lunedì 31 luglio 2023

Il Supersonic Low-Altitude Missile, o SLAM è un progetto relativo ad un missile da crociera spinto da uno statoreattore a propulsione nucleare.






https://svppbellum.blogspot.com/

Blog dedicato agli appassionati di DIFESA, storia militare, sicurezza e tecnologia.




Il Supersonic Low-Altitude Missile, o SLAM (da non confondere con lo Standoff Land Attack Missile) è il progetto relativo ad un missile da crociera spinto da uno statoreattore a propulsione nucleare, frutto di un requisito emesso dalla United States Air Force nella seconda metà degli anni cinquanta. Tuttavia, questo sistema d'arma non fu mai realizzato: infatti, furono condotte solo alcune prove (peraltro riuscite) dell'impianto propulsivo prima che il programma venisse cancellato, nel 1964.
Negli Stati Uniti, gli studi relativi all'utilizzo dell'energia nucleare come fonte di propulsione iniziarono nel 1946. Tuttavia, fu a partire dagli anni cinquanta che si iniziò a credere alla possibilità di realizzare statoreattori a propulsione nucleare, che avrebbero avuto un'autonomia praticamente illimitata. Quindi, nel novembre 1955, lo United States Office of Strategic Development incaricò la Commissione per l'energia atomica degli Stati Uniti di studiare la fattibilità di questa soluzione.
Nell'ottobre 1956, l'USAF emise il requisito SR-149 (System Requirement 149), relativo allo sviluppo di un missile da crociera a propulsione nucleare. Gli studi vennero condotti prima nell'ambito del programma ANP, e successivamente dal Lawrence Berkeley National Laboratory. Tali studi sancirono in sostanza la fattibilità tecnica di un sistema di questo tipo. Nel 1957, la Chance Vought Aircraft, di propria iniziativa, costituì gruppo di lavoro alla guida del dottor Walt Hesse con il compito di studiare le problematiche relative al progetto del missile atomico.
Mentre proseguiva lo sviluppo del reattore, l'USAF iniziò a selezionare un appaltatore cui affidare la realizzazione del missile, che prese il nome di SLAM. Nell'agosto 1958, il governo americano decise ufficialmente di finanziare gli studi di alcune imprese. In dettaglio, queste erano tre: Chance Vought Aircraft, North American Aviation e Convair. Nell'aprile 1961, la proposta Vought venne dichiarata vincitrice. L'appalto aggiudicato prese il nome di Aerothermo-dynamics for Pluto (Aerotermodinamica per Pluto).
Dal punto di vista tecnico, lo SLAM era decisamente innovativo e complesso: si trattava infatti di un missile spinto da uno statoreattore a propulsione nucleare, in grado di effettuare missioni a bassa quota a velocità superiori a Mach 3. Questo missile sarebbe stato equipaggiato con un numero di oltre venti testate nucleari (il massimo ipotizzato fu 26), che avrebbero dovuto essere sganciate su altrettanti obiettivi.
Quindi, i problemi che i tecnici dovettero risolvere furono numerosi, e riguardarono principalmente la resistenza dei materiali alle alte velocità e l'impianto propulsivo. Inoltre, fu necessario sviluppare un sistema di guida completamente nuovo. Per effettuare i test di volo, si pensò di utilizzare le aree a nordest dell'oceano Pacifico.
Le ricerche durarono fino al luglio 1964, quando il programma venne cancellato. Comunque, in questo periodo, furono risolte tutta una serie di problematiche tecniche, venne completato il progetto preliminare e fu testato il motore. Molte delle tecnologie sviluppate nell'ambito di questo programma (in particolare il sistema di guida) vennero utilizzate in seguito sui missili americani, e risultano operative ancora oggi.
Il Supersonic Low Altitude Missile era un sistema d'arma di grandi dimensioni, lungo circa 27 metri e pesante oltre 27 tonnellate. Il tipo di propulsione prevista (statoreattore a propulsione nucleare) avrebbe dovuto permettere velocità nell'ordine dei Mach 4 ad alta quota e dei Mach 3 a livello del mare. La potenza del reattore nucleare applicato allo statoreattore avrebbe dovuto essere sui 600 MW. L'autonomia del missile sarebbe andata da un minimo di 21.000 ad un massimo di oltre 180.000 km, a seconda della quota di volo. Queste caratteristiche imposero di effettuare ricerche apposite sui materiali da utilizzare per la cellula, che avrebbero dovuto resistere a temperature molto elevate per lunghi periodi, sul sistema di guida (gran parte della missione sarebbe dovuta avvenire a bassa quota) e, ovviamente, sul propulsore.
