sabato 16 marzo 2024

Le «vite parallele» di Gustavo Stefanini, padre dell'azienda spezzina Oto Melara, e del suo collaboratore Sergio Ricci: due uomini dal talento carismatico che hanno dato vita a uno dei più importanti successi tecnologici e di export italiani: il cannone navale 76/62 OTO-Melara “Compatto”. AGLI ALBORI DELLA TECNOLOGIA DEL CANNONE 76/62 "Compatto".


ll prototipo del cannone 76/62 COMPATTO imbarcato sulla motocannoniera 
P-499 Fulmine (1960).






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Blog dedicato agli appassionati di DIFESA, storia militare, sicurezza e tecnologia. 

Violenza e terrorismo sono il risultato
della mancanza di giustizia tra i popoli.
Per cui l'uomo di pace
si impegna a combattere tutto ciò 
che crea disuguaglianze, divisioni e ingiustizie.
Signore, apri i nostri cuori
affinché siano spezzate le catene
della violenza e dell’odio,
e finalmente il male sia vinto dal bene…




Tutti gli appassionati del settore e gli attenti lettori di questo blog conoscono l’italiana Oto Melara (ora Leonardo). 
Ma solo alcuni ben informati hanno mai sentito parlare di Gustavo Stefanini, "padre" dell'azienda spezzina, e del suo amico e collaboratore e successore Sergio Ricci. 
Uomini dediti al lavoro ed al bene della Patria; Stefanini e Ricci e pochi altri come loro, avevano scelto di "non apparire", una scelta di vita che non prevedeva eccezioni. 
Esisteva un'etica rigorosa dietro questo modo di comportarsi schivo, ma anche un'idea precisa di managerialità, e ancora una nemmeno tanto nascosta gelosia, una sorta di paura, e la sfiducia dichiarata nei confronti della politica, delle Partecipazioni Statali, e molto altro ancora. 
Questi uomini “del fare” erano consapevoli che le cose bisognava prima farle e poi dirle; subito dopo, una volta fatte le cose, dirle era inutile. 
Gustavo Stefanini e il suo amico Sergio Ricci erano certi che se le idee le sveli qualcuno poi te le sottrae o se non te le ruba comunque non ti permette di realizzarle. 
Pertanto, progetti importanti rischiano di andare perduti per sempre: niente interviste ai media, niente archivi. 
Il libro «I ragazzi del 76» racconta alcuni personaggi e l'azienda OTO-Melara e il territorio di La Spezia utilizzando il ricordo diretto di alcuni testimoni, di coloro quella storia d’Italia l'hanno vissuta in prima persona ed hanno contribuito a costruirla: Stefanini e Ricci.

Questo articolo trae innesco dai recenti fatti del Mar Rosso e da come nave Caio Duilio è stata in grado di annientare, con una “modica” spesa, alcuni droni armati, spediti dai cosiddetti ribelli Houthy manovrati dall’Iran, in fase terminale di attacco verso il cacciatorpediniere italiano.




Come noto, nave Caio Duilio, nell’ambito dell'operazione dell'Unione europea Aspides in risposta agli attacchi Houth, ha abbattuto- in attuazione del principio di autodifesa - due droni aerei. Lo ha comunicato lo Stato Maggiore della Difesa ricordando che l'operazione Aspides ha il compito di difendere la libertà di navigazione e le rotte commerciali: ”Congratulazioni all'equipaggio del cacciatorpediniere Caio Duilio che ha abbattuto due droni nel Mar Rosso nell'ambito della missione Ue Aspides. La Marina italiana garantisce la libera navigazione e protegge i nostri mercantili. Fieri dei nostri marinai!", scrive sul social X il ministro degli Esteri, Antonio Tajani.
I drone, lanciati dallo Yemen, volavano in direzione del Duilio facendo scattare immediatamente l'allerta a bordo e attivando i sistemi di autodifesa. I velivolo sono stati abbattuti a circa 6 Km di distanza dall'imbarcazione, grazie ad un equipaggiamento che può contare su tre cannoni OTO da 76/62 Super Rapido, due mitragliere, un sistema missilistico antiaereo ASTER, due lanciarazzi, due lanciasiluri ASW e un elicottero.
Il DDG Caio Duilio opera nel Mar Rosso per garantire la tutela del diritto internazionale e salvaguardare gli interessi nazionali. Già lo scorso 2 marzo 2024 il cacciatorpediniere italiano aveva abbattuto un drone nel Mar Rosso "dalle caratteristiche analoghe a quelli già usati in precedenti attentati: si trovava a circa 6 kilometri dalla nave italiana, in volo verso di essa". In quell'occasione Il ministro della Difesa Guido Crosetto aveva sottolineato che gli attacchi terroristici degli Houti sono una grave violazione del diritto internazionale e un attentato alle sicurezza dei traffici marittimi da cui dipende la nostra economia. Questi attacchi sono parte di una guerra ibrida, che usa ogni possibilità, non solo militare, per danneggiare alcuni Paesi e agevolarne altri”.
La missione Aspides, EuNavFor Aspides mira a proteggere il traffico mercantile diretto verso e proveniente dal canale di Suez dagli attacchi degli Houthi yemeniti, che hanno iniziato a prendere di mira molte navi (non quelle cinesi né quelle russe, ma quelle considerate occidentali), da quando Israele ha avviato la guerra nella Striscia di Gaza, in risposta ai pogrom del 7 ottobre perpetrati da Hamas.




