Blog dedicato agli appassionati di DIFESA, storia militare, sicurezza e tecnologia.
Dall'esperienza centenaria di Beretta, una piattaforma evoluta progettata per soddisfare le esigenze delle moderne Forze Militari e delle Forze dell'Ordine.
La Fabbrica d'Armi Pietro Beretta, fornitore leader di attrezzature militari, ha annunciato alla fiera DSEI di Londra 2023 il lancio della sua nuova piattaforma per fucili d'assalto (NARP).
Interamente progettato, sviluppato e prodotto in Italia, NARP è stato progettato per aumentare e potenziare cinque capacità operative chiave:
letalità,
affidabilità,
ergonomia,
modularità
e riduzione delle segnature.
Dall'evoluzione del DNA militare di Beretta, il design del nuovo prodotto è stato ispirato dalla genetica funzionale, per essere un'estensione naturale degli utenti e offrire una serie unica di funzionalità per sostenere e supportare le forze militari e di polizia che operano in ambienti complessi e ad alto rischio.
"Siamo entusiasti di lanciare la nostra nuova piattaforma di fucili d'assalto e di offrire ai nostri clienti militari un prodotto specificamente progettato per le loro esigenze", ha affermato Carlo Ferlito, CEO e GM di Beretta Italia e VP di Beretta Defense Technologies (BDT).
“Grazie alla stretta interazione con le forze d'élite, abbiamo progettato un'arma dalle prestazioni ineguagliabili, che segna un importante passo avanti nell'evoluzione non solo del reparto Difesa Beretta, ma dell'intero settore della difesa. Questo prodotto è uno strumento prezioso che può aiutare i nostri clienti a rimanere sicuri e pronti per la missione”, spiega il Sig. Ferlito.
NARP è una piattaforma unica e moderna, con un'ergonomia vicina alle piattaforme AR ma che incorpora un'azione collaudata in battaglia progettata da Beretta, che spinge i confini delle prestazioni dei prodotti. Grazie al suo peso ridotto di 3,3 kg (compreso il caricatore vuoto) e una lunghezza totale inferiore a 90 cm, il fucile d’assalto NARP si adatta a qualsiasi operatore offrendo controlli completamente ambidestri, una serie di calci telescopici, pieghevoli e pieghevoli, nonché impugnature e calci proprietari che consentono una gestione efficiente e rapida e transizioni convenienti in ogni circostanza.
Modularità e versatilità rendono il NARP un'arma in grado di adattarsi a qualsiasi scenario d'azione, compresi gli ambienti più impegnativi: telaio realizzato con materiali all'avanguardia e copertura antipolvere ne assicurano ottime prestazioni anche a temperature molto fredde o molto calde e in scenari fangosi e polverosi. Attraverso il controllo completo, il NARP offre una precisione millimetrica a qualsiasi distanza, garantendo la certezza di colpire il bersaglio e completare la missione con successo.
Presentato al DSEI 2023 in tre varianti in calibro 5,56 NATO, il NARP costituirà il primo passo di un portafoglio completamente nuovo di armi da battaglia, che include un nuovo fucile d'assalto dotato di un sistema di riduzione del flash della volata e di una migliore riduzione della firma termica. Integrato con il nuovo soppressore del suono B-Silent realizzato da Beretta, prodotto utilizzando la tecnologia di produzione additiva, il nuovo fucile riduce drasticamente la firma dei soldati aumentando così la loro sopravvivenza sul campo di battaglia, impedendo ai soldati di essere rilevati dalla vista e dall'udito.
“Con il programma NARP abbiamo investito energie e risorse nello sviluppo di una nuova piattaforma per fucili d’assalto che potesse migliorare le capacità dei soldati, come richiesto dai protocolli internazionali, e soddisfare le loro esigenze di affidabilità, precisione e modularità. Lo slogan del progetto "Eredità eterna, prestazioni senza pari" descrive perfettamente i concetti e l'impegno alla base di questo prodotto. Questo è un altro esempio di come ci impegniamo a investire nelle attrezzature più avanzate per supportare le nostre truppe sul campo di battaglia”, ha dichiarato Franco Gussalli Beretta, Presidente e Amministratore Delegato di Fabbrica d'Armi e Vice Presidente Esecutivo di Beretta Holding.
"Sono estremamente orgoglioso di ciò che abbiamo ottenuto: il NARP è stato un meraviglioso esempio di stretta collaborazione con la comunità degli utenti finali e di forte impegno da parte dell'industria per fornire capacità rivoluzionarie”, ha concluso Beretta.
L’Assault rifle “Beretta NARP” è una piattaforma unica e moderna, che incorpora soluzioni tecniche collaudate progettate da Beretta per ampliare i confini delle prestazioni dei prodotti, come canne a cambio rapido da 11,5", 14,5" e 16", semplici procedure di smontaggio sul campo e un sistema di funzionamento con pistone a gas a corsa breve con valvola del gas regolabile, pur mantenendo i controlli e l'ergonomia di tipo AR-15 per ridurre al minimo la curva di apprendimento e accelerare la familiarizzazione per quegli utenti che sono già addestrati all'uso della carabina M4 e delle sue varianti.
Grazie al suo peso ridotto di 3,3 kg (compreso il caricatore vuoto) e una lunghezza totale inferiore a 90 cm, il NARP di Beretta si adatta a qualsiasi operatore offrendo controlli completamente ambidestri, un design senza buffer che accetta calci telescopici, pieghevoli o pieghevoli e impugnature proprietarie e calci che consentono una manovrabilità efficiente e transizioni rapide e convenienti in tutte le circostanze.
