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Blog dedicato agli appassionati di DIFESA, storia militare, sicurezza e tecnologia.
L'SSBS S2 (Sol-Sol Balistique Strategique - suolo-suolo balistico strategico) è stato il primo missile balistico francese a gittata intermedia (IRBM: Intermediate Range Ballistic Missile), (2750 km) che ha rappresentato la componente terrestre della Force de frappe francese, con 18 missili schierati in silos dai primi anni settanta.
Il missile era dotato di una singola testata nucleare (MR-31), che fu testata a Moruroa l'11 settembre 1966; la prima unità di 9 missili è stata operativa il 2 agosto 1971 nella Base aérienne 200 Apt-Saint-Christol situata nel plateau d'Albion e la seconda il 23 aprile 1972. Dal 1980 si cominciò a sostituirli con i sistemi missilistici migliorati S3.
I missili balistici strategici hanno sempre attirato l'interesse degli analisti nel mondo, come casi paradigmatici di innovazione tecnologica.
Dalle riflessioni di politologi e sociologi come Michael Armcost, Edmund Beard e Donald MacKenzie, si tendeva a concepire il processo tecnologico come un processo legato a fattori interni: interni al mondo dei laboratori dove si svolgeva la ricerca, all’industria dove lo sviluppo continuava, al governo dove vengono prese le decisioni.
Questo approccio ha quindi portato i ricercatori a mettere in discussione innanzitutto le dinamiche delle relazioni tra attori e tra istituzioni, le pratiche di ricerca e la retorica messa in atto, nonché i vincoli di bilancio piuttosto che tecnici o strategici che hanno dominato la maggior parte delle narrazioni d'altri tempi dei militari.
Vi era, in questo modo di vedere le cose, la volontà di mostrare che lo sviluppo tecnologico è soprattutto un processo umano, che segue la logica sociale più che il determinismo scientifico.
Accanto alle logiche sociali interne che hanno così prepotentemente determinato l'evoluzione del settore dei missili, va ricordato, però, il peso delle dinamiche esterne. Se l'ipotesi sociologica sembra adattarsi agli sviluppi tecnici di un paese la cui superiorità tecnica (riguardo ai missili) era indiscussa nel periodo considerato, deve essere integrata da dati relativi al contesto politico e strategico internazionale per paesi, come quelli europei, concentrati in un potente sforzo di recupero tecnologico.
Per quanto concerne l'evoluzione dei sistemi missilistici intercontinentali nucleari in Francia, vi sono state certamente delle dinamiche interne importanti per comprendere certi passaggi opachi, ma non è immaginabile che siano sufficienti per valutare la ricchezza di un processo aperto con molti elementi esterni.
Sui missili nucleari SSBS, la consapevolezza di entrare in un'area già sfruttata, unita ai vincoli di bilancio, spinse i vertici politici e militari francesi verso una sorta di dinamismo esterno, che spesso rimaneva nascosto agli stessi ingegneri - quando non si rivelava negli scambi tecnici. Questi ultimi, d'altronde, non hanno mai fatto mistero dell'importanza, all'inizio, dei contatti con ditte private estere (USA in primis), importanza che andava ben oltre i puri e semplici dati tecnici acquisiti, ma piuttosto aveva assunto la forma di ispirazione, scambio di idee e trasferimento di know-how. Questo dinamismo si era presto tradotto in una sensibilità alle attrattive della cooperazione nel campo dei vettori, una sensibilità che non sembrava entrare nell'iconografia classica di un Paese che stava seguendo senza appello la strada di una forza nucleare nazionale e nazionalista.
Il campo dei missili in Francia fu quindi aperto, fin dall'inizio, alle influenze esterne: fu grazie al contributo delle conoscenze tedesche sviluppate durante la seconda guerra mondiale che non solo la Francia, ma i quattro paesi vittoriosi della guerra entrarono in contatto con il know-how più importante dell'epoca. Furono gli ingegneri tedeschi a dare vita ai primi esperimenti francesi nel campo dei razzi. Secondo la sintesi del generale Georges Mercier, al momento del lancio dello Sputnik sovietico, "la maggior parte dei risultati tecnologici della Francia nel campo dei missili era dovuta ai razzi Véronique che suonavano nel contesto di esperimenti e studi scientifici di alto livello di atmosfera”. I missili Veronichi, come noto, si ispirarono ampiamente alla tedesca V 2.