IL LIBRO «I ragazzi del 76», EDITO DALLA UTET

Una interessantissima opera storico-letteraria scritta da Laura Maragnani: racconta le «vite parallele» di Gustavo Stefanini, «padre» dell'azienda spezzina Oto Melara, e del suo amico, collaboratore e successore Sergio Ricci. 
È il 5° volume della collana che Finmeccanica dedica agli uomini del gruppo che hanno ricoperto un ruolo importante nello sviluppo industriale e tecnologico dell’Italia.
Stefanini è stato il protagonista assoluto di un'epopea aziendale che ancora oggi, a vent'anni dalla sua morte, ha qualcosa di speciale. Ha reso l’azienda Oto Melara una garanzia di qualità tecnologica conosciuta in tutto il mondo: un’azienda in cui si è lavorato e si lavora, giorno e notte, per star dietro agli ordinativi che arrivano da tutto il mondo, da marine militari alleate e amiche. 
Nato nel 1910, Stefanini arrivò in Oto Melara nel 1946 e ci rimase per ben 35 anni, una vita dedicata al lavoro. 
Diventò direttore commerciale, direttore generale, amministratore delegato e poi presidente; era uomo straordinario, l’uomo del principio e della fine di questa storia. In Oto Melara è stato il Presidente con la P maiuscola. Dotato di immenso carisma, un leader, un uomo brillante, preparatissimo e con la certezza del “saper fare”.
Era stato un militare, rimasto tale fino alla fine. Ex ufficiale di Marina, arma in cui aveva combattuto durante la Seconda Guerra mondiale, addestrato a rispettare le regole e a pretendere dagli altri il rispetto delle stesse. L'Oto Melara era e ancora è una nave-azienda, di cui lui era il comandante: tutti dovevano essere responsabilizzati nel proprio ruolo.
Stefanini frequentò l'Accademia Navale Livorno e poi nel 1933 si laureò in ingegneria al Politecnico di Milano. Durante la guerra era sto un incursore della X Mas facendo parte a pieno titolo dei famosi “ragazzi della bocca del Serchio”. 
Fu catturato dai britannici che affondarono il suo smg. mentre faceva rotta per Alessandria d'Egitto. Trascorse sei anni di prigionia in India, a Bangalore e ne approfittò per imparare a memoria la Divina Commedia, per studiare l'inglese e per prepararsi a ricostruire la vita in una patria distrutta dalla guerra una volta rientrato dalla prigionia.
La carriera in Oto Melara fu fulminea: dopo soli tre anni dall'assunzione con la qualifica di tecnico, nel 1949 era già dirigente, dopo dieci anni direttore commerciale e dopo altri dieci, nel 1966, fu nominato amministratore delegato.
All’epoca la Oto Melara era diventata la più importante fabbrica italiana di carattere militare. Nel 1955 le venne affidato il contratto per il cannone da 76/62 da montare sulle fregate Centauro di nuova costruzione, un impianto innovativo antinave e antiaereo. Il suo collaboratore Sergio Ricci ebbe l'intuizione di alleggerire le torrette navali utilizzando l'alluminio: rispetto ai primi 76 in acciaio fu per l'Oto Melara un grande salto tecnologico. Il nuovo cannone fu acquisito da numerosissime marine militari, dall'Iran all'Iraq, dalla Nigeria alle Filippine, persino dalla US NAVY. Anche la Francia, che aveva un suo cannone da 100 a cui teneva molto, nel 2000 si «arrese» e si rivolse all’Oto-Melara.
L'altra svolta importante per l'Oto Melara di Stefanini, con l'appoggio naturalmente del governo italiano dell’epoca, fu il contratto con la Libia: circa 6 milioni di € attuali, che a metà degli anni Settanta significavano un contratto importante.
La Oto Melara, negli anni Trenta era un'azienda dell’IRI; passò negli anni Cinquanta a Finmeccanica, poi alla EFIM parastatale.
Il più stretto collaboratore di Stefanini fu Sergio Ricci, un'altro protagonista assoluto della storia dell'Oto Melara, dalla progettazione del cannone 76 alle partecipazioni nelle più importanti società di produzioni militari Breda Meccanica Bresciana e Officine Galileo di Firenze. 
Al culmine dello sviluppo di questa industria della difesa, la Oto aveva 2500 dipendenti, la Breda 850 e le società partecipate e l'indotto altre migliaia. 
Ricci, entrato in azienda nel 1951, fu l'erede designato di Stefanini, il suo braccio destro per trent'anni e poi il suo successore come amministratore delegato e poi presidente dell'Oto Melara. E’ stato anche un grande progettista: nel 1980 Ricci fu nominato amministratore delegato. Nel 1982 Stefanini lasciò la presidenza dell'Oto. 
Sergio Ricci, il più giovane dei due, morì nel maggio 1986, dopo una breve malattia. Lo stesso anno il presidente Cossiga nominò Stefanini cavaliere del lavoro, un riconoscimento arrivato forse tardi ma di cui è estremamente orgoglioso. Stefanini morì nel 1992.
Un aneddoto legato alla firma del contratto con la Libia traccia la figura di Stefanini. 
A Tripoli, nel luglio 1972, le trattative andavano per le lunghe; durante il mese del Ramadan si poteva lavorare solo di notte. Giunse finalmente la stipula dell'accordo da parte libica con il testo scritto in arabo. Avrebbe potuto esserci scritta qualunque cosa, i collaboratori consigliarono di non firmare. Stefanini allora si rivolse al colonnello Gheddafi: da ufficiale a ufficiale dammi la tua parola che quello che c'è scritto qui in arabo corrisponde a quanto abbiamo stabilito. «Giuro», rispose il colonnello libico alzando la mano destra. Stefanini prese la penna e tra lo stupore dei suoi firmò: «Io sono il capo e la responsabilità è sempre del capo. Me la prendo tutta». Da quel momento per i libici Stefanini divenne «fratello Gustavo».
In quella stipula al buio vi era tutto il carattere del personaggio, avventuroso e deciso: avvezzo al gioco di squadra, alla fiducia sulla parola, all'azzardo calcolato. Era in sintesi un uomo di parola, un uomo d’onore!


AGLI ALBORI DELLE ORIGINI STORICHE E TECNOLOGICHE DEL 76/62 OTO MELARA


1939 - CANNONE A/A NAVALE CAPRONI 65/58

Il cannone antiaereo navale stabilizzato da 65/58 era stato costruito dalle Officine Caproni su specifiche della Regia marina del 1939. In sua vece fu preferito il cannone Ansaldo da 65/54 il cui impiego fu ostacolato da problemi sorti nella messa a punto.


Il cannone della Caproni ebbe una progettazione più lunga (il prototipo fu ultimato nel 1943) perché avrebbe dovuto avere prestazioni d’avanguardia:
  • Peso: 7 tonn;
  • Gittata max: 11.750 m.;
  • Celerità di tiro: 55 colpi al minuto;
  • Eliminazione del calcatoio;
  • Elevata automazione;
  • Piattaforma e culla stabilizzata con motori elettrici.
Il prototipo, al momento dell’armistizio dell’8 settembre 1943 venne requisito dai tedeschi.

1939 - CANNONE A/A ANSALDO 65/64 mm

I cannoni da 65 mm antiaerei non divennero disponibili in tempo e vennero usati solo per impieghi a terra. Il progetto dei 65/64 mm, armi ad alta velocità iniziale (850 ms) era dell'Ansaldo e venne presentato nel 1939, vincendo contro armi ancora più esasperate presentate dalla Breda e OTO, entrambi da 65/68 mm. 


