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venerdì 3 novembre 2023

Regia Marina italiana 1943 - 1944: il Murena è stato un sommergibile della classe Tritone, varato nel 1943 e affondato il 4 settembre 1944.






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Blog dedicato agli appassionati di DIFESA, storia militare, sicurezza e tecnologia. 



Il Murena è stato un sommergibile della Regia Marina, appartenente alla classe Tritone, varato nel 1943 e affondato il 4 settembre 1944.
Nel corso della costruzione fu presa la decisione di adattarlo al trasporto di mezzi d'assalto, con l'applicazione di quattro contenitori cilindrici per SLC o barchini MTR (tali contenitori erano collocati ai lati del ponte, due all'altezza della torretta e due leggermente a proravia di essa): il Murena fu varato con i contenitori già ai loro posti.
Impostato presso i cantieri OTO del Muggiano, durante l'allestimento fu adattato per il trasporto dei mezzi d'assalto, con l'applicazione in coperta di 4 cilindri per SLC, con notevoli perfezionamenti.
L'8 settembre 1943 il Murena, al Comando del CC Luigi LONGANESI CATTANEI, si trovava pronto per eseguire un attacco alla fortezza di Gibilterra.
Fu sabotato e autoaffondato dall'equipaggio presso la diga foranea di La Spezia.
Recuperato in seguito dai tedeschi, denominato U.IT.16, fu quindi trasferito a Genova dove rimase inattivo; il 4 settembre 1944 venne affondato durante un bombardamento aereo.


CARATTERISTICHE TECNICHE DEL SOMMERGIBILE “MURENA”:
  • Cantiere: O.T.O.- La Spezia;

  • Impostato:01-04-1942;

  • Varato: 11-04-1943;

  • Consegnato: 25-08-1943;

  • Catturato: ??-09-1943;

  • Affondato: 04-09-1944;

  • Radiato: 27-03-1947;
  • Dislocamento in superficie 866 t - in immersione 1068 t.;

  • Lunghezza 63,15 m;

  • Larghezza 6,98 m;

  • Pescaggio 4,87 m;

  • Profondità operativa:80 mt.;

  • Profondità di collaudo: 130 mt.;

  • Propulsione motore diesel FIAT da 2.400 CV; elettrico C.R.D.A. da 800 CV;

  • Velocità in superficie: 16 nodi - in immersione: 8 nodi;

  • Autonomia in superficie:2000 nm a 12 nodi, 13.000 nm a 8,5 nodi;

  • Autonomia in immersione: 7 nm a 8 nodi, 74,5 a 4 nodi;

  • Equipaggio 5 ufficiali 44 sottufficiali e comuni;
Armamento artiglieria: 1 cannone da 100/47mm - 2 mitragliere binate da 13,2mm - siluri: 4 tubi lanciasiluri da 533mm a prora - 2 tubi lanciasiluri da 533mm a poppa.

A settembre era pressoché pronto per la sua prima missione come mezzo avvicinatore: al comando del capitano di corvetta Luigi Longanesi Cattani, a inizio ottobre 1943 (entro il 2 del mese) avrebbe portato quattro barchini MTR per attaccare la base britannica di Gibilterra.
L'8 settembre 1943, il Comandante Longanesi Cattani si trovava in mare con il Murena per un ulteriore collaudo e, quando rientrò, trovò la base in stato di allarme. Superate le iniziali perplessità, e tentato inutilmente di contattare i comandi, diede ordine di rifornire il Murena e di prepararsi a prendere il mare. Ma, giunse l'ordine dall'ammiraglio Maraghini di autoaffondarsi erroneamente convinto che così come gli altri sommergibili della Classe Tritone Grongo e lo Sparide, non fosse in grado di prendere il mare. Con l'aiuto del Comandante Junio Valerio Borghese, ottenne l'annullamento dell’ordine.
Il direttore di macchina del Murena, capitano del Genio Navale Pier Marietti, scomparve con il sommergibile mentre dirigeva le manovre di autoaffondamento.
In seguito, recuperato dai tedeschi, il Murena ricevette la nuova denominazione di U. IT. 6 e fu trasferito da La Spezia a Genova per le riparazioni, ma il 4 settembre 1944, nel corso di un violento bombardamento aereo statunitense su Genova, fu colpito e affondato, così come i gemelli Sparide e Grongo.