Nel 1947, infatti, progetti ambiziosi erano stati abbandonati a favore di macchine meno efficienti (il razzo sonda Véronique e il missile terra-aria PARC A, proiettile semovente radioguidato contro aerei, attribuito al laboratorio Vernon). Studi mirati sui veicoli tattici (100-300 km) si sarebbero rivelati in simbiosi con il posto riservato agli alleati dagli Stati Uniti al momento della creazione della NATO e con la dottrina adottata dall'Alleanza. "Siamo condannati a una strategia difensiva", dichiarò non senza amarezza René Pleven nel 1952. L'aviazione strategica incaricata della difesa atomica passata sotto il comando americano, spettava agli Stati Uniti valutare, da soli, “i tempi e le circostanze della uso di armi atomiche».
Accanto a un poligono operativo divenuto, a partire dal 1948, un centro congiunto (il Centro inter-esercito per la sperimentazione di attrezzature speciali, CIEES) situato a Colomb-Béchar, in Algeria, e un'Azione Scientifica di Difesa Nazionale (CASDN), nata nel 1948, comune alle tre forze armate, si era tuttavia assistito, a partire dalla seconda metà degli anni Quaranta, all'inizio un po' dispersivo di attività intorno ai mezzi speciali. A questo proposito, è necessario sottolineare una sostanziale differenza tra la Direzione degli studi e fabbricazione di armamenti (DEFA), sotto la cui egida operavano laboratori, centri di studi e officine (tra cui il Laboratorio di ricerca balistica aerodinamica, LRBA, di Vernon), e il Dipartimento Tecnico e Industriale Aeronautico (DTIA)-, riservato “alla vigilanza e all'orientamento delle imprese operanti per l'aeronautica”; aveva quindi rinunciato a qualsiasi attività diretta di ricerca e produzione.
Per tutta la prima metà degli anni Cinquanta la ricerca e la sperimentazione nel nuovo campo dei vettori si arenò a favore di urgenti priorità militari, come la lotta alla guerriglia in Indocina e la ricerca sugli esplosivi nucleari (piano quinquennale per la costruzione di reattori al plutonio).
Tolta l'ipoteca delle ostilità in Indocina, la politica militare francese si trovò di fronte a una grande sfida. L'adozione del New Look da parte della NATO nel 1954 confermò solo i punti deboli della dottrina della "massiccia rappresaglia americana": non solo "ritorsioni istantanee nel luogo e nel tempo prescelti" da parte delle forze il cui controllo politico sfuggiva agli europei, ma un ruolo di primo piano era riservato alle armi nucleari tattiche nella difesa contraerea, difesa che rischiava di trasformare l'Europa in un sinistro cimitero (si vedano i risultati dell'esercitazione militare Carta bianca del giugno 1954). La natura illusoria della difesa della NATO era stata ben dimostrata dalla formula del generale Chassin sulla “linea atomica Sigfrido”. Maturò così, con Mendès France, negli ultimi giorni del 1954, l'idea di un'infrastruttura per la produzione di armi nucleari nazionali, la cui necessità apparve ancor più evidente dopo l'affare di Suez. Si ricorda di sfuggita che il deposito di armi non convenzionali nelle basi e nelle installazioni messe a disposizione delle forze americane in Europa era stato richiesto dagli Stati Uniti "a seguito di pressanti richieste" da parte dei paesi della NATO di fronte alla manifesta inferiorità delle forze convenzionali nel contesto del New Look. Non c'era, per la Francia, nessun accordo.
La “vertenza di attribuzione” per i futuri “veicoli speciali” nel campo degli studi e delle realizzazioni, se ebbe “il merito di non sterilizzare le iniziative”, non contribuì ad accelerare i tempi, in una situazione di penuria di fondi. Lo stesso si può dire del conflitto, riedizione di vecchi antagonismi, tra scienziati e ingegneri. Dal punto di vista istituzionale, tutti i tentativi di “armonizzazione” dei vari programmi e centri di ricerca rimasero vani fino all'inizio degli anni '60.
Sebbene l’Armeé de l'Aire avesse avanzato proposte per lo studio di mezzi concernenti l'uso di proiettili nucleari e che alcuni suoi funzionari fossero convinti della "primaria importanza" dell’attacco terrestre a lungo raggio, “in assenza dell'espressione di una reale esigenza operativa, i risultati di questi studi non portarono ad alcuna decisione concreta”.
