mercoledì 20 novembre 2019

Il Macchi M.C.200 "Saetta"



Il Macchi M.C.200 "Saetta" era un aereo da caccia monomotore ad ala bassa sviluppato dall'azienda aeronautica italiana Aeronautica Macchi negli anni trenta. Fece il primo volo il 24 dicembre 1937 ed entrò in linea nel 1939. Il Macchi M.C.200 non aveva particolari difetti ed era dotato di ottime capacità per il combattimento ravvicinato. Infatti, la sua maneggevolezza era eccellente e la stabilità nelle picchiate ad alta velocità, eccezionale. Poteva così duellare con i migliori caccia alleati ed uscirne imbattuto. Soltanto il Supermarine Spitfire poteva superarlo, in cabrata.
Di contro alle buone caratteristiche di volo, stavano però la scarsa potenza del motore, una velocità orizzontale appena sufficiente, un armamento inadeguato di sole due mitragliatrici da 12,7 mm in fusoliera (sincronizzate per il tiro attraverso l'elica), l'abitacolo aperto privo di riscaldamento, la mancanza di corazzatura a protezione del pilota (se non in un numero limitato di esemplari), l'impossibilità assoluta di compiere manovre in volo rovescio a causa sia dell'alimentazione a carburatore sia, soprattutto, del disinnesto delle pompe dell'olio e della benzina che una tale manovra avrebbe provocato con conseguente distruzione del motore, una struttura oltremodo onerosa da costruire (circa 20 000 ore/uomo, quando, ad esempio, per il Bf 109E ne bastavano 4 500).
Dall'entrata in guerra dell'Italia, il 10 giugno 1940, all'armistizio del 1943, il Saetta svolse più missioni operative di qualunque altro aereo italiano. Con le insegne della Regia Aeronautica, operò su quasi tutti i fronti della seconda guerra mondiale, dal Mar Mediterraneo, all'Africa, ai Balcani. Un Gruppo Autonomo operò in Russia dove ottenne l'eccellente rapporto abbattimenti/perdite di 88 a 15.



Storia del progetto

Dopo l'esperienza in Spagna con i Fiat C.R.32, durante la guerra civile spagnola, la richiesta dei piloti di mezzi più veloci e moderni viene presto recepita dai vertici della Regia Aeronautica. Venne a questo scopo, il 10 febbraio 1936, emessa una specifica per la fornitura di un Caccia Intercettore Terrestre che doveva corrispondere alle seguenti prestazioni ed equipaggiamenti: velocità massima di 500 km/h, salita a 6000 metri in 5 min, autonomia di due h ed armato con una o due mitragliatrici calibro 12,7 mm, che avesse tra le caratteristiche tecniche una configurazione alare monoplana ad ala bassa, l'adozione di un carrello d'atterraggio retrattile, e che utilizzasse per la propulsione il motore radiale Fiat A.74. Nascono così, quasi contemporaneamente, i progetti del Fiat G.50 e del Macchi M.C.200, quest'ultimo considerato per molti aspetti superiore al primo.
La Macchi affida il progetto all'ingegner Mario Castoldi; il C.200, talvolta nominato "Macchi-Castoldi", da cui la sigla M.C., è un monoplano ad ala bassa, tipo di velivolo del quale l'ing. Castoldi ha già una decennale esperienza con i suoi notevoli idrocorsa, come il Macchi M.39, vincitore nella prestigiosa Coppa Schneider del 1926 e, nel 1931, con il velocissimo M.C.72, il primo a portare ufficialmente la sigla M.C.. Castoldi avrebbe preferito affidare la propulsione ad un motore in linea ma la produzione motoristica nazionale era oramai orientata quasi esclusivamente verso radiali, peraltro prodotti su licenza.
In tempi brevi riesce a realizzare il primo prototipo, marche militari MM.336, che verrà portato in volo per la prima volta, dal Campo della Promessa di Lonate Pozzolo, il 24 dicembre del 1937, pilotato dal pilota collaudatoreGiuseppe Burei. Le prime impressioni sono giudicate positive ma, per quanto riuscito, nasce con un difetto di autorotazione. Già dai test svolti l'11 giugno del 1938 a Guidonia, dal Maggiore Ugo Borgogno, risultava che non si poteva stringere molto la virata a 90° perché l'apparecchio tendeva a rovesciarsi dalla parte opposta, particolarmente a destra. Se si chiudeva troppo la virata, il Macchi entrava in una pericolosa autorotazione. Era lo stesso difetto che caratterizzava anche i contemporanei Fiat G.50, IMAM Ro.51, nel 1937, e gli AUSA AUT 18 e Reggiane Re.2000, nel 1939. All'inizio del 1940 due piloti restano uccisi proprio a causa di questo difetto. Consegne e voli vengono sospesi. L'aereo viene considerato, dalla media dei piloti, "non pilotabile", proprio mentre va in fumo un ordine di 12 aerei per la Danimarca, a causa dell'invasione tedesca. La causa dei guai del M.C.200 era nel nuovo profilo dell'ala. Castoldi iniziò subito a sperimentare un nuovo tipo di ala, ma è l'ingegnere Sergio Stefanutti, a Passignano sul Trasimeno, a trovare la soluzione semplicemente incollando strati di compensato di balsa al centro e alle estremità. Castoldi rinuncia alla nuova ala, che riserverà al Macchi M.C. 202. Ora l'apparecchio ispira fiducia ai piloti, ha un buon comportamento generale nella qualità del volo e in acrobazia, anche se nelle virate molto strette a destra tende ancora a rovesciarsi, ed è praticamente esente da vibrazioni. Così trasformato l'M.C.200 si rivelò presto il nostro migliore caccia dell'epoca: la sua entrata in linea sul fronte greco-albanese lo confermò con numerosi successi sull’Hurricane. Ma, per risparmiare peso, i Macchi della produzione iniziale non avevano corazzatura per proteggere il pilota. Le blindature arrivavano spesso a guerra inoltrata, a volte quando le unità stavano per sostituire le "Saette" con i nuovissimi Macchi M.C. 202, e comunque in numero limitato. E dopo che la corazzatura era stata montata, centrare l'aereo poteva essere piuttosto laborioso e finanche pericoloso. Durante manovre acrobatiche, poteva entrare in una vite piatta da cui l'unico modo di uscire era lanciarsi con il paracadute, come avvenne a Leonardo Ferrulli, il 22 luglio 1941, in Sicilia.
Nel corso dell'intero arco della produzione verranno costruiti 1 153 esemplari, compresi i due prototipi MM.336 e MM.337, di M.C.200, realizzati in 24 diversi lotti non omogenei dalla Macchi (395 + prototipi), Breda (556) e Società Aeronautica Italiana Ambrosini (200).



