mercoledì 26 giugno 2024

Ugo Tiberio (Campobasso, 1904 – Livorno, 1980) è stato un ingegnere italiano: il padre dei radar "Gufo" (1936) e del più avanzato “Folaga” (1943).








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Ugo Tiberio (Campobasso, 1904 – Livorno, 1980) è stato un ingegnere italiano.

Docente all'Accademia Navale di Livorno dal 1941 e all'Università di Pisa dal 1954 al 1979, fu notevole innovatore nel campo della radiometria. 





Nato a Campobasso nel 1904 da Sebastiano Tiberio e Maria Rachele De Feo, venne indirizzato alla carriera nella Marina Militare dallo zio materno Vincenzo de Feo. Si laureò in ingegneria ed entrò all'Istituto Superiore delle Trasmissioni. Nel 1936 con il collega professor Nello Carrara mise a punto un sistema di localizzazione degli oggetti a distanza con onde magnetiche detto “radio telemetro” EC1, cioè il “radar”. Solo la miopia della Regia Marina, che non finanziò la scoperta, permise alla marina Inglese di costruire per prima un'identica apparecchiatura che fu brevettata nel 1940, ma con un costo di dieci milioni di sterline. La grande onestà morale e l'amor di patria fecero sì che Ugo Tiberio rifiutasse allettanti offerte dal governo americano che aveva intuito l'importanza della scoperta.
Ugo Tiberio fu quindi il padre del radar Italiano (detto Gufo) e fu impegnato alla sua progettazione, con fondi risibili e pochissimi collaboratori. Gli alti Comandi delle Forze Armate (e in particolare la Regia Marina, l'unica che aveva vagamente compreso l'importanza di questo genere di apparecchi) non ritennero infatti opportuno destinare allo sviluppo fondi o tanto meno del personale. Solo nel 1938 gli furono affiancati un limitato numero di collaboratori. La messa a punto del nuovo apparecchio fu comunque un "secondo lavoro", rispetto agli incarichi istituzionali ricoperti. La sua attività di ricerca procedette tra mille difficoltà finché dopo un vivace scontro con l'ammiraglio Iachino (divenuto comandante dell'Accademia Militare di Livorno) gli fu ingiunto di abbandonare i suoi studi, “di notte in mare non si combatte”. Per le sue resistenze e proteste gli fu inflitta anche la cella di rigore. Dopo il disastro a cui andò incontro l'ammiraglio Iachino, a Capo Matapan, ci si ricordò di lui. Nella notte tra il 28 e il 29 marzo 1941, infatti, la squadra della marina inglese comandata dall'ammiraglio Cunninghan, una volta localizzate, grazie al radar, le nostre navi della 1ª Divisione navale (tre incrociatori: Zara, Pola e Fiume e due cacciatorpediniere Alfieri e Carducci), ordinò in piena notte di accendere i riflettori e in quattro minuti le affondò. Nello scontro perirono circa 2 300 uomini degli equipaggi. Tiberio fu subito chiamato dal Comando Supremo e lo si pregò di realizzare al più presto: “l'apparecchio che vede le navi di notte”. In gran fretta furono ripristinati i prototipi fino allora realizzati ordinando alla SAFAR 50 esemplari del già citato "Gufo" e alla MARELLI 150 esemplari del più avanzato "Folaga". Ma per le contingenze del momento e per la scarsa disponibilità di personale specializzato alla data dell'8 settembre 1943 furono consegnati, però, solo 13 "Gufo" e quattro "Folaga" più i 4 prototipi iniziali, nettamente in ritardo rispetto all'andamento del conflitto. Terminato il conflitto si scoprì che il sistema ideato da Ugo Tiberio era addirittura più efficace di quello inglese.
Nel dopoguerra l'ing. Tiberio continuò la sua opera di ricerca nel campo dell'elettronica applicata, delle telecomunicazioni, della propagazione elettromagnetica e della bioingegneria pubblicando, tra l'altro, numerosi saggi e scritti tra cui il fondamentale volume: "Introduzione alla Radiotelemetria (Radar) edito a Roma, nel 1946, dalla Edizione Rivista Marittima.
Al suo nome sono legati in campo internazionale alcuni aspetti teorici della tecnica radar, come la formula ridotta della 4ª potenza della distanza di scoperta del radar, la nozione di superficie equivalente d'eco e del fattore di visibilità, ecc.
I Comuni di Roma e di Pisa gli hanno dedicato una propria area di circolazione come a suo nome sono intitolati l'Istituto Tecnico Nautico di Termoli (CB), l'edificio dei laboratori di elettrotecnica e telecomunicazioni dell'Istituto Tecnico Industriale "G. Marconi" di Campobasso e la Fondazione che ha lo scopo di diffondere la cultura e le conoscenze nel campo della radaristica e della telemetria.
Durante la giornata commemorativa tenuta a Campobasso il 24 ottobre 1998 gli è stato dedicato un annullo filatelico speciale con cartolina celebrativa. Nell'occasione venne anche pubblicato un volume dal titolo "L'insegnamento e l'opera di Ugo Tiberio".
In occasione del 150º anniversario dell'Unità d'Italia la sua figura è stata inserita nel volume del Ministero della Pubblica Istruzione e dell'Innovazione dal titolo: "Servitori dello Stato - Centocinquanta biografie" a cura di Guido Melis, con prefazione del ministro Renato Brunetta.