Tuttavia, attraverso la ricerca spaziale, gli studi sui veicoli a lunghissimo raggio furono intrapresi negli anni '50 dal CASDN, sotto la direzione del tenente generale Guérin. Come spiega chiaramente una lettera del generale Lavaud ai tre Segretari di Stato per le Forze Armate del 1956: “Ritengo che gli esperimenti effettuati nell'alta atmosfera siano importanti per la difesa nazionale, sia nell'immediato che nel futuro, per veicoli a lunghissimo raggio. In queste condizioni, ho deciso che alcune sperimentazioni, originariamente previste nell'ambito dell'AGI, sarebbero state realizzate sotto la direzione del CASDN».
L'obiettivo era quello di studiare l'atmosfera superiore (correnti d'aria, turbolenza, trasparenza, ionizzazione), le cui caratteristiche sarebbero state importanti non solo per le comunicazioni, ma anche per la struttura e la dinamica dei lanciatori, compresa la propulsione, la guida e l'auto-inseguimento.
Nella seconda metà del decennio si chiarì una linea d'azione a favore dello sviluppo di un sistema militare nazionale basato su una capacità deterrente basata sugli esplosivi nucleari e sui loro vettori: la forza d'attacco e la scelta del primo vettore dell'arma nucleare, il Mirage IV, fu lanciato nel 1957.
Per quanto riguarda i lanciatori, la “preponderanza della fonte d'informazione di origine tedesca all'epoca in cui nasceva in Francia il settore missilistico” fu sostituita, da quel momento, da una più ampia panoplia di fonti d'ispirazione.
È interessante notare che fu un ministro radicale, Maurice Bourgès-Maunoury, ad avviare una riorganizzazione in campo nucleare, in particolare l'inizio del coordinamento nel campo degli studi e della fabbricazione di dispositivi speciali. Gli uomini chiave erano il generale Jean Crépin, ispettore generale delle manifatture e dei programmi delle forze armate (dalla fine del 1955 al marzo 1959), capo di un comitato di programmi "resuscitato", e il generale Gaston Lavaud, capo progetto presso il suo ufficio. Si costituì così il “Gabinetto degli armamenti” del Ministro.
I VENTILATI ACCORDI EUROPEI PER I MISSILI IRBM
Bourgès-Maunoury e il suo omologo britannico Duncan Sandys si incontrarono nel febbraio 1957 per discutere una possibile cooperazione nella ricerca nel settore missilistico; tali incontri ebbero origine nelle discussioni sulla produzione comune di armamenti avviate all'interno dell'Unione dell'Europa Occidentale, che, allargata, dal 1954, all'Italia e alla Germania, rappresentava l'unico foro dove gli europei, inglesi compresi, potevano discutere di difesa senza l'intervento americano. Le discussioni, incentrate su ricerca e sviluppo, avevano subito un'accelerazione dopo la crisi di Suez e avevano portato a una serie di relazioni bilaterali nel corso dell'anno 1957.
Gli inglesi erano, tra gli europei, i più avanzati nel settore IRBM, grazie al programma Blue Streak.
Lo sviluppo di Blue Streak, iniziato a metà degli anni Cinquanta con l'ausilio di importanti licenze americane, era proseguito nonostante le critiche che, da parte degli americani e, successivamente, di parte delle gerarchie militari, erano state mosse al progetto dal 1956. Nel marzo 1957, alla conferenza delle Bermuda, gli inglesi accettarono in linea di principio l'installazione nel loro paese dei missili Thors americani, installazione che avrebbe coperto la Gran Bretagna in attesa della Blue Streak, il cui processo di sviluppo stava rallentando. Tuttavia, con la sua portata estesa (2.000-2.500 miglia nautiche contro le 1.500 del Thor), il Blue Streak avrebbe potuto raggiungere obiettivi strategici cruciali nel Northern Tier che non erano alla portata dei Thor, il cui raggio era ulteriormente diminuito a causa della uso di cariche nucleari inglesi (gli inglesi avevano fabbricato una bomba termonucleare nel 1957, ma la loro tecnica per miniaturizzare le cariche era meno efficace di quella degli americani). I silos sotterranei, inoltre, avrebbero garantito ai Blue Streak una maggiore invulnerabilità rispetto ai Thor, i cui silos erano in superficie. Entrambi, però, avevano un punto debole: la lentezza dell'avviamento, dovuta alla propulsione a liquido, che non sopportava uno stato di allerta prolungato. Da questa caratteristica, oltre che dall'immobilità, scaturiva la vulnerabilità dei due sistemi e il rischio di attrarre, anziché scoraggiarli, attacchi first strike.