Dopo una messa a punto laboriosissima che escluse poi il caricatore automatico, i primi 60 vennero consegnati entro il marzo del 1943. Nel 1944 altri 55 vennero costruiti per i Tedeschi. Arma simile, concettualmente, ai cannoni da 55 mm tedeschi ma ovviamente più potente dato il calibro maggiore (rimasto tipico solo delle armi italiane), era un tentativo di superare le prestazioni delle armi da 37 mm.
DATI TECNICI:
  • Anno progettazione: 1939?
  • Entrata in servizio:
  • Lunghezza: 64 calibri
  • Peso: 126 kg
  • Peso proiettile: 4,1-4,5 kg
  • V.iniziale: 850 m.sec
  • Gittata: 6,5 km a.a. max efficace 5 km
  • Cadenza di tiro: 20 c.min
  • Peso affusto:=
Verso la fine degli anni trenta del XX secolo la Regia Marina avviò lo sviluppo di un nuovo tipo di cannone antiaereo ad altre prestazioni, con cui sostituire il precedenti pezzi da Ansaldo-Odero-Terni-Orlando 100/47 nelle varie versioni fino ad allora in uso, e le mitragliere Breda da 37/54. Il nuovo sistema d'arma, sviluppato da Ansaldo, fu presentato nel 1939, ed era caratterizzato dall'avere alta cadenza di tiro, fino a 20 colpi/minuto, sistema di caricamento automatico, velocità iniziale del proietto, che pesava 4.08 kg, era pari a 950 m/s, con gittata di 7.500 m e alzo fino ad 80°. Il progetto del 65/64 Mod. 1939, che vinse contro armi ancora più esasperate presentate da Breda e OTO, originariamente doveva avere una canna di 56 calibri, aumentata poi a 62 e infine a 64 calibri (4.164 mm). Superiormente alla canna vi erano due recuperatori, ed il movimento di rinculo garantiva il funzionamento del sistema di caricamento automatico. Per armare il primo colpo vi era una apposita leva, che veniva fatta ruotare all'indietro. Per mettere il cannone in punteria erano disponibili due postazioni laterali, poste dietro allo scudo a gradino, munito di due grandi feritoie che si aprivano ribaltandosi in avanti.
Del nuovo cannone vennero realizzati alcuni prototipi, e si passò alla produzione in serie, ma il sistema di caricamento automatico a bracci oscillanti non fu mai messo a punto. Il meccanismo che allineava il proiettile alla canna e lo introduceva nella camera di scoppio si rivelò irrealizzabile, così come quello di regolazione della spoletta a tempo, che doveva avvenire in tempi rapidissimi. Dopo una messa a punto laboriosissima che escluse il caricatore automatico a favore di un caricamento manuale più lento, ma più affidabile, i primi 60 esemplari vennero consegnati nel marzo del 1943.
Le prime unità ad esserne equipaggiate dovevano essere gli incrociatori leggeri Classe Capitani Romani, 6 pezzi per nave, che però imbarcarono le mitragliere da 37/54 mm. Altre unità destinate ad esserne dotate dovevano essere la portaerei Aquila, e la similare Sparviero, con 12 pezzi per nave. Tali unità si trovavano in vari stadi di allestimento nel porto di Genova, ma la cui costruzione venne interrotta nell'estate del 1943, e poi abbandonata in seguito alle vicende armistiziali dell'8 settembre 1943. Anche i due incrociatori antiaerei classe Etna, requisiti dalla Regia Marina dopo lo scoppio della seconda guerra mondiale, e originariamente destinati alla marina thailandese, dovevano imbarcare, oltre alle 3 torri binate da 135/45, anche 10 pezzi singoli da 65/54. Le due unità, Etna e Vesuvio, si trovavano al 60% dell'allestimento presso la rada di Trieste. Formalmente adottato dalla Regia Marina già nel 1939, nessun esemplare del pezzo da 65/64 entrò mai in servizio sulle unità italiane.
Diversamente la Kriegsmarine, che si era impadronita di di alcuni prototipi e di vari esemplari in diversi stadi di costruzione, che giacevano presso la Ansaldo e i depositi della Regia Marina, nel corso del 1944 decise di imbarcarli a bordo di alcune unità navali senza il dispositivo di caricamento automatico, sostituito da quello manuale. Tra le unità che ne furono equipaggiate vi era il pattugliatore Petsamo, impiegato nella scorta ai convogli costieri nell'Alto Tirreno. Circa 55 esemplari vennero costruiti per i tedeschi, che stavano sviluppando un'arma concettualmente simile, il cannone 55/77 mm Gerät 58, pensato per impieghi contraerei sia terrestri che navali, ma del quale prima della fine della guerra vennero completati solo due prototipi. Tali armi risultavano meno potenti del cannone da 65/64 dato il calibro maggiore di quest'ultimo, rimasto tipico solo delle armi italiane.
Un esemplare destinato all'imbarco sulla portaerei Aquila è esposto presso il Museo tecnico navale di La Spezia.

1939 - CANNONE A/A ANSALDO-OTO 90/50 mm

Il cannone Ansaldo-OTO da 90/50 Mod. 1939 era un pezzo di artiglieria contraerei pesante italiano della seconda guerra mondiale. Sviluppato come arma navale dalla Ansaldo, da esso fu derivato l'altrettanto valido pezzo terrestre da 90/53 Mod. 1939.