Modularità e versatilità rendono il fucile d'assalto Beretta NARP adattabile a qualsiasi scenario d'azione, compresi gli ambienti più impegnativi: un telaio realizzato con materiali all'avanguardia e una solida copertura antipolvere ne assicurano ottime prestazioni anche a temperature molto fredde o molto calde e in ambienti fangosi e scenari polverosi. Attraverso un controllo completo, il Beretta NARP offre una precisione millimetrica a qualsiasi distanza, garantendo la certezza di colpire il bersaglio e completare la missione con successo.
Il nuovo New Assault Rifle Platform “NARP” in cal. 5,56x45 di Beretta trae spunto da una stretta collaborazione con alcuni reparti d’elite dell’Esercito Italiano che ha riguardato principalmente:
ergonomia,
affidabilità,
modularità,
letalità
e riduzione delle “firme” sonore e visibili.
A prima vista l’arma si rifà stilisticamente e funzionalmente agli statunitensi AR-15: grazie a questa scelta, il NARP è compatibile con l’universo degli accessori AR-15, a partire da calciature e impugnature, cosa che permette una notevole personalizzazione. La conformazione generale e 2 comandi (manetta di armamento a T e pulsante di assistenza alla chiusura), di “ispirazione AR-15; per il resto il Beretta NARP è un fucile assolutamente originale ed innovativo che si caratterizza anche per una serie di soluzioni brevettate: utilizza un sistema a sottrazione di gas con pistone a corsa corta abbinato ad un porta otturatore dotato di molla di recupero interna al corpo e otturatore rotante. Mediante la molla contenuta internamente al fusto, è possibile impiegare calciature ribaltabili opzionali. Il porta otturatore scorre internamente appoggiato sul lato sinistro su una apposita guida. I comandi risultano completamente ambidestri e collocati ergonomicamente intorno l’area del grilletto, il selettore è a 3 posizioni con arco di rotazione superiore di 180° con le usuali 3 posizioni:
sicura,
semi auto
e raffica libera.
L’astina è fornita di sgancio rapido, il gruppo pulsante di chiusura/deflettore dei bossoli amovibile dal fusto, mire pieghevoli e amovibili. L’assemblaggio ricorre a 2 semicastelli realizzati in alluminio 7075 incernierati tra loro tramite 2 perni passanti, l’astina è dotata di interfacce M-Lok per il montaggio di accessori tattici, tramite un valvola a farfalla è possibile regolazione la presa di gas su 2 posizioni (condizioni normali, oppure con montaggio di moderatore di suono), tale valvola è raggiungibile attraverso 2 ampie finestre laterali (nelle versioni con canna da 14 pollici ed oltre). Con la rimozione dell’astina si accede al gas piston facilmente smontabile senza attrezzi, la canna è stretta al fusto attraverso viti laterali: è una soluzione priva di sgancio rapido ma risulta comunque facilmente sostituibile anche sul campo. Il Beretta NARP utilizza un silenziatore Beretta B-Silent: realizzato, mediante stampa 3D, nella lega leggera Inconel 718, e ha un disegno interno studiato per la riduzione dei gas di ritorno (back pressure).
La Beretta ha disegnato uno spegni fiamma a 3 rebbi, dotato di aggancio rapido per il moderatore. L’arma, che nasce in 5,56x45, ma è prevista anche nei calibri come il 7,62x51 NATO ed il 6,5 Creedmoor.
Sono disponibili canne di varie lunghezze:
7 pollici per la versione PDW/CQB (quest’ultima disponibile anche in calibro .300 AAC Blackout, cioè 7,62x35),
11 pollici CQB/SBR-Short Barrel Rifle, per i “classici” 14-14,5 pollici della variante CARBINE,
i 16 pollici dello IAR (Infantry Automatic Rifle),
18 pollici della variante S-DMR (Sniper-Designated Marksman Rifle).
Con canna da 14,5 pollici (368 mm) e calciolo estensibile (non pieghevole) misura 806 mm con calcio retratto e 888 mm con calcio esteso, mentre il peso (compreso il caricatore vuoto), è di 3.300 g: l’arma ha una cadenza di tiro indicata di 700 colpi/minuto.
Ripensare la guerra, e il suo posto
nella cultura politica europea contemporanea,
è il solo modo per non trovarsi di nuovo davanti
a un disegno spezzato
senza nessuna strategia
per poterlo ricostruire su basi più solide e più universali.
Se c’è una cosa che gli ultimi eventi ci stanno insegnando
è che non bisogna arrendersi mai,
che la difesa della propria libertà
ha un costo
ma è il presupposto per perseguire ogni sogno,
ogni speranza, ogni scopo,
che le cose per cui vale la pena di vivere
sono le stesse per cui vale la pena di morire.
Si può scegliere di vivere da servi su questa terra, ma un popolo esiste in quanto libero,
in quanto capace di autodeterminarsi,
vive finché è capace di lottare per la propria libertà:
altrimenti cessa di esistere come popolo.
Qualcuno è convinto che coloro che seguono questo blog sono dei semplici guerrafondai!
Nulla di più errato.
Quelli che, come noi, conoscono le immense potenzialità distruttive dei moderni armamenti
sono i primi assertori della "PACE".
Quelli come noi mettono in campo le più avanzate competenze e conoscenze
per assicurare il massimo della protezione dei cittadini e dei territori:
SEMPRE!
….Gli attuali eventi storici ci devono insegnare che, se vuoi vivere in pace,
devi essere sempre pronto a difendere la tua Libertà….
La difesa è per noi rilevante
poiché essa è la precondizione per la libertà e il benessere sociale.