Se lo sviluppo del Blue Streak andò in stallo, va anche ricordato che la produzione dei Thor non era ancora entrata nella fase operativa: il primo test avvenne nel novembre 1958 e il primo squadrone fu consegnato alla Royal Air Force solo a giugno 1959.
In questo contesto, il Generale Paul Ély, Capo di Stato Maggiore Generale delle Forze Armate Francesi, avanzò richieste nel corso del 1957 in termini di dispositivi tattici come l'Honest John, Caporal / Sergent e Nike nonché, in una seconda fase, che di “un missile superficie-superficie con una gittata di 3.000 km, come quello offerto alla Gran Bretagna” – questi erano i Thor, ovviamente.
La domanda non era facile: mentre gli inglesi avevano le loro bombe da piazzare sui vettori, i francesi non avevano ancora raggiunto l'autonomia atomica. Inoltre, per le testate nucleari, così come poi per il Thor, la questione del controllo era, per gli americani come per i francesi, capitale. Se necessario, i francesi volevano poter usufruire delle cariche atomiche custodite nelle basi americane e insistevano sul controllo operativo dei Thor da collocare sul loro territorio. Era una linea d'azione contraria a quella degli Stati Uniti, contrari a qualsiasi delega di autorità per l'uso di armi nucleari americane.
Nello stesso anno, nell'incertezza sull'esito delle discussioni franco-britanniche e franco-americane, fu imboccata un'altra strada: quella di un primo tentativo di cooperazione atomica con Germania e Italia, che prevedeva lo studio e la realizzazione congiunta di macchine speciali. L'accordo fu firmato nel novembre 1957.
Al momento del lancio dello Sputnik, dunque, si erano verificati molteplici scambi nel campo dei missili. Nessuna ipotesi era stata esclusa a priori dalla Francia.
Agli Stati Uniti non piaceva questo dinamismo. Nell'ottobre 1957 il Consiglio di sicurezza nazionale, in uno dei primi documenti prodotti dopo il lancio dello Sputnik, suggerì di non dare seguito alle "richieste formali agli USA per un programma IRBM "avanzate dalla Francia, a fronte degli sviluppi strategici. Il lancio dello Sputnik, prefigurando l'entrata in servizio dei missili balistici intercontinentali, contro i quali nessuna parata era possibile, spinse le due superpotenze verso la ripresa dei contatti diretti in materia di disarmo. Questi contatti avrebbero potuto essere ostacolati da una politica di proliferazione tra gli alleati.
D'altra parte, dati i ritardi nella produzione dei veicoli a lungo raggio (l'entrata in servizio del primo Atlas americano risale al 1959) e dei Polaris (IRBM mobili i cui studi di fattibilità erano stati effettuati dalla Marina statunitense nel marzo 1956), l'attenzione della NATO era fissa sulla creazione di un sistema IRBM temporaneo a terra per rafforzare la difesa nucleare dell'Europa ed europeizzare il sistema deterrente dell'Alleanza, mentre quello degli Stati Uniti perdeva credibilità.
Se il dilemma tra non proliferazione e rafforzamento del sistema di deterrenza della NATO era, per il momento, solo teorico, era diventato sempre più importante con l'avanzare dei negoziati per il Trattato di messa al bando parziale.
Le offerte fatte dal Segretario di Stato John Foster Dulles al Consiglio ministeriale della NATO nel dicembre 1957 erano di tre tipi: – depositi di testate nucleari americane in Europa; – IRBM americani in Europa; – costruzione congiunta, da parte di europei, di macchine speciali.
Delle tre offerte, solo l'ultima rappresentava una novità per la Francia: una novità importante non solo perché sembrava aprire la strada a un trasferimento di tecnologia fino ad allora rifiutato, ma anche perché sembrava in grado di sbloccare le trattative in corso in altre aree. Ad esempio, i francesi ora si erano detti d'accordo ad autorizzare lo stoccaggio di testate nucleari americane “in vista della liberalizzazione dello scambio di informazioni atomiche reso possibile dalla revisione della legge MacMahon 40”. Allo stesso tempo, “in attesa dell'esito” degli studi relativi alla macchina terra-terra nell'ambito combinato, era stato accettato il principio che “la capacità di attacco sarebbe stata fornita da IRBM americani”.
