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“””Da mesi e mesi non faccio che pensare ai miei marinai che sono onorevolmente in fondo al mare. Penso che il mio posto è con loro”””. Carlo Fecia di Cossato
Carlo Fecia di Cossato (25 settembre 1908 – 27 agosto 1944) è stato un ufficiale della Regia Marina (Regia Marina Italiana), al comando di sottomarini e torpediniere durante la seconda guerra mondiale. A lui si attribuisce l'affondamento accertato di 23 navi nemiche (16 navi alleate prima dell'armistizio di Cassibile, con il sottomarino Enrico Tazzoli, e 7 navi tedesche dopo l'armistizio, con la torpediniera Aliseo). Fu anche destinatario della Croce di Cavaliere della Croce di Ferro e della Medaglia d'Oro al Valor Militare, la più alta decorazione delle Forze Armate italiane.
Fecia di Cossato nasce a Roma, Italia, il 25 settembre 1908. Si diploma all'Accademia Navale di Livorno nel 1928 e assume le funzioni di ufficiale presso il Distaccamento Navale Italiano in Cina. All'inizio degli anni '30 fu ufficiale su due sottomarini e il suo servizio includeva la partecipazione alla guerra civile spagnola.
All'inizio della seconda guerra mondiale, Fecia di Cossato era il comandante del sommergibile Ciro Menotti con base a Messina; dopo alcuni mesi fu trasferito a Bordeaux e gli fu affidato il comando del sommergibile Tazzoli. Questo sottomarino ha operato nell'Oceano Atlantico, affondando 18 navi per un tonnellaggio totale di 96.553 tonnellate; 16 di queste navi, per una stazza complessiva di 86.545 tsl, furono affondate sotto il comando di Fecia di Cossato. Nel febbraio 1943, al termine della missione nei pressi del Brasile fu trasferito in Italia, dove gli fu affidato il comando di uno squadrone di torpediniere.
Dopo l'armistizio degli Alleati con l'Italia, combatté con coraggio contro le navi tedesche nei pressi di Bastia, affondando sette navi nemiche. Fecia di Cossato, contrariato dagli eventi della fine del 1943 e dell'inizio del 1944, si suicidò a Napoli il 27 agosto 1944.
Primi anni di vita e carriera
Fecia di Cossato nasce a Roma nel 1908 da una famiglia della nobiltà piemontese. In gioventù frequentò il Regio Collegio Militare di Moncalieri e poi l' Accademia Navale Italiana di Livorno, dove si diplomò nel 1928 come Guardiamarina. Subito dopo la laurea, fu assegnato al sottomarino Bausan.
Nel 1929, dopo la promozione a Sottotenente, Fecia di Cossato fu assegnato al distaccamento navale italiano a Pechino e inviato in Cina sull'incrociatore da ricognizione Libia. Ritornato in Italia nel 1933, fu promosso tenente e assegnato all'incrociatore leggero Bari, di stanza a Massaua durante la seconda guerra italo-etiope. Ha poi partecipato a due missioni speciali sui sottomarini durante la guerra civile spagnola. Nel 1939 Fecia di Cossato frequentò la Scuola Sottomarina della Marina Militare Italiana a Pola, dopo di che fu promosso tenente comandante e gli fu affidato il comando di un sottomarino.
Allo scoppio della seconda guerra mondiale
Quando l'Italia entrò nella seconda guerra mondiale, Fecia di Cossato era l' ufficiale in comando del sommergibile Ciro Menotti, con base a Messina come parte del 33° Squadrone Sommergibili. In questo ruolo ha partecipato a diverse missioni nel Mar Mediterraneo. Nell'autunno del 1940 fu trasferito alla base sottomarina BETASOM, nella Francia occupata, dove iniziò la sua partecipazione alla Battaglia dell'Atlantico come ufficiale esecutivo del sottomarino Enrico Tazzoli, il cui comandante era il tenente comandante Vittore Raccanelli.
