martedì 15 settembre 2020

7 0TTOBRE 1985: Il dirottamento dell’ACHILLE LAURO, Abū ʿAbbās e la Crisi di Sigonella


Qualche anno fa, parlando del più e del meno con un ufficiale dei Carabinieri (ex Com.Sub.In), l’argomento si focalizzò sul dirottamento della nave “ACHILLE LAURO” da parte di terroristi palestinesi in data 7 ottobre 1985.
La prima cosa che gli chiesi fu: “””…come mai i nostri incursori non fossero subito intervenuti”””. 
L’ufficiale esitò un attimo e, dopo alcuni secondi di meditazione, mi confermò che le fonti governative non avevano detto la verità su quella triste vicenda: nelle immediate ore che seguirono gli eventi, loro erano in segretezza già saliti a bordo dell’Achille Lauro in navigazione e si erano nascosti in attesa delle necessarie autorizzazioni governative che non arrivarono mai... 
Ecco, questa è la verità storica.




L'Achille Lauro fu un transatlantico, varato come Willem Ruys e successivamente intitolato all'armatore Lauro quando questi la comprò negli anni sessanta per trasformarla in nave da crociera. È famosa per il dirottamento che vi avvenne nel 1985. Naufragò nel 1994 per un incendio al largo della costa somala, finendo sommersa su un fondale di 5.000 metri alle coordinate 7°14,1' Nord 51°19,8' Est.
Ordinata nel 1938 come Willem Ruys, il suo scafo fu impostato nel 1938 a Flessinga (Paesi Bassi) per i Rotterdamsche Lloyd. La costruzione fu ritardata dalla seconda guerra mondiale e da due bombardamenti e la nave non fu varata fino al luglio 1946. La Willem Ruys fu completata alla fine del 1947 e compì il suo viaggio inaugurale il 2 dicembre 1947. Era dotata di un impianto di desalinizzazione per ricavare acqua potabile dall'acqua di mare. Fino al 1963 rimase in servizio sulla linea Europa-Australia. Successivamente fu usata per crociere nel Mediterraneo.
Nel 1964, fu venduta alla Flotta Lauro e ribattezzata Achille Lauro. Ricostruita estensivamente e modernizzata nei Cantieri del Tirreno di Palermo, rientrò in servizio nel 1966 come nave da crociera. Nell'aprile 1975, mentre si trovava nello stretto dei Dardanelli, entrò in collisione con una nave trasporto bestiame, la Yousset, che affondò. Nel 1987, successivamente al fallimento avvenuto nel 1982 della Flotta Lauro, passò alla Starlauro di Eugenio Buontempo e Salvatore Pianura e quindi, nel 1991, alla Mediterranean Shipping Company.
Per quattro volte (1965, 1972, 1981 e 1994) l'imbarcazione fu colpita da incendi, l'ultimo dei quali, scoppiato il 30 novembre 1994, ne causò l'affondamento il 2 dicembre, tre giorni dopo.

Il dirottamento

Il 7 ottobre 1985, mentre compiva una crociera nel Mediterraneo, al largo delle coste egiziane, fu dirottata da un commando del Fronte per la Liberazione della Palestina (FLP). A bordo erano presenti 201 passeggeri e 344 uomini dell'equipaggio.
Dopo frenetiche trattative diplomatiche, si giunse in un primo momento a una felice conclusione della vicenda, grazie all'intercessione dell'Egitto, dell'OLP di Arafat (che in quel periodo aveva trasferito il quartier generale dal Libano a Tunisi a causa dell'invasione israeliana del Libano) e dello stesso Abu Abbas (uno dei due negoziatori, proposti da Arafat, insieme a Hani el-Hassan, un consigliere dello stesso Arafat), che convinse i terroristi alla resa in cambio della promessa dell'immunità.
Due giorni dopo si scoprì tuttavia che a bordo era stato ucciso un cittadino statunitense, Leon Klinghoffer, ebreo e paraplegico: l'episodio provocò la reazione degli Stati Uniti.
Dopo aver lasciato Alessandria d'Egitto e aver effettuato uno scalo in Grecia, l'Achille Lauro si diresse verso Napoli, quando la CIA passò un'informazione, forse proveniente dai servizi egiziani, relativa alla possibile presenza di esplosivo su alcune casse caricate ad Alessandria. Pur non potendo verificare la veridicità dell'informazione il SISMI, in accordo con il comandante della nave, decise per precauzione di far gettare in mare alcune casse di cui non era stato possibile controllare il contenuto.
Nel 1990 il dirottamento fu raccontato in un film per la televisione, Viaggio del terrore con Burt Lancaster e Eva Marie Saint.
Nel 1991 alla vicenda si ispirò il compositore statunitense John Adams con l'opera La morte di Klinghoffer.