La prospettiva di studi congiunti relativi ai veicoli terra-terra sembrava avere una possibilità di successo nel 1958. Con lo sviluppo del missile Blue Streak in corso, la Gran Bretagna era l'unico Paese europeo a farla da padrone, grazie all'acquisizione delle licenze americane, le principali tecniche relative dei lanciatori: propulsione a liquido, struttura, guida, retrazione del cono. Fu così che "in vista dell'offerta americana fatta alla riunione Nato di dicembre di divulgare informazioni relative ai sistemi di lancio IRBM e di favorire il successivo sviluppo e la produzione in Europa", i britannici chiesero agli Stati Uniti" se vi fosse obiezione americana al Regno Unito per discutere del veicolo del sistema di consegna Blue Streak con i francesi, se lo desideravano".
Vennero quindi avviate discussioni tra inglesi e francesi, all'interno del comitato direttivo anglo-francese dell'UEO e direttamente con i rappresentanti militari francesi. Il generale Crépin, che aveva ospitato in gennaio una missione americana in Francia «per valutare l'interesse e le probabilità di buon esito dei programmi missilistici francesi», si era detto anche favorevole alla collaborazione sul Blue Streak, che aveva dichiarato «particolarmente urgente». Dopo una lunga visita negli Stati Uniti nel marzo 1958, la posizione di Crépin fu comunque contraria, a seguito della "disponibilità americana a fornire assistenza tecnica e finanziaria" nell'ambito dei missili. Di fronte a questa appetitosa offerta e alle restrizioni britanniche di fronte alle questioni molto tecniche poste dal generale, l'interesse di Crépin per il progetto Blue Streak si ridusse notevolmente.
Dal 1958, gli americani si sforzarono di ridurre ogni tentativo di cooperazione avviato dagli europei durante gli anni '50 nell'ambito della NATO. In questo contesto, il “Gruppo Meili”, dal nome del suo leader, Ernest Meili, Assistente Segretario Generale della NATO per la Produzione e la Logistica, si era fatto carico delle discussioni sulla produzione congiunta di armamenti convenzionali e moderni.
L'iniziativa della NATO era stata seguita da interessanti sviluppi in Francia. Nel giugno 1958, parlando degli accordi della Francia con l'Italia e la Germania da un lato, la Gran Bretagna dall'altro, de Gaulle, pur escludendo ogni ulteriore collaborazione in campo atomico “in termini di IRBM”, affermava: “Non dobbiamo rifiutare la idea di fabbricazione congiunta. La bomba resta dominio riservato degli sforzi nazionali, ma de Gaulle non rifiuta a priori le ipotesi di cooperazione industriale nel campo dei vettori.
Successivamente, il Ministro delle Forze Armate ha affidato alla Delegazione dell'Aeronautica lo studio e la realizzazione di veicoli terra-terra di medio e lungo raggio. L’Armeé de l’Aire si trovò affidata la responsabilità di studi preliminari su di un missile di seconda generazione, quindi a propulsione allo stato solido, in grado di trasportare una carica atomica leggera (da 210 a 300 kg, a seconda delle fonti) da realizzare nell'ambito di la NATO, con l'assistenza statunitense.
Contemporaneamente si sviluppò un'originale struttura industriale, la futura Società per lo studio e la produzione di missili balistici (SEREB), "una sorta di holding tecnica per l'industria aeronautica", che aveva "come azionisti le tre società nazionali ( NordAviation, SudAviation e SNECMA), ONERA, SEPR, GAMD (Marcel Dassault), Matra, nonché il direttore delle Polveri e il direttore amministrativo del CEA”. Secondo la testimonianza del suo primo boss, Charles Cristofini, questa nascita va collocata nell'ambito delle trattative con gli americani per la costruzione di un missile balistico di seconda generazione, con una gittata di circa 3.000 km. L'idea era quella di mettere in campo, sotto la supervisione dello Stato, mezzi industriali per consentire alla Francia di assumere il ruolo di leader nell'ambito di possibili accordi europei per la produzione di missili di seconda generazione.
Per quanto riguarda le testate nucleari, la Francia aveva tuttavia chiesto che le armi fossero poste sotto il controllo francese e che fosse necessaria una decisione francese dopo lo scoppio di una possibile guerra atomica. A tal fine, venne richiesto un piano di guerra a livello di governo della NATO. Analogamente, come ricordò poi un foglio informativo dello Stato Maggiore delle Forze Armate, per gli IRBM americani da istituire in Francia, “un livello di comando nazionale francese tra SACEUR o Comandante supremo alleato in Europa, responsabile della lancio, e gli squadroni”, che sarebbero stati sotto la responsabilità americana. D'altra parte, lo SHAPE (quartier generale supremo delle potenze alleate in Europa) proponeva la messa sotto il comando diretto del SACEUR delle macchine prodotte e l'impegno delle nazioni a fabbricare le macchine nazionali solo dopo il totale soddisfacimento delle esigenze di SHAPE.
