martedì 2 aprile 2019

Il MIG 17 e quello bulgaro atterrato il 20 gennaio 1962 tra le campagne di Acquaviva delle Fonti e Sannicandro di Bari



Il Mikoyan-Gurevich MiG-17 (Микояна и Гуревича МиГ-17 in caratteri cirillici) era un caccia sovietico degli anni cinquanta che trovò ampio impiego in tutte le aeronautiche del blocco socialista. Il suo nome NATO è Fresco.

Progettazione

La filosofia sovietica era, generalmente, di ideare un disegno di massima, realizzarlo velocemente e successivamente migliorarlo e modificarlo durante la produzione. Se qualcosa funzionava bene, il passo successivo era di renderlo più efficiente.
Nel 1949, l'OKB Mikoyan-Gurevich fu incaricato di progettare un derivato del MiG-15 che avesse prestazioni migliori e che fosse sia un caccia multiruolo che un caccia intercettore ognitempo. I progettisti crearono così una nuova ala per il vecchio MiG-15, con angolo di freccia di 45° invece degli originali 35°, e procedettero a modificare il MiG-15bis con la nuova ala. Il nuovo modello fu denominato sia MiG-15bis 45 che I-330, poi izdeliye SI(progetto SI) e furono costruiti due prototipi.
Il primo prototipo fu provato in volo il 14 gennaio 1950, con il pilota collaudatore I. T. Ivaschchenko ai comandi.
Visto di fianco lo SI assomigliava moltissimo al MiG-15bis, con lo stesso andamento della linea del cupolino e lo stesso tipo di carrello, di armamento ed avionica. La parte posteriore della fusoliera era allungata di 90 cm e la deriva, simile a quella del MiG-15bis era più grande. Sia l'allungamento della fusoliera che la deriva più grande non erano differenze molto evidenti, quanto invece la pinna ventrale sotto al motore.
Visto in pianta, le similitudini col predecessore erano molto meno marcate. La nuova ala a freccia aveva la configurazione a "scimitarra", con un angolo iniziale di 49° nella metà vicina alla radice e finale di 45,5° nella metà più estrema. La nuova ala aveva anche un'area maggiore del 10% ed un angolo diedro negativo di 3° e non di 2° come per il MiG-15, mentre l'angolo d'attacco restava di un grado. Inoltre erano presenti tre piastre antiscorrimentosul dorso invece che due. La freccia dei piani di coda era di 45° e non più 40°.
Il primo prototipo si dimostrò effettivamente migliore del MiG-15bis, sebbene avesse un raggio d'azione leggermente inferiore. Lo SI si portava in volo anche più facilmente ed era più agile, ma i controlli erano un poco più duri. C'erano d'altra parte alcuni difetti su cui lavorare: infatti, il 17 marzo 1950, il prototipo iniziò una picchiata senza controllo ed in pochi secondi si distrusse al suolo non lasciando scampo ad Ivaschchenko. Fortunatamente per il programma, il secondo prototipo era già pronto per le prove di volo ed i collaudi procedettero senza interrompersi.
L'aereo di preserie, in configurazione caccia multiruolo, volò nel 1951 e lo stesso anno fu messo in servizio col nome di MiG-17, Fresco per l'Occidente. Tanta era l'urgenza che furono messi in produzione ancor prima che i collaudi fossero terminati, col primo aeroplano di serie uscito di fabbrica nel 1952. Questo montava grossi aerofreni in coda, una avionica aggiornata, ed un sistema elettrico di accensione del motore, il quale era stato installato anche sull'ultimo prototipo.



Il MiG-17 in servizio

Medio Oriente

Durante gli anni cinquanta il MiG-17 ed il MiG-17F sostituirono il MiG-15 nella prima linea della V-VS, mentre il MiG-17P ed il MiG-17PF iniziavano a diventare l'intercettore della PVO, la guardia nazionale dell'URSS. In quegli anni gli USA erano particolarmente arditi nel compiere missioni di ricognizione in territorio sovietico ed i comunisti avevano il grande desiderio di rendere il favore.
Due MiG-17 ebbero il "battesimo del fuoco" il 29 luglio 1953, quando un Boeing RB-50 penetrò nello spazio aereo sovietico vicino a Vladivostok. Il Boeing fu abbattuto ed ufficialmente tutto l'equipaggio morì, ma vi furono voci che qualcuno dei piloti sopravvisse, fosse stato interrogato e poi giustiziato. I due piloti dei MiG furono decorati per l'azione. Vi furono occasionali contatti tra i MiG-17 e velivoli intrusi per tutto il resto della decade. Agli inizi del 1956 ebbero una frustrante esperienza nel tentativo di intercettare gli aerei spia Lockheed U-2 che sorvolavano l'Unione Sovietica. Un U-2 volava così ad alta quota che semplicemente un MiG-17 non poteva avvicinarglisi.
La squadra "rosso cinque" della V-VS si trasferì sui MiG-17F nella metà degli anni '50, ma dato che volavano su nove aeroplani, l'appellativo di "rosso cinque" non era più tanto appropriato. Nel 1960 il MiG-17 fu spostato in seconda linea nella V-VS, mentre la versione MiG-17AS era impiegata nel ruolo d'attacco. Inevitabilmente i più vecchi MiG-17 furono utilizzati come bersagli durante gli anni sessanta ed oltre. Alcuni MiG-17 restarono in servizio con la DOSAAF durante gli anni ottanta.
Come il MiG-15, il MiG-17 fu ampiamente esportato verso i Paesi satelliti o "clienti" degli URSS. I MiG-17 cinesi, chiamati J-5, combatterono con una grande varietà di aeroplani di Taiwan già dalla fine degli anni cinquanta, con abbattimenti e perdite da ambo le parti. Malgrado ciò il grosso dei combattimenti del MiG-17 ebbe luogo in Medio Oriente e nell'Estremo Oriente.
Gli egiziani volavano con il MiG-17 durante la guerra contro inglesi, francesi ed israeliani per il canale di Suez nel 56', contro i Dassault Mystere IV degli israeliani. Entrambi gli schieramenti soffrirono di perdite, ma leggendo attraverso l'inevitabile propagandismo nazionale, sembra che gli impreparati piloti egiziani ebbero la peggio, sebbene il MiG ed il Mystere fossero macchine sostanzialmente equiparabili. Si sa che il 31 ottobre 1956, il capitano Yakov Nevo, dell'aeronautica israeliana, ed il suo compagno di volo, imbattutisi in tre MiG-17F egiziani, riuscirono ad abbatterne uno. Era il primo abbattimento di un MiG-17.
Dopo la guerra del 1956, sia egiziani che siriani acquistarono altri MiG-17. Negli anni a seguire, malgrado questi due operatori avessero a disposizione nuove macchine dall'URSS, continuarono a tenere il MiG-17 in prima linea, ingaggiando occasionalmente scontri con i caccia israeliani. Il MiG-17 era comunque significativamente inferiore rispetto ai più avanzati caccia israeliani, ma pur tuttavia restava un degno avversario ed in certe occasioni riuscì in qualche abbattimento. I MiG-17 egiziani combatterono anche nella guerra di confine contro l'Arabia Saudita nello Yemen nel 1962, concentrandosi sul supporto alle truppe di terra, ma in qualche occasione si scontrarono contro gli Hawker Hunter della RAF.
Il MiG-17 giocò un ruolo anche nella Guerra dei sei giorni, ma come "bersaglio", infatti la maggior parte della flotta aerea egiziana venne distrutta a terra e gli apparecchi sopravvissuti non avevano grandi possibilità di sopravvivenza una volta decollati. Il MiG-17 rimase in servizio nelle forze aeree arabe fino agli anni settanta, ma non aveva un ruolo in prima linea. Gli israeliani conoscevano ormai assai bene il Fresco, avendone catturato un paio nel 1970 quando due piloti siriani, evidentemente disorientati, atterrarono su una pista israeliana. Sembra che siano stati sviati da un controllore di volo israeliano che parlava arabo.
I MiG-17 si distinsero nella Guerra del Kippur come supporto alle truppe di terra. Gli aerei siriani operavano con difficoltà, ma gli egiziani avevano impedito agli israeliani la superiorità aerea sul Sinai attraverso l'ombrello di missili terra-aria (SAM) che permettevano ai loro aeroplani d'attacco al suolo di operare con considerevole successo. I MiG-17 adottavano rastrelliere per otto razzi sotto le ali e due piloni sotto la fusoliera per piccole bombe.

Estremo Oriente

L'apice della carriera del MiG-17 arrivò in Estremo Oriente. Quando gli Stati Uniti iniziarono la guerra aerea contro il Vietnam del Nord, nel 1964, e, più energicamente nel 1965, i nordvietnamiti avevano una difesa aerea ben integrata e continuamente aggiornata e migliorata. La spina dorsale di questo sistema difensivo era il missile SAM SA-2 (V-75 Dvina) e un vario numero di artiglieria antiaerea (AAA), armi sia leggere che pesanti, dirette da una rete radar.
Questa rete impiegava anche intercettori quali il MiG-17 e, più tardi, il MiG-21. Come per la "dottrina sovietica", i caccia vietnamiti erano assolutamente integrati nel sistema difensivo aereo, restando continuamente sotto il controllo della "guida caccia", il comando aerotattico. Non era loro permesso entrare in zone coperte dai SAM e dalle batterie AAA, nel qual caso sarebbero stati attaccati senza esitazione.
D'altro canto gli statunitensi non consideravano i caccia vietnamiti una grave minaccia, soprattutto se comparati con le batterie SAM e AAA, proprio a causa di queste infatti, stavano soffrendo molte perdite. Le tattiche e le procedure degli statunitensi erano poco efficaci e l'addestramento al combattimento era stato molto trascurato. Col tempo però i piloti USA stavano imparando, diventando preda della "MiG fever" (la febbre da MiG), ovvero il desiderio di avere quanti più abbattimenti all'attivo possibili. Ma i nordvietnamiti non gli rendevano certo le cose facili, perché anche loro stavano imparando.
Un caccia subsonico quale il MiG-17 non sembrava essere una sfida per F-105 e F-4 Phantom, ma pochi aeroplani volano a Mach supersonici quando sono carichi di bombe o altri carichi esterni, quindi, sebbene molto più potenti i caccia USA mancavano dell'agilità del piccolo MiG. L'F-105 in particolare era definito "lead sled", slitta di piombo. Mentre i vietnamiti avevano il vantaggio di pianificare gli attacchi a loro piacimento, i caccia USA avevano il vantaggio di poter distanziare i lenti MiG-17 a loro piacimento. Ogni pilota statunitense abbastanza sfortunato da dover combattere in dogfight, combattimento ravvicinato con le sole mitragliatrici, contro un MiG-17 imparò a sue spese quanto fosse efficace il cannone del piccolo monoposto. Molti piloti USA consideravano il MiG-17 molto più pericoloso del meno manovrabile e supersonico MiG-21.
Bene o male, i piloti USA impararono la lezione e, gradualmente, ebbero finalmente la meglio nel combattimento ravvicinato. Ma i nordvietnamiti adoravano usare piccoli trucchi, quali ad esempio la "tattica ad imboscata": un gruppo di caccia volteggiava a bassa quota, mimetizzandosi con la giungla grazie al colore della livrea dei loro apparecchi, per poi salire all'improvviso ad attaccare un gruppo di bombardieri nemici di passaggio e poi scomparire di nuovo. Anche se i MiG non riuscivano ad abbattere alcun aereo, forzavano il nemico a sbarazzarsi del proprio carico di bombe rendendo impossibile l'attacco. Per evitare questo inconveniente i gruppi di bombardieri erano preceduti da caccia in servizio di "combat air patrol" (CAP), ovvero caccia in pattuglia aerea, chiamati "barrier CAP" (BARCAP), una avanscoperta, e "free-ranging" (MIGCAP), una ronda.
Un altro trucco era di far volare un MiG in metallo naturale, color acciaio, a bassa quota, dove era molto facilmente individuato dai caccia USA, i quali lo avrebbero inseguito verso un agguato, ovvero altri caccia o batterie SAM o AAA.
Agli inizi della guerra, a causa del timore dell'estendersi del conflitto, le basi aeree del Vietnam del Nord erano proibite agli attacchi USA. Certo questo criterio non era molto facile da rispettare, e qualche volta una base aerea veniva attaccata. Ad ogni modo i nordvietnamiti si aspettavano di essere attaccati presto o tardi e idearono un ingegnoso piano per correre ai ripari. Semplicemente usavano un elicottero da trasporto Mil Mi-6 Hook per sollevare un MiG mimetizzato e spostarlo nella giungla. Quando necessario potevano essere ritrasferiti sulla pista.
Alla fine, la maggior parte delle perdite di aerei USA furono inflitte dalle batterie di SAM ed in particolare dagli AAA. Il combattimento aereo restò sempre in secondo piano. Non sorprende nemmeno che gli abbattimenti dichiarati dalle due parti in guerra differisca di molto, dove le fonti USA insistono sul fatto che il rapporto di vittorie sia in loro favore, mentre le fonti avversarie affermano esattamente il contrario. La maggior parte dei piloti nord vietnamiti era addestrata a rispettare gli ordini e mostrare poca iniziativa, come era lo stile sovietico, ma si trovavano anche alcune stelle di prima grandezza tra di loro. Stranamente le gesta del più famoso pilota nord vietnamita, il colonnello Tomb, restano tra il mito e la realtà. Non ci sono dettagli di lui, per questo si crede che in realtà siano storie di più piloti, o più una fabbricazione della propaganda o una "leggenda urbana" creata dai piloti USA.
Una delle più interessanti notizie in merito al MiG-17 in servizio nell'Estremo Oriente fu il fatto che la Cambogia usò questo apparecchio contro i comunisti nel 1970 e alcuni MiG-17 operarono in alcune basi del Vietnam del Sud. Non c'è dubbio che qualche MiG-17 fosse parcheggiato accanto a qualche Phantom.

