sabato 21 gennaio 2023

1977 / 1978: La mia “naja”



SI VIS PACEM, PARA BELLUM



Mi chiamo Nico V., sono originario di Sannicandro di Bari, ed ho fatto parte con orgoglio dal 12 luglio - 12 agosto 1977 del 14° Battaglione Bersaglieri “Sernaglia” in quel di Albenga, ove allora aveva sede un Centro Addestramento Reclute. Subito dopo il C.A.R. e fino al 4 luglio 1978 fui assegnato al 26° Battaglione Bersaglieri “Castelfidardo” dell’8^ Brigata meccanizzata “Garbaldi” di stanza presso la Caserma “Martelli” di Pordenone. 












Ho festeggiato da un po' i quarant’anni del mio congedo dal servizio militare di leva, ossia la Naja, così si usava chiamare questo obbligo di circa un anno a cui erano chiamati tutti i cittadini italiani maschi a partire dai 19 anni di età, obbligo abolito nel 2004.
All’epoca ero un ventenne, da poco diplomato e non ancora patentato: ogni tanto mi esercitavo alla guida di una campagnola Fiat AR 59 tra un cambio di guardia ed un altro, presso la polveriera ubicata tra Goito e Marengo - Mantova. 
Trovavo doloroso separarmi dalla mia affiatata comitiva di ragazzi e ragazze e rinunciare a un anno di spensierata convivialità. Avrei potuto rinviare per motivi di studio la mia partenza per il servizio di leva obbligatoria, ma preferii subito affrontare una nuova esperienza di vita; se posso esser sincero, essendo appassionato di tutto ciò che attiene la sfera della difesa, ero impaziente e curioso.
Così, una mattina dell’estate del 1977, salii su un treno dalla stazione ferroviaria di Bari Centrale, con destinazione finale Albenga, in provincia di Savona. Di certo non è il luogo più vicino alla mia Sannicandro o alla mia amata riviera del sud barese. 
A quei tempi non c’era il Frecciarossa e occorrevano oltre 12 ore di viaggio per giungere a destinazione, su vagoni affollati di gente sudata, spesso in piedi nei corridoi; a volta, per l’affollamento inverosimile, anche i bagni erano aperti e occupati da famigliole intere.
La mattina del 12 luglio 1977, all’arrivo ad Albenga eravamo in tanti e avremmo voluto farci un giro in città: non avevamo fatto i conti con le pattuglie militari che ci prelevarono immediatamente e ci caricarono di peso o quasi sulle campagnole accompagnandoci subito presso la caserma “Piave” di Albenga.  