È per chiarire questi dati, così importanti per la Francia e per l'Alleanza, che bisogna leggere il memorandum inviato agli Stati Uniti da de Gaulle nel settembre 1958, che non solo chiedeva la creazione di un consiglio a tre a livello strategico globale ma, più concretamente, un ruolo della Francia nelle decisioni riguardanti l'uso delle armi nucleari in Europa.
Conosciamo l'attaccamento di De Gaulle al principio della responsabilità della difesa nazionale, responsabilità che il governo non poteva delegare senza tradire la sua missione. Fu quindi facile immaginare quanto l'ambiguità americana sulla questione del controllo potesse turbare il generale, la cui insoddisfazione si era fatta totale dopo la bocciatura della sua idea, esposta nel memorandum di settembre.
L'amarezza sviluppata da de Gaulle dopo questo rifiuto, nonché dopo il voto americano sull'Algeria alle Nazioni Unite, si espresse nella decisione di riprendere il controllo totale delle forze navali nel Mediterraneo nel gennaio 1959. Parallelamente, la composizione del la forza d'attacco divenne più chiara e “il Mirage IV, selezionato nel 1957, fu oggetto di un programma prioritario, deciso dal generale de Gaulle nel marzo 1959”.
All'inizio del 1959, Pierre Guillaumat, figura chiave nella storia della missilistica, già amministratore della CEA (1951-1958), Ministro delle Forze Armate fino al 1960 e poi della Ricerca Scientifica (1960-1962), non governava la cooperazione internazionale nel settore dei vettori, ma aveva introdotto importanti differenziazioni. In una nota a Debré, Guillaumat scriveva: "a livello bilaterale FR-USA, la cooperazione tecnica deve consentire il completamento delle apparecchiature in corso (sottomarino atomico) e la produzione di apparecchiature future (IRBM)", "a livello europeo, questo la cooperazione deve essere realizzata in forma industriale: tale cooperazione non deve essere ostacolata dagli USA (es. consegna di F 104 alla Germania)”.
Allo stesso tempo, la prospettiva di un IRBM fabbricato congiuntamente in Europa, che aveva sempre attirato le critiche di molti civili negli Stati Uniti (mentre i militari erano, in generale, più favorevoli), diventava sempre più incerta dopo la sperimentazione del primo missile intercontinentale americano (Atlas D) nel 1959, che fece recuperare agli Stati Uniti la completa libertà di attacco nei confronti dell'Unione Sovietica.
Dopo che il governo degli Stati Uniti era intervenuto per porre fine al contatto con il Boeing, la prospettiva di una cooperazione a livello della NATO nel campo degli IRBM aveva lasciato il posto a un programma congiunto di costruzione da parte di Francia, Italia, Germania e Paesi Bassi, su licenza degli Stati Uniti, dei missili superficie-aria Hawk. La realizzazione degli Hawks, originariamente fabbricati per l’US ARMY, fu discussa dal gruppo Meili.
Nonostante le brillanti promesse fatte al governo francese dal governo americano negli anni 1957 e 1958, nulla era stato ottenuto nel campo degli IRBM. Questo fallimento doveva essere legato a molteplici elementi, tra cui, senza dubbio, le condizioni di impiego imposte dagli Stati Uniti agli IRBM fabbricati congiuntamente. Una volta chiarite queste condizioni, i francesi avrebbero volentieri continuato, ma su base puramente bilaterale, la loro cooperazione con gli Stati Uniti. Questa cooperazione, di cui avrebbero beneficiato le forze armate francesi nel loro progetto, e quindi tutta la difesa dell'Occidente, non interessava agli americani, le cui priorità erano politiche. In questo contesto, invece di risolvere le tensioni in seno alla Nato, la cooperazione tecnica con i francesi le avrebbe esacerbate (soprattutto nei confronti dei tedeschi); ultimo, ma non per importanza, una politica di proliferazione nucleare avrebbe pregiudicato i negoziati di disarmo avviati con l'Unione Sovietica, la cui importanza divenne più immediata durante la crisi di Berlino.
