mercoledì 20 novembre 2019

Il Macchi M.C.200 "Saetta"



Il Macchi M.C.200 "Saetta" era un aereo da caccia monomotore ad ala bassa sviluppato dall'azienda aeronautica italiana Aeronautica Macchi negli anni trenta. Fece il primo volo il 24 dicembre 1937 ed entrò in linea nel 1939. Il Macchi M.C.200 non aveva particolari difetti ed era dotato di ottime capacità per il combattimento ravvicinato. Infatti, la sua maneggevolezza era eccellente e la stabilità nelle picchiate ad alta velocità, eccezionale. Poteva così duellare con i migliori caccia alleati ed uscirne imbattuto. Soltanto il Supermarine Spitfire poteva superarlo, in cabrata.
Di contro alle buone caratteristiche di volo, stavano però la scarsa potenza del motore, una velocità orizzontale appena sufficiente, un armamento inadeguato di sole due mitragliatrici da 12,7 mm in fusoliera (sincronizzate per il tiro attraverso l'elica), l'abitacolo aperto privo di riscaldamento, la mancanza di corazzatura a protezione del pilota (se non in un numero limitato di esemplari), l'impossibilità assoluta di compiere manovre in volo rovescio a causa sia dell'alimentazione a carburatore sia, soprattutto, del disinnesto delle pompe dell'olio e della benzina che una tale manovra avrebbe provocato con conseguente distruzione del motore, una struttura oltremodo onerosa da costruire (circa 20 000 ore/uomo, quando, ad esempio, per il Bf 109E ne bastavano 4 500).
Dall'entrata in guerra dell'Italia, il 10 giugno 1940, all'armistizio del 1943, il Saetta svolse più missioni operative di qualunque altro aereo italiano. Con le insegne della Regia Aeronautica, operò su quasi tutti i fronti della seconda guerra mondiale, dal Mar Mediterraneo, all'Africa, ai Balcani. Un Gruppo Autonomo operò in Russia dove ottenne l'eccellente rapporto abbattimenti/perdite di 88 a 15.



Storia del progetto

Dopo l'esperienza in Spagna con i Fiat C.R.32, durante la guerra civile spagnola, la richiesta dei piloti di mezzi più veloci e moderni viene presto recepita dai vertici della Regia Aeronautica. Venne a questo scopo, il 10 febbraio 1936, emessa una specifica per la fornitura di un Caccia Intercettore Terrestre che doveva corrispondere alle seguenti prestazioni ed equipaggiamenti: velocità massima di 500 km/h, salita a 6000 metri in 5 min, autonomia di due h ed armato con una o due mitragliatrici calibro 12,7 mm, che avesse tra le caratteristiche tecniche una configurazione alare monoplana ad ala bassa, l'adozione di un carrello d'atterraggio retrattile, e che utilizzasse per la propulsione il motore radiale Fiat A.74. Nascono così, quasi contemporaneamente, i progetti del Fiat G.50 e del Macchi M.C.200, quest'ultimo considerato per molti aspetti superiore al primo.
La Macchi affida il progetto all'ingegner Mario Castoldi; il C.200, talvolta nominato "Macchi-Castoldi", da cui la sigla M.C., è un monoplano ad ala bassa, tipo di velivolo del quale l'ing. Castoldi ha già una decennale esperienza con i suoi notevoli idrocorsa, come il Macchi M.39, vincitore nella prestigiosa Coppa Schneider del 1926 e, nel 1931, con il velocissimo M.C.72, il primo a portare ufficialmente la sigla M.C.. Castoldi avrebbe preferito affidare la propulsione ad un motore in linea ma la produzione motoristica nazionale era oramai orientata quasi esclusivamente verso radiali, peraltro prodotti su licenza.
In tempi brevi riesce a realizzare il primo prototipo, marche militari MM.336, che verrà portato in volo per la prima volta, dal Campo della Promessa di Lonate Pozzolo, il 24 dicembre del 1937, pilotato dal pilota collaudatoreGiuseppe Burei. Le prime impressioni sono giudicate positive ma, per quanto riuscito, nasce con un difetto di autorotazione. Già dai test svolti l'11 giugno del 1938 a Guidonia, dal Maggiore Ugo Borgogno, risultava che non si poteva stringere molto la virata a 90° perché l'apparecchio tendeva a rovesciarsi dalla parte opposta, particolarmente a destra. Se si chiudeva troppo la virata, il Macchi entrava in una pericolosa autorotazione. Era lo stesso difetto che caratterizzava anche i contemporanei Fiat G.50, IMAM Ro.51, nel 1937, e gli AUSA AUT 18 e Reggiane Re.2000, nel 1939. All'inizio del 1940 due piloti restano uccisi proprio a causa di questo difetto. Consegne e voli vengono sospesi. L'aereo viene considerato, dalla media dei piloti, "non pilotabile", proprio mentre va in fumo un ordine di 12 aerei per la Danimarca, a causa dell'invasione tedesca. La causa dei guai del M.C.200 era nel nuovo profilo dell'ala. Castoldi iniziò subito a sperimentare un nuovo tipo di ala, ma è l'ingegnere Sergio Stefanutti, a Passignano sul Trasimeno, a trovare la soluzione semplicemente incollando strati di compensato di balsa al centro e alle estremità. Castoldi rinuncia alla nuova ala, che riserverà al Macchi M.C. 202. Ora l'apparecchio ispira fiducia ai piloti, ha un buon comportamento generale nella qualità del volo e in acrobazia, anche se nelle virate molto strette a destra tende ancora a rovesciarsi, ed è praticamente esente da vibrazioni. Così trasformato l'M.C.200 si rivelò presto il nostro migliore caccia dell'epoca: la sua entrata in linea sul fronte greco-albanese lo confermò con numerosi successi sull’Hurricane. Ma, per risparmiare peso, i Macchi della produzione iniziale non avevano corazzatura per proteggere il pilota. Le blindature arrivavano spesso a guerra inoltrata, a volte quando le unità stavano per sostituire le "Saette" con i nuovissimi Macchi M.C. 202, e comunque in numero limitato. E dopo che la corazzatura era stata montata, centrare l'aereo poteva essere piuttosto laborioso e finanche pericoloso. Durante manovre acrobatiche, poteva entrare in una vite piatta da cui l'unico modo di uscire era lanciarsi con il paracadute, come avvenne a Leonardo Ferrulli, il 22 luglio 1941, in Sicilia.
Nel corso dell'intero arco della produzione verranno costruiti 1 153 esemplari, compresi i due prototipi MM.336 e MM.337, di M.C.200, realizzati in 24 diversi lotti non omogenei dalla Macchi (395 + prototipi), Breda (556) e Società Aeronautica Italiana Ambrosini (200).



Tecnica

L'M.C.200 rappresenta, come il suo omologo Fiat G.50, una svolta nella produzione aeronautica italiana dell'epoca, già intrapresa senza successo dal Breda Ba.27: quella dell'adozione di una configurazione alare monoplana e di una struttura interamente metallica.
La fusoliera, metallica con struttura a semiguscio a correntini e false ordinate, è caratterizzata da un abitacolo aperto, protetto da un parabrezza e da finestrini laterali; la posizione del pilota risulta alquanto sopraelevata e gli consentiva un'ottima visibilità. Nelle prime serie era stato adottato un tettuccio richiudibile che però si riscontrò presentasse il problema dell'impossibilità di apertura oltre una certa velocità a causa della pressurizzazione; inoltre si verificarono minori problemi per la opacizzazione del materiale trasparente della parte posteriore, per cui nelle successive serie si optò per la versione semiaperta. Posteriormente terminava in un impennaggio classico monoderiva dotato di piani orizzontali a sbalzo.
La velatura era monoplana, con l'ala montata bassa sulla fusoliera, ricavata in un'unica struttura costituita da due longheroni e centine, dotata di alettoni ed ipersostentatori ventrali, con tutta la struttura realizzata in metallo a parte il rivestimento in tela verniciata degli alettoni; inizialmente dotata, nel prototipo, di un profilo alare costante, nei modelli di serie adotterà un profilo variabile.
Il carrello era un biciclo classico, anteriormente retrattile a scomparsa, con le gambe di forza che si ritraevano verso la parte interna e si integravano nella struttura alare inferiore; posteriormente era integrato da un ruotino d'appoggio posto sotto la coda.
La propulsione era affidata ad un motore Fiat A.74 RC.38, un radiale 14 cilindri a doppia stella raffreddato ad aria, capace di erogare una potenza di 870 CV (618 kW) ed abbinato ad un'elica tripala di costruzione metallica a passo variabile in volo. A differenza del G.50, che adottava la stessa motorizzazione, viene utilizzata una capottatura bugnata in corrispondenza dei bilancieri posti all'apice delle singole teste, riducendo così sensibilmente l'ingombro frontale a vantaggio anche della visibilità. Il combustibile era stivato in due diversi serbatoi autosigillanti collocati nella fusoliera in posizione baricentrica, uno nella parte tra le due semiali e l'altro sotto l'abitacolo del pilota.
L'armamento era affidato a due mitragliatrici Breda-SAFAT calibro 12,7 mm (camerata per il munizionamento 12,7 × 81 mm SR), montate sopra la capottatura del motore, sincronizzate, che sparavano attraverso il disco dell'elica e che disponevano di 370 colpi per arma. Nella versione cacciabombardiere, l'M.C.200CB, erano presenti sotto le ali gli agganci ausiliari per due bombe fino a 160 kg o per due serbatoi ausiliari da 150 L ognuno.



