sabato 12 settembre 2020

15 aprile 1986: l’Attacco missilistico libico contro Lampedusa

15 aprile 1986: l’Attacco missilistico libico contro Lampedusa

L'attacco missilistico libico contro Lampedusa, lanciato il 15 aprile 1986 senza causare alcun danno, segnò una grave crisi diplomatica tra Italia e Libia.
Ad essere lanciati contro il territorio italiano furono due missili SS-1 Scud in dotazione alle forze armate libiche, che avrebbero dovuto colpire un'installazione militare del sistema di radionavigazione LORAN della NATO situata sull'isola di Lampedusa come ritorsione per il bombardamento della Libia da parte degli Stati Uniti nell'operazione El Dorado Canyon.


Il contesto

Tra il 1985 e il 1986 diversi episodi generarono tensione e crisi nelle relazioni fra Italia, Stati Uniti e Libia.
A Lampedusa ricordano ancora tutto: i due boati in mare, l’immediata evacuazione della base americana Loran che coordinava le comunicazioni nel Mediterraneo, l’agitazione dei militari, la paura degli isolani. Molti lasciarono il paese per trascorrere la notte in campagna. Quel pomeriggio del 15 aprile 1986 Lampedusa si ritrovò all’improvviso su un fronte avanzato dopo l’attacco missilistico libico. Gli echi di guerra arrivarono trent’anni fa nel pieno di una crisi che gli americani avevano fatto esplodere bombardando la residenza di Gheddafi, accusato di appoggiare il terrorismo internazionale. E Gheddafi reagì lanciando per rappresaglia due missili Scud che esplosero al largo senza causare danni.
Forse l’obiettivo era soltanto quello di lanciare un avvertimento. “In quel momento ci rendemmo conto di trovarci nel pieno di una tensione militare gravida di conseguenze”, dice Salvatore Martello, a quel tempo assessore ai lavori pubblici in una giunta di sinistra guidata da un sindaco del Pci, Giovanni Fragapane. I due missili libici arrivarono inattesi. Il presidente del Consiglio, Bettino Craxi, aveva preso le distanze dal bombardamento ordinato da Reagan. Lo aveva già fatto dopo la crisi di Sigonella. E anche stavolta Craxi aveva ribadito la “contrarietà del governo italiano” al raid americano. Oltre allo “scudo” politico che allontanava il rischio di ritorsioni, c’era anche l’assicurazione del ministro Giovanni Spadolini secondo cui la Libia non aveva armi in grado di minacciare l’Italia. “Forse non si calcolava che Lampedusa fosse già territorio italiano”, commenta Martello.
“In quella occasione si scoprì che l’isola era esposta come obiettivo militare così come ora è il punto di approdo più prossimo del flusso dei migranti”. Lo smarrimento dei lampedusani durò alcuni giorni. La giunta organizzò un corteo pacifista, le scuole furono chiuse, i pescatori non si mossero dal porto, i turisti abbandonarono l’isola subito presidiata dai militari italiani. L’emergenza cominciò a rientrare presto con l’arrivo della bella stagione. “Quell’anno – ricorda Martello – registrammo un boom turistico. Smaltita la paura, la gente veniva per vedere i segni dei missili di Gheddafi”. Le uniche tracce, frammenti degli ordigni, restarono nelle reti di un pescatore. Ma furono subito presi e portati via dagli uomini del servizi segreti italiani.
Dal 7 all'11 ottobre 1985 si consumò la cosiddetta "Crisi di Sigonella", un complesso caso diplomatico che rischiò di sfociare in uno scontro armato tra militari italiani da una parte e gli uomini della Delta Force statunitensi dall'altro. A Sigonella i militari italiani avevano impedito a quelli della Delta Force Usa di catturare i dirottatori dell'Achille Lauro ed Abu Abbas, loro capo, che aveva mediato per conto dell'OLP e su richiesta del governo italiano la liberazione della nave.
Il 24 e il 25 marzo 1986, nel golfo della Sirte si svolse un'azione bellica aeronavale degli Stati Uniti d'America contro la Libia.
Il 14 aprile 1986, la sera precedente all'attacco libico missilistico su Lampedusa, gli Stati Uniti d'America sferrarono tre attacchi aerei sulla Libia, al fine di eliminare il presidente Mu'ammar Gheddafi, nome in codice dell'Operazione fu "El Dorado Canyon". 24 aerei bombardieri statunitensi attaccano la capitale libica, Tripoli, e altri 6 obiettivi, distruggendo la residenza di Muʿammar Gheddafi. Fu un'operazione decisa dal presidente degli Stati Uniti Ronald Reagan, in risposta all'attentato alla discoteca La Belle di Berlino del 5 aprile 1986, frequentata da soldati Usa in Germania, con un bilancio di tre morti e 250 feriti. Il presidente libico sfuggì alle bombe, ma tra le vittime dei bombardamenti statunitensi vi furono Hanna Gheddafi, una delle sue figlie adottive (di 15 mesi d'età) e decine di vittime civili. Gli aerei statunitensi erano decollati dalla Gran Bretagna e dalle portaerei USS America e USS Coral Sea, che incrociavano nel Golfo della Sirte.
Secondo quanto riferito dalle autorità libiche e confermato da Giulio Andreotti, Bettino Craxi, allora presidente del consiglio italiano, avrebbe avvisato Gheddafi dell'imminente attacco consentendogli così di salvarsi.