Una volta entrato, mi trovai in una situazione emotivamente molto difficile. Passammo ore e ore fermi, immobili, costretti a urlare presentandoci in una certa maniera per poter andare in bagno. Se sbagliavi restavi lì e ci riprovavi a oltranza, fintanto che non avevano pietà della tua vescica.
Dopo tre giorni ci convocarono in un’aula ove un sergente ed un caporale maggiore, chiamandoci in ordine alfabetico, dopo aver chiesto il titolo di studio e lo sport eventualmente praticato, ci comunicarono una sigla composta da una serie di numeri ed una lettera: era l’incarico che ci era stato affidato; il mio era il “230A”. Usciti dall’aula ci informammo dai militari più anziani in servizio allo spaccio: il mio corrispondeva a quello di “capo squadra assaltatori”, un incarico durissimo che teneva conto dei miei trascorsi di calciatore che aveva militato in squadre di 1^ e 2^ categoria. 
Prima di me furono chiamati due ragazzi di Napoli e Salerno, entrambi laureati in Giurisprudenza: dopo aver constatato i loro titoli di studio, comunicarono loro l’incarico con un sorrisetto nascosto a malapena sotto i baffi: “30C”, ovvero “mitragliere assaltatore”: era l’incarico più gravoso perché la famosa mitragliatrice “MG” e le relative munizioni pesavano oltre il triplo di un F.A.L.; inoltre, quei due ragazzi laureati avevano già 26 anni!  Un altro ragazzo, munito di 5^ elementare, lo inserirono in fureria con mansioni d’ufficio!!!
Alcuni giorni dopo andammo “volontariamente” dal barbiere che chiamavamo tutti affettuosamente “Cocis”, un noto tagliatore di scalpi della tribù degli Apache, che mi tagliò i capelli cortissimi facendomi una “zazzera” ed una “spazzola perfetta”, da manuale. Allo scopo di salvare il salvabile fummo quai tutti indotti a pagare 1000 £ire all’incapace barbiere della caserma che rovinò comunque il nostro “scalpo”: era un modo per rendere la nostra vita difficile, così come le continue ispezioni notturne alle camerate.
Forse non sono grandi cose, ma eravamo poco più che ragazzini e quasi tutti non avevano mai lasciato la famiglia e gli affetti del paesino d’origine. Per circa 30 giorni rimasi lì, nel terribile caldo del C.A.R. di Albenga, in provincia di Savona; l’unica cosa dolce era il clima dolce e propizio della costiera ligure: quando possibile, ogni tanto raggiungevamo la bellissima Alassio.
Il servizio militare in quel mese a cavallo di luglio e agosto consistette in pratiche fisicamente impegnative. Lunghi e serrati turni di guardia, servizi di cucina passati a lavare di migliaia di piatti ed enormi pentole unte nelle quali dovevamo entrare fisicamente con gli scarponcini per poterle “pulire”.
E ancora, le corse sotto il sole a picco muniti di anfibi di cuoio durissimo che costrinse il 99% di noi a “marcare visita” per le enormi piaghe e le vesciche ai talloni delle caviglie.
Poi le esercitazioni di tiro, in una collina-sassaia incandescente raggiunta dopo alcune ore di camion, indossando la mimetica con le maniche lunghe e tutti i bottoni chiusi e, infine, le interminabili ore di lezione sulle mine anti uomo e anti carro, sulla maschera antigas, sul Garand, sul FAL BM 59 e sulla M.G. 42/59 calibro 7,62 NATO, allora in dotazione all’ESERCITO ITALIANO.





E non parliamo poi della “ambitissima” pulizia cessi, e del servizio di “piantone” alle camerate, cosa che succedeva assai spesso.
Terminato il C.A.R. ci trasferirono con una tradotta militare in un viaggio interminabile diretti a Pordenone, presso la caserma “Martelli”, allora sede del 26° Battaglione Bersaglieri del “Grande Ottavo”. Ogni giorno ci esercitavamo in “Comina”: assalti simulati a piedi e sugli M113, assalti notturni a fuoco, lanci di razzi illuminanti, esercitazioni a fuoco, lanci di missili controcarro “TOW”… 


Ogni pomeriggio ci si esercitava in saggi ginnici, salti nei cerchi di fuoco e non, salti nei teloni, partite di pallavolo e di calcio: una volta riscaldati a dovere, era d’obbligo la famosa “corsa di battaglione o reggimentale” e quindi la doccia! 
Non me ne sono persa neanche una, fino all’ultimo giorno, e ne sono fiero!!!





