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Blog dedicato agli appassionati di DIFESA,
storia militare, sicurezza e tecnologia.
La bandiera è un simbolo che ci unisce, non solo come membri
di un reparto militare
ma come cittadini e custodi di ideali.
Valori da tramandare e trasmettere, da difendere
senza mai darli per scontati.
E’ desiderio dell’uomo riposare
là dove il mulino del cuore non macini più
pane intriso di lacrime, là dove ancora si può sognare…
…una vita che meriti di esser vissuta.
Il MAS 96 è attualmente una nave museo al Vittoriale degli italiani a Gardone Riviera.
Fondamentalmente si tratta di un motoscafo in legno di tipo Orlando da 12 tonnellate di dislocamento, una serie che comprese i MAS dal 91 al 102 e da 218 a 232, in legno con carena a spigolo e 27 nodi circa di velocità di punta; avevano 8 uomini di equipaggio e armamento costituito generalmente da 2 siluri e alcune bombe di profondità, oltre che da una mitragliatrice o da un cannoncino.
Questa unità partecipò, con a bordo l'allora capitano di fregata Costanzo Ciano, il comandante Luigi Rizzo e il poeta Gabriele D'Annunzio, alla Beffa di Buccari (la notte dell'11 febbraio 1918) insieme con i MAS 94 e 95.
Oltre a questa è presente un'altro MAS risalente al primo conflitto mondiale: il MAS 15 esposto al Sacrario delle bandiere al Vittoriano di Roma.
Oltre a queste due altri MAS sono conservate: il MAS 472 a Marina di Ravenna e il MAS 473 al museo storico navale di Venezia assieme alla motozattera MZ 737 e al sommergibile Enrico Dandolo.
Il Motoscafo Armato Silurante più conosciuto con la sigla MAS era una piccola imbarcazione militare usata come mezzo d’assalto veloce dalla Regia Marina durante la prima e la seconda guerra mondiale.
I MAS, derivati dalla tecnologia dei motoscafi civili con 2 motori a benzina a combustione interna da 500 cavalli l’uno, compatti e affidabili, ebbero un’ampia diffusione nella Regia Marina durante la guerra del 1915-18. Montavano motori entro-fuoribordo di concezione automobilistica, di grande potenza ed efficienza, ad iniezione diretta, ovviando in tal modo ai problemi di carburazione del motore dovuti alla scarsa raffinazione del benzene usato come carburante. I primi modelli furono prodotti dalle officine Fraschini e furono successivamente modificati e prodotti dal Cantiere Orlando, di Livorno, da dove uscirono i MAS impiegati da D’Annunzio.
Alcuni esemplari (ad esempio quello usato da D’Annunzio e da Luigi Rizzo nella beffa di Buccari, azione di disturbo alla flotta austro-ungarica ancorata nella baia di Buccari), montavano due motori ridondanti, uno a servizio dell’altro, nell’ottica d’incremento puro d’efficienza e affidabilità del mezzo navale. Lo stesso D’Annunzio coniò dalla sigla MAS la locuzione latina "Memento audere semper".
I MAS potevano essere utilizzati sia come pattugliatori antisommergibile, che come mezzi da attacco insidioso alle navi della flotta austro-ungarica, a seconda degli equipaggiamenti.
Un grande successo, conseguito dai MAS durante la prima guerra mondiale, fu l’affondamento presso Premuda, sulla costa dalmata, della corazzata austriaca Szent István, all’alba del 10 giugno 1918, durante un agguato condotto da Rizzo, che colpì a sorpresa la nave.
Mentre l’imbarcazione italiana si allontanava nella confusione, la Szent István accusò un colpo mortale. Nonostante fosse molto moderna e potente, non aveva una sufficiente protezione subacquea: le valvole di bilanciamento erano poco praticabili e posizionate sotto il ponte caldaie, praticamente inaccessibili, e dopo poco tempo si rovesciò, affondando.