L'incendio e il naufragio

La nave era stata acquisita nel 1991 dalla Mediterranean Shipping Company S.A. (MSC). Il 30 novembre 1994, mentre era in navigazione al largo della Somalia durante una crociera tra Genova e il Sudafrica, scoppiò un incendio che due giorni più tardi, il 2 dicembre 1994, ne causò l'affondamento. Le vittime furono due: una persona fu colpita da un oggetto mentre era nella lancia di salvataggio a causa di un'errata manovra nelle fasi di evacuazione e una decedette per complicanze cardiovascolari.
Nonostante i disperati tentativi di salvare il relitto in fiamme trainandolo in porto, la nave si voltò su un fianco poco dopo essere stata agganciata da un rimorchiatore e affondò rapidamente. L'armatore aveva pattuito con la compagnia Murri International Salvage Freres un compenso pari alla metà del valore di realizzo del relitto. Le Assicurazioni Generali dovettero risarcire i beni dei passeggeri con circa 28 miliardi di lire.
La maggior parte dei passeggeri fu salvata dal vascello battente bandiera panamense Hawaiian King. Una parte dell'equipaggio fu tratta in salvo dalla fregata Zeffiro della Marina Militare Italiana che rientrava da una missione a Gedda. Le operazioni di salvataggio furono coordinate dal comandante Maurizio Gemignani supportato dal comandante in seconda Cosimo Nicastro e dal direttore sanitario, medico di bordo dell'Achille Lauro, Nicola Freda. I passeggeri superstiti furono scortati nel porto di Gibuti sotto la supervisione del guardiamarina Davide Bottalico, ufficiale medico della fregata Zeffiro. Secondo la commissione d'inchiesta istituita dal ministero dei Trasporti l'incendio fu dovuto al caso.
Una curiosità: il celebre cuoco e conduttore Alessandro Borghese lavorava sulla nave proprio nel giorno dell’incendio. Durante una puntata di Che tempo che fa, ha raccontato infatti di aver lavorato, appena maggiorenne, come cuoco sulla stessa nave proprio in occasione dell'incendio.
È stato escluso il recupero del relitto, per via della sua antieconomicità e per via del fatto che nel punto dell'affondamento, a 95 miglia dalla costa somala, in pieno Oceano Indiano, la profondità è di circa 5.000 m.




Il dirottamento dell'Achille Lauro fu un atto terroristico avvenuto nel 1985, con il sequestro, da parte di un gruppo di terroristi palestinesi del Fronte per la Liberazione della Palestina, dei passeggeri della nave da crociera battente bandiera italiana e l'uccisione di Leon Klinghoffer, cittadino statunitense paralitico e di fede ebraica.
Il dirottamento sfociò nella più grave crisi diplomatica del secondo dopoguerra tra l'Italia e gli Stati Uniti.

Il dirottamento

Il 7 ottobre 1985, mentre compiva una crociera nel Mediterraneo, al largo delle coste egiziane, venne dirottata da un commando di quattro aderenti al Fronte per la Liberazione della Palestina (FLP): Bassām al-ʿAskar, Aḥmad Maʿrūf al-Asadī, Yūsuf Mājid al-Mulqī e ʿAbd al-Laṭīf Ibrāhīm Faṭāʾir. A bordo erano presenti 201 passeggeri e 344 uomini di equipaggio (78 portoghesi, tutti gli altri italiani). I quattro terroristi erano partiti da Genova mentre la nave stava per salpare le ancore, ed erano muniti di passaporti ungheresi e greci. All'ora di pranzo i quattro sbucarono sul ponte di comando armati di mitra Kalašnikov sovietici, e intimarono al comandante Gerardo De Rosa di far rotta verso il porto di Tartus, in Siria. Giulio Andreotti, ministro degli esteri, mobilitò l'egiziano Boutros Boutros-Ghali (che assicurò piena collaborazione) e il siriano Hafiz al-Asad, che inizialmente era disposto a consentire l'attracco della nave nel porto di Tartus ma poi rifiutò a causa delle pressioni degli Stati Uniti.