Africa

L'Africa fu un altro campo di battaglia per il MiG-17, cominciando con la guerra civile nigeriana del 1969. Varie nazioni arabe erano passate al MiG-17 e così pure il governo nigeriano filo-arabo che lo utilizzò contro la regione cristiana del Biafra. I biafricani non possedevano alcun caccia, ma avevano alcuni AAA e colpirono almeno un MiG-17 danneggiandolo tanto gravemente che non volò più.
I biafricani avevano anche il supporto di un mercenario svedese, conte Carl Gustav von Rosen, che comandava un piccolo gruppo di MFI-9B svedesi, piccoli aeroplani da turismo, su cui erano adattati lanciarazzi. Gli MFI-9B distrussero almeno un MiG-17F al suolo in uno dei loro attacchi, così come altri aeroplani del governo nigeriano. Comunque la gran parte delle perdite erano dovute ad incidenti, dato che i piloti nigeriani erano poco addestrati. Il governo alla fine schiacciò gli insorti nel 1970.
Il MiG-17 fu protagonista anche di qualche schermaglia tra Etiopia e Sudan alla fine degli anni settanta, usato ed abbattuto da ambo le parti. Il MiG-17 ha anche combattuto nelle rivoluzioni di altri Paesi africani. I Fresco furono usati anche nel ruolo di supporto tattico dal governo afgano nella guerra contro i Mujahedin insorti negli anni ottanta. Il regime filo-sovietico non era affatto popolare e spesso i piloti si rifugiavano in Pakistan con tutto l'aereo, anche se vi è stato solo un caso accertato.
Molti aerei di questo tipo volano ancora oggi, ma non più nelle forze armate, ma negli aeroclub. Infatti il MiG-17, come il MiG-15 prima di lui, è un aereo robusto, facile da manutenere, molto agile e facile da pilotare. Molti di questi "costosi giocattoli" fanno bella mostra di sé in air show e dimostrazioni.

Varianti:
  • SI prototipo.
  • SP prototipo del MiG-17P.
  • SF prototipo del MiG-17F.
  • MiG-17 (Fresco A) prima versione di serie.
  • MiG-17A(Fresco A) - il MiG-17 Fresco A ricevette continui aggiornamenti in servizio, come avionica sempre più moderna e aggiornamenti al motore VK-1A, che manteneva la spinta del VK-1 originale ma ne aumentava la affidabilità. Le macchine che montavano il nuovo motore spesso venivano chiamate ufficiosamente MiG-17A. Un nuovo seggiolino eiettabile fu messo in produzione dal 1953, adottava delle protezioni per le gambe, per il viso e stabilizzatori per evitare che il seggiolino dondolasse. Fu aggiunto anche uno specchietto retrovisore montato sul cupolino. Si provò ad eseguire lo stesso aggiornamento sul MiG-15, ma vari problemi quali il congelamento ad alta quota, ne resero impossibile l'adozione sui MiG-15 di serie. Furono montati anche aerofreni più grandi.
  • SP-2- lo sviluppo del MiG-17 includeva anche il progetto di un intercettore ognitempo provvisto di radar. Un solo prototipo SP-2 (perekhvatchik, intercettore) volò nel 1951 con una antenna radar Korshun (коршун, nibbio), una versione migliorata del Toriy provata precedentemente sul MiG-15bis.

Il sistema radar era praticamente lo stesso montato sul MiG-15bis, ma al MiG-17 rimase a bordo solo in cannone da 37 mm, mentre furono smontate le mitragliatrici. Il risultato di questa prova fu lo stesso ottenuto per il MiG-15bis: il radar Korshun era troppo complicato per essere utilizzato con efficacia. L'aeroplano fu messo da parte per sviluppi futuri.
MiG-17P Fresco B - le prove per il radar Izumrud RP-1 con il MiG-15bis erano andate bene e cinque prototipi di MiG-17 con lo RP-1 erano uscite di fabbrica ed avevano volato nel 1952. L'installazione era praticamente la stessa del 15, con l'antenna di scoperta montata sul labbro superiore della presa d'aria e l'antenna di inseguimento in un duomo sulla piastra divisoria all'interno della presa stessa. Sia la cabina che il cupolino furono modificati per ospitare lo schermo radar e il cannone da 37 mm fu rimpiazzato con un terzo NR-23, con 100 colpi per ciascuna delle 3 armi.
I collaudi andarono bene e l'intercettore fu messo in produzione come MiG-17P. Una volta in servizio fu battezzato dagli occidentali col nome in codice "Fresco B", anche se il MiG-17F Fresco C aveva già volato ed era già entrato in produzione. Al radar RP-1 fu dato il nome di "Scan Odd", che potremmo tradurre con "scansione strana", seguendo la tendenza di dare nomi eccentrici ai radar. In servizio, un MiG-17P era guidato sul bersaglio sotto stretto controllo da terra, da parte della "guida caccia", mentre il pilota effettuava solo l'attacco una volta acquisito il bersaglio. Lo RP-1 non aveva il raggio d'azione o la sofisticazione per trovare un bersaglio da solo. Sembra anche che l'affidabilità del Izumrud in missione fossa assai limitata, come d'altra parte un po' tutte le apparecchiature tanto avanzate dell'epoca.
Durante tutta la produzione, il MiG-17P fu modificato nell'armamento, alcuni modelli avevano solo due NR-23, mentre altri avevano anche un NR-37. Il MiG-17P fu anche il primo caccia monoposto dotato di un radar in URSS che entrò nel servizio attivo. Era in forza alla PVO, Protivo-Vozdushnoy Oborony, la guardia nazionale sovietica, una forza armata divisa dalla V-VS, e dalla aeronautica della marina militare. Non sembra che sia mai stato impiegato dalla V-VS.

MiG-17F Fresco C

Quando fu disponibile il VK-1F (forsag, postcombustione) il nuovo motore con postbruciatore con 33,16 kN o 3 380 kg di spinta. Un prototipo con a bordo il nuovo motore, lo SF, una strana miscela di ala e coda del MiG-17 e presa d'aria del MiG-15, volò il 29 settembre del 1951, con il collaudatore A. N. Chernoborov ai comandi.
Il nuovo aereo era molto simile al Fresco A, la differenza maggiore era nell'ugello a geometria variabile che non era annegato nella fusoliera, e gli aerofreni modificati, il tutto probabilmente per la nuova camera di postcombustione. Mentre la velocità massima era aumentata di poco, la velocità di salita e la tangenza pratica furono diventarono più alte. Il prototipo fu messo in produzione come MiG-17F, Fresco C per l'Occidente.
Altri aggiornamenti furono eseguiti sul MiG-17F durante la produzione, come un radar collimatore SRD-1, identificabile da una piccola antenna sopra la presa d'aria, nonché modifiche al motore ed al sistema di alimentazione. Verso la fine del servizio operativo su alcune macchine furono montati gli R-3S o i K-13A (AA-2 Atoll), missili aria-aria a ricerca di calore, una copia del Sidewinder dell'USAF.

MiG-17AS Fresco C

Alla fine della sua carriera in prima linea, il MiG-17F fu utilizzato nel ruolo di supporto tattico o attacco al suolo, montava due piloni, uno per semiala, per agganciare un cilindro lanciarazzi. Questa versione era denominata MiG-17AS e, come per le conversioni del MiG-15bis, era una soluzione ad interim.

MiG-17PF Fresco D

Ci fu un tentativo di produrre un MiG-17P con un motore VK-1F con postcombustore. Ma le difficoltà nel produrre in grande quantità il propulsore fecero sì che le prime consegne andassero montate solo sul MiG-17F, mentre al MiG-17P restò il VK-1 prima ed il VK-1A poi.
Quando i problemi di produzione furono risolti il VK-1F fu montato su un prototipo di MiG-17P che volò l'8 agosto 1952 col pilota collaudatore Georghij A. Sedov. Il prototipo dimostrò un miglioramento sia nella velocità ascensionale che nella velocità massima, sebbene il VK-1F fosse più pesante ed avesse una spinta a secco leggermente minore del predecessore. Infatti diminuirono sia il raggio d'azione che la velocità di crociera. Malgrado ciò il nuovo aereo fu trovato soddisfacente e la variante venne messa in produzione nel 1953 come MiG-17PF, Fresco D per la NATO.
Il PF adottava anche gli aerofreni modificati del MiG-17F, la cabina modificata e un sistema di avviso radar (RWR) Sirena-2.
Gli ultimi esemplari in produzione disponevano anche di un radar RP-5 Izumrud 2, con un maggiore raggio d'azione ed un'antenna di inseguimento più grande.

MiG-17PFG Fresco D

Verso la metà degli anni Cinquanta' alcuni MiG-17PF furono modificati con una radio Gorizont-1 (orizzonte) per il collegamento colla guida caccia. Queste macchine vennero battezzate MiG-17PFG.

MiG-17PM o MiG-17PFU Fresco E

Nella metà degli anni cinquanta fu introdotto un nuovo modello con missili aria-aria radar guidati. Era il desiderio di tenere il MiG-17 al passo coi tempi ed il risultato fu il MiG-17PFU, un MiG-17PF armato con quattro K-5M o RS-2 (AA-1 Alkali per la NATO) e modificato con l'avionica necessaria per la guida del missile ed il controllo di tiro. Il cannone venne rimosso.
Ci furono circa 40 PF convertiti in PFU, la Nato diede loro il nome in codice Fresco E. Il missile RS-1 (AA-1 Alkali) era un missile assai primitivo, limitato nel raggio d'azione e nell'affidabilità oltre che nelle prestazioni. Era poco più di una pietra comparato ad un missile aria-aria più evoluto. Il Fresco E era usato principalmente per compiti addestrativi per far passare i piloti su intercettori più avanzati.

