mercoledì 30 gennaio 2019

IL NAUFRAGIO DEL VASCELLO DA GUERRA SVEDESE “VASA” SUBITO DOPO IL VARO



Ecco in sintesi a storia di uno dei più grandi fallimenti progettuali della Svezia. 

Il vascello Vasa nelle intenzioni del Re Gustav II Adolf Vasa era destinato a diventare il simbolo della potenza militare della Svezia che in quel periodo era coinvolta nella guerra dei 30 anni, una delle più complesse guerre di religioni fra cattolici e protestanti. Ci vollero ben due anni per costruirla (dal 1626 al 1628), una nave da guerra con 64 cannoni. Il progetto e la realizzazione non aveva limitazioni circa i costi.



Per il progetto fu chiamato l’olandese  Henrik Hybertsson, un esperto costruttore di navi. Hybertsson non vide mai la fine della sua opera (morì prima della sua ultimazione) e già nel 1626 fu delegato il suo assistente Henrik Hein Jacobsson. Lunga 69 metri e costruita secondo lo stile olandese con scafo poco profondo e una base piatta, la nave era stata “personalizzata” su specifica richiesta del Re che era parte attiva nella progettazione del vascello. Per volere del Re i due ponti che alloggiavano i cannoni erano stati rinforzati per resistere alle cannonate ed era stato aggiunto un grande castello di poppa, aumentandone così problemi di stabilità.



Sostanzialmente l’equilibrio della nave e la disposizione dei carichi erano sbagliate. Nel tentativo di correggere l’equilibrio del vascello fu aumentata la zavorra nella parte bassa della nave, in modo da abbassare la linea di galleggiamento del vascello portandola molto vicina alla linea inferiore dei cannoni.
A quei tempi in Svezia non si realizzavano né progetti cartacei né calcoli matematici per la realizzazione delle navi. Per verificarne la stabilità si  effettuavano delle “prove di stabilità” nel corso della costruzione e quando la costruzione della Vasa era ormai in stato avanzato, l’ammiraglio Fleming eseguì questo test. Il test consisteva nel far correre 30 marinai da un lato all’altro della nave e dopo soli 3 giri il test venne interrotto perché fallito. Nonostante il fallimento del test, il Re che con questa opera voleva dimostrare la forza bellica svedese,  mandò una lettera premendo sul varo del vascello, cosicché la nave, nonostante i chiari problemi di stabilità, fu dichiarata pronta.



Per il giorno dell’inaugurazione, il peso della nave aumentò ulteriormente a causa di tutte le paratie decorative che snelle intenzioni dovevano essere rimosse alla fine della parata. Vi erano su entrambi i lati delle statue lignee, coloratissime e alcune addirittura ricoperte con foglie d’oro,  raffiguranti gli imperatori romani da Tiberio a Settimio Severo ma anche statue di leoni (simbolo svedese per eccellenza), statue raffiguranti eventi mitologici nordici e una persino statua del re.  Almeno 6 artisti, e relativi aiutanti, presero parte a questa colossale opera di scultura e pittura, ma non vi è alcuna firma su di essa.
La sera del 10 agosto 1628 l’imponente nave da guerra “Vasa” prendeva il largo nel suo viaggio inaugurale nelle acque di Stoccolma sotto gli occhi dei 10.000 abitanti di Stoccolma che stavano sulle sponde del porto. Lo specchio di mare antistante il porto pullulava di piccole imbarcazioni di curiosi che speravano di godersi lo spettacolo del varo della nave da vicino. I marinai avevano avuto il permesso di portare i parenti. La navigazione sarebbe poi proseguita con 300 soldati (che avrebbero costituito i due terzi dell’equipaggio della nave) ma momento del naufragio c’erano solo 150 persone. La missione era raggiungere la Polonia dove si sarebbe combattuta una sanguinosa battaglia. L’idea era che  i parenti sarebbero dovuti scendere a Vaxholm. Tuttavia i soldati non misero mai piede sulla nave ….



