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L'incrociatore lanciamissili Vittorio Veneto (C 550) ex nave ammiraglia della Marina Militare, in servizio dal 1969 al 2003 (anno in cui è stato collocato in status di Ridotta tabella di disponibilità in attesa del disarmo, avvenuto nel 2006, e della radiazione dal libro registro del naviglio militare), è la seconda unità italiana a portare questo nome dopo la nave da battaglia Vittorio Veneto della seconda guerra mondiale. Il giorno 8 giugno del 2021 la nave ha attraversato per l'ultima volta a rimorchio il ponte girevole di Taranto con destinazione Aliaga, in Turchia, dove verrà demolita e riciclata.
IL NOME
Il nome dell'unità rievoca la battaglia di Vittorio Veneto, combattuta tra il 24 ottobre ed il 3 novembre 1918, presso Vittorio Veneto, sul fronte italiano della prima guerra mondiale che segnò la fine delle ostilità sul fronte italiano e la resa dell'Austria-Ungheria.
Precedentemente il nome Vittorio Veneto era stato ad una nave da battaglia della Regia Marina facente parte della classe Littorio che al termine della seconda guerra mondiale fu demolita in ottemperanza alle clausole del trattato di pace.
IL PROGETTO
Il progetto derivava direttamente dalle due unità della classe Andrea Doria: con tali navi era stata introdotta la tipologia di incrociatore lanciamissili portaelicotteri; con una rampa missilistica Mk.10 a prua, cannoni antiaerei al centro e un ponte di volo a poppa, capace di far operare, assieme all'hangar associato, due elicotteri pesanti Sikorsky SH-3D Sea King o Agusta-Bell AB 204 queste navi non erano però abbastanza efficienti da giustificarne il costo, data l'esiguità della linea di volo; il progetto fu rivisto e ingrandito, con un aumento di dislocamento del 50%, per arrivare a sei elicotteri SH-3 Sea King pesanti o nove AB-204 ASW medio-leggeri. La progettazione riuscì, almeno in parte, a risolvere il problema del rapporto costo-efficacia, e il Vittorio Veneto entrò in linea nel 1969, restando però esemplare unico, cosa che certamente non giovò alla massimizzazione dei vantaggi della sua progettazione. In seguito all'evolversi della tecnologia e a perplessità sulla sua capacità di difesa antiaerea e antinave, la nave fu sottoposta a lavori di aggiornamento presso l'Arsenale di Taranto durante il periodo 1980-1983, al termine dei quali il Vittorio Veneto fu a trovarsi con un armamento molto potente e diversificato, adatto a molte esigenze, e con una mezza squadriglia elicotteri. La linea di volo fu rinnovata con la sostituzione degli AB 204 con gli AB 212 ASW, ma uno dei limiti era che i Sea King non potevano operare totalmente dalla nave, perché, essendo troppo alti non c'era spazio nell'hangar per questi elicotteri.
LA STRUTTURA DELLA NAVE
La linea della nave presentava una prua senza castello e con un alto bordo libero mentre la parte poppiera era come una nave portaerei con un ponte di volo rettangolare relativamente grande (circa 800 m²), lungo 48 metri e largo 18,50, con una rimessa sottostante di 27,5 x 15,3 m, collegata con un elevatore. Nonostante le apparenze, le grandi sovrastrutture non hanno spazio per la sistemazione di un hangar, come nei classe Moskva - Progetto 1123 Kondor praticamente coevi e pesanti circa il doppio. Dalla plancia alla poppa estrema vi era una lunga sovrastruttura che si estendeva per tutta la larghezza e alzando la coperta di un interponte. La decisione di dotare l'unità di un ampio ponte di volo poppiero con hangar sottostante comportò la necessità di creare un cassero esteso per quasi 2/3 dell'intera lunghezza della nave; il profilo dell'unità presentava la prua alta e slanciata che si raccordava al cassero con andamento discendente e insellatura poco pronunciata, con la poppa che risultava leggermente più bassa dell'estremità prodiera. Lo scafo era dotato di pinne stabilizzatrici antirollio, ed era caratterizzato dalla presenza del bulbo prodiero in cui era collocato il sonar. La poppetta, sottostante alla parte estrema del ponte di volo, era destinata alle operazioni d'ormeggio. Le sovrastrutture erano caratterizzate da un unico blocco centro prodiero che ospitava il ponte di comando e tutti i locali necessari per condurre l'attività operativa. A poppavia della plancia si trovavano due strutture denominate mack, che integravano i due fumaioli per lo scarico dei fumi delle caldaie, con gli alberi che fornivano un supporto per tutte le antenne radar e di telecomunicazione dalla nave. L'ampio spazio tra i due mack era riservato alla possibilità, poi tramontata, d'imbarcare missili tipo Polaris e vi era sistemata una gru con ampio braccio.
APPARATO DI PROPULSIONE
La nave era equipaggiata con quattro caldaie Ansaldo-Foster Wheeler, con due gruppi turboriduttori Tosi, dalla potenza di 73.000 hp che trasmettevano il movimento agli assi porta-eliche con due eliche a passo fisso. La velocità massima era di 32 nodi con autonomia di 6.000 miglia a 17 nodi.
ARMAMENTO IMBARCATO
L'armamento missilistico antiaereo era dato dal sistema di lancio MK10 Terrier con rampa binata collocata a prora in coperta, nel deposito missili erano presenti due tamburi rotanti per 40 missili Standard MR/ER con capacità ASROC (la possibilità di lanciare attraverso l'MK10 dei siluri). L'armamento di artiglierie per la difesa aerea ravvicinata aveva una cadenza teorica di 60 colpi/minuto, che potevano essere sparati da ognuno degli otto cannoni da 76 mm/62, costruiti dalla Oto Melara di La Spezia, raggruppati ai lati della sovrastruttura in torrette singole, quattro per lato, disposti due davanti alla plancia e gli altri sei a lato della tuga centrale. Vi erano poi anche sei lanciasiluri antisommergibili in due impianti tripli situati nella zona poppiera sui due lati prima del ponte di volo per siluri leggeri da 324 mm, del tipo Mk 46 e successivamente del tipo A 244. Il ciclo di lavori ai quali l'unità fu sottoposta tra il 1980 e il 1983 ha visto l'aggiunta di tre torri binate da 40mm del sistema Breda Dardo per la difesa di punto, quattro lanciatori di missili antinave a lungo raggio franco-italiani OTOMAT-TESEO e l'aggiornamento della rampa principale. Le tre torri dei Dardo vennero collocate una immediatamente dietro la rampa principale e due a poppa, alle estremità anteriori del ponte di volo. Questi sistemi, in aggiunta ai cannoni da 76 mm portarono a 14 le bocche da fuoco e diedero una reale capacità difensiva antiaerea a corto raggio. I quattro contenitori/lanciatori di missili TESEO, che conferirono all'unità notevoli capacità antinave, erano collocati due per lato a centro nave, immediatamente davanti alla terza torre da 76 mm, su mensole sporgenti oltre le murate ed appositamente aggiunte per la loro installazione. La rampa principale MK 10, analoga a quella dei classe Belknap, fu aggiornata allo standard Mod. 9 acquisendo quindi la possibilità di lanciare missili Standard e ASROC:
- IL MISSILE AERITALIA-SNIA BPD “Alfa-1” - Nel 1971 la Marina italiana diede inizio ad un intraprendente e avanzatissimo programma di sviluppo per un missile balistic IRBM denominato "Alfa-1". Ufficialmente il progetto fu definito come un tentativo di sviluppo di razzi a propellente solido per scopi civili e militari. Fu progettato come razzo a due stadi e poteva essere trasportato su navi di superficie (GARIBALDI e VITTORIO VENETO) o sottomarini. I test di lancio con un mockup ebbero luogo tra il 1973 e il 1975, dal poligono di Salto di Quirra. L'Alfa era lungo 6,5 metri e aveva un diametro di 1,37 metri. Il primo stadio era lungo 3,85 metri e conteneva 6 tonnellate di combustibile solido per missili. Forniva una spinta pari a 232 kN per una durata di 57 secondi. Avrebbe potuto trasportare una testata da una tonnellata per 1600 chilometri, ponendo Mosca e la Russia nel raggio d'azione del mar Adriatico. I costi elevati (oltre 6 miliardi di lire dell'epoca) e il clima politico instabile comportarono l'abbandono del progetto. In aggiunta a questi fattori il crescente rischio di un'escalation nucleare anche al di fuori dell'Europa e la pressione interna giocarono il loro ruolo nell'abbandono da parte dell'Italia del proprio programma nucleare, anche in seguito alle pressioni degli Stati Uniti, e portarono il paese a ratificare il Trattato di non proliferazione nucleare, il 2 maggio 1975. Il patrimonio tecnologico del programma Alfa confluì nei successivi lanciatori spaziali italiani a propellente solido, tra cui il progetto Vega. In anni più recenti l'Italia, sotto l'egida dell'Agenzia spaziale europea, ha portato a termine il rientro e l'atterraggio di una capsula chiamata IXV.