L'intervento italiano e le trattative

La sera stessa 60 incursori italiani del Col Moschin arrivarono alla base militare di Akrotiri, a Cipro, pronti a intervenire, seguendo un piano sviluppato insieme all'UNIS del COMSUBIN, presenti in fase di pianificazione. Si decise però alla fine la via diplomatica.
Dopo frenetiche trattative diplomatiche si giunse, in un primo momento, ad una felice conclusione della vicenda, grazie all'intercessione dell'Egitto, dell'OLP di Arafat (che in quel periodo aveva trasferito il quartier generale dal Libano a Tunisi a causa della guerra del Libano) e dello stesso Abu Abbas (uno dei due negoziatori, proposti da Arafat, insieme a Hani al-Hassan, un consigliere dello stesso Arafat), che convinse i terroristi alla resa in cambio della promessa dell'immunità. Dopo il divieto di sbarcare in Siria, l'Achille Lauro approdò nelle acque egiziane.
Due giorni dopo si scoprì tuttavia che a bordo era stato ucciso un cittadino statunitense, Leon Klinghoffer, ebreo e disabile in sedia a rotelle a causa di un ictus: l'episodio provocò la reazione degli Stati Uniti che volevano l'estradizione dei dirottatori per processarli nel loro Paese. Ad uccidere il passeggero fu il terrorista Yūsuf Mājid al-Mulqī.
L'11 ottobre un Boeing 737 egiziano si alzò in volo per portare a Tunisi i membri del commando di dirottatori, assieme allo stesso Abu Abbas, Hani al-Hassan (l'altro mediatore dell'OLP) e ad agenti dei servizi e diplomatici egiziani, secondo gli accordi raggiunti (salvacondotto per i dirottatori e la possibilità di essere trasportati in un altro Stato arabo): mentre era in volo, alcuni caccia statunitensi lo intercettarono costringendolo a dirigersi verso la base aerea di Sigonella, in Italia, dove fu autorizzato ad atterrare poco dopo la mezzanotte.


La crisi diplomatica tra Italia e USA

L'allora presidente del Consiglio Bettino Craxi si oppose tuttavia all'intervento degli Stati Uniti, chiedendo il rispetto del diritto internazionale e sia i VAM (Vigilanza Aeronautica Militare) che i carabinieri di stanza all'aeroporto si schierarono a difesa dell'aereo contro la Delta Force statunitense che nel frattempo era giunta su due C-141. A questa situazione si aggiunse un altro gruppo di carabinieri, fatti giungere da Catania dal comandante generale dei carabinieri (il generale Riccardo Bisogniero).
A quel punto la questione centrale riguardava Abu Abbas: pur di proteggerlo il governo italiano sembrò disposto a rischiare uno scontro armato con gli Stati Uniti. Craxi disse che la giustizia italiana avrebbe processato i sequestratori e aggiunse che non era possibile indagare su persone ospiti del governo egiziano a bordo di quel Boeing, dal momento che era protetto con l'extraterritorialità.
I quattro membri del commando terrorista furono presi in consegna dalla polizia e rinchiusi nel carcere di Siracusa e furono in seguito condannati, scontando la pena in Italia. Per il resto della giornata vi furono numerose trattative diplomatiche tra i rappresentanti del governo italiano, di quello egiziano e dell'OLP.
Il governo italiano chiese all'ambasciatore egiziano lo spostamento del Boeing 737 dalla base di Sigonella all'aeroporto di Ciampino per «poter esplorare la possibilità di compiere ulteriori accertamenti». Craxi spiegò che il Boeing era trasferito a Roma per rispondere all'impegno preso con Reagan di «concedere il tempo necessario» affinché il governo italiano potesse disporre «di elementi o evidenze che dimostrassero il coinvolgimento dei due dirigenti palestinesi nella vicenda». Alla ripartenza dell'aereo con destinazione Ciampino si unirono al velivolo egiziano un velivolo del SISMI che era nel frattempo giunto con l'ammiraglio Fulvio Martini (che nelle prime ore della crisi era stato costretto a seguire le trattative solo per via telefonica) e a una piccola scorta di due F-104S decollati dalla base di Gioia del Colle e altri due decollati da Grazzanise, voluta dallo stesso Martini. Nel frattempo un F-14 statunitense decollò dalla base di Sigonella senza chiedere l'autorizzazione e senza comunicare il piano di volo, e cercò di rompere la formazione del Boeing e dei velivoli italiani, sostenendo di voler prendere in consegna il velivolo con Abbas a bordo, venendo però respinto dagli F-104 di scorta.
Una volta giunti a Ciampino, intorno alle 23:00, un secondo aereo statunitense, fingendo un guasto, ottenne l'autorizzazione per un atterraggio di emergenza e si posizionò sulla pista davanti al velivolo egiziano, impedendone un'eventuale ripartenza. Su ordine di Martini al caccia venne allora dato un ultimatum di cinque minuti per liberare la pista, in caso contrario sarebbe stato spinto fuori pista da un Bulldozer: dopo tre minuti il caccia statunitense ridecollò, liberando la pista. Per questo episodio il governo italiano protestò con l'ambasciatore Maxwell M. Rabb.