Impiego operativo

I primi M.C.200 vennero consegnati alla Regia Aeronautica nel 1939. Al momento dell'entrata in guerra, il 10 giugno 1940, gli esemplari in linea erano 156, la metà pronta all'impiego, con il 16º Gruppo autonomo da caccia terrestre (XVI Gruppo), la 181ª Squadriglia del 6º Gruppo caccia del 1º Stormo Caccia Terrestre in Sicilia, il 152º e il 153º Gruppo del 54º Stormo a Vergiate. Il passaggio al nuovo caccia suscitò diverse resistenze fra i piloti, tanto che si può ricordare il caso del 4º Stormo che, primo a ricevere i nuovi caccia alla fine del 1939, preferì ritornare ai fidati biplani C.R.42 quando fu mandato a combattere in Libia nel giugno 1940.
Il primo novembre, gli M.C.200 ottennero la loro prima vittoria, quando un Sunderland in missione di ricognizione fu attaccato appena al largo di Augusta in Sicilia da una pattuglia in crociera di protezione. Con l'arrivo, verso la fine di dicembre, del X Fliegerkorps in Sicilia, i Macchi furono assegnati di scorta agli Ju 87 del I/StG.1 e II/StG.2 nelle loro missioni su Malta. A quel tempo gli Stuka tedeschi, infatti, non avevano ancora un'adeguata protezione, non essendo ancora arrivati i Messerschmitt Bf 109 del 7./JG 26. In combattimento contro i lenti Hawker Hurricane, si dimostrò efficace, con prestazioni eccezionali nei duelli aerei e senza difetti particolari.



Regia Aeronautica

Dall'entrata in guerra, nel giugno 1940, fino alla resa dell'8 settembre, l'M.C.200 era il caccia italiano più utilizzato. Operativo in Grecia, Nord Africa, Iugoslavia, Mediterraneo e Russia (dove ottenne l'ottimo rapporto di abbattimento di 88 aerei nemici contro i 15 persi), il Saetta poteva competere con i migliori caccia alleati, uscendone spesso vincitore. Prima della fine del 1941 lo Spitfire era l'unico caccia avversario in grado di surclassare l'M.C. 200; anche se il P 40 (e l'Hurricane delle versioni avanzate, specie se privo di filtri anti sabbia) poteva dare grossi grattacapi e, dopo tale data, iniziarono ad arrivare progressivamente caccia americani di prestazioni superiori (P 47, P 38, P. 39, P 51 ecc.), ed allo stesso modo anche i sovietici sostituirono i loro apparecchi antiquati con macchine notevolmente più moderne (in particolare Yak 3 e Yak 9). Gli inglesi avevano progressivamente ritirato i Gloster Gladiator e gli Hurricane, sostituendoli (nel 1941 a Malta, successivamente su tutti i fronti) con Spitfire e Curtiss P 40, quindi, dal 1941/1942 in poi il Saetta divenne progressivamente obsoleto; l'armamento leggero non gli permetteva di agire efficacemente come intercettore.



Jugoslavia

Allo scoppio delle ostilità contro la Jugoslavia, i Macchi del 4º Stormo entrarono in azione. All'alba del 6 aprile 1941, ore prima della dichiarazione ufficiale di guerra, quattro M.C.200 della 73ª Squadriglia svolsero la prima missione di questo ciclo operativo, sorvolando la piazzaforte di Pola e spingendosi fino all'isola di Cherso, incendiando una petroliera.
I Macchi del 4º Stormo si alzarono in volo contro la Jugoslavia per l'ultima volta il 14 aprile: 20 “Saette” del 10º Gruppo compirono una crociera offensiva fino a 100 km a sud di Karlovac, ma non incontrarono velivoli nemici. Le operazioni sul fronte jugoslavo terminarono il 17 aprile. In undici giorni il 4º Stormo non perse alcun velivolo e distrusse al suolo 20 idrovolanti, colpendone altri dieci. Incendiarono una petroliera, un'autobotte e mezzi meccanizzati, due o tre carriole, una botte e un carrettino. Distrussero impianti aeroportuali. Dopo l'attacco alla Jugoslavia, il 12 giugno 1941, designato Gruppo Autonomo C.T. il 10º Gruppo fu trasferito in Sicilia, a Catania, per un ciclo di operazioni contro Malta. In questo periodo, tutti i motori Fiat A.74, prodotti su licenza dalla Reggiane, dopo un'ispezione di un capitano del Genio aeronautico e di un ingegnere della ditta, furono sostituiti per guasti che portavano le temperature dell'olio a livelli pericolosi.



Nord Africa

Per il Macchi M.C.200, il deserto fu il teatro di operazioni più importante. I primi undici M.C.200 giunsero il 19 aprile 1941 a Castel Benito, quelli della 374ª Squadriglia alla guida del Cap. Favini. A fine giugno ne restavano solo nove. Seguirono, il 2 luglio, quelli della 372ª, del 153º Gruppo Asso di Bastoni, il 2 luglio. L'8 dicembre 1941, i Macchi MC.200 del 153º Gruppo si scontrarono con gli Hurricanes del 974th Squadron. Nel corso di un combattimento, il comandante britannico, Wing Commander Sidney Linnard DFC, RAF no. 40179 vide un Macchi che attaccava un Hurricane. I due aerei facevano strette virate e perdevano altezza. Linnard cercò di togliere il Macchi dalla coda del pilota britannico, ma il Macchi, virando più stretto, colpì l'abitacolo dello Hawker. L'Hurricane colpito si capovolse e precipitò in picchiata, uccidendo l'"asso" (sei aerei distrutti) neozelandese della RAF Flight Lieutenant Owen Vincent Tracey. Il consuntivo luglio-dicembre del 153º Gruppo è di 359 azioni per un totale di 4 686 ore e 54 avversari distrutti a terra e in volo. Il 20 luglio del 1942 arrivava a Tripoli il 18º Gruppo del 3º Stormo con le squadriglie 83ª, 85ª e 95ª. Ventuno "Saetta", in tutto, muniti di due travetti portabombe alari del peso di 3 kg, a somiglianza dei Fiat C.R.42 per carichi fino a 160 kg anche se spesso erano agganciate quattro da 15 kg. Al 1º agosto, il Macchi 200 è ancora il caccia italiano presente nel maggior numero di esemplari in Nord Africa, con 76 esemplari, per metà (37) in carico al 2º Stormo. I "Saetta", seppur come intercettori sempre più sostituiti dai più potenti Macchi M.C.202, affrontavano anche i primi quadrimotori alleati. Il 14 agosto il sottotenente Vallauri del 2º Stormo attaccò da solo quattro Consolidated B-24 Liberator nel cielo di Tobruk, riuscendo ad abbatterne uno. Il 23 agosto 1942, tre M.C.200 si lanciavano su un gruppo di Liberator e il sergente Zanarini e il sottotenente Zuccarini ne abbatterono uno. Il bilancio dell'unità, in quell'agosto, fu di 198 aerei impiegati in 394 ore su Tobruk, 1 482 ore di scorte a 77 convogli. Ma la superiorità alleata si faceva sempre più schiacciante. In ottobre i Macchi 200 perduti dal 2º Stormo furono dieci. All'inizio di novembre 1942 i "Saetta" in prima linea - tra 2º e 3º Stormo - erano solo 15. Anche se surclassati in velocità e armamento dalle ultime versioni degli Hawker Hurricane, dai Curtiss P-40 e soprattutto dai Supermarine Spitfire, i Macchi riuscivano ad ottenere ancora qualche vittoria. In novembre, il tenente Savoia e il sergente maggiore Baldi abbatterono due Bristol Beaufighter. Il sergente Turchetti riuscì ad abbattere due aerei. Ma il primo dicembre il 2º Stormo aveva in carico solo 42 "Saetta", dei quali 19 efficienti.
Il 29 marzo 1943, nel settore di Gabès, in Nord Africa, 15 M.C.200 intercettarono P-40 e Spitfire dichiarando 4 vittorie al prezzo di un atterraggio forzato.