- Sistema missilistico Terrier Mk10 / Standard - Il RIM-2 Terrier fu il primo dei missili ‘T' ad entrare in servizio. Era un'arma a medio raggio con struttura aerodinamica molto avanzata grazie ad alette che lo percorrevano per gran parte della lunghezza e superfici di controllo in coda. Era dotato di razzo di accelerazione, con gittata iniziale di appena 18 km, ma le ultime versioni raggiungevano i 74. Sostituito dagli SM-1ER. Le rampe di lancio erano un motivo di interesse non minore. Con il tempo il tipo più impiegato divenne l'Mk 10, stabilizzata contro i movimenti del mare, che in uno dei suoi vari modelli pesava ben 182 tonnellate. Con i suoi bracci meccanici ospitava una coppia di missili, prelevati con appositi elevatori, dal deposito sottostante, che poteva avere fino a 60 ordigni stipati verticalmente. La cadenza di fuoco, tutt'altro che entusiasmante, era di un missile per rotaia ogni 30 secondi, ovvero 4 missili al minuto. Un paio di radar per la guida dei missili erano sistemati sulle sovrastrutture e ciascuno poteva ingaggiare un bersaglio, per cui non vi era la necessità di avere una cadenza di tiro molto alta, perché i sistemi di fuoco non potevano in nessun caso ingaggiare un gran numero di aerei (o missili) in breve tempo, essendo limitati a un massimo di 2 per volta. Naturalmente, tutto questo era vero quando i sistemi funzionavano bene, ma la complessità dei sistemi era molto difficile da tenere sotto controllo.
- Sistema missilistico ASW Asroc (Anti Submarine ROCket) - Il missile ASROC (Anti Submarine ROCket, razzo antisommergibili) è un semplice ma diffuso missile ASW, armato con un siluro Mk 46. È un'arma compatta, lanciabile da lanciatori ottupli o da celle verticali, se in apposita versione. La sua forza è stata la semplicità complessiva data dalla non ricerca di prestazioni eccessive, per le quali sarebbero stati più adatti elicotteri o velivoli imbarcati. Lo sviluppo dell'ASROC iniziò nei primi anni '50, in quanto, tra il 1952 e il 1954, la Naval Ordnance Test Station iniziò lo sviluppo dei nuovi lanciasiluri denominati Rat A e Rat B. Le prestazioni non furono però soddisfacenti per i comandi militari, tanto che nel 1955 venne creata una nuova versione che fu denominata ASROC in riferimento al fatto che il lanciasiluri poteva lanciare anche ordigni dotati di testata nucleare. La Honeywell vinse il bando di produzione nel 1956 e nel 1960 vennero condotti i primi test a bordo di unità della United States Navy. Nel maggio del 1962 vennero eseguiti i primi test che impiegavano armamenti atomici. Nel 1963 l'ASROC venne denominato RUR-5A. In seguito, negli anni '80, vennero dati ai sistemi di lancio le nuove nomencalure di RUR-5B, RUR-5C e RUR-5D, per segnalare il diverso tipo di munizioni impiegato. Con l'esaurirsi della guerra fredda, i sistemi ASROC tarati per i lanci atomici vennero tutti dismessi per onorare i vari accordi sul disarmo nucleare. A partire dagli anni '90 alcuni ASROC vennero aggiornati alla versione F. Dopo il 2000, la produzione dell'ASROC, che contava all'incirca un migliaio di unità, venne interrotta e i vari pezzi iniziarono ad essere sostituiti con nuovi lanciatori. Durante il proprio servizio, l'ASROC, fatta esclusione per i test del 1962, non è mai stato impiegato per lanci atomici contro bersagli nemici. Il lanciatore può rivelare la presenza di eventuali bersagli nemici tramite un sonar. Dopo l'identificazione e il puntamento del bersaglio, l'ASROC lancia in verticale un missile con all'interno un siluro. Dopo lo spegnimento del propulsore del missile, il siluro viene distaccato e inizia la discesa verso l'acqua dopo l'apertura di un paracadute che ha il compito di frenare la caduta verticale. Dopo l'ingresso in acqua, il siluro attiva il proprio propulsore e si dirige sul bersaglio tramite il sonar. Nel caso di lancio di cariche di profondità, il lanciatore attiva un timer che predetermina il tempo di esplosione delle bombe di profondità. L'ASROC può essere equipaggiato con siluri MK44 e MK16, cariche nucleari W44.
- Sistema missilistico anti-nave OTOMAT-Teseo Mk1 - L’Otomat è un missile a lungo raggio antinave, paritetico Italia-Francia, inizialmente sviluppato dal consorzio Oto Melara-Matra (da cui il nome Otomat) successivamente confluito nel gruppo MBDA, società partecipata di Leonardo. Il missile è stato largamente impiegato dalla Marina Militare Italiana. La caratteristica principale del missile, la lunga gittata, è ottenuta con un motore francese a turbina Microturbo, che consente una gittata di oltre 180 km con una testata da 210 kg, per un peso totale di circa 800 kg. Si tratta di un missile molto potente, ma non adatto per aerei o sottomarini. Il missile cominciò ad essere progettato attorno al 1967, e ben presto, per quest'arma nacque un accordo internazionale tra OTO-Melara e Matra, che diede al missile il nome definitivo: OTOMAT, in quanto si trattava di una collaborazione paritetica. Il missile venne sperimentato tra il 1971 e il 1972, con il primo lancio di un missile completo già il 28 febbraio. Lo sviluppo, iniziato ufficialmente nel 1969 terminò nel 1974. A quel punto il missile era pronto per la produzione in serie e i primi missili, designati OTOMAT Mk 1 vennero messi in servizio nel 1976. Per metterli in servizio con una classe di navi adatta la MMI dovette attendere almeno un altro anno, con l'arrivo delle Lupo. L'evoluzione non si era però arrestata in quanto venne ben presto sviluppato un missile più moderno, dato il grande sviluppo della microelettronica in quegli anni, con il passaggio allo stato solido dei circuiti. Il tipo Mk I era un missile con ridotte capacità, ma costituiva una valida base per ulteriori perfezionamenti. La gittata era di 60 km e non poteva essere controllato dopo il lancio, pertanto le sue capacità di ingaggio oltre l'orizzonte non potevano essere aiutate da update con operatori esterni. Nondimeno, offriva una gittata maggiore dell'Exocet e una testata da 210 kg. Ma l'Exocet, pur non essendo meno pesante era più compatto e soprattutto, interamente francese, così divenne il sistema per la Marine Nationale, mentre il binazionale franco-italiano OTOMAT venne prodotto in entrambi i Paesi per la MM e l'export. Che l'OTOMAT fosse capace di superare, principalmente per il tipo di motore, l'Exocet sarebbe ben presto stato dimostrato con il successivo sviluppo. La nuova arma, la Mk 2 venne sviluppata a partire dal 1973 e il primo lancio venne eseguito nel 1974. Lo sviluppo arrivò al compimento nel 1976, in linea con l'entrata in servizio del modello 1, ma il primo lancio oltre l'orizzonte, probabilmente dal poligono sardo di Salto di Quirra, avvenne solo nel 1978. Ben presto anche quest'arma arrivò in servizio con la MM, ma inizialmente non fu offerta all’export. Tecnicamente, il missile si presentava come un'arma di grosse dimensioni, non tanto per la lunghezza, ma per la larghezza dovuta ad una fusoliera larga 40 cm dotata di due impulsori a razzo laterali ROXEL e un turbogetto TR-281 ARBIZON III, 400 kg/s che offre una spinta circa il 50% maggiore che nel caso del similare Harpoon. La testata, 210 kg è appena davanti alla sezione motore che comprende un totale di 90 litri, sufficienti per almeno 10 minuti di autonomia. La testa di ricerca è ancora avanti e comprende un radar di ricerca autonomo, ospitato dietro un muso in materiale dielettrico. In definitiva, lo schema della fusoliera, realizzata in lega leggera di alluminio verte quindi, da prua a poppa, nelle sezioni: guida, elettronica, testata, carburante, motore. Le superfici di controllo sono quattro grosse ali stabilizzatrici al centro fusoliera e quattro alette mobili alla sua estremità posteriore. La sequenza di lancio e funzionamento è eseguita nel seguente modo: acquisiti dai sensori della nave i dati relativi al bersaglio, questi vengono comunicati al missile tramite il sistema di controllo del lancio, il contenitore lanciatore in vetroresina, di forma caratteristica e piuttosto grande e squadrata, pesante circa 1700 kg, apre la propria sezione frontale e viene lanciato