Gli Stati Uniti richiesero nuovamente la consegna di Abu Abbas, in base agli accordi di estradizione esistenti con l'Italia, senza tuttavia portare prove del reale coinvolgimento del negoziatore nel dirottamento. I legali del Ministero di Grazia e Giustizia e gli esperti in diritto internazionale consultati dal governo ritennero comunque non valide le richieste statunitensi.
Il Boeing egiziano venne quindi trasferito a Fiumicino, dove Abu Abbas e l'altro mediatore dell'OLP furono fatti salire su un diverso velivolo, un volo di linea di nazionalità jugoslava la cui partenza era stata appositamente ritardata. Solo il giorno successivo, grazie alle informazioni raccolte dai servizi segreti israeliani (che tuttavia non erano state consegnate al SISMI durante la crisi, pur essendo già disponibili), si ottennero alcuni stralci di intercettazioni che potevano legare Abu Abbas al dirottamento. La CIA consegnò solo alcuni giorni dopo (16 ottobre) i testi completi delle intercettazioni, effettuate da mezzi statunitensi, che provavano con certezza le responsabilità di Abu Abbas, il quale venne processato e condannato all'ergastolo in contumacia.
Secondo le dichiarazioni rese da Omar Ahmad, uno dei membri del commando terroristico, il piano originario dei dirottatori era quello di condurre la nave in un porto militare israeliano, di sparare ai soldati presenti, uccidendone il più possibile, e quindi di fuggire in Libia. La vicenda si svolse invece diversamente, secondo Omar Ahmad, per colpa di Abu Abbas. Il ministro della difesa Giovanni Spadolini e altri due ministri repubblicani (Oscar Mammì e Bruno Visentini) presentarono le dimissioni in segno di protesta contro Craxi, provocando una crisi di governo successivamente rientrata.

Il ritorno in Italia

Dopo aver lasciato Alessandria e aver effettuato uno scalo in Grecia, l'Achille Lauro si diresse verso Napoli, quando la CIA passò un'informazione, forse proveniente dai servizi egiziani, relativa alla possibile presenza di esplosivo su alcune casse caricate ad Alessandria. Pur non potendo verificare la veridicità dell'informazione il SISMI, in accordo con il comandante della nave, decise per precauzione di far gettare in mare alcune casse di cui non era stato possibile far controllare il contenuto.

Le conseguenze

A seguito del dirottamento furono intavolate da parte dei Paesi aderenti all'Organizzazione marittima internazionale (IMO), trattative che portarono l'adozione della cosiddetta «Convenzione di Roma» per prevenire e punire atti di terrorismo in mare, suggellata il 10 marzo 1988 e che estesamente è nota come Convenzione per la repressione degli atti illeciti contro la sicurezza della navigazione marittima, nota anche come SUA Convention ed entrata in vigore il 1º marzo 1992.