Altri teatri operativi

Su Malta si registrò probabilmente la prima perdita di un M.C.200. Il 23 giugno 1940, quattordici Macchi del 6º Gruppo, di cui nove della 79ª Squadriglia, otto dall'88ª e uno dall'81ª, scortavano sull'isola-fortezza dieci SM.79 dell'11º Stormo. Due Gloster Gladiator furono fatti decollare. Il N5519 pilotato dal Flight Lieutenant George Burges dopo aver attaccato uno dei Savoia Marchetti fu a sua volta ingaggiato dal "Saetta" del sergente maggiore Molinelli della 71ª Squadriglia, al largo di Sliema, in un duello aereo in "stile Prima Guerra Mondiale". Superato in manovra nonostante la maggiore velocità, il Saetta fu colpito e precipitò in mare. A settembre dello stesso anno volarono su Malta per scortare i bombardieri S.M.79 o i ricognitori CANT Z.1007bis. Il mattino del 25 luglio 1941 un Cant.Z da ricognizione fotografica del 30º Stormo fu inviato su La Valletta per fotografare il convoglio inglese "Substance" che aveva attraccato il giorno prima. Una quarantina di Macchi C.200 del 54º Stormo di Comiso e del 10º Gruppo di Gerbini furono incaricati di scortare il ricognitore. Su Malta una trentina di Hurricane piombarono sulla formazione: il trimotore precipitò in fiamme e due Macchi furono abbattuti: quello del sottotenente Liberti, che morì, e quello del tenente De Giorgi. I piloti dei "Saetta" dichiararono l'abbattimento di quattro Hurricane: due da parte del sergente maggiore Magnaghi, uno dal capitano Gostini e uno dal sergente Omiccioli, della 98ª Squadriglia. Alcuni esemplari in carico al 1º Stormo Caccia, appartenenti alla prima serie di produzione, furono ritirati dalla prima linea per problemi dovuti a profilo alare difettoso. Corretto questo inconveniente, il Macchi M.C.200 dimostrò di essere una macchina affidabile. Molto maneggevole, aveva una velocità ancora sufficiente per competere con l'Hawker Hurricane, rispetto al quale era superiore nel combattimento manovrato, ma superato come potenza di fuoco. La manovrabilità e la robustezza della struttura e del motore radiale erano le uniche risorse del "Saetta" che - occasionalmente - e solo grazie all'esperienza dei piloti riusciva ad ottenere qualche vittoria aerea. Una delle ultime si verificò pochi giorni prima dell'Armistizio. Il 3 settembre 1943, (o più probabilmente 2 settembre 1943) mentre era di pattuglia sulla base navale del porto di La Spezia, il tenente Petrosellini della 92ª Squadriglia dell'8º Gruppo fu messo in allerta dalla guida-caccia. Uno stormo di 24 Boeing B-17 Flying Fortress americani si stava avvicinando. Petrosellini eseguì da solo due attacchi, incontrando il classico violento fuoco di sbarramento dei B-17, riuscendo ad abbatterne uno ed eseguendo poi un atterraggio di emergenza sul suo aeroporto di Sarzana.

Russia

I "Saetta", nonostante l'abitacolo aperto, si comportarono molto bene in Russia, anche in inverno. Nell'agosto del 1941 il 22º Gruppo Autonomo Caccia Terrestre con le squadriglie 359ª, 362ª, 369ª e 371ª con 51 M.C.200, fu inviato sul fronte orientale. Gli Italiani compirono le loro prime missioni da Krivoi Rog il 27 agosto 1941, ottenendo otto vittorie aeree contro caccia e bombardieri sovietici". Quando, a natale, la Legione delle Camicie Nere fu attaccata dai sovietici a Novo Orlovka, i piloti italiani del Corpo Aereo aiutarono i loro camerati con attacchi a bassa quota su obiettivi terrestri nel settore di Burlova. Abbatterono anche cinque aerei sovietici. Il 28 dicembre fu ricco di successi per gli italiani: abbatterono nove apparecchi sovietici, inclusi sei caccia Polikarpov I-16, nell'area di Timofeyevka e Polskaya senza perdite. Tutte queste vittorie furono ottenute dalla 359ª Squadriglia. Il 22º Gruppo - come le altre unità della Regia Aeronautica - non riconosceva vittorie individuali. Il 29 dicembre 1941 la 369ª Squadriglia perse il comandante, il ventinovenne capitano Giorgio Jannicelli, che combatté una solitaria battaglia aerea contro più di dieci I-16 e Mikoyan-Gurevich MiG-3. Gli fu concessa la Medaglia d'Oro postuma. A causa del cattivo tempo, nel gennaio 1942 i Macchi restarono bloccati a terra, ma, il 4 e il 5 febbraio, gli Italiani distrussero 21 aerei sovietici sui loro aeroporti, e ottennero cinque vittorie aeree. Per la fine di marzo avevano ottenuto ulteriori 21 vittorie aeree. Il 4 maggio 1942 il 22º Gruppo Autonomo Caccia Terrestre, che aveva raggiunto il suo limite operativo, venne sostituito dal 21º Gruppo Autonomo Caccia Terrestre, composto dalle squadriglie 356ª, 382ª, 361ª e 386ª. Il 21°, comandato dal maggiore Ettore Foschini, portò con sé nuovi caccia Macchi M.C.202 e 18 nuovi Macchi M.C.200. Durante la seconda battaglia di Kharkov (12-30 maggio 1942) i piloti italiani svolsero scorte per ricognitori e bombardieri tedeschi e si guadagnarono le lodi del comandante della 17ª Armata tedesca, in particolare, per i loro audaci ed efficaci attacchi nell'area di Slavyansk. Nell'estate del 1942, seguendo l'avanzata tedesca, il 21º Gruppo si trasferì prima sull'aeroporto di Makeyevka, e, in seguito, su quelli di Tazinskaya, Voroshilovgrad e Oblivskaya. Ai piloti italiani sempre più spesso veniva richiesto di scortare aerei tedeschi e il 25 e il 26 luglio cinque M.C.200 venivano abbattuti nel corso di combattimenti aerei con i sovietici. Di lì a poco giunsero dall'Italia 17 Macchi 202 "Folgore" a rafforzare lo schieramento di "Saette", ormai logorate dall'incessante impiego. Ai primi di dicembre, le "Saette" ancora in linea sono 32 più 11 Folgore, le perdite si fanno pesanti di fronte a un avversario più agguerrito e su macchine nuove. L'ultima azione di massa con 25 aerei è il 17 gennaio 1943 con un mitragliamento nel settore di Millerovo. L'aviazione dell'ARMIR iniziò ad essere ritirata il 18 gennaio. Il ripiegamento venne completato a metà maggio.
In Italia rientravano 30 Macchi M.C.200 e nove M.C.202, mentre 15 aerei inservibili furono abbandonati durante la ritirata. Un totale di 66 aerei italiani erano stati persi sul fronte orientale per varie cause, a fronte - secondo i dati ufficiali - dell'abbattimento di 88 aerei nemici, durante 17 mesi di azione in quel teatro di guerra.
Compendio delle operazioni: 2 557 voli di penetrazione offensiva, 511 in appoggio tattico con sgancio di bombe, 1.310 mitragliamenti, 1.938 scorte, 88 avversari distrutti con la perdita di 15 Macchi M.C.200; reparto di punta la 362ª Squadriglia del capitano Germano La Ferlache annienta al suolo 13 apparecchi sovietici abbattendone in volo 30. La robusta struttura metallica e il motore stellare raffreddato ad aria lo rendevano un ottimo aeroplano per attacchi al suolo, spesso impiegato come caccia bombardiere.