il missile che non richiede alla nave di cambiare rotta: è infatti capace di cambiare rotta esso stesso per un massimo di almeno 200 gradi. Lasciata la nave sotto la spinta dei due ROXEL, capaci di 6 t di spinta per circa 5 secondi, il missile accelera a circa 1000–1100 km/h con il turbogetto seguendo la rotta programmata secondo i dati precedentemente ricevuti mentre il radar altimetro di bordo controlla la quota portandola da 200 a 20 metri (non è chiaro quando la transizione ha luogo). Giunto a circa metà gittata, sempre che sia previsto, viene aggiornato da un elicottero con il data-link, dopodiché, in avvicinamento all'obiettivo, aziona il radar e colpisce a volo radente, con una testata che contiene 65 kg di ECTOTAL e un involucro semiperforante che, grazie alla velocità di circa 1100 km/h raggiungibile con il missile progressivamente alleggerito dal carico di carburante, sfonda fino a 90 mm di acciaio e tende a deviare l'esplosione verso il basso, colpendo quindi la nave anche sotto la linea di galleggiamento e rendendo ulteriormente pericoloso questo missile perché non si limita a mettere fuori uso la nave ma, con il carburante in eccesso, spesso la incendia e comunque tende a danneggiarne anche la carena. La testata può causare uno squarcio anche di 6 metri di larghezza. La guida a mezza corsa è un plus del missile, con la possibilità di attaccare bersagli navali oltre l'orizzonte. In genere la gittata massima per missili capaci di eseguire lanci sull'orizzonte è di circa 40 km, come nel caso dell'MM.40 Exocet. La gittata con lanci oltre l'orizzonte che si può sviluppare praticamente arriva sui 100 km con i missili Harpoon ma, per distanze superiori, vi è la necessità o di costosi missili supersonici, oppure di missili con un sistema di aggiornamento-datalink. L'operazione di correzione di mezza corsa è però delicata. L'elicottero AB212 ASW dotato di apposito datalink TG-2, deve scoprire la nave e aspettare poi il missile che deve passargli sotto per ricevere i segnali. Questo, ovviamente, con distanze pratiche di scoperta dell'ordine dei 40–50 km se l'elicottero vola a bassa quota, può essere molto pericoloso se il nemico ha velivoli da intercettazione o anche altri elicotteri, poiché un Lynx o un Dauphin è assai più veloce e maneggevole di un AB-212ASW e lo spostamento dell'elicottero, anche solo di alcune centinaia di metri, può portare al mancato aggancio. Inoltre può essere ingaggiato un solo bersaglio per volta, anche se con più missili. Un sistema di questo tipo, il TESEO, è installato sulle navi italiane. Per le navi Saudite vi è invece l'ERATO. Qui è la nave che riceve i dati e li ritrasmette ai missili, cosicché il rendez-vous con l'elicottero non è più necessario. Ma i missili devono sollevarsi fino a 900 m di quota per ricevere i dati, compromettendo teoricamente la furtività della manovra d'attacco. Tuttavia, gli elicotteri che restano in vicinanza di una nave per minuti non sono meno evidenti e la traccia radar di un missile è tale che difficilmente possa essere avvistato da oltre 50 km. Il sistema ERATO può controllare fino a 16 missili su 10 bersagli, il che consente di controllare simultaneamente tutti i missili di due navi attaccando navi di una intera formazione. Il turbogetto francese è la chiave di questo missile, in termini di forza: consente la realizzazione di una gittata molto maggiore di quanto possibile con un motore a razzo di analoga massa, anche se costa di più ed è più complesso. L'OTOMAT non è stato sviluppato per lanci da sottomarini e aerei, ma per navi e batterie costiere. Gli sviluppi sono stati parecchi: le alette ripiegabili hanno consentito di raddoppiare il numero di missili da uno a due per ciascuna rampa, mantenendo però il limite dei pesi in alto per le navi. Così, se il Vittorio Veneto aveva 4 missili, il Garibaldi ne aveva 8 (poi rimossi). Anche le Maestrale possono imbarcare le stesse armi delle Lupo, cosa talvolta fatta parzialmente con due lanciatori singoli e due binati sovrapposti, questi ultimi dalla caratteristica sezione di forma ovale. Infatti i missili OTOMAT, anche con alette ripiegabili, hanno ancora i razzi laterali e quindi non possono essere ospitati in tubi di lancio perfettamente circolari di ridotto ingombro frontale come nel caso degli Harpoon. Questi, infatti, hanno un unico booster posteriore che negli OTOMAT non potrebbe essere usato se non allungando parecchio la struttura complessiva dell’arma. Altre modifiche sono state studiate durante gli anni ottanta: l'OTOMACH venne pensato come missile supersonico, ma venne abbandonato perché costoso e perché la migliore misura per minimizzare la vulnerabilità dell'arma e massimizzare le possibilità di colpire il bersaglio fu ritenuta quella di rendere l'arma maggiormente stealth. L'ULISSE venne pensato come aggiornamento in tale senso e suscitò l'interesse della US Navy che però finì per comprare le ultime versioni dell'Harpoon. L'ULISSE era aggiornato nella componente elettronica, costruito con tecnologia stealth e con un ottimo sensore IR, realmente provato su missili normali, che consentiva il riconoscimento di bersagli anche costieri, ma il ritiro della US Navy portò alla fine del programma. In termini di guida, i missili italiani, dotati di testata di guida prodotta dalla SMA di Firenze, hanno una traiettoria d'attacco radente mentre i missili francesi hanno una traiettoria d'attacco con picchiata finale da 175 metri di quota per confondere le difese aeree. Per quanto causa di problemi, sia per la riflessione dalla superficie del mare che per complesse manovre sui tre assi, questo sistema consente di ingannare abbastanza agevolmente le difese aeree. Un sistema simile venne inizialmente applicato anche agli Harpoon che, però, hanno poi utilizzato una traiettoria interamente a volo radente che consente maggiore semplicità e la possibilità teorica di riattaccare in caso le ECM ingannassero il missile: in effetti vi sono dei pro e contro in tale applicazione. In quanto al sistema motore, l'MM 40 Exocet Block 3 ha cambiato il motore a razzo con lo stesso apparato dell'OTOMAT ed è singolare che proprio questo componente, che fornisce le prestazioni di gittata richieste, sia di produzione francese ma non sia stato usato dalla Marine Nationale per tutti questi anni. Il totale di missili OTOMAT costruiti a partire dal 1975 è di circa 1000 esemplari. La loro carriera ha visto lanci in esercitazione oltre i 120km e l'uso contro le difese aeree della US Navy, superate dalla maggior parte dei missili di un piccolo lotto comprato per valutazione e dotati di una particolare manovra d'attacco finale che sembra simile all'attacco in picchiata delle armi francesi. L'OTOMAT non è stato usato mai in combattimenti reali ma è stato esportato in diverse nazioni, anche a rischio, come la Libia e l'Iraq. Il sistema missilistico Teseo è l'ultima evoluzione dei missili antinave OTOMAT, prodotti e commercializzati da MBDA, società partecipata di Leonardo-Finmeccanica Il 31 ottobre 2006 è riuscito un test di lancio del nuovo Teseo Mk2/A (OTOMAT Mk2 Block IV), ultima evoluzione del programma, avvenuto presso il Poligono Sperimentale e di Addestramento Interforze di Quirra, con un volo di 300 secondi per una distanza di circa 80 km, con un missile privo di testata. Il 19 novembre 2007 è avvenuto il lancio di un missile completo lanciato da parte del cacciatorpediniere Durand de La Penne. Il missile è imbarcato sulle fregate italiane Classe FREMM e sui DDG classe Andrea Doria. La ultima versione del missile è disponibile con nuova elettronica e capacità, in parte ricavate dagli studi per l'ULISSE e in parte dallo sviluppo del Marte Mk.2. L'ammodernamento ha visto la rimozione del sistema datalink TG-2 per elicotteri, poiché la nave è in grado di guidare da sola il missile, che è stato dotato di navigazione tridimensionale a punti programmabile, coordinate di attacco, capacità di operare in ambiente costiero con l'aggiunta del GPS per poter attaccare anche bersagli terrestri, e di attaccare con manovre evasive e di riattaccare.