Al comando dell'Enrico Tazzoli
Il 5 aprile 1941 Fecia di Cossato ricevette il comando di Tazzoli, con il tenente Gianfranco Gazzana-Priaroggia come ufficiale esecutivo. Fecia di Cossato e Gazzana Priaroggia (a cui in seguito fu affidato il comando dei sottomarini Archimede e Leonardo da Vinci) sarebbero diventati i sommergibilisti italiani di maggior successo nella seconda guerra mondiale.
Affondamenti precoci
Il 7 aprile 1941 Tazzoli lasciò Bordeaux per la sua prima missione sotto Fecia di Cossato. Dopo aver raggiunto un'area di pattugliamento al largo delle coste dell'Africa occidentale, il 12 aprile il sottomarino attaccò due incrociatori britannici con siluri, senza esito. Il 15 aprile Tazzoli affondò il piroscafo britannico Aurillac (4.733 tsl) con siluri e colpi di arma da fuoco. Il 7 maggio il Tazzoli affondò il piroscafo norvegese Fernlane (4.310 tsl) e due giorni dopo la petroliera norvegese Alfred Olsen (8.817 tsl). Quest'ultima richiese due giorni di inseguimento, tutti i restanti siluri e un centinaio di colpi di artiglieria, costringendo Tazzoli a tornare alla base dopo averlo affondato. Sulla via del ritorno, il Tazzoli fu attaccato da un aereo nemico, ma la reazione delle sue mitragliatrici danneggiò l'aereo e lo costrinse a volare via.
Il 25 maggio Tazzoli raggiunse Bordeaux, dove Fecia di Cossato ricevette la Medaglia d'Argento al Valor Militare. Il 15 luglio 1941 Fecia di Cossato salpò per una nuova missione durante la quale, il 12 agosto, distrusse il relitto a terra del piroscafo britannico Sangara (5.449 tsl, già danneggiato da un precedente attacco del sottomarino tedesco U-69) e il 19 agosto affondò la petroliera norvegese Sildra (7.313 tsl) a una cinquantina di miglia al largo di Freetown. Tornò alla base l'11 settembre e ricevette una medaglia di bronzo al valor militare e una croce di ferro di seconda classe.
Salvataggio dei sopravvissuti di Atlantide e Python
Nel dicembre del 1941 Tazzoli lasciò Bordeaux per prendere parte al salvataggio di 400 sopravvissuti dall'incursore commerciale tedesco Atlantis e dalla nave da rifornimento tedesca Python, che era stata affondata al largo delle isole di Capo Verde. Gli U-Boot tedeschi avevano salvato dal mare i sopravvissuti, ma non disponevano di spazio sufficiente per ospitarli adeguatamente, quindi il comando tedesco richiese l'intervento dei più grandi sommergibili italiani. Il Tazzoli e altri tre sottomarini Betasom (Torelli , Calvi e Finzi) salparono così da Bordeaux dopo aver sbarcato personale non essenziale e aver caricato ingenti scorte di cibo e acqua. All'appuntamento con gli U-Boot tedeschi, il Tazzoli imbarcò circa 70 sopravvissuti, tra cui l'ufficiale esecutivo di Atlantide Ulrich Mohr.
La vigilia di Natale il Tazzoli, navigando in superficie, venne attaccato da un aereo nemico e costretto a precipitare in picchiata. Il giorno successivo, il sottomarino raggiunse Saint-Nazaire, dove furono sbarcati i sopravvissuti. Per la sua parte nel salvataggio dei superstiti dalle due navi tedesche, il Grand'ammiraglio Karl Dönitz assegnò a Fecia di Cossato la Croce di Ferro di Prima Classe.