L’azione della flotta austro-ungarica, indirizzata alla distruzione della barriera che nel basso Adriatico, nel Canale d’Otranto, imbottigliava i suoi sommergibili con una rete metallica lunga 60 km e una serie di schermi di pattuglia, venne annullata e, dopo di allora, non vi furono più tentativi degni di nota.
Dopo la Prima Guerra Mondiale, i MAS continuarono ad essere sviluppati e migliorati, grazie ai motori della Isotta Fraschini.
Fondamentalmente si trattava di un motoscafo da 20 – 30 tonnellate di dislocamento (a seconda della classe), con una decina di uomini di equipaggio e armamento costituito generalmente da due siluri e alcune bombe di profondità antisommergibile, oltre a una mitragliatrice o a un cannoncino.
I MAS, derivati dalla tecnologia dei motoscafi civili con 2 motori a benzina a combustione interna da 500 cavalli l’uno, compatti e affidabili, ebbero un’ampia diffusione nella Regia Marina durante la guerra del 1915-18. Montavano motori entro-fuoribordo di concezione automobilistica, di grande potenza ed efficienza, ad iniezione diretta, ovviando in tal modo ai problemi di carburazione del motore dovuti alla scarsa raffinazione del benzene usato come carburante. I primi modelli furono prodotti dalle officine Fraschini e furono successivamente modificati e prodotti dal Cantiere Orlando, di Livorno, da dove uscirono i MAS impiegati da D’Annunzio.
Alcuni esemplari (ad esempio quello usato da D’Annunzio e da Luigi Rizzo nella beffa di Buccari, azione di disturbo alla flotta austro-ungarica ancorata nella baia di Buccari), montavano due motori ridondanti, uno a servizio dell’altro, nell’ottica d’incremento puro d’efficienza e affidabilità del mezzo navale.
Dopo alcuni decenni in cui la marina italiana, potente ma anche legata a mari assai chiusi e indicati per mezzi navali costieri, aveva impiegato mezzi veloci siluranti, ma con problemi dovuti all’indisponibilità di potenti motori a benzina, il problema della propulsione venne risolto con nuovi prodotti della Isotta-Fraschini, che consentirono la realizzazione di unità veloci e più efficienti.
Nacquero così i MAS 500: nel 1940 ne erano in servizio 48 e ne furono prodotte 75 unità tra il 1937 e il 1941.
Efficienti in acque assai calme, la loro carena tonda, però, non li rendeva adatti a mari più agitati. All’entrata in guerra dell’Italia, la Regia Marina disponeva di tre flottiglie MAS: la Iª (nel 1941 ribattezzata Xª), la IIª e la IIIª. Tra gli eventi degni di nota, vi furono: il siluramento dell’incrociatore leggero Capetown sudafricano (sia il siluratore che il silurato erano residuati della guerra precedente); il fallito attacco al porto di Malta nel gennaio 1941, con la perdita di due motosiluranti di supporto alla missione; l’impiego nel Mar Nero contro la flotta sovietica, con alcuni sommergibili russi affondati quando sorpresi in superficie vicino alle basi; la battaglia di mezzo agosto, in cui i MAS contribuirono ad infliggere perdite di mercantili agli inglesi.
Tuttavia in quel periodo i MAS, unità veloci a scafo poco marino con chiglia assai piatta, simili a grossi motoscafi, erano ormai in declino. Essendo adatti a mari chiusi e poco mossi, come l’Adriatico, nel Mediterraneo entravano in gioco pesantemente la loro modesta tenuta al mare (e quindi la velocità effettivamente sostenibile), la loro limitata autonomia, i siluri e l’insufficiente armamento antiaereo (solo una mitragliera).