Tecnica

L'M.C.200 rappresenta, come il suo omologo Fiat G.50, una svolta nella produzione aeronautica italiana dell'epoca, già intrapresa senza successo dal Breda Ba.27: quella dell'adozione di una configurazione alare monoplana e di una struttura interamente metallica.
La fusoliera, metallica con struttura a semiguscio a correntini e false ordinate, è caratterizzata da un abitacolo aperto, protetto da un parabrezza e da finestrini laterali; la posizione del pilota risulta alquanto sopraelevata e gli consentiva un'ottima visibilità. Nelle prime serie era stato adottato un tettuccio richiudibile che però si riscontrò presentasse il problema dell'impossibilità di apertura oltre una certa velocità a causa della pressurizzazione; inoltre si verificarono minori problemi per la opacizzazione del materiale trasparente della parte posteriore, per cui nelle successive serie si optò per la versione semiaperta. Posteriormente terminava in un impennaggio classico monoderiva dotato di piani orizzontali a sbalzo.
La velatura era monoplana, con l'ala montata bassa sulla fusoliera, ricavata in un'unica struttura costituita da due longheroni e centine, dotata di alettoni ed ipersostentatori ventrali, con tutta la struttura realizzata in metallo a parte il rivestimento in tela verniciata degli alettoni; inizialmente dotata, nel prototipo, di un profilo alare costante, nei modelli di serie adotterà un profilo variabile.
Il carrello era un biciclo classico, anteriormente retrattile a scomparsa, con le gambe di forza che si ritraevano verso la parte interna e si integravano nella struttura alare inferiore; posteriormente era integrato da un ruotino d'appoggio posto sotto la coda.
La propulsione era affidata ad un motore Fiat A.74 RC.38, un radiale 14 cilindri a doppia stella raffreddato ad aria, capace di erogare una potenza di 870 CV (618 kW) ed abbinato ad un'elica tripala di costruzione metallica a passo variabile in volo. A differenza del G.50, che adottava la stessa motorizzazione, viene utilizzata una capottatura bugnata in corrispondenza dei bilancieri posti all'apice delle singole teste, riducendo così sensibilmente l'ingombro frontale a vantaggio anche della visibilità. Il combustibile era stivato in due diversi serbatoi autosigillanti collocati nella fusoliera in posizione baricentrica, uno nella parte tra le due semiali e l'altro sotto l'abitacolo del pilota.
L'armamento era affidato a due mitragliatrici Breda-SAFAT calibro 12,7 mm (camerata per il munizionamento 12,7 × 81 mm SR), montate sopra la capottatura del motore, sincronizzate, che sparavano attraverso il disco dell'elica e che disponevano di 370 colpi per arma. Nella versione cacciabombardiere, l'M.C.200CB, erano presenti sotto le ali gli agganci ausiliari per due bombe fino a 160 kg o per due serbatoi ausiliari da 150 L ognuno.