LA TRAGICA FINE DEL SOMMERGIBILE “MURENA” - LA VERSIONE DEL C/TE LUIGI LONGANESI CATTANI:
“”””In effetti gli avvenimenti che portarono all'autoaffondamento del Murena, ed alla dolorosissima perdita del capitano Marietti, si svolsero in modo completamente diverso da come furono riportati sul "Notiziario". Come si può rilevare nell'opera Decima Flottiglia MAS del comandante Junio Valerio Borghese, il giorno 8 settembre 1943 il regio sommergibile Murena, al mio comando, era pronto per eseguire un attacco a Gibilterra, previsto per il 2 ottobre 1943. Preciso che il giorno 8 settembre 1943 facemmo con il Murena l'ultima uscita in mare, che concludeva la preparazione della suddetta operazione d'assalto, con risultati pienamente soddisfacenti sia nei riguardi del grado di addestramento raggiunto dal personale, che del funzionamento dei materiali.
Rientrammo alla nostra base presso la Decima Flottiglia MAS nella notte poiché avevamo concluso quest'ultima giornata di preparazione con un'esercitazione di tiro notturno che ci aveva impegnati in mare per le prime ore di oscurità dopo il tramonto. Al nostro rientro ci colse del tutto impreparati ed increduli la notizia dell'armistizio trasmessa dall' emittente radiofonica civile. Tale notizia appariva del tutto inverosimile a noi che, proprio quel giorno, avevamo appena ultimato la preparazione di un'imminente azione di attacco particolarmente impegnativa.
Nell'incertezza della situazione decisi di approntare il battello per una missione prolungata, imbarcando siluri, munizioni, viveri, carburante, e di uscire appena possibile in mare aperto, ove avrei potuto prendere le migliori decisioni a ragion veduta, con le indispensabili garanzie di legittimità degli ordini ed in piena libertà.
Diedi quindi gli ordini conseguenti all'ufficiale in seconda ed al direttore di macchina che avevano entrambi condiviso, senza alcuna riserva, la linea di condotta da me adottata in quell'incerta situazione. Nelle prime ore del mattino successivo, 9 settembre, mentre erano in corso le operazioni per l'approntamento del battello, d'accordo con il comandante della Decima Flottiglia MAS, C.F. Junio Valerio Borghese, dal quale dipendevo direttamente, mi recai a Lerici con l'intento di ottenere da Generalmas qualche chiarimento sulla situazione che a noi appariva tuttora incerta e confusa.
Al mio rientro alla Decima Flottiglia MAS, al Muggiano, ove avevo lasciato il mio sommergibile ormeggiato alla banchina, in fase di approntamento, fui informato dal comandante della flottiglia che, per ordine del comandante in capo dell'Alto Tirreno, il mio Murena, insieme ai sommergibili gemelli Sparide e Grongo, era stato inviato verso una zona interna alla diga foranea con l'ordine di autoaffondarsi. Operazione che veniva svolta sotto la direzione del maggiore del genio navale Sanna, capo dell'ufficio di sorveglianza della Marina presso i cantieri O.T.O. Melara.
Evidentemente, per le rigorose norme di assoluta riservatezza, sempre strettamente osservate anche verso i Comandi del livello più elevato, nel caso di missioni di sommergibili trasportatori di mezzi d'assalto, al comandante in capo dell'Alto Tirreno, era stato deliberatamente celato che il Murena (a differenza del Grongo e dello Sparide in corso di allestimento) era già pronto ed addestrato per un'imminente missione di assalto. Ignorando la situazione, il comando in capo dell'Alto Tirreno aveva emanato un ordine di autoaffondamento unico per i tre battelli che gli risultavano tutti in corso di allestimento.
Appena chiarita telefonicamente la nostra diversa situazione rispetto agli altri due sommergibili gemelli, il comando in capo dell'Alto Tirreno accettò la mia richiesta di annullare, per il Murena, il suo ordine di autoaffondamento, ed io diressi immediatamente con un velocissimo M.T.S., messomi a disposizione dal comandante della Decima Flottiglia MAS, verso il mio battello (che vedevo fermo, insieme ai due sommergibili gemelli Grongo e Sparide, in prossimità della diga foranea), per comunicare l'annullamento dell'ordine di autoaffondamento e confermare gli ordini di approntamento all'uscita in mare aperto.
Quando ero ormai a poche centinaia di metri dal mio sommergibile lo vidi immergersi scomparendo repentinamente dalla superficie.
Dal pontone che forniva la necessaria assistenza ai tre battelli per le operazioni di autoaffondamento, sul quale si trovava il sergente mitragliere Italo Tarca, mi fu comunicato che il capitano del genio navale Marietti, capo servizio G.N. del Murena, che stava eseguendo personalmente le operazioni di autoaffondamento del nostro battello, sotto la direzione del maggiore G.N. Sanna, era rimasto nell'interno del sommergibile affondato. Fu chiaro, in seguito, che la causa di tale imprevisto, repentino affondamento del Murena, era stata l'apertura degli imbarchi siluri predisposta dai siluristi in attesa dei siluri da imbarcare che l'ufficiale in seconda stava cercando di procurare in Arsenale, mentre il battello era ancora ormeggiato alla banchina.