- Cannoni Oto Melara 76/62 Allargato - Il cannone da 76/62 tipo MMI "Allargato" costruito dalla Oto Melara di La Spezia è stato il pezzo standard della Marina Militare degli anni sessanta. Il cannone è stato realizzato in 84 esemplari per la Marina Militare italiana. Il cannone è del tipo multiuso, con impiego principale antiaereo ma con capacità antinave e impiegabile anche per il tiro controcosta. Il pezzo è l'evoluzione del modello sviluppato e costruito per la Marina Militare dagli Stabilimenti meccanici di Pozzuoli agli inizi degli anni cinquanta, denominato tipo SMP3, cioè da tre pollici, da cui scaturisce la sua sigla “SMP-3”, sviluppato quando si stava verificando l'inadeguatezza del munizionamento da 40mm contro gli aerei moderni, soprattutto perché tale munizionamento non permetteva l'adozione di spolette di prossimità. Tale cannone venne imbarcato sulle corvette Albatros, prime unità di scorta costruite in Italia dopo la seconda guerra mondiale, e sulle corvette dello stesso tipo realizzate nei cantieri italiani su commesse NATO per la marina danese e olandese nell'ambito del MDAP in due esemplari, uno a poppa e uno a prora. Con lo spostamento della produzione delle artiglierie della Marina Militare alla Oto Melara di La Spezia venne sviluppata una versione binata del modello SMP 3 con canne sovrapposte. Il verificarsi di un grave incidente sulla torre prodiera della corvetta olandese Lynx e il non aver dato la versione binata i risultati sperati, portarono allo sviluppo del cannone da 76/62 di nuova progettazione, largamente testato sulla Nave Esperienze Carabiniere. Il nuovo cannone denominato Allargato avrebbe trovato posto nel corso degli anni sessanta sulle principali unità della squadra, come l'incrociatore lanciamissili Garibaldi, le fregate classe Bergamini e Classe Alpino, i Doria e il Vittorio Veneto e sarebbe stato rimpiazzato il decennio successivo dal 76/62 Compatto con l'entrata in servizio degli Audace. Il cannone ha la canna raffreddata ad acqua e manovra elettrica e idraulica con sistema di emergenza manuale. La gittata, che con proiettili HE (High Explosive) dal peso di 6,296 kg raggiunge 18,4 km ad un'elevazione di 45°, che all'elevazione massima di 85° scende a 4 km, la velocità di brandeggio di 70°/s quella di elevazione di 40°/s e la torretta accoglie un membro dell’equipaggio. Nella Marina Militare questi cannoni costituiscono l'armamento principale dei pattugliatori della classe Cassiopea; si tratta dei cannoni smontati dalle fregate della classe Bergamini andate in demolizione.
- Cannoni Oto-breda da 40/70 mm binati - Il sistema d'arma a corto raggio Dardo per la difesa aerea ravvicinata, è un dispositivo realizzato dalla italiana Otobreda basato su un criterio differente da quello del Vulcan Phalanx rispetto al quale è entrato in servizio poco tempo dopo. Costruito dall'Ing. Florindo Cerri. Il suo principio di funzionamento è stato basato su un concetto diverso da quello dei cannoni Gatling ad altissima cadenza di tiro e precisione. Il Vulcan Phalanx di poco precedente ha una struttura che lo fa assimilare più al cannone da 20mm Oerlikon della seconda guerra mondiale, quindi un'arma leggera, ad alta cadenza di tiro ma con piccolo calibro, e quindi con una gittata e un peso dei proiettili ridotta. L'altra arma fondamentale delle difese antiaeree che oggi si potrebbero definire "sistema d'arma a corto raggio" era il cannone Bofors da 40mm, e si può ben dire che il Dardo ne sia l'estremo discendente, sia del concetto che dell'arma stessa, in quanto si tratta, fondamentalmente, di due cannoni Bofors L70 del tipo più recente, con una cadenza di tiro aumentata a 300 colpi al minuto invece che circa 120, e con una canna da 70 calibri che consente una gittata utile massima contraerea di 4000m contro i 3000 del tipo precedente L60, in uso durante la seconda guerra mondiale. Di conseguenza un impianto binato moderno di questi cannoni pur pesando poco oltre quello di uno binato L60 ha l'efficacia superiore a quella di un impianto quadruplo della Seconda guerra mondiale. La velocità iniziale, nonostante il peso leggermente maggiore è di circa 1000m/s contro gli 850 delle armi degli anni trenta. Ma non è solo questa la differenza, perché le munizioni sono ancora più perfezionate, come anche i direttori di tiro radar automatici. La dotazione di munizioni comprende infatti nuovi proiettili dotati di spolette di prossimità a differenza di quelle del periodo bellico che non le avevano (durante il conflitto il minimo calibro era il 76mm per le spolette di questo tipo). La loro efficacia è relativa non alla prima generazione postbellica, ma alla seconda generazione degli anni '70 e ha un raggio di circa 6-7m utile. La munizione ha una struttura migliorata, con una quantità maggiore di esplosivo, di tipo molto energico rispetto ai tipi precedenti. Esso trasforma il corpo della granata in oltre 2400 frammenti, di cui 600 sono palline di tungsteno, lega durissima e altrettanto pesante. Essi possono perforare circa 10mm di alluminio a una decina di metri. Con una cadenza di tiro combinata di circa 600 colpi al minuto non sarebbe stato infatti possibile aspettarsi elevati risultati con impatti diretti o con spolette a tempo di tipo classico, ma con le munizioni con spoletta di prossimità è possibile causare molti danni, mettendo fuori uso i sistemi di guida dei missili antinave. Sono disponibili anche proiettili HE (ad alto esplosivo) e AP-T (perforanti-traccianti per impatti diretti), possibili peraltro solo entro il migliaio di metri. In questo caso la distruzione del missile o dell'aereo è immediata, ma meno probabile. Le munizioni perforanti ed esplosive sono assieme nel sistema di caricamento. Questo è molto diverso rispetto a quelli del periodo bellico, che si basavano su clip manualmente sistemati da 4 colpi, che ovviamente riducevano la cadenza di tiro pratica. Qui invece esistono due depositi, uno per cannone, serventi una canna l'uno, e capaci di ospitare centinaia di proiettili, sparandoli tutti in rapida sequenza. Il modello B è installato sulle navi più piccole e leggere e ha 444 colpi in totale. Il modello A ne ha 736, che consentono alle sue armi potenti ma con cadenza di tiro ridotta un'autonomia di fuoco di oltre 1 minuto. Vero è che la ricarica è molto più lenta di quella di un Phalanx, ma la capacità di ingaggio bersagli è probabilmente di 10-15 consecutivi, mentre per il tipo B la riserva è 444 colpi. Il sistema di direzione del tiro è vario, ma spesso viene installato il sistema Dardo, che rende la torretta un CIWS vero e proprio. La torretta con la sua caratteristica calotta bianca in vetroresina rinforzata, non ha equipaggio e l'installazione è esclusivamente telecomandata dalla direzione di tiro della nave, senza quindi impianti di tiro sull'affusto stesso. Così è possibile cambiare facilmente i sistemi di tiro ma è vero anche che essa è così priva di un sistema suo e quindi è necessario prevedere spazi e costi aggiuntivi, inoltre è richiesto un locale sotto il ponte cosa che limita le possibilità di installazione. Il sistema di guida verte su di una direzione di tiro RTN-20X in banda I/J di scoperta aerea, e il radar RTN-10X di piccolo diametro per il controllo del fuoco e l'inseguimento bersagli.
- Lanciarazzi multiplo SCLAR - Lo SCLAR è un sistema lanciarazzi multiplo prodotto dalla Breda Meccanica Bresciana, utilizzato in genere dalle navi per il lancio di falsi bersagli come bengala e chaff. Ha un calibro da 105mm, elevabile e brandeggiabile, e può lanciare in un raggio di 10 km anche razzi esplosivi, con la celerità di tiro di un razzo al secondo. Lo SCLAR può considerarsi un'arma vera e propria, sebbene i cannoni della nave possono assolvere alla funzione molto meglio di un lanciarazzi. La SCLAR ha avuto molto successo tra gli anni settanta e ottanta avendo esordito sulle Lupo e avendo trovato posto nel corso dei lavori di ammodernamento oltre che sulle unità di nuova costruzione, anche sulle unità costruite precedentemente al suo debutto, come nel caso dei cacciatorpediniere Classe Audace sugli incrociatori Classe Doria e sulla portaelicotteri Vittorio Veneto. Il lanciarazzi è stato progettato per l'accurata distribuzione di falsi bersagli per la difesa passiva della nave contro missili a guida IR e a ricerca radar. Lo SCLAR ha la possibilità di caricare simultaneamente diversi tipi di razzi quali Chaff, flares, decoys e bengala e quella di potere selezionaree automaticamente i razzi da lanciare. Grazie alla disponibilità di un gran numero di razzi, caricati in singoli contenitori sigillati ha la possibilità di ripetuti ingaggi. Altre caratteristiche sono il controllo automatico da parte della suite da guerra elettronica della nave, il pieno coordinamento con i sistemi di difesa attiva della nave, quali jamming e CIWS, e la capacità di funzionare in qualsiasi condizioni atmosferiche e in ambiente NBC.