Nelle acque statunitensi
L'11 febbraio 1942, dopo l' entrata in guerra degli Stati Uniti , il Tazzoli al comando di Fecia di Cossato partì per una nuova missione, al largo delle coste americane. Il 6 marzo il sottomarino affondò il piroscafo olandese Astrea (1.406 tsl) e il giorno successivo la motonave norvegese Torsbergfjord (3.156 tsl). Il 9 marzo Tazzoli affondò il piroscafo uruguaiano Montevideo (5.785 tsl), l'11 marzo il piroscafo battente bandiera panamense Cygnet (3.628 tsl), il 13 marzo il piroscafo britannico Daytonian (6.434 tsl) e due giorni dopo la petroliera britannica Athelqueen (8.780 tsl). Nella lotta contro questi ultimi, il Tazzoli subì alcuni danni, in seguito ai quali Fecia di Cossato decise di rientrare alla base, dove giunse il 31 marzo. A seguito di questa missione Fecia di Cossato ricevette un'altra Medaglia d'Argento al Valor Militare dalle autorità italiane e una Croce di Ferro di II Classe con Spada dalle autorità tedesche.
Il 18 giugno 1942 Fecia di Cossato salpò con Tazzoli per una nuova missione nei Caraibi. Il 2 agosto attaccò e affondò il mercantile greco Castor (1.830 tsl), e quattro giorni dopo affondò la petroliera norvegese Havsten (6.161 tsl), permettendo al suo equipaggio di abbandonare la nave ed essere salvato da una vicina nave argentina, prima di affondarla. Il 5 settembre il Tazzoli rientra alla base; per questa missione Fecia di Cossato ricevette una Medaglia di Bronzo al Valor Militare.
Il 14 novembre 1942 Fecia Di Cossato salpò per la sua ultima missione sul Tazzoli. Il 12 dicembre il sottomarino affondò il piroscafo britannico Empire Hawk (5.032 tsl) e il mercantile olandese Ombilin (5.658 tsl); il 21 dicembre il piroscafo britannico Queen City (4.814 tsl) divenne la prossima vittima del Tazzoli, seguito a Natale dalla motonave americana Dona Aurora (5.011 tsl). Durante il viaggio di ritorno, il sottomarino fu attaccato da un quadrimotore britannico, che fu abbattuto dai mitraglieri del Tazzoli. Il 2 febbraio 1943 il Tazzoli terminò la sua pattuglia a Bordeaux. Il 19 marzo 1943 Fecia di Cossato fu insignito della Croce di Cavaliere della Croce di Ferro dalle autorità tedesche, per i suoi successi nell'Atlantico.
Al comando di nave Aliseo
Nel febbraio 1943 Fecia di Cossato lasciò il comando di Tazzoli, fu promosso Comandante e fu poi affidato al comando della nuovissima torpediniera Aliseo classe Ciclone e del 3° Squadrone Torpediniere. Assunse il comando di nave Aliseo il 17 aprile 1943. Nel maggio 1943 Fecia di Cossato apprese che il Tazzoli, essendo stato convertito in sottomarino da trasporto, era scomparso con tutto l’equipaggio dopo aver navigato verso l' estremo oriente; la perdita del suo vecchio equipaggio lo segnò profondamente.
Il 22 luglio 1943 l’Aliseo lasciò Pozzuoli insieme alla torpediniera tedesca TA11 e due cacciasommergibili, scortando i piroscafi Adernò e Colleville verso Civitavecchia. La mattina del 23 luglio, il convoglio fu attaccato da aerei alleati; uno degli aerei attaccanti è stato abbattuto, mentre uno degli aerei di scorta dell'Asse è stato danneggiato e costretto ad abbandonare. L’Aliseo venne mitragliata subendo lievi danni al suo ponte e al timone. Fecia di Cossato ordinò al convoglio di proseguire, poi nave Aliseo prese al seguito l'aereo abbandonato e lo rimorchiò verso la costa, mentre si riparava il danno al timone; Aliseo si unì al convoglio alle 17:30. Intorno alle 19:30, il convoglio fu attaccato dal sottomarino HMS Torbay, che silurò l’Adernò, affondandola. Aliseo inviò un motoscafo per raccogliere i sopravvissuti, dando la caccia al sottomarino attaccante per diverse ore, ma senza risultato.