MiG-17R Fresco C

Una versione del MiG-17F da ricognizione tattica fu costruita in pochi esemplari, con la designazione di MiG-17R. Il cannone da 37 millimetri fu rimosso per far posto ad una fotocamera SR-2.

Versioni minori

Ci furono tutta una serie di modifiche del MiG-17 per provare vari tipi di armi, per sperimentare modifiche alla cellula e per aggiornarne l'avionica.
Un MiG-17 Fresco A fu modificato per ospitare un mirino radar ASP-4N Sneg (neve), che era una copia del AN/APG-30 degli USA usato dallo F-86 Sabre. Un modello di questo radar fu smontato da un F-86A che fece un atterraggio di fortuna oltre le linee nemiche in Corea nel 1951. Questo aereo divenne molto simile ad un MiG-17 con un muso del Sabre. Ci fu anche una proposta per produrre un F-86 sovietico, ma, non essendo molto sensata, non gli fu dato peso. La concezione degli aeroplani ebbe un grande sviluppo in quel periodo storico, e, quando un eventuale F-86 casalingo fosse stato messo in servizio si sarebbe trovato già obsoleto se comparato ai caccia occidentali o agli stessi concorrenti casalinghi.
Un'altra curiosa modifica era costituita dall'introduzione, su di un prototipo, di quattro lanciarazzi ARO-57-6 Vikhr (turbine) in punta. Questi erano montati internamente, nella posizione che prima occupava l'artiglieria, tanto che sarebbe stato difficile distinguere questo modello da un MiG-17 normale. Ogni lanciarazzi era formato da una canna ed un tamburo che ospitava sei razzi da 57 mm con una codino che si apriva una volta sparato il proiettile, per un totale di 24 razzi. Non sono chiari i risultati delle prove in volo, ma certo è che la modifica non fu prodotta in serie.
Come per il MiG-15, fu montata una sonda per il rifornimento in volo sul MiG-17. I risultati furono i medesimi di quelli conseguiti col MiG-15: il meccanismo funzionava, ma non fu adottato in servizio.

SN

La più drastica trasformazione del MiG-17 fu il prototipo SN. Seguendo l'incoraggiante esempio del SU (un MiG-15 modificato) su cui erano montati armi con canne ruotanti, un MiG-17 Fresco A fu modificato con un naso che ospitava tre cannoni AM-23 da 23 mm, mentre la presa d'aria era divisa sulle due radici alari. I cannoni potevano ruotare fino a 27,5° sa a destra che a sinistra, mentre di 9,5° verso il basso. C'era un cannone montato a destra e due cannoni, uno in basso ed uno in alto, montati a sinistra. I cannoni potevano essere usati sia per il combattimento aereo che per gli attacchi al suolo per mezzo di uno speciale mirino.
Quando lo SN fu provato, nel 1953, ci si accorse subito di un problema: quando il cannone sparava in avanti, il naso tendeva ad essere spostato in basso, e quando sparava verso il basso il naso tendeva a salire. L'accuratezza di queste armi era piuttosto scarsa. Col senno di poi questa non sembra una sorpresa, ma i buoni risultati ottenuti col MiG-15, dove i due cannoni non erano montati così lontano dal baricentro, incoraggiavano a ben sperare. Inoltre il peso maggiore dello SN peggiorava le prestazioni e la configurazione delle prese d'aria portava il motore al surge. Così, sebbene ad alcuni piloti l'idea piacesse, il progetto venne abbandonato.

SM-1 o I-340

Un'altra modifica particolarmente interessante portò a gettare le fondamenta per la seguente generazione di caccia MiG. Agli inizi degli anni cinquanta l'ingegneria motoristica sovietica si affrancò dall'influenza della tecnologia straniera. L'OKB di Aleksandr Aleksandrovich Mikulin sviluppò un nuovo motore a flusso assiale (il VK-1 aveva un compressore centrifugo) con un rapporto potenza-peso migliore ed un consumo minore. L'ufficio di Mikoyan e Gurevich considerò l'applicazione di questo motore ad un caccia ad alte prestazioni.
Come primo tentativo, un prototipo di MiG-17 Fresco A fu adattato ad ospitare due motori a flusso assiale Mikulin AM-5, montati uno accanto all'altro in una "ingrassata" fusoliera. I motori più compatti e l'allargamento della fusoliera permisero una capacità dei serbatoi interni più ampia. La macchina era anche provvista di un parafreno. Il nuovo MiG era inteso come un dimostratore per i nuovi motori e fu battezzata SM-1 o I-340 e volò la prima volta nella primavera del 1952.
Il motore AM-5 era sprovvisto del post-combustore e forniva 19,60 kN (1 920 kg) di spinta, cosicché in due fornivano più potenza di un solo Klimov KV-1F. Gli AM-5 furono poi sostituiti con i più leggeri e potenti AM-5A, con 21,10 kN (2 070 kg) di spinta ciascuno. Fu costruito anche un AM-5F con post-combustore, ma non fu mai montato sullo SM-1.
L'I-340 aveva migliori prestazioni ed un più ampio raggio d'azione rispetto ad un MiG-17F normale; era capace di superare Mach 1 in volo livellato. I motori erano inaffidabili, quando un motore improvvisamente smetteva di funzionare la pressione in cabina si abbassava di colpo causando al pilota gli inconvenienti del caso. Ma questi motori rappresentavano un nuovo passo nella conquista tecnologica del tempo e qualche difficoltà era prevedibile. L'I-340 non entrò mai in produzione, ma il concetto non fu scartato e servì come base per il progetto del MiG-19.

MiG-17K o MiG-17SDK

Come il MiG-9 anche il MiG-17 fu usato per testare il sistema di guida del missile antinave Mikoyan KS-1 Kometa (AS-1 Kennel), con un duomo per il radar sulla punta ed un'antenna per il controllo radio sagomata sulla sommità della deriva. Il MiG così modificato poteva prendere il volo sganciato da un Tupolev Tu-16 al quale era collegato sotto la fusoliera. Queste macchine erano denominate MiG-17K o MiG-17SDK, usate sia per lo sviluppo che per fini addestrativi. Ci furono anche alcune conversioni per saggiare i sistemi di missili a lungo raggio.

MiG-17LL

Verso la fine degli anni cinquanta, un MiG-17 Fresco A fu modificato aggiungendo sulle estremità alari dei getti di aria spillata dal motore, al fine di migliorare il controllo del rollio. Era solo una prova per lo sviluppo di un apparecchio a decollo verticale (VTOL). La macchina era chiamata MiG-17LL (letayuschchaya laboritoriya, laboratorio volante). La designazione LL è spesso usata dai sovietici.

MiG-17M e MiG-17MM

Come fu per il MiG-15, molti esemplari di MiG-17, alla fine della loro vita operativa, vennero usati come bersagli o come droni. I bersagli volanti non avevano nessuna designazione speciale, ma i droni erano di due tipi, il MiG-17M ed il MiG-17MM, con differenti equipaggiamenti. Entrambi mostravano una grossa carenatura ventrale che conteneva l'avionica di controllo, nonché un grosso numero di antenne sparse sulla fusoliera.

Il MiG-17 in Cina

Il MiG-17 fu costruito su licenza sia in Cina che in Polonia. Alla fine degli anni cinquanta la PLAAD ottenne un certo numero di MiG-17 sovietici, designati come J-4 o, quando passavano ad altri paesi, F-4. I cinesi ottennero i piani per il MiG-17F nel 1955, assieme a parti sufficienti per costruire dieci aeroplani e schemi vari. Il primo MiG-17F costruito dai cinesi fu battezzato J-5, o F-5 se esportato. Uno di questi fu sperimentato come bombardiere silurante, ma questa configurazione non venne mai adottata.
La Cina costruì anche il suo MiG-17PF, il J-5A (o F-5A). Ottennero i piani di costruzione nel 1961, ma a causa di contrasti interni al Paese il primo J-5A, prodotto nella fabbrica di Chengdu, non volò prima del 1964, quando cioè il modello era praticamente obsoleto. Un totale di 767 J-5 uscirono di fabbrica sino alla fine della catena di produzione.
Venne anche costruita una versione da addestramento biposto, il JJ-5 o FT-5. Era una specie di ibrido, disponendo della cabina del MiG-15UTI (JJ-2), il motore VK-1A del MiG-17 e gli aerofreni maggiorati del MiG-17F. Aveva anche un labbro superiore della presa d'aria più grande, come quello del MiG-17PF, ma non conteneva alcun radar. Montava un cannone NR-23 in un duomo ventrale. Il primo volo fu compiuto nel 1968, con un modello uscito dalla fabbrica di Chengdu.
Furono costruiti circa 1 061 JJ-5 fino al 1986, esportato in numerosi Paesi. Alcune fonti lo definiscono MiG-17UTI, ma non vi fu mai un aereo con questo nome.

Il MiG-17 in Polonia

I polacchi costruirono il loro MiG-17F Fresco C nonché il VK-F nella metà degli anni cinquanta, dopo la cessazione della produzione di Lim-2 (il MiG-15bis locale), col primo esemplare uscito di fabbrica nel novembre del 1956. Il caccia MiG-17F, costruito nella fabbrica Polskie Zakłady Lotnicze, fu designato Lim-5 ed il motore, fabbricato nella fabbrica Rzeszow, Lis-5. Stranamente non sembrano mai esistiti aeroplani designati come Lim-4 o Lim-3. I primi quattro modelli usciti di fabbrica erano assemblati da pezzi forniti dai sovietici, mentre la piena produzione iniziò nel 1957.
La Polskie Zakłady Lotnicze costruì un totale di 477 Lim-5. Diversamente dal Lim-2, che servì solo nell'aviazione polacca, il Lim-5 fu esportato, particolarmente in Germania Est che ne ottenne almeno 120 esemplari.
Ciononostante l'aeronautica polacca ottenne una dozzina di intercettori MiG-17PF Fresco D dall'URSS nel 1955 e dato che il Paese aveva necessità di più intercettori, si richiese ed ottenne una licenza per costruirli. Il primo Lim-5P, come fu chiamato, uscì di fabbrica nel 1959 seguito da altre centinaia di macchine per un totale di 130 esemplari in totale. Erano l'equivalente degli ultimi modelli di PF sovietico, con il radar RP-2 Izumrud 2 e gli altri aggiornamenti. Alcuni furono anche esportati, di cui 40 in Germania Est.
La Polskie Zakłady Lotnicze, l'azienda aeronautica polacca che lo produceva su licenza, costruì anche la propria variante da supporto tattico del MiG-17F, il Lim-5M, che possedeva due serbatoi ausiliari conformali sulle ali vicino alla radice alare, doppie gomme sul carrello principale a bassa pressione per poter gestire grossi carichi e permettere operazioni da piste semipreparate, portelli dei carrelli più grandi per accomodare il nuovo carrello ed un parafreno. Poteva trasportare due razziere oltre all'artiglieria tipica del MiG-17F di serie. La produzione iniziò nel 1960, nel 1961 ne erano pronti circa 60.
Il Lim-5M non era poi così popolare tra i piloti, dato che, a causa del suo peso, le prestazioni erano assai degradate. Ci furono alcuni progetti di una versione da ricognizione, il Lim-5RM, ma non arrivò mai a qualcosa di più. Si lavorò invece attorno ad una variante del Lim-5M, divenuta poi Lim-6, su cui erano montati ipersostentatori soffiati (ipersostentatori del bordo d'uscita dell'ala su cui era soffiata dell'aria, spillata dal compressore del motore, per evitare il distacco della vena fluida dal dorso e quindi posticipare lo stallo) per migliorarne il decollo e l'atterraggio, ed un certo numero di altri miglioramenti.
Il Lim-6 riuscì come una specie di passo indietro: i miglioramenti non miglioravano di molto le prestazioni e gli ipersostentatori soffiati erano meccanicamente irrealizzabili. Ciononostante ben 40 Lim-6 uscirono di fabbrica, ma non furono mai accettati in servizio.
Dopo tutto questo daffare la WSK-PZL essenzialmente ritornò sui propri passi, lasciando perdere il carrello biciclo ed i serbatoi conformali e creando una versione da supporto tattico designata Lim-6bis. Non sembrava molto diverso da un Lim-5 qualsiasi eccetto che per il fatto che mostrava un alloggiamento per il parafreno alla base della deriva ed un pilone in più non lontano dalla radice alare come il MiG-17AS. Il Lim-6bis aveva anche la possibilità di montare razzi per l'assistenza al decollo (RATO, rocket assisted take off, decollo assistito con razzi), ma questa funzione era assai raramente usata in servizio ed i razzi non erano quasi mai nemmeno montati.
La produzione del Lim-6bis iniziò nel 1963, con almeno 70 modelli terminati nel 1964. Anche i Lim-5 ed i Lim-6 sopravvissuti furono convertiti al nuovo modello. Uscì di fabbrica anche un certo numero di ricognitori Lim-6M che aveva una fotocamera sia in coda, sotto la fusoliera all'altezza dell'ala, sia in punta appena dietro il cannone.
I polacchi eseguirono anche altre modifiche al loro MiG-17, tra cui bersagli volanti ed una versione da ricognizione detta Lim-5R simile al Lim-6M con circa 35 macchine convertite a questo modello.
Agli inizi degli anni settanta un numero di intercettori Lim-5P furono convertiti in Lim-6M d'attacco. Furono aggiornati con i piloni del Lim-6bis e con nuova avionica, fu rimosso il radar malgrado la carena dell'antenna rimanesse al suo posto. Non montavano il parafreno.
Nello stesso periodo, un piccolo gruppo di Lim-5P fu convertito nella configurazione da ricognizione tattica Lim-6MR. Questa configurazione era molto simile al Lim-6M d'attacco, eccetto per la fotocamera sotto la fusoliera e le ali.