Omicidio di Leon Klinghoffer

L'omicidio di Leon Klinghoffer è un atto terroristico perpetrato nel 1985 da un gruppo di quattro terroristi palestinesi del Fronte per la Liberazione della Palestina durante il dirottamento della nave da crociera italiana Achille Lauro.
Lo statunitense sessantanovenne Leon Klinghoffer, di religione ebraica, disabile a causa di un ictus, era obbligato a utilizzare una sedia a rotelle. Durante il sequestro dell'"Achille Lauro", fu ucciso e gettato in mare dai quattro sequestratori appartenenti al commando palestinese (Bassām al-ʿAskar, Aḥmad Maʿrūf al-Asadī, Yūsuf Mājid al-Mulqī e ʿAbd al-Laṭīf Ibrāhīm Faṭāʾir), che aveva preso il controllo della nave. Dalla sua uccisione iniziò un delicato contenzioso tra i governi d'Italia e degli Stati Uniti, che portò alla cosiddetta crisi di Sigonella (l'omicidio, essendo avvenuto sulla "Lauro", era stato di conseguenza perpetrato in territorio italiano, e quindi italiana era la giurisdizione di competenza).
In questa circostanza il Segretario Generale del Comitato Centrale di al-Fatah e responsabile del Dipartimento politico dell'OLP in Tunisia Fārūq al-Qaddūmī, ipotizzò che l'omicidio fosse stato commesso dalla moglie della vittima, Marilyn, per poter riscuotere il premio dell'assicurazione sulla vita contratto da Leon Klinghoffer. Poco tempo dopo però l'OLP smentì questa ipotesi riconoscendo l'attentato come un atto terroristico perpetrato dai quattro appartenenti al commando del FLP e porgendo alla famiglia della vittima le proprie scuse ufficiali.
Il cadavere di Klinghoffer venne ripescato dalle autorità siriane tra il 14 e il 15 ottobre, consegnato all'ambasciatore degli Stati Uniti a Damasco verso il 20 di quello stesso mese e da questi imbarcato sul volo di linea n. 743 dell'Alitalia alla volta di Roma. Leon Klinghoffer fu in seguito riportato in patria e sepolto nel Beth David Memorial Park di Kenilworth (New Jersey).

Influenza culturale

Nel 1990 i personaggi di Klinghoffer e sua moglie furono interpretati rispettivamente da Burt Lancaster e Eva Marie Saint nel film per la televisione Viaggio nel terrore.
Nel 1991 la vicenda fu trasposta in forma di opera dal compositore statunitense John Adams con il titolo La morte di Klinghoffer.

Opportunismo mediatico

Qualche anno dopo alcuni commentatori, pur condannando il delitto, evidenziarono come la sconsiderata uccisione del cittadino statunitense ebbe un'ampia eco mediatica in tutto il mondo, mentre le altrettanto sconsiderate uccisioni di due invalidi palestinesi a opera dell'esercito israeliano nell'attacco al campo profughi di Jenin nel 2002 passarono in sordina. Le vittime furono Kemal Zughayer, disabile che venne letteralmente schiacciato dai carri armati sulla sua carrozzella con una bandiera bianca, e Jamal Rashid, anch'egli disabile impossibilitato a muoversi: quest'ultimo fu ucciso nella demolizione della sua casa, nonostante le grida di avvertimento dei vicini.
Muhammad Zaydan, noto anche con il nome di battaglia di Abū ʿAbbās (in arabo: ابو عباس) o Muhammad ʿAbbās (al-Tira, 10 dicembre 1948 – Iraq, 8 marzo 2004), è stato un politico e guerrigliero palestinese, fondatore e capo del gruppo paramilitare Fronte per la Liberazione della Palestina (FLP). Abbas fu condannato dalla magistratura italiana all'ergastolo in contumacia per il suo ruolo nell'organizzazione del dirottamento della nave Achille Lauro. Morì in circostanze misteriose nel carcere di prigionia statunitense nell'aeroporto di Baghdad dove era stato recluso. Era ricercato dal 1985 per il sequestro della nave italiana Achille Lauro e l’assassinio dell’ebreo disabile Leon Klinghoffer. Sposato a Reem Abul Abbas da cui ebbe un figlio.

