giovedì 2 febbraio 2023

L’Aretusa è stata una torpediniera della Regia Marina e successivamente una corvetta della Marina Militare (F-556).




https://svppbellum.blogspot.com/




L’Aretusa è stata una torpediniera della Regia Marina e successivamente una corvetta della Marina Militare. Subito dopo l'entrata in servizio fu assegnata alla 1ª squadriglia torpediniere dipendente dalla Divisione Scuola Comando di Augusta; nel 1939 fu trasferita alla 12ª squadriglia alle dipendenze del Comando Superiore della Marina di Libia.






LA CLASSE SPICA

Le torpediniere classe Spica sono state delle torpediniere veloci e di successo, realizzate per la Regia Marina, ma anche per l'esportazione in Svezia. Queste navi sono state costruite in un numero cospicuo di unità in conseguenza del Trattato navale di Washington che permetteva la fabbricazione di un numero illimitato di unità per le imbarcazioni aventi un dislocamento inferiore a 600 tonnellate.
Il progetto della classe Spica, con nomi di costellazioni, nacque per dare un degno sostituto a molte vecchie navi classificate come cacciatorpediniere, residue del conflitto precedente e ancora in servizio, ma essenzialmente con compiti di seconda linea.
Il progetto, che seguì dopo più di vent'anni l'ordinazione della prima serie di torpediniere tipo “PN”, era molto ispirato da quello del miglior modello di cacciatorpediniere dell'epoca della Regia Marina, ovvero la Classe Maestrale. La nave aveva un solo locale macchine e quindi un fumaiolo più piccolo di quello delle più grandi 'sorelle'.
Lo scafo sembrava assai robusto e aggressivo, in verità era piuttosto ridotta la tenuta al mare, come anche l'autonomia.
L'armamento principale era costituito da 3 cannoni da OTO 100/47 Mod. 1931 in impianti singoli da 16 km di gittata, ma con una cadenza di soli 8 colpi al minuto, con un alzo di 45° che non consentiva un uso contraereo efficace ed erano predisposti uno a prua e due a poppa.
L'armamento antiaereo era costituito da otto mitragliere da 13,2mm in quattro impianti binati Breda Mod. 31, sostituite parzialmente poi con mitragliere da Breda 20/65 Mod. 1935 binate durante lavori di ammodernamento svolti tra il 1939 e il 1941 durante i normali cicli di manutenzione. Tra il 1942 ed il 1943 sulle unità superstiti l'ultimo impianto binato da 13,2 mm venne sostituito con quattro impianti singoli Scotti-Isotta-Fraschini 20/70.
I siluri, almeno sulle prime unità, non avevano la possibilità di essere usati tutti contro lo stesso bersaglio e come se non bastasse, erano da 450mm, calibro ridotto per testata (110 kg) e portata.
Vi erano lanciabombe e tramogge per bombe di profondità, con due lanciabombe laterali e due tramogge a poppa, nonché predisposizione per 20 mine. Non vi erano però sonar e radar.
Dopo lo scoppio del conflitto i 2 lanciabombe originali vennero sostituito con 2/4 lanciabombe pirici tedeschi dotati di una celerità di tiro molto maggiore e molte unità furono anche dotate di ecogoniometro di fabbricazione tedesca o italiana; le modifiche appesantirono però le unità e questo fatto unito all'usura, dovuta ad un impiego pressoché continuo, portò ad un calo della velocità massima, con alcune unità che nel 1943 raggiungevano a fatica la velocità di 26 nodi.
Il principale problema di queste unità era il poco spazio disponibile per l'equipaggio, acuito nelle lunghe missioni di scorta, in luogo delle brevi missioni di pattugliamento notturno per cui erano state inizialmente progettate.
Le unità costruite per la Regia Marina furono trentadue, delle quali le prime due, costruite negli stabilimenti Bacini & Scali Napoletani, vennero cedute alla Svezia, assieme a due vecchi cacciatorpediniere della classe Quintino Sella.
Le unità cedute alla Svezia nel 1940 furono la capoclasse Spica e la Astore, riclassificate dalla Marina svedese come cacciatorpediniere e ribattezzate rispettivamente Romulus (distintivo ottico 27) e Remus (distintivo ottico 28) prestando servizio fino al 1958. Le due unità erano state costruite a Napoli ed erano entrate in servizio nella Regia Marina il 30 maggio 1935.
Dopo la costruzione delle prime due unità poi cedute alla Svezia le altre trenta vennero costruite in tre serie che differivano per delle minime variazioni delle dimensioni, del dislocamento e dell'armamento antiaereo e antisommergibile, così suddivise:
  • 16 tipo "Alcione"
  • 6 tipo "Climene"
  • 8 tipo “Perseo".