A seguito di altre missioni di scorta nel Mar Tirreno, Fecia di Cossato ricevette un'altra Medaglia di Bronzo al Valor Militare dalle autorità italiane e una Croce al Merito di Guerra dalle autorità tedesche.
L'armistizio e la battaglia di Bastia
Quando fu annunciato l' armistizio tra l'Italia e le forze alleate, la sera dell'8 settembre 1943, nave Aliseo era ormeggiata nel porto di Bastia, nella Corsica occupata dagli italiani. Il porto era gremito di numerose navi, sia italiane che tedesche; oltre all’Aliseo, queste includevano la sua gemella Ardito, le navi mercantili italiane Sassari e Humanitas, e una piccola flottiglia tedesca che includeva i cacciasommergibili UJ 2203 (ex nave da ricognizione francese Austral) e UJ 2219 (ex yacht belga Insuma) e cinque Marinefährprahme (F 366, F 387, F 459, F 612 e F 623).
I comandanti locali italiano e tedesco raggiunsero presto un "gentlemen's agreement" secondo il quale alle forze tedesche sarebbe stato permesso di ritirarsi in sicurezza nell'Italia continentale. Nel frattempo, però, le forze tedesche si preparavano segretamente a sferrare un attacco a sorpresa contro le navi italiane ormeggiate all'interno del porto, con l'intenzione di catturarle. L'attacco iniziò alle 23:45 dell'8 settembre, quando due gruppi di soldati tedeschi, dopo aver sentito un fischio (il segnale di attacco), presero d'assalto Ardito; la torpediniera fu gravemente danneggiata (70 dei suoi 180 membri dell'equipaggio furono uccisi) e catturata, e anche le navi mercantili Sassari e Humanitas caddero in mano tedesca.
Aliseo aveva appena lasciato il porto quando iniziò l'attacco tedesco.
Poco dopo l'alba del 9 settembre, un gruppo da combattimento del Decimo Gruppo Bersaglieri (10° Raggruppamento Celere Bersaglieri) effettuò un contrattacco che portò alla riconquista del porto, oltre che di nave Ardito, Sassari e Humanitas; alla flottiglia tedesca fu ordinato di lasciare il porto, ma le navi furono immediatamente attaccate dalle batterie costiere italiane, che danneggiarono l' UJ 2203 e alcuni MFP.
Nave Aliseo, al comando di Fecia di Cossato, ricevette poi l'ordine dal comandante di porto di attaccare e distruggere le unità tedesche. Poco dopo le 7:00 la flottiglia, procedendo su una colonna guidata da UJ 2203, aprì il fuoco su nave Aliseo, che rispose al fuoco alle 7:06, da una distanza di 8.300 metri (9.100 yd); alle 7:30 Aliseo venne colpita da un proiettile da 88 mm in sala macchine e lasciata temporaneamente ferma in mare, ma il danno fu rapidamente riparato e la torpediniera ingaggiò i suoi avversari in successione, distruggendoli uno dopo l'altro. Alle 8:20 UJ 2203, dopo aver subito diversi colpi, esplose; dieci minuti dopo UJ 2219 venne distrutta quando le sue munizioni esplosero. Tra le 8:30 e le 8:35 nave Aliseo affondò anche F 366, F 459 e F 623; la corvetta Cormorano intervenne nella fase finale della battaglia e, insieme all’Aliseo, costrinse F 387 e F 612 ad incagliarsi, dopodiché furono abbandonate e distrutte.
Aliseo raccolse 25 sopravvissuti tedeschi, poi si diresse verso Portoferraio, come ordinato, insieme al danneggiato Ardito. L'Isola d'Elba era diventata il punto di raccolta di torpediniere, corvette e navi minori italiane in fuga dai porti della costa tirrenica settentrionale; Aliseo e Ardito raggiunsero Portoferraio alle 17:58 del 9 settembre. La mattina dell'11 settembre Aliseo lasciò Portoferraio insieme ad altre sei torpediniere (tra cui le gemelle Animoso, Ardimentoso, Indomito e Fortunale) e alcune corvette e navi più piccole, dirette alla Palermo controllata dagli Alleati, dove il gruppo arrivò alle 10:00 del 12 settembre.