Nella caserma “Martelli”, come in tutte le altre caserme d’Italia, regnava incontrastato il “nonnismo” - a volte esasperato, a volte no. Un bullismo, si direbbe oggi, che in certi casi arrivava anche ad essere violento, non solo a parole.
Noi del “Settimo Secondo 1977”, quando arrivammo ad avere l’anzianità necessaria, decidemmo di abolire quella pratica e lo facemmo con un gesto molto simbolico: “fare la branda” a quelli più giovani di servizio, per rendere loro più sopportabile il rientro dal permesso o dalla licenza.
Non abolimmo però gli scherzi, spesso pesanti che riuscivano in parte ad alleviare la noia invernale e le serate in cui eravamo “puniti” e non potevamo uscire in libera uscita. Lo scherzo preferito era il cosiddetto “juke box” che consisteva nel chiudere il malcapitato il un armadietto metallico munito di feritoie, si inseriva una moneta da 50 £ire e dopo aver ascoltato la canzone richiesta poteva uscire! 
I più anziani spesso si riunivano in una corsa fra i letti delle camerate cantando e urlando “nonniiiii, nonniiii, nonniiiii”!!! …e tutte le reclute seguivano e si univano al corteo.  
Ricordo con simpatia una sera del mese di novembre 1977 a Pordenone: un ragazzo era solito mettersi a letto alle 19,00 e, come per incanto, iniziava immediatamente a “russare a tutto spiano”!!! Dormiva sul letto superiore di una branda a castello in ferro. Avvolgemmo lui ed il suo letto nella carta igienica, posizionammo sotto i piedi del letto 4 saponette militari e, dopo aver bagnato i pavimenti, lo portammo nei “cessi”; lì si svegliò con il suono della tromba!!! Il nostro comandante di compagnia era il capitano Strizzolo, una persona squisita munito di baffi alla Vittorio Emanuele!
Ancora oggi rivedo ogni tanto alcuni miei “fratelli di naja” e, ogni volta, ci rendiamo conto che il tempo non è riuscito a cancellare l’amicizia e la solidarietà che si crearono fra noi in quei mesi. Quel 4 luglio di quarant’anni fa ritirammo il nostro congedo e ci salutammo, piangendo nell’abbracciarci. Ci commuovemmo noi e si commossero soprattutto coloro che dovevano ancora scontare i giorni di punizione (C.P.S. e C.P.R.); ed anche i camerati più “spine” di noi che dovevano restare “dentro” per assolvere gli obblighi con la Patria.
Per affrontare la Naja fui costretto a uscire dalla mia zona di comodo. Mi staccai dalle mie certezze di post-adolescente degli anni settanta per vivere in un sistema di vita totalizzante, il più delle volte assurdo, in cui dovevi imparare ad arrangiarti, ad andare d’accordo con tutti, a dormire con tutti, a lavorare con tutti, indipendentemente dalla loro istruzione e dalla loro provenienza geografica.
Non avevamo a disposizione computer, telefonini o smartphone e, per comunicare con casa, si usavano i telefoni pubblici a gettone, le cartoline o le lettere di carta con il francobollo da leccare. Da casa, però, non potevano fare nulla per aiutarti, se non incoraggiarti o inviarti ogni tanto del denaro tramite “vaglia postale”, e così dovevi imparare gestirti da solo i problemi e i magoni. Quelle poche volte che arrivava il vaglia, si correva in pizzeria o in trattoria per non perdere il “sapore” di qualcosa di commestibile….
In sostanza imparavi a prenderti le tue responsabilità e imparavi a lavorare in team. A me capitò anche la fortuna di essere promosso fino al grado di caporale, quindi feci una prima esperienza nella gestione dei sottoposti e dei loro programmi di lavoro.
Durate il servizio militare imparavi il rispetto per gli spazi altrui e per l’anzianità, imparavi a ricevere dei “No” grandi come un carro armato e te ne facevi subito una ragione. Credo che l’abolizione della naja sia stato un grosso errore: sono certo che una formula rinnovata della leva obbligatoria sarebbe uno stimolo per le nuove generazioni e una buona cosa dal punto di vista educativo. Inoltre, lo Stato può tenere sotto controllo lo stato di salute delle nuove generazioni e può, se del caso, assumere i provvedimenti necessari. Anche soli 6 mesi si potrebbero dedicare a mansioni armate o di protezione civile e ambientale, oltre che alla formazione per la gestione di situazioni di panico o di attacchi terroristici.
Sono orgoglioso di aver dedicato la mia giovinezza alla naja e di esser partito quella mattina d’estate dalla stazione di Bari Centrale.
Ricordo l’abbraccio forte di mio padre Giovanni ed il suo vivo incoraggiamento: “Nico, NON MOLLARE MAI, nemmeno per un attimo”. 
Quella partenza resterà per sempre fra i ricordi più belli della mia vita.