Partendo dalle prime idee di G. Marconi, si innescò in Italia lo sviluppo della tecnica di rilevamento di grandi masse metalliche per mezzo delle onde elettro-magnetiche.

La teoria e le prime esperienze italiane concrete sono dovute a Ugo Tiberio: in collaborazione con Nello Carrara, realizzò fra molte difficoltà, il primo sistema Radar impulsivo. Nel 1941 furono installati i primi sistemi su cacciatorpediniere e navi da battaglia.
Poche ditte italiane furono in grado di produrre industrialmente gli apparati e, nel periodo 1941-45, qualche decina di sistemi furono installati su navi militari e nelle reti di sorveglianza terrestre. Come noto, i Radar italiani furono surclassati da quelli progettati negli Stati Uniti e in Gran Bretagna che impiegarono il Magnetron per produrre grandi potenze a microonde.

LE ORIGINI

Nel 1892, il fisico tedesco H. Hertz così rispondeva alla lettera di un diciottenne: “Caro sig. G. Marconi, so che lei sta lavorando per trovare applicazioni alla mia idea sulle onde hertziane, come sono state benevolmente chiamate. Vorrei suggerirle di non insistere nel suo tentativo. Mi pare del tutto inutile pensare ad una applicazione pratica della teoria che ha occupato con fatica i miei giorni”. Anche i geni possono sbagliare le previsioni!
Nei primi del ‘900 si ottennero già le prime applicazioni empiriche nel rilevare la presenza di grandi masse metalliche tramite l’utilizzo delle radio-onde.
La prima dimostrazione razionale dell’effetto Radar la si deve a Marconi che in USA, nel 1922, al congresso IRE (Institute of Radio Engineers) disse “...ritengo sia possibile progettare apparati per mezzo dei quali una nave possa irradiare tali onde in una direzione, le quali onde, ove incontrino un oggetto metallico, quale un’altra nave, siano riflesse su di un ricevitore..... e quindi immediatamente diano la presenza ed il rilevamento dell’altra nave nella nebbia o nel cattivo tempo”.
Nel 1933 Marconi dimostra sperimentalmente alle alte sfere militari italiane la rivelazione a distanza di masse metalliche ferme e in movimento.
Chi seguiva attentamente le dimostrazioni di G. Marconi era il giovane ingegnere Ugo Tiberio che, pochi anni dopo, nel 1935, formulò per la prima volta le equazioni fondamentali e i parametri che governano il sistema di radiolocalizzazione che viene chiamato Radiotelemetro (oggi Radar, Radio Detector And Ranging).
In una ormai celebre relazione del 1935-36 e in un articolo fondamentale pubblicato sulla rivista Alta Frequenza nel 1939, Ugo Tiberio individuò i punti critici del sistema che erano: 
  • la potenza trasmessa, 
  • l’uso di frequenze alte, 
  • la direttività delle antenne 
  • e la sensibilità del ricevitore che deve rivelare l’eco.