Versioni
  • C.200: due prototipi (MM.336/ MM.337) con motore Fiat A.74 RC.38, cabina di pilotaggio chiusa, carrello e ruotino di coda completamente retrattili. Primo volo il 24 dicembre 1937 nelle mani del collaudatore Giuseppe Burei.
  • C.200: prima versione di grande serie, dotata di profilo alare modificato, e motore Fiat A.74 RC.38. A partire dal 241° esemplare si rinunciò alla cabina totalmente chiusa e, dopo i primi 146 esemplari, alla retrattilità del ruotino di coda.
  • C.200 A2: signazione di fabbrica della versione con motore Fiat A.74 RC.38, e ala e carrello del C.202.
  • C.200 B2: designazione di fabbrica della versione con motore Fiat A.74 RC.38, e solamente il bordo di attacco alare del C.202.
  • C.200 AS: versione ricavata per conversione degli esemplari destinati al teatro operativo dell'Africa Settentrionale Italiana (A.S.I.). Montava un filtro antisabbia alla presa d'aria del carburatore.
  • C.200 CB: versione ricavata per conversione degli esemplari destinati al teatro operativo dell'Africa Settentrionale Italiana (A.S.I.) destinati al ruolo di cacciabombardiere. Montavano due travetti alari portabombe del peso di 3 kg e capacità di trasportare una bomba da 50, 100 o 160 kg.
  • C.200 Bis: designazione di fabbrica per un esemplare realizzato dalla Breda, sulla cellula dell'esemplare MM.8191, dotato di propulsore Piaggio P. XIX da 1 175 CV.
  • C.201: previsto per l'adozione del motore Fiat A.76 RC.40 da 1 000 CV, l'aereo si avvaleva di alcune migliorie aerodinamiche, quali la fusoliera priva del rigonfiamento dorsale e l'abitacolo chiuso. Poiché il motore previsto non era ancora disponibile, il prototipo venne equipaggiato con il Fiat A.74 RC.38 da 840 CV e venne portato in volo nell'agosto 1940 dal collaudatore Guido Carestiato raggiungendo la velocità di 512 km/h.
Caratteristiche tecniche: motore Fiat A.76 RC.40, radiale raffreddato ad aria da 1 000 CV; apertura alare 10,58 m; lunghezza 8,45 m; altezza 3,51 m; superficie alare 16,80 m²; peso a vuoto 2 030 kg, al decollo 2 466 kg; velocità massima 525 km/h; autonomia 800 km; tangenza pratica 9 000 m; armamento due mitragliatrici da 12,7 mm in fusoliera.
L'aereo non ebbe seguito poiché il motore previsto, il Fiat A.76, fu omologato solo a metà del 1943.

Utilizzatori
  • Germania Luftwaffe
  • operò con diversi esemplari catturati dopo l'armistizio di Cassibile.
  • Italia  - 8º Gruppo Autonomo Caccia Terrestre - 22º Gruppo Autonomo Caccia Terrestre - 151º Gruppo - 152º Gruppo
  • Regno del Sud - Aeronautica Cobelligerante Italiana - operò con diversi esemplari riassegnati e dotati di nuove coccarde dopo l'armistizio di Cassibile.


ENGLISH

The Macchi C.200 Saetta (Italian: Lightning), or MC.200, was a fighter aircraft developed and manufactured by Aeronautica Macchi in Italy. It was operated in various forms by the Regia Aeronautica (Italian Air Force) who used the type throughout the Second World War.
The C.200 was designed by Mario Castoldi, Macchi's lead designer, to serve as a modern monoplane fighter aircraft, furnished with retractable landing gear and powered by a radial engine. It possessed excellent maneuverability and the C.200's general flying characteristics left little to be desired. Stability in a high-speed dive was exceptional, but it was underpowered and underarmed in comparison to its contemporaries. Early on, there were a number of crashes caused by stability problems, nearly resulting in the grounding of the type, which was ultimately addressed via aerodynamic modifications to the wing.
From the time Italy entered the Second World War on 10 June 1940, until the signing of the armistice of 8 September 1943, the C. 200 flew more operational sorties than any other Italian aircraft. The Saetta saw operational service in Greece, North Africa, Yugoslavia, across the Mediterranean and the Soviet Union (where it obtained an excellent kill to loss ratio of 88 to 15). Its very strong all-metal construction and air-cooled engine made the aircraft ideal for conducting ground attack missions; several units flew it as a fighter-bomber. Over 1,000 aircraft had been constructed by the end of the war.

Development

Origins
During early 1935 Mario Castoldi, lead designer of Italian aircraft company Macchi, commenced work on a series of design studies for a modern monoplane fighter aircraft, which was to be furnished with retractable landing gear. Castoldi had previously designed several racing aircraft that had competed for the Schneider Trophy, including the Macchi M.39, which won the competition in 1926. He had also designed the M.C. 72. From an early stage, the concept aircraft that emerged from these studies became known as the C.200.
In 1936, in the aftermath of Italy's campaigns in East Africa, an official program was initiated with the aim of completely re-equipping the Regia Aeronautica with a new interceptor aircraft of modern design. The 10 February 1936 specifications, formulated and published by the Ministero dell'Aeronatica, called for an aircraft powered by a single radial engine, which was to be capable of a top speed of 500 km/h along with a climb rate of 6,000 meters of 5 minutes. This envisioned aircraft, which was to be capable of being used as an interceptor for performing the "defence of the national security in emergency" soon had additional requirements specified, such as a flight endurance of two hours and an armament of a single (later increased to two) 12.7 mm (0.5 in) machine gun.

Prototypes

In response to the prescribed demand for a modern fighter aircraft, Castoldi submitted a proposal for an aircraft based upon his 1935 design studies. On 24 December 1937, the first prototype (MM.336) C.200 conducted its maiden flight at Lonate Pozzolo, Varese, with Macchi Chief Test Pilot Giuseppe Burei at the controls. Officials within the ministry and Macchi's design team fought over the retention of the characteristic hump used to enhance cockpit visibility; after a protracted argument, the feature was ultimately retained.
The first prototype was followed by the second prototype early on during the following year. During testing, the aircraft reportedly attained 805 km/h (500 mph) in a dive free of negative tendencies such as flutter and other aeroelastic issues; although it could achieve only 500 km/h (310 mph) in level flight due to a lack of engine power. Nevertheless, this capability was superior than the performance of the competing Fiat G.50, Reggiane Re.2000, A.U.T. 18, IMAM Ro.51, and Caproni-Vizzola F.5; of these, the Re.2000 was seen as the most capable of the C.200's rivals, being more maneuverable and capable of greater performance at low altitude but lacking in structural strength.
The C.200 benefitted greatly from wider preparations that were being made for major expansion of the Italian Air Force, known as Programme R. During 1938, the C.200 was selected as the winner of the tender "Caccia I" (fighter 1st) of the Regia Aeronautica. This choice came in spite of mixed results during flight testing at Guidonia airport; on 11 June 1938, Maggiore Ugo Borgogno had warned that when tight turns at beyond 90° were attempted, the aircraft became extremely difficult to control, including a tendency to turn upside down, mostly to the right and entering into a violent flat spin.

Production

Shortly following the completion of the second prototype, an initial order for 99 production aircraft was placed with Macchi. The G.50, which during the same flight tests held at Guidonia airport had out-turned the Macchi, was also placed in limited production, because it had been determined that the former could be brought into service earlier. The decision, or indecision, involved in producing multiple overlapping types led to greater inefficiencies in both production and in operation. In June 1939, production of the C.200 formally commenced.
The most serious handicap was the low production rate of the type. According to some reports, in excess of 22,000 hours in production time was attributed to the use of antiquated construction technology. A lack of urgency shown by the authorities regarding standardisation was also viewed as having negatively impacted mass production efforts, particularly in light of the lack of key resources available in Italy during the era. In order to improve the rate of output, the C.200 remained almost unchanged throughout its production life, save for adjustments to the cockpit in response to pilot feedback.
In addition to Macchi, the C.200 was also constructed by other Italian aircraft companies Società Italiana Ernesto Breda and SAI Ambrosini under a large subcontracting arrangement intended to produce 1,200 aircraft between 1939 and 1943. However, during 1940, the termination of all production of the type was considered in response to aerodynamic performance problems that had caused the loss of multiple aircraft; the type was retained after changes were made to the wing to rectify a tendency to go into an uncontrollable spin that could occur during turns.
In an attempt to improve performance, a C.201 prototype was created with a 750 kW (1,000 hp) Fiat A.76 engine; work on this prototype was later abandoned in favour of the Daimler-Benz DB 601-powered C.202. At one point, it was intended that the Saetta was to have been replaced outright by the C.202 after only a single year in production, however, the C.200's service life was extended because Alfa Romeo proved to be incapable of producing enough of the RA.1000 (license-built DB 601) engines. This contributed to the decision to construct further C.200s that used C.202 components as an interim measure while waiting for the production rate of the engine to be increased.
At the beginning of 1940, Denmark was set to place an order for 12 C.200s to replace its aging Hawker Nimrod fighters, but the deal fell through when Germany invaded Denmark. A total of 1,153 Saettas were eventually produced, but only 33 remained operational by the time armistice between Italy and Allied armed forces in September 1943.