Dopo alcuni decenni di “pace”,
alcuni si sono abituati a darla per scontata:
una sorta di dono divino e non,
un bene pagato a carissimo prezzo dopo innumerevoli devastanti conflitti.…
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L’ing. Roberto Longhi era uno dei più importanti progettisti di aerei delle Officine Reggiane; in una missiva alla rivista JP4 del maggio 1976, confermò che il Maggiore della Regia Aeronautica Antonio Ferri gli aveva chiesto di studiare un'opzione rimotorizzata del favoloso Reggiane Re.2005: l’intento era quello di installare un motore Fiat A.20 supplementare dietro la cabina di pilotaggio, azionando un compressore, al fine di migliorare la potenza del motore principale Daimler-Benz DB 605, dando all'aereo una velocità di 750Km/h oltre gli 8.000 metri di quota. Si prevedeva inoltre di utilizzare uno scarico in coda per ottenere maggiore spinta, creando di fatto un motogetto: la proposta venne subito archiviata come "Re.2005 R" dalla Regia Aeronautica. Rimase solo un progetto cartaceo, in quanto, secondo Longhi, il velivolo avrebbe avuto problemi con il baricentro.
Un possibile metodo di propulsione alternativo al motogetto era quello di acquisire in Germania motori a turbogetto: nonostante le richieste di Antonio Alessio e del conte Giovanni Battista Caproni, i tedeschi consegnarono alle Reggiane solo un modello in legno per i test dimensionali. I lavori sul velivolo iniziarono nell'ottobre del 1943 sotto la direzione dell'ingegner Roberto Longhi e l'aereo fu progettato per l’utilizzo dei turboreattori tedeschi Junkers Jumo 004B.
Un esemplare del turboreattore Jumo 004B conservato nel Museo di Vigna di Valle (RM).
All'inizio del 1944 la fusoliera dell'aereo era già pronta e si prevedeva la consegna dei primi due motori dalla Germania.
IL MOTORE turbogetto Junkers Jumo 004
Il turbogetto Junkers Jumo 004 è stato il primo motore turbogetto di produzione al mondo operativo e il primo motore turbogetto con compressore assiale di successo.
Circa 8.000 unità furono prodotte dalla Junkers in Germania alla fine della seconda guerra mondiale, equipaggiando il caccia Messerschmitt Me 262 e il bombardiere/ricognitore Arado Ar 234, insieme a vari prototipi, tra cui l'Horten Ho 229. Varianti e copie del motore furono prodotte nell'Europa dell'Est e nell'URSS per diversi anni dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale.
La fattibilità della propulsione a reazione era stata dimostrata in Germania all'inizio del 1937 da Hans von Ohain in collaborazione con la società Heinkel. Il Ministero dell'Aeronautica del Reich (RLM) rimase disinteressato, ma Helmut Schelp e Hans Mauch videro il potenziale del concetto e incoraggiarono i produttori tedeschi di motori aeronautici ad avviare i propri programmi di sviluppo di motori a reazione. Le aziende erano rimaste scettiche e vennero apportati pochi nuovi sviluppi.
Nel 1939 Schelp e Mauch visitarono le aziende per verificare i progressi. Otto Mader, capo della divisione Junkers Motorenwerke (Jumo) della grande azienda aeronautica Junkers, affermò che anche se il concetto era utile, non aveva nessuno che potesse lavorarci sopra. Schelp rispose affermando che il dottor Anselm Franz, allora responsabile dello sviluppo del turbo e del compressore Junkers, sarebbe stato perfetto per il lavoro. Franz iniziò il suo team di sviluppo più tardi quell'anno e al progetto fu assegnata la designazione RLM 109-004 (il prefisso 109- assegnato dall'RLM era comune a tutti i progetti di motori a reazione nella Seconda Guerra Mondiale in Germania, inclusi Progetti di motori a razzo tedeschi della Seconda Guerra Mondiale per aerei con equipaggio).
Franz aveva optato per un design che fosse allo stesso tempo conservatore e rivoluzionario. Il suo progetto differiva da quello di von Ohain in quanto utilizzava un nuovo tipo di compressore che consentiva un flusso d'aria continuo e diretto attraverso il motore (un compressore assiale), sviluppato dall'Aerodynamische Versuchsanstalt (AVA - Istituto di ricerca aerodinamica) a Göttingen. Il compressore a flusso assiale non solo aveva prestazioni eccellenti, con un'efficienza pari a circa il 78% in condizioni del "mondo reale", ma aveva anche una sezione trasversale più piccola, importante per gli aerei ad alta velocità. Il vecchio assistente del Dr. Bruno Bruckman nel programma del motore a reazione, il Dr. Österich, lo sostituì a Berlino e scelse il design a flusso assiale, a causa del suo diametro più piccolo: era 10 cm (3,9 pollici) in meno rispetto alla BMW 003 a flusso assiale concorrente.
D'altra parte, mirava a produrre un motore che fosse molto al di sotto del suo potenziale teorico, nell'interesse di accelerare lo sviluppo e semplificare la produzione. Una decisione importante fu quella di optare per una zona di combustione semplice utilizzando sei "vasi di fiamma", invece del più efficiente singolo vaso anulare. Per gli stessi motivi collaborò intensamente allo sviluppo della turbina del motore con la Allgemeine Elektrizitäts-Gesellschaft (General Electric Company, AEG) di Berlino, e invece di costruire motori di sviluppo, decise di iniziare immediatamente a lavorare sul prototipo di un motore che potesse essere messo direttamente in produzione. L'approccio conservatore di Franz venne messo in discussione dall'RLM, ma fu confermato quando, nonostante i problemi di sviluppo che avrebbe dovuto affrontare, lo 004 entrò in produzione e in servizio ben prima della BMW 003, il suo concorrente tecnologicamente più avanzato ma leggermente inferiore di spinta (7,83 kN /1.760 libbre).