L’Esercito non dimostrò alcun interesse per questi sistemi; la Marina costituì comitati, ma Tiberio, lavorando contro corrente e senza finanziamenti nel RIEC (Regio Istituto Elettrotecnico e delle Comunicazioni), e in stretta collaborazione con il fisico Nello Carrara, riesci a realizzare una serie di prototipi del Radiotelemetro impulsivo EC-3, che fu subito denominato “Gufo” nel 1939.
Ugo Tiberio e Nello Carrara divennero una coppia inseparabile: il primo teorico sistemista; il secondo, il tecnologo, progettava e produceva componenti, generatori e rivelatori di microonde. Si deve a Nello Carrara il termine “microonde” tuttora in uso. Il loro incontro al RIEC nel 1936 fu determinante nello sviluppo dei Radiotelemetri; l’attività di ricerca nel settore delle microonde e dei componenti svolta da Carrara condusse alla realizzazione in Fivre delle valvole speciali e del trasmettitore di potenza avente forma sferica di circa 20 cm, detto “pentola”, uno dei punti chiave del sistema.
Il Radiotelemetro Gufo, progettato per l’installazione su navi da guerra, consisteva in un trasmettitore di impulsi a microonde e di un sensibile ricevitore; il trasmettitore ed il ricevitore erano sistemati direttamente dietro le antenne che erano del tipo a tronco di piramide in rete metallica, dette “a tromba” per garantire una buona direttività e, nello stesso tempo, di modeste dimensioni per opporre poca resistenza al vento.
Il tutto era sistemato nel punto più alto della nave su di una torretta girevole per orientare le antenne verso il bersaglio.
Il comando manuale di orientamento delle antenne, l’invio degli impulsi e la rivelazione dell’eco prodotto dal bersaglio erano effettuati da una consolle manovrata dall’operatore e situata sotto coperta. La lettura della direzione e della distanza del bersaglio erano semplici ed immediate.
Tiberio e Carrara, acuti teorici e abili sperimentatori, con l’esempio e la disponibilità avevano creato un gruppo di tecnici ben preparati e motivati ed in questo clima germogliavano spesso nuove idee e proposte.
Faceva parte del gruppo tale Pietro Lombardini, un collaudatore del RIEC, che nel 1943, scriveva un articolo dal titolo: “Possibilità di radiosondaggi astronomici con le onde metriche”. Nel 1946 gli statunitensi effettuarono la misura della distanza Terra-Luna confermando i dati previsti dall’italiano.
La batosta della battaglia navale di Capo Matapan del 28-29 marzo 1941, diede impulso per far cambiare idea ai militari recalcitranti e retrogradi che avevano scelto di fare investimenti in un nuovo incrociatore anziché finanziare il gruppo del Radiotelemetro.
Negli anni 1930-40 in Italia esistevano poche industrie che operavano nei campi della elettronica e delle radiocomunicazioni: 
  • la Allocchio-Bacchini, 
  • la Magneti Marelli, 
  • la SAFAR, 
  • la IMCA Radio, 
  • le Officine Marconi, 
  • la FIVRE per le valvole 
  • e la Galileo in Toscana specializzata in strumenti ottici e forniture alla Regia Marina.

Ad alcune queste ditte (Marelli, SAFAR e Galileo) vennero assegnate alcune commesse di produzione.

