venerdì 8 gennaio 2021

Ettore Majorana (1906 – 1938 - morte presunta): è stato un fisico e accademico italiano


Ettore Majorana (Catania, 5 agosto 1906 – Italia, 27 marzo 1938 (morte presunta) o in località ignota dopo il 1959) è stato un fisico e accademico italiano. 


Operò principalmente come teorico della fisica all'interno del gruppo di fisici noto come i "ragazzi di via Panisperna": le sue opere più importanti hanno riguardato la fisica nucleare e la meccanica quantistica relativistica, con particolari applicazioni nella teoria dei neutrini. La sua improvvisa e misteriosa scomparsa, avvenuta nella primavera del 1938, suscitò numerose speculazioni riguardo al possibile suicidio o allontanamento volontario, e le sue reali motivazioni, a causa anche della sua personalità e fama di geniale fisico teorico.


Biografia

Ettore Majorana, penultimo di cinque fratelli, nacque a Catania, in via Etnea 251, il 5 agosto del 1906 da Fabio Massimo Majorana (1875-1934) e da Dorina Corso (1876-1965). Egli apparteneva ad un’antica e prestigiosa famiglia di giuristi originaria di Militello in Val di Catania, vivace centro feudale del Val di Noto, dove per secoli si distinse nella partecipazione alla vita politica ed economica del territorio.
Il nonno di Ettore, Salvatore Majorana Calatabiano (1825-1897), era stato deputato dalla nona alla tredicesima legislatura nelle file della sinistra storica, due volte ministro dell'Agricoltura, Industria e Commercio nel primo e terzo governo Depretis (1876-1879) e senatore del Regno d'Italia nel 1879.
Il padre Fabio, ultimo di cinque fratelli, si era laureato a diciannove anni in Ingegneria e quindi in Scienze fisiche e matematiche. Gli altri quattro erano Giuseppe, giurista, accademico e deputato al parlamento nazionale, nato nel 1863; Angelo, statista, nato nel 1865; Quirino, fisico, nato nel 1871; Dante, giurista e accademico nato nel 1874.
Gli altri fratelli di Ettore erano: Rosina; Salvatore, dottore in legge e studioso di filosofia; Luciano, ingegnere civile, specializzato in elettrotecnica che si dedicò anche a progettazioni aeronautiche e alla costruzione di strumenti per l'astronomia ottica; Maria. Le sorelle Rosina e Maria erano state educate alla cultura artistica e Maria era diplomata in pianoforte al Conservatorio Santa Cecilia. Un figlio di Luciano, omonimo di Ettore e nato dopo la sua scomparsa, è fisico sperimentale presso l'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare dell'Università di Roma La Sapienza; mentre il figlio di Rosina, Wolfgang Fabio Schultze, già docente di Chirurgia d'urgenza e Pronto Soccorso presso La Sapienza, ha sempre coltivato un vivace interesse nel campo delle scienze naturali e umanistiche.
Majorana fu un bambino prodigio, rivelando una precoce attitudine verso la matematica e già all'età di cinque anni era in grado di svolgere mentalmente calcoli complicati e sotto la guida del padre si dedicò autonomamente allo studio della fisica, disciplina che sin da piccolo lo affascinava. Ettore terminò le elementari e successivamente il ginnasio, completato in quattro anni, presso il collegio "Massimiliano Massimo" dei Gesuiti a Roma. Majorana possedeva un'ottima cultura umanistica (apprezzava molto il conterraneo Luigi Pirandello) nonché un fine senso dell'ironia, ed era estremamente acuto nelle sue rare ma preziose osservazioni.
Quando anche la famiglia si trasferì a Roma nel 1921, continuò a frequentare l'istituto Massimo come esterno per il primo e secondo anno del liceo classico. Frequentò il terzo anno presso il Liceo Torquato Tasso, e nella sessione estiva del 1923 conseguì la maturità classica. Terminati gli studi liceali Ettore si iscrisse alla facoltà d'Ingegneria. Fra i suoi compagni di corso vi erano il fratello Luciano, Gastone Piqué, Emilio Segrè, Enrico Volterra.


Il passaggio a fisica

Emilio Segrè, giunto al quarto anno di studi d'ingegneria, decise di passare a fisica: a questa scelta, che meditava da tempo, non erano stati estranei gli incontri (estate del 1927) con Franco Rasetti ed Enrico Fermi, allora ventiseienne, da poco nominato professore ordinario di fisica teorica all'Università di Roma, cattedra creata in quel periodo da Orso Mario Corbino; si noti che, della commissione che assegnò la cattedra a Fermi, era membro Quirino Majorana.
Segrè riuscì a convincere anche Majorana a passare a fisica, passaggio avvenuto dopo un incontro con Fermi.
Majorana passò a fisica e cominciò a frequentare l'Istituto di Via Panisperna regolarmente fino alla laurea, meno di due anni dopo. Si laureò, con il voto di 110/110 e lode, il 6 luglio 1929, relatore Enrico Fermi, presentando una tesi sulla teoria quantistica dei nuclei radioattivi. All'istituto Ettore trascorreva molto tempo in biblioteca, preferendo il lavoro solitario allo spirito di gruppo che rese celebri i giovani scienziati che attorniavano Fermi. Fu l'unico a non lavorare in collaborazione diretta con Fermi, anche in qualità di teorico, pur essendo il solo in grado di interagirvi alla pari.
Un altro aneddoto ricorda il commento sarcastico alla scoperta del neutrone che valse successivamente il premio Nobel per la fisica a James Chadwick.
In quel periodo effettuò diversi studi, alcuni dei quali confluirono in diversi articoli su argomenti di spettroscopia e su un articolo sulla descrizione di particelle con spin arbitrario. Effettuò anche brevi studi su moltissimi argomenti che spaziavano dalla fisica terrestre all'ingegneria elettrica, alla termodinamica, allo studio di alcune reazioni nucleari non molto diverse da quelle che sono alla base della bomba atomica. È stato possibile ricostruire in parte il percorso di questi studi in base a una serie di manoscritti, i Quaderni e i Volumetti, custoditi dalla Domus Galilaeana di Pisa e pubblicati nel 2006.
Per il carattere distaccato, critico e scontroso, allo stesso tempo autocritico e modesto gli fu affibbiato il soprannome di “Grande inquisitore” quando anche tutti gli altri giovani fisici dell’Istituto di via Panisperna avevano un soprannome mediato in gran parte dalla gerarchia ecclesiastica (Fermi era il “Papa”, Rasetti, che spesso sostituiva Fermi in alcune mansioni importanti, il “Cardinale Vicario”, Corbino il “Padreterno”, Segrè “Basilisco” (per il suo carattere mordace), mentre Amaldi, dalle delicate fattezze quasi femminee, era chiamato "Gote rosse", o “Adone”, un titolo di cui non era affatto entusiasta).


Il soggiorno tedesco

Si lasciò comunque convincere ad andare all'estero (Lipsia e Copenaghen), come anche Enrico Fermi aveva fatto più volte negli anni venti, e gli fu assegnata dal Consiglio Nazionale delle Ricerche una sovvenzione per tale viaggio che ebbe inizio alla fine di gennaio del 1933 e durò circa sei mesi. L'incontro con Werner Heisenberg fu proficuo, tanto che questi riuscì (lì dove Fermi e gli altri avevano fallito) a far pubblicare a Majorana Über die Kerntheorie (Sulla teoria nucleare), in Zeitschrift für Physik (Giornale di fisica).
Non è dato sapere se i suoi più intimi collaboratori conoscessero le sue impressioni e le sue idee sulla Germania nazista: è certo comunque che a Fermi (la cui moglie era ebrea) tali idee e concezioni non dovessero fare grande piacere e certo pure è (vedi in proposito il libro di Recami su Majorana) che Segrè (ebreo anch'egli) rimase stizzito da un'analoga sua lettera del 22 maggio 1933. Ma in un'altra lettera spedita a Giovanni Gentile jr. parla di stupida teoria della razza; e nell'ultimo suo articolo pubblicato Majorana esprime, sia pure in modo indiretto, un'opinione positiva del libero arbitrio, opinione che pare incompatibile con il nazismo. Successivamente Majorana si recò a Copenaghen, dove conobbe Niels Bohr, la cui frequentazione lo portò a conoscere altri fisici importanti dell'epoca, tra i quali Christian Møller e Arthur H. Rosenfeld, e a frequentare George Placzek, che già da qualche tempo conosceva.
Nel 1934, qualche mese dopo il rientro dal soggiorno tedesco, muore a Roma il padre Fabio Majorana, cui Ettore pare fosse legatissimo[11]. Nello stesso anno il gruppo di Via Panisperna scopre in laboratorio le proprietà dei neutroni lenti, scoperta che dette l'avvio alla realizzazione del primo reattore nucleare sperimentale e della successiva bomba atomica nei Laboratory Nazionali di Los Alamos (USA), nell'ambito del Progetto Manhattan, in piena seconda guerra mondiale.
Per circa tre anni, dal 1934 al 1937, Majorana si chiude in casa a lavorare per ore senza uscire mai, frequentando sempre più saltuariamente l'Istituto di Fisica di via Panisperna e studiando in maniera quasi furiosa tanto che i medici arriveranno a diagnosticargli un esaurimento nervoso. Sovente se ne stava a casa, non riceveva alcuno e respingeva la corrispondenza scrivendoci di proprio pugno con forte autoironia si respinge per morte del destinatario. Curava anche poco l'aspetto fisico e si era lasciato crescere barba e capelli. Ma quello che è certo è che non cessava di studiare: i suoi studi si erano ampliati. Questo è il periodo più oscuro della sua vita: non si sa quale fosse la materia dei suoi studi, anche se qualcosa si può dedurre dalle sue lettere - in particolare da una fitta corrispondenza con lo zio Quirino, noto fisico sperimentale, che stava studiando la fotoconducibilità di lamine metalliche.
Nel 1937 Ettore Majorana accettò, dopo aver rifiutato Cambridge, Yale e Carnegie Foundation, la cattedra di professore di fisica teorica all'Università di Napoli per meriti scientifici (pare che tale nomina lo ferì nell'orgoglio, perché aspirava ad una cattedra a Roma)[2], dove si legò d'amicizia con Antonio Carrelli, professore di fisica sperimentale presso lo stesso Istituto di Fisica.
Anche a Napoli Majorana condusse una vita estremamente ritirata, con i suoi malanni che gli davano fastidio e che si ripercuotevano inevitabilmente sul suo carattere e sul suo umore. Il 12 gennaio 1938 Majorana accetta ufficialmente la cattedra di fisica teorica presso l'Università di Napoli, e già il giorno dopo tiene la lezione inaugurale, alla presenza della famiglia.