A Kolbermoor, sede degli stabilimenti di motori Heinkel - Hirth, la Missione Fedden del dopoguerra, guidata da Sir Roy Fedden, scoprì che la produzione di motori a reazione era più semplice e richiedeva manodopera meno qualificata e attrezzature meno sofisticate rispetto alla produzione di motori a pistoni; infatti, la maggior parte della produzione di pale cave per turbine e di lamiere su getti potrebbe essere eseguita mediante utensili utilizzati nella realizzazione di pannelli di carrozzeria di automobili. Lo stesso Fedden aveva criticato il fissaggio dell'involucro del compressore dello 004, che era in due metà, imbullonate alle semi-sezioni dei gruppi statore.
Il primo prototipo 004A, che utilizzava gasolio, fu testato per la prima volta nell'ottobre 1940, sebbene senza ugello di scarico. Fu testato al banco alla fine di gennaio 1941 per una spinta massima di 430 kgf (4.200 N; 950 lbf), e il lavoro continuò per aumentare la spinta, il contratto RLM aveva fissato un minimo di 600 kgf (5.900 N; 1.300 lbf) spinta.
Problemi di vibrazione con gli statori del compressore, originariamente a sbalzo dall'esterno, avevano ritardato il programma a questo punto. Max Bentele, in qualità di ingegnere consulente del Ministero dell'Aeronautica con esperienza nelle vibrazioni dei turbocompressori, contribuì a risolvere il problema. Gli statori originali in alluminio furono sostituiti con quelli in acciaio nella cui configurazione il motore sviluppò 5,9 kN (1.300 lbf) in agosto e superò una corsa di resistenza di 10 ore a 9,8 kN (2.200 lbf) in dicembre. Il primo test di volo ebbe luogo il 15 marzo 1942, quando uno 004A fu trasportato in volo da un Messerschmitt Bf 110 per accendere il motore in volo. Lo 004 utilizzava un compressore a flusso assiale a otto stadi, con sei camere di combustione diritte (in lamiera d'acciaio) e turbina monostadio con pale cave.
Il 18 luglio uno dei prototipi del Messerschmitt Me 262 volò per la prima volta con la potenza del jet dei suoi motori 004, e lo 004 entrò in produzione con un ordine da parte della RLM per 80 motori.
I motori 004A iniziali costruiti per alimentare i prototipi Me 262 erano stati costruiti senza restrizioni sui materiali e utilizzavano materie prime scarse come nichel, cobalto e molibdeno in quantità inaccettabili nella produzione. Franz si rese conto che il Jumo 004 avrebbe dovuto essere riprogettato per incorporare un minimo di questi materiali strategici, e ciò fu realizzato. Tutte le parti metalliche calde, inclusa la camera di combustione, sono state trasformate in acciaio dolce protetto da un rivestimento in alluminio, e le pale cave della turbina sono state prodotte in lega Cromadur piegata e saldata (12% cromo, 18% manganese e 70% ferro) sviluppata di Krupp, e raffreddato dall'aria compressa "spurgata" dal compressore. La durata operativa del motore è stata ridotta, ma il lato positivo è che è diventato più facile da costruire. I motori di produzione avevano un involucro in magnesio fuso in due metà, su una delle quali erano imbullonate le mezze sezioni dei gruppi statore. I quattro statori anteriori erano costruiti con lame in lega di acciaio saldate al supporto; i cinque posteriori erano in lamiera d'acciaio pressata, piegata sul supporto e saldata. Le pale del compressore in lega di acciaio si incastravano nelle fessure del disco del compressore e venivano fissate mediante piccole viti. Il compressore stesso era montato su un albero in acciaio con dodici viti di fissaggio. Jumo ha provato una varietà di pale del compressore, iniziando con acciaio massiccio, successivamente con lamiera cava, saldate sul cono, con le loro radici montate su perni romboidali sulla ruota della turbina, alla quale sono state fissate e brasate.
Una caratteristica interessante dello 004 era il motorino di avviamento, progettato dall'ingegnere tedesco Norbert Riedel, che consisteva in un motore piatto a 2 tempi da 10 CV (7,5 kW) dietro il muso di aspirazione. Un foro nella parte anteriore del cono dava accesso a un avviamento manuale in caso di guasto del motorino di avviamento elettrico. Nel perimetro superiore della sede in lamiera della presa anulare sono stati ricavati due piccoli serbatoi di miscelazione benzina/olio per l'alimentazione del motorino di avviamento. Il Riedel fu utilizzato anche per avviare il motore BMW 003 concorrente e per il design più avanzato del compressore HeS 011 a "flusso misto" di Heinkel.
Il primo modello di produzione dello 004B pesava 100 kg (220 libbre) in meno dello 004A e nel 1943 aveva superato diversi test di 100 ore, con un intervallo tra le revisioni di 50 ore.
Più tardi, nel 1943, la versione 004B subì guasti alle pale della turbina che non furono compresi dal team Junkers. Si erano concentrati su aree quali difetti dei materiali, dimensione dei grani e rugosità superficiale. Alla fine, a dicembre, lo specialista in vibrazioni delle pale Max Bentele fu nuovamente coinvolto in un incontro presso la sede della RLM. Aveva capito che i guasti erano causati dal fatto che una delle frequenze naturali delle pale si trovava nell'intervallo di funzionamento del motore. La sua soluzione fu quella di aumentare la frequenza, aumentando la conicità delle pale e accorciandole di 1 millimetro, e di ridurre il regime di funzionamento del motore da 9.000 a 8.700 giri al minuto.
