lunedì 24 agosto 2020

Gli Ansaldo S.V.A. erano una famiglia di biplani da ricognizione e bombardamento italiani, sviluppati nella seconda fase della prima guerra mondiale


Gli Ansaldo S.V.A. erano una famiglia di biplani da ricognizione e bombardamento italiani, sviluppati nella seconda fase della prima guerra mondiale. Protagonisti di diverse imprese, come il volo su Vienna con Gabriele D'Annunzio nel 1918 o il raid Roma-Tokyo di Arturo Ferrarin e Guido Masiero nel 1919, ottennero un discreto successo nell'esportazione, venendo utilizzati da 11 paesi, tra i quali Francia e Stati Uniti, e furono costruiti in circa 2 000 esemplari.



Il progetto

Il progetto di questo biplano iniziò nel 1916 ad opera di Rodolfo Verduzio e Umberto Savoja, due dei pionieri dell'aeronautica italiana. Il nome del velivolo, S.V.A, era appunto un acronimo delle iniziali dei cognomi dei due progettisti e della ditta costruttrice: Savoia, Verduzio, Ansaldo. Partecipò al progetto anche il giovane Celestino Rosatelli, il futuro padre dei biplani Fiat C.R.32 e C.R.42. La sua iniziale non compariva nel nome del velivolo, ma esso presentava quella che diventerà la sua firma inconfondibile: i montanti a W (controventatura a trave di Warren) tra l'ala superiore e l'ala inferiore.
I progettisti, utilizzando un motore in linea SPA da 220 CV, miravano a realizzare un aereo da caccia dalle prestazioni superiori a quelle dei velivoli contemporanei. Per poter arrivare ad un simile risultato utilizzarono un approccio piuttosto moderno, impostando il progetto secondo un attento calcolo strutturale fin dall'inizio, e ciò in un'epoca in cui la progettazione aeronautica si basava ancora su un approccio empirico.
Una volta che il Ministro della Guerra ebbe approvato il progetto e vennero scelti i cantieri Ansaldo di Genova per realizzare i primi prototipi, emerse come l'epoca non fosse ancora del tutto matura per definire il comportamento di un simile velivolo "a tavolino". Con i suoi 220 km/h l'aereo era infatti nettamente più veloce rispetto ai principali caccia italiani, Hanriot HD.1 e SPAD S.VII, distaccandoli anche di 40 km/h. Era anche più veloce dei caccia austriaci, quali Albatros D.III, Aviatik D.I e Hansa-Brandenburg D.I, ma si rivelò drasticamente poco maneggevole. Per questo motivo l'aereo venne adattato al ruolo di ricognitore e bombardiere leggero.



Tecnica

Il primo prototipo volò il 19 marzo 1917, pilotato da Mario Stoppani.
Come i modelli che derivarono successivamente, era un biplano con l'ala superiore di apertura maggiore rispetto a quella inferiore (la differenza tra le due aperture non era comunque tale da poterlo definire come un sesquiplano).
Aveva struttura lignea; la sottile fusoliera, che terminava a sezione triangolare, era rivestita in compensato; le ali e le superfici di controllo erano rivestite in tela. L'ala superiore era munita di alettoni, la cui struttura era in legno e metallo, così come quella dei due equilibratori e del timone.
Il motore, uno SPA 6/A a 6 cilindri in linea, disponeva di radiatore frontale ed azionava un'elica bipala in legno. Queste le caratteristiche costruttive del primo prototipo, che sarebbero state mantenute nei modelli successivi e nei loro derivati.



Dalla caccia alla ricognizione

Al prototipo, prima denominato S.V., poi S.V.A.1, seguirono altri tre esemplari di preserie, tutti caratterizzati dall'assenza del parabrezza e da contreventatura ala superiore-fusoliera, differente da quella poi adottata nei modelli di serie.
I prototipi vennero valutati a Torino Mirafiori nella primavera del 1917, ma rivelarono una manovrabilità inferiore ai principali caccia utilizzati da Italia ed Austria-Ungheria. Poiché velocità massima e velocità di salita erano superiori alla media dell'epoca e visto che la produzione di serie era già in fase di avvio, l'aereo venne destinato ai reparti di osservazione.
Il primo reparto ad esserne equipaggiato fu la 1ª Sezione SVA di Castenedolo, ma l'accoglienza dei piloti dell'Osservazione Aerea verso il nuovo biplano non fu migliore di quella dei piloti da caccia. Infatti le prestazioni dello S.V.A. erano drasticamente superiori a quelle dei velivoli da osservazione impiegati fino ad allora e, in particolare, la velocità minima più elevata mise in difficoltà i piloti per i primi tempi.
Comunque alla fine gli S.V.A. si guadagnarono la fiducia dei loro piloti ed ebbero successo anche come caccia. Nel febbraio 1918, durante un combattimento simulato, lo S.V.A. del tenente Gino Allegri "sconfisse" lo SPAD S.XIII dell'asso dell'aviazione italiana Ferruccio Ranza.