….Gli attuali eventi storici ci devono insegnare che, se vuoi vivere in pace, 
devi essere sempre pronto a difendere la tua Libertà….
La difesa è per noi rilevante
poiché essa è la precondizione per la libertà e il benessere sociale.
Dopo alcuni decenni di “pace”,
alcuni si sono abituati a dare la pace per scontata:
una sorta di dono divino 
e non, un bene pagato a carissimo prezzo dopo innumerevoli devastanti conflitti.…

(Fonti: https://svppbellum.blogspot.com/, Web, Google, Wikipedia, You Tube)


La mia caserma "MARTELLI" a Pordenone.



L'ingresso della caserma MARTELLI














11 luglio 1977, partenza dalla stazione di Bari Centrale verso Albenga (SV), sede del CAR 14 Btg Bersaglieri SERNAGLIA.


L'autore del blog su di un M-60 nel corso di esercitazioni NATO sul Cellina Meduna.


L'autore


Campo invernale sul Cellina-Meduna (PN)



Da sx: Giancarlo Mealli, Silla, Maurizio Khoury di Roma e l'autore del blog.





L'autore con l'amico del cuore Aldo Moscariello di Montella (AV).





Il FAL Beretta BM-59




L'autore ad Albenga.



Le nostre gavette...


Il nostro Comandante di plotone, l'allora Tenente Danilo Errico, poi capo di Stato maggiore dell'E.I.







Il nostro M-113








L'autore



Presso la polveriera tra Goito e Marengo (MN). Il primo in basso a sx è Pinuccio Lavermicocca di Bari.




Il nostro posto letto.



Danilo Errico, già Capo di Stato Maggiore dell'Esercito Italiano.




L'iniezione del "vaccino bomba"!


Il vassoio d'acciaio per colazione, pranzo e cena....










 

venerdì 20 gennaio 2023

1950: Il “REGULUS I”, uno dei primi missili da crociera statunitensi, è stato anche utilizzato per consegnare 3.000 lettere e un messaggio alla Russia!


SI VIS PACEM, PARA BELLUM


Un missile Regulus I aveva una bella linea. Di profilo era a forma di sigaro, con una presa d’aria dei primi aerei da combattimento degli anni '50 come l'F-86 Sabre che si allargava al centro su di un motore a turbogetto Allison, per poi rastremarsi di nuovo allo scarico. Un'ala montata al centro forniva la portanza necessaria per librarsi con grazia sull'oceano, quindi anche su spiagge, città, aeroporti o fabbriche russe, dove il suo carico utile termonucleare di 3.000 libbre sarebbe inevitabilmente esploso, incenerendo tutto ciò che si trovava nel raggio utile della sua testata termonucleare.