Design

The Macchi C.200 was a modern all-metal cantilever low-wing monoplane, which was equipped with retractable landing gear and an enclosed cockpit. The fuselage was of semi-monocoque construction, with self-sealing fuel tanks under the pilot's seat, and in the centre section of the wing. The distinctive "hump" elevated the cockpit to provide the pilot with an unobstructed view over the engine. The wing had an advanced system whereby the hydraulically actuated flaps were interconnected with the ailerons, so that when the flaps were lowered the ailerons drooped as well. The Macchi provided an outstanding field of view, since the cockpit was partially open and placed on the hump of the fuselage. As a result of its ultimate load factor of 15.1, it could reach speeds as fast as 500 m.p.h (True Air Speed) during dives. According to aviation author Jeffrey L. Ethell, upon its entry into service, the Supermarine Spitfire was the only Allied fighter that was capable of out-climbing the Saetta; however, this viewpoint was erroneous.
Power was provided by the 650 kW (870 hp) Fiat A.74 radial engine, although Castoldi preferred inline engines, and had used them to power all of his previous designs. With "direttiva" (Air Ministry Specification) of 1932, Italian industrial leaders had been instructed to concentrate solely on radial engines for fighters, due to their superior reliability. The A.74 was a re-design of the American Pratt & Whitney R-1830 SC-4 Twin Wasp, performed by engineers Tranquillo Zerbi and Antonio Fessia, and held the distinction of being the only Italian-built engine that could provide a level of reliability comparable to Allied designs. The licence-built A.74 engine could be problematic. In late spring 1941, 4° Stormo's Macchi C.200s then based in Sicily, had all the A.74s produced by the Reggiane factory replaced because they were defective units. The elite unit had to abort many missions against Malta due to engine problems. While some figures considered the Macchi C.200 to have been underpowered, the air-cooled radial engine provided some pilot protection during strafing missions. Consequently, the C.200 was often used as a cacciabombardiere (fighter-bomber). Moreover, it was maneuverable and had a sturdy all-metal construction.
The C.200 featured a typical armament of a pair of 12.7 mm (.5 in) Breda-SAFAT machine guns; while these were often considered to be insufficient, the Saetta was able to compete with contemporary Allied fighters. According to aviation author Gianni Cattaneo, perhaps the greatest weakness of the C.200 had been its light machine gun armament. Moreover, the radio was not fitted as standard, while its flight characteristics, even if better than the G.50, were not easily mastered by the average Italian pilot, even after new wings, which provided for improved flight characteristics, had been adopted.
Like other early Italian monoplanes, the C.200 suffered from a dangerous tendency to go into a spin. Early production C.200 aircraft showed autorotation problems similar to those found in the Fiat G.50, IMAM Ro.51, and the AUT 18. At the beginning of 1940, a pair of deadly accidents occurred due to autorotation. Both deliveries and production were halted while the Regia Aeronautica evaluated the potential for abandoning use of the type, as the skill involved in flying the C.200 was considered to be beyond that of the average pilot. The problem was a product of the profile of the wing. Castoldi soon tested a new profile, but a solution to the autorotation problem was found by Sergio Stefanutti, chief designer of SAI Ambrosini in Passignano sul Trasimeno, based on studies conducted by German aircraft engineer Willy Messerschmitt and the American National Advisory Committee for Aeronautics (NACA). He redesigned the wing section according to variable (instead of constant) profile, which was achieved by covering parts of the wings with plywood.
The new wing entered production in 1939/1940 at SAI Ambrosini and became standard on the aircraft manufactured by Aermacchi and Breda, a licensed manufacturer. After the modified wings of the Saetta were introduced, the C.200 proved to be, for a time, the foremost Italian fighter. As a weight-saving measure, the first production C.200 series did not have armour fitted to protect the pilots. Armour plating was incorporated when the units were going to replace the Saettas with the new Macchi C.202 Folgore (Thunderbolt) and often in only a limited number of aircraft. After the armour was fitted, the aircraft could become difficult to balance, and during aerobatic manoeuvres could enter an extremely difficult to control flat spin, forcing the pilot to bail out. On 22 July 1941, Leonardo Ferrulli, one of the top-scoring Regia Aeronautica pilots, encountered the problem and was forced to bail out over Sicily.

(Web, Google, Wikipedia, You Tube)



























































Il veicolo midget SEAL Delivery Vehicle (SDV) Mark IX dell'US NAVY


Il veicolo midget SEAL Delivery Vehicle (SDV) è un sommergibile con equipaggio o veicolo di consegna nuotatore d’assalto utilizzato per trasportare i SEAL della Marina degli Stati Uniti e le loro attrezzature per missioni di operazioni speciali: tali mezzi vengono utilizzati anche dallo Special Boat Service della Royal Navy, che gestisce 3 SDV.




Nonostante sia uno sviluppo del Mark 8 SDV, il Mark 9 è un veicolo molto diverso, progettato per attaccare le navi di superficie piuttosto che schierare squadre SEAL in operazioni clandestine. 




In effetti, Mark 9 e Mark 8 condividono pochissime parti comuni. Il Mark 9 trasporta due SEAL, un pilota e un navigatore e due siluri Mark 31 o Mark 37 per gli attacchi contro le navi. Questi siluri possono percorrere fino a 3 miglia nautiche (5,6 km) in linea retta, portano una testata da 150 kg (330 libbre) e sono in grado di affondare navi grandi quanto gli incrociatori. Oltre ai siluri, il Mark 9 trasportava anche mine magnetiche e cariche varie in un ampio vano di carico a poppa del pilota e del copilota. 
Il Mark 9 è progettato per avvicinarsi clandestinamente alle navi nemiche in immersione, lanciare siluri dalla superficie e fuggire inosservati. Come tale, il suo design incorpora caratteristiche invisibili, tra cui un profilo più basso e materiali assorbenti gli echi sonar. L’SDV Mark 9 è stato progettato per attaccare le navi in acque costiere poco profonde a cui i sottomarini classici non possono accedere, e per attirare l'attenzione di una flotta nemica lontano dal sottomarino madre. Sebbene si sia dimostrato molto efficace nelle esercitazioni, il Mark 9 è stato ritirato dal servizio operativo a partire dal 1989 ed è stato completamente messo fuori servizio dalla metà degli anni '90 a causa di vincoli di bilancio e perché sostituito dall’Mk 8.
Il pilota e il navigatore fanno funzionare il veicolo da una posizione prona e si trovano fianco a fianco. La posizione prona conferiva al Mark 9 un profilo basso e gli consentiva di operare in acque molto poco profonde, sebbene i SEAL riferissero che rimanere inclini per l'intera durata di un'operazione era molto scomodo.
Il profilo elegante del Mark 9 gli hanno permesso di essere particolarmente agile. Era anche più veloce del Mark 8, raggiungendo velocità di 7-9 nodi (13-17 km / h), grazie alle sue eliche a doppia vite e alle batterie argento-zinco ad alte prestazioni.  




La sua velocità e agilità hanno portato gli operatori a confrontarlo con il pilotaggio di un aereo da caccia o la guida di un'auto sportiva. 

Panoramica della classe:
  • costruttori: The Columbia Group
  • operatori: Marina degli Stati Uniti - Royal navy britannica;
  • Operativo: dal 1983 ad oggi.

Caratteristiche generali  (le specifiche sono fornite per Mark 8 SDV):
  • Tipo: MIDGET;
  • Dislocamento: 17 tonnellate (15,4 tonnellate)
  • Lunghezza: 6,7 metri (22 piedi)
  • Altezza: 1,8 metri (5,9 piedi)
  • Propulsione: Batterie agli ioni di litio che alimentano un motore elettrico e un'elica a vite singola.
  • Velocità: 6 kn (11 km / h) (velocità massima) - 4 kn (7,4 km / h) (velocità di crociera);
  • Autonomia operativa: Da 15 a 18 nmi (da 28 a 33 km) con la squadra di sub; 36 nmi (67 km) senza.
  • Resistenza: 8  a 12 ore
  • Profondità di prova: 6 metri (20 ft)
  • Equipaggio: 6 (2 membri dell'equipaggio, 4 passeggeri)
  • Sensori e sistemi di elaborazione: Sistema di navigazione inerziale Doppler, ecoscandaglio adalta frequenza per la prevenzione di ostacoli / mine e navigazione, GPS;
  • Armamento: Armi personali della squadra SEAL, mine magnetiche.