Il vascello era in pompa magna, completo di tutto quello che serviva a mostrare la grandezza del regno di Svezia e del suo Re Gustav II Adolf della dinastia Vasa.
Dopo aver sparato con un cannone a salve, la Vasa spiegò 4 delle sue 10 vele e prese il largo uscendo dal porto. Tutto sembrava procedere bene.  Il vento che fino ad allora si era mostrato quasi nullo, diede una folata che fece inclinare la nave, ma prontamente il timoniere riuscì a raddrizzarla, purtroppo però non poté fare la stessa cosa con la seconda folata di vento che inclinò il Vasa talmente tanto che l’acqua entrò dai portelli dei cannoni che il capitano Söfring Hansson aveva fatto lasciare aperti per magnificare il vascello, cosicché la nave sprofondò in brevissimo tempo. La nave era affondata dopo solo 1300 metri (circa 15 minuti di navigazione) quando ancora si trovava nel porto di Stoccolma e si adagiò a circa 32 metri di profondità.



Gran parte dei marinai si lanciarono dal vascello in mare. Dato il fondale basso gli alberi principali del vascello spuntavano e molti si salvarono aggrappandosi a questi. Le piccole imbarcazioni venute per assistere all’inaugurazione del vascello si trovarono a dover soccorrere i naufraghi, altri si aggrapparono ad oggetti galleggianti caduti dalla nave. Inoltre si trovavano ad appena 120 metri dalla costa e molti si salvarono a nuoto.
La maggior parte dell’equipaggio si salvò ma una trentina di marinai morirono. La maggior parte di questi si trovavano all’interno del vascello quando iniziò ad affondare e non riuscirono ad uscirne. Dopo il recupero del relitto sono stati recuperati gli scheletri di circa 15 persone.
Non esisteva una lista con i nomi dei marinai ma di certo si sa che il capitano della nave Söfring Hansson soppravvisse al naufragio. Pare che abbia lasciato l’imbarcazione tra gli ultimi (come dettano le regole nautiche) ma che si sia impigliato in una corda degli alberi maestri e che sia stato trascinato verso il fondo. Alla fine riuscì a sbrogliarsi ed a mettersi in salvo. Anche il suo vice, l’ammiraglio Erik Jonsson si salvò per un pelo. Al momento del naufragio si trovava nel ponte inferiore per assicurarsi che i cannoni fossero saldamente legati dopo che la nave si era inclinata la prima volta. Jönsson fu colpito da uno sportello di legno in testa quando cercò di risalire. Venne salvato ma rimase per parecchio tempo appeso ad un filo tra la vita e la morte.
Il capitano Hans Jonsson invece morì. Si trattava  di uno dei comandanti più esperti salito sulla nave forse per dare consigli oppure semplicemente come ospite.
Immediatamente il re Gustav II Adolf fece aprire un’inchiesta per capire di chi fosse la responsabilità del naufragio, vennero interrogati il capitano della nave, molti dei marinai e i costruttori, e tutti dissero esattamente la stessa cosa, ossia, che la nave era troppo instabile e che i portelli dei cannoni sarebbero dovuti rimanere chiusi. Per quel che riguarda la costruzione della nave, invece, fu detto soltanto che il vascello fu costruito secondo le indicazioni del Re.
Nessuno fu accusato per il naufragio e di conseguenza non ci fu nessun colpevole.

Nel 1956, dopo più di 300 anni, un archeologo esperto in relitti Carl Gustav Anders Franzén insieme al subacqueo Per Edvin Fälting  riuscirono a recuperare il relitto che, grazie alla particolarmente bassa salinità delle acque di Stoccolma, si trovava in condizioni eccellenti.


Con il recupero della nave avvenuto nel 1961, iniziarono anche i lavori di restauro che nel 1990 portarono il relitto nella condizione di essere esposto nell’omonimo museo che gli fu costruito intorno, situato nella zona di Djurgården nella città di Stoccolma.

Il museo Vasa ospita la nave restaurata e moltissime ricostruzioni di sezioni di essa, diventando in pochi anni una delle attrazioni principali della città, se non proprio di tutta la Svezia: il museo Vasa si trova a Djurgården, una delle tante isole di Stoccolma, via Galärvarvsvägen n°14.

(Web, Google, Wikipedia, You Tube)





















































I M.A.S. dei cantieri Baglietto "500", dalle prima alla quinta serie



La Regia Marina Italiana, sin dalla Prima Guerra Mondiale, ha prestato una grande attenzione allo sviluppo di piccole e rapide imbarcazioni armate generalmente di siluri. 

I motoscafi armati siluranti, più conosciuti con la sigla MAS, erano imbarcazioni di diretta derivazione civile. 