E come arma da attacco nucleare, il Regulus I della US NAVY era una cosa terrificante. Aveva le sue radici concettuali nella bomba planante nazista V1, ma invece di venire lanciata da un lanciatore terrestre, il Regulus I veniva lanciato dal ponte di navi o sottomarini. In un'epoca precedente ai missili balistici, fu il primo deterrente nucleare della Marina statunitense: ne furono prodotti 514, e per la maggior parte di un decennio, sottomarini muniti di hangar per il Regulus I solcarono silenziosamente gli oceani.
Per quanto carino possa essere stato, il Regulus I era un aeromobile propositivo. Era scomodo da lanciare, richiedeva all’unità lanciatrice di puntarlo verso il suo bersaglio distante, e richiedeva i sistemi di guida combinati di due diverse navi per guidarlo con precisione. E mentre un moderno missile da crociera è così preciso che la distanza tra il bersaglio e l'impatto è misurata in pochi metri, alla sua portata estrema, l’US NAVY misurava la precisione di un Regulus I in miglia. Ma, armato con una testata W27 da 1 o 2 chilotoni, era comunque devastante.
Quindi il Regulus I è stata una strana scelta per svolgere il ruolo di postino in una mite mattinata in Florida nel lontano 1959. Ma, con la benedizione e l'incoraggiamento del Postmaster General, è esattamente quello che ha fatto.
Il volo si svolse come qualsiasi altro test missilistico. Mirato alla Naval Station Mayport, vicino a Jacksonville, in Florida, il Regulus I arancione brillante venne lanciato dal ponte del sottomarino USS Barbero. Era un lancio di 100 miglia - un raggio entro il quale il missile era abbastanza preciso - e invece di un carico utile nucleare di 3.000 libbre, il missile da addestramento venne dotato di carrello di atterraggio e caricato con 3.000 lettere indirizzate a senatori e dignitari, persino al presidente.
Esempi del carico insolito del missile e persino delle scatole inserite nel vano di carico utile sono stati conservati dal Museo postale nazionale. Mentre le lettere all'interno erano scherzose ed entusiaste del risultato, il messaggio sottostante era sottile quanto il tipico carico utile del Regulus: se la Marina può consegnare la posta, la Marina può consegnare anche una bomba.
Il direttore delle poste Arthur Summerfield era a disposizione per lo scarico del prezioso carico utile.  Sarebbe stata la prima e l'ultima posta degli Stati Uniti ad essere consegnata con un missile. 
Prima di prendere le redini del servizio postale, Summerfield era un politico e un concessionario della General Motors nel Michigan. Aveva una visione per un servizio postale moderno, tutti i nastri trasportatori e lo smistamento automatico, e come sono soliti fare i visionari, aveva alcune parole da dire alla consegna riuscita della posta da parte del Regulus: “”“Questo impiego in tempo di pace di un missile guidato per l'importante e pratico scopo di trasportare la posta, è il primo uso ufficiale noto di missili da parte di qualsiasi dipartimento dell'ufficio postale di qualsiasi nazione. Prima che l'uomo raggiunga la luna, la posta sarà consegnata entro poche ore da New York alla California, alla Gran Bretagna, all'India o all'Australia tramite missili guidati”””.
Col senno di poi, la sua entusiastica approvazione dell'uso del sistema d'arma per uno scopo pacifico sarebbe tanto sbagliato quanto l'idea ebbe vita breve. E per lo stesso Regulus I non andò molto bene: fu rapidamente sostituito dai missili IRBM Polaris, l'ultimo di una nuova generazione di missili balistici intercontinentali. Rimasti senza lavoro, i missili grandi e belli furono assegnati a compiti come droni bersaglio. Anche l’USS Barbero, sopravvissuto alla seconda guerra mondiale e valoroso pattugliatore degli abissi, non sarebbe durato a lungo: appena cinque anni dopo aver partecipato alla prima consegna postale tramite missile, era già obsoleto agli occhi della US NAVY, quindi fu utilizzato come bersaglio e affondato da un altro sottomarino al largo di Pearl Harbor.
Sessant'anni dopo, il Regulus I è considerato il predecessore dell'odierno missile da crociera Tomahawk, e le marine di tutto il mondo pattugliano ancora le profondità con flotte di sottomarini dotati di armi nucleari. Ma l'idea della consegna della posta tramite missile? Quello non è mai decollato del tutto.

IL MISSILE SUPERSONICO IMBARCATO “REGULUS I”