Impiego operativo

I primi M.C.200 vennero consegnati alla Regia Aeronautica nel 1939. Al momento dell'entrata in guerra, il 10 giugno 1940, gli esemplari in linea erano 156, la metà pronta all'impiego, con il 16º Gruppo autonomo da caccia terrestre (XVI Gruppo), la 181ª Squadriglia del 6º Gruppo caccia del 1º Stormo Caccia Terrestre in Sicilia, il 152º e il 153º Gruppo del 54º Stormo a Vergiate. Il passaggio al nuovo caccia suscitò diverse resistenze fra i piloti, tanto che si può ricordare il caso del 4º Stormo che, primo a ricevere i nuovi caccia alla fine del 1939, preferì ritornare ai fidati biplani C.R.42 quando fu mandato a combattere in Libia nel giugno 1940.
Il primo novembre, gli M.C.200 ottennero la loro prima vittoria, quando un Sunderland in missione di ricognizione fu attaccato appena al largo di Augusta in Sicilia da una pattuglia in crociera di protezione. Con l'arrivo, verso la fine di dicembre, del X Fliegerkorps in Sicilia, i Macchi furono assegnati di scorta agli Ju 87 del I/StG.1 e II/StG.2 nelle loro missioni su Malta. A quel tempo gli Stuka tedeschi, infatti, non avevano ancora un'adeguata protezione, non essendo ancora arrivati i Messerschmitt Bf 109 del 7./JG 26. In combattimento contro i lenti Hawker Hurricane, si dimostrò efficace, con prestazioni eccezionali nei duelli aerei e senza difetti particolari.



Regia Aeronautica

Dall'entrata in guerra, nel giugno 1940, fino alla resa dell'8 settembre, l'M.C.200 era il caccia italiano più utilizzato. Operativo in Grecia, Nord Africa, Iugoslavia, Mediterraneo e Russia (dove ottenne l'ottimo rapporto di abbattimento di 88 aerei nemici contro i 15 persi), il Saetta poteva competere con i migliori caccia alleati, uscendone spesso vincitore. Prima della fine del 1941 lo Spitfire era l'unico caccia avversario in grado di surclassare l'M.C. 200; anche se il P 40 (e l'Hurricane delle versioni avanzate, specie se privo di filtri anti sabbia) poteva dare grossi grattacapi e, dopo tale data, iniziarono ad arrivare progressivamente caccia americani di prestazioni superiori (P 47, P 38, P. 39, P 51 ecc.), ed allo stesso modo anche i sovietici sostituirono i loro apparecchi antiquati con macchine notevolmente più moderne (in particolare Yak 3 e Yak 9). Gli inglesi avevano progressivamente ritirato i Gloster Gladiator e gli Hurricane, sostituendoli (nel 1941 a Malta, successivamente su tutti i fronti) con Spitfire e Curtiss P 40, quindi, dal 1941/1942 in poi il Saetta divenne progressivamente obsoleto; l'armamento leggero non gli permetteva di agire efficacemente come intercettore.



Jugoslavia

Allo scoppio delle ostilità contro la Jugoslavia, i Macchi del 4º Stormo entrarono in azione. All'alba del 6 aprile 1941, ore prima della dichiarazione ufficiale di guerra, quattro M.C.200 della 73ª Squadriglia svolsero la prima missione di questo ciclo operativo, sorvolando la piazzaforte di Pola e spingendosi fino all'isola di Cherso, incendiando una petroliera.
I Macchi del 4º Stormo si alzarono in volo contro la Jugoslavia per l'ultima volta il 14 aprile: 20 “Saette” del 10º Gruppo compirono una crociera offensiva fino a 100 km a sud di Karlovac, ma non incontrarono velivoli nemici. Le operazioni sul fronte jugoslavo terminarono il 17 aprile. In undici giorni il 4º Stormo non perse alcun velivolo e distrusse al suolo 20 idrovolanti, colpendone altri dieci. Incendiarono una petroliera, un'autobotte e mezzi meccanizzati, due o tre carriole, una botte e un carrettino. Distrussero impianti aeroportuali. Dopo l'attacco alla Jugoslavia, il 12 giugno 1941, designato Gruppo Autonomo C.T. il 10º Gruppo fu trasferito in Sicilia, a Catania, per un ciclo di operazioni contro Malta. In questo periodo, tutti i motori Fiat A.74, prodotti su licenza dalla Reggiane, dopo un'ispezione di un capitano del Genio aeronautico e di un ingegnere della ditta, furono sostituiti per guasti che portavano le temperature dell'olio a livelli pericolosi.