L'Ansaldo nel 1938 sviluppò questo pezzo da 90 mm per conto della Regia Marina, che avrebbe dovuto sostituire il cannone da 100/47 di origine austro-ungarico. Furono sperimentate due bocche da fuoco con canna lunga 48 calibri, sperimentati sull'incrociatore San Giorgio; la versione definitiva ebbe invece una canna della lunghezza di 50 calibri e venne prodotta dall'Ansaldo e dalla OTO alla fine degli anni quaranta. Parallelamente la Direzione del Servizio Tecnico Armi e Munizioni incaricò la ditta di studiare una variante terrestre dello stesso pezzo. Gli organi tecnici di esercito e marina valutarono la possibilità di utilizzare lo stesso cannone, ma risultò che i requisiti delle due armi erano differenti, quindi ci si limitò ad unificare bossolo, esplosivo e granitura del propellente, mentre la canna dell'arma terrestre venne allungata a 53 calibri. L'arma risultante fu l'ottimo 90/53 Mod. 1939, impiegato sia nel ruolo antiaereo che controcarro.
I cannoni navali da 90/50 Mod. 1939, in torrette singole, vennero installate sulle navi da battaglia classe Littorio (12 pezzi) e sulle classe Caio Duilio ricostruite (10 pezzi), delle quali costituirono il principale armamento antiaereo. La prevista installazione, all'inizio della guerra, sull'avviso veloce Diana venne annullata e la nave fu armata con due pezzi da 102/35. Dopo la guerra, il pezzo navale 90/50 rimase in servizio nella nuova Marina Militare fino alla radiazione delle due Caio Duilio nel 1956.
La bocca da fuoco da 90/50 era formata dalla canna rigata in acciaio, sottoposta a autofrettage, che era avvitata a freddo al blocco di culatta, in modo da poter essere agevolmente sostituita dopo l'usura dell'anima. Il blocco di culatta portava un'appendice inferiore per l'asta del freno di sparo e due appendici superiori per i recuperatori idropneumatici, che lo collegavano alla culla. L'otturatore era a cuneo orizzontale.
L'arma sparava un cartoccio-proietto da 18,4 kg, con granata di 10,1 kg, propulso da una carica di 3,4 kg. Nonostante le buone caratteristiche balistiche, la granata si frammentava in schegge troppo piccole per danneggiare i bersagli, cosicché venne sostituita durante la guerra. La cadenza di tiro, di 12 colpi al minuto, con serventi ben addestrati poteva salire a 18 colpi al minuto.
L'impianto da 90/50 era tanto avanzato per il tempo da risultare non pienamente maturo. L'affusto infatti era pre-stabilizzato sui quattro assi di direzione, alzo, rollio e beccheggio, grazie ad un sistema di ben undici giroscopi. La correzione del rollio era di ±14°, quella del beccheggio di ±5°. La movimentazione dei pezzi era elettrica ed asservita alla centrale di tiro su entrambe le classi di navi da battaglia; sulle Duilio, tuttavia, poiché le torri sulle murate erano posizionate più basse e quindi soggette ad infiltrazioni d'acqua, l'impianto elettrico venne rimosso nel 1942 e sostituito con la movimentazione manuale, mentre sulle Littorio, essendo gli affusti posizionati più in alto, l'avanzato sistema automatizzato venne mantenuto.
Le torrette erano di forma ovale, fortemente inclinate e leggermente corazzate, pesanti 19 060 kg. L'elevazione andava da -3° a +75°, mentre il settore di brandeggio era di 140° a destra ed altrettanti a sinistra. La dotazione di colpi sulle Littorio era di 487 colpi per ogni cannone, per un totale di 5 842 granate antiaeree a nave. Ogni torretta aveva una riserva di 90 colpi di pronto impiego ed era alimentata da un elevatore elettrico che dal deposito munizioni trasferiva al ponte principale 30 cartocci-granata al minuto; questi venivano trasferiti a mano nel locale sottostante la torretta, da dove un altro paranco sollevava il cartoccio-granata e lo girava in orizzontale, pronto per la calcata. Nel paranco era incorporato il graduatore per le spolette automatico Borletti. I colpi venivano camerati a mano con un calcatoio a pantografo.

1954 - CANNONE a/a SMP-3 da 76/62 mm (Stabilimenti Meccanici di Pozzuoli) 

Il cannone SMP-3 ("Stabilimenti Meccanici di Pozzuoli - cannone da 3 pollici"), progenitore del "76/62 Allargato" era un'arma automatica a tiro rapido, la cui cadenza media del tiro era di 50 colpi al minuto, in grado di sparare colpi singoli o a raffica. 


Il caricamento avveniva automaticamente mediante un tamburo ruotante con 14 colpi, con i bossoli che venivano espulsi colpo per colpo. Ad esaurimento della raffica la canna si predisponeva alla massima elevazione (90°) ed il tamburo veniva ricaricato in maniera automatica con una manovra che avveniva in 3 secondi.
La versione binata del modello SMP 3 con canne sovrapposte aveva il caricamento completamente automatico e continuo che avveniva a qualsiasi elevazione. Il cannone aveva una forte velocità di brandeggio con la velocità iniziale del proiettile di 950 m/s e cadenza media di tiro di 60 colpi per canna. Il cannone era stato imbarcato negli anni cinquanta sulle fregate della classe Centauro, ma tale versione non avendo dato i risultati sperati non è stata imbarcata su nessun'altra unità della Marina Militare.
Le corvette Classe Albatros avevano in dotazione, inizialmente, il cannone da 76/62 tipo SMP-3 degli Stabilimenti Meccanici di Pozzuoli.
Le corvette erano le seguenti: Albatros, Alcione, Airone e poi Aquila che in un primo tempo era stata costruita per la Marina Olandese; sempre negli anni 50 dello scorso secolo.
Ora gradirei sapere se anche le 4 corvette costruite per la Marina Danese avessero lo stesso pezzo di artiglieria.
In effetti due pezzi per unità; quindi un totale di 16 pezzi costruiti.
Non i caccia ma solo le corvette per l' Indonesia (classe Surapati - Iman Bondiol) dovevano montare il cannone, impianto singolo 76/62, SMP3
Conferme che sia le corvette danesi sia la corvetta per l'Olanda (Linx) montavano tale cannone ed avevano allestimento standard con quelle italiane
Al contrario del quasi contemporaneo sviluppo del 76/62 OTO, con alimentazione e caricamento continuo, l'impianto SMP aveva una sorta di tamburo, tipo revolver, che completata la sequenza di tiro, veniva portato alla massima elevazione (90°) per la ricarica del tamburo.
Evidentemente un sistema abbastanza complesso, con notevoli inerzie, ed un cero ritardo anche nel rientro in punteria.
Uno dei problemi riscontrati fu il metodo, e la velocità, di alimentazione del "tamburo) o revolver.
Sulla corvetta olandese - Linx - si verificò un grave incidente: durante la fase di aggancio di una cartuccia nella noria, dove il movimento era assicurato da rulli, si verificò un intoppo, bloccando la cartuccia in una determinata posizione (si parlo' a suo tempo di eccessiva od errata lubrificazione, ed il movimento dei rulli sulla cartuccia bloccata, con l'attrito, portarono al surriscaldamento ed alla successiva esplosione della carica. Purtroppo ci furono vittime, e subito dopo, anche per i risultati non proprio brillanti dell' arma, i complessi SMP3 furono sbarcati (non sono mai riuscito a seguire la sorte delle unita' indonesiane)
Lo sbarco del SMP3, ma soprattutto della DT, contribuirono a ad aumentare la stabilita' delle navi, che erano particolarmente "ballerine".
Sulle corvette classe Albatros (e sul Linx poi restituito all' Italia come Aquila) come soluzione "provvisoria" e poi definitiva i complessi SMP3 furono sostituiti con 40/70 singoli, di produzione canadese, che erano "adattamento" navale di armi originalmente destinate all' AA terrestre. Studi e commessa, navi ed armamenti, erano in gran parte finanziati dagli USA (commesse off shore); e questo fu particolarmente valide per queste corvette.
Non credo che si siano costruiti pezzi 'di riserva'; normalmente su queste commesse non si fanno "pezzi" completi, ma si ordinano parti di rispetto, soprattutto quelle di usura. Certamente le canne rientrano nelle componenti di usura.
Non mi risulta, e per esperienza non credo proprio che l'impianto partisse da esperienze o tecnologia USA: non dimentichiamo che all' epoca si stava verificando l'inadeguatezza del munizionamento aa da 40 contro gli aerei moderni, soprattutto perché tale munizionamento non permetteva l'adozione di spolette di prossimità (le prime spolette di prossimità da 40, in gran parte frutto di ricerche italiane - il gruppo del magg. AN Latini - poi riprese anche dai francesi della Thompson Houston - videro la luce a meta' degli anni 70) ed esisteva una direttiva generale NATO verso il calibro 76 mm (3").
Gli USA cercarono di automatizzare il tradizionale 76/50, gli inglesi sperimentarono su questo calibro, svedesi e francesi su calibri inferiori, e solo l'Italia, con risultati validi ancora adesso, adottò un sistema totalmente nuovo: il successo del 76/62 si deve al sistema di caricamento continuo ed in punteria (i braccetti oscillanti) mentre l'esperienza SMP, con balistica simile e munizionamento identico, falli proprio nel sistema di caricamento (si potrebbe dire che SMP era un cannone ..semiautomatico..).
In ultima va tenuto conto che le commesse di questo cannone, sfortunato, avevano anche il compito di tentare di tenere in vita gli stabilimenti meccanici di Pozzuoli, la cui vita fu sempre legata (a un filo) alle commesse militari. Si trattava di progetti con origini e sviluppi totalmente diversi, tra l'altro l'Ansaldo come impresa già IRI era totalmente fuori dal settore, e nulla ebbe a che fare con lo sviluppo della OTO (che era destinata ad entrare nell' altro conglomerato statale, l' EFIM).
Era anche un problema dello "stato dell' arte": l'utilizzo dello stabilimento di Pozzuoli per produzioni militari (ammesso che con gli stanziamenti dell' epoca fossero possibili sufficienti commesse) avrebbe comportato forti investimenti, sia sul team sia, soprattutto sulle infrastrutture e sui macchinari, impossibile da realizzare nel breve termine e non giustificabili e incompatibili con l'indirizzo che all' epoca si stava dando alle competenze ed alle specializzazioni delle partecipazioni statali.
Non credo ci sia stato nessun “complotto" per favorire un'industria o l'altra, una regione o l'altra; tra l'altro la concentrazione sulle attività ferroviarie dello stabilimento di Pozzuoli fu fatta a favore di Pozzuoli pensando che tale settore avrebbe avuto nell' immediato una maggiore ricaduta occupazionale, anche a livello di indotto regionale (es le officine meccaniche stabiesi) rispetto a quello militare.
Dal punto di vista tecnico/tecnologico il concetto operativo (alimentazione, caricamento e fuoco automatico in punteria costante) del modello OTO rivoluzionario e vincente; anche per la OTO non furono rose e fiori, come dimostrarono le limitazioni del complesso binato sovrapposto: la OTO poi seppe mantenere lo sviluppo continuo del progetto, al punto della validità della formula e la continuità (quasi) della produzione a 50 anni di distanza.