Il missile Regulus era un'arma supersonica impiegabile da sottomarini. Tuttavia, esso necessitava di essere lanciato in superficie. Nonostante le prestazioni supersoniche e lo sviluppo del successivo Regulus II, il programma per avere sottomarini di questo genere in servizio su grande scala venne abbandonato: era entrato in conflitto con il programma Polaris, per i missili balistici sub-lanciati, e perse nettamente il confronto.
I sottomarini realizzati per il suo impiego finirono i loro giorni come vettori di incursori NAVY-SEAL; le armi superficie-superficie alquanto particolari, e gli hangar impiegati per i missili vennero impiegati per ospitare i mezzi speciali subacquei usabili solo in immersione.
Il Regulus SSM-N-8A o Regulus I era un missile da crociera con testata nucleare, di seconda generazione, sviluppato dalla US NAVY, lanciabile da sottomarino e dotato di turbogetto, dispiegato dal 1955 al 1964. Il suo sviluppo era il risultato dei test condotti dalla Marina Militare degli Stati Uniti con il missile tedesco V-1 presso la Naval Air Station Point Mugu in California. La sua fusoliera a forma di barile assomigliava a quella di numerosi aerei da combattimento dell'epoca, ma senza cabina di pilotaggio. Gli esemplari di prova del Regulus erano muniti di carrello d'atterraggio e potevano decollare ed atterrare come un aereo. Quando i missili furono dispiegati venivano lanciati da un carrello ferroviario, ed equipaggiati con una coppia di razzi JATO Aerojet all'estremità posteriore della fusoliera.

Storia

Progettazione e sviluppo

Nell'ottobre 1943, la Chance Vought Aircraft Company firmò un contratto di studio per un missile con una autonomia di 300 miglia (480 km), capace di trasportare una testata da 4.000 libbre (1.800 kg). Il progetto si fermò per quattro anni, fino al maggio 1947, quando le Forze aeree dell'esercito degli Stati Uniti assegnarono alla Martin Aircraft Company un contratto per un missile subsonico a turbogetto, il Matador. 
La Us Navy vide il Matador come una minaccia al suo ruolo nei lancio di missili guidati e, nel giro di pochi giorni, iniziò un programma di sviluppo per un missile che poteva essere lanciato da un sottomarino e in grado di utilizzare lo stesso motore J33 del Matador. 
Nell'agosto 1947 furono pubblicate le specifiche del progetto chiamato “Regulus" in grado di trasportare una testata da 3.000 libbre (1.400 kg), a 500 miglia nautiche (930 km), a Mach 0,85, con un errore circolare probabile (CEP) dello 0,5%. Al massimo raggio d'azione il missile avrebbe dovuto colpire entro 2,5 miglia nautiche (4,6 km) dal suo obiettivo.
Lo sviluppo del Regulus I è stato preceduto da esperimenti della Us Navy con il missile denominato JB-2 Loon, un derivato ravvicinato della bomba volante tedesca V-1, a partire dall'ultimo anno della seconda guerra mondiale. 
Le prove da sottomarini furono effettuate dal 1947 al 1953 presso la Naval Air Station Point Mugu, con USS Cusk (SS-348) e USS Carbonero (SS-337) convertite come piattaforme di prova, inizialmente trasportando il missile senza protezione, e quindi incapaci di immergersi fino a dopo il lancio.

DATI TECNICI DEL Regulus I: 
  • Lunghezza 9,1 m, 
  • Apertura alare 3,0 m, 
  • Diametro 1,2 m, 
  • Peso tra 4.500 e 5.400 kg. 

Il missile assomigliava ad un caccia F-84, ma senza cabina di pilotaggio; le versioni di prova erano dotate di carrello d'atterraggio in modo che potessero essere recuperate e riutilizzate. Dopo il lancio, il Regulus I era guidato verso il suo obiettivo da stazioni di controllo, (da sottomarini o navi di superficie dotate di apparecchiature di guida). 
Avrebbe potuto anche essere pilotato a distanza da aerei in volo.  
Le competizioni Army-Navy complicarono gli sviluppi sia del Matador che del Regulus. I missili erano simili e utilizzavano lo stesso motore. Avevano prestazioni e costi quasi identici. Sotto pressione per ridurre la spesa per la difesa, il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti ordinò alla Us Navy di determinare se il Matador poteva essere adattato all’utilizzo imbarcato. La Us Navy concluse che il Regulus della Marina poteva svolgere meglio la missione per cui era stato progettato.
Il Regulus I aveva alcuni vantaggi rispetto a Matador: richiedeva solo due stazioni di guida, mentre il Matador ne richiedeva tre. Poteva essere lanciato più rapidamente, poiché i booster del Matador dovevano essere montati mentre il missile era sul lanciatore, mentre il Regulus era sistemato con i booster collegati. Infine, la società Chance Vought costruì una versione recuperabile del missile, denominata KDU-1 e utilizzata anche come bersaglio, cosicché, anche se un veicolo di prova Regulus era più costoso da costruire era comunque più economico da utilizzare per una serie di prove. Il programma della Marina continuò, e il primo Regulus I volò nel marzo 1951.
A causa delle sue dimensioni e dei regolamenti relativi ai carichi sovradimensionati sulle autostrade, Chance Vought collaborò con un'azienda specializzata nel trasporto di carichi sovradimensionati per sviluppare una speciale combinazione di rimorchio trattore che potesse muovere un missile Regulus I.