L'SDV, che è in servizio continuo dal 1983, viene utilizzato principalmente per missioni segrete o clandestine per negare l'accesso alle aree (detenute da forze ostili o in cui l'attività militare attirerebbe l'attenzione e l'obiezione). Viene generalmente schierato dal Dry Deck Shelter su un SSN appositamente modificato o su sottomarini missilistici balistici, sebbene possa essere lanciato anche da navi di superficie o terra. E’ stato utilizzato in combattimento durante la guerra del Golfo, la guerra in Iraq e l' intervento americano in Somalia.
L'SDV doveva essere sostituito con Advanced SEAL Delivery System (ASDS), un sommergibile più grande che viene spesso confuso con l'SDV. L'SDV è allagato e i nuotatori cavalcano esposti all'acqua, respirando dalla fornitura di aria compressa del veicolo o utilizzando il proprio equipaggiamento SCUBA, mentre l'ASDS è asciutto all'interno e dotato di un supporto completo e di un sistema di aria condizionata. L'ASDS è stato annullato nel 2009 a causa dei sovraccarichi di costi e della perdita del prototipo in un incendio.  L’Us Navy attualmente prevede di sostituire l’SDV con la Shallow Water Combat Submersible (SWCS), che verrà designata come Mark 11 SDV.  L'SWCS dovrebbe entrare in servizio nel 2019.




STORIA

Il programma SDV risale alla seconda guerra mondiale. Introdotto in servizio dall'Office of Strategic Services Maritime Unit (OSS MU). Una "canoa sommergibile" fu inventata dagli italiani durante la prima guerra mondiale. L'idea fu applicata con successo dalla Marina italiana (Regia Marina) anche all'inizio della seconda guerra mondiale. Il nome ufficiale italiano era Siluro a Lenta Corsa (SLC o " siluro a corsa lenta "). Il veicolo fu quindi copiato dagli inglesi quando scoprirono le operazioni italiane e lo chiamarono "La bella addormentata" o Canoa sommergibile motorizzata. Fu impiegato dall’OSS MU durante esercitazioni estese, ma non fu mai effettivamente impiegato per operazioni di combattimento.
La stessa capacità fu adottata dall'American Underwater Demolition Teams (UDTs) nel 1947. Il sommergibile monoposto mostrava un potenziale militare poco funzionale.Tuttavia, confermava la necessità di migliorare e ampliare le capacità UDT. 
Dopo la guerra, lo sviluppo continuò includendo vari "marchi" come il marchio V, VI e VII. I numeri intermedi sono stati assegnati ad alcuni veicoli che non sono mai usciti dall'officina. Tutti erano di design allagato.
Il primo SDV ad essere implementato operativamente fu il Mark VII, che entrò in servizio nel giugno 1972 dopo essere stato testato tra il 1967 e il 1972. Poteva trasportare tre incursori più un pilota seduto nei compartimenti avanti e indietro. Aveva uno scafo realizzato in fibra di vetro e metalli non ferrosi per impedire il rilevamento ed era alimentato da una batteria argento-zinco fissata a un motore elettrico. Il Mark VIII SDV, il modello che è ancora in uso oggi, iniziò a soppiantare il Mark VII a partire dal 1983.
Il programma SDV per veicoli bagnati (ufficialmente denominato Swimmer Delivery Vehicle, in seguito ribattezzato SEAL Delivery Vehicle dopo che le squadre di veicoli di consegna Swimmer sono state rinominate SEAL Delivery Vehicle Teams) è attualmente incentrato sul Mark VIII Mod 1. 
L’SDV è stato sviluppato per la prima volta nel 1975 per l'utilizzo tra i team UDT / SEAL. I primi Mark 8 Mod 0 SDV avevano una radio UHF PRC104 da usare sott'acqua. Il nuovo modello Mark 8 Mod 1 ha un doppio tettuccio scorrevole e un portello a sgancio rapido.




DESIGN

Gli SDV trasportano una squadra di nuotatori da combattimento pilota, copilota e di quattro persone e le loro attrezzature da e verso gli obiettivi della missione marittima a terra o in mare. Il pilota e il copilota fanno spesso parte della squadra di combattimento.L'SDV è alimentato a batteria agli ioni di litio e dotato di apparecchiature di propulsione, navigazione, comunicazione e supporto vitale. Le batterie alimentano direttamente il motore elettrico che aziona l'elica a vite singola. Poiché sono tutti elettrici, gli SDV sono estremamente difficili da rilevare utilizzando il sonar passivo e le loro dimensioni ridotte li rendono difficili da rilevare con altri mezzi. Mark 8 Mod 1 SDV può trasportare quattro SEAL completamente attrezzati nell'area della missione, essere "parcheggiato" o vagare nell'area, recuperare i SEAL e quindi tornare al sito di lancio. 
I nuotatori o incursori siedono in posizione verticale nel Mark 8, con il pilota e il copilota / navigatore rivolti in avanti e gli altri quattro rivolti a poppa. Per quanto riguarda l'aria, i SEAL fanno affidamento sui propri serbatoi d'aria o rebreathers, integrati da serbatoi di aria compressa sull'SDV. L'equipaggio e l'abitacolo del Mark 8 sono piccoli, angusti e neri come la pece, tranne per le luci fioche del cruscotto; i SEAL descrivono la guida in un SDV come "essere rinchiusi in una bara nera in profondità sotto l'acqua". Pertanto, molti SEAL sono titubanti a entrare in un SDV e solo il 10 percento riesce a qualificarsi al termine del corso.
Gli SDV vengono generalmente lanciati da un Dry Deck Shelter sul retro di un sottomarino, sebbene possano anche essere schierati da vettori anfibi e altre navi di superficie equipaggiate per lanciare e recuperare l'SDV. Gli SDV vengono lanciati e recuperati dalle navi di superficie mediante una gru. Possono anche essere trasportati per via aerea (senza pilota) in un'area operativa da un aereo C-130 Hercules. Infine, l'SDV può essere utilizzato partendo dalla costa.
Un SDV può essere avviato da una piattaforma e recuperato da un'altra. L'USS John Marshall ha dimostrato questa capacità durante un esercitazione multilaterale nel Mediterraneo quando si è ripreso e poi ha lanciato l'SDV di un paese alleato.




SDV MK.8

L’S.D.V. Mark 8 Mod 1 è l'unico SDV ufficialmente utilizzato dalla Marina degli Stati Uniti e dalla Royal Navy. È un aggiornamento del precedente SDV Mark 8 Mod 0. Il Mod 1 è più silenzioso, più veloce, più efficiente e ha un raggio operativo più esteso del Mod 0. La sua elettronica, i materiali e i sistemi di batteria e motore aggiornati gli danno il doppio del raggio d’azione e 1,5 volte la velocità del Mod 0. Un altro vantaggio di Mark 8 Mod 1 rispetto al suo predecessore è che è costruito in alluminio anziché in fibra di vetro rinforzata in plastica, rendendo lo scafo più robusto e più spazioso. Lo scafo più robusto significa che può essere trasportato dagli elicotteri CH-46 Sea Knight e CH-53E Super Stallion, anche se gli SDV spesso si rompono o esplodono quando lasciati cadere in acqua da un elicottero, rendendo impraticabili e indesiderabili gli schieramenti aerei.
Il Mark 8 Mod 1 SDV ha una autonomia elettrica di circa 8-12 ore, dandogli un'autonomia da 15 a 18 nmi (da 28 a 33 km) con una squadra di immersioni o 36 nmi (67 km) senza. Il principale fattore limitante sulla resistenza non sono le batterie o l'aria per i SIGILLI, ma la temperatura dell'acqua: gli esseri umani possono trascorrere così tanto tempo in acqua fredda, anche con le mute, prima che la loro pressione sanguigna scenda e si disidratino, tanto da perdere velocemente volume sanguigno e fluidi corporei.

SDV MK.9

E’ uno sviluppo dell’SDV Mark 8, progettato per attaccare le navi di superficie piuttosto che schierare squadre SEAL in operazioni clandestine. In effetti, Mark 9 e Mark 8 condividono pochissime parti comuni. La sua velocità e agilità hanno portato gli operatori a confrontarlo con il pilotaggio di un aereo da caccia o con la guida di un'auto sportiva.