- Siluri Whitehead A-244 - Il siluro A244/S o o A.244/S è un’arma leggera ASW che può essere lanciata sia da navi di superficie che da mezzo aereo come l'elicottero ed individua il bersaglio mediante sensori acustici. Il siluro utilizza un cercatore CIACIO-S, costituito da una testa di homing acustico contenente il gruppo trasduttore, trasmettitore e relativi circuiti Beamforming, e un telaio che ospita tutti i componenti elettronici rimanenti; la testa homing è in grado di modalità attive, passive o miste per avvicinarsi al bersaglio. Può anche discriminare tra esche e bersagli reali in presenza di forti riverberi mediante impulsi emessi in modo speciale e elaborazione del segnale. La sua ultima versione è A244/s mod.3, viene costruito dall'azienda italiana Leonardo (precedentemente WASS, poi confluita nel gruppo nel 2015) commercializzato dal consorzio italo/francese EuroTorp. Perché si continuano a fabbricare siluri se l’ultimo è stato lanciato più di vent’anni fa nella guerra delle Falkland? Perché avere una flotta di sommergibili armati in una Marina Militare è un deterrente che porta all’equilibrio delle forze nei teatri di possibili scontri. Il siluro è un’arma letale che da sola può affondare una nave, e il sommergibile è una piattaforma estremamente efficace in guerra. Le grandi Marine del mondo, americana, inglese, russa o indiana, hanno un numero di sommergibili e quindi di siluri molto elevato. Il siluro leggero A244/S mod.3 rappresenta l'ultimo aggiornamento della famiglia degli A244/S in dotazione a più di sedici Marine di tutto il mondo. L'A244/S Mod.3 è stato progettato per contrastare le minacce rappresentate dai sommergibili di ultima generazione con rivestimento anecoico e dotati di contromisure; può essere utilizzato in acque non profonde e costiere. Tuttavia, può navigare fino a profondità utili per opporsi a qualsiasi minaccia convenzionale, raggiungendo velocità superiori a 35 kt. L'A244/S Mod.3 è lungo 2,75 metri che raggiungono i 2,91 nel lancio in elicottero; in questo caso, infatti, il siluro è dotato di un paracadute per rallentare la velocità degli spruzzi e dargli il passo e la stabilità necessari. Quando tocca il mare, il paracadute si stacca. L'A244/S Mod.3 ha un sistema di propulsione molto potente formato da una batteria a 246 celle a basso impatto ambientale, che aumenta l'autonomia della versione mod. 3 del 50% rispetto alle precedenti. E' dotato di un'elettronica di ultima generazione, grazie alla quale è in grado di effettuare una "elaborazione digitale del segnale" (FFT - Fast Fourier Transformer) che, insieme al ridotto rumore prodotto dallo stesso siluro, gli permette di rilevare bersagli con bassa TS (Target Strength).
DOTAZIONE ELETTRONICA E RADAR
Notevole la componente elettronica dell'unità dotata sin dal 1970 del Sistema Automatico di Direzione delle Operazioni di Combattimento SADOC-1 Il radar tridimensionale di scoperta aerea lontana Hughes AN/SPS-52C era posizionato sull'albero di maestra prodiero. Il TACAN e il radar bidimensionale di scoperta aeronavale della Lockheed Electronics AN/SPS-40 erano collocati sul mack poppiero, mentre il radar di navigazione e di scoperta di superficie SMA MM-SPQ-2B era collocato sull'albero di trinchetto. Il radar bidimensionale di scoperta aeronavale AN/SPS-40 era stato acquisito in attesa che venisse sviluppato il nuovo modello di produzione nazionale MM/SPS-768 che fu prodotto a partire da novembre 1975 e avrebbe equipaggiato tutte le unità di altura della squadra navale a partire dalla seconda metà degli anni settanta. I due radar guida-missili Sperry AN/SPG-55A erano posizionati sulla sommità della struttura centro-prodiera. Le quattro centrali di tiro ELSAG -Elettronica San Giorgio Argo NA-10/RTN-10X, ciascuna asservita ad una coppia di cannoni da 76/62, erano sistemate una a prora, una a poppa e due in posizione centro-laterale. Il sistema di guerra elettronica I.F.F. e E.S.M./ECM era Abbey Hill e disponeva di due lanciarazzi chaff/jammers/flares SCLAR Breda-Elsag collocati ai due lati dell'unità. La nave era dotata di sistema di comando e controllo SADOC-1 e di un sonar a scafo a media frequenza AN/SQS-23G a cui erano associati i sensori degli elicotteri imbarcati. L'elettronica della nave, dopo il ciclo di lavori a cui la nave fu sottoposta tra il 1980 e il 1983, fu completamente rinnovata con l'acquisizione delle più recenti apparecchiature e dei nuovi sistemi d'arma, caratterizzando il nuovo aspetto dell’unità. Il radar bidimensionale di scoperta aerea lontana AN/SPS-40 è stato sostituito dal nuovo radar di costruzione nazionale Selenia MM/SPS-768 con secondario IFF Mk XII, installato sul mack di poppa alla cui sommità era collocata l'antenna del TACAN, Face Standard del tipo URN-25, per la radionavigazione degli elicotteri imbarcati. Il radar di scoperta di superficie SMA MM/SPS-702 con secondario IFF, con antenna collocata su una mensola del mack prodiero, ha sostituito il precedente radar SMA MM/SPQ-2B di navigazione e scoperta navale e dopo i lavori la nave fu equipaggiata con radar di navigazione MM/SPN-748, con antenna collocata sul cielo della plancia. A proravia del mack prodiero vi erano i due radar guidamissili Sperry AN/SPG-55B search per missili Standard, che hanno sostituito i precedenti AN/SPG-55A asserviti ai Terrier, mentre asserviti al sistema di difesa di punto CIWS Dardo vi erano due direzioni di tiro Selenia-Elsag Orion SPG-74 RTN-20X, collocate lungo l'asse longitudinale a prora e a poppa:
- Centrale Operativa di Combattimento “Sadoc-1” - SADOC è l'acronimo di Sistema Automatico di Direzione delle Operazioni di Combattimento, è la denominazione del primo sistema di comando e controllo della Marina Militare Italiana, ripresa dalla Bibbia dal nome del sacerdote ebraico determinante nel portare al trono il re Salomone, il quale dopo avere eretto il Tempio di Gerusalemme, nominò Sadoc quale primo Sommo sacerdote. Nel 1968 venne istituito a Roma il "Centro di programmazione e addestramento ai Sistemi Automatici di Direzione delle Operazioni di Combattimento della Marina Militare" (MARICENSADOC), con il compito di sviluppare il primo sistema di comando e controllo navale italiano e curare l'addestramento dei futuri operatori. Nel 1970 MARICENSADOC venne trasferito a Taranto, all'interno del comprensorio di MARICENTADD, il Centro di Addestramento Aeronavale, costituitosi nel 1972, cambiando la sua denominazione da MARICENSADOC all'attuale denominazione di MARICENPROG, Centro di Programmazione della Marina Militare, dove viene formato il personale all'uso dei sistemi, scelta che permette di unire le competenze dei tecnici sviluppatori alle esperienze del personale destinato ai sistemi a bordo. Il Sistema Automatico di Direzione delle Operazioni di Combattimento ha avuto nel tempo varie evoluzioni, l'ultima delle quali il nuovo sistema SADOC 4, destinato ad equipaggiare le unità di nuova costruzione. Il Sistema Automatico di Direzione delle Operazioni di Combattimento denominato SADOC-1 venne realizzato prendendo a modello il NTDS americano utilizzava un elaboratore americano CP642B e monitor SYA e venne imbarcato nel 1970 sugli incrociatori lanciamissili Doria e Duilio e sull'incrociatore lanciamissili portaelicotteri Vittorio Veneto. Il sistema venne imbarcato anche sui due nuovi cacciatorpediniere lanciamissili Audace e Ardito.
- Radar guida-missili Sperry AN/SPG-55 - L’ AN / SPG-55 era un radar di tracciamento e illuminazione per i sistemi missilistici terra-aria Terrier, Standard SM-1 e Standard SM-2. E’ stato utilizzato per il monitoraggio del bersaglio e la guida missilistica su numerose navi degli Stati Uniti e un certo numero di marine alleate. L'AN / SPG-55 faceva parte del sistema di controllo missilistico Mk 76. Il radar includeva un trasmettitore e ricevitore di impulsi in banda C per il tracciamento del bersaglio e un trasmettitore CW -X per l'illuminazione del bersaglio e un ricevitore per il rilevamento del bersaglio Doppler. Furono progettate 3 varianti dell’SPG-55. Era un radar guida missili imbarcato, sviluppato dalla ditta Sperry Corporation per la US Navy. L'AN/SPG-55 fungeva da radar di guida per i missili terra-aria RIM-67 e RIM-2 Terrier. Funzionava nella gamma di frecuenze tra 5,4 e 5,9 GHz e, se necessario, poteva essere utilizzato anche come radar di ricerca improvvisato. L'AN/SPG-55 è stato utilizzato a bordo degli incrociatori di classe Belknap, dei cacciatorpediniere di classe Farragut, delle portaerei di classe Kitty Hawk e degli incrociatori di classe Leahy. La Sperry Corporation e la Radio Corporation of America produssero le seguenti versioni: l'AN/SPG-55, che era il modello originale; l'AN/SPG-55A, che poteva anche guidare missili a guida semi-attiva; l'AN/SPG-55B, che supportava la guida a fascio e il puntamento dei missili Terrier e dei missili Standard più recenti. L'AN / SPG-55 è stato operativo e schierato per la prima volta nel 1961. Da allora è stato modificato più volte, l'ultima modifica è stata designata come Mod 10. L' AN / SPG-55 era un radar americano di tracciamento / illuminazione per missili standard Terrier e RIM-67 (SM-1ER / SM-2ER). È stato utilizzato per il tracciamento del bersaglio e la guida del missile terra-aria come parte del sistema di controllo del fuoco missilistico Mk 76. Era controllato da un computer UNIVAC 1218. L'AN/SPG-55 è un radar di guida sviluppato per l'uso con il missile RIM-2 Terrier. Ha sostituito l'AN/SPQ-5 e faceva parte del Mk 76 Terrier FCS. Questo radar fu dispiegato per la prima volta nel 1961, a bordo della Long Beach e sulla classe Coontz. Distribuito in 4 versioni: SPG-55A - parte della Mk 76 Mod 1 FCS. originariamente utilizzata dalle navi della classe Long Beach e Coontz. SPG-55B - utilizzato nella classe Coontz. parte dell'Mk 76 Mod 2 FCS. SPG-55C - utilizzato sulle classi Bainbridge, Leahy, Vittorio Veneto e Andrea Doria. SPG-55D - Parte del New Threat Upgrade (NTU) per le navi Terrier, di cui fanno parte dell'Mk 76 Mod 10 FCS. Sono stati utilizzati a bordo della classe Belknap e della Long Beach. Questo ha permesso a queste navi di guidare il missile RIM-67 Standard ER.