Gli S.V.A.: da S.V.A.1 a S.V.A.10

La famiglia degli Ansaldo S.V.A. rappresentò sostanzialmente l'evoluzione di uno stesso velivolo, anche se i diversi velivoli vennero utilizzati per ruoli diversi con diversi equipaggiamenti. Ad essere impiegato come propulsore era lo SPA a 6 cilindri in linea, sostituito dall'Isotta Fraschini V.6 in alcuni degli ultimi sviluppi; comunque vennero sperimentati anche altri propulsori, come il Lorraine-Dietrich.
Complessivamente, fino alla seconda metà degli anni venti furono realizzati circa 2.000 esemplari dei diversi modelli di S.V.A., dei quali circa 1.200 realizzati durante il conflitto. Fra i produttori che contribuirono a tali numeri, un ruolo di rilievo fu assunto dalle Officine Moncenisio di Condove.



S.V.A.1

I primi 4 prototipi vennero denominati inizialmente S.V. , poi S.V.A.1; essi si distinguevano dagli esemplari successivi per l'assenza di parabrezza e per una differente contreventatura ala superiore-fusoliera e sistemazione degli scarichi.

S.V.A.2

Lo S.V.A.2 fu il primo esemplare di serie. Fin dall'inizio vennero modificati le controventature e gli scarichi. Successivamente vennero introdotti nuovi accorgimenti.
Serie intermedia: adozione del parabrezza a cinque pannelli trasparenti; mitragliatrice installata sull'ala superiore; aperture a semicerchio nell'ala superiore e tra la radice ed il bordo di uscita delle ali inferiori per migliorare la visibilità del pilota verso l'alto e verso il basso.
Ultima serie: adozione di una mitragliatrice sparante attraverso il disco dell'elica; adozione di carenature per l'attacco dei montanti ala-fusoliera.

Lo S.V.A.3 era un derivato dello S.V.A.2 destinato alla caccia. Armato con due mitragliatrici Fiat Mod. 14 tipo Aviazione sull'ala, presentava un'apertura alare ridotta di circa 1,35 m.

Lo S.V.A.4 rappresentò il modello di transizione tra lo S.V.A.2 e lo S.V.A.5. Destinato alla ricognizione, presentava una deriva maggiorata per migliorare la stabilità dell'aereo.

Lo S.V.A.5 fu la principale versione di serie prodotta durante il conflitto. Versione migliorata dello S.V.A.4 e capace di una maggiore autonomia, venne impiegata principalmente come ricognitore/bombardiere, ma anche come caccia di scorta per i trimotori Caproni (Ca.33, Ca.40, Ca.41, Ca.44 e Ca.45). L'armamento era di due mitragliatrici fisse anteriori e di due bombe da 25 kg ciascuna, montate sui fianchi della fusoliera. Il carico offensivo, modesto, era compensato dalla buona autonomia del velivolo, che consentiva profonde penetrazioni in territorio nemico.

S.V.A.6

Lo S.V.A.6 era uno sviluppo da bombardamento che presentava un più capace serbatoio a gravità nell'ala superiore.

S.V.A.8

Poco si sa dello S.V.A.8, che venne realizzato in unico esemplare.

Lo S.V.A.9 era uno S.V.A. biposto, destinato all'addestramento. L'installazione di un secondo abitacolo comportò la modifica delle controventature tra ala e fusoliera. Il primo prototipo era destinato a Gabriele D'Annunzio per il Volo su Vienna, ma rimase distrutto in un incidente.