Dopo l'esplosione della bomba atomica francese nel Sahara, si decise ("all'inizio del 1960") di escludere l'ipotesi di una macchina che potesse trasportare una carica atomica "di peso relativamente modesto" e perseguire l'obiettivo di una macchina più potente, in grado di trasportare una bomba prettamente francese, e quindi molto più pesante.
Nel marzo dello stesso anno furono confermate le decisioni prese nel marzo 1959: la forza d'attacco doveva essere costituita utilizzando una forza costituita da "vettori pilotati" (il Mirage IV), armati di bombe atomiche, e, in secondo luogo, utilizzando missili SSBS, sia da siti terrestri che da sottomarini. Nel campo dei vettori, l'obiettivo era portare nel 1968 una carica atomica di 750 kg a 3.000 km.
Non ci si faceva illusioni sui tempi di completamento di questo progetto. Il generale de Pins, rappresentante dell’Armeé de l’Aire presso il Comitato per la Ricerca Spaziale, non fece mistero della modestia delle conquiste tecniche francesi nel campo dei vettori, soprattutto per l'orientamento, la tenuta del corpo di rientro e la propulsione.
“””Per quanto riguarda quest'ultimo problema, quale tipo di propellente scegliere? Dovremmo orientarci verso vettori di seconda generazione, difficili da realizzare, ma più efficaci dal punto di vista militare? O accontentarti di lanciatori di liquidi, molto potenti e facili da costruire?””” Il problema non era solo strategico, ma anche politico. Di fronte alla maggiore efficienza dei dispositivi di seconda generazione con propulsione allo stato solido, gli esperti erano ben consapevoli che la miniaturizzazione delle cariche nucleari sarebbe stata lunga e pericolosa – mentre non era necessaria nel caso dei lanciatori a propulsione a propellente liquido.
Sebbene l'idea della forza d'urto avesse presieduto dal 1956 a quasi tutti gli studi condotti sia presso il Comitato dei Capi di Stato Maggiore che nei dipartimenti tecnici dei tre servizi, fu solo nel 1960 che un vero e proprio programma di crediti per la fu decisa la forza d'attacco, scaglionata a lungo termine. La prima “legge programmatica relativa ad alcuni equipaggiamenti militari” fu depositata il 18 luglio 1960 e approvata, dopo un dibattito parlamentare piuttosto vivace, alla fine dell'anno. L'equipaggiamento militare a cui si riferiva era la produzione di una bomba termonucleare e un deposito di bombe atomiche di media potenza (3.983 milioni di franchi), il Mirage IV (oltre un miliardo di franchi), veicoli speciali (770 milioni di franchi) e l'inizio della costruzione di un sottomarino nucleare (250 milioni di franchi). Se la realizzazione del sommergibile era programmata a medio termine, le altre azioni furono spinte il più rapidamente possibile.
Furono avviati gli Studi Balistici di Base
Per mancanza di risorse, non si lavorava su di un prototipo, ma su progetti finalizzati allo sviluppo di “alcune tecniche in scala reale”, all'acquisizione delle competenze necessarie nei campi di base: aerodinamica, guida, propulsione e rientro del cono.
Prese così forma la serie delle "pietre preziose", culla di Diamant, il primo lanciatore satellitare francese, nato dalla proposta fatta dalla SEREB, alla fine del 1960, di "realizzare, al costo di un modesto supplemento al lavoro svolto per i veicoli sperimentali SSBS, un vettore-satellite in grado di porre in opportune condizioni di precisione una massa di 50 kg in un'orbita attorno alla Terra con un perigeo di 300 km”. Il bistadio inferiore del Diamant A, infatti, era costituito dal veicolo di prova 231 Saphir, progettato per l’EBB.
L’IDEA DI DE GAULLE
Dal punto di vista politico, de Gaulle iniziò allora a delineare la sua idea di una confederazione politica europea, radicata nella coppia Francia-Germania, ma che non intendeva in alcun modo escludere la Gran Bretagna. Nell'estate del 1960, de Gaulle ne parlò con l'amico Adenauer, evocando “un'organizzazione europea che dica qualcosa ai popoli e in cui questi si sentano responsabili della propria difesa”. “Questo non è il caso della NATO, ha aggiunto de Gaulle, che diventa ogni giorno più artificiale. »
Fu allora che, in seguito alla decisione inglese di abbandonare il programma nazionale Blue Streak, nell'autunno del 1960 arrivò la proposta del ministro dell'Aviazione britannico Peter Thorneycroft a Pierre Guillaumat, Pierre Messmer e Michel Debré di costruire insieme un lanciatore civile europeo. Thorneycroft aveva promesso al Primo Ministro di mostrare ai francesi "il massimo di ciò che li interessa", ma aveva insistito, prima di tutto, sull'attrazione simbolica e sul vantaggio politico di questa società, indipendente dagli Stati Uniti e dall'Unione Sovietica.