La misteriosa scomparsa - Ultima lettera di Majorana

«Caro Carrelli,
Spero che ti siano arrivati insieme il telegramma e la lettera. Il mare mi ha rifiutato e ritornerò domani all'albergo Bologna, viaggiando forse con questo stesso foglio. Ho però intenzione di rinunziare all'insegnamento. Non mi prendere per una ragazza ibseniana perché il caso è differente. Sono a tua disposizione per ulteriori dettagli.»

La sera del 25 marzo 1938, a 31 anni, in un periodo in cui tutto il gruppo di fisici di Via Panisperna si stava disperdendo ognuno con i propri incarichi in Italia o all'estero e circa un anno e mezzo prima dello scoppio della seconda guerra mondiale, Ettore Majorana partì da Napoli, ove risiedeva all'albergo "Bologna" in via Depretis 72, con un piroscafo della Tirrenia alla volta di Palermo, ove si fermò un paio di giorni alloggiando al "Grand Hotel Sole": il viaggio gli era stato consigliato dai suoi più stretti amici, che lo avevano invitato a prendersi un periodo di riposo.
S'iniziarono le ricerche. Delle indagini si occupò il capo della polizia Arturo Bocchini, sollecitato da una lettera urgente di Giovanni Gentile. Del caso si interessò lo stesso Mussolini che ricevette una "supplica" della madre di Majorana e una lettera di Enrico Fermi; sulla copertina del fascicolo in questione scrisse: voglio che si trovi. E Bocchini, evidentemente, per alcuni indizi poco incline all'ipotesi del suicidio, aggiunse di sua mano: i morti si trovano, sono i vivi che possono scomparire. Fu anche proposta una ricompensa (30 000 lire) per chi ne desse notizie, ma non si seppe mai più nulla di lui, almeno non in modo inequivocabile.
Il professor Vittorio Strazzeri dell'Università di Palermo asserì di averlo visto a bordo alle prime luci dell'alba del 27 marzo mentre il piroscafo sul quale era imbarcato si accingeva ad attraccare a Napoli (in realtà egli condivise la cuccetta con un giovane viaggiatore che, secondo la descrizione, corrispondeva a Majorana, da lui mai conosciuto personalmente). Un marinaio asserì di averlo scorto, dopo aver doppiato Capri, non molto prima che il piroscafo attraccasse, e la società Tirrenia, anche se l'episodio non fu mai confermato, asserì che il biglietto di Majorana era tra quelli testimonianti lo sbarco. Anche un'infermiera che lo conosceva sostenne di averlo visto, in questo caso nei primi giorni dell'aprile 1938, mentre camminava per strada a Napoli. Ma non fu mai trovata nessuna traccia documentata della sua destinazione e le ricerche in mare non diedero alcun esito.
Le indagini furono condotte per circa tre mesi e si estesero a una Residenza dei Gesuiti che si trovava vicino a dove lui abitava, dove pare si fosse rivolto per chiedere una qualche sorta di aiuto, forse come reminiscenza del suo periodo scolastico presso i Gesuiti di Roma. La famiglia seguì anche una pista che sembrava portare al Convento di S. Pasquale di Portici, ma alle domande rivoltegli il padre guardiano rispose: "Perché volete sapere dov'è? L'importante è che egli sia felice”.
Ci fu una ridda di ipotesi e indizi, ma non si ebbero mai certezze sulla sorte di Majorana: nelle sue lettere egli non parla mai di suicidio, ma solo di scomparsa ed era persona attenta alle parole. In realtà non si sa se Majorana fosse davvero ripartito da Palermo per Napoli nel viaggio di ritorno come da lui annunciato, se si sia gettato in mare o se abbia voluto far perdere le proprie tracce, cedendo il biglietto ad un altro in attesa di imbarco, depistando tutti con dichiarazioni ambigue, contraddittorie spiazzanti. L'unica certezza è che già a gennaio del 1938 Majorana aveva chiesto di prelevare dalla banca i suoi soldi, e qualche giorno prima del 25 marzo aveva ritirato 5 stipendi arretrati, che fino a quel momento non si era preoccupato di riscuotere. Il suo passaporto non fu mai trovato.
Il giorno prima di salpare da Napoli verso Palermo nel viaggio di andata (dunque non al ritorno da Palermo) aveva consegnato alla sua allieva Gilda Senatore una cartella di materiale scientifico: questi documenti furono mostrati dopo vari anni a suo marito, anch'egli fisico, che ne parlò con Carrelli che lo riferì al rettore che volle visionarli: dopo di che le carte si persero.

Le ipotesi sulla scomparsa

Le ipotesi che sono state fatte sulla scomparsa volontaria di Ettore Majorana seguono soprattutto cinque filoni: quello del suicidio, quello monastico, quello tedesco, quello sudamericano e quello siciliano.

Ipotesi del suicidio

L'ipotesi del suicidio, adombrato, ma non esplicitamente annunciato da Majorana nelle sue ultime lettere, è estremamente dolorosa e per l'epoca anche infamante. Le repentine variazioni di intenti (anche la partenza e l'improvviso ritorno a Napoli dopo solo 2 giorni) potrebbero essere state sintomi di una personalità molto turbata e la frase il mare mi ha rifiutato un poetico eufemismo, in un atteggiamento tipico di chi è tormentato da un pensiero autodistruttivo che non ha il coraggio di attuare oppure volutamente ambigua negli intenti nell'ipotesi di depistaggio. Vi sono infatti alcuni elementi contraddittori, così riassumibili:
è alquanto inverosimile che un suicida prelevi in banca una somma equivalente all'ammontare di alcune mensilità di stipendio poco prima di suicidarsi;
secondo talune testimonianze Majorana sarebbe stato avvistato e riconosciuto a Napoli giorni dopo la scomparsa.
Ancora nel 2011 continuano le indagini a livello giudiziario sulle ipotesi della scomparsa del fisico. Già tra la fine del 2011 e l'inizio del 2012 appaiono alcune possibili notizie sul caso sul bollettino della Società italiana di fisica. In un articolo su Il Nuovo Saggiatore ("Il promemoria 'Tunisi': un nuovo tassello del caso Majorana", vol 27, 5-6, 2011, pp. 58–68), Stefano Roncoroni riporta tra l'altro alcuni brani del diario del nonno paterno Oliviero Savini Nicci: questi, Consigliere di Stato, ebbe un ruolo importante nei primi giorni della scomparsa di Ettore. Poi una lettera al direttore datata 29 febbraio 2012 firmata da Francesco Guerra e Nadia Robotti, intitolata "La borsa di studio della rivista 'Missioni': un punto fermo sulla vicenda di Ettore Majorana". In essa gli autori riferiscono tra l'altro di una lettera datata 22 settembre 1939 indirizzata da un gesuita, tale Padre Caselli, a Salvatore Majorana, il fratello maggiore di Ettore, che comunica di accettare la donazione della famiglia Majorana per istituire una borsa di studio da intitolare all'estinto Ettore. Padre Caselli ringraziando per la cospicua donazione ricevuta appena il giorno prima.
Secondo gli autori se ne deduce un "punto fermo" nella vicenda: se un gesuita usa il termine “estinto” vuol dire che non ci sono dubbi sulla possibilità che Ettore Majorana sia deceduto entro il settembre 1939. E ciò toglierebbe di mezzo anche l'ipotesi del suicidio perché non si dedica una borsa di studio religiosa a un suicida. Tale interpretazione ha già ricevuto però qualche critica, osservandosi che potrebbe essersi ingenerato un equivoco tra i termini "scomparso" ed "estinto", o comunque dato definitivamente per morto nel succedersi degli eventi e delle loro più nefaste interpretazioni.
È tuttavia da rilevare che la famiglia di Ettore Majorana, costituita dalla madre e i fratelli, dopo anni di attesa, si sia sempre espressa più o meno apertamente in favore dell'ipotesi più drammatica, ovvero quella del suicidio, cercando di mantenere il più rispettoso riserbo.