Il Radiotelemetro Gufo fu riprodotto su base industriale avendo come riferimento il sistema già realizzato al RIEC in forma di prototipo. La Galileo realizzò la torretta rotante per orientare le antenne in senso azimutale. La SAFAR nel 1939 aveva partecipato alla importante Mostra di Leonardo e delle Invenzioni Italiane presentando i primi televisori domestici collegati via radio al trasmettitore circolare situato sulla Torre del Parco a Milano. La stessa ditta produceva ricetrasmettitori fissi e mobili per le Forze Armate ed aveva attivi tre laboratori di ricerca e sviluppo per Televisione, Idrofoni (poi chiamati Sonar) e Telefonia multicanale; il personale tecnico era ben preparato. La ditta aveva dunque le carte in regola.
Con l’assegnazione delle commesse per produrre e perfezionare il radar Gufo la società SAFAR decise di dislocare in posizioni strategiche il gruppo Televisione diretto dall’ing. Arturo Castellani dividendolo in due gruppi. A Novara, all’interno della ditta Scotti e Brioschi vicina allo scalo ferroviario, si progettavano parte degli apparati e si collaudavano i sistemi finiti. A Dobbiaco (BZ) si producevano i tubi a raggi catodici a coordinate polari che erano i visualizzatori dei radar sui quali si leggeva la distanza del bersaglio. Questa situazione obbligava a frequenti viaggi per rifornire di gas quel lontano reparto e portare a Novara i tubi a raggi catodici. Complessivamente l’organico consisteva in una trentina di persone.
La situazione era già considerata anomala perché in Italia, allora, si era abituati a considerare la ricerca organizzata in piccoli gruppi. Per il Radar, fra SAFAR, Marelli e Galileo si arrivava al centinaio di operatori; negli Stati Uniti e in Gran Bretagna operavano in 10.000 sullo stesso problema e con consistenti finanziamenti.
In quegli anni mancavano strumenti per la misura della potenza trasmessa e della frequenza di lavoro. Per i radiotelemetri si doveva operare con potenze di pochi kW a radiofrequenza nella banda delle microonde fra 200 e 700 MHz; i costosi strumenti prodotti negli USA operavano, al massimo a 30 MHz. Per superare le difficoltà ci si doveva arrangiare con i pochi mezzi disponibili, con l’inventiva italica e costruendo strumenti appositamente progettati.
Realizzati gli apparati, si procedeva al controllo della efficienza impiegando un terminale Radiolocalizzatore installato sul tetto dello stabilimento e, da Novara, si rivelavano aerei in volo su Bergamo; la sensibilità del ricevitore era misurata dalla possibilità di rivelare la sommità del Monte Cimone situata alla quota 2100 m s.l.m. e distante da Novara più di 200 km.
La resistenza alle sollecitazioni meccaniche si eseguiva trasportando su terreni accidentati dell’aeroporto di Cameri (NO) gli apparati senza le ingombranti antenne.
L’apparato prodotto dal novembre 1942 per l’installazione a bordo di navi aveva la sigla EC 3 Ter e le prestazioni erano:
  • Lunghezza d’onda di trasmissione 60 cm, 
  • frequenza 500 MHz, 
  • Potenza di picco (per 5 microsecondi) 10 kW,
  • Portata antinave 11 – 22 km,
  • Portata antiaerea 80 km.

Alla fine del 1941 il RIEC aveva già installato a bordo della nave da battaglia Littorio il prototipo del radar aggiornato “Gufo EC 3 Bis”.

Questa nave partecipò alla Seconda Battaglia della Sirte in data 22 marzo 1942; successivamente fu dotata, nel luglio 1943, di un secondo sistema Gufo, sistemato più in alto. Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 la nave venne denominata Italia.
Mentre venivano installati i radar Gufo a bordo delle navi si procedeva anche al progetto di altri sistemi come il Folaga (1942) per le reti terrestri di avvistamento con portata antiaerea di 220 km.
Un po’ in ritardo con gli avversari dell’epoca, era incominciata la riscossa, ma esistevano ancora resistenze.
Nuove soluzioni erano in elaborazione e nel 1942 la Regia Aeronautica rifiutò l’offerta di partecipare alla realizzazione di radiotelemetri aviotrasportati.