Visto che lo statoreattore non può funzionare da fermo, vennero prese in considerazione diverse ipotesi per il lancio iniziale del missile. Alla fine, si decise di aggiungervi alcuni razzi a propellente solido, che avrebbero portato lo SLAM alla velocità di accensione dello statoreattore.
Il sistema di spinta prescelto per lo SLAM era, come detto, uno statoreattore a propulsione nucleare. Il programma per la realizzazione di questo tipo di motore prese il nome in codice di "Project Pluto" ("Progetto Plutone") e fu avviato nel gennaio 1957.
I lavori di sviluppo furono portati avanti dal Lawrence Berkeley National Laboratory che realizzò un paio di prototipi di statoreattore a propulsione nucleare chiamati Tory. Il primo di essi ricevette il nome di Tory-IIA, e funzionò per la prima volta il 14 maggio 1961, raggiungendo il massimo della potenza il 5 ottobre successivo. Tuttavia, si trattava esclusivamente di un dimostratore di fattibilità, e non era adatto al volo. Visto il successo, i tecnici iniziarono a lavorare ad una versione più leggera e potente, chiamata Tory-IIB, che rimase però sulla carta. Tre anni dopo, tuttavia, venne realizzato concretamente il secondo prototipo, chiamato Tory-IIC. Si trattava di un modello decisamente più sofisticato, che avrebbe dovuto essere utilizzato anche nelle prove di volo. Il Tory-IIC raggiunse la massima potenza il 20 maggio 1964, quando produsse 513 MW raggiungendo una spinta di 170 kN (pari ad una velocità simulata di Mach 2,8) per 292 secondi. Entrambi i prototipi, durante i test, erano stati sistemati su un vagone ferroviario. L'esemplare definitivo avrebbe dovuto essere un modello ulteriormente perfezionato, chiamato Tory-III, e con lo statoreattore appositamente costruito dalla Marquardt. Questa versione però rimase interamente sulla carta, in seguito alla cancellazione del Progetto Plutone, il 1º luglio 1964. Il programma era costato 260 milioni di dollari, ed al suo apice aveva impiegato 35 persone presso il laboratorio ed un centinaio al Nevada Test Site.
La progettazione della cellula richiese ricerche piuttosto lunghe. Infatti, non erano mai state realizzate delle fusoliere che fossero in grado di sopportare a lungo un regime trisonico al livello del mare, ed anche il problema stesso era in generale poco esplorato. Quindi, furono effettuate ben 1.600 ore di prove nella galleria del vento, in modo da approfondire l'aerodinamica del missile ed ottenere una forma che fosse ottimizzata per un profilo di missione da Mach 3+. Nell'ambito di queste prove, venne anche realizzato un modellino in scala uno a tre della punta del missile.
Il risultato fu una formula canard, caratterizzata dalla presenza di sei alette. Tre di queste, posizionate sul retro, erano fisse ed avevano una funzione stabilizzatrice, mentre le altre, più piccole e mobili, erano nei pressi della punta e servivano al controllo. La presa d'aria dello statoreattore venne posizionata nella parte inferiore del missile, e lo scarico nel retro.
Per quanto riguarda i materiali, vi era il problema delle alte temperature che venivano raggiunte alle velocità previste, nell'ordine dei 1.000 gradi Fahrenheit (oltre 500 Celsius). Per studiare questo aspetto fu realizzata una sezione della fusoliera utilizzando una lega di René 41 ed acciaio inox, che venne poi testata in una fornace per valutarne la resistenza. La sezione davanti, inoltre, avrebbe dovuto essere placcata in oro, in modo da favorire la dissipazione del calore per irraggiamento.
Il particolare profilo di missione, a bassa quota con obiettivi multipli, richiedeva un sistema di guida adeguato. I tecnici decisero di optare per un sistema duale: infatti, le ricerche condotte dimostrarono che il sistema inerziale (che era disponibile) avrebbe potuto essere efficace solo se fosse stato possibile effettuare delle correzioni nella fasi intermedia e finale del volo.