La principale differenza tra le varie serie fu la disposizione dei quattro tubi lanciasiluri; le prime due unità, poi cedute alla Svezia, che erano anche lunghe un metro in meno delle altre, ebbero un impianto binato sull'asse di simmetria e due impianti singoli disposti uno per lato. Le prime due unità per mantenere il dislocamento nei limiti del Trattato di Washington, che consentiva un numero illimitato di unità di dislocamento uguale o inferiore a 600 tonnellate dovettero eliminare un impianto da 100/47 per poter rientrare nei limiti del dislocamento. Ne conseguì che si decise di far costruire i due primi esemplari senza che la limitazione del dislocamento fosse troppo vincolante ed infatti, a costruzione ultimata, il dislocamento delle due “Spica” risultò di circa 630 tonnellate, facendo rientrare queste torpediniere fra le unità sottoposte numericamente a limitazione. Per le successive costruzioni, che vennero ordinate in vari cantieri con ritmo annuale, la limitazione al dislocamento fu abolita sia per le piccole migliorie che si ritenne di dover apportare ai prototipi, sia per la tendenza allora in atto, all'inosservanza delle clausole limitative del trattato di Londra e poi alla sua denunzia da parte tedesca e giapponese. Il dislocamento delle serie di unità derivate dalla Spica si aggirò dapprima sulle 650 tonnellate delle serie “Climene” e “Perseo” per poi raggiungere le 680 della serie “Alcione” dalla quale si sviluppò, in un tempo successivo, il progetto della “torpediniera di attacco” della classe Ariete.
Le Spica erano navi ben gradite dalla Regia Marina e dagli equipaggi. La nave era veloce, efficiente, ma la velocità pratica era ridotta rispetto a quella delle prove e inferiore a quella dei cacciatorpediniere veri e propri. La carriera di queste navi è stata intensissima. Non furono unità fortunate, in quanto su 30 ben 23 andarono perse in guerra o in conseguenza delle vicende armistiziali.
Nell'ottobre 1940 le torpediniere Airone e Ariel vennero affondate dall'incrociatore britannico HMS Ajax nella battaglia di Capo Passero. Nell'ottobre 1941 le torpediniere Aldebaran e Altair vennero affondate da mine posate dal sommergibile britannico HMS Rorqual.
Altre navi furono più fortunate, come la Lupo che al comando di Mimbelli, fu protagonista di molte scorte ai convogli. In generale, però, le capacità delle Spica, leggere e veloci, capaci di operare come navi d'attacco a medio raggio, si dimostrarono fallimentari contro la flotta inglese, che piuttosto aveva l'iniziativa di notte grazie anche al fatto che le loro unità erano dotate di radar.
Si rifecero in parte con la posa di campi minati e la scorta antisommergibile, ma nell'insieme esse erano mezzi concepiti in maniera assai obsoleta e superati dagli eventi. Durante il conflitto le torpediniere classe Spica furono principalmente impiegate nella scorta dei convogli tra l'Italia e l'Africa Settentrionale.