Nel corso della Prima Guerra Mondiale i risultati ottenuti sono stati assolutamente significativi con l’affondamento, dal parte del Comandante Luigi Rizzo, delle corazzate della Marina Austro-Ungarica Wien e Szent István. Nonostante fossero adatti a mari chiusi e poco mossi come l’Adriatico, la Marina Italiana continuò a lavorare per migliorare le prestazione dei piccoli ma veloci mezzi siluranti. I MAS 500, dotati dei nuovi motori a benzina Isotta-Fraschini, più potenti ed affidabili, realizzati nel corso della Seconda Guerra Mondiale, vennero impiegati sia come siluranti sia come piattaforme antisommergibile destinati al lancio di bombe di profondità. Potevano raggiungere una velocità massima di ben 45 nodi ed erano armati con due siluri da 450 mm.



Era molto chiaro che la nostra Regia Marina aveva l’esigenza di disporre al più presto di un mezzo capace di rendere ancor più efficace l’effetto dei siluri. 
Lo scopo primario di portare i siluri a bersaglio portò diversi Paesi a investire sulla produzione di imbarcazioni leggere e veloci, capaci di avvicinarsi al nemico, rilasciare l’arma e allontanarsi senza perdite il più velocemente possibile.

Nonostante i diversi prototipi messi a punto dalle varie nazioni nel periodo pre bellico, i risultati non soddisfecero le aspettative. Nel 1914 l’obiettivo venne però centrato dall’Italia che cominciò a produrre nei cantieri di Venezia alcuni motoscafi sperimentali per pattugliare l’Adriatico e fare da scorta antisommergibile alle navi più grandi. Queste ultime, appostate in mare aperto, non riuscivano a ingaggiare scontri veri e propri con la flotta austriaca – sempre al riparo nei porti – e così per la Regia Marina sorse la necessità di avere a disposizione mezzi piccoli e rapidi per compiere assalti fulminei nei punti in cui il nemico si sentiva protetto. 

Le imbarcazioni più adatte allo scopo furono i M.A.S., acronimo di motoscafo armato silurante; erano mezzi di circa 13 tonnellate, lunghi 16 metri e larghi 2,5. Costruiti in legno ed equipaggiati con una coppia di motori da 450 cavalli, raggiungevano i 24 nodi di velocità ed erano armati con 2 siluri e una mitragliatrice. L’efficacia del nuovo mezzo fu palese il 10 settembre 1917, quando i M.A.S. guidati da Luigi Rizzo riuscirono a penetrare nel porto di Trieste – base principale della flotta austroungarica – e ad affondare la corazzata Wien. 

Il 10 febbraio 1918, nonostante le imponenti difese, una squadra di M.A.S. con a bordo Gabriele D’Annunzio, Costanzo Ciano e Luigi Rizzo penetrò nella baia di Buccari: sebbene gli effetti dell’attacco furono trascurabili, l’azione passò alla storia come la ‘beffa di Buccari’, nome originato anche dal gesto di D’annunzio che, prima di ritirarsi con la squadriglia, depositò in acqua alcuni messaggi di scherno nei confronti degli austroungarici. L’incursione diede inoltre nuovo entusiasmo alle truppe memori della disfatta di Caporetto e – in tal senso – incise più per funzione propagandistica che di danneggiamento delle unità nemiche. 
Il 10 giugno 1918 i M.A.S. inflissero un altro duro colpo all’Austria affondando la corazzata Santo Stefano con un’azione ardita ma resa possibile dal coraggio degli uomini e dalle caratteristiche dei mezzi italiani, che passando a gran velocità tra le cacciatorpediniere di scorta puntarono al bersaglio grosso e fecero centro dissolvendo definitivamente le pretese della Marina austriaca.



Sulla scorta dei pregevoli risultati ottenuti, si decise di proseguire nella realizzazione di M.A.S. anche nel periodo post bellico e, assieme alle nuove unità, dalle catene di produzione uscirono anche nuovi propulsori di derivazione aeronautica come l’Isotta-Fraschini Asso1000, un mostro assetato di benzina con 18 cilindri disposti a W su 3 bancate che fu installato – in coppia – sui M.A.S. 500. Le nuove imbarcazioni – 75 mezzi prodotti in 4 serie – potevano contare su velocità massime intorno ai 40/42 nodi a pieno carico, 2 tubi lanciasiluri da 450 millimetri e una/due mitragliere da 13,2 millimetri (poi sostituite con quelle da 20) in funzione antiaerea. 
Le elevate prestazioni erano garantite anche dalla particolare conformazione dello scafo che si rivelò anche fonte di seri problemi: i M.A.S. infatti erano in difficoltà in condizioni di mare aperto e di moto ondoso sostenuto. 
Ciò penalizzava anche le prestazioni e non di rado gli equipaggi correvano reali pericoli in condizioni di mare mosso.