La Vought iniziò quindi a studiare il problema, e realizzò un nuovo sistema di guida. Questo, inizialmente chiamato Fingerprint, prese poi il nome di "TERCOM" ("TERrain COntour Matching"). In pratica, si trattava di un sistema che permetteva il riconoscimento del profilo orografico del terreno da sorvolare, le cui caratteristiche erano memorizzate in una matrice digitale a bordo del missile. Su quest'ultimo, infatti, era prevista l'installazione di un radar rivolto verso il basso, che avrebbe avuto il compito di confrontare le caratteristiche del terreno reale con quelle memorizzate. Questo avrebbe consentito di effettuare le apposite correzioni durante il volo, in modo da permettere al missile di raggiungere gli obiettivi previsti.
Il sistema TERCOM è utilizzato ancora oggi per la guida dei missili da crociera.
Lo SLAM era stato ideato per effettuare la sua missione a velocità superiori a Mach 3 alla quota di 300 metri. Il lancio sarebbe avvenuto da ricoveri corazzati, ed il missile avrebbe raggiunto la velocità di accensione dello statoreattore grazie a razzi a propellente solido. La prima parte della missione sarebbe avvenuta volando ad una quota di circa 10.000 metri alla velocità di Mach 4, fino ad arrivare alla zona dov'erano situati i bersagli. A questo punto, lo SLAM sarebbe sceso a bassa quota, in modo da eludere le difese antiaeree nemiche. Il volo a bassa quota sarebbe stato possibile grazie al sistema di guida TERCOM. Il carico bellico di missione avrebbe dovuto essere costituito da un numero di testate variabile tra 14 e 26, della potenza di un megatone. Queste sarebbero state espulse una alla volta sugli obiettivi prefissati, mentre il missile li sorvolava. L'espulsione sarebbe avvenuta da boccaporti situati nella parte superiore del vettore. La discesa delle testate sarebbe avvenuta piuttosto lentamente, in modo da dare tempo al missile di allontanarsi.
I danni, comunque, non sarebbero stati provocati solo dal carico bellico imbarcato.
Il boom sonico provocato dal missile, un oggetto lungo 25 metri che volava a velocità superiori a Mach 3, avrebbe seriamente danneggiato le strutture non corazzate sul terreno delle zone sorvolate.
Il reattore dello SLAM avrebbe lasciato una scia altamente radioattiva, contaminando così vaste aree.
Finita la missione, il missile si sarebbe schiantato al suolo con tutto il reattore, comportandosi dunque come una vera e propria bomba sporca.
I vertici delle Forze Armate Americane intendevano effettuare I primi test di volo nel 1967. L'area prescelta avrebbe dovuto essere il nord-est dell'oceano Pacifico. Tuttavia, nel luglio 1964, il programma venne cancellato. Al momento della cancellazione, la Vought aveva 177 ingegneri e scienziati impegnati a tempo pieno nel programma, ed era stato realizzato un progetto preliminare del missile completo per mostrare la collocazione della strumentazione e delle testate. Il Dipartimento della Difesa ed il Dipartimento di Stato ritennero infatti che il progetto fosse eccessivamente provocatorio: infatti, si ritenne che se gli Stati Uniti avessero schierato un sistema d'arma di tale potenza, lo avrebbe fatto anche l'Unione Sovietica.
Vi furono anche altri problemi.
I costi: il programma venne considerato troppo costoso.
L'avvento degli ICBM: lo sviluppo dei missili balistici intercontinentali forniva alle forze armate uno strumento non intercettabile in grado comunque di colpire in profondità il territorio sovietico. In confronto con gli ICBM, lo SLAM apparve lento e vulnerabile, e comunque non sarebbe entrato in servizio prima del 1970.
I test di volo: vi era il problema di dove effettuare le prove. Sulla terraferma, infatti, era impossibile e quindi si pensò all'oceano. La soluzione non risolveva però la questione dell'inquinamento radioattivo della biosfera, che sarebbe stato molto alto. Inoltre, trattandosi di voli di prova, il rischio di incidenti o missili fuori controllo per malfunzionamenti era comunque presente, ed il relativo problema era irrisolto.
Comunque, molta della tecnologia sviluppata per lo SLAM venne utilizzata successivamente (e viene utilizzata ancora oggi) sui missili statunitensi.