Lo S.V.A.10 fu l'ultimo sviluppo della famiglia. Destinato alla ricognizione, era un biposto. Il pilota, nell'abitacolo anteriore, disponeva di una mitragliatrice anteriore fissa sul lato sinistro. L'osservatore, nell'abitacolo posteriore, aveva una mitragliatrice Lewis brandeggiabile. Il velivolo era equipaggiato con macchine fotografiche, nelle prime versioni installate sotto le ali e poi sostituite da macchine montate in fusoliera, verso coda. Su alcuni S.V.A.10 vennero installati anche impianti radio. Gli S.V.A.10 erano equipaggiati sia con il classico motore SPA a 6 cilindri in linea, che con il più potente Isotta Fraschini V.6.
Uno S.V.A.10 venne modificato per realizzare il biposto destinato a Gabriele d'Annunzio per il Volo su Vienna. Sugli S.V.A. 10 di serie il pilota sedeva nel posto anteriore. Per permettere a d'Annunzio di sedere davanti, si invertì la disposizione dei posti. L'inversione rese necessario lo spostamento dei comandi motore tramite leveraggi esterni, coperti dalla caratteristica carenatura metallica sul lato sinistro della fusoliera. Il serbatoio principale, sagomato in modo da contornare il seggiolino anteriore, venne definito "sedia incendiaria" dall'illustre passeggero.
Oltre la variante Tipo Vienna fu progettato anche il Tipo Berlino con un ulteriore serbatoio da 50 litri sotto il sedile del pilota.
Terminata la guerra, il velivolo venne riconosciuto come di valore storico e se ne organizzò la conservazione. Nel 1921 fu custodito presso la Cooperativa Nazionale Aeronautica, passando poi al Vittoriale degli Italiani, da cui uscì solo per eventi eccezionali ed era esposto appeso nella cupola dell'auditorium del Vittoriale. Nel 1988, in occasione del 50º anniversario della scomparsa di d'Annunzio e dei 70 anni del volo su Vienna, i volontari del Gruppo amici velivoli storici di Torino e Alessandria condussero una prima serie di attività di restauro, calando a terra l'aereo per la prima volta dal 1963, smontando e ripulendo tutti i particolari del velivolo. Furono inoltre effettuati numerosi rilievi e misurazioni. Con l'occasione venne restaurato il motore SPA 6A, conservato a parte, e l'elica dell'aereo. Solo in quella occasione venne identificata l'esatta versione dell'aeroplano conservato al Vittoriale, confermando trattarsi di un Ansaldo SVA 10 con numero di immatricolazione 12736. L'operazione si svolse con il supporto dell'Aeritalia (oggi Leonardo) che fornì i materiali occorrenti per i lavori. Le officine che produssero lo SVA sono infatti parte del nucleo industriale torinese dell'attuale azienda. Si trattò di un esempio di collaborazione tra un gruppo spontaneo come il GAVS ed una istituzione museale pubblica, nonché di dimostrare la possibilità di coinvolgere sponsor qualificati in un progetto volto alla conservazione del patrimonio storico-aeronautico.
L'anno successivo, il 1989, proseguirono le attività di restauro da parte dei volontari del GAVS che nell'occasione installarono uno pneumatico originale rigenerato e montarono i tiranti di controventatura alare sino ad allora assenti: per la loro realizzazione vennero utilizzati come modello di riferimento i tiranti originali dello SVA 9 da poco acquisito negli Stati Uniti dalla Aeritalia. Con l'installazione dei tiranti il velivolo riacquistò la corretta geometria dei piani alari. Venne inoltre smontato dal velivolo il serbatoio supplementare del liquido refrigerante: questo particolare conosciuto con il termine “nourrice” era installato sull'estradosso dell'ala superiore e funzionava per gravità; costruito in rame risultava notevolmente danneggiato ed incompleto e venne portato a Torino per essere sottoposto ad un impegnativo restauro.
Una nuova campagna di restauro fu svolta dai volontari della stessa associazione nel 2012. Era infatti terminato il restauro del serbatoio supplementare di liquido refrigerante “nourrice” e con lo scopo di completare il velivolo con il particolare, i volontari proposero al Museo del Vittoriale di eseguire le complesse operazioni necessarie per abbassare al suolo l'aereo e con l'occasione effettuare un ulteriore ciclo di interventi conservativi sul velivolo; la direzione del Museo aderì entusiasticamente alla proposta sostenendo i costi vivi dell'operazione. L'aereo venne quindi sottoposto ad un controllo generale dello stato di conservazione, una pulizia completa; e furono praticate piccole riparazioni, applicando prodotti specifici per la conservazione. È stata inoltre realizzata ed installata una replica della porzione mancante della carenatura dei comandi motore presente sul lato sinistro della fusoliera che caratterizza il velivolo differenziandolo da tutti gli altri Ansaldo SVA 10 costruiti.

I S.V.A.