IL MIG BULGARO FOTOGRAFICO CADUTO TRA ACQUAVIVA DELLE FONTI E SANNICANDRO DI BARI

Era il 20 gennaio 1962 quando i contadini di Lamone, piccola località poco distante da Acquaviva delle Fonti, in provincia di Bari, assistettero quasi increduli all’atterraggio di fortuna, tra i campi, di un velivolo con la stella rossa. La Puglia si trovava così al centro della scena mondiale, quando la Guerra Fredda avrebbe segnato di li a pochi mesi una delle crisi più incerte per l’intera umanità: nell’ottobre, la decisione dell’Unione Sovietica di installare a Cuba dei missili balistici trascinò il mondo quasi sull’orlo della terza guerra mondiale. Ma quella di Mosca fu una risposta agli Stati Uniti, che schierarono in Italia e in Turchia i missili a medio raggio PGM-19 Jupiter, a  seguito di accordi firmati il 26 marzo 1959. E la Puglia venne individuata come possibile regione per il dispiegamento degli armamenti americani, complice anche il fatto di ospitare importanti infrastrutture militari dell’Aeronautica Militare tra Gioia del Colle e Martina Franca. Pertanto, quando tra le campagne del barese atterrò un Mig-17 di nazionalità bulgara, i vertici militari italiani e della NATO si misero subito in allarme: anzi, quando fu scoperto che il velivolo era dotato di macchine videofotografiche, i servizi di intelligence collegarono immediatamente il volo del Sottotenente Miliusc Solakov (questo il nome del pilota) ai missili Jupiter schierati in Puglia. Nessuno, fino ad allora, avrebbe mai pensato che la tranquilla cittadina di Acquaviva delle Fonti venisse portata alla ribalta della scena internazionale.
Fu per prima La Gazzetta del Mezzogiorno, in quel gennaio 1962, a raccontare del volo del pilota bulgaro. C’è chi parlò di missione di spionaggio, chi di diserzione da parte del pilota: sta di fatto, che in tanti cercarono di gettare acqua sul fuoco. L’Unità, con un editoriale intitolato I missili in Puglia si vedono dal treno, cercò di sminuire l’incidente, descrivendo come, chiunque si trovasse a passare con il treno, guardando dal finestrino dei vagoni, avrebbe potuto osservare con tutta tranquillità, e fotografarle senza essere scoperto, le postazioni dei missili statunitensi affidati all’Aeronautica Militare Italiana. La stessa Forza Armata, poi, attaccata da più parti sulla facilità con cui un velivolo straniero, di una nazione appartenente al Patto di Varsavia, avesse violato lo spazio aereo italiano senza essere intercettato, dichiarò che i radar di Gioia del Colle stessero in realtà seguendo il velivolo già prima di varcare i cieli italiani. Anzi, prima i Pugliesi e poi gli Italiani iniziarono a prendere in simpatia il giovane ufficiale bulgaro, che all’epoca dei fatti aveva appena ventiquattro anni. Ben presto, di tutta la faccenda restarono poche righe.
Grazie all’abilità di Aldo Moro e Amintore Fanfani, la crisi del Mig pugliese lasciò il passo alla nuova apertura a sinistra del Governo: soltanto in ottobre, quando John Kennedy, Nikita Kruscev e Fidel Castro si affrontarono nella crisi dei missili di Cuba, qualcuno, giù in Puglia, si ricordò del velivolo precipitato e dei missili Jupiter. E Milius Solakov? Di lui si perse ogni traccia: c’è chi lo vuole riconsegnato alla Bulgaria, ma solo dopo le rassicurazioni che non venisse trattato come un traditore, e chi addirittura espatriato negli Stati Uniti, dietro richiesta del Governo Americano. Ma anche dopo la crisi di Cuba, dei missili in Puglia fu persa la memoria: nel 1963, appena un anno dopo, gli Stati Uniti decisero di ritirare gli Jupiter da Italia e Turchia, perché ritenuti già allora vecchi e obsoleti. Fino ad allora, i PGM-19 schierati in Italia furono circa trenta, affidati alla gestione della 36a Aerobrigata di Interdizione Strategica, con sede a Gioia del Colle.

Chissà che fine ha fatto Miliusc Solakov. Per qualche tempo fu il bulgaro più famoso del mondo, soprattutto qui in Puglia. Il suo arrivo da noi fece scalpore perché l’aereo che lo trasportava non toccò terra in nessun aeroporto. Quello avvenuto il 20 gennaio 1962 in località Lamone nei pressi di Acquaviva fu un atterraggio di fortuna (il veivolo, un vecchio Mig 17 dell’aeronautica bulgara, uscì malconcio; un miracolo che Solakov se la fosse cavata con lievi ferite). L’evento mise in agitazione non solo i vertici militari italiani ma anche quelli Nato: il Mig, dotato di apparecchiatura per microfilmare dall’alto, era planato a pochissima distanza da una postazione di missili statunitensi JUPITER armati con testate nucleari… In piena guerra fredda la psicosi della spia venuta dall’altra parte della Cortina di Ferro afferrò tutti. Ne nacque un caso internazionale, ma mentre si torchiava Solakov emergevano particolari curiosi: la pellicola trovata nel caricatore dell’apparecchiatura fotografica non era stata impressionata e il serbatoio – rimasto integro malgrado l’impatto – era a secco… Un aero spia che non fotografa e che vola senza il carburante necessario a completare la missione? A meno che il pilota non avesse voluto fuggire…. Ma allora perché rischiare di rimanere senza carburante nel cielo dell’Adriatico invece di scegliere come meta la ben più vicina Grecia, paese del Patto Atlantico?… Solakov, questo giovane di 24 anni, confermò di essere scappato. Quanto alla scelta della rotta italiana si limitò a definirla “tecnicamente più sicura”, per quanto ciò significasse sorvolare senza permesso i cieli di Jugoslavia e Albania (ma evidentemente questi paesi erano ‘pregati’ dai paesi aderenti al Patto di Varsavia di tollerare – in cambio di chissà che contropartita – queste violazioni dello spazio aereo). E perché era scappato? Per non essere costretto a sposare una ragazza che non amava… Sicché, Solakov, seduttore maldestro, era in fuga da un figlio indesiderato piuttosto che da una Patria invivibile… Avrebbe potuto inventarne una migliore. Rilasciato dall’Autorità italiana il 3 gennaio dell’anno dopo, Solokov tornò in aereo, questa volta come passeggero, e non per tornare in Bulgaria dove si può stare certi non gli avrebbero riservato un trattamento di favore. La sua meta era la madre di tutti i nemici capitalisti: gli USA. E qui si perdono le tracce di Miliusc Solakov. Rimase lì, è ancora lì, previo cambio d’identità, premio per preziose informazioni? Il sospetto è che Solakov fosse davvero una spia, non bulgara però. Doveva essere al servizio degli americani. Potrebbe essere andata così: Un giorno fiutando un’inchiesta che potrebbe chiudersi con una pallottola nella nuca, il giovane agente segreto approfitta di un volo di routine per tagliare la corda. Prima di partire si è fatto i suoi conti. Il corridoio aereo per la Grecia non è sicuro, possono intercettarlo, abbatterlo. Meglio rischiare la rotta adriatica. Una calcolo rivelatosi esatto per una ventina di chilometri. Chi non risica…

(FONTE: Web, Google, Wikipedia, segretidellastoria.wordpress.com, quotianodibari.it)

























A pochi metri da casa mia, in contrada “LA CATTIVA”, tra ulivi, viti e mandorli….. c’erano i missili “JUPITER”!


Base missilistica "JUPITER" in contrada "LA CATTIVA", tra Sannicandro di Bari ed Acquaviva delle Fonti, a pochi metri da un podere del prof. Giovanni Vernì di Sannicandro.


IL RICORDO

I ragazzi di oggi ignorano che nei primi anni ‘60, durante la Guerra Fredda, le province di Bari, Taranto e Matera hanno ospitato ben dieci basi NATO italo-statunitensi, ciascuna delle quali ospitava al massimo approntamento operativo tre missili Jupiter, ognuno dei quali con potenza pari a circa cento bombe atomiche come quella lanciata su Hiroshima. 
All’epoca le nostre popolazioni erano completamente ignare della situazione visto che era tutto coperto da segreto militare: tutto fino a qualche anno fa!



Tra le sopra citate province a cavallo di Puglia e Basilicata, anche in contrada “LA CATTIVA”, tra i comuni di Sannicandro ed Acquaviva delle fonti, in un leggero avvallamento del terreno circostante, tra ulivi secolari, viti meravigliose e mandorli in fiore, era ubicata una base di missili del tipo statunitense “Jupiter”, armati di testata nucleare e con portata massima di 1.500 Km.; la base era diventata operativa nei primi anni ’60.
In quel periodo, sui cieli di Gioia del Colle, Acquaviva delle Fonti, Sannicandro di Bari ecc… si notavano spesso volare aerei non meglio identificabili che sorvolavano dall'imbrunire in continuazione il cielo. Quei triangoli verdastri, dalla coda rossa, non erano fenomeni ottici, atmosferici o meteoriti: erano aerei militari che atterravano nella vicina base di Gioia del Colle.



Un mistero è legato alla scelta di questa zona rigogliosa al perché questo territorio fu bloccato, abbastanza riservatamente, sin dalla fine del 1957!
Sulla via vecchia di Sannicandro, a poca distanza tra il centro abitato di Acquaviva e quello di Sannicandro di Bari, fu realizzata una base NATO, soprannominata dal popolino il “Campo dei Missili”. Qui era situata per l’esattezza la base n. 9 della 2^ Squadriglia del 111° Gruppo; la base era gestita in prima persona da personale della nostra Aeronautica Militare, mentre le doppie chiavi per il lancio eventuale dei missili nucleari erano tenute da personale statunitense. 