Ipotesi monastica

Secondo una seconda ipotesi, sposata soprattutto da Leonardo Sciascia nel suo saggio La scomparsa di Majorana, il caso Majorana si sarebbe trattato di una sorta di "dramma personale", di un "genio immaturo e irrequieto" o comunque diverso, alieno dalla normalità ovvero di un uomo, provato da malanni fisici persistenti (colite ulcerosa o gastrite) e stanco dopo aver indagato a fondo molteplici campi dello scibile umano, compresa la fisica e la filosofia ("la parte e il tutto"), abbia deciso di cambiare o rifarsi una vita normale lontano dai riflettori, rinunciando anche all'insegnamento, per via del suo carattere solitario, schivo e poco socievole al limite della misantropia, fors'anche conscio e turbato dai possibili esiti della fisica moderna, delle responsabilità etiche dello scienziato e dell'imminente conflitto mondiale, depistando le indagini a suo favore, facendosi credere morto e cercando l'oblio con una sorta di istrionico "colpo di teatro" pirandelliano, parzialmente casuale e parzialmente voluto, come accaduto nel personaggio de Il fu Mattia Pascal.
Infatti secondo i conoscenti universitari più stretti, Majorana stanco, sovraccarico di responsabilità e con il peso della sua stessa fama, sarebbe caduto in uno stato di profonda depressione subito dopo l'assegnazione della cattedra a Napoli, da cui la rinuncia all'insegnamento e forse la decisione di scomparire cambiando vita. Sulla questione è tornato nel 1999 lo storico della matematica Umberto Bartocci, con uno studio che discute, oltre a quelle menzionate, l'ipotesi che Majorana possa essere stato vittima di un piano maturato nell'ambiente dei fisici da lui frequentato, teso a eliminare un pericoloso rivale di parte avversa in vista dell'imminente conflitto mondiale. Le argomentazioni di Bartocci, di tipo logico, psicologico e indiziario, sono state accolte da grande scetticismo (per non dire ripugnanza) nell'ambiente dei fisici, ma hanno anche attirato l'attenzione di diversi studiosi (storici e no).
L'ipotesi monastica si riallaccia alla gioventù di Ettore con la sua educazione, dal momento che aveva frequentato l'Istituto Massimiliano Massimo dei gesuiti a Roma, e alla sua condizione di credente. Un possibile legame dunque con il passato che si fa vivo ovvero una parte della sua giovinezza. Su questa pista si erano inoltre indirizzate le ricerche della stessa famiglia, la quale scrisse a Papa Pio XII Pacelli, promettendo di non voler affatto interferire sulle scelte eventualmente maturate da Ettore, al solo scopo di sapere dal Vaticano semplicemente se egli fosse vivo: ma nessuna risposta, di nessun segno, venne mai fornita. Questa ipotesi viene ripresa nel libro di Alfredo Ravelli Il dito di Dio, dove Rolando Pelizza racconta di aver conosciuto il "maestro" in un convento e di aver collaborato con lui nella realizzazione di alcuni esperimenti.
Egli, secondo Sciascia, infine si sarebbe rinchiuso nella Certosa di Serra San Bruno in Calabria, per sfuggire a tutto e a tutti, dal momento che non sopportava la vita sociale. Molti hanno sostenuto come veritiera questa ipotesi, ma essa fu sempre negata dai monaci dell'ordine certosino, anche se fu, in seguito, papa Giovanni Paolo II in persona ad avvalorarla quando, il 5 ottobre 1984, andò in visita alla Certosa e in un discorso menzionò la passata presenza di personaggi illustri ospitati tra le sue mura, tra cui il fisico scomparso.
Secondo Stefano Roncoroni (figlio di una cugina di Ettore Majorana, sin da giovane appassionato studioso del caso), Ettore Majorana fu infatti ritrovato da suo fratello maggiore, Salvatore, nel marzo del 1938 in un vallone del catanzarese, ma avendo deciso di sparire nessuno riuscì a convincerlo a tornare sui suoi passi, e sarebbe poi morto nel 1939. I Majorana, prendendone atto, avrebbero deciso di non collaborare alle indagini e di non rivelare dove si trovasse il fisico e tacere sulla sua fine. Tra le motivazioni addotte dallo stesso Roncoroni c'è una malattia organica grave e molto più diffusa a quel tempo (forse tubercolosi) che un vicino convento era in grado di curare, una profonda crisi mistica o personale/esistenziale favorita forse dalla sindrome di Asperger oppure la presunta omosessualità di Majorana, a quel tempo molto meno tollerata di ora, e i conseguenti dissidi familiari.
Secondo il Prof. Elio Tartaglione, assistente per molti anni di Antonio Carrelli: «Un giorno, dopo la lezione, Carrelli mi condusse nel convento di San Gregorio Armeno, e mi rivelò, indicandomi una finestra, che in una di quelle celle Majorana praticava gli esercizi spirituali», dichiarazioni riportate su Repubblica il 7 Luglio 2006. Il Prof. Bruno Preziosi, collega di Tartaglione, che ne raccolse le confidenze, aggiunse che nell'occasione l'assistente chiese al Carrelli "Ma allora è ancora vivo?" ottenendo la risposta "Ritorniamo all'istituto che abbiamo da fare". Di seguito, riferisce sempre il Prof. Bruno Preziosi, Tartaglione descrisse in una lettera gli accadimenti al Rettore dell'università di Napoli Fulvio Tessitore, il quale interrogò l'allora Arcivescovo Giordano, suo amico personale, ricevendone però la risposta "la domanda è irricevibile".
Dalle carte del pontificato di Pio XII custodite nell'Archivio apostolico vaticano, aperte agli studiosi il 2 marzo del 2020, risulta che la Santa Sede smise di cercare il fisico scomparso già nel 1940, dandolo ormai per morto.

Ipotesi tedesca

L'ipotesi tedesca suppone che egli sia tornato (o forse anche rapito) in Germania per mettere le sue conoscenze e le sue intuizioni a disposizione del Terzo Reich, e che dopo la seconda guerra mondiale sia emigrato in Argentina come molti altri esponenti del regime nazista, come testimonierebbe, secondo i fautori di questa ipotesi, una foto del dopoguerra in cui compare un volto con le fattezze simili a quelle di Majorana. Per qualcuno invece questa "bizzarra" ipotesi sarebbe solo una "bufala". In tale ambito non manca nemmeno l'ipotesi dell'assassinio da parte di qualche servizio segreto per motivi politici.

Ipotesi argentina

L'ipotesi argentina si fonda su tracce, reperite da Erasmo Recami[44], di una sua presenza a Buenos Aires, specie intorno agli anni sessanta, forse emulo di molti altri emigranti italiani del primo e secondo dopoguerra: la madre di Tullio Magliotti riferì di aver sentito parlare di lui dal figlio; la moglie di Carlos Rivera raccontò di un presumibile avvistamento del Majorana all'Hotel Continental; un ex ispettore di polizia riconobbe in un'immagine di Majorana l'italiano che incontrò a Buenos Aires in quegli anni.

Chi l'ha visto? e le indagini della magistratura romana: Majorana ritrovato in Venezuela?

Nel 2008 si è parlato della vicenda anche in occasione di una puntata della nota trasmissione televisiva Chi l'ha visto?. In particolare venne intervistato Francesco Fasani, un italiano emigrato in Venezuela a metà degli anni cinquanta, il quale espresse il convincimento di aver frequentato a lungo Majorana, anche se questi non gli avrebbe mai rivelato la propria identità. Il procuratore aggiunto Pierfilippo Laviani della Procura della Repubblica di Roma, si convinse ad affidare ai carabinieri verifiche ulteriori in Argentina e Venezuela, ipotizzando che lo scienziato catanese poteva essere ancora in vita nel periodo 1955-59. Il 3 febbraio 2015 la Procura della Repubblica di Roma, in seguito all'apertura di un fascicolo nel 2011 sulla scomparsa del fisico, ha richiesto l'archiviazione dell'indagine.
Secondo questa ricostruzione Ettore Majorana si faceva chiamare Sig. Bini. Come ulteriore prova il Fasani ha inoltre fornito una cartolina che Quirino Majorana, zio di Ettore (fratello del padre e anch'egli fisico di fama mondiale), spedì nel 1920 all'americano W.G. Conklin, e ritrovata dallo stesso Fasani nella vettura del presunto Bini-Majorana, una Studebaker gialla.


La seconda vita di Majorana

Nel 2016 esce, edito da Chiarelettere nella collana Reverse, il volume La seconda vita di Majorana, scritto da Andrea Sceresini, Giuseppe Borello e Lorenzo Giroffi; un saggio biografico che indaga sulla presunta vita clandestina del fisico in Sud America, tra Argentina e Venezuela. Gli autori ripartendo dalle rivelazioni della trasmissione Chi l'ha visto? cercano di ricostruire la possibile vita clandestina del famoso fisico italiano. Nel libro viene ipotizzato che Majorana fosse giunto in Venezuela dall'Argentina e che nel periodo venezuelano risiedesse nella città di Guacara nel borgo di San Agustín. Dal libro è stato tratto anche un documentario omonimo andato in onda sul canale Rai Storia per il ciclo Italiani l'11 ottobre 2016 e introdotto da Paolo Mieli.