Tali aperture degli imbarchi siluri erano sfuggite all’attenzione del personale che successivamente aveva compiuto i preparativi per l'autoaffondamento, perché erano nascoste dal pagliolato che era stato rimesso a posto per consentire il traffico degli altri materiali da imbarcare.
Con ogni probabilità, il capitano Marietti, per non essere travolto dall'ingente violento afflusso di acqua, che entrava nel battello in modo del tutto imprevisto dagli imbarchi siluri aperti, si era rifugiato nella camera motori, adiacente alla camera di manovra in cui si trovava, chiudendo dietro di sé la porta stagna. Da quel locale, infatti, il capitano Marietti continua lungamente ad indicare la sua presenza battendo colpi sullo scafo, colpi ai quali rispondevano, con colpi dall'esterno i migliori sommozzatori della Decima Flottiglia MAS, guidati dal T.V Massano, prontamente accorsi su nostra urgente chiamata per procedere ai tentativi di salvataggio dello stesso capitano Marietti. Tentativi resi molto difficili dal fatto che la camera motori ove si era rifugiato il capitano Marietti non aveva garitte di fuoriuscita in corrispondenza della porta stagna che la divideva dalla camera di manovra, allagata su un fondale di 18 metri per cui, quando finalmente fu possibile ai sommozzatori aprire quella porta stagna, raggiungere il capitano Marietti e riportarlo alla superficie, questi era già senza vita ed a nulla valsero, purtroppo, i prolungati tentativi di rianimazione che il servizio sanitario della Decima Flottiglia MAS, accorso insieme ai sommozzatori, iniziò immediatamente.
Il sergente Italo Tarca ed io seguimmo dall'inizio tutti gli avvenimenti successivi all’affondamento del Murena: i tentativi di salvataggio, e quelli di rianimazione del mio sventurato Capo Servizio Genio Navale, al quale ero legato da profondo affetto, così come lo ero a ciascun uomo del nostro equipaggio.
L'equipaggio del Murena era composto esclusivamente da volontari, ed in larga misura da sommergibilisti che avevano operato con me per tutta la durata del conflitto, prima sul Brin (in Mediterraneo ed in Atlantico), subito dopo sul Da Vinci (in Atlantico) ed infine (dopo una breve parentesi in Mar Nero) si erano offerti per costituire l'equipaggio di un sommergibile destinato alle missioni con i mezzi d' assalto, del quale io ero il comandante designato.
Di questo nuovo battello curammo l'allestimento in tutti i dettagli, sulla base delle esperienze che avevamo maturato insieme in tre anni di operazioni di guerra sui diversi fronti; uno dei più valorosi era proprio il sergente mitragliere Italo Tarca (nella foto pubblicata sul "Notiziario" è il quarto da destra della prima fila in basso) intrepido combattente nelle azioni di fuoco in superficie che determinarono alcuni successi.
Più di ogni mia parola, l'espressione che si può cogliere sul volto di ciascuno, in questa foto scattata alla vigilia della nostra prima missione di assalto, esprime qual era lo spirito del nostro equipaggio composto di uomini animati dallo stesso ideale, ed uniti tra loro assai più di quanto lo si possa essere in qualsiasi altra famiglia umana.
Essi non avrebbero mai tollerato che uno di loro venisse soppresso con la barbara azione ingiustamente attribuita ai tedeschi nella versione riportata sul "Notiziario". A differenza di quanto viene erroneamente asserito in tale versione, né prima, né durante le operazioni di autoaffondamento, né successivamente durante i tentativi di salvataggio e di rianimazione del capitano Marietti, prolungatisi complessivamente per alcune ore, si verificò mai alcun intervento, né si delineò alcuna minaccia di intervento, da parte dei tedeschi.
L'unico portello aperto, quello della torretta non fu mai chiuso, né dal maggiore G.N. Sanna, che dirigeva le operazioni di autoaffondamento, né dal sergente Tarca che dava diretta assistenza al capitano Marietti, mentre io stavo sopraggiungendo con un M.T.S., unità di un tipo di dotazione alla Decima Flottiglia MAS, di cui facevamo parte, ben noto a ciascuno di noi, sicuramente identificabile come Unità italiana dal personale che dirigeva o eseguiva le operazioni di autoaffondamento.
Ed infatti il Sergente Tarca mi ha recentemente confermato che non solo l'Unità con la quale io sopraggiungevo era stata da loro riconosciuta quale appartenente alla nostra flottiglia, ma che avevano notato la mia presenza a bordo”””. Comandante Longanesi Cattani, Roma 1987.