Sette basi furono altresì operative dal 1958 al 1963 sulle Murge lungo il tracciato della via Appia a Spinazzola, Gravina, Casal Sabini-Altamura, Ceraso-Altamura, Gioia del Colle, Laterza e Mottola, mentre due basi furono localizzate in Basilicata, presso Irsina e Matera. 
Il 1 marzo 1957 venne lanciato il primo missile IRBM (Intermediate Range Ballistic Missile) Jupiter dalla base statunitense di Cape Canaveral. Due anni dopo, a partire dal 5 settembre 1959, cominciò l’istallazione del “sistema d’arma Jupiter” in Italia, operazione che si concluse il 20 giugno 1961, quando anche l’ultima base divenne operativa. 



Prima che nella Turchia, i missili Jupiter vennero istallati, unico sito dell’Europa Occidentale, in Italia, sulla Murgia, lungo il confine tra la Puglia centrale e la Lucania. 
Nel gennaio 1963 gli Stati Uniti comunicarono al governo italiano la decisione, presa durante la crisi di Cuba, di smantellare le basi. Nel giugno dello stesso anno, l’ultimo missile Jupiter fu rimosso dalla Murgia e imbarcato per essere riportato oltreoceano. 
Questa vicenda, svoltasi nel giro di cinque anni, sembra non aver lasciato traccia, persino nella memoria dei contemporanei.



IL MISSILE “JUPITER”

Il missile statunitense PGM-19 Jupiter era un missile bistadio a medio raggio (MRBM) con portata tra i 1 000 e i 5 500 km, armato con una potente testata termonucleare, prodotto dalla Chrysler, che aveva già sviluppato il precedente PGM-11 Redstone.



STORIA DEL PROGETTO

La nascita del missile ebbe luogo, concettualmente, nel 1954, presso l'arsenale di Redstone, su richiesta della Ballistic Missile Agency dell'esercito statunitense. Alla realizzazione del missile si doveva porre la massima cura nell'aerodinamica, in quanto era previsto il rientro nell'atmosfera sarebbe avvenuto ad alta velocità.
Il 14 febbraio 1955 il Technological Capabilities Panel, meglio conosciuto come Killian Committee, raccomandò di avviare al più presto lo sviluppo di nuovi tipi di missile che potessero raggiungere la distanza di 1 500 miglia (c.a 2400 km), da sviluppare parallelamente agli ICBM (Inter-Continental Ballistic Missile). Questa tipologia di missili destò subito interesse, tanto che il l'Army Deputy Chief, Research & Development (A.D.C., R. & D), fu interrogato dall'O.C.O. sulla reale possibilità di sviluppare un missile della gittata di 1 000-1 500 mi. Vennero prese in considerazione diverse tipologie di operazioni. Secondo il comandante dell'A.D.C.R. & D. assalti aviotrasportati a grandi distanze potevano caratterizzare le future operazioni dell'esercito, ed in questo caso il trasporto in zona di operazione dei sistemi missilistici a corto raggio Redstone e Sergeant poteva rappresentare un serio problema di natura logistica. Pertanto poteva risultare efficace ed economico il lancio di missili a medio raggio da luoghi relativamente arretrati del fronte. Tale raccomandazione sortì alcuni effetti, il 15 marzo 1955 l'Assistent Chief on Staff, G-3 (Training), raccomandò l'immediato inizio del programma di sviluppo dei missili balistici classe 1.000 - 1.500 miglia. Inoltre il CON.AR.C. (Continental Army Command) iniziò a esaminare e ad aggiornare le proprie concezioni operative relative al 1954. La proposta per un missile a corto raggio (75 miglia) rimase la stessa, in quanto l'adozione del Sergeant rappresentava la miglior soluzione per soddisfare tale requisito. Nel settore del medio raggio fu suggerito lo sviluppo di un'arma con gittata da 250 miglia, al posto della precedente da 150 miglia. Il missile da 250 miglia eliminava, nel pensiero del CON. AR.C., lo sviluppo di quello da 500 miglia, ma l'esercito richiedeva la possibilità di effettuare attacchi con testate nucleari contro bersagli a lungo raggio. Entro il maggio 1955 il Redstone Arsenal completò uno studio di massima, che era stato commissionato dall'O. C. O. nel gennaio dello stesso anno. Tale studio riguardava tre tipi di missili, uno dei quali era un IRBM (Inter Mediate Ballistic Missile).



Nel settembre 1955 Wernher von Braun, durante un briefing sui missili a lungo raggio tenutosi presso il Segretario alla Difesa statunitense, affermò che l'estensione della gittata dei missili a 1 500 miglia (3 400 km) era il logico sviluppo del successore del missile PGM-11 Redstone. Di conseguenza, nel dicembre dello stesso anno, i Segretari di Stato alla Marina ed all'Esercito avviarono lo sviluppo congiunto di un missili MRBM lanciabile da navi e da basi terrestri. Il requisito per la conservazione e bordo ed il lancio, dettato dalla grandi dimensioni e dalla forma del missile, diedero vita ad un'arma dalla grande circonferenza. Ciò portò, nel novembre 1956, all'abbandono del programma da parte dell'US Navy, che preferì sviluppare in proprio il missile SLBM Lockheed UGM-27A Polaris lanciabile da sommergibili in immersione. Lo Jupiter mantenne tuttavia la sua forma, il che lo rese troppo grosso per il trasporto da parte degli aerei cargo Douglas C-124 Globemaster II dell'US Air Force.



TECNICA

Il missile balistico superficie-superficie a medio raggio Jupiter era una versione maggiorata del precedente Chrysler SSM-A-14 Redstone, dotato di minore lunghezza, diametro maggiore, e pesante l'80% in più. Il sistema missilistico Jupiter era mobile, ed il missile veniva trainato nella postazione di lancio ed eretto con un cavo sollevatore. Uno speciale riparo ripiegabile a petalo copriva la parte inferiore del missile durante la preparazione prima del lancio e le operazioni di rifornimento del carburante. La sezione del serbatoio carburante era ottenuta saldando pannelli estrusi di lega di alluminio. Dalla sua base piatta si protendeva l'ugello della camera di scoppio che poteva ruotare su supporti a sospensione cardanica in qualsiasi direzione di 7°, in modo da far virare il missile in ogni direzione. La velocità in fase di rientro nell'atmosfera era molto alta, e per proteggere la testata bellica dall'attrito venne installata una speciale ogiva dotata di scudo termico.



L'apparato propulsore era rappresentato dal motore-razzo Rocketdyne LR70-NA (Model S3D) erogante 68 100 kg/s, utilizzante come combustibile ossigeno liquido e cherosene RP-1. Il propulsore garantiva una spinta di 68 040 kg a livello del mare per 2'37”. La capacità di trasporto carburante, a pieno carico, era pari a 31 189 kg di ossigeno (Oxygen, LOX) e 13 796 kg di cherosene RP-1. Il consumo del propellente era pari a 284,7 kg/s. Con il motore principale in funzione il missile era controllato sugli assi di beccheggio ed imbardata con spostamenti del motore, e in rollio dall'orientamento dei gas di scarico della turbopompa. Dopo 70" dal lancio avveniva lo spegnimento del motore principale, quando il missile aveva raggiunto una velocità di Mach 13,04. Il motore vernier, erogante 227 kg/s e funzionante a propergolo liquido, si accendeva 2 s dopo lo spegnimento del motore principale, con conseguente distacco del corpo del missile ("power unit"), e controllava la velocità della sezione anteriore ("body unit") lungo la traiettoria finché non venivano soddisfatti i parametri del computer del sistema di guida e controllo. Il sistema di controllo dell'assetto spaziale era costituito da otto ugelli distribuiti intorno alla base della sezione anteriore e funzionanti ad azoto assicuravano l'assetto. Stabilizzato in volo, entravano in funzione i due razzi "spin", sempre posti alla base della sezione anteriore che conferivano una rotazione di 60 giri al minuto. A questo punto il cono anteriore ("nose cone" si separava dal resto della sezione anteriore ("aft unit"). Il cono anteriore iniziava il rientro nell'atmosfera ad una velocità di 17 131 km/h (10 645 mph, Mach 15.45). A questo punto il cono anteriore impattava il suolo, dopo aver percorso 2 844 km, ad una velocità di 0,49 Mach con un CEP (Circular Error Probable) di 1 500 m.
La carica bellica era costituita da un veicolo di rientro (Re-entry Vehicle) Goodyear Mk.2 (dotata di razzo di manovra da 225 kg/s) per la testata da 545 kg dotata di carica all'idrogeno Los Alamos/Sandia Mk.49 Mod.3 da 1,44 MT. Il CEP era pari a 1 500 m.



IMPIEGO OPERATIVO

Il sistema, nato per essere usato dall'United States Army, era caratterizzato da un'eccellente mobilità, in maniera similare a quella di armi sovietiche equivalenti. Esso veniva trainato da un autocarro pesante, parte di un convoglio di almeno 20 veicoli, poi veniva eretto, mentre un riparo a petalo proteggeva la parte inferiore dell'arma durante le operazioni di trasporto e rifornimento.
Il 28 novembre 1956 il segretario alla difesa americano Charles E. Wilson emise la direttiva "Roles and Missions" con cui stabiliva che la giurisdizione dell'US Army fosse limitata ai missili con gittata utile fino a 200 miglia (322 km). Il sistema SM-78 Jupiter venne quindi ceduto all'USAF, che stava sviluppando il proprio missile MRBM Douglas PGM-17 Thor. A questo punto la mobilità del sistema Jupiter non ebbe più molta importanza, ed i missili furono schierati in silos fissi. Il 16 dicembre 1956 il Consiglio Atlantico accettò la proposta americana di schierare missili IRBM sul territorio europeo. La nuova filosofia operativa fu elaborata nel 1958, con la creazione della componente offensiva (il gladio), con cui integrare quella difensiva (lo scudo). Il primo missile PGM-19 Jupiter venne lanciato con successo il 1º marzo 1957, mentre la massima gittata operativa venne raggiunta con un lancio nel maggio dello stesso anno. Il 27 novembre 1957 il segretario alla difesa Neil McElroy, annunziò il contemporaneo sviluppo dei sistemi missilistici Thor e Jupiter. Nel gennaio 1958 il missile superficie-superficie PGM-19A Jupiter fu dichiarato operativo dall'US Army Ballistic Missile Division di Huntsville (Alabama), entrando in servizio, il 15 dello stesso mese, presso l'864th Strategic Missile Squadron. A questo reparto seguirono l'865th Strategic Missile Squadron e l'866th Strategic Missile Squadron, attivati presso il Redstone Arsenal rispettivamente il 1º giugno ed il 1º settembre dello stesso anno. La missione principale dell'866th S.M.S. consistette nell'addestramento degli equipaggi italiani e turchi destinati ad operare con il missile in Europa. La produzione del missile avvenne, ad opera della Chrysler Corporation, presso l'Army's Michigan Missile Plant. L'arma venne prodotta in circa 100 esemplari, fu operativa dal 1960 al 1963, ed uscì definitivamente dal servizio nel 1965.