1957 - CANNONE BINATO OTO-MELARA 76/62 A CANNE SOVRAPPOSTE

L'armamento principale della fregata CENTAURO era costituito da quattro cannoni Oto Melara da 76/62mm in due torri binate a canne sovrapposte, derivato dal tipo SMP3 singolo imbarcato sulle Albatros, la cui frequenza di tiro era di 60 colpi al minuto, che però non avendo dato i risultati sperati non sarebbe stato imbarcato su nessun'altra unità.


Rispetto al modello singolo imbarcato sulle corvette Albatros, le torri delle Centauro erano a caricamento completamente automatico e continuo, consentendo così una più elevata cadenza di tiro. Il primo tipo sviluppato fu un attacco a doppia canna, il Sovrapposto SMP3 da 76mm / L62 che aveva l'insolita disposizione di avere due canne una sopra l'altra anziché affiancate come con la maggior parte delle torrette navali. C'erano grandi speranze per la torretta Sovrapposto, ma in servizio sulla classe Centauro e su altre navi da guerra, le sue prestazioni si dimostrarono insoddisfacenti.

1962 - CANNONE MULTIRUOLO OTO-MELARA 76/62 ALLARGATO

Il cannone da 76/62 tipo MMI "Allargato" costruito dalla Oto Melara di La Spezia è stato il pezzo standard della Marina Militare degli anni sessanta. Il cannone è stato realizzato in 84 esemplari per la Marina Militare italiana.