Navi e sottomarini dispiegati con il Regulus I

Il primo lancio da un sottomarino avvenne nel luglio 1953 dal ponte dell'USS Tunny, un battello della seconda guerra mondiale modificato per trasportare il missile Regulus I. 
Il Tunny e il suo gemello USS Barbero furono i primi sommergibili del deterrente nucleare degli Stati Uniti. Nel 1958 furono affiancati da due sommergibili appositamente costruiti: l’USS Grayback e l’USS Growler, e, più tardi, dall'USS Halibut a propulsione nucleare. L'USS Halibut, con il suo hangar interno estremamente grande, poteva trasportare cinque missili e doveva essere il prototipo di una nuova classe di sottomarini SSG-N lanciamissili da crociera.
La strategia della Marina statunitense prevedeva che quattro missili Regulus fossero in mare contemporaneamente. Così, il Barbero e il Tunny, ognuno dei quali portava due missili Regulus, pattugliavano gli oceani simultaneamente. 
Il Growler ed il Grayback, con quattro missili ciascuno, o l’Halibut, con cinque, potevano pattugliare da soli operando da Pearl Harbor, dalle Hawaii; i cinque sommergibili con i missili Regulus I fecero 40 pattugliamenti nucleari di deterrenza nell'Oceano Pacifico settentrionale tra l'ottobre 1959 e il luglio 1964. Anche durante la crisi missilistica cubana del 1962. Il compito primario degli SSG-N in caso di scambio nucleare sarebbe stato quello di eliminare la base navale sovietica di Petropavlovsk-Kamchatsky. Questi pattugliamenti di deterrenza furono i primi nella storia della Marina sottomarina e precedettero quelli effettuati dai sottomarini missilistici classe Polaris.
I sottomarini armati del Regulus I furono sostituiti dai sottomarini lanciamissili classe George Washington che trasportavano il sistema missilistico Polaris. 
I Sottomarini USS Cusk e USS Carbonero erano dotati di sistemi di controllo che permettevano loro di prendere il controllo di un Regulus in volo, estendendo così la sua portata in una situazione tattica.
Il Regulus I fu anche dispiegato dalla US Navy nel 1955 nel Pacifico a bordo dell'incrociatore USS Los Angeles. Nel 1956 ne seguirono altri tre: USS Macon, USS Toledo e USS Helena. Questi quattro incrociatori della classe Baltimora trasportavano ciascuno tre missili Regulus in pattuglie operative nel Pacifico occidentale. L'ultima pattuglia con il Regulus I di Macon fu nel 1958, il Toledo nel 1959, l’Helena nel 1960 e il Los Angeles nel 1961.
Dieci portaerei furono equipaggiate per utilizzare i missili Regulus I. L’USS Princeton non si schierò con il missile ma condusse il primo lancio di un Regulus effettuato da una nave da guerra. Anche l'USS Saratoga fu coinvolta in due lanci dimostrativi. La USS Franklin D. Roosevelt e la USS Lexington portarono a termine ciascuna un lancio di prova. L'USS Randolph fu dispiegata nel Mediterraneo con tre missili Regulus I. 
L'USS Hancock fu dispiegata una volta nel Pacifico occidentale con quattro missili nel 1955. La Lexington, la Hancock, l’USS Shangri-La e la USS Ticonderoga furono coinvolte nello sviluppo del concetto della missione d'assalto con il Regulus I (RAM). La RAM convertì i missili da crociera Regulus I in un veicolo aereo senza equipaggio (UAV): I missili Regulus sarebbero stati lanciati da incrociatori o sottomarini e, una volta in volo, avrebbero dovuto essere guidati verso i loro obiettivi da piloti basati su vettori con apparecchiature di controllo remoto.