Impegno politico

Nel 1968 Abū ʿAbbās divenne membro del gruppo PFLP-GC di Ahmed Jibril. Nel 1977, in occasione di gravi disaccordi sorti tra il FPLP-GC e l'OLP ed altre fazioni palestinesi con base in Libano, Abū ʿAbbās - che si opponeva al coinvolgimento della Siria nella guerra civile in corso in Libano, lasciò il FPLP-GC e fondò il FLP con Tal'at Ya'qub. Successivamente questo gruppo si divise in tre fazioni separate (che in seguito tornarono a fondersi). La fazione guidata da Abū ʿAbbās, che era la maggiore, spostò il suo quartier generale in Tunisia. Nonostante le divergenze con Yasser Arafat, Abū ʿAbbās e il suo gruppo continuarono nel corso degli anni a restare sotto l'ombrello dell'OLP. Per questo motivo l'attacco di un commando del FLP a una spiaggia israeliana il 30 maggio 1990 offrì al governo degli Stati Uniti il pretesto per interrompere i dialoghi diretti con l'OLP.

Coinvolgimento con il terrorismo

Fin dalla sua fondazione nel 1977 il FLP di Abū ʿAbbās fece parte dell'OLP e ricevette supporto sia da quest'ultimo sia dal movimento al-Fath di Arafat. Diversamente dalla politica adottata dal FPLP, il gruppo di Abū ʿAbbās appoggiò l'idea di negoziati tra Palestinesi e israeliani. In questo quadro, Abū ʿAbbās fu eletto membro del comitato esecutivo dell'OLP nel 1984 e rappresentò il Consiglio Nazionale Palestinese (il parlamento in esilio palestinese) nel 1989 durante i negoziati di pace allora in corso con Israele.
Per via del suo sostegno ai negoziati, negli anni novanta le autorità israeliane consentirono ad Abū ʿAbbās libertà di movimento nella Striscia di Gaza, sebbene fosse da esse ricercato con l'accusa di aver organizzato attacchi terroristici contro civili tra gli anni settanta e gli novanta. Durante uno di tali attacchi, occorso il 22 aprile 1979 a Nahariya (Israele), rimasero uccisi quattro cittadini israeliani e due dei quattro componenti del commando palestinese.

Il dirottamento dell'Achille Lauro

Abū ʿAbbās divenne noto al pubblico internazionale nell'ottobre del 1985, quando fu accusato di aver organizzato il dirottamento della nave da crociera italiana Achille Lauro e del sequestro del suo equipaggio e dei suoi passeggeri, condotto da un commando di aderenti al FLP. Nel corso dell'azione terroristica fu assassinato il cittadino statunitense disabile Leon Klinghoffer, che era a bordo della nave e il cui corpo venne gettato in mare: i quattro esecutori materiali del dirottamento furono indotti a cessare l'operazione a Porto Said dall'intervento diretto di Abū ʿAbbās (sul quale sarebbe personalmente intervenuto Yasser Arafat che, su richiesta del Governo italiano, lo avrebbe convinto a recarsi sul posto a convincere via radio i dirottatori, dietro promessa di salvacondotto da concedere agli assalitori della nave). Sulla base di documentazione statunitense e israeliana, la magistratura italiana in seguito ritenne provata la responsabilità di Abū ʿAbbās nell'organizzazione del dirottamento, condannandolo all'ergastolo in contumacia.