Ipotesi siciliana

Esiste anche una quinta ipotesi, emersa intorno agli anni settanta, che dava Majorana in Sicilia: sarebbe stato infatti lui il fisico eccellente che errava per la Sicilia come un senzatetto. In realtà esistono effettivamente degli elementi a sostegno di questa ipotesi: un certo Tommaso Lipari girava infatti per le strade di Mazara del Vallo, dove trovò la morte il 9 luglio del 1973; si trattava di un barbone particolare, dotato di una brillante conoscenza delle materie scientifiche, che lo portava a risolvere i compiti degli scolari che incontrava. Un abitante del paese, Armando Romeo, disse che il Lipari gli aveva mostrato una cicatrice sulla mano destra, cicatrice che possedeva anche il Majorana; inoltre usava un bastone con incisa la data del 5 agosto 1906, ovvero la data di nascita del fisico. Infine, al funerale di Lipari parteciparono tante persone, troppe per quello che è di solito l'estremo saluto a un barbone, e suonò la banda del paese.
Sul caso Lipari intervenne anche l'allora procuratore di Marsala, Paolo Borsellino: nel 1948 un certo Tommaso Lipari era stato rilasciato dalla galera (dov'era finito per un piccolo reato), ed era così possibile confrontare la sua firma con quella del barbone. Borsellino riscontrò tra loro una tale somiglianza che si sentì di concludere che appartenessero alla stessa persona, escludendo quindi un'"ipotesi Majorana". Secondo altri invece è estremamente improbabile che una persona della razionalità, della cultura e dello spessore di Majorana, nonché della sua estrazione sociale familiare, possa aver scelto deliberatamente di vivere da indigente; d'altro canto non è affatto infrequente trovare persone colte cadute in disgrazia per vicissitudini varie della vita e finite a fare il clochard.


Una nuova ipotesi: il ritorno a Roma

Un testimone, rimasto però anonimo, ha riferito di aver incontrato all'inizio degli anni ottanta a Roma un clochard che diceva di avere la soluzione dell'Ultimo teorema di Fermat, enigma che ha impegnato, fin dal XVII secolo, i più grandi matematici, e che all'epoca risultava ancora irrisolto. Il testimone riferisce che: "Majorana stava in piazza della Pilotta, sugli scalini dell'Università Gregoriana, a due passi da Fontana di Trevi. Aveva un'età apparente di oltre 70 anni. A quel punto gli dissi di farsi trovare la sera seguente perché volevo farlo incontrare con Di Liegro". L'incontro con monsignor Luigi Di Liegro, fondatore della Caritas romana, avvenne la sera successiva. Fu lo stesso Di Liegro a rivelare al testimone la reale identità del clochard. Il racconto del testimone anonimo prosegue con il Di Liegro che provvede a riportare il Majorana in un convento dove lui era ospite e da dove si era allontanato.
Sempre il testimone ha raccontato di aver parlato con il sacerdote della necessità di mettersi in contatto con la famiglia del Majorana, ma egli non ne volle mai sapere, chiedendo anzi al testimone di tacere per almeno 15 anni dopo la sua morte, avvenuta il 12 ottobre 1997. L'intera faccenda potrebbe però anche essere inquadrabile come caso di equivoco o mitomania da parte di un barbone.


Reazioni

Subito dopo aver appreso della sua scomparsa Enrico Fermi, che lo aveva paragonato per capacità a Galilei o Newton.
Da ultimo, sull'intera vicenda si sono espressi più volte i discendenti della famiglia con un'opinione fortemente critica (giudicando ad es. incompatibili le foto di Bini in Venezuela con quelle di Majorana), stanchi delle continue e inutili speculazioni sul caso, ritenute semplici bufale giornalistiche, invitando anche a lasciar stare definitivamente una vicenda, divenuta ormai nei decenni oscura e insolubile e verosimilmente anche dai connotati strettamente personali.
Per i suoi tratti di personalità simil schizoidi e allo stesso tempo eccentrici è stato definito da alcuni come il Kafka o il Rimbaud della fisica, mentre alcuni storici della fisica lo collocano a metà tra Einstein e Newton.


I contributi di Majorana alla fisica

Gli studi scientifici di Majorana (in tutto 10 articoli pubblicati) diedero un contributo fondamentale allo sviluppo della fisica moderna e affrontano in modo originale molte questioni, ponendo, secondo la comunità di fisici internazionale, notevoli spunti di riflessione su future scoperte del secondo dopoguerra: nella sua prima fase pubblicò i suoi studi riguardanti problemi di spettroscopia atomica, la teoria del legame chimico (dove dimostrò la sua conoscenza approfondita del meccanismo di scambio degli elettroni di valenza), il calcolo della probabilità di ribaltamento dello spin (spin-flip) degli atomi di un raggio di vapore polarizzato quando questo si muove in un campo magnetico rapidamente variabile; inoltre si dedicò intensamente alla meccanica quantistica, all'interno della quale lavorò su numerose formule scientifiche dando anche una teoria relativistica sulle particelle ipotetiche.
Il maggior contributo scientifico di Ettore Majorana è tuttavia rappresentato dalla seconda fase della sua produzione che comprende tre lavori: la ricerca sulle forze nucleari oggi dette alla Majorana (per primo avanzò infatti l'ipotesi secondo la quale protoni e neutroni, unici componenti del nucleo atomico, interagiscono mutuamente grazie a forze di scambio, ma la teoria è tuttavia nota con il nome del fisico tedesco Werner Heisenberg (teoria di Heisenberg) che giunse autonomamente agli stessi risultati, dandoli alle stampe prima di Majorana, la ricerca sulle particelle di momento intrinseco arbitrario e la ricerca sulla teoria simmetrica dell'elettrone e del positrone. Famosa è anche l'equazione di Majorana. È ricordato dalla comunità scientifica internazionale per avere dedotto l'equazione a infinite componenti che formano la base teorica dei Sistemi quantistici aperti (computazione quantistica). È, infine, insolito ricordarlo per avere introdotto la probabilità che da una determinata coppia nasca un figlio maschio.
Il 12 aprile 2012 la rivista Science ha pubblicato uno studio che conferma l'esistenza dei fermioni da lui teorizzati nel 1938, che hanno la caratteristica di coincidere con la controparte di antimateria.


L'esperimento GERDA

Acronimo di GERmanium Detector Array, si tratta di un esperimento per verificare che i neutrini abbiano massa come teorizzato da Ettore Majorana in contrasto con Paul Dirac (il quale sosteneva che i neutrini siano privi di massa).


Nella cultura di massa - Letteratura

Oltre al già citato saggio di Leonardo Sciascia, verte sulla scomparsa di Majorana anche il romanzo ucronico di Pierfrancesco Prosperi Majorana ha vinto il Nobel, pubblicato nel 2016, ambientato nel 1945 di una linea temporale alternativa in cui la Seconda guerra mondiale non è avvenuta e la scomparsa ha luogo poco prima della consegna allo scienziato siciliano del Premio Nobel per la fisica.
Nel romanzo ucronico Attacco all'Occidente di Mario Farneti, pubblicato nel 2002, si appoggia l'ipotesi che Majorana abbia vissuto nascosto in un monastero nell'Italia meridionale: nella vicenda, ambientata in un 1992 alternativo, lo scienziato, molto anziano ma ancora in vita, aiuta a combattere l'invasione araba in atto grazie alle sue conoscenze.
Nel romanzo La macchina del vento di Wu Ming 1, pubblicato nel 2019 e ambientato tra i confinati a Ventotene durante il fascismo, Majorana scompare in un'altra dimensione dopo aver utilizzato, contro il volere del suo artefice, un prototipo di macchina del tempo costruito da Giacomo Pontecorboli, immaginario scienziato militante di Giustizia e Libertà che è uno dei personaggi principali del libro.


Musica:
  • 2015: il cantautore Flavio Giurato ha pubblicato l'album La scomparsa di Majorana.
  • 2017: ha aperto la stagione operistica del Teatro Sociale di Como l'opera lirica Ettore Majorana. Cronaca di infinite scomparse, composta da Roberto Vetrano su libretto di Stefano Simone Pintor.
  • 2020: l'ultima traccia dell'album I mortali dei cantautori siciliani Colapesce e Dimartino, si intitola Majorana, con alcuni riferimenti al fisico siciliano.

Cinema

Ettore Majorana è uno dei personaggi principali del film, diretto da Gianni Amelio, I ragazzi di via Panisperna, trasmesso dalla Rai come miniserie in due puntate nel 1990. In questo film si sposa la tesi che Majorana avrebbe pianificato la propria sparizione perché spaventato dai potenziali effetti distruttivi dell'energia nucleare, e avrebbe poi vissuto una vita umile in Sicilia.


Arte:
  • gennaio/febbraio 2016: lo street artist C215 (Christian Guemy) gli dedicò alcuni suoi famosi stencil intitolati Chi l'ha visto?, lungo il centro storico di Catania;
  • settembre 2016: un grande murales fu creato dallo street artist David "Diavù" Vecchiato nella zona di Spinaceto di Roma, al liceo scientifico-linguistico Ettore Majorana, in via Carlo Avolio, dal titolo L'antimaterico, per il progetto Museo Urban Art di Roma (MURo).

