA MAS


In data 9 gennaio 1939 la mototorpediniera “Stefano Turr” entrò in servizio nella Regia Marina e assegnata alla 1ª flottiglia MAS di La Spezia, presso il Dipartimento navale del Tirreno settentrionale. L’unità partecipò a numerosi lanci di siluri e attività di posamine, durante i quali si verificarono ulteriori problemi all’apparato motore e seri problemi di corrosione allo scafo ed alle chiodature che saltavano quando sollecitate dal mare ondoso: tutto questo impedì l’assegnazione di compiti operativi.
La nuova unità, per la sua scarsa affidabilità, non partecipò mai ad operazioni di guerra a causa del totale fallimento progettuale. 
Nell’aprile del 1941, la Regia Marina italiana catturò in Yugoslavia sei motosiluranti ex tedesche, che vennero unite alla flotta italiana: queste prede di guerra superavano l’analoga unità italiana per velocità, armamento, autonomia e tenuta del mare, al punto da essere poi riprodotte nei cantieri italiani. Come immediata conseguenza, nel luglio del 1941, la Stefano Turr fu radiata ed abbandonata nell’arsenale di La Spezia; fu poi demolita nel 1947-48.
L’esperienza della Regia Marina maturata nella II GM dimostrò che questo tipo di unità era superiore ai più leggeri MAS e, pur essendo un progetto visionario e in forte anticipo sui tempi, fallì per essere stato troppo innovativo e non supportato  dai materiali di costruzione inadeguati, e dall’apparato motore che, nel complesso, si dimostrò inaffidabile. 

CONSIDERAZIONI FINALI

Nel 1934, la Regia Marina tentò di sostituire le unità MAS su iniziativa dell'Ammiraglio Domenico Cavagnari, che prestò servizio come Sottosegretario e Capo di Stato Maggiore della Regia Marina dal 1933 al 1940. Il sostituto scelto per soppiantare i MAS era una torpediniera a motore chiamata Stefano Turr, che aveva uno scafo metallico e pesava 61,6 tonnellate. Tuttavia, poiché le imbarcazioni MAS stavano diventando sempre più piccole e veloci, alla fine fu scelto il MAS 500 per la sua velocità e il suo armamento adatto ad ingaggiare vari obiettivi navali nemici. La Stefano Turr dovette invece attendere i nuovi motori, che furono sviluppati solo 20 anni dopo. Di conseguenza, la torpediniera a motore Stefano Turr fu dismessa e demolita subito dopo la seconda guerra mondiale.
La flotta dei Mas italiani era composta da imbarcazioni di piccolo dislocamento, veloci, ma di scarsa autonomia, con poca propensione a tenere il mare e scarsa stabilità in combattimento. Nel 1934 la Regia Marina sentì pertanto l'esigenza di naviglio di dislocamento maggiore che avrebbe potuto operare a notevole distanza dalle basi, indipendentemente dalle condizioni meteo, pur costando meno del relativo naviglio specializzato, sia per la costruzione che per il mantenimento, oltre ad essere riproducibile in larga scala. 
Il progetto venne affidato ai Cantieri Baglietto e prevedeva un'unità di 51,5 t standard, 68 a pieno carico. L'unità era mossa da 4 motori diesel Fiat V1616 da 3000 cv complessivi, più un motore ausiliario a benzina Fiat J-108 da 13cv. La riserva di carburante era di 10t normale, 16t max, più 500kg di lubrificante o 1500kg al massimo carico. L'autonomia stimata era di non meno di 2000 miglia a 15 nodi e velocità max non inferiore a 35 nodi. Il progetto di Baglietto prevedeva uno scafo a V, che si apriva fino a 110º nel fondo. Altra grande innovazione sarebbe stato l'uso di motori diesel. Va notato che, prima degli Italiani, a quell'epoca nessuno (tranne forse la Germania) aveva esperienza sulla costruzione di imbarcazioni veloci con motori Diesel. 
A pieno carico, la velocità massima fu di soli 30-32 nodi. 
Nel luglio del 1941 la Turr fu radiata e rimase abbandonata nell'arsenale di La Spezia, fino a quando fu demolita nel 1947-48. L'esperienza della 2^GM dimostrò che questo tipo di unità era superiore ai più leggeri Mas. 
Il progetto della Turr fu a un passo dalla giusta direzione, ma fallì a causa dei materiali di costruzione, soggetti ad una eccessiva corrosione dell'acqua marina e dei motori inaffidabili. 
Per la stessa ragione, non andò avanti un altro progetto, proposto nel 1938, di una imbarcazioni di 50 t, dotato di motori Isotta Fraschini Asso 1000. Il progetto, proposto alla marina Spagnola nel 1940 non ebbe seguito.
La Stefano Turr era abbastanza veloce per le sue dimensioni. Era armata con tre mitragliatrici da 12,7 mm e un cannone da 6,5 mm, oltre ad un armamento aggiuntivo comprendente quattro siluri e 16 cariche di profondità, che gli consentivano di distruggere efficacemente bersagli nemici. Sfruttando la sua velocità e manovrabilità, la Stefano Turr poteva superare in astuzia le navi nemiche, fiancheggiarle ed eseguire imboscate su navi più grandi utilizzando siluri e bombe di profondità.
Era dotata di due tipi di mitragliatrici per il suo armamento primario: tre mitragliatrici Breda da 13,2 mm disposte in una disposizione molto asimmetrica davanti al ponte e una mitragliatrice Fiat da 6,5 mm a poppa. Nel complesso, le tre mitragliatrici Breda erano sufficienti a scalfire molte navi nemiche ed erano considerate più efficaci dei cannoni automatici da 20 mm di altre stesse unità italiane. Grazie al loro posizionamento non era necessario esporre altro che il proprio fronte al nemico (a differenza di altre piccole unità italiane). I cannoni da 6,5 mm erano molto scarsi e se si veniva fiancheggiati da poppa, era meglio girarsi, piuttosto che ingaggiarli con la mitragliatrice Fiat. Il più grande svantaggio delle mitragliatrici da 13 mm era la cadenza di fuoco, inferiore a quella delle mitragliatrici di altre nazioni, soprattutto tedesche e delle marine alleate.
La motorpediniera Stefano Turr poteva imbarcare anche 4 siluri SI170 da 450 mm che avevano una velocità ragionevole e una forza esplosiva sufficiente per distruggere la maggior parte delle unità nemiche. 
Poteva anche essere equipaggiata con 12 bombe di profondità BTG antisommergibili. 
La Regia Marina tentò di sostituire le unità MAS nel 1934, e su iniziativa dell'Ammiraglio Domenico Cavagnari (Sottosegretario e Capo di Stato Maggiore dal 1933 al 1940), scelse la nuova nave che avrebbe sostituito i piccoli MAS: una torpediniera a motore con scafo metallico e lo scafo Stefano Turr da 61,6 tonnellate; ma il progetto risultò presto, come abbiamo visto, troppo ambizioso per l’epoca. La nave era più grande dei MAS e aveva problemi di propulsione. I quattro motori diesel veloci FIAT V 1616 da 750 HP previsti non erano sufficienti ad alimentare la nave nel 1936 e compromisero il successo del progetto. Un successivo progetto FIAT, proposto nel 1938, in vista della realizzazione di un nuovo tipo di motore diesel veloce da 1.500 CV, fu respinto dal Ministero. 
Nel 1938 fu studiata una Turr modificata basata su 4 motori Isotta Fraschini Asso 1000 adattati a funzionare con nafta a bassa pressione. Mirava a dislocare 50 tonnellate e navigare a 40 nodi, ma i motori in questione furono sviluppati solo vent'anni dopo.