Il cannone è del tipo multiuso, con impiego principale antiaereo ma con capacità antinave e impiegabile anche per il tiro controcosta. Il pezzo è l'evoluzione del modello sviluppato e costruito per la Marina Militare dagli Stabilimenti meccanici di Pozzuoli agli inizi degli anni cinquanta, denominato tipo SMP3, cioè da tre pollici, da cui scaturisce la sua sigla “SMP-3”, sviluppato quando si stava verificando l'inadeguatezza del munizionamento da 40mm contro gli aerei moderni, soprattutto perché tale munizionamento non permetteva l'adozione di spolette di prossimità. Tale cannone venne imbarcato sulle corvette Albatros, prime unità di scorta costruite in Italia dopo la seconda guerra mondiale, e sulle corvette dello stesso tipo realizzate nei cantieri italiani su commesse NATO per la marina danese e olandese nell'ambito del MDAP in due esemplari, uno a poppa e uno a prora. Con lo spostamento della produzione delle artiglierie della Marina Militare alla Oto Melara di La Spezia venne sviluppata una versione binata del modello SMP 3 con canne sovrapposte. Il verificarsi di un grave incidente sulla torre prodiera della corvetta olandese Lynx e il non aver dato la versione binata i risultati sperati, portarono allo sviluppo del cannone da 76/62 di nuova progettazione, largamente testato sulla Nave Esperienze Carabiniere. Il nuovo cannone denominato Allargato avrebbe trovato posto nel corso degli anni sessanta sulle principali unità della squadra, come l'incrociatore lanciamissili Garibaldi, le fregate classe Bergamini e Classe Alpino, i Doria e il Vittorio Veneto e sarebbe stato rimpiazzato il decennio successivo dal 76/62 Compatto con l'entrata in servizio degli Audace.
Il cannone ha la canna raffreddata ad acqua e manovra elettrica e idraulica con sistema di emergenza manuale. La gittata, che con proiettili HE (High Explosive) dal peso di 6,296 kg raggiunge 18,4 km ad un'elevazione di 45°, che all'elevazione massima di 85° scende a 4 km, la velocità di brandeggio di 70°/s quella di elevazione di 40°/s e la torretta accoglie un membro dell'equipaggio.
Nella Marina Militare questi cannoni costituiscono l'armamento principale dei pattugliatori della classe Cassiopea; si tratta dei cannoni smontati dalle fregate della classe Bergamini andate in demolizione. È stato sostituito dal cannone Otobreda 76/62.
Il 76mm / L62 Allargato è un cannone navale automatico a doppio uso a canna singola, di medio calibro, progettato e prodotto negli anni '60 dalla ditta di difesa italiana OTO-Melara come armamento di cannone per tutte le navi da guerra di classe media e grande costruite per la Marina Militare Italiana in quel decennio. 
Dopo la seconda guerra mondiale, quando l'Italia si unì alla NATO, ricevette gran parte delle sue armi dagli Stati Uniti sotto forma di assistenza militare diretta. Ciò includeva anche il trasferimento di surplus di navi da guerra della Marina degli Stati Uniti (USN) da quella guerra. A metà degli anni '50 la Marina italiana iniziò a pianificare e finanziare un programma di modernizzazione, in cui molte di quelle navi da guerra obsolete della Seconda Guerra Mondiale sarebbero state sostituite con navi da guerra più nuove e più moderne costruite in Italia. Inoltre l'armamento verrebbe aggiornato. A quel tempo le navi da guerra italiane erano equipaggiate per lo più con cannoni navali costruiti negli Stati Uniti, con il cannone da 127/38 mm e il Bofors 40 mm / L60. Secondo l'opinione della Marina Militare Italiana negli anni '50, il 5 pollici era considerato troppo pesante per molte navi da guerra, mentre il 40mm / L60 era considerato troppo leggero per essere usato come l'arma principale sulle sue corvette più piccole che erano state progettate nell'ambito del piano di modernizzazione.
Di conseguenza, la Marina Militare Italiana diede incarico alla ditta italiana OTO-Melara di progettare e produrre un cannone navale di medio calibro con capacità sia anti-superficie che antiaeree. Derivato dagli studi e dalle esperienze della Marina italiana sull'uso del cannone US NAVY da 76,2 mm, fu deciso essere il miglior compromesso per un cannone a doppio scopo. Il design di questo nuovo cannone prodotto dall'OTO-Melara sarebbe stato l'armamento primario su navi da guerra più piccole, come le corvette, e l'armamento secondario su navi da guerra di classe più grande, come fregate, cacciatorpediniere e armamenti di cannoni primari dei nuovi incrociatori di elicotteri previsti.
Come già accennato, il primo tipo sviluppato fu un attacco a doppia canna, il Sovrapposto SMP3 da 76mm / L62 che aveva l'insolita disposizione di avere due canne una sopra l'altra anziché affiancate come con la maggior parte delle torrette navali. C'erano grandi speranze per la torretta Sovrapposto, ma in servizio sulla classe Centauro e su altre navi da guerra, le sue prestazioni si dimostrarono insoddisfacenti e nel 1958 OTO Melara iniziò a lavorare su una versione a canna singola.
Lo sviluppo iniziò nel 1958, con il primo cannone consegnato nel 1961 per i test e la produzione presto seguì. Nel 1962 il primo MMI Allargato 76/62 fu consegnato alla Marina Militare Italiana per il montaggio sulle fregate di classe Carlo Bergamini. Nei cinque anni seguenti, OTO-Melara produsse un totale di 84 in esclusiva per la Marina italiana. Tutte le navi da guerra italiane che avevano la torretta gemella Sovrapposto, che dovevano rimanere in servizio, le avevano sostituite con la torretta a canna singola Allargato. E mentre OTO-Melara tentava di commercializzare il loro nuovo cannone navale per l'esportazione, non c'erano ordini.
A partire dal 2011, l'arma è rimasta in uso solo a bordo delle navi pattuglia della classe Cassiopea.
L'Allargato ha una sola canna raffreddata a spruzzo d'acqua. Il cannone e il suo vassoio di carico sono coperti da un coperchio a torretta a tenuta stagna che è anche protezione contro piccole schegge di granata. Anche nella torretta c'è una stazione per un uomo che è necessario per dirigere il cannone dai dati forniti dal sistema di controllo del fuoco delle navi. Tutte le altre azioni quando il cannone viene sparato sono automatiche.
Il cannone è mosso da un sistema idraulico-elettrico, con un backup manuale. Le munizioni sono immagazzinate in un caricatore sotto la torretta da cui i colpi vengono alimentati nel vassoio di carico e quindi speronati nella culatta e sparati. L'involucro del guscio esausto viene espulso automaticamente fuori dalla torretta dopo essere stato sparato. Il peso totale della torretta e del caricatore è di 12 tonnellate. La velocità del fuoco può essere regolata tra 10 e 60 colpi al minuto. 
Alla fine degli anni '60, l' Allargato fu sostituito in produzione dal compatto 76mm OTO-Melara di grande successo. A causa del suo peso più elevato, l'Allargato è ora considerato obsoleto ed è stato in gran parte ritirato dalla maggior parte delle navi di servizio attive, essendo stato sostituito dal 76mm / L62 Compact o dal Breda 40mm / L70 Compact.

1965 / 1969 - CANNONE MULTIRUOLO OTO-MELARA 76/62 COMPATTO

L'OTO Melara 76/62 è un cannone multiruolo progettato e prodotto dalla Società italiana Leonardo-Finmeccanica (precedentemente da OTO Melara, confluita nel gruppo il 31 dicembre 2015).















Il cannone è caratterizzato da una cadenza di tiro molto elevata, soprattutto nella versione Super Rapido (120 colpi al minuto), che lo rende particolarmente adatto per la difesa antiaerea e anti-missile e per la difesa di punto, anche se, visto il suo calibro, può essere usato anche in altri ruoli come il bombardamento navale e costiero. Il cannone è dotato di munizionamento convenzionale, che varia a seconda del tipo di impiego e la sua polivalenza di usi è data anche dalla gran quantità di tipi di munizionamento che vanno dall'incendiario al perforante, fino ai proiettili a frammentazione con spoletta di prossimità. L'intero sistema è inoltre molto compatto ed è quindi installabile anche su navi di piccole dimensioni come le corvette o le vedette costiere, oltre ad essere completamente controllabile da remoto. Recentemente è stato aggiunto il nuovo munizionamento guidato DART.
Questo cannone ha rappresentato un notevole successo commerciale, essendo stato adottato da 53 marine: l'ultimo importante successo è stato lo scalzare il cannone navale da 100 mm della marina francese nel progetto Orizzonte.
Nel sistema di controllo del fuoco del cannone nel corso degli anni c'è stata un'evoluzione. Le prime versioni erano dotate del radar RTN-10X Orion della Selenia. A partire dalla metà degli anni ottanta venne utilizzato il RTN-30X (SPG-73) nel sistema di difesa di punto Dardo-E e poteva essere abbinato oltre che all'Otobreda Compatto e Super Rapido anche al cannone da 127/54, al Breda Dardo e ai missili Sea Sparrow/Aspide. Il sistema Dardo-E fece il suo debutto nella Marina Militare sull'incrociatore portaeromobili Garibaldi, ma il radar RTN-30X era già stato imbarcato sulle Maestrale, dove però alle due torrette binate del CIWS Dardo erano asserviti due radar RTN-20X, mentre le prime unità equipaggiate con sistema Dardo-E con il 76mm Super Rapido sono stati i due cacciatorpediniere lanciamissili Audace dopo gli ammodernamenti e le prime unità ad essere equipaggiate sin dalla costruzione con il Dardo-E abbinato ai 76mm SR furono i due cacciatorpediniere Classe Durand de la Penne.
Davide/DART
In fase operativa è anche il sistema guidato anti-missilistico Davide, in pratica si tratta di missili senza motore (proietti) DART, decalibrati rispetto al cannone, che possono correggere la loro traiettoria per controbattere le manovre del missile bersaglio e intercettarlo. Si tratta di un sistema di difesa anti missile delle navi a corto/cortissimo raggio, basato sull'impiego delle nuove centrali di tiro multisensore degli impianti da 76/62 Super Rapido, capace di sparare una munizione guidata e quindi di correggerne la rotta anche in volo indirizzandola sull'obiettivo.
La tecnologia sviluppata dalla Oto Melara è stata montata per la prima volta sulle fregate multimissione italiane del programma italo-francese FREMM.