Nord Africa

Per il Macchi M.C.200, il deserto fu il teatro di operazioni più importante. I primi undici M.C.200 giunsero il 19 aprile 1941 a Castel Benito, quelli della 374ª Squadriglia alla guida del Cap. Favini. A fine giugno ne restavano solo nove. Seguirono, il 2 luglio, quelli della 372ª, del 153º Gruppo Asso di Bastoni, il 2 luglio. L'8 dicembre 1941, i Macchi MC.200 del 153º Gruppo si scontrarono con gli Hurricanes del 974th Squadron. Nel corso di un combattimento, il comandante britannico, Wing Commander Sidney Linnard DFC, RAF no. 40179 vide un Macchi che attaccava un Hurricane. I due aerei facevano strette virate e perdevano altezza. Linnard cercò di togliere il Macchi dalla coda del pilota britannico, ma il Macchi, virando più stretto, colpì l'abitacolo dello Hawker. L'Hurricane colpito si capovolse e precipitò in picchiata, uccidendo l'"asso" (sei aerei distrutti) neozelandese della RAF Flight Lieutenant Owen Vincent Tracey. Il consuntivo luglio-dicembre del 153º Gruppo è di 359 azioni per un totale di 4 686 ore e 54 avversari distrutti a terra e in volo. Il 20 luglio del 1942 arrivava a Tripoli il 18º Gruppo del 3º Stormo con le squadriglie 83ª, 85ª e 95ª. Ventuno "Saetta", in tutto, muniti di due travetti portabombe alari del peso di 3 kg, a somiglianza dei Fiat C.R.42 per carichi fino a 160 kg anche se spesso erano agganciate quattro da 15 kg. Al 1º agosto, il Macchi 200 è ancora il caccia italiano presente nel maggior numero di esemplari in Nord Africa, con 76 esemplari, per metà (37) in carico al 2º Stormo. I "Saetta", seppur come intercettori sempre più sostituiti dai più potenti Macchi M.C.202, affrontavano anche i primi quadrimotori alleati. Il 14 agosto il sottotenente Vallauri del 2º Stormo attaccò da solo quattro Consolidated B-24 Liberator nel cielo di Tobruk, riuscendo ad abbatterne uno. Il 23 agosto 1942, tre M.C.200 si lanciavano su un gruppo di Liberator e il sergente Zanarini e il sottotenente Zuccarini ne abbatterono uno. Il bilancio dell'unità, in quell'agosto, fu di 198 aerei impiegati in 394 ore su Tobruk, 1 482 ore di scorte a 77 convogli. Ma la superiorità alleata si faceva sempre più schiacciante. In ottobre i Macchi 200 perduti dal 2º Stormo furono dieci. All'inizio di novembre 1942 i "Saetta" in prima linea - tra 2º e 3º Stormo - erano solo 15. Anche se surclassati in velocità e armamento dalle ultime versioni degli Hawker Hurricane, dai Curtiss P-40 e soprattutto dai Supermarine Spitfire, i Macchi riuscivano ad ottenere ancora qualche vittoria. In novembre, il tenente Savoia e il sergente maggiore Baldi abbatterono due Bristol Beaufighter. Il sergente Turchetti riuscì ad abbattere due aerei. Ma il primo dicembre il 2º Stormo aveva in carico solo 42 "Saetta", dei quali 19 efficienti.
Il 29 marzo 1943, nel settore di Gabès, in Nord Africa, 15 M.C.200 intercettarono P-40 e Spitfire dichiarando 4 vittorie al prezzo di un atterraggio forzato.



Altri teatri operativi

Su Malta si registrò probabilmente la prima perdita di un M.C.200. Il 23 giugno 1940, quattordici Macchi del 6º Gruppo, di cui nove della 79ª Squadriglia, otto dall'88ª e uno dall'81ª, scortavano sull'isola-fortezza dieci SM.79 dell'11º Stormo. Due Gloster Gladiator furono fatti decollare. Il N5519 pilotato dal Flight Lieutenant George Burges dopo aver attaccato uno dei Savoia Marchetti fu a sua volta ingaggiato dal "Saetta" del sergente maggiore Molinelli della 71ª Squadriglia, al largo di Sliema, in un duello aereo in "stile Prima Guerra Mondiale". Superato in manovra nonostante la maggiore velocità, il Saetta fu colpito e precipitò in mare. A settembre dello stesso anno volarono su Malta per scortare i bombardieri S.M.79 o i ricognitori CANT Z.1007bis. Il mattino del 25 luglio 1941 un Cant.Z da ricognizione fotografica del 30º Stormo fu inviato su La Valletta per fotografare il convoglio inglese "Substance" che aveva attraccato il giorno prima. Una quarantina di Macchi C.200 del 54º Stormo di Comiso e del 10º Gruppo di Gerbini furono incaricati di scortare il ricognitore. Su Malta una trentina di Hurricane piombarono sulla formazione: il trimotore precipitò in fiamme e due Macchi furono abbattuti: quello del sottotenente Liberti, che morì, e quello del tenente De Giorgi. I piloti dei "Saetta" dichiararono l'abbattimento di quattro Hurricane: due da parte del sergente maggiore Magnaghi, uno dal capitano Gostini e uno dal sergente Omiccioli, della 98ª Squadriglia. Alcuni esemplari in carico al 1º Stormo Caccia, appartenenti alla prima serie di produzione, furono ritirati dalla prima linea per problemi dovuti a profilo alare difettoso. Corretto questo inconveniente, il Macchi M.C.200 dimostrò di essere una macchina affidabile. Molto maneggevole, aveva una velocità ancora sufficiente per competere con l'Hawker Hurricane, rispetto al quale era superiore nel combattimento manovrato, ma superato come potenza di fuoco. La manovrabilità e la robustezza della struttura e del motore radiale erano le uniche risorse del "Saetta" che - occasionalmente - e solo grazie all'esperienza dei piloti riusciva ad ottenere qualche vittoria aerea. Una delle ultime si verificò pochi giorni prima dell'Armistizio. Il 3 settembre 1943, (o più probabilmente 2 settembre 1943) mentre era di pattuglia sulla base navale del porto di La Spezia, il tenente Petrosellini della 92ª Squadriglia dell'8º Gruppo fu messo in allerta dalla guida-caccia. Uno stormo di 24 Boeing B-17 Flying Fortress americani si stava avvicinando. Petrosellini eseguì da solo due attacchi, incontrando il classico violento fuoco di sbarramento dei B-17, riuscendo ad abbatterne uno ed eseguendo poi un atterraggio di emergenza sul suo aeroporto di Sarzana.