Il relitto, recuperato nel 1947, fu avviato alla demolizione.



Ripensare la guerra, e il suo posto
nella cultura politica europea contemporanea,
è il solo modo per non trovarsi di nuovo davanti
a un disegno spezzato
senza nessuna strategia
per poterlo ricostruire su basi più solide e più universali.
Se c’è una cosa che gli ultimi eventi ci stanno insegnando
è che non bisogna arrendersi mai,
che la difesa della propria libertà
ha un costo
ma è il presupposto per perseguire ogni sogno,
ogni speranza, ogni scopo,
che le cose per cui vale la pena di vivere
sono le stesse per cui vale la pena di morire.
Si può scegliere di vivere da servi su questa terra, ma un popolo esiste in quanto libero, 
in quanto capace di autodeterminarsi,
vive finché è capace di lottare per la propria libertà: 
altrimenti cessa di esistere come popolo.
Qualcuno è convinto che coloro che seguono questo blog sono dei semplici guerrafondai! 
Nulla di più errato. 
Quelli che, come noi, conoscono le immense potenzialità distruttive dei moderni armamenti 
sono i primi assertori della "PACE". 
Quelli come noi mettono in campo le più avanzate competenze e conoscenze 
per assicurare il massimo della protezione dei cittadini e dei territori: 
SEMPRE!
….Gli attuali eventi storici ci devono insegnare che, se vuoi vivere in pace, 
devi essere sempre pronto a difendere la tua Libertà….
La difesa è per noi rilevante
poiché essa è la precondizione per la libertà e il benessere sociale.
Dopo alcuni decenni di “pace”,
alcuni si sono abituati a darla per scontata:
una sorta di dono divino e non, 
un bene pagato a carissimo prezzo dopo innumerevoli devastanti conflitti.…
…Vorrei preservare la mia identità,
difendere la mia cultura,
conservare le mie tradizioni.
L’importante non è che accanto a me
ci sia un tripudio di fari,
ma che io faccia la mia parte,
donando quello che ho ricevuto dai miei AVI,
fiamma modesta ma utile a trasmettere speranza
ai popoli che difendono la propria Patria!
Signore, apri i nostri cuori
affinché siano spezzate le catene
della violenza e dell’odio,
e finalmente il male sia vinto dal bene…

(Fonti: https://svppbellum.blogspot.com/, Web, Google, Issu, Grupsom, BETASOM, Wikipedia, You Tube)























 

mercoledì 1 novembre 2023

Regia Marina italiana 1935 - 1943: il siluro a lenta corsa (detto comunemente maiale) e il Siluro San Bartolomeo SSB, utilizzato dalla Decima Flottiglia MAS.