Le navi rimasero nelle strade fino al 18 settembre, quando entrarono in porto per ricevere acqua e viveri; il 20 settembre partirono da Palermo e raggiunsero Malta, dove nave Aliseo consegnò parte dei viveri che era stata consegnata alle navi da guerra italiane che vi erano arrivate nei giorni precedenti. Il 5 ottobre 1943 Aliseo lasciò Malta e tornò in Italia.
Sia per i suoi successi nella battaglia dell'Atlantico che per la sua azione vittoriosa al largo di Bastia, Fecia di Cossato fu insignito della Medaglia d'Oro al Valor Militare.
Cobelligeranza, insubordinazione e morte
Di stanza a Taranto, l’Aliseo svolse numerose missioni di scorta durante la cobelligeranza tra l'Italia e gli Alleati, sempre sotto il comando di Fecia di Cossato. Nel giugno 1944 il nuovo governo presieduto da Ivanoe Bonomi rifiutò di giurare fedeltà al re; il 22 giugno Fecia di Cossato, devoto monarchico, rifiutò a sua volta di giurare fedeltà al nuovo governo, che considerava illegittimo. Nello stesso giorno fu sollevato dal comando Fecia di Cossato, accusato di insubordinazione e imprigionato. La sua enorme popolarità, tuttavia, portò a un'immediata agitazione tra gli equipaggi della sua e di altre navi, che si rifiutarono di prendere il mare e chiesero che fosse liberato e reintegrato nel suo ruolo. Poco dopo Fecia di Cossato fu scarcerato, ma gli fu concesso un congedo obbligatorio di tre mesi.
Con l'armistizio e gli eventi successivi, Fecia di Cossato aveva visto gli ideali che lo avevano guidato per tutta la vita: la Patria, la monarchia, la Regia Marina – si sgretolavano intorno a lui. Percepì gli eventi dell'8 settembre 1943 come una "vergognosa resa" per la Regia Marina italiana, che, secondo lui, non aveva prodotto effetti positivi per l'Italia; il paese era ormai diviso e occupato da eserciti stranieri contrapposti, e l'armistizio e il cambio di schieramento sarebbero diventati a lungo macchia sull'onore e sulla reputazione dell'Italia ("Siamo stati indegnamente traditi e abbiamo scoperto di aver commesso un atto ignominioso senza qualsiasi risultato"). Fecia di Cossato sentì che il suo onore personale era macchiato dalla resa; inoltre era preoccupato per le voci secondo cui, nonostante la loro partecipazione alla cobelligeranza contro i tedeschi, le navi superstiti della Marina Militare italiana sarebbero state comunque consegnate agli Alleati al termine della guerra.Tazzoli; sulla lettera che scrisse prima di suicidarsi, aveva anche scritto: "Per mesi, tutto ciò che ho fatto è pensare al mio equipaggio, che riposa con onore in fondo al mare. Penso che il mio posto sia con loro". Poiché la sua famiglia viveva nell'Italia settentrionale occupata dai tedeschi, fuori dalla sua portata, doveva vivere a casa di un amico a Napoli. Il 21 agosto 1944, mentre il congedo obbligatorio volgeva al termine, Fecia di Cossato scrisse un'ultima lettera alla madre, nella quale spiegava le ragioni del suo gesto estremo; il 27 agosto 1944 si suicidò sparandosi in casa dell'amico a Napoli.
È sepolto a Bologna.