Fu solo all’inizio del 1944 che poté finalmente iniziare la produzione completa. Questo tipo di sfide di dettaglio ingegneristico per la serie 109-004 di progetti di motori a reazione, costituirono le battute d'arresto che furono il fattore principale che ritardò l'introduzione del Me 262 da parte della Luftwaffe nel servizio di squadriglia.
Considerati gli acciai di qualità inferiore utilizzati nello 004B, questi motori avevano una durata di servizio di sole 10-25 ore, forse il doppio nelle mani di un pilota attento. Un altro difetto del motore, comune a tutti i primi turboreattori, era la lenta risposta dell'acceleratore. Peggio ancora, troppo carburante potrebbe essere iniettato nelle camere di combustione spostando l'acceleratore troppo rapidamente, provocando un aumento eccessivo della temperatura prima che il flusso d'aria aumenti per adattarsi all'aumento del carburante. Ciò surriscaldava le pale della turbina e fu una delle principali cause di guasti al motore. Tuttavia, per la prima volta aveva reso la potenza dei jet per gli aerei da combattimento una realtà.
L'area di scarico del motore utilizzava un ugello a geometria variabile noto come ugello a spina. La spina era soprannominata Zwiebel (tedesco per cipolla, a causa della sua forma vista di lato). Il tappo era spostato di circa 40 cm (16 pollici) avanti e indietro, utilizzando un pignone e cremagliera alimentato da un motore elettrico, per modificare l'area della sezione trasversale dello scarico per il controllo della spinta.
Il Jumo 004 poteva funzionare con tre tipi di carburante:
J-2, il suo carburante standard, un carburante sintetico prodotto dal carbone;
Diesel;
Benzina per aviazione; non considerato desiderabile a causa del suo alto tasso di consumo.
Con un costo di 10.000 RM per i materiali, lo Jumo 004 si era rivelato anche un po' più economico della BMW 003 concorrente, che era RM 12.000, e più economico del motore a pistoni Junkers 213, che era RM 35.000. Inoltre, i jet utilizzavano manodopera meno qualificata e richiedevano solo 375 ore per essere completati (inclusi produzione, assemblaggio e spedizione), rispetto alle 1.400 del BMW 801.
La produzione e la manutenzione dello 004 venivano effettuate presso lo stabilimento Junkers di Magdeburgo, sotto la supervisione di Otto Hartkopf. I motori completati si guadagnarono la reputazione di inaffidabilità; il tempo tra le revisioni principali (non tecnicamente un tempo tra le revisioni) era compreso tra trenta e cinquanta ore, e potrebbe essere stato fino a dieci, sebbene un pilota esperto potesse raddoppiare l'intervallo. (I BMW 003 concorrenti erano circa cinquanta.) e pale di turbine danneggiate dagli elevati carichi termodinamici. I tedeschi erano noti per utilizzare gabbie emisferiche con struttura metallica appositamente progettate e/o coperture circolari piatte sopra le prese per impedire l'ingestione di corpi estranei nelle prese dei motori a reazione degli aerei mentre erano a terra. La vita del compressore e delle pale della turbina potrebbe essere prolungata riequilibrando i rotori durante la manutenzione ordinaria; anche il motore di avviamento a due tempi Riedel e il regolatore del turbogetto verrebbero esaminati e sostituiti secondo necessità. I combustori richiedevano manutenzione ogni venti ore e sostituzione ogni 200.
Furono costruiti tra i 5.000 e gli 8.000 004; alla fine della seconda guerra mondiale la produzione era pari a 1.500 al mese. La Missione Fedden, guidata da Sir Roy Fedden, stimò che la produzione totale di motori a reazione del dopoguerra entro la metà del 1946 avrebbe potuto raggiungere le 100.000 unità all'anno, o più.
Dopo la seconda guerra mondiale, i motori Jumo 004 furono costruiti in piccolo numero a Malešice in Cecoslovacchia, designati Avia Avia M-04, per alimentare l'Avia S-92 che era a sua volta una copia del Me 262. Furono costruite anche copie Jumo 004 migliorate Unione Sovietica come Klimov RD-10, dove alimentavano lo Yakovlev Yak-15 e molti prototipi di caccia a reazione.
In Francia, gli 004 catturati alimentavano il Sud-Ouest SO 6000 Triton e l' Arsenal VG-70.
L’INTERVENTO DEL CAPO MECCANICO LUFTWAFFE Hauptmann Bohm
Ci volle l'intervento del capo-meccanico della Luftwaffe della Reggiane Hauptmann Bohm per accelerare l'invio dei motori. Si decise di trasferire entrambi i motori tramite la società Caproni, dove furono trasferiti nell'ottobre 1944 (precisamente nello stabilimento della società di Taliedo). Tuttavia, l'invasione dell'Italia da parte delle truppe americane impedì alla Reggiane di ricevere questi motori e i lavori sul caccia non furono mai completati. Successivamente, parti dell'aereo ed entrambi i motori furono portati negli Stati Uniti.
Nel dopoguerra l’ing. Longhi tentò di sperimentare due motori Junkers Jumo 004 rimasti all'aeroporto di Udine dopo la sconfitta tedesca. Questi preziosissimi motori a reazione furono consegnati all'Italia nel 1945 come pezzi di ricambio per un volo di ricognizione ad alta velocità della Luftwaffe, equipaggiato con tre Arado Ar 234 Blitz, quando i quasi impossibili da intercettare aerei bireattore tedeschi parteciparono alla campagna d'Italia. Sfortunatamente per i progettisti della Reggiane, i motori furono acquistati da Angelo Ambrosini, un altro produttore di aerei italiano.