Attualmente sono conservati in Italia quattro MAS:
- MAS 15, risalente al primo conflitto mondiale, conservato al Vittoriano (Roma), è sicuramente l’unità storicamente più importante in quanto fu il MAS che, al comando del Tenente di Vascello Luigi Rizzo, fu protagonista dell’impresa di Premuda; MAS 96, risalente al primo conflitto mondiale: fu il MAS su cui era imbarcato D’Annunzio durante la missione rinominata “beffa di Buccari”; è sistemato al Vittoriale degli italiani (Gardone Riviera);
- MAS 472, risalente al secondo conflitto mondiale e ora situato a Marina di Ravenna;
- MAS 473, gemello del precedente, conservato al Museo storico navale di Venezia, insieme con la motozattera MZ 737 e il sottomarino Dandolo.
- Due MAS (uno sigla 104) sono in stato di abbandono, nel porto di Schengjin in Albania.
L’INCURSIONE BEFFARDA NELLA BAIA DI BUCCARI
Nella notata tra il 10 e l’11 febbraio 1918 i MAS 94, MAS 95 e MAS 96, rispettivamente al comando dell’allora capitano di corvetta Luigi Rizzo, del tenente di vascello Edoardo Profeta De Santis e del sottotenente Andrea Ferrarini, guidati dal capitano di fregata Costanzo Ciano, compirono un’impresa storica.
I Motoscafi Armati Siluranti erano rimorchiati ognuno da una torpediniera con la protezione di unità leggere. L’operazione era stata pianificata dopo una preventiva ricognizione di un ricognitore idrovolante Macchi M5 su Pola, Fiume e Buccari, che consentì di acquisire un importante materiale fotografico dove si evidenziava la presenza a Pola di 4 unità classe “Viribus”, tre “Radetzki”, tre “Erzherzog”, una “Monarch”, due esploratori e vari cacciatorpediniere. A questi si aggiungevano 23 piroscafi nel porto di Fiume e 4 navi a Buccari.
Dopo 14 ore di navigazione, alle 22.00 del 10 febbraio, i 3 MAS iniziarono il loro pericoloso trasferimento dalla zona compresa tra l’isola di Cherso e la costa istriana fino alla baia di Buccari dove, secondo le informazioni dello spionaggio italiano, sostavano unità nemiche sia mercantili sia militari. Il poeta Gabriele D’Annunzio, allora maggiore di cavalleria, si trovava a bordo del MAS 96 insieme a Luigi Rizzo. Per un cattivo funzionamento dei siluri nessun bersaglio viene colpito, ma D’Annunzio seminò nella baia tre bottiglie contenenti un messaggio di sfida che sarà ricordato come la “Beffa di Buccari”
Pur non avendo prodotto danni, l’impresa costrinse il nemico ad impegnarsi nella ricerca di nuove strategie di difesa e di vigilanza, ed ebbe “una influenza morale incalcolabile”, specialmente dopo la tragica ritirata strategica di Caporetto. L’audacia dell’impresa trova riscontro di essere nel percorso di 50 miglia tra le maglie della difesa costiera nemica, anche se l’attacco non riuscì, dato che i siluri lanciati dalle tre motosiluranti si impigliarono nelle reti che erano a protezione dei piroscafi alla fonda. Le unità italiane riuscirono successivamente a riguadagnare il largo tra l’incredulità dei posti di vedetta austriaci che non credettero possibile che unità italiane fossero entrate fino in fondo al porto, e che non reagirono con le armi ritenendo dovesse trattarsi di naviglio austriaco.
Le tre bottiglie lasciate in mare da D’Annunzio erano adornate da nastri tricolori recanti un satirico messaggio che recitava: “In onta alla cautissima Flotta austriaca occupata a covare senza fine dentro i porti sicuri la gloriuzza di Lissa, sono venuti col ferro e col fuoco a scuotere la prudenza nel suo più comodo rifugio i marinai d’Italia, che si ridono d’ogni sorta di reti e di sbarre, pronti sempre ad osare l’inosabile. E un buon compagno, ben noto, il nemico capitale, fra tutti i nemici il nemicissimo, quello di Pola e di Cattaro, è venuto con loro a beffarsi della taglia“.