Russia

I "Saetta", nonostante l'abitacolo aperto, si comportarono molto bene in Russia, anche in inverno. Nell'agosto del 1941 il 22º Gruppo Autonomo Caccia Terrestre con le squadriglie 359ª, 362ª, 369ª e 371ª con 51 M.C.200, fu inviato sul fronte orientale. Gli Italiani compirono le loro prime missioni da Krivoi Rog il 27 agosto 1941, ottenendo otto vittorie aeree contro caccia e bombardieri sovietici". Quando, a natale, la Legione delle Camicie Nere fu attaccata dai sovietici a Novo Orlovka, i piloti italiani del Corpo Aereo aiutarono i loro camerati con attacchi a bassa quota su obiettivi terrestri nel settore di Burlova. Abbatterono anche cinque aerei sovietici. Il 28 dicembre fu ricco di successi per gli italiani: abbatterono nove apparecchi sovietici, inclusi sei caccia Polikarpov I-16, nell'area di Timofeyevka e Polskaya senza perdite. Tutte queste vittorie furono ottenute dalla 359ª Squadriglia. Il 22º Gruppo - come le altre unità della Regia Aeronautica - non riconosceva vittorie individuali. Il 29 dicembre 1941 la 369ª Squadriglia perse il comandante, il ventinovenne capitano Giorgio Jannicelli, che combatté una solitaria battaglia aerea contro più di dieci I-16 e Mikoyan-Gurevich MiG-3. Gli fu concessa la Medaglia d'Oro postuma. A causa del cattivo tempo, nel gennaio 1942 i Macchi restarono bloccati a terra, ma, il 4 e il 5 febbraio, gli Italiani distrussero 21 aerei sovietici sui loro aeroporti, e ottennero cinque vittorie aeree. Per la fine di marzo avevano ottenuto ulteriori 21 vittorie aeree. Il 4 maggio 1942 il 22º Gruppo Autonomo Caccia Terrestre, che aveva raggiunto il suo limite operativo, venne sostituito dal 21º Gruppo Autonomo Caccia Terrestre, composto dalle squadriglie 356ª, 382ª, 361ª e 386ª. Il 21°, comandato dal maggiore Ettore Foschini, portò con sé nuovi caccia Macchi M.C.202 e 18 nuovi Macchi M.C.200. Durante la seconda battaglia di Kharkov (12-30 maggio 1942) i piloti italiani svolsero scorte per ricognitori e bombardieri tedeschi e si guadagnarono le lodi del comandante della 17ª Armata tedesca, in particolare, per i loro audaci ed efficaci attacchi nell'area di Slavyansk. Nell'estate del 1942, seguendo l'avanzata tedesca, il 21º Gruppo si trasferì prima sull'aeroporto di Makeyevka, e, in seguito, su quelli di Tazinskaya, Voroshilovgrad e Oblivskaya. Ai piloti italiani sempre più spesso veniva richiesto di scortare aerei tedeschi e il 25 e il 26 luglio cinque M.C.200 venivano abbattuti nel corso di combattimenti aerei con i sovietici. Di lì a poco giunsero dall'Italia 17 Macchi 202 "Folgore" a rafforzare lo schieramento di "Saette", ormai logorate dall'incessante impiego. Ai primi di dicembre, le "Saette" ancora in linea sono 32 più 11 Folgore, le perdite si fanno pesanti di fronte a un avversario più agguerrito e su macchine nuove. L'ultima azione di massa con 25 aerei è il 17 gennaio 1943 con un mitragliamento nel settore di Millerovo. L'aviazione dell'ARMIR iniziò ad essere ritirata il 18 gennaio. Il ripiegamento venne completato a metà maggio.
In Italia rientravano 30 Macchi M.C.200 e nove M.C.202, mentre 15 aerei inservibili furono abbandonati durante la ritirata. Un totale di 66 aerei italiani erano stati persi sul fronte orientale per varie cause, a fronte - secondo i dati ufficiali - dell'abbattimento di 88 aerei nemici, durante 17 mesi di azione in quel teatro di guerra.
Compendio delle operazioni: 2 557 voli di penetrazione offensiva, 511 in appoggio tattico con sgancio di bombe, 1.310 mitragliamenti, 1.938 scorte, 88 avversari distrutti con la perdita di 15 Macchi M.C.200; reparto di punta la 362ª Squadriglia del capitano Germano La Ferlache annienta al suolo 13 apparecchi sovietici abbattendone in volo 30. La robusta struttura metallica e il motore stellare raffreddato ad aria lo rendevano un ottimo aeroplano per attacchi al suolo, spesso impiegato come caccia bombardiere.