Unità tipo Alcione

Le torpediniere della classe Alcione hanno costituito la classe più numerosa delle sottoclassi della classe Spica. La serie Alcione era costituita da ben sedici unità, quattro delle quali nel dopoguerra prestarono servizio nella Marina Militare classificate come fregata.
Le unità di questa sottoclasse vennero costruite otto negli stabilimenti Ansaldo di Genova, quattro nei Cantieri del Quarnaro di Fiume e quattro negli stabilimenti Bacini & Scali Partenopei di Napoli.
Le unità della serie Alcione, eccetto le quattro costruite a Fiume, ebbero i lanciasiluri disposti in due impianti binati sull'asse di simmetria della nave.
Le torpediniere Airone, Ariel, Alcione e Aretusa vennero inquadrate nella I squadriglia della II Flottiglia Torpediniere di base a Messina. Alla stessa base, nell'ambito della I Flottiglia Torpediniere, vennero assegnate Circe Clio, Calliope e Calipso, inquadrate nella XIII Squadriglia e le torpediniere Pallade, Partenope, Pleiadi e Polluce assegnate alla XIV Squadriglia Torpediniere.
Le altre quattro unità delle classe, le torpediniere Lince, Libra, Lira e Lupo operarono presso il Comando navale Mar Egeo nella VIII Squadriglia torpediniere di base a Rodi. Lupo e Libra, silurarono la grossa petroliera britannica Desmoulea il 31 gennaio 1941, rendendola inutilizzabile per il resto della guerra. La torpediniera Lupo si distinse nella notte tra il 21 e il 22 maggio 1941 durante la battaglia di Creta, quando affrontando tre incrociatori e cinque cacciatorpediniere della Royal Navy riuscì a resistere salvando metà di un convoglio di piccole imbarcazioni di soldati tedeschi. Per questa azione il suo comandante, il capitano di fregata Francesco Mimbelli, venne decorato di Medaglia d'oro al valor militare, mentre la bandiera di combattimento dell'unità venne insignita di Medaglia d'argento al valor militare. Successivamente l'unità venne affondata il 2 dicembre 1942 dai cacciatorpediniere HMS Jervis, HMS Javelin, HMS Janus e HMS Kelvin mentre soccorreva i sopravvissuti di un cargo diretto a Tripoli.
Le prime unità ad andare perdute furono l'Airone e l'Ariel che affondarono nella notte dell'11-12 ottobre 1940 presso Capo Passero sotto i colpi dell'incrociatore inglese HMS Ajax, vera bestia nera per le unità della Regia Marina; nello stesso scontro venne colpito anche il cacciatorpediniere Artigliere, che la mattina seguente venne finito da un attacco dell'incrociatore York e di aerosiluranti inglesi, con il suo comandante Carlo Margottini perito nell'affondamento della sua nave insieme al suo aiutante di squadriglia Corrado Del Greco.
La torpediniera Circe il 16 giugno 1940 affondò il sommergibile inglesi HMS Grampus che stava depositando mine presso Augusta e il 13 febbraio 1942, nel golfo di Taranto, il sommergibile inglese HMS Tempest; tra il 21 e il 33 dello stesso mese scorto con successo da Corfù a Tripoli, nell'operazione K7, un convoglio formato dalle motonavi Lerici, Monginevro e dalla nave cisterna Giordani, affondando nel corso della stessa missione in collaborazione con il cacciatorpediniere Antoniotto Usodimare, il sommergibile inglese HMS P 38. Il 2 novembre dello stesso anno soccorse inutilmente la motonave Zara colpita da aerosiluranti inglesi, salvandone però i naufraghi e il 27 dello stesso mese affondò presso Castellammare del Golfo in seguito ad una collisione con il piroscafo italiano Città di Tunisi.
La torpediniera Clio affondò il sommergibile inglesi HMS Grampus in collaborazione con la gemella Circe e il 18 dicembre dello stesso anno il sommergibile HMS Triton nel Canale d'Otranto.
La torpediniera Pleiadi, mentre era ormeggiata a Tripoli, il 31 maggio 1941 venne colpita da un idrovolante CANT Z.501 che, a causa di un'errata manovra, andò ad infrangersi sulla sua poppa della nave, causando un'esplosione, che devastò le strutture della nave, e un violento incendio. La nave venne rimorchiata fuori del porto per evitare che un'eventuale esplosione dei suoi depositi munizioni potesse causare danni ad altre navi. Trasferita nell'avamporto, nonostante tutti gli sforzi per salvarla, la nave affondò poche ore dopo emergendo con le sole sovrastrutture centro-prodiere; dopo che ne venne deciso il recupero, ad operazioni ormai avanzate, la nave venne colpita da una bomba nel corso di un'incursione aerea il 13 ottobre successivo e in seguito ad una forte mareggiata, che nei giorni successivi ha aggravato ulteriormente la situazione, la nave venne definitivamente abbandonata dopo aver asportato tutto quanto poteva essere ancora utilizzato.
Partenope e Lira andarono perdute in seguito alle vicende che seguirono l'armistizio dell'8 settembre.
La torpediniera Partenope venne catturata dai tedeschi mentre era in bacino a Napoli l'11 settembre 1943 e venne trovata arenata e semidistrutta a Castellammare di Stabia dopo la liberazione di Napoli.
La torpediniera Lira dopo essere stata autoaffondata il 9 settembre, venne recuperata dai tedeschi, incorporata nelle Torpedoboote Ausland con la sigla TA 49 ma non venne riparata e venne poi affondata durante un bombardamento aereo il 4 novembre 1944.
Le torpediniere Calliope, Clio, Libra e Aretusa nel dopoguerra entrarono a far parte della Marina Militare operando come unità di scorta antisommergibile.