Ripensare la guerra, e il suo posto
nella cultura politica europea contemporanea,
è il solo modo per non trovarsi di nuovo davanti
a un disegno spezzato
senza nessuna strategia
per poterlo ricostruire su basi più solide e più universali.
Se c’è una cosa che gli ultimi eventi ci stanno insegnando
è che non bisogna arrendersi mai,
che la difesa della propria libertà
ha un costo
ma è il presupposto per perseguire ogni sogno,
ogni speranza, ogni scopo,
che le cose per cui vale la pena di vivere
sono le stesse per cui vale la pena di morire.
Si può scegliere di vivere da servi su questa terra, ma un popolo esiste in quanto libero, 
in quanto capace di autodeterminarsi,
vive finché è capace di lottare per la propria libertà: 
altrimenti cessa di esistere come popolo.
Qualcuno è convinto che coloro che seguono questo blog sono dei semplici guerrafondai! 
Nulla di più errato. 
Quelli che, come noi, conoscono le immense potenzialità distruttive dei moderni armamenti 
sono i primi assertori della "PACE". 
Quelli come noi mettono in campo le più avanzate competenze e conoscenze 
per assicurare il massimo della protezione dei cittadini e dei territori: 
SEMPRE!
….Gli attuali eventi storici ci devono insegnare che, se vuoi vivere in pace, 
devi essere sempre pronto a difendere la tua Libertà….
La difesa è per noi rilevante
poiché essa è la precondizione per la libertà e il benessere sociale.
Dopo alcuni decenni di “pace”,
alcuni si sono abituati a darla per scontata:
una sorta di dono divino e non, 
un bene pagato a carissimo prezzo dopo innumerevoli devastanti conflitti.…
…Vorrei preservare la mia identità,
difendere la mia cultura,
conservare le mie tradizioni.
L’importante non è che accanto a me
ci sia un tripudio di fari,
ma che io faccia la mia parte,
donando quello che ho ricevuto dai miei AVI,
fiamma modesta ma utile a trasmettere speranza
ai popoli che difendono la propria Patria!
Signore, apri i nostri cuori
affinché siano spezzate le catene
della violenza e dell’odio,
e finalmente il male sia vinto dal bene…