Il sistema Davide/Strales abbinato al sistema di controllo di tiro Dardo-F, che controlla sia il bersaglio che il proiettile, è installabile anche sulle vecchie torrette con poche modifiche, mediante l'aggiornamento del firmware di controllo, l'aggiunta del radar di guida in banda Ka e scudo stealth. La torretta mediante il radar produce quattro fasci che vengono proiettati sul bersaglio e il proiettile viene radiocomandato nella sua direzione in modo tale che rimanga all'interno dei fasci. I proiettili DART sono un sottocalibro da 42 mm e grazie ad un adattatore raggiungono i 76 mm del calibro del cannone, hanno delle alette canard che gli permettono di manovrare e la sezione di coda ha sei pinne fisse e il ricevitore radio.
All'inizio dell'estate del 2008 NAVARM ha richiesto l'aggiornamento di un cannone al sistema Davide/Strales proveniente da un pattugliatore classe Cigala Fulgosi. Le prove sono state effettuate con successo presso il Poligono Interforze di Salto di Quirra nel marzo 2009 e hanno visto lo sparo contro bersagli a 8 km di due proiettili singoli e di una raffica da tre proiettili, che è quella attualmente nell'impiego antimissile. Il sistema dopo essere stato testato sul pattugliatore Comandante Foscari con prove di tiro con le nuove munizioni guidate in accoppiamento con il radar NA-25X, dopo aver terminato le prove è rimasto pienamente funzionante a bordo della nave.

IL CANNONE IMBARCATO LEONARDO-OTO 76/62 SOVRAPONTE

Seguendo gli ultimi sviluppi tecnologici e per far fronte alle minacce in continua evoluzione, Leonardo-OTO Melara propone oggi l’ultima iterazione del più venduto – ad oltre 60 paesi – sistema d’artiglieria navale di medio calibro rappresentato dalla famiglia Compatto/Super Rapido da 76/62 mm. 




La nuova arma navale multiruolo è destinata al supporto di fuoco di precisione contro-costa, passando attraverso la difesa antimissile e asimmetrica della nave. E’ recentissima la notizia di fonti estere, della vendita al Brasile del cannone Super Rapido per equipaggiare le nuove unità di punta della Marina Brasiliana rappresentate dalle corvette classe Tamandarè. Tale contratto segue l’annuncio dello scorso agosto da parte del Defence Acquisition Council (DAC) indiano della decisione di procedere all’acquisizione di una versione migliorata dell’SRGM (Super Rapido Gun Mount) (costruito su licenza dal locale gruppo Bharat Heavy Electricals Limited) con potenziate capacità contro bersagli manovranti ad alta velocità come missili e Fast Attack Craft (FAC) e con incrementata gittata massima. E’ appena il caso di ricordare che nella crisi libica del 2011 le unità navali francesi hanno sparato oltre 3000 proiettili da 76 e da 100 mm; le unità più recenti della Marina Nationale dispongono ora dell’affusto da 76/62 mm Super Rapido di Leonardo; quelle britanniche hanno utilizzato i pezzi BAE Systems Mk 8 Mod 1 da 114 mm nel bombardamento contro costa ed hanno evidenziato la necessità di disporre di armamento di medio se non maggiore calibro, con munizionamento di precisione a media-lunga gittata che permetta di rimanere al di fuori dell’ambiente più prossimo alla costa e dalle relative minacce.
E’ emersa anche la necessità di disporre di artiglierie multi-impiego e di sistemi d’arma per la difesa di punto con portata sempre più estesa per far fronte alle più recenti minacce missilistiche ed asimmetriche. Il 76/62 mm viene ora proposto con la capacità di impiegare la famiglia di munizionamento di precisione a lunga gittata Vulcano in aggiunta alla possibilità di utilizzare il munizionamento guidato DART (Driven Ammunition Reduced Time of flight) con il kit di guida Davide/Strales montato su medesimo affusto del Super Rapido oppure in combinazione con l’impiego della nuova direzione del tiro (DT, Direzione del Tiro o FCS, Fire Control System) con radar bi-banda ed elettro-ottica NA-30S Mk2, per soddisfare i requisiti e fronteggiare le ultime minacce al potere navale. Il “76” ha ora una velocità di fuoco di 120 colpi al minuto, un ingombro e un peso a bordo limitati (7.900 kg di massa senza munizioni che salgono a 9.200 kg con il kit Davide/Strales sull’affusto) che ne consentono l’uso come artiglieria primaria sulle unità navali di piccole dimensioni come le Fast Attack Craft (FAC) e secondario sulle più grandi unità come fregate e caccia lanciamissili; come già evidenziato, la più recente versione di base del Super Rapido 76/62 mm si caratterizza per il sistema di caricamento e magazzino tipo Multiple-Feeding basato su un doppio sistema di caricamento e relativo magazzino in grado di ospitare fino a 38 colpi ciascuno (76 in totale), che consente l’impiego vari tipi di munizioni specifiche per diverse minacce. Il sistema è inoltre dotato del nuovo programmatore di munizioni universale in grado di impostare sia la più recente spoletta programmabile 4AP che la relativa versione per il munizionamento sub-calibrato a lunga gittata Vulcano, destinata a migliorare sia le capacità anti aeree/missilistiche che contro minacce di superficie del munizionamento impiegato, grazie alle quattro modalità d’impiego programmabili di prossimità, altimetrica, impatto/impatto ritardato e tempo. I nuovi affusti sono inoltre dotati della nuova console digitale AC3v2 per il controllo/monitoraggio a fini manutentivi / interfaccia con il sistema di combattimento, che consente non solo di ridurre le necessità manutentive ed i costi del ciclo di vita operativa, ma anche di far fronte ai più recenti requisiti d’artiglieria navale con il modulo di controllo del fuoco navale (NSFS) e il collegamento digitale in fibra ottica con le direzioni del tiro per gestire al meglio le nuove funzionalità. Dal 2018, tutti gli affusti di nuova produzione sono predisposti per l’impiego del kit 76 Vulcano, con cui sarà possibile impiegare il munizionamento di precisione a lunga gittata o Guided Long Range (GLR) della famiglia Vulcano. Per le sue ben note e dimostrate capacità d’arma di medio calibro affidabile, precisa, con elevato ritmo di fuoco e di facile installazione, il sistema d’arma da 76/62 mm Super Rapido ha avuto e sta avendo una larga diffusione non soltanto fra le Marine con naviglio che comprende unità di medie dimensioni come le fregate e le corvette ma anche quelle che vengono comunque indicate di primo rango con unità navali più grandi e capaci.
Tale arma, che ha da tempo superato la fase di test al poligono di Cottrau dopo un'intensa campagna di tiri, rappresenta una soluzione per molti versi rivoluzionaria rispetto ai precedenti cannoni da 76/62 mm (COMPATTO e SUPER RAPIDO) realizzati da Leonardo.  Il 76/62 mm SOVRAPONTE, rispetto ai modelli precedenti, è caratterizzato da una straordinaria leggerezza con un peso del 30-40% inferiore rispetto al SUPER RAPIDO e dal fatto di non comportare alcuna penetrazione del ponte ove si decide di installarlo. L'arma non utilizza la parte sottocoperta ed i colpi di pronto impiego sono collocati in 2 sistemi di alimentazione o “ventagli”, contenenti rispettivamente 38 colpi ciascuno; svolgono la medesima funzione del sistema Multifeeding installato su alcuni dei 76/62 mm modello SUPER RAPIDO ed hanno le sue stesse peculiarità, ma sono stati adattati per essere montati solidalmente alla massa oscillante. In tal modo tutti i colpi non solo sono presenti nella torre compiono un percorso relativamente breve per arrivare alla calcata, un percorso che va direttamente dal ramo di caricamento alla cucchiaia. La nuova avanzatissima arma navale impiega soluzioni “elettriche”: tutti gli attuatori e tutti i sistemi di movimentazione sono ad azionamento mediante motori brushless, cioè privi di spazzole. La torre è dotata inoltre di un nuovo scudo stealth con una “camicia” in materiale radar riflettente che protegge anche la canna.