Documentari e film biografici:
  • Nel 2016 è stato distribuito il docu-film Nessuno mi troverà, del regista Egidio Eronico, che alterna interviste e documenti a ricostruzioni dei momenti prima della scomparsa dello scienziato, realizzate in animazione.
  • Nel 2016 è stato prodotto in Francia Il mistero Ettore Majorana, diretto da Camille Guichard con la collaborazione scientifica di Etienne Klein del CEA, adattamento dell'opera En cherchant Majorana, le physicien absolu (Editions des Equateurs-Flammarion) dello stesso Klein che ha anche collaborato alla realizzazione del documentario.
  • Nel 2018 è stato diffuso il documentario L'uomo del futuro, in onda sul canale Sky Arte, regia di Francesco Francio Mazza.

Riconoscimenti - Gli è stato dedicato un asteroide, 29428 Ettoremajorana.

Opere

Sullo sdoppiamento dei termini Roentgen ottici a causa dell'elettrone rotante e sulla intensità delle righe del Cesio, con Giovanni Gentile Jr., in "Rendiconti dell'Accademia dei Lincei", vol. 8, 1928, pp. 229–233.
Ricerca di un'espressione generale delle correzioni di Rydberg, valevole per atomi neutri o ionizzati positivamente, in "Il Nuovo Cimento", a. VI, 1929, pp. XIV-XVI.
Sulla formazione dello ione molecolare di He, in "Il Nuovo Cimento", a. VIII, 1931, pp. 22–28.
I presunti termini anomali dell'Elio, in "Il Nuovo Cimento", a. VIII, 1931, pp. 78–83.
Reazione pseudopolare fra atomi di Idrogeno, in "Rendiconti dell'Accademia dei Lincei", vol. 13, 1931, pp. 58–61.
Teoria dei tripletti P' incompleti, in "Il Nuovo Cimento", a. VIII, 1931, pp. 107–113.
Atomi orientati in campo magnetico variabile, in "Il Nuovo Cimento", a. IX, 1932, pp. 43–50.
Teoria relativistica di particelle con momento intrinseco arbitrario, in "Il Nuovo Cimento", a. IX, 1932, pp. 335–344.
Über die Kerntheorie, in "Zeitschrift für Physik", vol. 82, 1933, pp. 137–145. [edizione italiana] Sulla teoria dei nuclei, in "La Ricerca Scientifica", vol. 4 (1), 1933, pp. 559–565.
Teoria simmetrica dell'elettrone e del positrone, in "Il Nuovo Cimento", a. XIV, 1937, pp. 171–184.
Il valore delle leggi statistiche nella fisica e nelle scienze sociali, a cura di Giovanni Gentile Jr., in "Scientia", vol. 36, 1942, pp. 55–66.
La vita e l'opera di Ettore Majorana. 1906-1938, Roma, Accademia nazionale dei Lincei, 1966.
Lezioni all'Università di Napoli, Napoli, Bibliopolis, 1987. ISBN 88-7088-171-7.
Appunti inediti di fisica teorica, a cura di Salvatore Esposito ed Erasmo Recami, Bologna, Zanichelli, 2006. ISBN 88-08-17592-8.
Lezioni di fisica teorica, Napoli, Bibliopolis, 2006. ISBN 88-7088-511-9.

Articolo di Andrea Rampado su Nexus n.129

Uno dei motivi per cui Erice è conosciuta nel mondo è il Centro Internazionale di Cultura Scientifica, dedicato a Ettore Majorana, voluto da Antonino Zichichi che ne è presidente.
Ettore Majorana è certamente una figura molto affascinante di cui forse si parla ancora poco.
Nato a Catania nel 1906, era uno di quelli che si definiscono bambini prodigio.
Tormentato e geniale da sempre, Majorana era uno spirito libero dotato di una straordinaria vena polemica ma estremamente promettente. Spesso era polemico al limite dell’offesa nei confronti dei suoi insegnanti, ai quali contestava mancanza di preparazione o “miopìe  scientifiche”. Infatti si era meritato il soprannome di ¨Grande Inquisitore¨, ma anche di “Spirito Santo”.
Il giovane Majorana, dopo aver conseguito la laurea con Enrico Fermi come relatore, cominciò ad occuparsi di fisica teorica.
Di lui lo stesso Enrico Fermi nel 1938 aveva detto che ci sono diverse categorie di scienziati nel mondo, e poi ci sono i geni, come Galilei e Newton. E Majorana era uno di questi. La comprensione che Majorana aveva della fisica a quei tempi era di una profondità e completezza che pochi altri al mondo potevano eguagliare le sue ricerche.
Si dice che egli avesse postulato l’esistenza del neutrone ma non avesse pubblicato i risultati perché riteneva le sue sperimentazioni insufficienti.
L’inglese Chadwick, a conferma dell’ipotesi del fisico italiano, dimostrò poi l’esistenza del neutrone.
Una particella, come più aventi si scoprì, che si poteva far “entrare” nell’atomo proprio grazie alla mancanza di interazioni elettromagnetiche, in grado di provocare la scissione del nucleo. Da qui iniziarono gli studi di Fermi e colleghi sulla fissione nucleare che culminarono nel “progetto Manhattan”, il famigerato studio che portò alla realizzazione della prima bomba atomica.
Majorana sviluppò l’idea di un nucleo composto solo da neutroni e protoni (senza elettroni, come fino ad allora era erroneamente ipotizzato). Elaborò una teoria di forze nucleari che potevano tenere unite assieme tutte queste particelle.

I rapporti con gli altri scienziati

Nel 1930 Wolfgang Pauli postulò l’esistenza di un’altra particella, senza carica elettrica e con massa piccolissima praticamente non misurabile, il neutrino. Molti ritengono che fu proprio Majorana a confermare la validità della teoria del neutrino.
Solo dopo l’incontro con il padre della meccanica quantistica Werner Karl Heisenberg  nel 1933 Majorana si convinse a rendere pubblico il suo lavoro, che diventò poi la base della fisica atomica attuale. Le forze nucleari da lui teorizzate infatti portano oggi il suo nome.
Nel suo soggiorno all’estero interagì anche con Niels Bohr, altra leggenda della fisica del novecento. Altro contributo importantissimo furono i suoi studi sulla meccanica quantistica e sulla fisica delle particelle.
Majorana ha lasciato nove pubblicazioni su una nuova matematica. Molti dei suoi scritti sono stati capiti solo dopo 30 anni e altri ancora restano da capire.

La sua scomparsa

La sua improvvisa e misteriosa scomparsa ha suscitato, dalla primavera del 1938 fino ad oggi, continue ipotesi sulla possibilità che si sia trattato di suicidio o allontanamento volontario, e sulle reali motivazioni che avrebbero spinto Majorana a scomparire.
La sera del 25 marzo 1938 Ettore Majorana partì da Napoli, dove insegnava all’Università. Con un piroscafo della società Tirrenia navigò alla volta di Palermo, ove si fermò un paio di giorni. Sembra che sia stato visto sulla nave di ritorno verso Napoli. Da quel momento si sono perse le sue tracce. Nonostante lo stesso Mussolini avesse proposto una ricompensa per chi ne avesse dato notizie, non si seppe mai più nulla di lui, almeno non in modo inequivocabile.
Il prelievo di una considerevole somma di denaro (alcuni stipendi arretrati) effettuato da Majorana prima di far perdere le sue tracce, oltre che la sparizione del suo passaporto, fecero pensare che non si trattasse di suicidio.