L'I S.V.A. era una versione idrovolante, derivata dagli S.V.A.4 e S.V.A.5. La variante idrovolante venne sviluppata con la collaborazione di Alessandro Guidoni ed il primo prototipo venne collaudato da Mario Stoppani alla fine del 1917. I primi esemplari realizzati avevano una coppia di semplici galleggianti tubolari, poi sostituiti da più moderni galleggianti chigliati. Sui galleggianti tubolari vennero provate anche alette idroplane, simili a quelle degli aliscafi, un'intuizione dello stesso Guidoni.
Della versione idrovolante, ne venne prodotta anche una versione biposto per la Regia Marina, Denominato S.V.A. Am (Ansaldo Marino), esso aveva galleggianti di tipo chigliato. Tre I SVA arrivano entro febbraio 1918 alla 260ª Squadriglia (che al 1º giugno ha in carico quattro idro SVA che non vengono usati per scarsa affidabilità. In luglio gli SVA vengono rinviati in ditta.) ed un I SVA nell'estate successiva alla 272ª Squadriglia.

A.P.

L'A.P. (Ansaldo Postale) venne derivato come aereo postale nei primi anni venti. Esso presentava un'apertura alare maggiorata ed utilizzava un motore Isotta Fraschini V.6, già montato in alcune versioni dello S.V.A.10. Per il raffreddamento dell'unità motrice, esso abbandonava il tradizionale radiatore frontale per un radiatore tubolare Lamblin, montato tra le gambe del carrello.

Impiego

I primi 2 S.V.A. di serie andarono ad equipaggiare la 1ª Sezione SVA di Castenedolo alla fine di ottobre 1917, venendo impiegato inizialmente con compiti di ricognizione. Aumentata la confidenza dei piloti nel velivolo iniziò ad esse impiegata anche nel ruolo di caccia. Con l'arrivo dello S.V.A.5 iniziò l'impiego anche come bombardiere. Alla fine del 1917 nasce anche la 2ª Sezione SVA con 6 esemplari. Dal gennaio 1918 nasce la 3ª Sezione SVA. Il 28 febbraio 1918, un gruppo di quattro S.V.A, con ai comandi Palli, Orsini, Arrigoni e Palma di Cesnola, attaccò lo snodo ferroviario di Innsbruck. 3 aerei bombardarono (6 bombe da 25 kg) e mitragliarono l'obbiettivo, mentre il quarto velivolo, quello ai comandi di Palma di Cesnola, effettuava una ricognizione fotografica. Dal 23 aprile 1918 nasce la 4ª Sezione SVA. Dal 14 maggio 1918 nasce la 5ª Sezione SVA su 5 SVA monoposto nella quale Michele Allasia ottiene due vittorie diventando un Asso dell'aviazione. La 6ª Sezione SVA nasce nel maggio 1918 su SVA monoposti 3 bis, 4 e 5. La 8ª Sezione SVA è attiva dal marzo 1919.
La 107ª Squadriglia transita nella tarda primavera 1918 su 6 SVA 2 che producono degli incidenti di volo. La 304ª Sezione ne riceve 2 nel maggio 1918. La 303ª Squadriglia diventa operativa sugli SVA nel giugno 1918 ed 18 gennaio 1919 aveva 10 SVA. La 27ª Squadriglia ne riceve un esemplare il 5 luglio 1918.
Il reparto più noto ad impiegare gli S.V.A. durante la prima guerra mondiale, fu l'87ª Squadriglia aeroplani "La Serenissima" (nata il 2 febbraio 1918), che già prima del Volo su Vienna del 9 agosto 1918 si era distinta per diverse missioni. Tra queste il 5 maggio bombarda la centrale di Stenico e la ricognizione fotografica del lago di Costanza del 21 maggio, compiuta dai due S.V.A. del Sottotenente Francesco Ferrarin ed il Tenente Locatelli, e le missioni di scorta ai trimotori Caproni.
La 1ª Squadriglia navale S.A. li riceve dal 25 agosto 1918 ed in ottobre ne ha 18.
La 110ª Squadriglia inizia a riceve 2 SVA 5 dall'estate 1918.
La 301ª Squadriglia inizia a riceverli dall'estate 1918.
La 102ª Squadriglia riceve 3 SVA 3 dall'agosto 1918 ed il 15 settembre ne ha 9.
La 105ª Squadriglia dispone di alcuni SVA 5 al 15 settembre 1918 ed alla fine della guerra di 2 SVA 3.
La 242ª Squadriglia riceve 5 SVA nel settembre 1918.
La 302ª Squadriglia inizia a riceverne 4 nel settembre 1918 ed in dicembre ha 8 SVA 3.
La 22ª Squadriglia ne riceve alcuni esemplari.
La 89ª Squadriglia viene attivata dal 14 ottobre 1918 su 18 SVA 6. All'inizio del 1919 va a Homs (Libia).
La 90ª Squadriglia viene attivata dal 14 ottobre 1918 su SVA 5. All'inizio del 1919 va a Mellaha (oggi Aeroporto militare di Mitiga) per la riconquista della colonia. Viene sciolta nella seconda metà dell'anno.
La 56ª Squadriglia nasce il 20 ottobre 1918 con 6 SVA 4 monoposti e 5 SVA 10, oltre ad alcuni SVA 3 bis, SVA 6 e SVA 9 per una Sezione Scuola usando gli SVA fino al 1924.
La 57ª Squadriglia nasce il 20 ottobre 1918 ed il 4 novembre disponeva di 8 SVA.
La Sezione Difesa Bologna passa sugli SVA dall'ottobre 1918. La Sezione Difesa Rimini-Riccione riceve 5 SVA nell'ottobre 1918. La Sezione Difesa Jesi transita sugli SVA dall'ottobre 1918.
La 58ª Squadriglia nasce il 5 novembre 1918 su 12 SVA monoposto ed il 12 novembre arrivano 4 SVA biposto.
La 59ª Squadriglia nasce l'8 novembre 1918 su SVA 4 e 5 monoposto e SVA 10 biposto.
La 60ª Squadriglia biposti nasce l'8 novembre 1918.
La 103ª Squadriglia riceve 14 SVA 3 dall'autunno 1918.
La 118ª Squadriglia dopo la guerra riceve gli SVA e nel 1919 riceve la 6ª Sezione SVA. La 161ª Squadriglia nasce il 15 novembre 1918 con alcuni SVA 4. La Sezione Difesa Ravenna inizia a riceverli dopo la guerra ma viene sciolta il 19 novembre 1918.
Una nuova 62ª Squadriglia nasce il 5 dicembre 1918 dalla 2ª Sezione SVA ma dopo breve tempo viene sciolta. La 65ª Squadriglia nel febbraio 1919 ne ha 12. La 31ª Squadriglia nel marzo 1919 riceve la 1ª Sezione SVA. Nel maggio 1919 la 32ª Squadriglia riceve la 4ª Sezione SVA.
La Regia Aeronautica ricevette gli ultimi esemplari nel 1928, oltre 10 anni dopo l'inizio della produzione. Tra gli ultimi impieghi operativi quello in Libia in una Sezione della 23ª Squadriglia di Apollonia (Libia) ed in una sezione della 26ª Squadriglia di Barce e rimasero in servizio fino al 1930, anche se compiti di seconda linea, come servizio postale e rilevazione cartografica.
Negli anni venti ed i primi anni trenta trovò largo impiego anche come aereo scuola nelle diverse scuole di pilotaggio italiane.