DAL SITO “THEVISION”
“”””…..Esiste un filmato a bordo del Tazzoli, girato da un marinaio del suo equipaggio durante l’ultima missione. Mostra lui, alto, esile, alla guida di quello che è poco più di un pezzo di ferro in mezzo alle onde, osannato dai suoi uomini, tutti spariti in fondo al mare appena lui li ha abbandonati. Ma Carlo ha giurato fedeltà al Re, alla Marina e all’Italia; fin da bambino i suoi genitori gli hanno insegnato che prima di ogni cosa viene il dovere, così si fa forza. Passa l’estate a bordo dell’Aliseo, tormentato dai ricordi e dai sensi di colpa, seguendo via radio le evoluzioni della guerra, lo sbarco degli americani in Sicilia il 10 luglio, la deposizione di Mussolini il 25 e la nomina da parte del Re di Badoglio come capo del governo. Il pomeriggio dell’8 settembre l’Aliseo salpa insieme a una torpediniera gemella, l’Ardito, per scortare un convoglio in Sardegna, facendo scalo nel porto di Bastia in Corsica. Alle 19.45, dalla radio, Badoglio dichiara l’armistizio, ma a bordo dell’Aliseo e dell’Ardito lo scoprono appena ormeggiano nel porto, che pullula di navi militari naziste. A terra, ufficiali tedeschi e italiani hanno concordato un “accordo fra gentiluomini” che consente ai tedeschi di ritirarsi in pace, ma è un trucco per prendere tempo; i tedeschi stanno già organizzando una rappresaglia con truppe in arrivo dall’isola d’Elba. Alle 23.30, dal porto telefonano a bordo dell’Aliseo e dell’Ardito intimandogli di andarsene il prima possibile senza prendere il largo, perché al porto tira brutta aria e i loro cannoni potrebbero far comodo. Cossato leva l’ancora e salpa in silenzio. Purtroppo, l’Ardito non ne ha il tempo. I tedeschi, mentre gli ufficiali trattavano l’accordo, si erano già preparati delle squadre di incursione per catturare le navi e scatenare una rappresaglia. Alle 23.30 nel porto risuona un fischio stridulo e prolungato. Le sentinelle italiane vengono uccise a pugnalate, poi i tedeschi prendono con le armi il piroscafo francese Humanitas e il Sassari, mentre con le bombe a mano fanno esplodere i fusti di carburante che scatenano un incendio. Quando assaltano l’Ardito, però, i marinai li respingono a fucilate. A quel suono, le navi tedesche puntano le mitragliatrici sull’Ardito e aprono il fuoco falcidiando i loro incursori e i nostri marinai. Le batterie costiere italiane, mitragliatrici pesanti, vengono prese dai tedeschi che le puntano verso l’Ardito e aprono il fuoco a loro volta. A terra, la Marina italiana avverte l’Esercito. Rispondono i Bersaglieri del 10° raggruppamento celere che appena arrivati aprono il fuoco; i tedeschi arretrano e si ritirano, restano solo quelli alle mitragliatrici. A bordo delle navi, gli ufficiali tedeschi ordinano di allontanarsi e aprire il fuoco coi cannoni. A terra, intanto, arriva il 175° Alpini, che dopo un breve conflitto a fuoco riprendono possesso delle mitragliatrici. È tardi; ormai le navi tedesche sono fuori portata, mentre i loro cannoni da 88mm tempestano di colpi l’Ardito e devastando il porto. L’Italia non ha armi capaci di competere; l’unica speranza sono i cannoni dell’Aliseo e la corvetta Cormorano, che però è distante. Alle 7.00, Fecia di Cossato decide di affrontare sette navi da guerra da solo. È uno scontro suicida. Le navi tedesche hanno il vantaggio del peso, del numero e delle armi; ognuna monta 2 cannoni da 88mm, 5 da 75mm e 9 mitragliatrici da 37mm. Appena lo vedono arrivare, alle 7.30 aprono il fuoco, centrandolo con un 88 e squarciandogli la fiancata. A 20 miglia, la Cormorano aumenta l’andatura e arma i cannoni. A bordo dell’Aliseo, mentre le squadre di sicurezza riparano i danni, Fecia di Cossato ha