(Fonti: https://svppbellum.blogspot.com/, Web, Google, Wikipedia, You Tube)







































 

Marina militare italiana, 22 marzo 1965: la collisione tra Nave Etna e la Fregata Castore





https://svppbellum.blogspot.com/

Blog dedicato agli appassionati di DIFESA, storia militare, sicurezza e tecnologia. 




Aristide Duse, Vittorio Celli, Domenico Franzese e Franco Pardini, erano quattro Marinai di leva che la sera del 22 marzo 1965 furono chiamati da un tragico destino, coinvolti in uno dei peggiori incidenti della Marina Militare dai tempi della fine del conflitto mondiale. 


La sera del 22 marzo 1965, 10 miglia a levante di Punta Stilo, durante una esercitazione di protezione del convoglio nella quale Nave Etna rappresentava il convoglio e Castore e Rizzo ne costituivano la scorta, le prime due unità entravano in collisione fra loro. 
Avvenuta la collisione, i comandanti dell’Etna e della Fregata Castore presero tutti i possibili e indispensabili provvedimenti atti ad assicurare la galleggiabilità e la sicurezza delle due unità; sulla fregata Castore, la più danneggiata sulla fiancata di poppa, si dava immediatamente inizio all’opera di soccorso degli uomini che si trovavano nelle immediate adiacenze della zona danneggiata. 
Sull’Etna i danni erano limitati alla estrema prora in quanto era profondamente entrata nello scafo a circa quindici metri dalla poppa estrema, zona occupata dal locale equipaggio nr.6 e dal deposito delle cariche di profondità del lancia BAS. 
A poppavia dello squarcio, nave Castore risultava praticamente troncata dal resto dello scafo e trattenuta ad esso unicamente dall’asse sinistro dell’elica, da cavi elettrici e da una lamiera del fasciame del lato sinistro.
Lo scontro tra le due unità navali causò anche il ferimento in maniera più o meno grave di altri undici membri dell’equipaggio del Castore, che fu presa a rimorchio dalla Fregata Rizzo e scortate dell’Incrociatore Lanciamissili Giuseppe Garibaldi; raggiunsero con estrema difficoltà il bacino del porto di Messina, dove subito iniziarono le riparazioni del caso atte a scongiurare l’affondamento dell’unità. 
Una tragedia ancora più catastrofica fu scongiurata solo grazie alla pronta reazione dei due equipaggi: come già evidenziato, Nave Etna non subì grossi danni, mentre Nave Castore poté evitare l’affondamento dell’unità navale solo grazie al pronto intervento dell’equipaggio che provvide immediatamente a mettere in sicurezza il resto della Fregata, puntellando le paratie in procinto di cedere, evitando che le falle prodottesi e i possibili incendi potessero far perdere irrimediabilmente la nave.
In quello stesso tratto di mare, il 9 luglio 1940, la Regia Marina dell’Ammiraglio Campioni affrontò la Royal Navy di Andrew Cunningham.

LE INCHIESTE

Le inchieste che seguirono cercarono di ricostruire la tragedia: quella sera, le Fregate Rizzo e Castore stavano simulando una scorta a Nave Etna, compiuta in assetto da guerra, ovvero a luci spente e in silenzio radio per addestrare gli equipaggi alla lotta ASW e alle comunicazioni fatte esclusivamente a lampi di luce dalle alette di plancia; in aggiunta, quella notte era senza luna, così che la visibilità sul mare era molto ridotta. 


Tutte le unità procedevano nei settori assegnati;  l’Etna era impiegata al centro dello schieramento: alle 21.15, durante le consuete manovre cinematiche a “zig zag” previste per sfuggire alla caccia dei sommergibili ostili, per un’errata manovra, la fregata Castore tagliava la prora all’Etna, causando l’inevitabile disastro. 
A nulla valsero gli ordini impartiti nelle due plance di comando e l’urto fu violentissimo: la prora dell’Etna tagliò quasi di netto la poppa del Castore, distruggendo tutto quello che trovava sul suo percorso, lasciando dietro di sé un groviglio di lamiere contorte. 
Subito dopo, l’Etna rientrò nell’Arsenale di Taranto, alle 23.50 del 23 marzo, scortata dal Cacciatorpediniere Indomito. 


Dei quattro componenti l’equipaggio del Castore, purtroppo, vennero ritrovati solo i corpi del Sottocapo Aristide Duse e del Marinaio Vittorio Celli: i Marinai Domenico Franzese e Franco Pardini risultarono dispersi in mare e non furono più ritrovati.




LA FREGATA F-553 CASTORE

La fregata CASTORE apparteneva alla classe Centauro, costituita da 4 unità è stato un tipo di fregate della Marina Militare costruite in Italia all'inizio degli anni cinquanta. 