Raid e trasvolate

Gli Ansaldo S.V.A. negli anni successivi alla grande guerra trovarono largo impiego in raid e trasvolate, che aumentarono la fama quasi epica del biplano già consacrata dal Volo su Vienna. Se l'azione dimostrativa verso la capitale austriaca ideata da D'Annunzio nasceva da motivazioni patriottiche e di propaganda, le successive imprese derivavano da più prosaiche esigenze pubblicitarie. Infatti le diverse ditte che erano impegnate nella produzione degli S.V.A. erano arrivate, a fine 1918 ad una produzione di 250 velivoli al mese. Terminate le ostilità, solo l'esportazione avrebbe consentito di mantenere in attività le varie fabbriche. Le principali imprese degli S.V.A. in ordine cronologico:
  • Fine 1917: volo in formazione di 15 velivoli Ponte San Pietro-Roma;
  • Fine 1917: volo in formazione di 7 velivoli Roma-Istanbul;
  • 9 agosto 1918: Volo su Vienna
  • metà 1919: volo Italia-Barcellona- Madrid; piloti Mario Stoppani e Grassa;
  • metà 1919: serie di trasvolate in Sud America, piloti Antonio Locatelli e Silvio Scaroni; La più significativa quella del 5 agosto 1919, Santiago del Cile-Palomar, durante la quale, per superare la cordigliera delle Ande, fu raggiunta la quota di 6.800 m dal pilota Attilio Canzini.
  • 14 febbraio-31 maggio 1920: Raid Roma-Tokyo. La trasvolata a tappe era stata pensata come una antesignana delle Crociere di Massa di Italo Balbo con 4 trimotori Caproni e 7 S.V.A.9. Nonostante solo gli equipaggi di Ferrarin e Masiero arrivassero a destinazione, il volo fu comunque un successo: ad accoglierli all'atterraggio a Tōkyō, i piloti italiani trovarono una folla di 200.000 giapponesi.