I RADAR IMBARCATI

Alla data dell'8 settembre 1943, il gruppo SAFAR aveva installato a bordo delle navi 13 radar Gufo dei 50 ordinati, e la Magneti Marelli 4 radar Folaga dei 150 ordinati per le reti di sorveglianza costiera.
Ugo Tiberio e Nello Carrara continuarono la loro preziosissima attività di progettisti e di insegnanti all’Accademia navale di Brindisi.
I RADAR Gufo venivano spediti a pezzi e rimessi assieme nel luogo di destinazione.
I problemi di installazione erano molti e complessi; ogni nave richiedeva una particolare attenzione perché variavano i sistemi bloccaggio delle parti e dei cablaggi che collegavano le antenne ai trasmettitori.
Gli apparati dovevano funzionare in condizioni ostili: clima salino, vibrazioni e notevoli sbalzi termici. Ogni parte doveva essere sempre accessibile e non si potevano portare a bordo molti strumenti; uno dei punti critici era la connessione delle antenne montate sulla torretta girevole ed il resto del sistema.
Anche in darsena, sui cacciatorpediniere, a circa 15 metri di altezza le oscillazioni della nave complicavano le operazioni; molto più rischiosa la situazione in navigazione.
Una delle installazioni realizzate venne effettuata nei primi mesi del 1943 a bordo del cacciatorpediniere Fuciliere, reduce, un po’ malconcio, dalla seconda battaglia del golfo della Sirte. Si stavano potenziando l’armamento prodiero e la torretta della Galileo era stata sistemata nel punto più alto al posto del faro. Quando la squadra dei montatori e collaudatori salì a bordo fu accolta con un saluto: “Ormai il brutto è passato, ora verrà il peggio”. Frase profetica.
 
UNA STORIA ITALIANA: Qualche ammiraglio di alto rango chiamava “trappola” il radar Gufo e convinto diceva: “””si spara quando si vede il bersaglio”””!

Era indispensabile un radicale cambiamento di mentalità. Erano dichiarazioni poco incoraggianti, ma si doveva lavorare bene, velocemente e sempre con scarse risorse umane e materiali. Capitava spesso che qualche cassa sbagliasse strada e ci si trovava senza parti di ricambio. Le installazioni dei radar Gufo continuarono fino al settembre 1943.
Il cacciatorpediniere Fuciliere fu consegnato ai russi nel programma dei risarcimenti dei danni di guerra e fu smantellato alla fine degli anni ’50.
La realizzazione dei Radar terrestri e navali è stata una grande avventura che non ha potuto pienamente mostrare tutte le potenzialità dei sistemi progettati da tecnici italiani di grandissimo valore, che hanno dovuto operare in clima spesso ostile creato da personaggi ottusi e retrogradi che avrebbero dovuto fornire gli aiuti indispensabili.
Con pochi mezzi e molta buona volontà furono ottenuti risultati notevoli per quei tempi, confermati da positivi apprezzamenti fatti anche dai nostri vecchi nemici.
I Radar installati sui mezzi navali ed aerei alleati surclassavano i nostri apparati a causa della lungimiranza dei responsabili e dalla modifica del Magnetron, tubo elettronico inglese, compatto, che produceva potenza a microonde molto più alta di quella prodotta dai nostri triodi Fivre. All’estero le cose andarono ben diversamente; classificando i vari Paesi per importanza dei contributi, si hanno: 
  • Regno Unito;
  • USA e Germania;
  • Francia, Russia e Giappone poco o niente;
  • In Italia, intanto che si producevano i radar Gufo ordinati, si era imparato a fare di meglio realizzando nuovi sistemi quali il Gufo autotrasportato con una sola antenna e i Lince Vicino e Lontano.