Alcuni disegni Re.2007 furono realizzati nel dopoguerra dal progettista di aeroplani Pellizzola. Questi disegni erano ricostruzioni speculative derivate dalla descrizione di un ingegnere reggiano. I disegni raffiguravano l'aereo come un caccia a reazione avanzato, completo di ali a freccia futuristiche (per il 1943), che divennero comuni sugli aerei da combattimento solo negli anni '50, sebbene i tedeschi le avessero usate sia sul jet Me 262 che sul Me 163.
Voci di una cellula parzialmente costruita con schizzi tecnici, inviati sia nel Regno Unito che negli Stati Uniti per studi, furono pubblicate in alcuni libri e riviste italiani, ma sono ora considerate altamente improbabili. La maggior parte degli studiosi moderni ora ritiene che il Re.2007 non sia stato un vero progetto; essendo invece semplicemente una sorta di "fantasma", messo insieme da vari progetti con un ricordo errato.
IL PROGETTISTA DELLA REGGIANE, L’ing. ROBERTO LONGHI
Roberto Guiscardo Longhi (Nembro, 21 dicembre 1909 – New Jersey, 1º dicembre 1994) è stato un ingegnere aeronautico italiano.
Formatosi come ingegnere aeronautico negli Stati Uniti d'America ricoprì la carica di Capo progettista presso gli stabilimenti Reggiane di Reggio Emilia, realizzando alcuni tra i migliori caccia italiani della seconda guerra mondiale.
Nato a Nembro in provincia di Bergamo il 21 dicembre 1909, ottenne la laurea in ingegneria meccanica al Politecnico di Milano. Iniziò a lavorare nel settore della navigazione marittima, operando presso alcune compagnie, ma nel 1926 si trasferì negli USA. Dopo una prima esperienza lavorativa presso la ditta di costruzioni aeronautiche Bellanca Aircraft Corporation si trasferì alla Curtiss-Wright Corporation dove si occupò di propulsori aeronautici. Nel 1929 partecipò attivamente alla messa a punto dell'aereo da primato FT-9 realizzato da George Fernic. Poco tempo dopo essersi trasferito alla Uppercu-Burnelli Airplane Co. decise di impiegare tutti i propri risparmi per acquisire la ditta aeronautica Pacer Aircraft Corporation, di Perth Amboy (New Jersey). Nel 1931 presentò il prototipo di un velivolo da caccia che portava lo stesso nome della ditta ad un concorso indetto dall'United States Army Air Corps, ma non ottenne alcun ordine. Ritornato a lavorare per la Uppercu-Burnelli Airplane Co. con la qualifica di Sovraintendente al Reparto Esperienze vi rimase fino al dicembre 1935, quando si prese un periodo di aspettativa per motivi di salute e rientrò in Italia, stabilendosi a Bergamo in casa della madre e del fratello. Nella seconda metà del 1936 ottenne un colloquio di lavoro con l'ingegner Gianni Caproni, presidente dell'omologa ditta di costruzioni aeronautiche, ma prima ne fece uno, casualmente, con l'ingegner Celestino Rosatelli, direttore tecnico di uno dei due uffici di progettazione della Fiat Aviazione.
Sia il primo che il secondo lo invitarono ad andare a lavorare presso le loro aziende, ed egli accettò l'invito di Caproni, venendo assegnato per alcuni mesi all'ufficio tecnico della Caproni Aeronautica Bergamasca diretto dall'ingegnere Cesare Pallavicino. La C.A.B. era allora impegnata nella messa a punto del velivolo da assalto Caproni A.P.1, che stava dando molti problemi. Richiesto il visto di espatrio per ritornare negli Stati Uniti dove si trovava sua moglie, visto che la sua concessione tardava ad arrivare, il Conte Caproni gli chiese se poteva collaborare alla messa a punto dei velivoli Caproni Ca.405 Procellaria progettati dall'ingegner Giovanni Pegna, e destinati a partecipare al raid aereo Istres-Damasco-Parigi. Gli aerei non vennero mai messi a punto, e ciò unito alla scarsa potenza erogata dai motori Isotta Fraschini Asso XI RC.40 fece sì che i due Procellaria non prendessero parte alla competizione.
Nell'aprile 1937, si licenziò dalla Caproni e ritornò negli Stati Uniti riprendendo il lavoro presso la Uppercu-Burnelli Airplane Co. di Keyport, come Direttore del Settore Esperienze.
Nel luglio 1937 suggerì, con uno scambio di lettere, all'ingegner Caproni di acquistare la licenza di produzione di uno dei due caccia americani più avanzati, il Curtiss P-36 Hawk o il Seversky P-35, ma nessuna delle due operazioni poté essere conclusa.
Nel novembre del 1937 arrivò a New York con il transatlantico Rex l'ingegnere Antonio Alessio, vicedirettore generale della Reggiane, cui seguì l'arrivo dell'ingegnere Fidia Piattelli, vicecapo dell'Ufficio tecnico degli Studi e Brevetti Caproni. L'ingegner Alessio gli propose di ritornare in Italia e di realizzare un moderno velivolo da caccia monoplano interamente costruito in metallo, garantendogli che avrebbe potuto formare un proprio ufficio progetti, formalmente indipendente da quello di Pegna.