STORIA OPERATIVA

L'SDV viene utilizzato principalmente per l'inserimento di incursori per operazioni segrete o per il posizionamento di mine sulle carene delle navi. Viene anche utilizzato per la mappatura subacquea e l'esplorazione del terreno, la posizione e il recupero di oggetti smarriti o abbattuti e nelle missioni di ricognizione. È stato prezioso per schierare squadre SEAL in missioni clandestine, in quanto ha permesso loro di accedere su coste inaccessibili a un sottomarino più grande con un grado di furtività maggiore di quello offerto da piccole imbarcazioni di superficie, elicotteri o altri mezzi. Nelle esercitazioni, si è scoperto che l'SDV eccelle nell’attaccare obiettivi in flotte pesantemente sorvegliate o attraccare alle basi militari e poi scivolare via senza essere scoperto. Inoltre, può trasportare mine magnetiche più grandi di quelle trasportate da un sub e ha una portata molto maggiore di un sub, consentendo attacchi contro navi nemiche più grandi o distanti.  Tuttavia, l'SDV non è privo di punti deboli, vale a dire la sua portata, affidabilità e mobilità. Il corto raggio dell'SDV, dipende dallo stato del mare, dalla temperatura dell'acqua, dal carico utile e da altri fattori, e a volte ostacola le operazioni. In un esempio, la Marina voleva usare un SDV per dare un'occhiata più da vicino a una nave sovietica ancorata in un porto cubano a 18 miglia (29 km) a monte del Mar dei Caraibi. L'SDV non avrebbe potuto effettuare il viaggio di andata e ritorno dalla nave sovietica a quella americana al di fuori delle acque territoriali di Cuba, quindi la missione dovette essere annullata. 
L’SDV Mark 8 vide il battesimo al combattimento durante la prima guerra del Golfo, dove portarono a termine varie missioni di ricognizione e demolizione. Nella guerra in Iraq, i Mark 8 furono utilizzati per proteggere i terminal offshore di petrolio e gas.  Diversi giorni prima dell'inizio dell'invasione dell'Iraq del 2003, due squadre SDV furono lanciate da Mark V Special Operations Craft nel Golfo Persico. I loro obiettivi erano la ricognizione idrografica di Al Basrah (MABOT) e Khawr Al Amaya (KAAOT) Oil Terminals. Dopo aver nuotato sotto i terminal e aver messo al sicuro i loro Mark 1 Mod 1, gli SDV SEALs passarono diverse ore a scattare foto e a sorvegliare l'attività irachena su entrambe le piattaforme prima di tornare alle loro unità. Il 20 marzo 2003, i SEAL del Team 8 e 10 SEAL (31 SEAL, 2 Navy EOD un controllore di combattimento USAF e diversi interpreti iracheni) furono trasferiti per sequestrare il terminale petrolifero MABOT e i terminali petroliferi KAAOT, in parte usando SDV. I terminali furono rapidamente sequestrati senza vittime e gli esplosivi trovati sui terminali vennero messi in sicurezza dagli operatori GROM.
Nel 2003, i SEAL che utilizzano i SEAL Delivery Vehicles hanno nuotato lungo la costa somala e posizionando telecamere di sorveglianza nascoste progettate per osservare le possibili destinazioni dei terroristi ricercati poiché al-Qaeda e i suoi affiliati; tuttavia le telecamere hanno solo catturato solo un'immagine al giorno e hanno potuto rilevare molto poco.
Nel servizio americano, SDV è distribuito con SEAL Delivery Vehicle Team 1 (SDVT-1), con sede a Pearl Harbor, e SEAL Delivery Vehicle Team 2 (SDVT-2). L’SDVT-1 opera per conto del comando centrale e del comando del Pacifico in Medio Oriente e negli oceani Indiano e Pacifico. SDVT-2 opera nell'Atlantico e nel comando europeo e nel comando meridionale e si concentra principalmente sul sostegno alle attività della sesta flotta.
L'SDV ha sofferto di problemi di affidabilità all'inizio della sua vita. Lt. Comm. Doug Lowe, membro del team SDV 1 negli anni '80, riferì che gli SDV del suo team erano operativi meno del 50%.  Tuttavia, l'affidabilità è migliorata con l'uso: il Lt. Comm. Lowe in seguito comandò SDV Team 2 negli anni '90 e riferì che i suoi sottomarini erano pronti per oltre il 90%. 
Il principale problema dell'SDV è la sua scarsa mobilità.  L'SDV può essere effettivamente utilizzato solo da sottomarini e navi di superficie appositamente modificati. Sebbene possa essere trasportato da aerei C-130, la relativa scarsità di navi in grado di dispiegare un SDV ne limita l'utilizzo. I sottomarini sono il mezzo preferito per lo spiegamento, poiché i nemici possono vedere una nave di superficie che dispiega un SDV con una gru, limitando ulteriormente la mobilità e l'uso. La modifica di una nave di superficie per il lancio e il recupero dell'SDV attraverso una porta sottomarina, come aveva fatto la Marina italiana per i suoi siluri umani durante la Seconda Guerra Mondiale, avrebbe contribuito a risolvere questo problema.  Lo Special Boat Service delle forze speciali del Regno Unito gestisce tre veicoli Mark 8 Mod 1.

OPERATORI:
  • Marina degli Stati Uniti :  SEAL Delivery Vehicle Team 1 (SDVT-1) - SEAL Delivery Vehicle Team 2 (SDVT-2)
  • Royal Navy : Special Boat Service.


ENGLISH

The SEAL Delivery Vehicle (SDV) is a manned submersible and a type of swimmer delivery vehicle used to deliver United States Navy SEALs and their equipment for special operations missions. It is also operated by the Royal Navy's Special Boat Service, which operates 3 SDV's.
The SDV, which has been in continuous service since 1983, is used primarily for covert or clandestine missions to denied access areas (either held by hostile forces or where military activity would draw notice and objection). It is generally deployed from the Dry Deck Shelter on a specially-modified attack or ballistic missile submarines, although it can also be launched from surface ships or land. It has seen combat in the Gulf War, Iraq War, and the US intervention in Somalia.
The SDV was intended to be replaced with the Advanced SEAL Delivery System (ASDS), a larger, dry submersible that is often confused with the SDV. The SDV is flooded, and the swimmers ride exposed to the water, breathing from the vehicle's compressed air supply or using their own SCUBA gear, while the ASDS is dry inside and equipped with a full life support and air conditioning system. The ASDS was canceled in 2009 due to cost overruns and the loss of the prototype in a fire. The Navy currently plans to replace the SDV with the Shallow Water Combat Submersible (SWCS), which will be designated the Mark 11 SDV. The SWCS is expected to enter service in 2019.

History

The SDV program dates back to World War II. Initiated by the Office of Strategic Services Maritime Unit (OSS MU). A “submersible canoe” was invented by the Italians during World War I. The idea was successfully applied by the Italian Navy (Regia Marina) also early in World War II. The official Italian name for their craft was Siluro a Lenta Corsa (SLC or "Slow-running torpedo"). The vehicle was then copied by the British when they discovered the Italian operations and called it the “Sleeping Beauty” or Motorised Submersible Canoe. It was employed by OSS MU during extensive training and exercises, but was never actually deployed for combat operations.
The same capability was adopted by the American Underwater Demolition Teams (UDTs) in 1947. The one-man submersible displayed little functional military potential. However, it substantiated and characterized the need for improved and expanded UDT capabilities. After the war, development continued in a garage-shop fashion by various UDT units, and included various "Marks" such as the Mark V, VI, and VII. Intermediate numbers were assigned to some vehicles that never made it off the shop floor. All were of flooded design.
The first SDV to be operationally deployed was the Mark VII, which entered service in June 1972 after being tested between 1967 and 1972. It could carry three SEALs plus a pilot sitting in compartments fore and aft. It had a hull made from fiberglass and non-ferrous metals to hinder detection and was powered by a silver-zinc battery attached to an electric motor. The Mark VIII SDV, the model that is still in use today, began to supplant the Mark VII starting in 1983.
The wet vehicle SDV program (officially named the Swimmer Delivery Vehicle, later re-designated the SEAL Delivery Vehicle after the Swimmer Delivery Vehicle Teams were renamed SEAL Delivery Vehicle Teams) currently centers on the Mark VIII Mod 1. The SDV was first developed in 1975 for use among UDT/SEAL teams. The early Mark 8 Mod 0 SDVs had a PRC104 UHF radio for use underwater. The newer model Mark 8 Mod 1 has a dual sliding canopy and quick release hatch.