SIGONELLA: La crisi USA-Italia

Subito dopo la liberazione dell'Achille Lauro, i quattro dirottatori, accompagnati da Abū ʿAbbās, presero posto a bordo di un aereo civile egiziano dell'Egypt Air che avrebbe dovuto condurli al sicuro in Tunisia. Il 10 ottobre 1985, tuttavia, l'aereo fu dirottato da velivoli militari statunitensi e costretto ad atterrare nella base NATO di Sigonella (CT). Una volta a terra, l'aereo fu circondato dai militari dell'Aeronautica Militare italiana. Poco dopo, non annunciato, atterrò un velivolo statunitense dal quale sbarcò un folto gruppo di militari della Delta Force, che circondarono i militari italiani che erano a guardia dell'aereo egiziano, pretendendo la consegna immediata dei quattro dirottatori e di Abū ʿAbbās. Gli uomini della Delta Force furono quindi a loro volta circondati dai Carabinieri, che minacciarono di far intervenire ulteriori rinforzi italiani.
Mentre gli schieramenti concentrici di militari restavano reciprocamente sotto la minaccia delle altrui armi, nel cuore della notte si susseguirono messaggi frenetici tra le cancellerie di Roma e Washington, fino a quando, durante uno scambio telefonico, il Presidente del Consiglio italiano Bettino Craxi impose al Presidente degli Stati Uniti Ronald Reagan il proprio punto di vista, spiegando che gli autori di un reato commesso su una nave italiana non potevano soltanto "transitare" sul territorio italiano per essere condotti altrove. La base di Sigonella era territorio italiano, per cui i cinque passeggeri dell'aereo egiziano sarebbero stati presi in carico dalle autorità italiane e giudicati in Italia. Dopo tale contatto la Delta Force abbandonò Sigonella e Abū ʿAbbās ed i quattro militanti del FLP furono presi in consegna dai militari italiani.
Se gli Stati Uniti ritenevano Abū ʿAbbās capo ed organizzatore degli esecutori materiali del sequestro dell'Achille Lauro e dell'omicidio del loro cittadino, il governo italiano lo riteneva invece un mediatore efficace (ruolo svolto dalla torre di controllo di Porto Said), tanto più che egli deteneva un passaporto diplomatico tunisino. Tale differenza di posizioni venne alla luce quando, fatto decollare nuovamente l'aereo egiziano per Roma, i quattro dirottatori furono presi in custodia all'arrivo dalla polizia italiana, mentre Abū ʿAbbās - dopo ore concitate in cui la sua locazione fisica fu occultata tanto a possibili colpi di mano da parte di agenti segreti stranieri, quanto alla magistratura italiana inquirente - il 12 ottobre 1985 il leader del FLP fu imbarcato su un volo di linea jugoslavo che lo portò libero fuori dal territorio italiano.
A tali eventi fece seguito una ripresa delle polemiche politiche e diplomatiche legate al caso (anche con ricadute sulla maggioranza di governo italiana, per la posizione assunta dal ministro Giovanni Spadolini). Tra il 18 giugno ed il 10 luglio 1986 Abū ʿAbbās fu processato in contumacia da un tribunale italiano che lo condannò all'ergastolo quale organizzatore del sequestro della nave italiana, condanna poi confermata in secondo grado.

Rifugiato in Iraq

Anche la Libia fornì supporto e basi sicure al gruppo di Abū ʿAbbās fin verso la fine del 1990 quando, su richiesta dell'Egitto che aveva scoperto un piano del FLP per compiere attentati sul suo territorio, il governo di Tripoli ne decretò l'espulsione. Abū ʿAbbās si rifugiò quindi in Iraq dove Saddam Hussein, che sosteneva finanziariamente il FLP, ne evitò l'estradizione verso l'Italia e verso gli Stati Uniti, che lo ricercavano per terrorismo, pirateria ed omicidio.
Nel 1996 Abū ʿAbbās pronunciò pubbliche scuse per l'atto di terrorismo contro l'Achille Lauro e si augurò la ripresa di negoziati per la pace tra Palestinesi ed Israeliani; le sue scuse, tuttavia, vennero fermamente respinte dal governo degli Stati Uniti e dalla famiglia Klinghoffer, che lo invitarono ancora una volta a presentarsi al cospetto della giustizia.
Abū ʿAbbās risiedette a Baghdad dove era libero di effettuare molti viaggi nei Paesi limitrofi alla guida del FLP sino a quando fu arrestato dalle forze di occupazione statunitensi nel 2003.

La cattura e la morte

Il 15 aprile 2003 Abū ʿAbbās fu arrestato dalle forze statunitensi in Iraq. L'Italia di conseguenza ne richiese l'estradizione. Il Pentagono riportò però la notizia che Abū ʿAbbās era morto sotto custodia statunitense, per cause naturali, l'8 marzo 2004. Il FLP intervenne accusando gli Stati Uniti di aver assassinato il suo leader. Le autorità USA respinsero l'accusa ed acconsentirono alla restituzione della salma ai palestinesi affinché fosse sepolto a Ramallah. La sepoltura fu però vietata dalle autorità israeliane, e Abū ʿAbbās fu tumulato a Damasco.

(Web, Google, Wikipedia, You Tube)














 

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