- Radar bidimensionale di scoperta aeronavale AN/SPS-40 - L’ AN/SPS-40 è un radar bidimensionale per la ricerca aerea a lungo raggio della Marina degli Stati Uniti in grado di fornire rilevamento e portata dei contatti. E 'stato utilizzato su moltissime unità navali dell’Us Navy e delle marine alleate. La sua antenna "a cesto" con la linea di alimentazione sopra le righe era una vista familiare in tutta la Marina fino alla fine degli anni '80. È stato sostituito dall'AN/SPS-49 sulle navi più recenti e sulle navi che hanno ricevuto l' aggiornamento New Threat. L'SPS-40, utilizzando tubi a vuoto, era notoriamente sensibile alle vibrazioni ed agli spari a bordo della nave. Una successiva riprogettazione in un sistema in gran parte allo stato solido non solo ha migliorato le sue prestazioni (riducendo di oltre la metà il numero di armadietti), ma presentava anche una delle migliori unità MTI (Moving Target Indicator) della flotta - una rarità nei primi anni '70.
- Centrali di tiro ELSAG -Elettronica San Giorgio Argo NA-10/RTN-10X - L’RTN-10X "Orion" alias MM/SPG-70 (MM sta per Marina Militare, una nomenclatura per la Marina Militare Italiana, simile alla nomenclatura AN/…) dell'Esercito/Marina USA) operava in I-Band tracking e controllo del fuoco radar. Nel Regno Unito anche la Royal Navy acquisì questo radar con la designazione Tipo 912. Il radar utilizzava due canali operativi: modalità a impulsi per la ricerca del bersaglio e modalità a onda continua per l'illuminazione del bersaglio. L'antenna utilizzava un riflettore paraboloide a lamelle. Si basa su un'antenna a fascio stretto a scansione conica, con alimentazione a tre porte e utilizzava un magnetron con capacità di sintonizzazione rapida. L’RTN-10X "Orion" era utilizzato in combinazione con diversi sistemi di controllo del fuoco per controllare i tiri di cannoni e missili. Era un’antenna adatta per l'installazione su navi di qualsiasi dimensione.
- Sonar a media frequenza AN/SQS-23G - Il sistema di guerra antisommergibile forniva funzionalità di ricerca, rilevamento e tracciamento per imbarcazioni di superficie e sottomarini. Gli operatori esperti potevano classificare le navi bersaglio dagli echi audio e visivi. Con un sistema sonar a bassa frequenza, l’unità cercava bersagli subacquei ostili e li tagliava attraverso il suo sistema di combattimento per l'ingaggio tramite il suo sistema d'arma ASW: i tubi lanciasiluri Mk32. L'AN/SQS-23 era un sonar di ricerca e attacco a scansione azimutale a lungo raggio utilizzato per applicazioni di ricerca, analisi di ricerca, attacco-RDT, attacco-SDT e chiavi manuali. Installato nelle navi di classe DDG-2 e DDG-16, utilizzava il display centrale della nave (SCD) per le operazioni di ricerca e il display centrale del bersaglio (TCD) per l’attacco. L'SQS-23, schierato per la prima volta nel 1958 ed operante a 5 kHz, richiedeva un trasduttore di diametro superiore a 20 piedi. Il guadagno previsto per un array così enorme era rappresentato da intervalli di rilevamento del percorso diretto di oltre 10.000 iarde e il primo utilizzo della propagazione del rimbalzo dal basso per il rilevamento oltre il percorso diretto. L'SQS-23 ha incontrato seri problemi durante il suo primo decennio di utilizzo operativo e non è mai stato in grado di raggiungere in modo affidabile intervalli di rilevamento del rimbalzo del fondo, sebbene estendesse i raggi del percorso diretto fino al punto in cui il cacciatorpediniere divenne ancora una volta limitato dall'arma piuttosto che dal sensore limitato in un impegno tattico contro un diesel sommerso a batteria. L'SQS-23 era anche troppo grande per essere montato su tutti tranne i più grandi cacciatorpediniere della seconda guerra mondiale, e il previsto seguito all'SQS-23, l'SQS-26 da 3,5 kHz, rese le cose ancora peggiori con un trasduttore ancora più grande e maggiori requisiti di potenza. Ciò ha dimostrato che sarebbe stata necessaria una nuova costruzione per creare una piattaforma ASW di superficie adeguata, ma che anche se progettate come fregate austere, solo ASW, sarebbero state più grandi e molto più costose delle più grandi DD della seconda guerra mondiale. Infatti, a partire dal 1960, 58 navi SQS-26 furono autorizzate delle classi Bronstein (2), Garcia (10) e Knox (46), ma anche l'SQS-26 ebbe problemi simili all'SQS-23 e non fu completamente accettato per l'uso di servizio dalla Marina fino al 1968. Anche limitata ai campi di rilevamento del percorso diretto dell'SQS-23, la comunità dei cacciatorpediniere ha avuto problemi a sviluppare armi e sistemi di controllo del fuoco in grado di tracciare e attaccare i contatti ad alta velocità alle distanze in cui li li rilevava l’SQS-23.
AEROMOBILI IMBARCATI
La nave poteva imbarcare fino a 9 elicotteri leggeri di tipo Agusta-Bell AB 204, poi sostituiti dagli AB 212 ASW, o sei elicotteri SH-3D Sea King:
- Agusta-Bell AB 204 ASW - L’agusta-Bell AB-204 ASW era la versione costruita su licenza in Italia del Bell UH-1 Iroquois, comunemente detto Huey, era un elicottero statunitense multiruolo famoso per il suo largo impiego durante la guerra del Vietnam. L'UH-1 era un elicottero leggero utility progettato dalla Bell Helicopter di Fort Worth, Texas e nacque da una gara indetta dall'US Army nella prima metà degli anni cinquanta. A seguito della vittoria, seguì il prototipo, denominato XH-40, che volò per la prima volta nello stabilimento Bell il 22 ottobre del 1956, spinto da un motore turboalbero Lycoming T53-L-1A da 860 shp. All'XH40, seguirono altri 6 prototipi di preserie, siglati YH-40 e consegnati dall'agosto del 1958. I test di volo furono assai soddisfacenti e indussero l'US Army a farlo produrre su larga scala. Ridenominato dall'esercito statunitense prima HU-1 e poi UH-1 (H sta per "Helicopter", U per "Utility"), divenne il nuovo elicottero multiruolo dell'Aviazione dell'Esercito USA. Questo modello andava a soppiantare i tipi H-34 e H-21 a pistoni, mezzi affidabili ma lenti, pesanti ed onerosi sotto il profilo della manutenzione. La vera novità dell'UH-1 (come nel frattempo era stato ridenominato) era l'adozione del motore a turboalbero che, oltre ad essere considerevolmente più leggero di un motore a pistoni, garantiva un minore rapporto peso/potenza. Ma, in generale, si può dire che l'aspetto era assai moderno rispetto alle macchine contemporanee e la Bell lo denominò commercialmente model B-204.