La ricostruzione dei fatti

Lampedusa era sede di un centro Loran della Guardia Costiera Statunitense "Stazione di Sincronizzazione e Trasmissione LO.RA.N.-C Slave "Mediterran Sea / Lampedusa"" ("Xray"), sita a Capo Ponente (35°31′19.74″N 12°31′16.68″E).
Pochi minuti prima delle ore 17:00 del 15 aprile 1986 molti residenti dell'isola di Lampedusa udirono due forti boati. Il primo dispaccio di agenzia li attribuì a "cannonate sparate da una motovedetta libica", poi si pensò ad un attacco aereo, infine, ad un attacco missilistico.
Il passaggio di consegne fra la US Coast Guard e il Corpo delle capitanerie di porto - Guardia Costiera, avvenne il 1º gennaio 1995.
Il comandante della stazione radio, Tenente Ernest Del Bueno, fece evacuare il personale statunitense, ma non quello italiano.
La notizia dell'evacuazione dei militari statunitensi gettò nel panico gli isolani, che si trasferirono fuori del centro abitato, andando ad occupare i vecchi "dammusi" (vecchie costruzioni in pietra) e le gallerie-ricovero scavate nella roccia durante la seconda guerra mondiale.



Verso le ore 18:00 le Autorità Statunitensi informarono il Ministro della difesa italiano, Giovanni Spadolini, che Mu'ammar Gheddafi, Presidente della Libia, aveva ordinato il lancio di due missili SS-1c Scud B - R-300 9K72 Elbrus, di fabbricazione sovietica, contro l'isola di Lampedusa, ordigni che erano caduti in mare, esplodendo il primo a 2 km a nord-ovest ed il secondo a 2 km a sud-ovest dalla base di Capo Ponente.
L'allora generale di brigata aerea Mario Arpino, Capo del 3º Reparto "Pianificazione delle Forze Aerospaziali" dello Stato Maggiore dell'Aeronautica Militare Italiana, dal gennaio 1986 al settembre 1987, in una intervista del 2005, ricorda quegli eventi:
M.A.: «All'indomani del caso Lampedusa, Cottone mi incaricò per conto del Governo di studiare una ritorsione contro la Libia nell'eventualità di altre azioni ostili. Noi preparammo una serie di piani.» - G.D.F.: «Ma i nostri radar avvistarono gli Scud?» - M.A.: «I nostri radar non erano in grado di scoprire missili di quel genere. Avevamo chiesto alla NATO di fornirci degli AWACS, radar volanti molto potenti, ma ci furono concessi mesi dopo.» - G.D.F.: «Solo i satelliti U.S.A., quindi, potevano vedere gli Scud: solo gli occhi spaziali statunitensi che in quel momento tenevano sotto controllo tutto il Canale di Sicilia. Ma Washington a chi trasmetteva i dati dei satelliti?» - M.A.: «Gli americani non hanno mai interferito a livello operativo: io ero responsabile della sala di crisi e non mi comunicarono nulla. Se informavano qualcuno, lo facevano a livello politico. So con certezza che non venimmo nemmeno avvisati del raid contro Tripoli. Ricordo la sorpresa quella notte quando i nostri radar scoprirono gli aerei diretti in Libia».
L'attacco missilistico fu immediatamente rivendicato dai libici. Il primo a farlo, 24 ore dopo, il 16 aprile 1986, fu l'ambasciatore libico a Roma, Abdulrahaman Shalgam:
«I missili sono venuti dalla Libia, non abbiamo cercato di colpire l'Italia ma una base USA”.