La costruzione di queste unità avvenne nell'ambito del programma di ammodernamento del 1950 e la costruzione dell'unità capoclasse iniziò il 17 maggio 1952 impostata nei Cantieri Ansaldo di Livorno, mentre 2 giorni prima, il 15 maggio, sullo scalo dei Cantieri Navali di Taranto era avvenuta la posa del primo troncone prefabbricato del Canopo. Il Centauro venne varato il 4 aprile 1954 ed il Canopo il 2 febbraio 1955.
Alla fine del 1953 vennero ordinate ai cantieri italiani dagli Stati Uniti altre due unità gemelle da costruire nell'ambito del MDAP (Mutual Defense Assistence Program) per conto della NATO. Le due unità classificate DE 1020 e DE 1031 al termine dei lavori vennero assegnate all'Italia e ribattezzate rispettivamente Cigno e Castore. Le quattro unità vennero consegnate quasi contemporaneamente alla Marina Militare e le prime tre inizialmente classificate come "avviso scorta" vennero riclassificate fregate a partire dal 10 aprile 1957, con decreto P.R. 13 maggio 1957, mentre il Castore iscritto nei quadri del naviglio militare il 14 luglio 1957 entrò in servizio direttamente come fregata.
Lo scafo aveva il ponte di coperta continuo, con ampio cavallino, una prora a cutter e poppa stretta, a specchio inclinato, affilata e leggermente tondeggiante. La compartimentazione dello scafo era a paratie stagne che dividevano fra loro i vari locali. lo scafo aveva i bordi arrotondati ed era completamente privo di oblò, cosa che rendeva più resistenti le murate evitando anche l'ingresso all'interno di eventuali nebbie radioattive dovute ad esplosioni nucleari. All'estremità della prora era presente un argano elettrico per la manovra delle due ancore.
Le sovrastrutture erano costituite da un castello centrale spostato verso proravia che proseguiva verso poppa in una lunga e larga tuga che era sormontato da una costruzione a due piani con i due fumaioli disposti in maniera simmetrica rispetto alla prora ed alla poppa. A poppavia del primo fumaiolo c'era un grande albero a tripode che sosteneva le antenne dei radar, mentre nella struttura a poppavia del secondo fumaiolo era presente un altro albero più piccolo che sarebbe stato successivamente rimosso.
I principali locali di comando, per il governo della nave sia in navigazione che in combattimento erano ubicati nella sovrastruttura principale. Nella parte anteriore il ponte comando con la plancia, al cui interno, al centro, c'era la timoneria principale, dietro cui al piano superiore c'erano la COC (Centrale Operativa di Combattimento) e la stazione radar. Al piano inferiore, sotto il ponte di comando c'era la AS-SIOC (la centrale Antisom Servizio Informazioni Operazioni Combattimento) e più a poppavia la stazione R.T. principale. La centrale di tiro principale era ubicata a centro nave sotto coperta, mentre una stazione di tiro secondaria trovava posto nella piccola tuga posta a poppavia del secondo fumaiolo.
Tutti i locali erano dotati di impianto di circolazione dell'aria e di condizionamento.