Le numerose ipotesi

Sono state fatte molte ipotesi: che fosse fuggito all’estero, che possa essere stato ucciso o rapito dai russi o sequestrato dai servizi segreti per costringerlo a costruire la bomba atomica.
Secondo l’ipotesi di Leonardo Sciascia, potrebbe aver calcolato la potenza della fissione atomica qualche mese prima che l’avvenuta scissione dell’atomo fosse resa nota. Il presagio di un orrore imminente lo avrebbe angosciato tanto da scatenare un conflitto interiore che l’avrebbe indotto a scomparire e rinchiudersi in un monastero.
La famiglia, il suo confessore e Laura Fermi, che lo aveva conosciuto, affermarono con convinzione che sicuramente non si trattò di suicidio ma probabilmente di una crisi mistica che lo avrebbe spinto a ritirarsi in un monastero.
Dai risultati della comparazione di una foto in cui è mostrato un certo signor Bini, cinquantenne, con le foto del padre di Majorana sembrerebbe accertato che il fisico abbia vissuto in Venezuela nel 1955. Infatti in questa foto Majorana, che si faceva chiamare Bini, appare insieme con un meccanico emigrato italiano, Francesco Fasani. Sembra che lo stesso Bini avesse rivelato al Fasani la sua reale identità.
Fra le ipotesi più recenti c’è quella che il famoso fisico abbia trascorso gli ultimi anni della sua vita girovagando come un clochard in Sicilia. Ernesto Scibona, residente a Ragusa, ma originario della provincia di Catania, ricorda di aver conosciuto da bambino un uomo singolare. Questi aveva trascorso alcuni periodi della sua vita in una casina rossa dell’Anas, situata sulla strada fra Caltagirone e Mirabella Imbaccari.
Ma ci sono ulteriori sviluppi molto interessanti sul caso della sua scomparsa.
Lo zio di Ettore Majorana era anche lui un fisico e si chiamava Quirino Majorana, ed è noto per il cosiddetto “effetto Majorana”.
Sembra che avesse scoperto che sfere di piombo immerse in un contenitore con mercurio perdevano una determinata quantità di peso. Il peso perso era dovuto all’effetto di schermatura del mercurio sulle sfere di piombo. Cioè il mercurio funge da specie di isolante contro la gravità della terra.
Nel 2006 in occasione del centenario della Società Italiana della Fisica è stato pubblicato un libro del Prof. Giorgio Dragoni dal titolo:”Ettore e Quirino Majorana, tra fisica teorica e sperimentale.” In esso vengono mostrate 34 lettere di Ettore Majorana spedite allo zio Quirino.
Praticamente in queste lettere vengono descritti degli esperimenti svolti da Quirino a cui Ettore rispondeva con l’analisi e la spiegazione teorica dei risultati ottenuti.
Fin qui la premessa.
Nel 2011 usciva un libro, “Il dito di Dio” che alcuni anni dopo veniva ripreso con il titolo:”Il segreto di Majorana, due uomini una macchina”, di Alfredo Ravelli.
In questo libro viene tratteggiata la collaborazione di Ettore Majorana con Rolando Pelizza, risalente al 1958. Questi avrebbe messo a punto una macchina, ideata dal Majorana, che avrebbe dato conferma sperimentale a una teoria fisica elaborata dallo stesso scienziato. Questa macchina sarebbe capace di annichilire la materia, produrre energia praticamente a costo zero e di essere impiegata per la trasmutazione della materia.
Rolando Pelizza ha autorizzato la pubblicazione dei libri e ha dato incarico a due giornalisti di inserire i disegni della macchina nei loro siti.
Dall’analisi di questi progetti emerge un filo che connette i due Majorana, zio e nipote. Tra le varie parti che compongono la macchina ci sono sfere d’acciaio contenenti mercurio che vengono poste in rotazione a determinate frequenze per annullare la forza di gravità. Ci sono altri sistemi posti in rotazione per produrre effetti elettrici e fotoelettrici. Nei disegni si riprendono gli stessi esperimenti condotti da Quirino Majorana e discussi nel carteggio di lettere con il nipote dal 1931 al 1937.
Allora Pelizza ha davvero incontrato Majorana e sarebbe diventato suo allievo nel 1958.

La “macchina”

Racconta Rolando Pelizza che lui e soprattutto il maestro Majorana desideravano che questa macchina fosse utilizzata per scopi benefici.
Con essa si potrebbe eliminare l’anidride carbonica nell’atmosfera e ricostruire lo strato di ozono, che ormai sappiamo essere insufficiente per la protezione del nostro pianeta dai raggi solari.
I due desideravano che la macchina fosse usata per servizio all’umanità intera e mai per accrescere il potere di qualsivoglia stato della Terra.
Purtroppo questo straordinario ritrovato tecnologico, la “macchina”, come la chiama il Pelizza, già dai primi esperimenti non fu considerato come strumento utile all’Umanità intera. Come si temeva fu vista unicamente come arma dagli effetti sconvolgenti, in grado di modificare gli equilibri mondiali. Pelizza si lamenta dei costanti ostacoli che aveva incontrato fin dall’inizio e degli impedimenti a qualsiasi iniziativa o applicazione pratica della ”macchina” per il beneficio collettivo. Pelizza avrebbe rifiutato delle offerte poco precise che gli provenivano dal governo belga per timore che la macchina venisse utilizzata per scopi bellici.
Tuttora Pelizza insiste nell’impegno solenne a non utilizzare mai la macchina come arma, ma solo per impieghi civili “per il bene dell’Umanità, che purtroppo sta andando incontro a un terribile disastro a causa del nefasto impiego delle varie scoperte”.
Conferma che lo schema costruttivo della macchina, che egli fornisce, consente di operare sulle quattro fasi ipotizzate:
  • Annichilamento della materia.
  • Riscaldamento della materia.
  • Trasformazione della materia.
  • Traslazione della materia.
Nell’anno 2000, Majorana in una lettera avrebbe esortato l’allievo Pelizza ad abbandonare ogni progetto riguardante la macchina poiché temeva per l’incolumità dell’amico e della sua famiglia. Pensava anche che di fronte a certe potenze tutto sarebbe stato vano.
La divulgazione
Nel 2014 il Pelizza aveva rivolto un pubblico appello a tutti gli uomini liberi e di buona volontà. Ha divulgato l’esistenza di questa tecnologia di cui aveva dato ampia dimostrazione a ben 3 stati, USA, Italia e Belgio di fronte alla stessa Nato. Ha anche spiegato le sue applicazioni concrete che potrebbero salvaguardare l’esistenza dell’Umanità, secondo la volontà di Ettore Majorana che l’aveva progettato e l’allievo che l’aveva costruito fisicamente.
Pelizza non chiedeva finanziamenti, ma la possibilità di metterla a disposizione per tutti i possibili usi pacifici e a vantaggio innanzitutto dell’Italia, dell’Europa e di tutto il resto del mondo, ma questo suo appello, probabilmente per contrari interessi superiori, è rimasto lettera morta.
Gli ultimi esperimenti sulle capacità della macchina sono stati filmati e testimoniati da notai. Le lettere mandate da Ettore al Pelizza sarebbero state riconosciute originali da grafologi. Per gli scettici: tutto sembra corrispondere a verità.

Le ultime notizie su Majorana

Majorana era vivo fino al 2006 anno in cui il Pelizza non ebbe più  sue notizie. Da qui il libro “2006: Majorana era vivo!”, edito in questo anno 2017. Porta come sottotitolo “Le ultime lettere di Ettore Majorana a Rolando Pelizza”.
“Il segreto di Majorana” edito nel 2015 porta come sottotitolo “Due uomini, una macchina”. Qui si è ampliato il racconto precedente, “Il dito di Dio”, riportando la prima trasmutazione degli elementi (la terza fase della teoria di Ettore Majorana). Sono stati aggiunti tutta una serie di altri documenti: due fotografie di Ettore Majorana, alcune sue lettere e la perizia della grafologa Sala. Il segreto è: Majorana si è ritirato per lavorare al suo grande progetto, estrapolare in modo dolce la grande energia esistente negli atomi, senza ottenere gli spaventosi risultati delle bombe nucleari.
Nel libro “2006: Majorana era vivo!” il racconto viene ampliato fino all’anno 1992 con la descrizione di altre due trasmutazioni, e si portano le prove che Ettore Majorana nel 2006 era ancora in vita. Vi sono altri interessantissimi documenti e filmati.
Che il mistero della scomparsa di Ettore Majorana .sia davvero risolto?
E se tutto ciò fosse vero ci lascia ancora più piccoli rispetto alla grandezza del genio di Majorana che l’umanità ancora una volta non ha saputo comprendere.

ENGLISH

Ettore Majorana (Catania, 1906 - disappeared between Palermo and Naples, 1938) was born in the city of Catania on 5 August 1906 into an, as they say, illustrious family. His grandfather, Salvatore Majorana Catalabiano, was a lawyer who took part in the insurrection against the Bourbons, was elected to parliament and was twice Minister of Agriculture.
Salvatore married Rosa Campisi, with whom he gave birth to seven children: Giuseppe, Angelo, Quirino, Dante, Fabio Massimo, Elvira and Emilia. The first, Giuseppe, the second, Angelo, and the fourth, Dante, all became rector of the University of Catania. The third, Quirino, is a physicist who will become a professor in Bologna, replacing Augusto Righi. The fifth son, Fabio Massimo, graduated in engineering, became head of division and then inspector general of the Ministry of Communications, before returning to Catania. 
From a young age, Ettore showed a marked intelligence and a great familiarity with numbers. Between the age of eight and nine Ettore, like many of the Majorana family, moved to Rome where he was an intern at the Massimo Institute run by the Jesuits. There he completes primary school and attends grammar school, which he passes in four years, skipping the fifth. He then moved on to the Liceo Statale Torquato Tasso where, in the summer of 1923, he obtained his classical high school diploma, with good marks.
He enrolled in engineering, but soon, at the urging of Emilio Segré, he switched to physics, immediately demonstrating that he was a superior theoretician. At the Institute of Physics he met Enrico Fermi, with whom he graduated in 1929, discussing a thesis on the mechanics of radioactive nuclei. Even before graduating, he had already demonstrated his extraordinary ability as a theoretical physicist by first developing the statistical model of the atom already obtained by Enrico Fermi (now known as the Thomas-Fermi model) and then extending it to include ions.
Enrico Fermi and all the boys in Via Panisperna recognised Majorana as a genius. And his intuitions are often extraordinary.
He first studied the problems of atomic spectroscopy and the mechanism of electron exchange typical of chemical bonding. On the basis of this knowledge he hypothesised that the forces that hold the particles in the atomic nucleus together are exchange forces.
It is said that when, at the end of 1931, Frédéric Joliot and Irène Curie bombarded the nucleus with alpha particles and obtained spectral lines that they could not interpret, Majorana commented: "Look at these fools, they discovered the neutral proton and didn't realise it ...".
When the neutron was discovered and recognised, in 1932, Majorana elaborated his own theory of the exchange forces of spatial coordinates only, but he refused to publish the results. The following month Werner Heisenberg publishes a work on "exchange forces" involving both spatial coordinates and spin. Majorana again refuses to publish anything about it. The work is still incomplete, he says.
Instead he published, in 1932, a work in which he proposed a general method to work out quantum-relativistic equations, such as those formulated by Paul Dirac for the electron, for each value of spin. Until then it was thought that it was only possible to write quantum-relativistic equations for particles with spin equal to 0 or ½.
In the same year, at Fermi's instigation and with a grant from the National Research Council, he went to Leipzig, where he met Heisenberg, and to Copenhagen, where he met Bohr. Heisenberg, in particular, convinced him to publish his model on nuclear exchange forces, which were to become known as the "Majorana exchange forces", as distinct from the "Heisenberg exchange forces".
When he returned from Germany, whose organisation he appreciated both in the work of the scientific community and in society, he did not return to the Institute in Via Panisperna, except sporadically. At first he treated himself for gastritis, then, probably, he had a period of depression. Nevertheless, he continued to study physics. And in 1937 he published a work according to which neutral fermions correspond to their antiparticles. He hypothesised in particular that neutrinos are particles of this type. Today these neutrinos are known as Majorana neutrinos.
His last work, carried out in 1937 and published posthumously, concerns "The value of statistical laws in physics and the social sciences" and bears witness to an extension of his scientific interests. That year he took part in a competition for the chair of theoretical physics at the University of Naples. He won the competition 'by reputation'. Fermi was also a member of the examining committee.
He only stayed in Naples for one year because in March 1938 he mysteriously disappeared. The last traces of him were found on the mail boat from Palermo to Naples.
Many people have dealt with Majorana's disappearance in different ways, from physicist Edoardo Amaldi to writer Leonardo Sciascia, but the mystery remains. As Enrico Fermi said, Ettore Majorana had the ability to disappear if he wanted to. Whether it was a voluntary disappearance, a suicide or an accident, what is certain is that we have not had the chance to fully experience the possibilities of this largely unexpressed genius.
There are various categories of scientists in the world; second and third rate people, who do their best but do not get very far. There are also people of the first rank, who make discoveries of great importance, fundamental to the development of science. But then there are the geniuses, like Galileo and Newton. Well, Hector was one of those (Enrico Fermi).