Versioni
  • C.200: due prototipi (MM.336/ MM.337) con motore Fiat A.74 RC.38, cabina di pilotaggio chiusa, carrello e ruotino di coda completamente retrattili. Primo volo il 24 dicembre 1937 nelle mani del collaudatore Giuseppe Burei.
  • C.200: prima versione di grande serie, dotata di profilo alare modificato, e motore Fiat A.74 RC.38. A partire dal 241° esemplare si rinunciò alla cabina totalmente chiusa e, dopo i primi 146 esemplari, alla retrattilità del ruotino di coda.
  • C.200 A2: signazione di fabbrica della versione con motore Fiat A.74 RC.38, e ala e carrello del C.202.
  • C.200 B2: designazione di fabbrica della versione con motore Fiat A.74 RC.38, e solamente il bordo di attacco alare del C.202.
  • C.200 AS: versione ricavata per conversione degli esemplari destinati al teatro operativo dell'Africa Settentrionale Italiana (A.S.I.). Montava un filtro antisabbia alla presa d'aria del carburatore.
  • C.200 CB: versione ricavata per conversione degli esemplari destinati al teatro operativo dell'Africa Settentrionale Italiana (A.S.I.) destinati al ruolo di cacciabombardiere. Montavano due travetti alari portabombe del peso di 3 kg e capacità di trasportare una bomba da 50, 100 o 160 kg.
  • C.200 Bis: designazione di fabbrica per un esemplare realizzato dalla Breda, sulla cellula dell'esemplare MM.8191, dotato di propulsore Piaggio P. XIX da 1 175 CV.
  • C.201: previsto per l'adozione del motore Fiat A.76 RC.40 da 1 000 CV, l'aereo si avvaleva di alcune migliorie aerodinamiche, quali la fusoliera priva del rigonfiamento dorsale e l'abitacolo chiuso. Poiché il motore previsto non era ancora disponibile, il prototipo venne equipaggiato con il Fiat A.74 RC.38 da 840 CV e venne portato in volo nell'agosto 1940 dal collaudatore Guido Carestiato raggiungendo la velocità di 512 km/h.
Caratteristiche tecniche: motore Fiat A.76 RC.40, radiale raffreddato ad aria da 1 000 CV; apertura alare 10,58 m; lunghezza 8,45 m; altezza 3,51 m; superficie alare 16,80 m²; peso a vuoto 2 030 kg, al decollo 2 466 kg; velocità massima 525 km/h; autonomia 800 km; tangenza pratica 9 000 m; armamento due mitragliatrici da 12,7 mm in fusoliera.
L'aereo non ebbe seguito poiché il motore previsto, il Fiat A.76, fu omologato solo a metà del 1943.

Utilizzatori
  • Germania Luftwaffe
  • operò con diversi esemplari catturati dopo l'armistizio di Cassibile.
  • Italia  - 8º Gruppo Autonomo Caccia Terrestre - 22º Gruppo Autonomo Caccia Terrestre - 151º Gruppo - 152º Gruppo
  • Regno del Sud - Aeronautica Cobelligerante Italiana - operò con diversi esemplari riassegnati e dotati di nuove coccarde dopo l'armistizio di Cassibile.


ENGLISH

The Macchi C.200 Saetta (Italian: Lightning), or MC.200, was a fighter aircraft developed and manufactured by Aeronautica Macchi in Italy. It was operated in various forms by the Regia Aeronautica (Italian Air Force) who used the type throughout the Second World War.
The C.200 was designed by Mario Castoldi, Macchi's lead designer, to serve as a modern monoplane fighter aircraft, furnished with retractable landing gear and powered by a radial engine. It possessed excellent maneuverability and the C.200's general flying characteristics left little to be desired. Stability in a high-speed dive was exceptional, but it was underpowered and underarmed in comparison to its contemporaries. Early on, there were a number of crashes caused by stability problems, nearly resulting in the grounding of the type, which was ultimately addressed via aerodynamic modifications to the wing.
From the time Italy entered the Second World War on 10 June 1940, until the signing of the armistice of 8 September 1943, the C. 200 flew more operational sorties than any other Italian aircraft. The Saetta saw operational service in Greece, North Africa, Yugoslavia, across the Mediterranean and the Soviet Union (where it obtained an excellent kill to loss ratio of 88 to 15). Its very strong all-metal construction and air-cooled engine made the aircraft ideal for conducting ground attack missions; several units flew it as a fighter-bomber. Over 1,000 aircraft had been constructed by the end of the war.