L'apparato motore era costituito da due gruppi di turbine a vapore Ansaldo alimentati da due caldaie Foster Wheeler, la cui temperatura di esercizio era di 410 °C e la pressione di 43 atm, ed ogni gruppo aveva una turbina ad alta pressione per l'andatura di crociera e di una turbina di bassa pressione per la marcia indietro. La potenza complessiva sviluppata dall'apparato motore era di 22.000 HP che consentivano una velocità massima di 26 nodi. I due gruppi, indipendenti fra loro, agivano ognuno sull'asse di un'elica mediante ingranaggi di riduzione ed erano ubicati in due compartimenti stagni separati e contigui. Il gruppo più a proravia agiva sull'elica di dritta e i bruciatori della caldaia di alimentazione che sfogavano nel fumaiolo prodiero. Il gruppo di sinistra, analogo al precedente, sfogava nel fumaiolo poppiero. A centro nave c'era la centrale elettrica principale che alimentava tutti i circuiti di bordo mediante 3 gruppi elettrogeni di diesel-alternatori Mayback, che erogavano 200Kw di potenza complessiva.
Le unità della classe erano dotate di apparecchiature radar ed ecogoniometriche di notevole sensibilità i cui dati venivano elaborati dalla COC, dalla centrale di tiro. All'entrata in servizio le apparecchiature elettroniche di scoperta presentavano delle diversità tra le unità: Centauro e Canopo avevano un radar di scoperta aeronavale AN/SPS6C di costruzione americana che aveva 250 Km di copertura, mentre Cigno e Castore avevano un radar Microlambda di fabbricazione nazionale e solo nel 1960 l'apparecchiatura è stata uniformata, con le quattro che vennero dotate del radar AN/SPS6C americano.
Oltre al radar di scoperta aerea (AN/SPS6C) le unità montavano un radar di scoperta di superficie (AN/SPQ2A/B) di costruzione nazionale, il cui raggio di azione era di circa 60 km.
Il sonar AN/SQS-11A di costruzione americana era ad alta frequenza, a scafo, montato verso prora all'interno di un bulbo carenato. Dopo i lavori di ristrutturazione vi era un ulteriore sonar di scoperta AN/SQS36 americano con una portata di 32.000 yds a media frequenza. In una esercitazione Nato (iles d'or) nel 1971 un operatore ECG ha battuto un contatto di prora a 7.200 yards; il Datum poi verificato è risultato essere la portaerei francese Arromanches. Le propagazioni sonore erano ottime essendo novembre e la temperatura dell'acqua molto bassa. Nel 1976 in navigazione sul settore occidentale della Sardegna, un operatore prese un contatto, con l'SQS36, a 13500 yards, si trattò di un sommergibile nucleare americano in immersione, contatto confermato in quanto il sommergibile emerse per farsi riconoscere, fonte: L. CANTONE (Ete/As).
L'armamento principale era costituito da quattro cannoni Oto Melara da 76/62mm in due torri binate a canne sovrapposte, derivato dal tipo SMP3 singolo imbarcato sulle Albatros, la cui frequenza di tiro era di 60 colpi al minuto, che però non avendo dato i risultati sperati non sarebbe stato imbarcato su nessun'altra unità. Rispetto al modello singolo imbarcato sulle corvette Albatros, le torri delle Centauro erano a caricamento completamente automatico e continuo, consentendo così una più elevata cadenza di tiro.
L'armamento antiaereo era costituito da quattro mitragliere Bofors da 40/70 mm in due impianti binati posti a destra e sinistra della tuga centrale a poppavia del secondo fumaiolo; le Centauro furono le ultime unità a montare questi cannoni. L'armamento antiaereo era completato da due lanciarazzi tripli da 105mm montati sul cassero centrale, uno per lato a proravia del ponte di comando.
L'armamento antisommergibile all'entrata in servizio, era composto da un lanciabombe antisommergibile (lanciabas) trinato lungo tipo Menon da 305mm, derivato dal modello simile Limbo inglese, posto a prora sul cassero a poppavia della torre principale e da quattro lanciabas Menon corti, disposti due per lato in coperta a centro nave.