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IL SILURO A LENTA CORSA “S.L.C.”, meglio noto come “maiale” (1935 - 1943)

Il siluro a lenta corsa, più correttamente indicato come siluro a lunga corsa (sigla SLC) e conosciuto anche come "maiale", fu un mezzo d'assalto subacqueo della Regia Marina dalla forma simile a un siluro, adattato a trasportare a cavalcioni, a bassa velocità, due operatori muniti di respiratori subacquei autonomi e una carica esplosiva da applicare occultamente alla carena della nave avversaria all'ormeggio.











Venne usato dalle Flottiglie MAS della Regia Marina italiana durante la seconda guerra mondiale per azioni di sabotaggio contro navi nemiche, spesso ancorate in porti militarmente difesi.

















Il siluro a lenta corsa (detto comunemente maiale) è derivato dalla mignatta di Raffaele Rossetti, usata nella prima guerra mondiale per affondare la corazzata austriaca Viribus Unitis.
Questo progetto di derivazione fu ideato nel 1935 dai capitani del Genio Navale palombaro Teseo Tesei ed Elios Toschi. Teseo Tesei morì successivamente in azione con un suo maiale a Malta. I primi due prototipi di SLC furono testati nell'ottobre 1935, alla Spezia alla presenza di Mario Falangola che dirigeva all'epoca l'Ispettorato Sommergibili. Falangola ne fu talmente entusiasta da commissionare la costruzione di altri due Slc. Nel 1939 il reparto della marina che si addestrava all'uso del SLC fu trasferito in una base segreta situata a Bocca di Serchio; proprio sul Serchio e nel tratto di mare antistante la foce del fiume, nel corso di ripetuti test di addestramento, l'arma fu perfezionata (vedi anche Mario Giorgini e Gino Birindelli).
Il 19 dicembre 1941 i maiali (usati dalla Xª Flottiglia MAS) effettuarono la loro azione più nota, l'affondamento delle navi da battaglia britanniche HMS Valiant e HMS Queen Elizabeth e il danneggiamento di una nave cisterna e di un cacciatorpediniere ad Alessandria. I tre "maiali" erano stati trasportati vicino alla base nemica dal sommergibile Sciré all'interno di tre cilindri collocati in coperta. Ma gli italiani usarono come base di partenza dei maiali e poi anche degli operatori "Gamma" anche la nave italiana Olterra, internata ad Algesiras, I militari italiani, per riuscire a fornire questi facendoli passare inosservati, dovevano smontarli e trasportarne i vari pezzi separatamente fino a destinazione, dove poi venivano rimontati.
Numerose azioni militari furono compiute dai maiali nel corso della seconda guerra mondiale, anche da parte degli inglesi che crearono i Chariots copiandoli dagli esemplari italiani catturati, ma anche come i Kaiten della Marina imperiale giapponese nelle fasi finali della seconda guerra mondiale intraprendendo attacchi suicidi e non con lo stesso successo ottenuto dai mezzi italiani.
I primi siluri a lunga corsa elaborati poco prima dello scoppio della seconda guerra mondiale, erano: 
  • lunghi 7,30 m; 
  • avevano un motore elettrico di 1,6 hp di potenza; 
  • l'alimentazione era fornita da una batteria d'accumulatori;
  • la velocità massima era di 3 nodi; 
  • un'autonomia di circa 15 miglia alla velocità di 2,5 nodi.
Il trasportatore era dotato di timoni di profondità e di direzione, di casse assetto e di strumentazione comprendente una bussola magnetica, un profondimetro, un orologio, un voltmetro, due amperometri ed una livella a bolla d'aria per il controllo dell'assetto longitudinale.
Il trasportatore era costituito da tre sezioni: nella prima, di forma arrotondata per favorire la navigazione del mezzo, era collocata la carica (300 kg circa di tritolite) con i relativi congegni di scoppio. Tale parte, chiamata testa di servizio, veniva staccata dal resto del mezzo e applicata sotto la chiglia della nave.
La parte centrale, di forma cilindrica denominata corpo centrale, conteneva le batterie ed esternamente le strutture sulle quali erano ricavati i posti per i due operatori. Nella terza, di forma tronco conica denominata coda, era alloggiato il motore e l'armatura che portava le eliche e i timoni.
I siluri a lenta corsa sono chiusi in appositi cilindri a tenuta stagna, disposti sulla coperta del sommergibile avvicinatore, all'interno del quale si trovano gli assaltatori. Per mettere in mare i siluri a lenta corsa, il sommergibile doveva avvicinarsi il più possibile al porto nemico, tenendo conto delle difficoltà naturali e di quelle costituite dalla difesa nemica.
Usciti dal sommergibile gli uomini estraevano i siluri a lunga corsa dai cilindri e si accertano che non avessero subito danni durante la navigazione. Quindi procedevano con gli stessi verso l'imboccatura del porto seguendo le indicazioni della bussola luminosa.
Durante l'avvicinamento l'equipaggio teneva la testa fuor d'acqua per orientarsi e per respirare l'aria naturale; intanto la velocità veniva ridotta all'avvicinarsi del raggio di sorveglianza delle sentinelle nemiche. In caso di pericolo, il siluro a lenta corsa compiva una rapida immersione sparendo sott'acqua.
All'imboccatura del porto si trovava solitamente una rete di protezione, per oltrepassare la quale il "maiale" cercava un varco sottostante, se esisteva, oppure veniva creato sollevando la rete o tagliandola, con strumenti appositi ("alza-rete" e "taglia-rete"). Una volta all'interno del porto, a bassa velocità e con mezza testa fuor d'acqua ("quota occhiali") l'SLC si dirigeva verso il bersaglio assegnato (una nave) fino ad avvicinarsi ad una trentina di metri, dopo di che si immergeva fin sotto la nave. Qui emergeva lentamente fino a toccare la carena della nave bersaglio.
Mentre il pilota controllava il "maiale", il secondo uomo procedeva a collocare una cima, fissata tramite tenaglie a vite alle due alette di rollio che stanno su ciascun fianco della carena. Una volta fissata la cima, il secondo staccava la testa del "maiale", dove si trovava la carica con 300 kg di esplosivo, e la collegava alla cima, sotto la carena della nave bersaglio, regolando la spoletta ad orologeria per le successive due ore e mezzo.
Dopo di che, l'equipaggio si allontanava con il SLC emergendo lentamente e tornava al sommergibile avvicinatore.