Development

Origins
During early 1935 Mario Castoldi, lead designer of Italian aircraft company Macchi, commenced work on a series of design studies for a modern monoplane fighter aircraft, which was to be furnished with retractable landing gear. Castoldi had previously designed several racing aircraft that had competed for the Schneider Trophy, including the Macchi M.39, which won the competition in 1926. He had also designed the M.C. 72. From an early stage, the concept aircraft that emerged from these studies became known as the C.200.
In 1936, in the aftermath of Italy's campaigns in East Africa, an official program was initiated with the aim of completely re-equipping the Regia Aeronautica with a new interceptor aircraft of modern design. The 10 February 1936 specifications, formulated and published by the Ministero dell'Aeronatica, called for an aircraft powered by a single radial engine, which was to be capable of a top speed of 500 km/h along with a climb rate of 6,000 meters of 5 minutes. This envisioned aircraft, which was to be capable of being used as an interceptor for performing the "defence of the national security in emergency" soon had additional requirements specified, such as a flight endurance of two hours and an armament of a single (later increased to two) 12.7 mm (0.5 in) machine gun.

Prototypes

In response to the prescribed demand for a modern fighter aircraft, Castoldi submitted a proposal for an aircraft based upon his 1935 design studies. On 24 December 1937, the first prototype (MM.336) C.200 conducted its maiden flight at Lonate Pozzolo, Varese, with Macchi Chief Test Pilot Giuseppe Burei at the controls. Officials within the ministry and Macchi's design team fought over the retention of the characteristic hump used to enhance cockpit visibility; after a protracted argument, the feature was ultimately retained.
The first prototype was followed by the second prototype early on during the following year. During testing, the aircraft reportedly attained 805 km/h (500 mph) in a dive free of negative tendencies such as flutter and other aeroelastic issues; although it could achieve only 500 km/h (310 mph) in level flight due to a lack of engine power. Nevertheless, this capability was superior than the performance of the competing Fiat G.50, Reggiane Re.2000, A.U.T. 18, IMAM Ro.51, and Caproni-Vizzola F.5; of these, the Re.2000 was seen as the most capable of the C.200's rivals, being more maneuverable and capable of greater performance at low altitude but lacking in structural strength.
The C.200 benefitted greatly from wider preparations that were being made for major expansion of the Italian Air Force, known as Programme R. During 1938, the C.200 was selected as the winner of the tender "Caccia I" (fighter 1st) of the Regia Aeronautica. This choice came in spite of mixed results during flight testing at Guidonia airport; on 11 June 1938, Maggiore Ugo Borgogno had warned that when tight turns at beyond 90° were attempted, the aircraft became extremely difficult to control, including a tendency to turn upside down, mostly to the right and entering into a violent flat spin.

Production

Shortly following the completion of the second prototype, an initial order for 99 production aircraft was placed with Macchi. The G.50, which during the same flight tests held at Guidonia airport had out-turned the Macchi, was also placed in limited production, because it had been determined that the former could be brought into service earlier. The decision, or indecision, involved in producing multiple overlapping types led to greater inefficiencies in both production and in operation. In June 1939, production of the C.200 formally commenced.
The most serious handicap was the low production rate of the type. According to some reports, in excess of 22,000 hours in production time was attributed to the use of antiquated construction technology. A lack of urgency shown by the authorities regarding standardisation was also viewed as having negatively impacted mass production efforts, particularly in light of the lack of key resources available in Italy during the era. In order to improve the rate of output, the C.200 remained almost unchanged throughout its production life, save for adjustments to the cockpit in response to pilot feedback.
In addition to Macchi, the C.200 was also constructed by other Italian aircraft companies Società Italiana Ernesto Breda and SAI Ambrosini under a large subcontracting arrangement intended to produce 1,200 aircraft between 1939 and 1943. However, during 1940, the termination of all production of the type was considered in response to aerodynamic performance problems that had caused the loss of multiple aircraft; the type was retained after changes were made to the wing to rectify a tendency to go into an uncontrollable spin that could occur during turns.
In an attempt to improve performance, a C.201 prototype was created with a 750 kW (1,000 hp) Fiat A.76 engine; work on this prototype was later abandoned in favour of the Daimler-Benz DB 601-powered C.202. At one point, it was intended that the Saetta was to have been replaced outright by the C.202 after only a single year in production, however, the C.200's service life was extended because Alfa Romeo proved to be incapable of producing enough of the RA.1000 (license-built DB 601) engines. This contributed to the decision to construct further C.200s that used C.202 components as an interim measure while waiting for the production rate of the engine to be increased.
At the beginning of 1940, Denmark was set to place an order for 12 C.200s to replace its aging Hawker Nimrod fighters, but the deal fell through when Germany invaded Denmark. A total of 1,153 Saettas were eventually produced, but only 33 remained operational by the time armistice between Italy and Allied armed forces in September 1943.