Rientrato in Patria nel febbraio 1938 assunse immediatamente la carica di Capo Officina Sperimentale preso lo stabilimento Reggiane di Reggio Emilia, ed iniziò a lavorare sul progetto di un nuovo caccia monoplano denominato Reggiane Re.2000. Subito iniziarono i primi problemi, in quanto sia il Dural che l'Alclad, due leghe leggere utilizzate per il P-35, non erano disponibili in Italia, e si dovette realizzarne un derivato autarchico denominato Chitonal, presso gli stabilimenti Montecatini. Per il propulsore si ricorse al nuovo Piaggio P.XI RC.40 che doveva erogare la potenza di 1.000 hp. Il prototipo volò per la prima volta il 24 maggio 1939 nelle mani del collaudatore Mario De Bernardi. Il 24 settembre 1939 fu promosso Capo fabbrica costruzioni speciali, e il 1º maggio 1941 Ispettore tecnico, due cariche create ad arte per non irritare l'ingegner Pegna.
A questo primo velivolo seguirono il caccia Reggiane Re.2001 con propulsore Daimler-Benz DB 601, il cacciabombardiere Reggiane Re.2002, il ricognitore Reggiane Re.2003, il caccia Reggiane Re.2005 Sagittario con propulsore Daimler-Benz DB 605, e il prototipo del caccia Reggiane Re.2006 equipaggiato con il potente propulsore Daimler-Benz DB 603 da 1.750 hp.
Questi furono tra i più significativi caccia e cacciabombardieri nelle linee della Regia Aeronautica. In special modo è ricordato il Reggiane Re.2005 Sagittario che vantava delle linee aerodinamiche estremamente eleganti e che fu definito il più bello tra i velivoli militari italiani di quel periodo. Allo stadio progettuale rimasero il caccia Reggiane Re.2004 equipaggiato con il propulsore Isotta Fraschini Zeta e il velivolo da trasporto Reggiane Ca.8000.
Durante il corso della seconda guerra mondiale Longhi curò anche la produzione su licenza del velivolo da bombardamento Savoia-Marchetti S.79 Sparviero e di alcuni tipi di propulsori Fiat e Piaggio, ma diede l'avvio anche ad un proprio programma di produzione di motori che culminò negli sperimentali Reggiane RE 103 e RE 105, suo derivato.
Alla fine del conflitto ritornò negli Stati Uniti collaborando fino alla morte con la famiglia Srybnik nella società S&S Machinery Corp. di New York, specializzata nel commercio di macchine utensili, diventandone l'indiscusso opinion leader a livello mondiale tra il 1950 e il 1980. Si spense nel New Jersey il 1º dicembre 1994.
STORIA DEL PROGETTO Re-2007 / 2008
Come già in precedenza evidenziato, i disegni relativi al Re.2007 furono realizzati solo nel dopoguerra e non ebbero nessun seguito produttivo.
In particolare i disegni di Pellizzola erano fondati su di una ricostruzione fantasiosa, fondata su una breve descrizione. Comunque l'ala a freccia era già stata sperimentata sul primo prototipo del Messerschmitt 262 nel 1941
L'idea che l'apparecchio fosse allestito in parte e che le sezioni completate ed i disegni tecnici fossero inviati per studio, al termine della guerra, nel Regno Unito e negli Stati Uniti, pubblicata nella traduzione italiana di Storia della seconda guerra mondiale, è da dimostrare. Tuttavia è notevole la somiglianza dei disegni del Reggiane 2007 con il Sabre americano e con il Mig 15 sovietico degli anni 50.
IL PRIMO DOPOGUERRA ITALIANO
Subito dopo la guerra gli appassionati di aviazione italiani sapevano dell'esistenza del Re.2007 e del suo aspetto. Una vista prospettica, così come pubblicata sulla rivista "L'Ala" del febbraio 1948. In realtà la prima menzione di questo progetto proviene da una relazione scritta dall'Ing. Alessio, direttore generale delle Reggiane, alla fine del 1945, descrivendo i progetti che erano a buon punto: questo in particolare era un trasporto postale e sei passeggeri. Alessio lo descrisse come un derivato del Re.2005, ma in realtà derivava dal Re.2000 e aveva un motore radiale. Lo stesso articolo su L'Ala descriveva anche un Re.2008 come un racer derivato dal Re.2005). Alessio non ha menzionato questo ma ha invece parlato di un aereo postale monomotore e con un solo equipaggio, derivato in modo simile dall'R.2005. In realtà si trattava di un semplice derivato del Re.2000 con un radiale P&W o Wright da 1500 Hp raffreddato ad acqua. Alessio ha descritto un terzo progetto, un idrovolante transatlantico, ovvero il Ca.8000.
Riassumendo: il direttore generale delle Reggiane ha confermato di avere in progetto un corriere postale e passeggeri e un grande trasporto. Al secondo velivolo la rivista “L’Ala" ha attribuito la sigla Re.2007 (probabilmente su suggerimento di Alessio) e all’altro la sigla Re.2008.
Questo scenario durò fino ai primi anni '60, quando le Officine Reggiane abbandonarono l'attività aeronautica e la questione divenne sempre più di solo interesse storico.
Intorno al 1963 cominciò a circolare sulla stampa britannica la notizia di un prototipo a reazione quasi completato durante l'ultimo mese di guerra dalla Reggiane. Prima esisteva uno schizzo prospettico approssimativo e poi, nel 1965 apparve una sistemazione interna vista di lato e contemporaneamente dell'Ing. Roberto Longhi, ex capo progettista della Reggiane e poi attivo negli Stati Uniti nel settore della manutenzione, forniture e ricambi di aerei.