La “Fondazione Tiberio” assegna le borse di studio per gli anni 2019 e 2020 a due giovani Tenenti di Vascello dell’Accademia Navale di Livorno

In data 5 ottobre 2021, nella storica Villa Medicea di Coltano, si è tenuto l’ottavo Workshop “Ugo Tiberio”, promosso dall’omonima Fondazione che da molti anni svolge attività di promozione e valorizzazione della figura dell’illustre studioso e del suo ruolo determinante avuto nello sviluppo dei radar italiani. La scelta della location non è casuale. Proprio a Coltano vi è la stazione radio intercontinentale costruita e impiegata da Guglielmo Marconi per i suoi esperimenti sui collegamenti radio oltre oceano, il più famoso dei quali è senz’altro quello del 1931 che vide partire il segnale radio che illuminò la statua del Rendentore di Rio de Janeiro. Stazione radio che fu impiegata per un periodo anche dalla Marina per i collegamenti con le proprie unità in navigazione. Il Prof. Ugo Tiberio, partendo dalle intuizioni e dalle sperimentazioni di Marconi sulla riflessione delle onde elettromagnetiche, è stato il primo nella comunità scientifica a formulare l’equazione del radar ed a progettarne e costruirne il primo prototipo della Marina Militare Italiana.
L’evento è stato introdotto dal Presidente della Fondazione Tiberio, l’Ammiraglio Ispettore Capo Giuseppe Abbamonte. Dopo il saluto dell’Ammiraglio Giorgio Lazio, Comandante del Comando Marittimo di Marina Nord, in rappresentanza del Capo di Stato Maggiore della Marina,  e l’intervento del professor Paolo Tiberio, figlio di Ugo Tiberio, è stata illustrata la storia e le caratteristiche della stazione radio di Coltano dal professor Giuliano Manara dell’Università di Pisa. A seguire, un focus sullo sviluppo e sull’attualità dei radar in Italia grazie al contributo del Professor Alfonso Farina della Società Leonardo. Presente il Vice Sindaco della città di Pisa, l’Avvocato Raffaella Bonsangue.
Il Workshop ha offerto l’occasione per la presentazione degli elaborati dei vincitori delle borse di studio per gli anni 2019 e 2020, assegnate a due giovani ufficiali del Corpo Armi Navali dell’Accademia Navale di Livorno, il Tenente di Vascello Vincenzo Manzari e il Tenente di Vascello Gianluca Cellamare.
“Aumentare l'autonomia delle operazioni dei veicoli subacquei” è stato il tema dell’elaborato premiato a firma del TV Manzari. Il lavoro dell’Ufficiale è stato presentato dal Capitano di Fregata Mirko Stifani che ha svolto la funzione di tutor militare al lavoro prodotto nell’ambito del dottorato di ricerca attinente all’elettroacustica subacquea, in quanto il TV Manzari è imbarcato su Nave Cavour per un’esercitazione e quindi impossibilitato ad essere presente. Ufficiale affronta nel suo elaborato nuove ed interessanti prospettive che potrebbero anche mutare gli attuali scenari operativi, fino ad incidere sugli oramai consolidati equilibri di forza, come ad esempio poter disporre di un poligono di misura subacquea in grado di verificare e validare le performance di navigazione di oggetti operanti in profondità e che potrebbe garantire notevoli risparmi nella fase di progettazione e test di tali sistemi.
Il TV Cellamare ha invece elaborato la tesi avente per oggetto “Studio di laser impulsati ad alta potenza di picco ed alta potenza media in propagazione atmosferica per la generazione di effetti remoti di carattere meccanico (onde d’urto) ed elettromagnetico (THz);  l’elaborato dell’Ufficiale, è stato ritenuto valido anche alla luce delle più recenti tattiche impiegate per l’effettuazione di attacchi di tipo asimmetrico, facenti uso di droni o barchini veloci, considerato che lo sviluppo di sistemi d’arma non più volti alla distruzione, bensì all’inabilitazione della minaccia,  è sempre più richiesto dalle forze militari.
Soddisfatto l’Ammiraglio Abbamonte: “Volendo trarre succintamente le conclusioni al termine del workshop, possiamo prendere atto di come le basi gettate dai pionieri delle telecomunicazioni e dell’elettronica in Italia non siano andate perdute. Al contrario, i semi da loro piantati continuano a germogliare presso l’industria elettronica nazionale, presso le Università e presso i centri di ricerca della Marina Militare e, più in generale, della Difesa. Buon vento agli Ufficiali del Corso D’Ilario, presenti in sala, che nei prossimi mesi conseguiranno la laurea ultimando così il loro ciclo di studi; un corso particolarmente importante in quanto ha segnato la ripresa degli arruolamenti nella specialità delle Armi Navali”.