(Web, Google, Wikipedia, Scienzainrete, Ventoditrapani, You Tube)







































 

giovedì 7 gennaio 2021

L'Heinkel He 231 era il nome dato al progetto di un tail-sitter - VTOL -Jagdflugzeugs, dal produttore tedesco occidentale Heinkel negli anni '50


L'Heinkel He 231 era il nome dato al progetto di un tail-sitter - VTOL -Jagdflugzeugs, dal produttore tedesco occidentale Heinkel negli anni '50.


Storia

Il 2 dicembre 1957, in Germania fu emanata una gara d'appalto in cui erano stabiliti i requisiti per un caccia per ogni-tempo VTOL. Il primo concetto del team di sviluppo dalla Heinkel dal progettista Siegfried Günter era nella direzione di un cosiddetto “tailsitter”.
La Germania nell'anno 1955 entrò nell'Alleanza del Nord Atlantico, esattamente dieci anni dopo la caduta del regime di Hitler. Il Bundesministerium der Verteidigung tedesco (nuovo ministero della difesa), già nel 1956 presentò una richiesta per un nuovo caccia intercettore supersonico; nel novembre successivo aggiunse un requisito per il decollo e atterraggio verticale del nuovo progetto. In generale, le caratteristiche del velivolo in fase di sviluppo dovevano essere uguali al jet da combattimento americano F-104G, adottato alla fine del 1950 dalla Luftwaffe.
Secondo i requisiti del Ministero della Difesa di 22.04.1958, l'aeromobile doveva avere le seguenti caratteristiche:
  • raggio operativo - chilometri 500;
  • Tangenza - 20.000 m;
  • Velocità max - 2,5М;
  • Velocità di sollevamento alla massima altezza - 1,5 min.;
  • Decollo verticale - 25%;
  • Armamento - un cannoncino e due missili aria-aria.
Dopo la guerra, la maggior parte degli scienziati tedeschi aveva lasciato il lavoro per andare volenti o nolenti all’estero: l’assenza di grandi ordini per lo sviluppo di aerei militari aveva reso quasi impossibile il funzionamento degli uffici di progettazione tedeschi. Nonostante ciò, lo sviluppo di nuovi progetti di aeromobili con decollo e atterraggio verticali fu avviato da diverse compagnie di nuova creazione: 
  • la Bolkow - P-110.0, 
  • la Heinkel - He-231, 
  • la Focke-Wulf Flugzeugbau GmbH - FW-860,
  • e la Messerschmit AG - Me X1 -21.
Tutti i progetti presentati alla competizione durante il decollo / atterraggio avevano una posizione di fusoliera verticale, il che non sorprende, dal momento che questo concetto era stato proposto da tre ditte su quattro durante la seconda guerra mondiale ed era stato successivamente implementato durante la creazione dell'aeromobile SNECMA Coleopter (Francia), che era già stato testato. 
Inoltre, non è stato ancora progettato un motore di sollevamento leggero e compatto, adatto al progetto di un aereo da combattimento capace di decollo / atterraggio verticale.
La prima versione del “231”, era un aereo con una fusoliera lunga come un razzo allungata. Ai suoi lati erano state disposte trasversalmente quattro ali di piccolo allungamento. Le estremità delle ali fungevano simultaneamente da montanti del carrello di atterraggio. Durante i transitori, la stabilità era fornita da timoni a gas, che erano alimentati da quattro motori di propulsione General Electric J.85.
Nel naso c'era l'abitacolo, mentre giaceva, e non seduto nell’abitacolo il pilota. Immediatamente dietro la cabina si trovava la presa d'aria anulare. 

Caratteristiche tecniche:
  • L’Armamento: due missili aria-aria posizionati alle estremità delle ali e un cannone Oerlikon X-NUMX-millimetro.
  • La lunghezza del velivolo era 10,3 metri, 
  • l’apertura alare - 6 metri, 
  • Il peso del velivolo a vuoto - 4600 kg., 
  • Il peso max al decollo - 7500 kg (tenendo conto di 500 kg di carico di combattimento).
Dopo qualche tempo, l'idea di far atterrare l'aereo sulla coda non fu più presa in esame a causa di chiare difficoltà. A questo proposito, la società Heinkel, iniziò a elaborare una versione del velivolo con motori dotati di ugelli rotanti. I motori di marcia di sollevamento erano gli stessi General Electric J.85. Questo nuovissimo velivolo del predecessore aveva conservato dimensioni e ala.
Il nuovo velivolo fu progettato secondo lo schema "anatra". I motori avevano una disposizione in tandem: due nella parte anteriore e due nella parte posteriore. Il decollo verticale veniva effettuato da una posizione orizzontale, grazie a quattro motori con ugelli deviati di 80°. I due motori anteriori venivano alimentati attraverso una presa d'aria anulare centrale (come sul MiG-21), mentre i motori posteriori avevano prese d'aria poste nella radice dell'ala. Le caratteristiche di progettazione e le armi non differivano dal primo aereo.

Concetto di avviamento posteriore

Tra le altre ragioni, il notevole vantaggio in termini di peso fu decisivo per l'inclusione del concetto di avviamento posteriore con propulsione a getto e post-combustore. Il motore con il miglior rapporto spinta / peso e le dimensioni di installazione più piccole in quel momento era il General Electric J79 . Ma anche con questo motore l'aereo sarebbe stato troppo lungo per il decollo in coda perché il baricentro sarebbe stato troppo alto rispetto al suolo. Il design venne quindi rivisto utilizzando quattro motori General Electric J85 e ali a delta significativamente più corte.
Gli svantaggi del sedile posteriore erano:
  • Pericolo di spinta con vento trasversale durante l’atterraggio;
  • scarsa visibilità;
  • estremo angolo di attacco durante la transizione che rendevano difficile l’atterraggio;
  • avviamenti per sovraccarico non erano possibili senza missili aggiuntivi, il che avrebbe limitato in particolare le possibilità di applicazione tattica;
  • Scarsa mobilità sul pavimento;
  • Caricamento e manutenzione difficili.

A metà degli anni '50, alcuni modelli (Ryan X-13 Vertijet, Lockheed XFV-1, Convair XFY-1 Pogo e SNECMA Coléoptère) furono sviluppati secondo questo concetto, ma non andarono oltre la fase di prototipo.

Primo concetto

Nell'ulteriore corso di sviluppo, furono esaminate solo le bozze di aeromobili in decollo in posizione orizzontale. Se l'intera spinta doveva essere disponibile sia per il volo verticale che per quello orizzontale, bisognava fare affidamento sui motori più piccoli possibili. Il Rolls-Royce RB.108, che in realtà era stato progettato per il decollo verticale, non era adatto perché non aveva un post-combustore e non era progettato per pressioni dinamiche più elevate.
Quindi si tornò al J85. Il progetto risultante prevedeva due motori nelle sezioni anteriore e posteriore con un peso al decollo di 4.950 kg. Ogni motore doveva avere una deflessione del getto con una sezione trasversale costante durante la transizione. Il controllo attorno all'asse trasversale doveva essere effettuato in hover dal controllo della spinta. Per il controllo attorno agli altri due assi, veniva fornita aria di spurgo degli stadi del compressore soffiata alle estremità della superficie.
I problemi prevedibili in relazione al controllo del vettore di spinta in un motore con post-combustore avrebbero richiesto ampi studi di base. Inoltre, si concluse che il peso aggiuntivo del deflettore del getto insieme alla complessa struttura della fusoliera sarebbe stato almeno pari al peso aggiuntivo di un sistema motore girevole complessivo nelle gondole e nel carrello di atterraggio necessariamente più alto.