- AB 212 ASW - L’Agusta-Bell AB 212 ASW (Anti Submarine Warfare) è un elicottero antisommergibile medio biturbina con rotore a due pale, sviluppato dall'Agusta sulla base dell'AB 212, che l'azienda produceva su licenza della statunitense Bell. Il progetto risponde ad un requisito della Marina Militare Italiana per un elicottero medio imbarcabile su tutte le fregate e cacciatorpediniere, in sostituzione degli AB 204 AS e per le esigenze militari di altre nazioni interessate al progetto. L'Agusta nel 1969 acquisì la licenza per la costruzione del B-212 avviando il programma di adattamento per una versione antisommergibili; nel 1972 il prototipo dimostrativo, iscritto nel registro dell'Aviazione Civile come I-AGUR, che fin dal 1971 aveva iniziato voli di prova, venne allestito nella versione antisommergibile iniziando un'intesa attività promozionale a beneficio delle nazioni interessate alla sua acquisizione. Inizialmente gli AB-212 costituivano il reparto di volo degli incrociatori classe Doria che ne potevano imbarcare fino a quattro e in seguito del Vittorio Veneto che ne poteva imbarcare fino a nove velivoli. L'AB 212 ASW/ASuW è specificamente dedicato alla lotta antisommergibile e antinave, con una struttura irrobustita con protezione contro la salsedine per l'impiego prolungato a bordo delle unità navali. La cellula base è stata anch'essa irrobustita per sopportare pesi maggiori e resa idonea per l'installazione di uno specifico corredo di sensori e armamento, tra cui il radar di scoperta SMA MM/APS-705, sonar ad immersione Bendix AQS-13B(D), MAD (Magnetic Anomaly Detector) a rimorchio AN/ASQ-81, 16 boe sonar, radar Doppler di navigazione, FLIR STAR SAFIRE II, sistema di controllo automatico del volo AFCS. L'armamento nella versione ASW è costituito due siluri leggeri da 324mm A-244, oppure del tipo Mk.44-Mk.46, mentre per l'impiego antinave l'elicottero è armato con due missili aria/superficie AS-12. Oltre a ciò l'elicottero può essere dotato di apparato LINK/TG-2, per la guida di missili superficie-superficie tipo Teseo. Agli inizi degli anni 2000, alcuni AB-212ASW sono stati dotati del FLIR STAR SAFIRE AN/AAQ-22, che permette di estendere la capacità di scoperta ottica grazie a una telecamera ed a un sensore infrarosso giro stabilizzato. Per le operazioni di volo su mare di notte, o in condizioni di bassa visibilità, l'Agusta ha sviluppato il sistema di stabilizzazione automatico ASE (Automatic Stabilization Equipment) che, associato all'AATH (Automatic Approach to Hover), è in grado, tramite il programma AP1 e AP1 Cruise, di far volare il mezzo ad una quota compresa tra 100 e 160 piedi, con la velocità che viene mantenuta manualmente dal pilota. Il programma AP2 porta automaticamente l'elicottero in hovering ad una quota stabilita dal pilota tramite un selettore in cabina. Una volta acquisito l'hovering, il pilota può variare la posizione tramite due manopole “Hover Trim”, che fanno compiere piccoli spostamenti in qualsiasi direzione. Il programma CBL (Cable), mantiene l'elicottero in hovering con il cavo del sonar perfettamente al centro, quando quest'ultimo è in acqua. Rispetto all'AB 212 basico, nella versione ASW i due portelloni laterali sono stati sostituiti da porte di piccole dimensioni. Tuttavia ciò non impedisce l'utilizzo del verricello di soccorso, installato sul lato destro, e il conseguente imbarco in volo della barella. Grazie all'aggiunta di tre serbatoi in cabina, l'autonomia massima è passata dalle 2 ore e 30 minuti dell'AB 212, a circa 3 ore e 30 minuti. Possono essere montati serbatoi ausiliari esterni, aumentando l'autonomia di ulteriori 30 minuti. L'elicottero è dotato di galleggianti d'emergenza, che garantiscono la temporanea galleggiabilità dello stesso nel caso di un ammaraggio di emergenza. Per operazioni di volo su unità navali, l'AB 212 ASW dispone di 12 punti di rizzaggio che permettono di ancorare l'elicottero al ponte di volo o all'interno dell'hangar delle unità navali mediante l'uso delle rizze, ovvero un sistema di cavi o catene capaci di trattenere oggetti mobili di grandi dimensioni durante i movimenti della nave. L'equipaggio standard è composto da due piloti, un operatore radar e un operatore sonar. Nel caso di trasporto passeggeri, può essere rimosso l'apparato sonar, per lasciar spazio ad un sedile 4 posti. In configurazione medevac (evacuazione medica) possono essere installate fino a 3 barelle. L'elicottero è anche predisposto per l'installazione di un kit per il lancio di paracadutisti. Grazie all'installazione del gancio baricentrico sotto la pancia dell'elicottero è possibile effettuare dei trasporti esterni di materiali, durante le operazioni di rifornimento tra unità navali, oppure installare una benna del tipo Bambi Bucket per le missioni di antincendio.
- Agusta SH-3D Sea King ASW - L’SH-3 Sea King (denominazione della società S-61) è un elicottero americano bimotore antisommergibile (ASW) progettato e costruito dalla Sikorsky Aircraft costruito su licenza in Italia dalla Agusta. Un progetto di riferimento, è stato uno dei primi velivoli ad ala rotante ASW ad utilizzare motori turboalbero. Il Sea King ha le sue origini negli sforzi della Marina degli Stati Uniti per contrastare la crescente minaccia dei sottomarini sovietici durante gli anni '50. Di conseguenza, l'elicottero è stato specificamente sviluppato per fornire una piattaforma ASW capace; in particolare, combinava i ruoli di cacciatore, che in precedenza erano stati svolti da due elicotteri separati. Il Sea King fu inizialmente designato HSS-2, che doveva implicare un livello di comunanza con il precedente HSS-1; è stato successivamente ridisegnato come SH-3A durante i primi anni ’60. Introdotto in servizio nel 1961, è stato gestito dalla Us Navy come ASW chiave e risorsa di utilità per diversi decenni prima di essere sostituito dal Sikorsky SH-60 Seahawk non anfibio negli anni '90. Alla fine del 1961 e all'inizio del 1962, un HSS-2 Sea King della Marina degli Stati Uniti modificato venne utilizzato per battere i record di velocità dell'elicottero FAI 3 km, 100 km, 500 km e 1000 km. Il Sea King ha anche svolto vari altri ruoli e missioni come ricerca e salvataggio, trasporto, anti- nave, medevac, guardia aerea e operazioni di allerta rapida in volo. Il Sea King ha anche dimostrato di essere popolare sul mercato delle esportazioni con clienti militari stranieri ed è stato venduto anche ad operatori civili. A partire dal 2015, molti esemplari dell’elicottero rimangono in servizio nelle nazioni di tutto il mondo. Il Sea King è stato costruito su licenza da Agusta in Italia, Mitsubishi in Giappone e da Westland nel Regno Unito come Westland Sea King. Le principali versioni civili sono S-61L e S-61N.
SERVIZIO OPERATIVO DEL VENETO
Costruita dalla Navalmeccanica nel cantiere navale di Castellammare di Stabia, l'unità fu impostata il 10 giugno 1965, varata il 5 febbraio 1967 e consegnata alla Marina Militare il 12 luglio 1969. Il primo comandante dell'unità è stato il capitano di vascello Vittorio Marulli che sin dal 1966 ne aveva diretto l'allestimento e che con il grado di ammiraglio di squadra sarebbe stato dal settembre 1981 al gennaio 1984 Comandante in Capo della Squadra Navale e dal 7 febbraio 1984 al 15 ottobre 1985 Capo di Stato Maggiore della Marina. Durante la seconda guerra mondiale Marulli aveva prestato servizio in qualità di ufficiale sull'omonima nave da battaglia.
Dopo avere raggiunto per la prima volta la sua base operativa di Taranto il 30 ottobre, il 4 novembre, cinque giorni dopo, riceveva a Trieste la Bandiera di combattimento, donata dalla città di Vittorio Veneto. A consegnare la bandiera di combattimento è stata la contessa Maria Francesca Frascara vedova dell'ammiraglio Corso Pecori Giraldi, già comandante della nave da battaglia Vittorio Veneto durante la seconda guerra mondiale e dal 1955 al 1962 capo di stato maggiore della Marina.
Dopo appena un anno di servizio e di messa a punto, la nave partì per una lunga crociera addestrativa tenutasi fra il 25 aprile e il 23 agosto 1970 in nord Atlantico, toccando diversi porti americani ed europei.
In seguito all'uscita dalla squadra dell'incrociatore lanciamissili Garibaldi, nel 1971 il Vittorio Veneto assunse anche il ruolo di nave ammiraglia, che cedette all'incrociatore portaeromobili Giuseppe Garibaldi nel 1987.
Nel corso della sua attività l'incrociatore Vittorio Veneto ha partecipato a numerosissime esercitazioni nazionali ed internazionali, svolgendo sempre la funzione di nave comando di gruppi di scorta a unità portaerei o di convogli complessi.
Nel 1972, fra il 16 agosto e il 29 ottobre, accompagnato da due fregate della classe Bergamini, prese parte ad una lunga campagna addestrativa nel Sud America.
Nell'inverno e nella primavera del 1973 il Vittorio Veneto ha partecipato con l'Andrea Doria e il 3º Gruppo elicotteri al soccorso delle popolazioni colpite dalle alluvioni in Tunisia. Più tardi prese parte alle operazioni di soccorso delle popolazioni nazionali colpite dai terremoti del Friuli nel 1976 e dell'Irpinia nel 1980.