Una soluzione all’inconveniente arrivò nell’aprile del 1941 quando nel porto di Cattaro – oltre alla flotta iugoslava – furono catturate 6 motosiluranti di costruzione tedesca; quest’ultime, 65 tonnellate di stazza e dallo scafo adatto a mantenere elevate velocità anche in condizioni non ottimali, furono studiate a fondo dai cantieri CRDA di Monfalcone che da esse derivarono un nuovo tipo di motosilurante, la CRDA 60T. La prima serie (18 unità) entrò in servizio nel 1942 e viste le migliori doti rispetto ai M.A.S. – più lente ma con miglior autonomia e affidabilità – poco dopo furono ordinate altre 18 imbarcazioni. Basandosi ancora sul progetto tedesco, venne realizzato anche un mezzo per il pattugliamento antisommergibile e per la scorta costiera, il V.A.S. o vedetta antisommergibile. L’unità era più lenta rispetto agli altri mezzi citati ma aveva un buon armamento che, tuttavia, non contribuì a risollevare la Regia Marina dalla disfatta: le 45 imbarcazioni prodotte entrarono in servizio dopo il 1942, a conflitto ormai segnato.



I nostri M.A.S., oltre all’affondamento di numerose navi mercantili, colpirono pesantemente anche navi da guerra molto importanti: 
  • l’incrociatore leggero inglese Manchester durante la Battaglia di Mezzo Agosto;
  • il sommergibile russo Equoka;
  • ll12 marzo 1943, il cacciatorpediniere inglese Lightning;
  • Importanti furono anche i danneggiamenti arrecati agli incrociatori Capetown e Molotov, appartenenti rispettivamente alla Royal Navy britannica  e a quella russa.


I MAS 500 furono dei motoscafi armati siluranti concepiti verso la fine degli anni trenta del ventesimo secolo; vennero dotati di motori Isotta Fraschini Asso 1000. 

Ne furono prodotte 75 unità tra il 1937 e il 1941, e ne erano in servizio 48 nel 1940. Efficienti in acque assai calme, la loro carena tonda non le rendeva adatte per mari più agitati.

Avevano un motore principale di 2000 CV, e le prime due serie erano dotate di un motore ausiliario da 80 CV. La velocità era per la prima e seconda serie di 48 nodi (col motore principale) e di 6 nodi (motore ausiliario), mentre per la terza e quarte serie, più pesanti di oltre 4 tonnellate, scendeva a 43 nodi. Il loro armamento era di una mitragliera contraerea da 13,2mm, che venne sostituita da una da 20 mm nella III e IV serie; le armi principali erano due siluri da 450 mm, ed una tramoggia per le bombe di profondità. 
L'equipaggio era formato da nove uomini.

Storia

Nel 1935 venne ordinato al cantiere Baglietto un prototipo, cui fece seguito un primo gruppo di battelli (MAS 501 – 524) a vari cantieri, di cui 10 allo stesso cantiere Baglietto; lo scafo era composto da un triplice fasciame in legno, con una intralicciatura longitudinale in acciaio saldato nelle sue componenti. Venne ordinato un venticinquesimo battello (che assunse la denominazione di MAS 525) ai Cantieri Riuniti dell’Adriatico di Monfalcone per valutare il comportamento di uno scafo metallico in leghe leggere, che era parzialmente chiodato.

Serie

Le serie create furono:
  • Tipo "Velocissimo Classe 500 prima serie sperimentale MAS 424" (1937 - 1943)
  • Tipo "Velocissimo Classe 500 prima serie" (1937 - 1943)
  • Tipo "Sperimentale MAS 551" (1939 - 1941)
  • Tipo "Velocissimo Classe 500 seconda serie" (1939 - 1943)
  • Tipo "Velocissimo Classe 500 terza serie" (1943 - 1943)
  • Tipo "Velocissimo Classe 500 quarta serie" (1941 - 1943)
  • Tipo "Velocissimo Classe 500 quinta serie" (1941 - 1941).


(Web, Google, Wikipedia, Nautigestnews, Ufficio Storico MM, You tube)




































L'inventore dei M.A.S., l'Ing. Attilio Bisio.


















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