Seconda guerra mondiale

All'ingresso dell'Italia nel secondo conflitto mondiale la nave faceva parte della I Squadriglia Torpediniere di base a Messina, che formava insieme alle gemelle Alcione, Airone ed Ariel. Operò in compiti di scorta convogli in Mar Egeo e da e per il Nordafrica.
Il 29 luglio 1940, nell'ambito dell'operazione «Trasporto Veloce Lento», l’Aretusa e le altre tre torpediniere della I Squadriglia vennero inviate a rafforzare la scorta – torpediniere Circe, Clio, Climene e Centauro della XIII Squadriglia – di un convoglio composto dal piroscafo passeggeri Marco Polo e dagli incrociatori ausiliari Città di Palermo e Città di Napoli, in navigazione da Napoli a Bengasi.
Nella notte tra il 5 ed il 6 settembre 1940 l’Aretusa effettuò la posa di uno sbarramento di 56 mine nelle acque della Valletta insieme alle gemelle Alcione, Ariel ed Altair.
Tra il 31 ottobre ed il 1º novembre dello stesso anno Andromeda, Antares, Altair ed Aretusa avrebbero dovuto appoggiare le «Forze Navali Speciali» nelle operazioni di sbarco a Corfù, ma tale sbarco venne cancellato poco dopo la partenza delle navi dalla base; le truppe imbarcate sulle unità da sbarco (due vetusti incrociatori, altrettanti anziani cacciatorpediniere, undici vecchie torpediniere, quattro incrociatori ausiliari, tre navi da sbarco e quattro MAS) vennero trasportate da queste a Valona.
Nel corso del 1941 la torpediniera venne modificata con l'eliminazione delle poco efficaci mitragliere da 13,2 mm e la loro sostituzione con 8 armi da 20/65 mm. Vennero inoltre imbarcati altri due lanciabombe di profondità.
Il 2 gennaio l’Aretusa salpò da Valona per scortare a Durazzo i piroscafi Albano e Caterina, ma alle 15.49 di quel giorno l’Albano urtò una mina e s'inabissò ad una decina di miglia da Durazzo; la torpediniera trasse in salvo 35 dei 40 uomini a bordo del piroscafo.
Il 4 maggio Aretusa, Altair e Antares, insieme all'incrociatore ausiliario Barletta, lasciarono Brindisi e scortarono il convoglio che sbarcò il corpo di spedizione italiano ad Argostoli (Cefalonia).
Il 22 luglio l’Aretusa effettuò un'azione antisommergibile il cui risultato non poté essere accertato.
Il 29 novembre l’Aretusa lasciò Navarino per Bengasi scortando, insieme alla torpediniera Pegaso, la nave cisterna Volturno; nel corso della stessa giornata la Volturno venne danneggiata dall'aviazione maltese e costretta a tornare in porto.
Nella notte tra il 13 ed il 14 dicembre l’Aretusa e la gemella Lince furono inviate ad aggregarsi ai cacciatorpediniere Vivaldi, da Noli, Aviere, Geniere, Carabiniere e Camicia Nera nella scorta alla corazzata Vittorio Veneto durante la navigazione di ritorno verso Taranto, dopo il siluramento della nave da battaglia da parte di un sommergibile inglese durante l'operazione di traffico «M 41».
Alle 15:00 del 3 gennaio 1942 l’Aretusa, nell'ambito dell'operazione «M 43», salpò da Taranto per scortare a Tripoli, insieme alle torpediniere Castore, Orsa ed Antares, la moderna motonave Monviso e la grande motonave cisterna Giulio Giordani, in quella che sarebbe stata l'ultima missione operativa della corazzata Giulio Cesare; il convoglio giunse indenne a destinazione il 5 gennaio.