Ripensare la guerra, e il suo posto
nella cultura politica europea contemporanea,
è il solo modo per non trovarsi di nuovo davanti
a un disegno spezzato
senza nessuna strategia
per poterlo ricostruire su basi più solide e più universali.
Se c’è una cosa che gli ultimi eventi ci stanno insegnando
è che non bisogna arrendersi mai,
che la difesa della propria libertà
ha un costo
ma è il presupposto per perseguire ogni sogno,
ogni speranza, ogni scopo,
che le cose per cui vale la pena di vivere
sono le stesse per cui vale la pena di morire.
Si può scegliere di vivere da servi su questa terra, ma un popolo esiste in quanto libero, 
in quanto capace di autodeterminarsi,
vive finché è capace di lottare per la propria libertà: 
altrimenti cessa di esistere come popolo.
Qualcuno è convinto che coloro che seguono questo blog sono dei semplici guerrafondai! 
Nulla di più errato. 
Quelli che, come noi, conoscono le immense potenzialità distruttive dei moderni armamenti 
sono i primi assertori della "PACE". 
Quelli come noi mettono in campo le più avanzate competenze e conoscenze 
per assicurare il massimo della protezione dei cittadini e dei territori: 
SEMPRE!
….Gli attuali eventi storici ci devono insegnare che, se vuoi vivere in pace, 
devi essere sempre pronto a difendere la tua Libertà….
La difesa è per noi rilevante
poiché essa è la precondizione per la libertà e il benessere sociale.
Dopo alcuni decenni di “pace”,
alcuni si sono abituati a darla per scontata:
una sorta di dono divino e non, 
un bene pagato a carissimo prezzo dopo innumerevoli devastanti conflitti.…
…Vorrei preservare la mia identità,
difendere la mia cultura,
conservare le mie tradizioni.
L’importante non è che accanto a me
ci sia un tripudio di fari,
ma che io faccia la mia parte,
donando quello che ho ricevuto dai miei AVI,
fiamma modesta ma utile a trasmettere speranza
ai popoli che difendono la propria Patria!
Signore, apri i nostri cuori
affinché siano spezzate le catene
della violenza e dell’odio,
e finalmente il male sia vinto dal bene…

(Fonti: https://svppbellum.blogspot.com/, Web, Google, ocean4future, Warthunder, Betasom, Wikipedia, You Tube)