Il Siluro San Bartolomeo (1942 - 1943)

Il Siluro San Bartolomeo era un siluro umano italiano progettato durante la seconda guerra mondiale, utilizzato dalla Decima Flottiglia MAS per operazioni in stile commando. Utilizzando il Siluro a Lenta Corsa Maiale Human Torpedo si erano notate alcune limitazioni, dimostrando la necessità di una versione aggiornata. Il progetto fu gestito e sviluppato dall'ingegnere del Genio Navale, sindaco Mario Masciulli, con l'aiuto del capitano GN Travaglino e dell'ingegner Guido Cattaneo. 




Il miglioramento dei materiali a disposizione per l'assemblaggio e parallelamente nuove tecnologie portarono ad un prodotto di gran lunga superiore al punto da non poterlo identificare e come un'evoluzione del " Siluro a Lenta Corsa " SLC Maiale.













DATI TECNICI DELL’S.S.B.:
  • Cantiere:  Officina Siluri San Bartolomeo di La Spezia - 1942 - Realizzazione: 1943 - Perdita 1945;
  • Dislocamento: 2,2 tonn;
  • Lunghezza: 6,76 m; 
  • Diametro: 790 mm;
  • Apparato di propulsione:  1 Motore Elettrico sospeso elasticamente; 2 cassoni batterie suddivisi in 2 sottobatterie da 60 elementi; 1 elica; Potenza motore: 7,5 cv; Potenza batterie: 190 ampere a 60 Volts;
  • Velocità: 4 nodi;
  • Autonomia: 10 miglia a 3 nodi;
  • Armamento: 1 testa esplosiva normale da 300 kg; 1 testa intermedia esplosiva da 400 kg; 1 testa doppia da 180/200 kg.;
  • Equipaggio: 2 uomini.