Il 31 gennaio la torpediniera compì una nuova azione antisom, senza tuttavia poterne verificare gli esiti.
Il 5 febbraio l'unità, insieme alla torpediniera Orsa, diede la caccia ad un sommergibile che aveva infruttuosamente attaccato, al largo di Capo San Vito, la motocisterna Rondine.
Il 7-9 marzo la torpediniera avrebbe dovuto far parte della scorta di tre convogli per la Libia nell'ambito dell'operazione «V 5», ma venne rimpiazzata dal cacciatorpediniere Scirocco.
Il 12 marzo l’Aretusa diede caccia ad un sommergibile, ma non fu possibile constatarne i risultati.
Il 23 giugno dello stesso anno l’Aretusa e l’Antares rilevarono il cacciatorpediniere Turbine e la torpediniera Partenope nella scorta alla motonave Mario Roselli che, danneggiata da aerosiluranti mentre era in rotta per Bengasi, rientrava a Taranto a rimorchio della torpediniera Orsa ed assistita dai rimorchiatori Gagliardo, Pluto, Fauna e Portoferraio.
Il 17 ottobre la nave salpò da Brindisi di scorta, insieme alla torpediniera Orsa, alla motonave Monginevro; il convoglio si unì poi alla motonave Ankara che viaggiava scortata dai cacciatorpediniere Aviere, Geniere e Camicia Nera, mentre l'indomani la scorta venne rinforzata con l'invio di un altro cacciatorpediniere, l’Alpino. Verso la fine della navigazione il convoglio si divise: mentre le altre navi dirigevano per Bengasi, Alpino, Ankara, Orsa ed Aretusa raggiunsero Tobruk, dopo aver superato indenni due attacchi di aerosiluranti.
Il 30 novembre, alle undici di sera, lasciò Napoli per scortare a Tripoli, insieme alle torpediniere Lupo, Ardito e Sagittario, il convoglio «C», formato dai piroscafi Chisone, Veloce e Devoli. Intorno alle otto di sera del 2 dicembre il convoglio fu attaccato da quattro aerosiluranti Fairey Albacore dell'821° ed 828° Squadron di Malta: l’Aretusa distrusse con il proprio armamento uno degli aerosiluranti, ed anche il piroscafo Veloce riuscì con le proprie mitragliere ad abbattere un velivolo, ma alle 20.15 fu colpito da un siluro che lo incendiò. La torpediniera Lupo rimase sul posto per fornire assistenza, mentre il resto del convoglio proseguì verso la propria destinazione. Tra le 23.30 e la mezzanotte Lupo e Veloce furono attaccati dalla Forza K britannica ed affondati dopo un impari combattimento. Il resto del convoglio giunse a Tripoli alle sette di sera del 3 dicembre.
Il 13 aprile 1943, durante un bombardamento aereo, l'Aretusa fu centrata e gravemente danneggiata da bombe di aerei presso Favignana, sulle cui coste fu portata ad incagliarsi; recuperata fu rimorchiata a Palermo per le necessarie riparazioni.
Dopo lunghe riparazioni, la nave tornò operativa il 1º agosto 1943, con base a Napoli ed inquadrata con Sirio, Lince, Sagittario, Clio e Cassiopea nella 1ª squadriglia torpediniere dipendente dalla 5ª Divisione Navale.
Comandanti Tenente di vascello Mario Castelli Della Vinca (nato a Bologna il 21 luglio 1908)
Capitano di corvetta Roberto Guidotti (nato il 26 dicembre 1910).