L'offerta, concepita nell'ambito di un vasto progetto di avvicinamento della Gran Bretagna all'Europa e di creazione di un'amministrazione fiduciaria nucleare franco-britannica per l'Europa, aprì la porta a nuove prospettive per la Francia. Ancora una volta lo scenario francese per la ricerca missilistica fu al centro delle discussioni internazionali, che proseguirono, in estrema ambiguità, fino al dicembre 1962 quando, a Rambouillet, de Gaulle avrebbe detto al suo ospite Macmillan: "Senza dubbio pensiamo sulle possibilità di fare qualcosa di franco-britannico, per esempio nel campo dei razzi. Il tempismo era giusto.
Macmillan, dopo la fine del progetto missilistico aria-terra americano Skybolt, che avrebbe dovuto garantire efficacia eclatante ai bombardieri britannici di serie V, cercava una via d'uscita e, allo stesso tempo, attendeva che De Gaulle confermasse le sue speranze per la sua richiesta di ingresso nel Mercato Comune, avanzata nel luglio 1961.
L'accettazione dell'offerta americana del Polaris in seguito all'incontro anglo-americano di Nassau e l'indecisione mostrata dai britannici nei confronti dei rapporti missilistici anglo-francesi misero fine all'autonomia della deterrenza inglese e ai sogni di una terza forza nucleare europea. Difficile valutare cosa spinse Macmillan a questa sofferta decisione. Kennedy aveva impedito la "cooperazione missilistica anglo - francese pre-pianificata", come pensava l'allora capo della difesa francese? O era stata la crisi di Cuba a far capire a Macmillan la realtà della Guerra Fredda come uno schema "con me o contro di me", che aveva reso impossibile prevedere una terza forza nucleare?
Fu comunque in questo momento che il sistema missilistico SSBS francese divenne il punto di saldatura tra la prima e la seconda fase della forza d'attacco nazionale.
Ripensare la guerra, e il suo posto
nella cultura politica europea contemporanea,
è il solo modo per non trovarsi di nuovo davanti
a un disegno spezzato
senza nessuna strategia
per poterlo ricostruire su basi più solide e più universali.
Se c’è una cosa che gli ultimi eventi ci stanno insegnando
è che non bisogna arrendersi mai,
che la difesa della propria libertà
ha un costo
ma è il presupposto per perseguire ogni sogno,
ogni speranza, ogni scopo,
che le cose per cui vale la pena di vivere
sono le stesse per cui vale la pena di morire.
Si può scegliere di vivere da servi su questa terra, ma un popolo esiste in quanto libero,
in quanto capace di autodeterminarsi,
vive finché è capace di lottare per la propria libertà:
altrimenti cessa di esistere come popolo.
Qualcuno è convinto che coloro che seguono questo blog sono dei semplici guerrafondai!
Nulla di più errato.
Quelli che, come noi, conoscono le immense potenzialità distruttive dei moderni armamenti
sono i primi assertori della "PACE".
Quelli come noi mettono in campo le più avanzate competenze e conoscenze
per assicurare il massimo della protezione dei cittadini e dei territori:
SEMPRE!
….Gli attuali eventi storici ci devono insegnare che, se vuoi vivere in pace,
devi essere sempre pronto a difendere la tua Libertà….
La difesa è per noi rilevante
poiché essa è la precondizione per la libertà e il benessere sociale.
Dopo alcuni decenni di “pace”,
alcuni si sono abituati a darla per scontata:
una sorta di dono divino e non,
un bene pagato a carissimo prezzo dopo innumerevoli devastanti conflitti.…
…Vorrei preservare la mia identità,
difendere la mia cultura,
conservare le mie tradizioni.
L’importante non è che accanto a me
ci sia un tripudio di fari,
ma che io faccia la mia parte,
donando quello che ho ricevuto dai miei AVI,
fiamma modesta ma utile a trasmettere speranza
ai popoli che difendono la propria Patria!
Signore, apri i nostri cuori
affinché siano spezzate le catene
della violenza e dell’odio,
e finalmente il male sia vinto dal bene…
(Fonti: https://svppbellum.blogspot.com/, Web, Google, books.openedition., Wikipedia, You Tube)
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