Nell'aprile 1958, il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti informò l'US Air Force del progetto di schierare, a titolo di prova, i primi tre squadroni divenuti operativi con l'MRBM Jupiter (45 missili) in Francia. Le trattative fra la Francia e gli Stati Uniti per arrivare all'effettivo schieramento dei missili fallirono nel giugno 1958. Il nuovo presidente francese, Charles De Gaulle, rifiutò di accettare l'installazione di qualsiasi missile MRBM Jupiter in Francia. Gli Stati Uniti esplorarono allora la possibilità di schierare i missili in Italia e Turchia. Nel frattempo l'U.S. Force già stava effettuando i programma relativo all'installazione di quattro Squadron (60 missili) di MRBM Douglas PGM-17 Thor in Gran-Bretagna, nella zona intorno a Nottingham. Il 26 marzo 1959 uno specifico accordo bilaterale tra USA, Italia e Turchia sancì la partecipazione dell'Aeronautica Militare Italiana e della Turk Hava Kuvvleteri alla gestione di Wing (Stormi) di missili IRBM.
La minaccia portata all'Unione Sovietica dallo schieramento in Europa del missili PGM-19A Jupiter e PGM-17 Thor, arrivò a provocare la Crisi dei missili di Cuba del 1962. In risposta a tale schieramento il leader sovietico Chruščёv diede il via all'Operazione Anadyr, che portò al posizionamento dei missili SS-3 e SS-4 sull'Isola di Cuba. La crisi che ne seguì portò ad un accordo tra gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica che stabiliva l'immediato ritiro dei missili sovietici da Cuba, cui sarebbe seguito lo smantellamento delle postazioni americane in Turchia, Italia e Gran Bretagna. I missili Jupiter vennero così ritirati dal servizio nel 1963, quando il deterrente a medio raggio passò ai missili balistici Polaris sublanciati.
Dal missile Jupiter derivò il razzo vettore Juno II, utilizzato dal 1958 al 1961 per il lancio di satelliti artificiali.

OPERATIVITA’  IN  ITALIA

Il 10 agosto 1959 lo Strategic Air Command diede il via all'Operazione Deep Rock, cioè al rischieramento di missili balistici IRBM PGM-19A Jupiter in Italia.
L'Aeronautica Militare italiana schierò 30 missili Chrysler PGM-17 Jupiter alle dipendenze dell'appositamente costituita 36ª Aerobrigata Interdizione Strategica, con comando a Gioia del Colle (oggi sede del 36º Stormo), che venne istituita il 1º gennaio 1960 (in realtà il 23 aprile 1960) ed entro sei mesi le previste dieci postazioni vennero tutte attivate.

La 36ª Aerobrigata si articolava su:
  • 1º Reparto I.S. che comprendeva:
56º Gruppo Interdizione Strategica (Gioia del Colle)
57º Gruppo Interdizione Strategica (Mottola)
58º Gruppo Interdizione Strategica (Laterza)
59º Gruppo Interdizione Strategica (Altamura alta)
60º Gruppo Interdizione Strategica (Gravina di Puglia).
  • 2º Reparto I.S., che comprendeva:
108º Gruppo Interdizione Strategica (Altamura bassa)
109º Gruppo Interdizione Strategica (Spinazzola)
110º Gruppo Interdizione Strategica (Irsina)
111º Gruppo Interdizione Strategica (Acquaviva delle Fonti - contrada LA CATTIVA);
112º Gruppo Interdizione Strategica (Matera).

Ognuno di essi quali controllava cinque postazioni con un missile di pronto impiego e due ricariche per complessivi trenta colpi. Ad essi si affiancavano il 7230th Support Squadron e il 7230th USAF Dispensary, dall'ottobre 1962 sostituito dal 305th Minition Manteinance Squadron, dell'USAF. 
Il comando dell'Aerobrigata venne assunto dal colonnello Edoardo Medaglia, a cui succedettero i generali di brigata aerea Giulio Cesare Graziani (dall'8 febbraio 1961) e Oreste Genta
Il vicecomandante era un colonnello dell'U.S. Air Force. Lo stato giuridico dei missili era piuttosto complesso, in quanto le armi restavano di proprietà dello Strategic Air Command (secondo i programmi MPA/PDAP della NATO) ma erano gestiti dall'Aeronautica Militare, della quale portavano le insegne. La responsabilità del lancio dei missili era complessa, secondo la cosiddetta politica della doppia chiave. Infatti, il quadro di lancio era attivato congiuntamente da un ufficiale dell'USAF che stabiliva il bersaglio (ne erano programmati due, uno primario ed uno alternativo) e da un ufficiale dell'A.M.I. che effettuava il lancio vero e proprio. L'ordine di fuoco sarebbe arrivato dal comando del Supreme Headquarters Allied Powers Europe (SHAPE) di Wiesbaden (Germania) ed assoggettato in Italia a decrittazione e procedure di verifica dell'autenticità. In caso di distruzione del comando SHAPE l'ordine di lancio poteva venire dal Comando delle Forze Alleate del Sud Europa (AFSOUTH) di Napoli. Per tutti il periodo che i PGM-19A Jupiter rimasero operativi non venne stabilito, invece, da chi dovesse venire la conferma del comando di fuoco da parte italiana. Questo ruolo fu attribuito, di volta in volta, al Capo di Stato Maggiore dell'Aeronautica Militare gen. Silvio Napoli, al sottocapo facente funzioni gen. Mario Bucchi, al Capo di Stato Maggiore della Difesa gen. Claudio Rossi, al Ministro della difesa on. Giulio Andreotti, al presidente del consiglio on. Amintore Fanfani ed al presidente della repubblica Giovanni Gronchi[6]. Il 5 gennaio 1963 gli Stati Uniti comunicarono la loro decisione di smantellare gli Jupiter italiani, approvata dal Consiglio dei Ministri, e l'Aerobrigata fu disattivata il 1º aprile 1963 e sciolta ufficialmente il 21 giugno dello stesso anno.
In quattro occasioni, tra metà dell'ottobre 1961 e l'agosto del 1962, missili Jupiter equipaggiati con testate nucleari della potenza di 1,4 megatoni di TNT (5,9 Milioni di miliardi di Joule di energia) vennero colpiti da fulmini nelle loro basi in Italia. 
In tutti i casi le batterie termiche vennero attivate, e solo in due occasioni il gas propulsivo al trizio-deuterio venne iniettato nell'alloggiamento della testata, causandone la parziale attivazione. 
Dopo che il 4° fulmine colpì un missile Jupiter, l'U.S. Air Force installò parafulmini in tutti i siti missilistici Jupiter in Italia ed in Turchia.

LE ORIGINI DELLA VICENDA - Tutto ebbe iniziò il 27 agosto 1957: io avevo 5 mesi! 

L'agenzia sovietica TASS diramava al mondo la notizia che era avvenuto il lancio del primo missile ICBM del mondo. 
La minaccia era fortissima! 
Si trattava infatti di un missile che non poteva essere intercettato e che era in grado di colpire il territorio statunitense ed europeo.
Nello stesso anno gli Usa svilupparono la loro prima famiglia di missili tattici IRBM, e già il 19 dicembre, il Consiglio Atlantico decise per l'installazione di tali missili nel territorio dei paesi alleati disposti ad accettarli.
Il controllo del loro impiego sarebbe stato concordato con il paese ospitante ma le chiavi erano in mano Usa.
La Gran Bretagna, la Turchia e l’Italia accettarono di ospitare le basi miissilistiche per i missili Jupiter e Thor.
Il 4 novembre 1959, gli americani effettuano il loro primo lancio dell'ICBM Atlas dal poligono di Cape Canaveral. 
A questo punto inizia, da parte di ambedue i blocchi (Usa - Urss/Nato - Patto di Varsavia) la corsa agli armamenti nucleari e la ricerca dell'equilibrio/supremazia..
La cosiddetta “Guerra fredda”, nel 1962, arrivò ad un punto cruciale quando Kruscev tentò la mossa della dislocazione dei missili nucleari a Cuba, per minacciare direttamente il territorio americano.
Tale minaccia non venne messa in atto per il blocco navale statunitense e le navi che trasportavano a Cuba i missili fecero dietro-front. 
Ma tutto questo ebbe un prezzo. La Nato fu obbligata dagli Usa a rinunciare ai missili IRBM stanziati in Italia, in Gran Bretagna e in Turchia.
Finiva così la storia (seppur breve) dei missili nucleari in Italia.
Le basi dei missili Jupiter erano gestite dalla 36ª Aerobrigata Interdizione Strategica dislocata presso l'aeroporto militare "Antonio Ramirez" di Gioia del Colle (BA). Fu costituita il 23 aprile 1960 e rimase attiva fino al 1° luglio del 1963. I gruppi che formavano la Aerobrigata erano dieci, a loro volta facenti parte di due reparti: al Primo Reparto appartenevano il 56°, il 57°, il 58°, il 59° ed il 60° Gruppo IS; al Secondo Reparto appartenevano il 108°, il 109°, il 110°, il 111° ed il 112° Gruppo IS.
Ognuno di questi gruppi aveva il controllo di una base missilistica. Il controllo era effettuato in simbiosi con ufficiali americani.
Le basi erano collocate in zone poco abitate e la gente del posto non fu informata sulle armi collocate.
La storia degli “Jupiter” sulla Murgia, i missili a testata nucleare cento volte più potenti della bomba sganciata su Hiroshima e Nagasaki, puntati all’inizio degli anni Sessanta dagli americani contro i Paesi del blocco sovietico, è ora racchiusa in un film documentario della Zenit Arti Audiovisive di Torino: «Murge il fronte della guerra», regia di Fabrizio Galatea. La vicenda del tutto ignorata dalle nuove generazioni, ripercorre i momenti di quando quegli strumenti di offesa incalcolabile furono posti pronti in massimo approntamento operativo.
Come già detto, nel I962 con la crisi di Cuba il mondo vive il più drammatico momento della storia recente: l’incubo di una guerra atomica. Inaspettatamente il fronte della guerra fredda si sposta sulle Murge baresi. Sulle aspre colline argillose di Puglia e Basilicata, i profili dei missili nucleari Jupiter minacciano un paesaggio popolato da inconsapevoli pastori e braccianti. Questa terra dimenticata diventa teatro degli scontri tra Stati Uniti e Unione Sovietica.
«Murge, il fronte della guerra fredda», racconta questo straordinario incontro: da una parte la Murgia, terra arida popolata da braccianti poveri e rassegnati, dall’altra lo scenario della grande politica internazionale, teatro della guerra fredda, nella quale l’Italia cercò di ritagliarsi un ruolo da protagonista. Ed ancora: «vettori di questo incontro i giovani militari italiani inviati nelle basi per i quali i sentimenti si mescolano in una soluzione catartica: il sogno americano accarezzato durante il corso di formazione in Nevada, l’orgoglio per essere i custodi dello scudo contro la minaccia sovietica, la coscienza di essere i potenziali esecutori materiali di una catastrofe planetaria.
Fanfani - all’epoca nostro primo ministro - con una lettera fece una proposta: gli Stati Uniti si impegnavano a ritirare dalla Puglia i missili con testata atomica, l’Unione Sovietica smantellava le postazioni missilistiche che a Cuba l’Unione Sovietica aveva messo contro gli Stati Uniti. Se il presidente Kennedy avesse accettato questa proposta probabilmente c'era la possibilità di evitare il peggio.

RAPPORTO SEGRETO STATUNITENSE DECLASSIFICATO

Ecco la traduzione di un rapporto segreto declassificato redatto nel 1961 dopo una visita alla base, che descrive nel dettaglio missili, impianti e situazione. "Report on Visit to Jupiter Sites in Italy", 18 September 1961, by Alan James, Bureau of European Affairs, U.S. Department of State. Original classification: secret.
  