Concetto dell’ala

Nella terza fase di sviluppo, furono esaminati diversi progetti con motori girevoli. Dopo approfondite indagini nella galleria del vento, si concluse che i requisiti per l'appalto potevano essere soddisfatti al meglio con un velivolo quadrimotore a papera. Il controllo attorno all'asse longitudinale e trasversale in volo lento poteva essere effettuato dal controllo della spinta. Ad un'altezza di 20.000 m, i quattro motori J85 previsti con una spinta totale di 77,7 kN avrebbero permesso di raggiungere il doppio della velocità del suono.
Durante la transizione per il decollo, con i motori ruotati verticalmente, doveva essere raggiunta un'altezza di 15 m entro 5,6 s. Venne quindi pianificato di raggiungere una velocità di 345 km/h dopo un totale di 20s in volo livellato supportato aerodinamicamente. La transizione all'atterraggio inverso avrebbe dovuto richiedere un totale di 39 s.

Costruzione

La fusoliera dell'aereo progettato era strutturalmente semplice e aveva una sezione trasversale in gran parte circolare con un diametro massimo di 1,10 m. Carico utile, carburante e carrello di atterraggio dovevano essere alloggiati nella fusoliera. L'uso di un cannone automatico da 25 mm 251RK della Oerlikon con 150 colpi e quattro missili aria-aria Sidewinder nelle stazioni della fusoliera era previsto come armamento standard.
Una caratteristica speciale fu l'aumento previsto della resistenza superficiale contro il rumore del motore a reazione. Fu presa in considerazione un'anima a sandwich a nido d'ape con un rivestimento esterno in acciaio; alla fine fu scelta una costruzione in metallo leggero convenzionale per motivi finanziari.
Dopo una fondamentale revisione del progetto nella seconda metà del 1958, le gondole del motore posteriore furono ampliate per includere un secondo motore. Invece del J85, avrebbe dovuto essere utilizzato l’RB.153 della Rolls-Royce.
Nel febbraio 1959, questo progetto fu denominato EWR VJ 101 A e venne ulteriormente sviluppato fino all'autunno 1959, prima di essere fuso con il VJ 101B presentato da Messerschmitt per formare il VJ 101C.

ENGLISH

The Heinkel He 231 was the name given to the design of a tail-sitter - VTOL -Jagdflugzeugs, by the West German manufacturer Heinkel in the 1950s.

History

On 2 December 1957, a tender was issued in Germany setting out the requirements for an all-weather VTOL fighter. The first concept of the Heinkel development team by designer Siegfried Günter was in the direction of a so-called "tailsitter".
Germany joined the North Atlantic Alliance in 1955, exactly ten years after the fall of Hitler's regime. As early as 1956, the German Bundesministerium der Verteidigung (new defence ministry) submitted an application for a new supersonic interceptor fighter; the following November, it added a requirement for vertical take-off and landing for the new design. In general, the characteristics of the aircraft under development were to be the same as the American F-104G fighter jet, which had been adopted by the Luftwaffe in late 1950.
According to the requirements of the Ministry of Defence of 22.04.1958, the aircraft was to have the following characteristics:
  • Operational range - 500 kilometres;
  • Tangency - 20,000 m;
  • Maximum speed - 2.5М;
  • Lifting speed at maximum height - 1.5 min;
  • Vertical take-off - 25%;
  • Armament - one small cannon and two air-to-air missiles.
After the war, most German scientists had left their jobs to go willy-nilly abroad: the absence of large orders for the development of military aircraft had made it almost impossible for the German design offices to function. Nevertheless, the development of new designs for aircraft with vertical take-off and landing was initiated by several newly created companies: 
  • the Bolkow - P-110.0, 
  • the Heinkel - He-231, 
  • Focke-Wulf Flugzeugbau GmbH - FW-860,
  • and Messerschmit AG - Me X1 -21.
All the designs submitted to the competition during take-off/landing had a vertical fuselage position, which is not surprising, since this concept had been proposed by three out of four companies during World War II and was later implemented during the creation of the SNECMA Coleopter aircraft (France), which had already been tested. 
In addition, a light and compact lift engine suitable for the design of a fighter aircraft capable of vertical take-off/landing had not yet been designed.
The first version of the "231", was an aircraft with an elongated rocket-like fuselage. On its sides were arranged transversely four wings of small elongation. The wingtips simultaneously acted as landing gear struts. During transients, stability was provided by gas rudders, which were powered by four General Electric J.85 propulsion engines.
In the nose was the cockpit, while lying, and not sitting in the cockpit was the pilot. Immediately behind the cabin was the annular air intake. 

Technical characteristics:
  • The Armament: two air-to-air missiles positioned at the wingtips and an Oerlikon X-NUMX-millimetre cannon.
  • The length of the aircraft was 10.3 metres, 
  • the wingspan - 6 metres, 
  • The empty weight of the aircraft - 4600 kg, 
  • The maximum take-off weight - 7500 kg (taking into account 500 kg of combat load).
After some time, the idea of landing the aircraft on its tail was no longer considered due to clear difficulties. In this connection, the Heinkel company began to develop a version of the aircraft with engines equipped with rotating nozzles. The lifting gear motors were the same as the General Electric J.85. This brand new aircraft had retained its predecessor's size and wing.
The new aircraft was designed according to the "duck" scheme. The engines were arranged in tandem: two in the front and two in the rear. Vertical take-off was performed from a horizontal position, thanks to four engines with nozzles deviated by 80°. The two front engines were powered through a central annular air intake (as on the MiG-21), while the rear engines had air intakes located in the wing root. Design features and weapons did not differ from the first aircraft.

Rear-start concept

Among other reasons, the considerable weight advantage was decisive for the inclusion of the rear-start concept with jet propulsion and afterburner. The engine with the best thrust-to-weight ratio and the smallest installation size at that time was the General Electric J79. But even with this engine the aircraft would have been too long for tail take-off because the centre of gravity would have been too high above the ground. The design was therefore revised using four General Electric J85 engines and significantly shorter delta wings.
The disadvantages of the rear seat were:
  • Danger of crosswind thrust during landing;
  • Poor visibility;
  • extreme angle of attack during transition which made landing difficult;
  • Overload launches were not possible without additional missiles, which would have limited the possibilities for tactical applications in particular;
  • Poor mobility on the floor;
  • Difficult loading and maintenance.

In the mid-1950s, some models (Ryan X-13 Vertijet, Lockheed XFV-1, Convair XFY-1 Pogo and SNECMA Coléoptère) were developed according to this concept, but did not go beyond the prototype stage.

First concept

In the further course of development, only drafts of aircraft taking off in a horizontal position were examined. If full thrust was to be available for both vertical and horizontal flight, the smallest possible engines were to be relied upon. The Rolls-Royce RB.108, which was actually designed for vertical take-off, was not suitable because it had no afterburner and was not designed for higher dynamic pressures.
So it was back to the J85. The resulting design called for two engines in the front and rear sections with a take-off weight of 4,950 kg. Each engine was to have a jet deflection with a constant cross-section during the transition. Control around the transverse axis was to be carried out in hover by thrust control. For control around the other two axes, bleed air from the compressor stages blown at the ends of the surface was provided.
The foreseeable problems with thrust vector control in an afterburner engine would have required extensive basic studies. Furthermore, it was concluded that the additional weight of the jet deflector together with the complex fuselage structure would be at least equal to the additional weight of an overall rotary engine system in the necessarily higher nacelles and landing gear.

Wing concept

In the third phase of development, several designs with rotary engines were examined. After extensive investigations in the wind tunnel, it was concluded that the tender requirements could best be met with a four-engine duckwing aircraft. The control around the longitudinal and transverse axis in slow flight could be done by thrust control. At an altitude of 20,000 m, the four planned J85 engines with a total thrust of 77.7 kN would have made it possible to reach twice the speed of sound.
During the take-off transition, with the engines rotated vertically, a height of 15 m was to be achieved within 5.6 s. It was then planned to reach a speed of 345 km/h after a total of 20s in aerodynamically supported level flight. The transition to the reverse landing was to take a total of 39 s.

Construction

The fuselage of the planned aircraft was structurally simple and had a largely circular cross-section with a maximum diameter of 1.10m. Payload, fuel and landing gear were to be housed in the fuselage. The use of a 25mm 251RK automatic cannon from Oerlikon with 150 rounds and four Sidewinder air-to-air missiles in the fuselage stations was planned as standard armament.
A special feature was the planned increase in surface resistance against jet engine noise. A honeycomb sandwich core with a steel outer skin was considered; in the end, a conventional light metal construction was chosen for financial reasons.
After a fundamental revision of the design in the second half of 1958, the rear engine nacelles were enlarged to include a second engine. Instead of the J85, Rolls-Royce's RB.153 was to be used.
In February 1959, this design was named the EWR VJ 101 A and was further developed until autumn 1959, before being merged with the VJ 101B submitted by Messerschmitt to form the VJ 101C.

(Web, Google, Wikipedia, Topwar, You Tube)