I dubbi sollevati dal generale Cottone

Il 20 settembre 2005, il generale di squadra aerea Basilio Cottone, all'epoca dei fatti capo di Stato Maggiore dell'Aeronautica Militare dichiarò:

«Personalmente non ho mai creduto che siano stati lanciati missili da parte libica contro il territorio italiano. Ma, poiché allora tutti lo credevano ho ritenuto di operare di conserva. La notizia del lancio dei missili per me era falsa e le azioni messe in atto volevano accreditarla. Molte organizzazioni extranazionali erano allora interessate al fatto che il governo italiano adottasse una politica di più forte chiusura nei confronti della Libia”.

Il generale Arpino, secondo un articolo de L'espresso, affermò:
«Dubbi su quella vicenda ci sono sempre stati. Non abbiamo mai trovato prove evidenti dell'attacco: nemmeno una scheggia”.

La versione del generale Cottone, non corroborata da alcuna fonte, risultò smentita sia dalle autorità libiche sia da Giulio Andreotti, all'epoca Ministro degli Esteri, che nel 2005 commentò così la vicenda:
«Di certo io non mi sono spaventato. La mia sensazione è che i missili furono lanciati ma volutamente fuori bersaglio: non c'era nessuna volontà di causarci dei danni”.

Operazione Girasole

Il 16 aprile 1986, all'alba, l'isola di Lampedusa venne presidiata da reparti militari italiani dei paracadutisti della Folgore; tra gli altri, venne schierata una componente del 1º Battaglione carabinieri paracadutisti Tuscania. 

Si dette immediatamente inizio all'Operazione Girasole, che durò fino al luglio 1986, orientata al pattugliamento delle acque territoriali italiane e del Canale di Sicilia da parte di una squadra navale composta dalle seguenti unità della Marina Militare:
  • Incrociatore Andrea Doria;
  • Cacciatorpediniere Audace;
  • Fregata Lupo.
  • Fregata Libeccio
  • Cacciatorpediniere Intrepido
  • Rifornitrice di squadra Stromboli.

L'Aeronautica Militare assicurò la scorta ai velivoli civili da e per le Isole minori con caccia F-104, effettuò attività di ricognizione con cacciabombardieri Tornado e concorse al pattugliamento dell'area con velivoli BR1150 Atlantic. Trasportò inoltre con C-130H e G.222 i Reparti dell'Esercito a presidio di Lampedusa e, per ogni evenienza, tenne pronta anche una cellula d'allarme di cacciabombardieri Tornado, presso l'aeroporto di Pantelleria, dove furono anche rischierati gli MB.339.


ENGLISH

Libyan missile attack against Lampedusa

The Libyan missile attack against Lampedusa, launched on 15 April 1986 without causing any damage, marked a serious diplomatic crisis between Italy and Libya.
Two SS-1 Scud missiles were launched against Italian territory, which were to hit a military installation of NATO's LORAN radionavigation system on the island of Lampedusa in retaliation for the US bombardment of Libya in Operation El Dorado Canyon.

The Context

Between 1985 and 1986 several episodes generated tension and crisis in relations between Italy, the United States and Libya.
From 7 to 11 October 1985 there was the so-called "Sigonella Crisis", a complex diplomatic case that risked leading to an armed clash between the Italian military on one side and the US Delta Force men on the other. At Sigonella, the Italian military had prevented the US Delta Force from capturing the hijackers of the Achille Lauro and Abu Abbas, their leader, who had mediated on behalf of the PLO and at the request of the Italian government to free the ship.
On 24 and 25 March 1986, in the Gulf of the Sirte, an air and sea warfare action of the United States of America against Libya took place.
On 14 April 1986, the evening before the Libyan missile attack on Lampedusa, the United States of America launched three air strikes on Libya, in order to eliminate President Mu'ammar Gaddafi, code name of the Operation was "El Dorado Canyon". 24 US bombers attacked the Libyan capital, Tripoli, and 6 other targets, destroying the residence of Muʿammar Gaddafi. It was an operation decided by the President of the United States, Ronald Reagan, in response to the attack on the La Belle discotheque in Berlin on 5 April 1986, attended by US soldiers in Germany, with a toll of three dead and 250 wounded. The Libyan president escaped the bombs, but among the victims of the US bombing were Hanna Gaddafi, one of his adopted daughters (15 months old) and dozens of civilian victims. The US planes had taken off from Britain and the USS America and USS Coral Sea aircraft carriers, which crossed the Gulf of Sirte.
According to the Libyan authorities and confirmed by Giulio Andreotti, Bettino Craxi, then President of the Italian Council, warned Gaddafi of the imminent attack, thus allowing him to save himself.