“””Ho passato il giorno 15 Settembre a Gioia del Colle, la base principale dei due squadroni italiani degli Jupiter, che dista 40 minuti di macchina da Bari. Gioia è il centro del complesso Jupiter. A Gioia, un ex piccolo aeroporto della NATO, c'è il quartier generale del Comandante, Generale di Brigata Grazziani, e il Vice Comandante, un Colonnello dell’US Air Force. Qui i missili ricevono la manutenzione, armi e missili arrivano e partono via mare. Qui c'è anche il Posto di Comando. C'è una lunga ma stretta pista d'atterraggio usata regolarmente ma non frequentemente. Alla base di Gioia ci sono anche le strutture amministrative statunitensi e italiane, gli alloggi italiani, le strutture di supporto (di nuova costruzione) statunitensi, commissario e cose del genere. Le strutture di supporto degli Stati Uniti non sono attualmente utilizzate, per richiesta del Governo Italiano; fino alla riduzione graduale della presenza statunitense, il nostro personale continuerà ad usare le strutture di supporto a Taranto. Dopo, quando il personale statunitense sarà stato ridotto, saranno usate le strutture di supporto a Gioia. Il personale statunitense è acquartierato per la maggior parte a Taranto circa 50 minuti di guida da Gioia. Come attestato da Home, la Forza Aerea desidera costruire gli alloggi per gli americani e le loro famiglie a Gioia per alleggerire un po’ la fatica del viaggio di un paio di ore ogni giorno e per consolidare il personale statunitense così da poterlo raggiungere e radunare in breve tempo in caso d'emergenza.
In un raggio da Gioia con distanze che vanno da 10 a 30 miglia ci sono 10 postazioni in ognuna delle quali stanno tre Jupiter. Ogni postazione ad eccezione della 1, che è vicino a Gioia, ha un proprio sito logistico di supporto. Ho visitato solo la postazione 9, ma suppongo che sia tipica delle altre. Alcune postazioni sono localizzate su piccole colline, altre in campo aperto, una è molto vicina alla linea ferroviaria, molte vicinissime e visibili dalla strada. Crescono diversi alberi vicino alla maggior parte delle postazioni, benché ci siano stati dei tagli dalla scorsa stagione. I Carabinieri perlustrano sporadicamente i boschi e i campi circostanti ma non esiste un pattugliamento regolare oltre la doppia recinzione. Di notte il luogo è [illeggibile] con luci e dall’alto ogni posizione può essere chiaramente individuata ed identificata.
Nessuna testata è attualmente stoccata a Gioia; tutte le testate sono attualmente sui 30 missili e non ce ne sono di riserva per quanto ne sappia. Ci sono, comunque, strutture per lo stoccaggio di testate a Gioia. Ho visto la costruzione che non è a forma di igloo ma una struttura quadrata, a non più di 200 yarde dalla pista di atterraggio. Mi sono detto che corrisponde ai criteri della NATO come locazione, ma ho pensato che per sicurezza dovrebbe essere più lontano dall'area di atterraggio. Mentre eravamo a Gioia 3 missili non erano operativi a causa di necessità di riparazioni e uno per la manutenzione ordinaria. Presumo (benché non sappia perché che il sito che ho visitato li aveva tutti e tre operativi) che quando un missile deve essere rimosso dal sito, la testata debba essere rimossa e immagazzinata temporaneamente in un edificio in cemento più o meno al centro di ogni postazione. In ogni postazione si trovano due ufficiali della US Air Force e due avieri americani. Loro prestano servizio per 48 ore di continuo e poi messi in libertà. Gli Ufficiali sono Ufficiali di Autenticazione del Lancio (LAO) e i soldati semplici sono custodi delle testate. I custodi (solo uno alla volta è di servizio) stazionano in un punto dove si può osservare tutto il tempo che le testate siano sui tre missili. E' tutto quello che facciamo quando le testate sono montate; quando le testate sono rimosse bisogna naturalmente essere presenti all’operazione. Le unità italiane in ogni posizione devono fare un giro di 8 ore ogni 24. Questo permette poca flessibilità per malattie o permessi, e gli statunitensi hanno provato a persuaderli a fare in modo che le loro squadre siano 4 piuttosto che 3. Un ufficiale italiano di grado Tenente Colonnello o Maggiore è al comando di ogni postazione.
Le 10 postazioni sono collegate a Gioia da linee di terra e microonde. A tutte le postazioni possono essere date istruzioni contemporaneamente, Gioia è connessa allo SHAPE (comando centrale delle forze NATO, all'epoca a Parigi, ndr) da circuiti di terra come con la radio. Secondo ufficiali statunitensi, la comunicazione non è un problema serio, per lo meno sulla loro linea. Ricevono le istruzioni di lancio dallo SHAPE, naturalmente, ma se lo SHAPE fosse eliminato l'AFSOUTH (all'epoca comando delle forze NATO in sud Europa, a Napoli, ndr) potrebbe trasmettere ordini. Un minuto e mezzo dopo che l’ordine di lancio è stato ricevuto al Quartier Generale di Gioia, le istruzioni per l'inizio del conto alla rovescia possono essere trasmesse alle postazioni. Tutti i missili operativi devono essere pronti al lancio dopo un conto alla rovescia di 15 minuti. In ogni caso il vicecomandante statunitense stimava che solo il 60 % di questi missili poteva essere lanciato entro il conto alla rovescia dei 15 minuti; il 20% entro altri 15 minuti e il resto, chi lo sa?
Quando l'ordine di lancio viene trasmesso alle postazioni, l’Ufficiale di Autenticazione del Lancio italiano inserisce una chiave e avvia la procedura di lancio. Appena prima del completamento del conto alla rovescia, l’ufficiale statunitense inserisce e gira una chiave. La chiave non è portata al collo ma è custodita nella Postazione mobile trainata di Controllo del Lancio. Gli ufficiali statunitensi hanno messo ben in chiaro che la chiave di lancio statunitense non è il solo modo che abbiamo per controllare lanci non autorizzati. Anche nel caso che il LAO statunitense fosse sopraffatto e gli fosse presa la chiave, ci sono molte cose che si possono fare al di fuori della postazione mobile trainata per impedire il lancio del missile -- taglio dell'ossigeno liquido, del carburante, energia ecc. Per il supporto tecnico gli italiani sono molto dipendenti da noi. I dati di bersaglio tenuti nel Posto di Comando a Gioia possono essere tenuti riservati. Inoltre, gli italiani non sono, nell'opinione degli ufficiali statunitensi a Gioia, capaci di disporre il lancio di un missile, anche se forse più avanti potrebbero sviluppare questa capacità.
Varie
La produzione di sufficiente quantità di ossigeno liquido da mantenere il rifornimento di carburante di ogni missile abbastanza elevato da permettere il lancio del missile entro 15 minuti è il maggiore problema operativo. Gli ufficiali statunitensi pensano di aver sistemato il problema, comunque, rendendo operativo un impianto da 25 tonnellate di LOX (ossigeno liquido) proprio la scorsa settimana.
Gli alloggi, come ho detto in precedenza, sono di critica importanza. Il personale statunitense è disperso in tutto il circondario, benché in genere concentrato a Taranto. Solo un ufficiale all'infuori del Vice Comandante statunitense può essere raggiunto telefonicamente a Taranto cosicché si è escogitato un sistema di staffette. Raggruppare un numero sufficiente di personale statunitense per affrontare un’emergenza o un allarme richiederebbe qualche ora. Quindi è molto importante avere alloggi per gli ufficiali e i soldati e loro famiglie nella base di Gioia. Come evidenzia l’Ambasciata in un dispaccio recente, è essenziale che se l'USAF costruisce alloggi per il nostro personale a Gioia adempia all’obbligo che gli italiani ritengono abbiamo assunto due anni fa e costruire alloggi anche per loro. Certo, ma solo circa metà degli alloggi necessari per le famiglie italiane, è attualmente disponibile alla base.
La carenza di personale italiano tra gli ufficiali inferiori e nei soldati semplici è un problema serio. Il comandante, Graziani, ha ottenuto i pieni voti dagli ufficiali statunitensi. All'apparenza ha grinta e motivazione e sta facendo un buon lavoro, E' anche assistito da abili ufficiali. Gli istruttori italiani sono considerati competenti e alcuni proprio al nostro livello. Tuttavia, la missilistica non sembra molto appetibile a moltissimi ufficiali italiani, che sentono l'andare a Gioia come un esilio. Considerazioni personali e di carriera hanno giocato un certo ruolo nel portare alcuni ufficiali della IAF (forza aerea italiana) ed EM (?) alla conclusione di non voler restare nel campo della missilistica. Perciò c’è una forte carenza di personale che abbia capacità d'imparare. Come mi è stato fatto notare, le IAF si sono molto assottigliate con la partecipazione ai programmi per lo Jupiter, dei NIKE (missili superficie-aria) e degli F-104.
144-b - Mi è stato detto che nessun RD (?) è stato passato agli italiani, né il distaccamento statunitense ha dato istruzioni di comunicarne. Per quanto concerne la parte americana, l’accordo 144b farebbe molto poca differenza per le capacità operative degli italiani. Sarebbe un po’ più conveniente se gli italiani fossero capaci di assistere nel montaggio e smontaggio delle testate e sarebbe utile averli in posizione tale da assolvere a qualcuna delle funzioni degli statunitensi in caso di emergenze o incidenti. In assenza dell'autorità per trasmettere RD, gli [illeggibile] statunitensi non hanno potuto confermare o negare agli italiani la presenza di testate nucleari statunitensi a Gioia. Questa è naturalmente una situazione anomala perché gli italiani sanno chiaramente che ci sono – si capisce dai nostri [illeggibile] movimenti, in caso di incidenti, o preparazione per la gestione di incidenti nucleari. Non ho idea se negare questa informazione bruci agli italiani; non ne hanno parlato con gli ufficiali dell'USAF.
Segretezza - Non ha chiaramente nessun senso continuare a classificare l'esistenza degli Jupiter e il loro posizionamento, ma il Governo Italiano sembra voglia così, per ragioni politiche. Quando il Ministero degli Esteri ha dato a me, al Senatore Pastore e al membro del Congresso Price il permesso di visitare Gioia, ci fu sottolineato che il permesso era accordato a condizione che non venisse fatta pubblicità.
Sicurezza - La guardia italiana prende le sue responsabilità molto seriamente, direi che il mero atto della guardia è ben fatto. Comunque i missili rimangono vulnerabili al sabotaggio. E’ possibile, benchè non proprio realistico se si tiene conto dell’intensa attività dei Carabinieri nelle aree adiacenti, che un sabotatore possa rovinare la pelle di uno degli uccelli con un fucile. Un piccolo aereo veloce potrebbe entrare e fare qualche danno. Non ci sono né NIKE né altre difese aeree nelle immediate vicinanze (comunque sembra che ci sia qualcosa sulla costa.) Non ho idea di che grado di probabilità ci sia che questo possa avvenire. La dispersione delle postazioni rende certamente meno probabile che possano essere arrecati danni critici a molti degli uccelli per mezzo di sabotaggio tanto da colpire seriamente la capacità della brigata di portare a termine la sua missione. Per colpire tutte le dieci postazioni sarebbe richiesta l’attività di un numero di persone elevato che i Carabinieri potrebbero facilmente intercettare. Inoltre, un sabotaggio è più probabile che accada, presumo, in un momento di tensione elevata quando il nemico ha la paura o il sospetto di un nostro lancio degli uccelli. Durante questi periodi, i Carabinieri sarebbero sicuramente incrementati, l’area ben pattugliata e fornita la protezione aerea. In breve, noi e gli italiani stiamo assumendo qualche rischio dall'aver stabilito le postazioni dove sono ora, ma è una cosa calcolata e non può essere così seria da danneggiare l’essenziale utilità degli Jupiter così come l’abbiamo immaginata.
Jupiter come sistema - Credo che siano meglio di niente su questo fronte. Come qualcuno ha già specificato, fanno ridislocare parte della forza missilistica sovietica che deve coprirli. Quanto sia sostanziale quella forza non ho idea, ma i 30 Jupiter sono largamente sparpagliati e direi che una simile quantità di missili russi sarebbe abbattuta dagli Jupiter a Gioia. L’Ambasciata ha ancora la tremarella per il telegramma del Dipartimento che ha sollevato la possibilità di cancellare il programma Jupiter in Italia. Gli italiani hanno preso una difficile decisione e dobbiamo essere molto attenti su come o quando ritirarci dal programma Jupiter.”””””.