Oltre che nelle lunghe trasvolate, gli S.V.A. raccolsero successi anche nelle corse aeree più "tradizionali". Nel 1921 il cap. Raffaele Martinetti-Bianchi vinse la Coppa Michelin con un volo di 35 ore e 45 minuti ad una velocità commerciale di 84,4 km/h; un A.P., con Arturo Ferrarin ai comandi, vinse, nel 1922 la Gran Coppa d'Italia.

Utilizzatori

Oltre all'Italia, la cui Regia Aeronautica ricevette gli ultimi esemplari di S.V.A. nel 1928, gli Ansaldo S.V.A. ebbero altri 12 operatori: Argentina, Brasile, Francia, Lettonia, Lituania, Paesi Bassi, Perù, Polonia, URSS, Uruguay, Spagna e Stati Uniti d'America.

Sviluppi

Dalla famiglia degli S.V.A. furono derivati due velivoli, l'A.1 Balilla destinato alla caccia, e l'A.300 da ricognizione e bombardamento. Uno era una versione rimpicciolita e l'altro ingrandita, ed entrambi si differenziavano dal comune progenitore per adottare dei più convenzionali montanti interalari verticali paralleli, al posto di quelli a W.
A.1 Balilla: volò per la prima volta nel novembre 1917. Nonostante la fusoliera delle ali accorciate rispetto allo S.V.A. i vantaggi in termini di maneggevolezza non furono particolarmente significativi, tanto che come caccia gli venne preferito lo SPAD S.VII. Venne impiegato anche come aereo da competizione.
A.300: volò per la prima volta all'inizio del 1919. La fusoliera era stata allungata di circa 0,50 m, mentre l'apertura alare superava quella degli S.V.A. di 2 metri.

Velivoli attualmente esistenti:
  • Lo S.V.A.10 12736 che ospitò Gabriele D'Annunzio per il volo su Vienna è conservato al Vittoriale.
  • Lo S.V.A.5 11777 di Gino Allegri, che partecipò al Volo su Vienna, è conservato al Museo Gianni Caproni di Trento.
  • Lo S.V.A.5 11721 del maggiore Giordano Bruno Granzarolo, che partecipò al Volo su Vienna, è conservato al Museo storico dell'Aeronautica Militare di Vigna di Valle.
  • Lo S.V.A.5 24525 è parte della collezione del Museo dell'aria e dello spazio situato in località San Pelagio, nel comune padovano di Due Carrare.
  • Lo S.V.A.9 (n.c. 89) di proprietà Alenia Aermacchi, perfettamente restaurato, è conservato a Torino presso l'azienda e viene esposto in occasione di mostre e avvenimenti culturali particolari in collaborazione con la sezione di Torino del Gruppo Amici Velivoli Storici (GAVS), che ne cura il montaggio e la manutenzione.
  • Una replica di S.V.A.5 con motore, elica e radiatori originali, di proprietà della Fondazione Ansaldo, è esposta in una teca di cristallo all'esterno dell'aeroporto "Cristoforo Colombo" di Genova. Fu realizzata alla fine degli anni ottanta dalla ditta di Felice Gonalba.
  • Una replica di S.V.A.5 si trova a Lima, in Perù, presso il museo della forza aerea peruviana.
  • Una replica di S.V.A.9 (che incorpora anche pezzi originali, come ad esempio l'elica, regalata dal Museo Caproni) è conservata presso l'Airpark della JASDF di Hamamatsu. Fu realizzata dalla ditta di Felice Gonalba in occasione del 50º anniversario del raid Roma-Tokyo (1970).



ENGLISH

The Ansaldo S.V.A. were a family of Italian reconnaissance and bombing biplanes, developed in the second phase of the First World War. Protagonists of various enterprises, such as the flight over Vienna with Gabriele D'Annunzio in 1918 or the Rome-Tokyo raid by Arturo Ferrarin and Guido Masiero in 1919, they were quite successful in exporting, being used by 11 countries, including France and the United States, and were built in about 2,000 units.