The reconstruction of the facts

Lampedusa was home to a Loran centre of the US Coast Guard "Synchronisation and Transmission Station LO.RA.N.-C Slave "Mediterran Sea / Lampedusa"". ("Xray"), located at Cape West (35°31′19.74″N 12°31′16.68″E).
A few minutes before 5:00 p.m. on April 15, 1986, many residents of the island of Lampedusa heard two loud blasts. The first agency dispatch attributed them to "cannon shots fired from a Libyan patrol boat", then it was thought of an air attack, finally, a missile attack.
The handover between the US Coast Guard and the Harbour Master Corps - Coast Guard took place on 1 January 1995.
The commander of the radio station, Lieutenant Ernest Del Bueno, evacuated the US personnel, but not the Italian one.
The news of the evacuation of the U.S. military threw the islanders into panic, who moved out of the town, occupying the old "dammusi" (old stone buildings) and the tunnels dug into the rock during the Second World War.
At about 6:00 p.m. the US authorities informed the Italian Defence Minister, Giovanni Spadolini, that Mu'ammar Gaddafi, President of Libya, had ordered the launch of two Soviet-built SS-1c Scud B - R-300 9K72 Elbrus missiles against the island of Lampedusa, bombs that had fallen into the sea, exploding the first 2 km north-west and the second 2 km south-west of the base of Capo Ponente.
The then Air Brigade General Mario Arpino, Head of the 3rd Department "Aerospace Force Planning" of the Italian Air Force General Staff, from January 1986 to September 1987, recalls those events in an interview in 2005:
M.A.: "In the aftermath of the Lampedusa case, Cottone charged me on behalf of the Government to study a retaliation against Libya in the event of other hostile actions. We prepared a series of plans". - G.D.F.: "But did our radar sight the Scud?" - M.A.: "Our radars were unable to detect missiles of that kind. We had asked NATO to provide us with AWACS, very powerful flying radar, but we were granted months later. - G.D.F.: "Only the U.S.A. satellites, then, could see the Scud: only the U.S. space eyes, which at that time kept the whole Sicilian Channel under control. But who was Washington transmitting the satellite data to?" - M.A.: "The Americans never interfered at an operational level: I was in charge of the crisis room and they didn't communicate anything to me. If they informed anyone, they did so at a political level. I know for sure that we were not even warned about the raid against Tripoli. I remember the surprise that night when our radar discovered the planes headed for Libya.
The missile attack was immediately claimed by the Libyans. The first to do so, 24 hours later, on 16 April 1986, was the Libyan ambassador to Rome, Abdulrahaman Shalgam:
"The missiles came from Libya, we did not try to hit Italy but a US base.

The doubts raised by General Cottone

On 20 September 2005, Air Squadron General Basilio Cottone, Chief of Staff of the Air Force at the time of the events, declared:

"Personally, I never believed that Libyan missiles were launched against Italian territory. But, since everyone believed it at the time, I thought I was operating conservatively. The news of the missile launch was false to me and the actions taken were meant to accredit it. Many extranational organizations were then interested in the fact that the Italian government adopted a policy of stronger closure towards Libya".

General Arpino, according to an article in L'espresso, said:
"There have always been doubts about that affair. We have never found clear evidence of the attack: not even a splinter".

General Cottone's version, not corroborated by any source, was denied by both the Libyan authorities and by Giulio Andreotti, at the time Minister of Foreign Affairs, who in 2005 commented on the matter:
"Certainly I was not frightened. My feeling is that the missiles were fired but deliberately off target: there was no desire to cause us any damage".
Operation Sunflower

On 16 April 1986, at dawn, the island of Lampedusa was garrisoned by Italian military units of the paratroopers of the Folgore; among others, a member of the 1st Battalion of the Tuscania Carabinieri paratroopers was deployed. The Sunflower Operation, which lasted until July 1986, was immediately launched and was aimed at patrolling Italian territorial waters and the Sicilian Channel by a naval squadron made up of the following Navy units:
  • Cruiser Andrea Doria;
  • Destroyer Audace;
  • Frigate Lupo.
  • Libeccio frigate
  • Destroyer Intrepid
  • Stromboli team supplier.

The Air Force escorted civil aircraft to and from the smaller islands with F-104 fighters, carried out reconnaissance activities with Tornado fighter bombers and contributed to the patrol of the area with BR1150 Atlantic aircraft. It also transported with C-130H and G.222 the Army Departments to Lampedusa and, for any eventuality, it also kept an alarm cell of Tornado fighter-bombers ready at Pantelleria airport, where the MB.339 were also at risk.

(Web, Google, Wikipedia, livesicilia, You Tube)































 

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