LA VICENDA DEL RICOGNITORE FOTOGRAFICO MIG 17 BULGARO precipitato tra le campagne di Acquaviva delle Fonti e Sannicandro di Bari.

Il pieno coinvolgimento della Puglia nella Guerra Fredda nella corsa agli armamenti nucleari balzò all’attenzione internazionale in conseguenza della caduta, nella tarda mattinata del20 gennaio 1962, di un Mig 17 bulgaro nelle campagne di Acquaviva delle Fonti (Bari), precisamente in località Lamone, sulla strada per Sannicandro di Bari.
L’aereo fu ritrovato fermo al suolo su di un muretto a secco in pietra, il pilota si era salvato; il Mig era precipitato a pochi chilometri di distanza dal luogo in cui erano installati gli Jupiter, i noti missili strategici con testate nucleari: gli ordigni erano stati piazzati dagli Stati Uniti attorno alla base di Nato di Gioia del Colle circa un anno e mezzo prima.
Le basi missilistiche a medio raggio, installate in Italia e anche in Turchia, lungo il confine caucasico venivano considerate rischiose per l’Unione Sovietica e per i Paesi che aderivano al Patto di Varsavia; per questo erano alla base di un’intensa azione politico-diplomatica e strategica tra Mosca e Washington; infatti Chruscev, appunto nell’autunno di quello stesso anno, tentò un’operazione analoga e contrapposta a Cuba.
La diffusione della notizia relativa all’aereo “spia”, precipitato a pochi metri dalle basi dei missili Jupiter, nel cuore di una delle regioni italiane più vicine all’Est europeo, non mancò dunque di allarmare la diplomazia internazionale ed ebbe immediate ripercussioni sulla vita politica italiana.
La «Gazzetta del Mezzogiorno» fu uno dei primi quotidiani nazionali a diffondere le notizie relative al ricognitore fotografico Mig 17 precipitato, nel corso di una ricognizione, fornendo in dettaglio una serie di particolari sull’incidente.
Il Mig, riferì il quotidiano pugliese, fu intercettato dai radar del vicino aeroporto di Gioia del Colle, consentendo  l’immeditata localizzazione e cattura del pilota bulgaro, il giovane sottotenente Milliusc Solakof, che venne immediatamente ricoverato e piantonato nell’Ospedale del centro murgiano per le lievi ferite riportate.
Sulla sorte dell’ufficiale (che si presume sia rientrato in patria) circolarono in seguito notizie contraddittorie che non ci è stato possibile verificare con certezza.
Per diversi giorni Bari, Acquaviva delle Fonti e Sannicandro furono il centro dell’attenzione internazionale e di una vera e propria guerra di informazione sulla carta stampata che coinvolse diverse testate nazionali, in particolare «l’Unità», organo ufficiale del Partito comunista italiano.
Un inviato speciale del quotidiano comunista, Aldo De Jaco, con un articolo dal titolo significativo «I missili in Puglia si vedono dal treno», tentò di gettare acqua sul fuoco, ridimensionando l’operazione di spionaggio messa in atto dalla Bulgaria. L’inviato del giornale di sinistra descriveva con dovizia di particolari anche le altre postazioni dei missili Jupiter dislocate nell’Alta Murgia tra Altamura, Gravina ed Irsina nel materano.
«l’Unità», inoltre, mise in risalto le dichiarazioni del console e dell’addetto militare della Bulgaria che smentirono la notizia di una richiesta di asilo e di una «scelta per la libertà» del pilota bulgaro.
Nella realtà politica nazionale Amintore Fanfani che si apprestava a varare un nuovo governo, aperto ai socialisti, riuscì con un’abile azione diplomatica, a creare un clima di distensione, evitando ripercussioni soprattutto sulla politica interna e su quella del partito di maggioranza relativa, la Democrazia cristiana. Era infatti imminente a Napoli lo svolgimento del Congresso democristiano che doveva assumere una importante decisione, quella dell’apertura a sinistra. In questa direzione Aldo Moro, segretario della Democrazia cristiana riuscì con grande abilità, nel discorso iniziale che durò più di cinque ore, ad indicare nuove politiche anche internazionali, confermando la scelta di campo occidentale e la fedeltà alla Nato, in un contesto in cui la politica di centro-sinistra veniva presentata all’insegna di una marcata distanza ideologica dal comunismo.
Nel giro di una settimana, alla fine di gennaio del 1962, l’attenzione dell’informazione fu dirottata dalle questioni internazionali a quelle della politica interna.
La vicenda del Mig bulgaro, caduto tra i missili Nato, scomparve anche «dai radar» dell’informazione. 
Subito un missile venne colpito da un fulmine nella base di Gravina, scongiurando per poco una esplosione nucleare.

IMPIEGO IN TURCHIA

Il 28 ottobre 1959, durante l'amministrazione del presidente Dwight D. Eisenhower, il governo turco e quello degli Stati Uniti, al fine di potenziare il fianco del sud della NATO, firmarono un accordo per l'installazione di missili IRBM PGM-19 Jupiter a testata nucleare sulle basi militari della NATO posizionate in territorio turco, nel Sud Europa. Dopo il deposito dell'accordo tra i governi di USA e Turchia iniziò lo schieramento dello Squadron sul territorio turco. Quindici missili furono dispiegati in cinque siti vicino a Smirne in Turchia, rimanendovi tra il 1961 e il 1963. I missili rimasero sempre sotto controllo dal personale dell'Aeronautica Militare degli Stati Uniti. I primi tre missili furono consegnati alla Türk Hava Kuvvetleri (l'aeronautica militare turca), nell'ottobre 1962, proprio durante la crisi dei missili a Cuba. Tuttavia il personale della U.S. Air Force comandava ed armava le testate nucleari, sebbene la procedura di lancio prevista fosse uguale a quella per i missili installati in Italia. Le reali posizioni di schieramento dei missili MRBM Jupiter in Turchia sono coperte da un impenetrabile segreto di stato. Secondo alcune fonti, non confermate, sembra che uno dei cinque siti di lancio fosse posizionato sulle montagne vicino a Manisa e un altro sulle montagne vicino ad Akhisar. Il comando centrale venne installato presso la base aerea di Cigli, nelle vicinanze di Smirne.
Molto prima che fossero installati in Turchia missili in grado di raggiungere il territorio sovietico, questi ultimi erano già in gran parte obsoleti e sempre più vulnerabili ai possibili attacchi sovietici. Già nel 1961 il presidente John F.Kennedy aveva ordinato lo smantellamento di tutti gli IRBM Jupiter posizionati in Europa. L'U.S. Air Force, tuttavia, iniziò con molto ritardo le operazioni di ritiro, e ciò fece infuriare il presidente Kennedy quando venne a sapere che a più di un anno dall'emissione dell'ordine i missili non erano ancora stati rimossi. Questa decisione contribuì a disinnescare la crisi dei missili di Cuba del mese di ottobre 1962. In effetti, nel quadro degli accordi segreti tra i sovietici e gli americani, la rimozione dei missili Jupiter dall'Europa era una delle condizioni per rimuovere i missili balistici installati a Cuba da parte dell'Unione Sovietica.

IMPIEGO DEL MISSILE JUPITER IN CAMPO CIVILE

Alcuni missili Jupiter vennero lanciati durante voli di test suborbitali con a bordo animali: il primo di questi test avvenne il 13 dicembre 1958, quando lo Jupiter AM-13 venne lanciato da Cape Canaveral (Florida) con a bordo una scimmia scoiattolo sudamericana appositamente addestrata dall'US Navy di nome Gordo. Purtroppo il paracadute di rientro della capsula non funzionò, e la scimmia rimase uccisa. I dati telemetrici ricevuti dimostrarono che l'animale era sopravvissuto ai 10 g (100 m/s2) del lancio, ad otto minuti in microgravità ed ai 40 g (390 m/s2) della fase di rientro. La capsula si inabissò nelle profondità dall'Oceano Atlantico a circa 410 km (302 miglia) da Cape Canaveral, e non poté mai essere recuperata. Un altro lancio con animali a bordo avvenne il 28 maggio 1959, quando fu lanciato lo Jupiter AM-18 con, stavolta, due scimmie a bordo: un macaco rhesus americano chiamato Able, del peso di 3,2 kg, e l'altra, una scimmia scoiattolo del Sud-America di nome Miss Baker del peso di 310 grammi. La capsula raggiunse un'altitudine di 96 km e volò per circa 2.400 km (1.500 miglia) decollando dall'Atlantic Missile Range, ancora a Cape Canaveral; durante il volo gli animali sopportarono un'accelerazione di 38 g oltre all'assenza di gravità per una durata di 9 minuti. La capsula raggiunse una velocità massima di circa 16.000 km/h durante il volo, che durò complessivamente 16 minuti. Dopo l'ammaraggio la capsula con a bordo i due animali fu raggiunta e recuperata dal rimorchiatore dell'USS Navy ATF-72 "Kiowa"; gli animali risultarono in buone condizioni, ma purtroppo Able morì quattro giorni dopo il volo per una reazione all'anestesia somministratagli durante un intervento per l'asportazione di un elettrodo che si era infettato. Miss Baker al contrario visse ancora per molti anni dopo il volo, e morì per insufficienza renale il 29 novembre 1984 presso l'United States Space and Rocket Center di Huntsville, in Alabama.

UTILIZZATORI DEI MISSILI JUPITER:
  • Italia - Aeronautica Militare;
  • Stati Uniti - United States Air Force;
  • Turchia - Türk Hava Kuvvetleri.

ESEMPLARI ATTUALMENTE CONSERVATI:

Il Marshall Space Flight Center di Huntsville, Alabama espone un missile Jupiter presso il suo Rocket Garden.
L'US Space & Rocket Center di Huntsville, Alabama espone due Jupiter, di cui uno in configurazione lanciatore Juno II, presso il suo Rocket Park.
Un SM-78/PMG-19 è in mostra presso la Space Air Force Museum & Missile di Cape Canaveral, in Florida. Il missile era stato esposto in Rocket Garden per molti anni fino al 2009, quando è stato portato via e sottoposto ad un completo restauro.
Uno Jupiter (in configurazione Juno II) viene esposto presso il Rocket Garden del Kennedy Space Center, in Florida. Rimasto danneggiato dall'uragano Frances nel 2004, è stato riparato e successivamente riesposto presso la mostra.
Un PGM-19 è in mostra presso il National Museum of the United States Air Force di Dayton, Ohio. Il missile era stato ottenuto dalla Chrysler Corporation nel 1963. Per decenni è rimasto esposto all'esterno del museo, prima di essere rimosso nel 1998. Il missile è stato restaurato dal personale del museo ed esibito nuovamente presso la Missile Silo Gallery nel 2007.
Un PGM-19 è in mostra presso il South Carolina State Fairgrounds di Columbia, Carolina del Sud. Il missile, designato Columbia, è stato prestato alla città nel 1960 dalla US Air Force. Fu posizionato presso il quartiere fieristico della città nel 1969, ad un costo di $ 10.000.
L'Air Power Park di Hampton, Virginia espone un SM-78.
Il Virginia Museum of Transportation, collocato nel centro di Roanoke, Virginia, espone un PGM-19 Jupiter.

(FONTI: Web, Google, Wikipedia, fortificazioni.net, Gazzetta del Mezzogiorno, Sulatestagiannilannes, Acquavivalive, briganterocco, You Tube)