Sostituzione

Nonostante fosse la prima capacità nucleare subacquea della Marina Militare degli Stati Uniti, il sistema missilistico Regulus I presentava notevoli svantaggi operativi. Per il lancio, il sommergibile doveva emergere e assemblare il missile in qualsiasi condizione di mare in cui si trovava. Poiché richiedeva una guida radar attiva, che aveva solo una portata di 225 nmi (259 mi; 417 km), la nave doveva rimanere ferma in superficie e guidare il missile verso il bersaglio mentre trasmetteva efficacemente la sua posizione. Questo metodo di guida era suscettibile di jamming e, poiché il missile era subsonico, la piattaforma di lancio rimaneva esposta e vulnerabile agli attacchi durante tutta la durata del volo; distruggendo la nave era possibile disabilitare il missile in volo.
La produzione del Regulus I cessò gradualmente nel gennaio 1959 con la consegna del 514° missile, che fu ritirato dal servizio nell'agosto 1964. Alcuni missili obsoleti furono utilizzati come obiettivi nella base aerea di Eglin Air Force Base, Florida. 
Il Regulus I non solo fornì la prima forza di dissuasione strategica nucleare per la Marina degli Stati Uniti durante i primi anni della Guerra Fredda e soprattutto durante la crisi missilistica cubana, che precedette i missili Polaris, Poseidon e Trident che seguirono, ma fu anche il precursore del missile da crociera Tomahawk.

Esemplari conservati nei musei

I seguenti musei negli Stati Uniti conservano missili Regulus in mostra come parte delle loro collezioni:
  • Museo dell'aviazione di Carolinas, Charlotte, North Carolina - 1956 SSM-N-8a Regulus I cruise missile in posizione di lancio al Carolinas Aviation Museum di Charlotte, North Carolina. È montato su uno stand di lancio per catapulta utilizzato per il lancio delle portaerei ed è stato restaurato alla fine del 2006 dopo essere stato esposto all'aperto per diversi anni.
  • Museo Intrepid Sea-Air-Space Museum, New York City, New York City, New York - Il missile da crociera Regulus I può essere visto pronto per il lancio simulato a bordo del USS Growler presso l'Intrepid Sea-Air-Space Museum di New York City.
  • Point Mugu Missile Park, Stazione Aerea Navale Point Mugu, California - La collezione del museo comprende sia un missile Regulus I che un missile Regulus II.
  • Museo USS Bowfin, Pearl Harbor, Hawaii - Regulus con motore integro.
  • US Navy Pacific Missile Range Facility, Barking Sands, isola di Kauai, Hawaii. - Regulus I restaurato nel 2011 in mostra statica all'interno della Porta Nord.

Operatori dell’arma:
  • United States - United States Navy (from 1955 to 1964).




….Gli attuali eventi storici ci devono insegnare che, se vuoi vivere in pace, 
devi essere sempre pronto a difendere la tua Libertà….
La difesa è per noi rilevante
poiché essa è la precondizione per la libertà e il benessere sociale.
Dopo alcuni decenni di “pace”,
alcuni si sono abituati a dare la pace per scontata:
una sorta di dono divino 
e non, un bene pagato a carissimo prezzo dopo innumerevoli devastanti conflitti.…

(Fonti: https://svppbellum.blogspot.com/, Web, Google, Thedrive, Wikipedia, You Tube)