The project

The design of this biplane began in 1916 by Rodolfo Verduzio and Umberto Savoja, two of the pioneers of Italian aeronautics. The name of the aircraft, S.V.A., was an acronym for the initials of the surnames of the two designers and the manufacturer: Savoia, Verduzio, Ansaldo. The young Celestino Rosatelli, the future father of the Fiat C.R.32 and C.R.42 biplanes, also took part in the project. His initial did not appear in the name of the aircraft, but it had what would become his unmistakable signature: the W-pillars (Warren's beam bracing) between the upper and lower wings.
The designers, using a 220 hp SPA in-line engine, aimed to create a fighter aircraft with superior performance compared to contemporary aircraft. In order to achieve such a result, they used a rather modern approach, setting the design according to a careful structural calculation from the beginning, and this at a time when aeronautical design was still based on an empirical approach.
Once the Minister of War had approved the project and the Ansaldo shipyards in Genoa were chosen to build the first prototypes, it emerged that the time was not yet fully ripe to define the behaviour of such an aircraft. With its 220 km/h, the aircraft was in fact much faster than the main Italian fighters, Hanriot HD.1 and SPAD S.VII, even 40 km/h. It was also faster than the Austrian fighters, such as Albatros D.III, Aviatik D.I and Hansa-Brandenburg D.I, but proved to be drastically unwieldy. For this reason the aircraft was adapted to the role of scout and light bomber.

Technique

The first prototype flew on 19 March 1917, piloted by Mario Stoppani.
Like the models that were later derived, it was a biplane with the upper wing opening larger than the lower one (the difference between the two openings was not such that it could be defined as a sesquiplane).
It had a wooden structure; the thin fuselage, which ended in a triangular section, was covered in plywood; the wings and control surfaces were covered in canvas. The upper wing was equipped with ailerons, whose structure was made of wood and metal, as was that of the two balancers and the rudder.
The engine, a 6/A in-line 6-cylinder SPA, had a frontal radiator and powered a two-bladed wooden propeller. These were the construction features of the first prototype, which would be maintained in later models and their derivatives.

From hunting to reconnaissance

The prototype, first called S.V., then S.V.A.1, was followed by three other pre-series models, all characterised by the absence of a windscreen and by upper wing-fuselage bracing, different from that later adopted in the production models.
The prototypes were evaluated in Turin Mirafiori in the spring of 1917, but revealed a lower manoeuvrability than the main fighters used by Italy and Austria-Hungary. Since the top speed and climb speed were higher than the average of the time and since mass production was already in the start-up phase, the aircraft was destined for the observation departments.
The first department to be equipped was the 1st SVA Section in Castenedolo, but the welcome of the Air Observation pilots to the new biplane was no better than that of fighter pilots. In fact, the performance of the S.V.A. was drastically superior to that of the observation aircraft used until then and, in particular, the higher minimum speed put pilots in difficulty for the first time.
However, in the end, the S.V.A. gained the trust of their pilots and were also successful as fighters. In February 1918, during a simulated fight, the S.V.A. of Lieutenant Gino Allegri "defeated" the SPAD S.XIII of the Italian Air Force ace Ferruccio Ranza.

V.A.S.: S.V.A.1 to S.V.A.10
The Ansaldo S.V.A. family substantially represented the evolution of the same aircraft, even though the different aircraft were used for different roles with different equipment. The in-line 6-cylinder SPA, substituted by the Isotta Fraschini V.6 in some of the latest developments, was used as a propeller; however, other propulsion systems were also tested, such as the Lorraine-Dietrich.
Altogether, until the second half of the 1920s, about 2,000 examples of the various S.V.A. models were produced, of which about 1,200 were built during the conflict. The Officine Moncenisio di Condove played an important role among the producers who contributed to these numbers.
S.V.A.1
The first 4 prototypes were initially named S.V.A.1. Then S.V.A.1; they were distinguished from the following models by the absence of windscreen and by a different upper wing-fuselage bracing and exhaust system.
S.V.A.2
The S.V.A.2 was the first production model. From the beginning, the bracing and exhausts were modified. Subsequently new devices were introduced.
Intermediate series: adoption of the five-panel transparent windscreen; machine gun installed on the upper wing; semi-circle openings in the upper wing and between the root and the trailing edge of the lower wings to improve the pilot's visibility upwards and downwards.
Last series: adoption of a machine gun firing through the propeller disc; adoption of fairings for wing-fuselage uprights attack.
The S.V.A.3 was a derivative of the S.V.A.2 intended for hunting. Armed with two Fiat Mod. 14 type Air Force machine guns on the wing, it had a reduced wingspan of about 1.35 m.
The S.V.A.4 was the transition model between the S.V.A.2 and the S.V.A.5. Intended for reconnaissance, it had an increased drift to improve the stability of the aircraft.
The S.V.A.5 was the main production version produced during the conflict. An improved version of the S.V.A.4 and capable of greater autonomy, it was mainly used as a reconnaissance/bomber, but also as an escort fighter for the Caproni trimmers (Ca.33, Ca.40, Ca.41, Ca.44 and Ca.45). The armament was two front fixed machine guns and two bombs of 25 kg each, mounted on the sides of the fuselage. The offensive load, modest, was compensated by the good autonomy of the aircraft, which allowed deep penetration into enemy territory.
S.V.A.6
The S.V.A.6 was a bombardment development with a more capable gravity tank in the upper wing.
S.V.A.8
Little is known about the S.V.A.8, which was built in a single specimen.
The S.V.A.9 was a two-seater S.V.A. for training. The installation of a second cockpit led to the modification of the bracing between the wing and the fuselage. The first prototype was intended for Gabriele D'Annunzio for the Flight over Vienna, but was destroyed in an accident.