Design

The Macchi C.200 was a modern all-metal cantilever low-wing monoplane, which was equipped with retractable landing gear and an enclosed cockpit. The fuselage was of semi-monocoque construction, with self-sealing fuel tanks under the pilot's seat, and in the centre section of the wing. The distinctive "hump" elevated the cockpit to provide the pilot with an unobstructed view over the engine. The wing had an advanced system whereby the hydraulically actuated flaps were interconnected with the ailerons, so that when the flaps were lowered the ailerons drooped as well. The Macchi provided an outstanding field of view, since the cockpit was partially open and placed on the hump of the fuselage. As a result of its ultimate load factor of 15.1, it could reach speeds as fast as 500 m.p.h (True Air Speed) during dives. According to aviation author Jeffrey L. Ethell, upon its entry into service, the Supermarine Spitfire was the only Allied fighter that was capable of out-climbing the Saetta; however, this viewpoint was erroneous.
Power was provided by the 650 kW (870 hp) Fiat A.74 radial engine, although Castoldi preferred inline engines, and had used them to power all of his previous designs. With "direttiva" (Air Ministry Specification) of 1932, Italian industrial leaders had been instructed to concentrate solely on radial engines for fighters, due to their superior reliability. The A.74 was a re-design of the American Pratt & Whitney R-1830 SC-4 Twin Wasp, performed by engineers Tranquillo Zerbi and Antonio Fessia, and held the distinction of being the only Italian-built engine that could provide a level of reliability comparable to Allied designs. The licence-built A.74 engine could be problematic. In late spring 1941, 4° Stormo's Macchi C.200s then based in Sicily, had all the A.74s produced by the Reggiane factory replaced because they were defective units. The elite unit had to abort many missions against Malta due to engine problems. While some figures considered the Macchi C.200 to have been underpowered, the air-cooled radial engine provided some pilot protection during strafing missions. Consequently, the C.200 was often used as a cacciabombardiere (fighter-bomber). Moreover, it was maneuverable and had a sturdy all-metal construction.
The C.200 featured a typical armament of a pair of 12.7 mm (.5 in) Breda-SAFAT machine guns; while these were often considered to be insufficient, the Saetta was able to compete with contemporary Allied fighters. According to aviation author Gianni Cattaneo, perhaps the greatest weakness of the C.200 had been its light machine gun armament. Moreover, the radio was not fitted as standard, while its flight characteristics, even if better than the G.50, were not easily mastered by the average Italian pilot, even after new wings, which provided for improved flight characteristics, had been adopted.
Like other early Italian monoplanes, the C.200 suffered from a dangerous tendency to go into a spin. Early production C.200 aircraft showed autorotation problems similar to those found in the Fiat G.50, IMAM Ro.51, and the AUT 18. At the beginning of 1940, a pair of deadly accidents occurred due to autorotation. Both deliveries and production were halted while the Regia Aeronautica evaluated the potential for abandoning use of the type, as the skill involved in flying the C.200 was considered to be beyond that of the average pilot. The problem was a product of the profile of the wing. Castoldi soon tested a new profile, but a solution to the autorotation problem was found by Sergio Stefanutti, chief designer of SAI Ambrosini in Passignano sul Trasimeno, based on studies conducted by German aircraft engineer Willy Messerschmitt and the American National Advisory Committee for Aeronautics (NACA). He redesigned the wing section according to variable (instead of constant) profile, which was achieved by covering parts of the wings with plywood.
The new wing entered production in 1939/1940 at SAI Ambrosini and became standard on the aircraft manufactured by Aermacchi and Breda, a licensed manufacturer. After the modified wings of the Saetta were introduced, the C.200 proved to be, for a time, the foremost Italian fighter. As a weight-saving measure, the first production C.200 series did not have armour fitted to protect the pilots. Armour plating was incorporated when the units were going to replace the Saettas with the new Macchi C.202 Folgore (Thunderbolt) and often in only a limited number of aircraft. After the armour was fitted, the aircraft could become difficult to balance, and during aerobatic manoeuvres could enter an extremely difficult to control flat spin, forcing the pilot to bail out. On 22 July 1941, Leonardo Ferrulli, one of the top-scoring Regia Aeronautica pilots, encountered the problem and was forced to bail out over Sicily.

(Web, Google, Wikipedia, You Tube)



























































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