L'impiego degli S.L.C. sia nelle prove che nelle missioni operative, avevano evidenziato alcune limitazioni da considerare necessario procedere ad una completa rielaborazione del mezzo. Gli studi tecnici relativi vennero affidati al Maggiore del Genio Navale Mario Maciulli, con la collaborazione del Capitano G.N. Travaglino (responsabile dell'officina segreta S.L.C. sulla"Olterra" e con la consulenza dell'ingegnere Guido Cattaneo della C.A.B.I. di Milano, su specifiche fornite dal Comando della X° Flottiglia MAS, avvalendosi anche della collaborazione fornita dalla Direzione Armi Subacquee dell'Arsenale di La Spezia. Da qui la denominazione ufficiale Siluro San Bartolomeo. Gli unici S.S.B. effettivamente impiegati furono solo quelli di costruzione San Bartolomeo di cui due risultano rimasti a Spezia e uno inviato a Venezia, dove venne ritrovato alla fine della guerra. I due S.S.B. di La Spezia vennero assegnati al "Gruppo Operativo della Castagna" una vecchia batteria posta sul lato occidentale della rada, agli ordini del Tenente di Vascello Augusto Jacobacci già designato per l'operazione contro Gibilterra pianificata per l'ottobre 1943.
Soltanto tre Siluri San Bartolomeo furono prodotti prima della data dell'Armistizio tra l'Italia e le forze armate alleate; due rimasero alla Spezia ed uno, inviato a Venezia, fu ritrovato alla fine della guerra. Entrambi gli spezzini furono consegnati alla Task Force La Castagna, vecchia batteria della Decima Flottiglia MAS al comando del tenente Augusto Jacobacci (pilota del Siluro San Bartolomeo). Questi erano stati designati ad attaccare Gibilterra, ma l'azione fu sospesa con l'armistizio.

SILURO SAN BARTOLOMEO CONSERVATO PRESSO L'IMPERIAL WAR MUSEUM DI LONDRA (foto del responsabile del blog)














Ripensare la guerra, e il suo posto
nella cultura politica europea contemporanea,
è il solo modo per non trovarsi di nuovo davanti
a un disegno spezzato
senza nessuna strategia
per poterlo ricostruire su basi più solide e più universali.
Se c’è una cosa che gli ultimi eventi ci stanno insegnando
è che non bisogna arrendersi mai,
che la difesa della propria libertà
ha un costo
ma è il presupposto per perseguire ogni sogno,
ogni speranza, ogni scopo,
che le cose per cui vale la pena di vivere
sono le stesse per cui vale la pena di morire.
Si può scegliere di vivere da servi su questa terra, ma un popolo esiste in quanto libero, 
in quanto capace di autodeterminarsi,
vive finché è capace di lottare per la propria libertà: 
altrimenti cessa di esistere come popolo.
Qualcuno è convinto che coloro che seguono questo blog sono dei semplici guerrafondai! 
Nulla di più errato. 
Quelli che, come noi, conoscono le immense potenzialità distruttive dei moderni armamenti 
sono i primi assertori della "PACE". 
Quelli come noi mettono in campo le più avanzate competenze e conoscenze 
per assicurare il massimo della protezione dei cittadini e dei territori: 
SEMPRE!
….Gli attuali eventi storici ci devono insegnare che, se vuoi vivere in pace, 
devi essere sempre pronto a difendere la tua Libertà….
La difesa è per noi rilevante
poiché essa è la precondizione per la libertà e il benessere sociale.
Dopo alcuni decenni di “pace”,
alcuni si sono abituati a darla per scontata:
una sorta di dono divino e non, 
un bene pagato a carissimo prezzo dopo innumerevoli devastanti conflitti.…
…Vorrei preservare la mia identità,
difendere la mia cultura,
conservare le mie tradizioni.
L’importante non è che accanto a me
ci sia un tripudio di fari,
ma che io faccia la mia parte,
donando quello che ho ricevuto dai miei AVI,
fiamma modesta ma utile a trasmettere speranza
ai popoli che difendono la propria Patria!
Signore, apri i nostri cuori
affinché siano spezzate le catene
della violenza e dell’odio,
e finalmente il male sia vinto dal bene…

(Fonti: https://svppbellum.blogspot.com/, Web, Google, Marina.difesa, Wikipedia, You Tube)









 

Luftwaffe WW2 1942 - ’44: il Focke-Wulf Ta 183 Huckebein era un caccia monomotore a getto ad ala a freccia sviluppato dall'azienda tedesca Focke-Wulf Flugzeugbau AG negli anni quaranta e rimasto allo stadio progettuale.

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