NAVE TRASPORTO ANFIBIA L-9870 ETNA (ex USS WHITIEY AKA-19)

La nave trasporto anfibia L-9870 ETNA, ex USS Whitley (codice alfanumerico AKA-19) era un trasporto d'attacco della United States Navy, appartenente alla classe Andromeda. 
Partecipò all'ultima fase della guerra contro l'Impero giapponese e rimase in servizio sino ai primi anni sessanta, quando fu ceduto alla Marina Militare che la ribattezzò Etna con distintivo ottico A 5328; gli italiani se ne servirono per un decennio circa. Fu infine demolita nel 1979.


La nave aveva un dislocamento a pieno carico di 13.910 tonnellate. L'apparato motore era formato da una turbina alimentata da due caldaie a tubi d'acqua a nafta per una potenza di 6600 HP, con cui la nave raggiungeva una velocità di 16,5 nodi.
La capacità di carico era 7.500 tonnellate con la possibilità di imbarcare 22 mezzi da sbarco in coperta e 300 uomini delle truppe da sbarco del battaglione San Marco che si aggiungevano ai circa 350 componenti dell'equipaggio.
L'armamento era costituito da 8 mitragliere da 40/56 mm montate a prua in 4 impianti binati, e in origine anche da un cannone poppiero da 127/38mm che venne eliminato dopo il passaggio della nave alla Marina Militare.
La nave, costruita nei cantieri di Oakland in California ed entrata in servizio il 21 settembre 1944 fece in tempo a partecipare alla seconda guerra mondiale impegnata nel Pacifico. Collocata in riserva nel 1955, venne radiata il 1º luglio 1960. Successivamente venne reinserita nei registri navali della US Navy per essere trasferita in prestito alla Marina Militare dove prestò servizio dal febbraio 1962 fino al 1977.
La nave venne inizialmente impiegata come nave trasporto; successivamente, in seguito alla ricostituzione del Battaglione San Marco avvenuta il 1º gennaio 1964, venne impiegata come nave anfibia per dare supporto alle forze da sbarco italiane che partecipavano alle esercitazioni in ambito NATO, ricoprendo il ruolo di nave sede comando della IIIª Divisione Navale di base a Brindisi, cui era stata assegnata.
Nell'estate 1964 prese parte, insieme all'incrociatore missilistico Andrea Doria ad una crociera addestrativa in Estremo Oriente in occasione delle Olimpiadi di Tokyo.
Nel 1965 la nave durante un'esercitazione ebbe una collisione con la fregata Castore. L'incidente causò la morte di quattro marinai.
Quando tra il 1971 e il 1973 tutte le unità inquadrate nella forza da sbarco cambiarono il distintivo di riconoscimento ottico, che prevedeva la lettera L seguita da un numero a quattro cifre che iniziava col 9, all'Etna venne assegnato il nuovo distintivo ottico L 9870.
Nel 1973 la nave, terminato il prestito, venne restituita agli Stati Uniti che la rivendettero all'Italia. Nella stessa estate, in seguito all'indisponibilità dell'Amerigo Vespucci a causa del protrarsi dei lavori di manutenzione, la crociera estiva degli Allievi del 1º anno di Corso dell'Accademia di Livorno venne riprogrammata con itinerari differenti, sparpagliati a rotazione su quattro navi di squadra: Etna, Andrea Doria, Impavido e Carabiniere. L'Etna al comando del Capitano di vascello Colombo nel corso della crociera effettuò visite a Livorno, Barcellona, La Maddalena, Casablanca, Funchal, Cagliari, Orano, Malaga, Malta, Gaeta, Civitavecchia, Santa Margherita Ligure, Tunisi, Palma di Majorca, Portoferraio.
Nel 1977 la nave venne posta in disarmo e nel 1979 venne demolita in un cantiere di Napoli. Attualmente nella Marina Militare il nome Etna è stato assegnato a una nave da rifornimento.




Ripensare la guerra, e il suo posto
nella cultura politica europea contemporanea,
è il solo modo per non trovarsi di nuovo davanti
a un disegno spezzato
senza nessuna strategia
per poterlo ricostruire su basi più solide e più universali.
Se c’è una cosa che gli ultimi eventi ci stanno insegnando
è che non bisogna arrendersi mai,
che la difesa della propria libertà
ha un costo
ma è il presupposto per perseguire ogni sogno,
ogni speranza, ogni scopo,
che le cose per cui vale la pena di vivere
sono le stesse per cui vale la pena di morire.
Si può scegliere di vivere da servi su questa terra, ma un popolo esiste in quanto libero, 
in quanto capace di autodeterminarsi,
vive finché è capace di lottare per la propria libertà: 
altrimenti cessa di esistere come popolo.
Qualcuno è convinto che coloro che seguono questo blog sono dei semplici guerrafondai! 
Nulla di più errato. 
Quelli che, come noi, conoscono le immense potenzialità distruttive dei moderni armamenti 
sono i primi assertori della "PACE". 
Quelli come noi mettono in campo le più avanzate competenze e conoscenze 
per assicurare il massimo della protezione dei cittadini e dei territori: 
SEMPRE!
….Gli attuali eventi storici ci devono insegnare che, se vuoi vivere in pace, 
devi essere sempre pronto a difendere la tua Libertà….
La difesa è per noi rilevante
poiché essa è la precondizione per la libertà e il benessere sociale.
Dopo alcuni decenni di “pace”,
alcuni si sono abituati a darla per scontata:
una sorta di dono divino e non, 
un bene pagato a carissimo prezzo dopo innumerevoli devastanti conflitti.…
…Vorrei preservare la mia identità,
difendere la mia cultura,
conservare le mie tradizioni.
L’importante non è che accanto a me
ci sia un tripudio di fari,
ma che io faccia la mia parte,
donando quello che ho ricevuto dai miei AVI,
fiamma modesta ma utile a trasmettere speranza
ai popoli che difendono la propria Patria!
Signore, apri i nostri cuori
affinché siano spezzate le catene
della violenza e dell’odio,
e finalmente il male sia vinto dal bene…


(Fonti: https://svppbellum.blogspot.com/, Web, Google, segretidellastoria.wordpress, Lavocedelmarinaio, Wikipedia, You Tube)