Nel 1978 il Vittorio Veneto fu impiegato nella crociera di addestramento estiva degli allievi del secondo anno dell'Accademia di Livorno in sostituzione del San Giorgio, fermo ai lavori, dopo che crociera addestrativa del 1977 aveva messo a dura prova le strutture della nave che durante la navigazione nell'Oceano Indiano era stata investita dai monsoni. Per l'occasione l'hangar del Vittorio Veneto fu attrezzato come dormitorio per gli allievi.
Fra il 7 luglio e il 20 agosto del 1979 il Vittorio Veneto, con l'incrociatore Andrea Doria e con il rifornitore di squadra Stromboli, ha costituito l'VIII Gruppo navale che nelle acque del Golfo di Thailandia e nel Mar Cinese Meridionale ha incrociato in soccorso dei "boat people". Il Gruppo navale soccorse e portò in Italia al rientro a Venezia circa un migliaio di profughi vietnamiti che fuggivano dal loro paese.
Nel febbraio del 1984, nel corso del primo impiego di truppe italiane al di fuori del confini nazionali dalla fine della seconda guerra mondiale il Vittorio Veneto, sotto l'egida dell'O.N.U., partecipò alla seconda fase della operazione "Libano Due", scortando i convogli da e per l'Italia e garantendo l'appoggio e la copertura dei contingenti nazionali schierati a Beirut.
Nel febbraio del 1985 ha ospitato il presidente della Repubblica Pertini in visita ufficiale in Egitto.
All'inizio di ottobre del 1985 il Vittorio Veneto prese parte all'Operazione Margherita per ombreggiare il transatlantico Achille Lauro sequestrato da terroristi palestinesi. L'operazione fu coordinata proprio dal Vittorio Veneto e in tale occasione sull'unità navale furono imbarcati incursori paracadutisti del COMSUBIN.
Con l'entrata in servizio del nuovo incrociatore portaeromobili Giuseppe Garibaldi, avvenuta il 30 settembre del 1985, il Vittorio Veneto ha perso il ruolo di nave ammiraglia ma non ha smesso di ricoprire ruoli importanti, partecipando attivamente a tutte le più importanti esercitazioni nazionali ed internazionali.
Nel corso dell'operazione Ibis tra l'11 dicembre 1992 e il 14 aprile 1993, il Vittorio Veneto ha operato come nave comando del 24º Gruppo navale composto anche dalla fregata Grecale, il rifornitore di squadra Vesuvio e le navi da sbarco San Giorgio e San Marco con gli uomini del Battaglione "San Marco".
Dal 20 aprile all'8 settembre del 1993 il Vittorio Veneto è stata Nave Sede Comando dello STANAVFORMED, la forza navale permanente nel Mediterraneo della N.A.T.O., nell'operazione “Marittime Guard” in Adriatico per operazioni di controllo in seguito al susseguirsi degli avvenimenti nella ex Iugoslavia e per costituire una prima cinta difensiva antiaerei al territorio nazionale.
Dal 14 al 27 aprile 1997, in qualità di sede di comando del XXVIII Gruppo navale, prese parte all'operazione Alba. Nel corso della missione, il 22 aprile si arenò sulle coste dell'Albania, di fronte al porto di Valona, senza riportare particolari danni, ma con un danno d'immagine per la Marina Militare Italiana: quella notte, a causa del forte vento levatosi, le ancore iniziarono ad arare il fondo, si tentò di mettere in pressione le macchine per manovrare, ma dalle griglie sotto lo scafo i condensatori aspirarono sabbia, entrando in avaria. La nave era l'ammiraglia dell'operazione in corso, e stava trasportando truppe e mezzi da sbarcare in Albania, nell'ambito dell'Operazione Alba. La nave fu disincagliata alcuni giorni dopo da unità da rimorchio della Marina Militare, giunte in soccorso dal porto militare di Taranto. In seguito all'incidente il comandante dell'unità capitano di vascello Vincenzo De Fanis ha chiesto e ottenuto di essere sostituito, tre mesi prima della scadenza prevista. Il suo successore è stato il pari grado Giuseppe De Giorgi, già aiutante di bandiera dell'ammiraglio Mariani nel Golfo Persico nell'Operazione Golfo 1 e figlio dell'ammiraglio Gino De Giorgi che in qualità di capo di stato maggiore della Marina (1973 - 77) aveva pubblicato nel novembre 1973 un documento noto "Libro Bianco della Marina" che di lì a qualche anno avrebbe portato alla Legge navale del 1975 che fu il presupposto di un sostanziale ammodernamento della flotta della Marina Militare.
L'Operazione Alba fu anche l'ultima missione operativa del Vittorio Veneto, che da quel momento in poi ha svolto solo missioni di rappresentanza e campagne addestrative per gli Allievi della seconda classe dell'Accademia navale di Livorno e per gli allievi marescialli della Scuola sottufficiali di Taranto.
Nell'ottobre del 1999 il Vittorio Veneto assunse il compito di Nave di Bandiera del Comandante delle Forze d’Altura.
Il 9 settembre 2003 la nave ha ospitato il Presidente della Repubblica Ciampi in occasione della commemorazione del 60º anniversario dell'affondamento della corazzata Roma.
La nave non è stata più operativa dal 1º novembre 2003, a circa un mese dal rientro dall'ultima campagna addestrativa per Allievi Marescialli, avvenuto il 12 ottobre 2003, quando è stata ritirata dal servizio attivo e posta in riserva anche a causa dei crescenti costi e dell'obsolescenza strutturale in generale e dell'apparato motore in particolare. Il Vittorio Veneto ha resistito, grazie agli ammodernamenti, per più tempo rispetto ai più vecchi Doria, radiati nei primi anni novanta, ma la sua opera è stata poi demandata al Garibaldi, che affida a caccia VSTOL la difesa aerea, rinunciando ai SAM a lungo raggio, e usando, al posto dei cannoni da 76 mm, due lanciamissili Selenia Aspide/Albatros.
Nel ruolo di nave ammiraglia della Marina Militare, il Vittorio Veneto sostituiva l'incrociatore lanciamissili Giuseppe Garibaldi, disarmato nel 1971, per poi essere sostituita a partire dal 1985 dalla portaerei leggera/incrociatore portaeromobili Giuseppe Garibaldi. A titolo di curiosità le due unità ammiraglie - quella precedente e quella successiva alla Vittorio Veneto - erano accomunate, oltre che dallo stesso nome, anche dallo stesso distintivo ottico 551.
La nuova ammiraglia della Squadra navale la portaerei Cavour ha ereditato il distintivo ottico 550, lo stesso che aveva contraddistinto il Vittorio Veneto.
IL PROGETTO DI NAVE-MUSEO E IL “FINE-VITA” IN TURCHIA
L'incrociatore Vittorio Veneto è stata in disarmo dal 29 giugno 2006, cioè gli erano stati tolti gli otturatori dai cannoni e gli stessi erano stati tagliati e sigillati con tappi di bronzo, ma restava comunque per il momento un'unità della Marina Militare iscritta al quadro del naviglio militare. Il Vittorio Veneto era in predicato di diventare la prima nave-museo italiana; era stato annunciato che la realizzazione sarebbe stata effettuata entro il 2010, ovvero poco prima delle previste celebrazioni del 150º anniversario dell'Unità d'Italia che si svolsero nel 2011, ma i termini dichiarati non sono stati rispettati. L'ostacolo fondamentale alla realizzazione del progetto, oltre alla mancanza di fondi, era la massiccia presenza di amianto nella nave, che andava rimosso e trattato per poterla aprire al pubblico.
Le operazioni di smantellamento definitivo della ex ammiraglia della Marina Militare sono state ultimate da tempo. L’incrociatore giunto in Turchia assieme al pattugliatore Granatiere (acquisite entrambe dalla società “SIMSEKLER”) era oramai giunto al capolinea vedendosi oggetto degli interventi di demolizione. La società turca aveva vinto la gara tra quattro imprese offrendo tre milioni e 382 mila €. Il pattugliatore Granatiere era oramai fuori dal servizio attivo dall’ottobre 2015, mentre per l’incrociatore Vittorio Veneto si auspicava un destino diverso.
La nave, assegnata tra le unità di base a Taranto, era stata radiata nel 2007 dopo essere uscita dal servizio attivo nel 2005, trovandosi da tempo nel Mar Piccolo. In molti ne hanno chiesto la trasformazione in un museo navale ma senza successo. Nel maggio 2018 lo scafo del Vittorio Veneto è stato posto in vendita e l'8 giugno 2021 ha lasciato definitivamente il porto di Taranto per un indifferibile destino finale.
(Fonti delle notizie: Web, Google, cosmopolismedia, Wikipedia, You Tube)
Il missile ALFA conservato a Cameri
I 4 pozzi per i missili IRBM "ALFA" già installati sull'incrociatore GARIBALDI; per il Vittorio Veneto erano stati previsti in sede di progetto nella tuga a centro nave.