1936: IL RADAR SAFAR “GUFO”

Lo EC3/ter «Gufo» fu il primo radar di fabbricazione italiana a trovare un impiego operativo. 




Il «Gufo» operava nella banda tra 400 ed i 750 Mhz (75 - 40 cm) attraverso la tecnica della modulazione di frequenza. L'apparato, sviluppato da un gruppo di lavoro della Regia Marina composto, tra gli altri, dai professori Ugo Tiberio e Nello Carrara e dal capitano (poi maggiore) delle Armi Navali Alfeo Brandimarte, all'interno del Regio Istituto Elettrotecnico e delle Comunicazioni della Marina (RIEC) come EC1 nel 1936. In particolare il professor Tiberio fu impegnato alla progettazione dei radar, con fondi risibili e pochissimi collaboratori, fin dal 1935, ma le forze armate italiane (ed in particolare la Regia Marina, l'unica che aveva vagamente compreso l'importanza di questo genere di apparecchi) non ritennero opportuno destinare allo sviluppo di questo apparecchio dei collaboratori fin al 1938, mentre, fino al 1941, tutto il personale impiegato nella ricerca sui radiotelemetri (come erano definiti i radar dal gruppo di ricerca italiano), lo fece come attività secondaria, ovvero dopo aver svolto il regolare lavoro di insegnamento e d'ufficio in università o nell'accademia navale. Successivamente perfezionato come EC2, trovò appunto con la terza serie, l'EC3, un impiego operativo su alcuni cacciatorpediniere; in particolare per quanto riguarda la classe Navigatori, su Pancaldo, Da Noli e Vivaldi, mentre per la classe Soldati, sul Fuciliere.
A causa delle ristrettezze economiche, la ricerca procedette a rilento ma, quando vennero conferiti fondi adeguati, dopo la battaglia di capo Matapan, non vi erano le risorse umane necessarie ad una accelerazione della ricerca. Ad ogni buon conto, il «Gufo» ed il suo omologo per sorveglianza costiera «Folaga» furono ordinati, rispettivamente, in 50 e 150 esemplari. Alla data dell'8 settembre 1943 erano stati però consegnati soltanto 13 Gufo e 14 Folaga. Il radar fu usato in combattimento dall'incrociatore leggero Scipione Africano, nella notte del 17 luglio 1943, mentre era in rotta da La Spezia a Taranto (Operazione Scilla), quando rilevò una flottiglia di quattro motosiluranti britanniche cinque miglia più avanti, rispetto allo stretto di Messina. Una delle motosiluranti, la MTB 316, fu distrutta dai cannoni dell'incrociatore e un'altra, la MTB 313, fu seriamente danneggiata. Dodici marinai britannici persero la vita.

1943: IL RADAR MAGNETI MARELLI “FOLAGA”

Il “Folaga” operava su una banda compresa tra i 150 ed i 300 Mhz (2 - 1 metri) mentre il “Gufo” operava nella banda tra 400 ed i 750 Mhz (75 - 40 cm). 