Nelle sue lettere, Longhi disse di aver iniziato alla fine del 1943 un progetto per il Re.2007, un caccia ad ala spazzata, alimentato da un turboreattore Jumo 004, costruito utilizzando la parte migliore del secondo prototipo del Re.2006. Continuò descrivendo i profili alari e altri dati tecnici. Inoltre, fornì dettagli: il prototipo era in costruzione in un disperso sito reggiano (forse Correggio): nell'ottobre 1944 era completo al 70%, e che fu trasferito a Ponte San Pietro (vicino a Bergamo, dove si trovavano l'Ufficio Progetti, Ufficio Tecnico delle Officine Reggiane). Il trasferimento era avvenuto tramite un autocarro e aveva interessato sia il Re.2007 che il primo prototipo del Re.2006. Poco prima di entrare nello stabilimento di Ponte San Pietro, lo stesso conte Caproni aveva telefonato all’Ing. Longhi ordinandogli di inviare i due prototipi a Taliedo, vicino Milano. I due prototipi ed i relativi progetti costruttivi andarono perduti nel bombardamento di Taliedo e nel saccheggio degli ultimi giorni di guerra. Inoltre, la Reggiane aveva richiesto ufficialmente alla Junkers due Jumo 004 da utilizzare nel Re.2007, ed aveva la lettera di Longhi al conte Caproni datata 7 gennaio 1944 che gli ricordava un precedente accordo verbale in tal senso. Inoltre, in una lettera successiva, Longhi disse che durante il 1947 e il 1948, quando negli Stati Uniti, lavorò ulteriormente sul concetto Re.2007 e progettò un aereo più avanzato, utilizzando anche la regola delle aree chiamandolo Re.2008. Questo velivolo era stato presentato nel giugno 1949 all'Aeronautica Militare italiana, dopo un primo incontro con Valletta, direttore generale del Gruppo FIAT, che lo informò del disinteresse dell'Aeronautica Militare o del Ministero per progetti avanzati (nel frattempo la FIAT stava costruendo in quel mese il primo prototipo del G-80....). Il risultato fu scoraggiante e Longhi dichiarò di aver deciso di tornare negli Stati Uniti.
Nel 1968 la rivista “Interconair Aviazione & Marina” pubblicò il primo studio del dopoguerra sul caccia Reggiane. Piero Prato, l'autore, aveva cercato di districare tutte le informazioni che presumeva di avere e aveva stabilito una nuova nomenclatura dei progetti tardivi delle Reggiane. Durante la ricerca fu scoperta una tripla vista del prototipo del Re.2006:
Re.2006, derivato del Re.2005 con DB.603 e radiatori nelle ali;
Re.2006P, derivato per il trasporto della posta con un liquido radiale raffreddato, destinato al dopoguerra;
Re.2006PP, derivato per il trasporto postale di passeggeri con radiale raffreddato a liquido e fusoliera più grande, destinato all'uso del dopoguerra;
Re.2006C, derivato orientato alle corse, destinato alla corsa transcontinentale Bendix del dopoguerra guerra;
Re.2007, caccia Jumo 004;
Re.2008, motore non specificato Evoluzione Re.2007, 1948 circa.
La ricostruzione sembrava avere senso, e si sapeva che nell'immediato dopoguerra alcuni esemplari di turboreattori Jumo 004 si trovavano in Italia. Longhi in una delle sue lettere racconta che tra la fine del 1945 e l'inizio del 1946 venne contattato da due trafficanti tedeschi che gli offrirono due Jumo.
Anche i redattori e gli editori della grande collana "Profili" acquisirono la storia e misero in stampa un profilo dedicato al Re2007.
Il Re.2008 era una proposta di ulteriore sviluppo del Re.2007 con un'apertura alare a freccia di 33°.
Ripensare la guerra, e il suo posto
nella cultura politica europea contemporanea,
è il solo modo per non trovarsi di nuovo davanti
a un disegno spezzato
senza nessuna strategia
per poterlo ricostruire su basi più solide e più universali.
Se c’è una cosa che gli ultimi eventi ci stanno insegnando
è che non bisogna arrendersi mai,
che la difesa della propria libertà
ha un costo
ma è il presupposto per perseguire ogni sogno,
ogni speranza, ogni scopo,
che le cose per cui vale la pena di vivere
sono le stesse per cui vale la pena di morire.
Si può scegliere di vivere da servi su questa terra, ma un popolo esiste in quanto libero,
in quanto capace di autodeterminarsi,
vive finché è capace di lottare per la propria libertà:
altrimenti cessa di esistere come popolo.
Qualcuno è convinto che coloro che seguono questo blog sono dei semplici guerrafondai!
Nulla di più errato.
Quelli che, come noi, conoscono le immense potenzialità distruttive dei moderni armamenti
sono i primi assertori della "PACE".
Quelli come noi mettono in campo le più avanzate competenze e conoscenze
per assicurare il massimo della protezione dei cittadini e dei territori:
SEMPRE!
….Gli attuali eventi storici ci devono insegnare che, se vuoi vivere in pace,
devi essere sempre pronto a difendere la tua Libertà….
La difesa è per noi rilevante
poiché essa è la precondizione per la libertà e il benessere sociale.
Dopo alcuni decenni di “pace”,
alcuni si sono abituati a darla per scontata:
una sorta di dono divino e non,
un bene pagato a carissimo prezzo dopo innumerevoli devastanti conflitti.…
…Vorrei preservare la mia identità,
difendere la mia cultura,
conservare le mie tradizioni.
L’importante non è che accanto a me
ci sia un tripudio di fari,
ma che io faccia la mia parte,
donando quello che ho ricevuto dai miei AVI,
fiamma modesta ma utile a trasmettere speranza
ai popoli che difendono la propria Patria!
Signore, apri i nostri cuori
affinché siano spezzate le catene
della violenza e dell’odio,
e finalmente il male sia vinto dal bene…
(Fonti: https://svppbellum.blogspot.com/, Web, Google, secretprojects.co.uk, Wikipedia, You Tube)