un’idea. Forse è solo l’intuizione di un genio, o forse ricorda la battaglia di Lepanto nel 1571: è possibile sfruttare il numero del nemico a proprio vantaggio, se sei abbastanza pazzo. All’improvviso, invece di allontanarsi dalle navi tedesche, inverte la rotta e punta a finirci in mezzo, in modo da avere l’effetto sorpresa e costringerli a riposizionarsi per non colpire le loro stesse navi con il fuoco incrociato. Ha una finestra di tempo molto limitata, ma la sfrutta al massimo; alle 8.20 colpisce il primo caccia-sommergibile tedesco, che esplode sollevando una colonna di fumo. Alle 8.30 centra il deposito munizioni del secondo, che salta in aria. Le moto-zattere hanno più manovrabilità ma meno motore; manovrando con esperienza e affidandosi ad artiglieri che capiscono il loro capitano al volo, l’Aliseo riesce a evitare i colpi nemici e ad affondarne tre, prima di finire in posizione di svantaggio. Le due moto-zattere rimaste stanno per piombargli addosso, ma la Cormorano arriva a tiro e lo salva, investendo i tedeschi con tutta l’artiglieria che ha a bordo e crivellandogli scafo e timone. Non è abbastanza per distruggerle, ma le fa imbarcare acqua e incagliare. L’ultima vedetta della Luftwaffe tenta di disimpegnarsi nella confusione, ma l’Aliseo riesce a prenderla con una cannonata, poi vira verso l’Humanitas e il Sassari. A bordo, i tedeschi si arrendono, restituiscono il comando agli italiani e vengono messi agli arresti. Gli italiani hanno vinto. Quando rientra in porto, lo scenario che ha davanti Carlo Fecia di Cossato è da apocalisse; il porto distrutto, le navi crivellate, l’aria piena di fumo nero e di grida dei feriti sono uno spettacolo orrendo, con il bilancio di 5 morti e 51 feriti italiani a terra, più 70 morti tra feriti e dispersi sull’Ardito. Di tedeschi, invece, ne sono morti 160. È l’ultima battaglia di Cossato, e la prima della guerra di Liberazione. A terra, pochi hanno voglia di festeggiare. Il Paese è spaccato in due e gli ordini si sovrappongono. Carlo obbedisce agli ordini di De Courten, ministro della Marina, e conduce le sue navi a Palermo e poi a Malta per partecipare alla cobelligeranza. Per Carlo è un ordine orrendo, indegno e umiliante, a cui si piega solo perché avallato dal Re; lo stesso Re che mentre lui combatteva stava scappando a Brindisi. Approdato a Taranto, vede gli italiani vivere tra degrado, miseria e macerie. Il 10 giugno 1944, la festa nazionale della Marina Militare, il messaggio ufficiale di De Courten non cita il Re. Poi si sparge la voce che il Re aveva sì fatto un proclama l’8 giugno, ma era stato ignorato e reso pubblico solo a furor di popolo il 17. Quando Badoglio viene sostituito da Ivanoe Bonomi, i suoi ministri non giurano fedeltà al Re. L’intera Marina insorge, e per calmare gli animi vengono convocati i più alti ufficiali tra cui Fecia di Cossato, che ascoltando il ministro parlare capisce di non essere più alle dipendenze del Re: “No, ammiraglio,” dice a quel punto, “Domani la mia nave non uscirà.” Il problema è che gli ufficiali ascoltano più lui del ministro. I vertici lo convocano a palazzo Resta, a Taranto, e gli intimano di obbedire. Lui rifiuta tre volte, a quel punto lo arrestano. A quella notizia, l’intera Marina militare minaccia una rivolta, così i vertici rilasciano Carlo ma lo mettono in licenza a Napoli, ospite del conte Ettore Filo della Torre. Quando Carlo vede quella Napoli raccontata da Curzio Malaparte, piange. L’Italia è divisa, il Re è scappato, gli italiani hanno iniziato una lotta fratricida. Non c’è più nulla, nella vita di Cossato, rimasto in piedi. L’Italia per cui ha combattuto, e per cui i suoi più cari amici sono morti, non