Le prestazioni fornite da questi due prototipi furono davvero eccellenti. Si ricorda che durante le prove sperimentali del “Folaga” condotte sulla terrazza dell’Istituto EC nel maggio 1943 fu avvistata ad oltre 200 Km una formazione di aerei USA che stava sopraggiungendo.
Con un risveglio che venne chiamato “Mobilitazione RaRi”, si passò alla realizzazione industriale: del “Folaga” fu ordinata all’industria nazionale (Marelli) la costruzione iniziale di 150 esemplari, sempre sotto il coordinamento dell’Istituto EC, e del “Gufo” ne fu ordinata la costruzione iniziale di 50 esemplari (SAFAR). Finalmente non furono lesinate risorse economiche per colmare il vuoto esistente, ma quelle che continuavano a mancare erano le risorse umane. In Italia non erano mai state incentivate né le ricerche in campo radio né la formazione di personale specializzato a tutti i livelli, dai ricercatori, agli insegnati, ai tecnici. Pertanto la “Mobilitazione RaRi”, a causa degli eventi bellici, dei danneggiamenti subiti dalle industrie a causa dei bombardamenti e, nella migliore delle ipotesi, dei conseguenti decentramenti delle stesse, raggiunse risultati piuttosto modesti. In effetti, prima dell’8 settembre ‘43 furono consegnati alla Marina soltanto tredici “Gufo” e quattro “Folaga” (oltre i 4 prototipi).


Ripensare la guerra, e il suo posto
nella cultura politica europea contemporanea,
è il solo modo per non trovarsi di nuovo davanti
a un disegno spezzato
senza nessuna strategia
per poterlo ricostruire su basi più solide e più universali.
Se c’è una cosa che gli ultimi eventi ci stanno insegnando
è che non bisogna arrendersi mai,
che la difesa della propria libertà
ha un costo
ma è il presupposto per perseguire ogni sogno,
ogni speranza, ogni scopo,
che le cose per cui vale la pena di vivere
sono le stesse per cui vale la pena di morire.
Si può scegliere di vivere da servi su questa terra, ma un popolo esiste in quanto libero, 
in quanto capace di autodeterminarsi,
vive finché è capace di lottare per la propria libertà: 
altrimenti cessa di esistere come popolo.
Qualcuno è convinto che coloro che seguono questo blog sono dei semplici guerrafondai! 
Nulla di più errato. 
Quelli che, come noi, conoscono le immense potenzialità distruttive dei moderni armamenti 
sono i primi assertori della "PACE". 
Quelli come noi mettono in campo le più avanzate competenze e conoscenze 
per assicurare il massimo della protezione dei cittadini e dei territori: 
SEMPRE!
….Gli attuali eventi storici ci devono insegnare che, se vuoi vivere in pace, 
devi essere sempre pronto a difendere la tua Libertà….
La difesa è per noi rilevante
poiché essa è la precondizione per la libertà e il benessere sociale.
Dopo alcuni decenni di “pace”,
alcuni si sono abituati a darla per scontata:
una sorta di dono divino e non, 
un bene pagato a carissimo prezzo dopo innumerevoli devastanti conflitti.…
…Vorrei preservare la mia identità,
difendere la mia cultura,
conservare le mie tradizioni.
L’importante non è che accanto a me
ci sia un tripudio di fari,
ma che io faccia la mia parte,
donando quello che ho ricevuto dai miei AVI,
fiamma modesta ma utile a trasmettere speranza
ai popoli che difendono la propria Patria!
Violenza e terrorismo sono il risultato
della mancanza di giustizia tra i popoli.
Per cui l'uomo di pace
si impegna a combattere tutto ciò 
che crea disuguaglianze, divisioni e ingiustizie.
Signore, apri i nostri cuori
affinché siano spezzate le catene
della violenza e dell’odio,
e finalmente il male sia vinto dal bene…
Come i giusti dell’Apocalisse scruto i cieli e sfido l’Altissimo: 
fino a quando, Signore? Quando farai giustizia?
Dischiudi i sette sigilli che impediscono di penetrare il Libro della Vita 
e manda un Angelo a rivelare i progetti eterni, 
a introdurci nella tua pazienza, a istruirci col saggio Qoelet:
“””Vanità delle vanità: tutto è vanità”””.
Tutto…tranne l’amare.

(Fonti: https://svppbellum.blogspot.com/, Web, Google, Marina.difesa, Wikipedia, Federico Branco (Consiglio Regionale Toscana), You Tube)












 

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