The S.V.A.10 was the last development of the family. Intended for reconnaissance, it was a two-seater. The pilot, in the front cockpit, had a fixed front machine gun on the left side. The observer, in the rear cockpit, had a swivelling Lewis machine gun. The aircraft was equipped with cameras, in the first versions installed under the wings and then replaced by fuselage mounted machines, towards the tail. Radio systems were also installed on some S.V.A.10s. The S.V.A.10s were equipped with both the classic in-line 6-cylinder SPA engine and the more powerful Isotta Fraschini V.6.
An S.V.A.10 was modified to create the two-seater for Gabriele d'Annunzio for the Flight over Vienna. On the standard S.V.A. 10 the pilot sat in the front seat. To allow d'Annunzio to sit in the front seat, the seating arrangement was reversed. The inversion made it necessary to move the engine controls via external linkages, covered by the characteristic metal fairing on the left side of the fuselage. The main tank, shaped to contour the front seat, was called "incendiary chair" by the illustrious passenger.
In addition to the Tipo Vienna variant, the Tipo Berlino was also designed with an additional 50-litre tank under the rider's seat.
After the war, the aircraft was recognised as of historical value and its conservation was organised. In 1921 it was kept at the Cooperativa Nazionale Aeronautica, then passed to the Vittoriale degli Italiani, from which it came out only for exceptional events and was displayed hanging in the dome of the Vittoriale auditorium. In 1988, on the occasion of the 50th anniversary of D'Annunzio's death and the 70th anniversary of the flight over Vienna, the volunteers of the Friends of Historical Aircraft Group of Turin and Alexandria conducted an initial series of restoration activities, lowering the aircraft to the ground for the first time since 1963, dismantling and cleaning all the details of the aircraft. Numerous surveys and measurements were also carried out. On this occasion, the SPA 6A engine, preserved separately, and the propeller of the aircraft were restored. Only in that occasion was identified the exact version of the aircraft preserved at the Vittoriale, confirming that it was an Ansaldo SVA 10 with registration number 12736. The operation was carried out with the support of Aeritalia (today Leonardo), which supplied the materials needed for the work. The workshops that produced the SVA are in fact part of the Turin industrial core of the current company. This was an example of collaboration between a spontaneous group such as GAVS and a public museum institution, as well as demonstrating the possibility of involving qualified sponsors in a project aimed at the conservation of the historical-aeronautical heritage.
The following year, 1989, the GAVS volunteers continued their restoration activities and installed an original retreaded tyre and wing bracing tie rods, which had been absent until then: the original SVA 9 tie rods, recently acquired by Aeritalia in the United States, were used as a reference model. With the installation of the tie rods, the aircraft regained the correct geometry of the wing planes. The additional coolant tank was also removed from the aircraft: this detail, known as the "nourisher", was installed on the upper wing extrados and operated by gravity; built in copper, it was considerably damaged and incomplete and was brought to Turin for a demanding restoration.
A new restoration campaign was carried out by volunteers of the same association in 2012. In fact, the restoration of the additional tank of "nourishing" coolant had been completed and with the aim of completing the aircraft with the detail, the volunteers proposed to the Vittoriale Museum to carry out the complex operations necessary to lower the aircraft to the ground and with the opportunity to carry out a further cycle of conservation work on the aircraft; the Museum management enthusiastically adhered to the proposal, bearing the live costs of the operation. The aircraft was then subjected to a general check of its state of conservation, a complete cleaning; and small repairs were carried out, applying specific products for conservation. In addition, a replica of the missing portion of the engine control fairing on the left side of the fuselage that characterises the aircraft was made and installed, differentiating it from all other Ansaldo SVA 10 aircraft built.

(Web, Google, Wikipedia, You Tube)









































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