Il 76/62 SOVRAPONTE utilizza sia un kit STRALES, sia una configurazione che ne è priva. 

La prima soluzione prevede il posizionamento dell'antenna di guida del proietto anti-aereo/anti-missile DART (Driven Ammunition Reduced Time of flight) sotto la bocca da fuoco e non di lato come avviene nel kit STRALES del 76/62 mm SUPER RAPIDO (sistema DAVIDE/DART a bordo delle fregate FREMM, della portaerei CAVOUR, sul CAIO DUILIO e in fase di installazione sull'ANDREA DORIA, come vedremo meglio più avanti).  Sul SOVRAPONTE l'antenna è stata ruotata di 180o ed è protetta da 2 portelli che la riparano dalle intemperie e garantiscono la sagomatura stealth quando l'arma non è utilizzata: tali portelli vengono aperti ogni qual volta l'arma va in punteria. La nuova arma navale si può caricare dall'esterno ma è possibile anche effettuare tale operazione da sottocoperta installando una noria dedicata allo scopo: si tratta di un tubo cilindrico di diametro molto limitato.  A bordo dei nuovi PPA, il 76 SOVRAPONTE è installato sul cielo dell'hangar, sul lato sinistro ed è stata messa a punto una soluzione costituita da 2 norie ed un traslatore: una prima “noria” sale dalla riserva munizioni, collocata nei ponti inferiori, fino ad un livello alto dell’hangar sotto il cannone, un “traslatore” muove poi orizzontalmente i colpi fino ad allinearli alla noria di “caricamento” che infine li “introduce” dentro il 76/62 SOVRAPONTE.
La nuova arma imbarcata di Leonardo si avvia a ripetere e ad ampliare il successo mondiale del 76 COMPATTO: sono apparsi di recente “rendering” di unità navali olandesi, britanniche, brasiliane progettate per imbarcare il “76 SOVRAPONTE”. 
Ad majora, Leonardo!






Ripensare la guerra, e il suo posto
nella cultura politica europea contemporanea,
è il solo modo per non trovarsi di nuovo davanti
a un disegno spezzato
senza nessuna strategia
per poterlo ricostruire su basi più solide e più universali.
Se c’è una cosa che gli ultimi eventi ci stanno insegnando
è che non bisogna arrendersi mai,
che la difesa della propria libertà
ha un costo
ma è il presupposto per perseguire ogni sogno,
ogni speranza, ogni scopo,
che le cose per cui vale la pena di vivere
sono le stesse per cui vale la pena di morire.
Si può scegliere di vivere da servi su questa terra, ma un popolo esiste in quanto libero, 
in quanto capace di autodeterminarsi,
vive finché è capace di lottare per la propria libertà: 
altrimenti cessa di esistere come popolo.
Qualcuno è convinto che coloro che seguono questo blog sono dei semplici guerrafondai! 
Nulla di più errato. 
Quelli che, come noi, conoscono le immense potenzialità distruttive dei moderni armamenti 
sono i primi assertori della "PACE". 
Quelli come noi mettono in campo le più avanzate competenze e conoscenze 
per assicurare il massimo della protezione dei cittadini e dei territori: 
SEMPRE!
….Gli attuali eventi storici ci devono insegnare che, se vuoi vivere in pace, 
devi essere sempre pronto a difendere la tua Libertà….
La difesa è per noi rilevante
poiché essa è la precondizione per la libertà e il benessere sociale.
Dopo alcuni decenni di “pace”,
alcuni si sono abituati a darla per scontata:
una sorta di dono divino e non, 
un bene pagato a carissimo prezzo dopo innumerevoli devastanti conflitti.…
…Vorrei preservare la mia identità,
difendere la mia cultura,
conservare le mie tradizioni.
L’importante non è che accanto a me
ci sia un tripudio di fari,
ma che io faccia la mia parte,
donando quello che ho ricevuto dai miei AVI,
fiamma modesta ma utile a trasmettere speranza
ai popoli che difendono la propria Patria!

(Fonti: https://svppbellum.blogspot.com/, Web, Google, bis, Ilgiornale, Betasom, Leonardo-OTO, Wikipedia, You Tube)