Design

SDVs carry a pilot, co-pilot, and four person combat swimmer team and their equipment to and from maritime mission objectives on land or at sea. The pilot and co-pilot are often a part of the fighting team. The SDV is lithium-ion battery powered and equipped with propulsion, navigation, communication, and life-support equipment. The batteries directly power the electric motor that drives the single screw propeller. Because they are all electric, SDVs are extremely difficult to detect using passive sonar, and their small size makes them hard to detect using other means. The Mark 8 Mod 1 SDV can deliver four fully equipped SEALs to the mission area, be "parked" or loiter in the area, retrieve the SEALs, and then return to the launch site. The SEALs sit upright in the Mark 8, with the pilot and co-pilot/navigator facing forward and the other four facing aft. For air, the SEALs rely on their own air tanks or rebreathers, supplemented by compressed air tanks on the SDV. The crew and passenger compartment in the Mark 8 is small, cramped, and pitch black except for the dim lights of the instrument panel; SEALs describe riding in an SDV as like "being locked in a little black coffin deep under the water." As such, many SEALs are hesitant to enter an SDV, and only 10 percent are qualified to travel in one.
SDVs are generally launched from a Dry Deck Shelter on the back of a submarine, although they can also be deployed from amphibious carriers and other surface ships equipped to launch and recover the SDV. SDVs are launched and recovered by surface ships using a crane. They can also be airdropped (unmanned) into an operational area from a C-130 Hercules airplane. Finally, the SDV can be launched from the shore.
An SDV can be launched from one platform and recovered by another. USS John Marshall demonstrated this capability during a multilateral exercise in the Mediterranean when it recovered and then launched another country's SDV.

Mark 8 SDV

The Mark 8 Mod 1 SDV is the only SDV officially in use by the US Navy and Royal Navy. It is an upgrade of the earlier Mark 8 Mod 0 SDV. The Mod 1 is quieter, faster, more efficient, and has a longer range than the Mod 0. Its updated electronics, materials, and battery and motor systems gives it twice the range and 1.5 times the speed of the Mod 0. Another advantage of the Mark 8 Mod 1 over its predecessor is that it is built from aluminium instead of plastic reinforced fiberglass, making its hull sturdier and roomier. The sturdier hull means that it can be deployed from CH-46 Sea Knight and CH-53E Super Stallion helicopters, although SDVs often break or explode when dropped in the water from a helicopter, making aerial deployments impractical and undesirable.
The Mark 8 Mod 1 SDV has an endurance of about eight to 12 hours, giving it a range of 15 to 18 nmi (28 to 33 km) with a diving team or 36 nmi (67 km) without. The main limiting factor on endurance is not batteries or air for the SEALs, but water temperature: humans can only spend so much time in cold water, even with wetsuits, before their blood pressure drops and they become dehydrated from losing blood volume and body fluids, respectively.

Mark 9 SDV

Despite being a development of the Mark 8 SDV, the Mark 9 is a very different vehicle, designed for attacking surface ships rather than deploying SEAL teams on clandestine operations. Indeed, the Mark 9 and Mark 8 share very few common parts. The Mark 9 carries two SEALs, a pilot and a navigator, and two Mark 31 or Mark 37 torpedoes for standoff attacks against ships. These torpedoes can travel up to 3 nautical miles (5.6 km) in a straight line, carry a 330-pound (150 kg) warhead, and are capable of sinking ships as large as cruisers. In addition to torpedoes, the Mark 9 also carried limpet mines and satchel charges in a large cargo compartment aft of the pilot and co-pilot.
The Mark 9 is designed to clandestinely approach enemy vessels while submerged, surface to fire torpedoes, and then escape unnoticed. As such, its design incorporates stealth characteristics, including a lower profile and sonar absorbing materials. The Mark 9 SDV was intended to attack ships in shallow coastal waters that full-size submarines could not enter, and to draw attention of an enemy fleet away from the Mark 9's parent submarine. Though it proved very effective in exercises, the Mark 9 was retired starting in 1989 and was fully phased out of service by the mid-1990s due to manpower and budget constraints and because all of its capabilities save launching torpedoes were duplicated by the Mark 8.
The pilot and navigator operate the vehicle from a prone position and lay side by side. The prone position gave the Mark 9 a low profile and enabled it to operate in very shallow water, although SEALs reported that staying prone for the entire duration of an operation was uncomfortable.
The Mark 9's sleek profile and independent diving planes enabled it to be especially agile. It was also faster than the Mark 8, reaching speeds of 7–9 knots (13–17 km/h), owing to its twin screw propellers and high-performance silver-zinc batteries. Its speed and agility led operators to compare it to flying a fighter jet or driving a sports car.

Operational history

The SDV is used primarily for inserting SEALs for covert operations or for placing mines on ships. It is also used for underwater mapping and terrain exploration, location and recovery of lost or downed objects, and reconnaissance missions. It has been invaluable at deploying SEAL teams in clandestine missions, as it has enabled them to land on shores inaccessible to a larger submarine with a degree of stealth greater than that offered by small surface craft, helicopters, or other means. In exercises, the SDV has been found to excel at anti-shipping attacks, being able to attack targets in heavily-guarded fleets or docked at military bases and then slip away undetected. Additionally, it can carry larger limpet mines than those carried by a diver and has a much greater range than a diver, enabling attacks on larger and more distant enemy ships. However, the SDV is not without its weaknesses, namely its range, reliability, and mobility. The SDV's short range, which is contingent on sea state, water temperature, payload, and other factors, sometimes hinders operations. In one example, the Navy wanted to use an SDV to get a closer look at a Soviet ship anchored in a Cuban harbor 18 miles (29 km) upriver from the Caribbean Sea. The SDV could not have made the round trip to the Soviet vessel from an American ship outside of Cuba's territorial waters, so the mission had to be called off.
Mark 8 SDVs saw combat during the First Gulf War, where they performed mine reconnaissance and demolition missions. In the Iraq War, Mark 8 SDVs were used to secure offshore oil and gas terminals. Several days before the beginning of the 2003 invasion of Iraq, two SDV teams were launched from Mark V Special Operations Craft in the Persian Gulf. Their objectives were the hydrographic reconnaissance of the Al Basrah (MABOT) and Khawr Al Amaya (KAAOT) Oil Terminals. After swimming under the terminals and securing their Mark 8 Mod 1s, the SDV SEALs spent several hours taking pictures and surveying Iraqi activity on both platforms before returning to their boats. On March 20, 2003, SEALs from SEAL Team 8 and 10 (31 SEALs, 2 Navy EOD a USAF combat controller and several Iraqi interpreters) moved to seize the MABOT oil terminal and KAAOT Oil Terminals, in part using SDVs. The terminals were quickly seized with no casualties, and explosives which were found on the terminals were made safe by GROM operators.
In 2003, SEALs using SEAL Delivery Vehicles swam ashore along the Somali coastline and emplaced covert surveillance cameras. Known as cardinals, the cameras were designed to watch likely target locations for wanted terrorists as al-Qaeda and its affiliates began to regroup in the country, however the cameras only took one image a day and captured very little.
In American service, the SDV is deployed with SEAL Delivery Vehicle Team 1 (SDVT-1), based in Pearl Harbor, and SEAL Delivery Vehicle Team 2 (SDVT-2), based in Little Creek, Virginia. SDVT-1 operates on behalf of Central Command and Pacific Command in the Middle East and Indian and Pacific Oceans. SDVT-2 operates in the Atlantic and European Command and Southern Command, and is primarily focused on supporting the activities of the Sixth Fleet.
The SDV suffered from reliability concerns early in its lifespan. Lt. Comm. Doug Lowe, a member of SDV Team 1 in the 1980s, reported that his team's SDVs were operational less than 50 percent of the time. However, reliability improved with usage: Lt. Comm. Lowe later commanded SDV Team 2 in the 1990s and reported that his subs were ready more than 90 percent of the time.
The main failure of the SDV is its poor mobility. The SDV can only be effectively deployed from specially modified submarines and surface ships. Although it can be transported by C-130 airplanes, the relative scarcity of vessels capable of deploying an SDV limits its usage. Submarines are the preferred means of deployment, as enemies can see a surface ship deploying an SDV with a crane, further limiting the SDV's mobility and usage. Modifying a surface ship to launch and recover the SDV through an underwater door, like the Italian Navy had done for its human torpedoes in WWII, would have helped alleviate this problem.
The Special Boat Service of the United Kingdom Special Forces operates three Mark 8 Mod 1 vehicles.

Operators

United States - United States Navy:  - SEAL Delivery Vehicle Team 1 (SDVT-1) - SEAL Delivery Vehicle Team 2 (SDVT-2)
United Kingdom - Royal Navy: Special Boat Service.

(Web, Google, Us Navy, CovertShores, You Tube)


























US ARMY - US MARINES - Comando Operazioni Speciali degli Stati Uniti (USSOCOM): il Corpo dei marines statunitensi ha raggiunto la piena capacità operativa per il fucile da “sniper” BARRETT ASR MK 22 Mod.0.

https://svppbellum.blogspot.com/ Blog dedicato agli appassionati di DIFESA,  storia militare, sicurezza e tecnologia.  La bandiera è un simb...