esiste più. Il 27 agosto del 1944 prende una penna e scrive: “Mamma carissima, quando riceverai questa mia lettera saranno successi fatti gravissimi che ti addoloreranno molto, e di cui sarò il diretto responsabile. Da nove mesi ho soltanto pensato alla triste posizione morale in cui mi trovo, in seguito alla resa ignominiosa della Marina. Resa a cui mi sono rassegnato solo perché ci è stata presentata come un ordine del Re. Da mesi penso ai miei marinai, che sono onorevolmente in fondo al mare, e penso che il mio posto è con loro. Ma non sono un suicida, mamma: sono un caduto sul campo.” La posa, si porta la pistola alla tempia e preme il grilletto. Orazio disse che morire per la patria è dolce e onorevole, eppure quando si trovò in prima persona nella battaglia di Filippi scappò. Secoli dopo, Hemingway commentò quella frase dicendo che “In una guerra moderna non c’è niente di dolce né di onorevole nel morire. Morirai come un cane senza una buona ragione.” La Marina italiana conferirà a Fecia di Cossato la medaglia d’oro al valor militare, due d’argento, tre di bronzo, una croce di ferro e una croce di guerra. L’ANPI, ancora oggi, lo annovera tra gli uomini della Resistenza. La nobiltà a cui Fecia giurò fedeltà è decaduta, e alcuni nobili si sono riciclati; il discendente del Re gira per Los Angeles vendendo pasta da un furgoncino, contesse e marchese si insultano al Grande Fratello vip. Le sue spoglie riposano a Bologna, sotto una lapide su cui la madre ha fatto incidere “Non est dolor similis meo mater tua” e nel 1978 è stato aggiunto un gagliardetto di marmo che recita “L’equipaggio del sommergibile Tazzoli, sempre vicino al suo comandante”””…….
Commemorazione
Nel 1977 la Marina Militare ha conferito il nome di questo comandante a un sommergibile, la cui sigla era S-519; il sommergibile, appartenente alla "prima serie" della classe Sauro; ha eseguito l'ultimo ammainabandiera il 31 marzo 2005 alla Spezia.
Onorificenza più importante
Medaglia d’oro al valor militare: “””Valente e ardito comandante di sommergibile, animato, fin dall’inizio delle ostilità, da decisa volontà di successo, durante la sua quinta missione di guerra in Atlantico affondava quattro navi mercantili per complessive 20516 tonnellate ed abbatteva, dopo dura lotta, un quadrimotore avversario. Raggiungeva così un totale di 100.000 tonnellate di naviglio avversario affondato, stabilendo un primato di assoluta eccezione nel campo degli affondamenti effettuati da unità subacquee. Successivamente, comandante di torpediniera, alla data dell’armistizio dava nuova prova di superbo spirito combattivo attaccando con la sola sua unità sette navi germaniche di armamento prevalente che affondava a cannonate dopo aspro combattimento, condotto con grande bravura ed estrema determinazione. Esempio fulgidissimo ai posteri di eccezionali virtù di comandante e di combattente e di assoluta dedizione al dovere. Oceano Atlantico, 5 novembre 1942 - 1º febbraio 1943; Alto Tirreno, 9 settembre 1943”””.
….La guerra all’Ucraina ci deve insegnare che, se vuoi vivere in pace,
devi essere sempre pronto a difendere la tua Libertà….
La difesa è per noi rilevante
poiché essa è la precondizione per la libertà e il benessere sociale.
Dopo alcuni decenni di “pace”,
alcuni si sono abituati a dare la pace per scontata:
una sorta di dono divino
e non, un bene pagato a carissimo prezzo dopo due devastanti conflitti mondiali.
….Basta con la retorica sulle guerre umanitarie e sulle operazioni di pace.
La guerra è guerra. Cerchiamo sempre di non farla, ma prepariamoci a vincerla…
(Fonti: Web, Google, Wikipedia, You Tube)
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