L’attacco eroico di Buccari ebbe in seguito una grande risonanza a livello di opinione pubblica e sui giornali del tempo. La Prima Guerra Mondiale, ancora una volta, era stata un banco di prova e in questo caso la Regia Marina aveva ancora una volta sperimentato un’arma: quella della guerra psicologica. Un aspetto che cominciava ad avere un preciso rilievo, anche per la partecipazione diretta di Gabriele D’Annunzio, che abilmente orchestrò i risvolti propagandistici dell’azione.
A seguito dell’evento beffardo di Buccari, il Comando della Marina austriaca, in risposta tentò un attacco diretto contro i MAS ormeggiati nel porto di Ancona; il tentativo fallì miseramente dissuadendoli da ulteriori attacchi.
Ripensare la guerra, e il suo posto
nella cultura politica europea contemporanea,
è il solo modo per non trovarsi di nuovo davanti
a un disegno spezzato
senza nessuna strategia
per poterlo ricostruire su basi più solide e più universali.
Se c’è una cosa che gli ultimi eventi ci stanno insegnando
è che non bisogna arrendersi mai,
che la difesa della propria libertà
ha un costo
ma è il presupposto per perseguire ogni sogno,
ogni speranza, ogni scopo,
che le cose per cui vale la pena di vivere
sono le stesse per cui vale la pena di morire.
Si può scegliere di vivere da servi su questa terra, ma un popolo esiste in quanto libero,
in quanto capace di autodeterminarsi,
vive finché è capace di lottare per la propria libertà:
altrimenti cessa di esistere come popolo.
Qualcuno è convinto che coloro che seguono questo blog sono dei semplici guerrafondai!
Nulla di più errato.
Quelli che, come noi, conoscono le immense potenzialità distruttive dei moderni armamenti
sono i primi assertori della "PACE".
Quelli come noi mettono in campo le più avanzate competenze e conoscenze
per assicurare il massimo della protezione dei cittadini e dei territori:
SEMPRE!
….Gli attuali eventi storici ci devono insegnare che, se vuoi vivere in pace,
devi essere sempre pronto a difendere la tua Libertà….
La difesa è per noi rilevante
poiché essa è la precondizione per la libertà e il benessere sociale.
Dopo alcuni decenni di “pace”,
alcuni si sono abituati a darla per scontata:
una sorta di dono divino e non,
un bene pagato a carissimo prezzo dopo innumerevoli devastanti conflitti.…
…Vorrei preservare la mia identità,
difendere la mia cultura,
conservare le mie tradizioni.
L’importante non è che accanto a me
ci sia un tripudio di fari,
ma che io faccia la mia parte,
donando quello che ho ricevuto dai miei AVI,
fiamma modesta ma utile a trasmettere speranza
ai popoli che difendono la propria Patria!
Violenza e terrorismo sono il risultato
della mancanza di giustizia tra i popoli.
Per cui l'uomo di pace
si impegna a combattere tutto ciò
che crea disuguaglianze, divisioni e ingiustizie.
Signore, apri i nostri cuori
affinché siano spezzate le catene
della violenza e dell’odio,
e finalmente il male sia vinto dal bene…
Come i giusti dell’Apocalisse scruto i cieli e sfido l’Altissimo:
fino a quando, Signore? Quando farai giustizia?
Dischiudi i sette sigilli che impediscono di penetrare il Libro della Vita
e manda un Angelo a rivelare i progetti eterni,
a introdurci nella tua pazienza, a istruirci col saggio Qoelet:
“””Vanità delle vanità: tutto è vanità”””.
Tutto…tranne l’amare.
(Fonti: https://svppbellum.blogspot.com/, Web, Google, Zambracca, GiornidiStoria, Wikipedia, You Tube)
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