Cobelligeranza

Dopo l'armistizio riuscì a raggiungere un porto sotto il controllo alleato.
Nell'autunno del 1943 l'unità prese parte alle operazioni di evacuazione delle truppe italiane rimaste bloccate nei Balcani.
Durante la cobelligeranza (1943-1945) l’Aretusa fu inoltre impiegata in missioni di scorta convogli per conto degli Alleati.

Servizio nella Marina Militare

Nel dopoguerra l'unità fu tra le navi lasciate all'Italia dal trattato di pace e venne quindi incorporata nella Marina Militare e inquadrata nella 3ª squadriglia torpediniere alle dipendenze del Comando Superiore delle siluranti.
Dal dicembre 1952 l’Aretusa venne sottoposta per circa 10 mesi ad importanti lavori di ammodernamento e cambio dell'armamento al termine dei quali venne riclassificata corvetta veloce: vennero rimossi i quattro tubi lanciasiluri ed uno dei cannoni da 100/47 mm, mentre fu installato un lanciatore antisommergibile «Porcospino». 

CANNONE DA 100/47 mm

Il cannone da 100/47 era un cannone navale italiano, impiegato nel ruolo antiaereo ed antinave sulle unità sottomarine e di superficie della Regia Marina durante la seconda guerra mondiale. La denominazione comprende una famiglia di pezzi e di impianti navali diversi, tutti derivati dallo Škoda 10 cm K10 austro-ungarico.
Impianto binato navale ed a.a. a culla unica, su affusto a piattaforma, derivato dallo Skoda 1910, con tubo d'anima ricambiabile a freddo. Dotato di affusto Minisini a ginocchiello variabile automaticamente in funzione dell'elevazione armava le corazzate Cavour e Giulio Cesare rimodernate e quasi tutti i nostri incrociatori durante la II G.M., compreso l'incrociatore San Giorgio dislocato a Tobruk come batteria galleggiante a difesa della base. E' stato un cannone con buone caratteristiche balistiche e di precisione, ma troppo lento per contrastare con efficacia gli aerei nemici che diventavano sempre più veloci ed adottavano innovative tecniche di attacco a bassa quota.  Il ginocchiello variabile consentiva una elevazione sino a 85° e la cadenza di tiro era di 8 - 10 colpi al minuto.  La gittata massima era di 15.240 m e la velocità iniziale dei proiettili era di 850 - 880 m/s.
Alla fine della prima guerra mondiale il Regno d'Italia ricevette dall'Impero austro-ungarico, come riparazione dei danni di guerra, gli incrociatori leggeri classe Helgoland e i cacciatorpediniere classe Tátra. Queste unità erano armate con l'ottimo Škoda 10 cm K10 da 100 mm, il quale tanto impressionò la Regia Marina, che ne fu prodotta una copia dalla Odero-Terni-Orlando, il 100/47 Mod. 1924. Questo cannone e le versioni successive Mod. 1927 e Mod. 1928, a differenza dello Škoda, erano impianti binati e vennero installati sulle navi da battaglia classe Conte di Cavour ricostruite e su quasi tutti gli incrociatori.
Nel 1930 dieci impianti binati OTO Mod. 1928 furono forniti all'Unione Sovietica ed installati sugli incrociatori leggeri Krasnyi Kavkaz e Chervona Ukraina. Queste bocche da fuoco erano una versione allungata a 50 calibri, incavalcate su un affusto antiaereo a ginocchiello variabile, progettato da Minisini, cosicché i pezzi in Unione Sovietica furono soprannominati Minizini.
Per le unità minori, quali torpediniere e corvette, la OTO realizzò due bocche da fuoco leggermente modificate, impiegate su diversi impianti singoli: al primo modello, il OTO Mod. 1931 seguirono gli impianti OTO Mod. 1935 e RM Mod. 1937, che usavano la stessa bocca da fuoco. L'OTO Mod. 1937 montava invece un'arma leggermente migliorata.
Infine, per i sommergibili la OTO realizzò dei derivati del Mod. 1928 in impianto singolo con canna leggermente accorciata, denominati Mod. 1931, Mod. 1935 e Mod. 1938.
Oltre che dalla Russia, il cannone da 100/47 fu impiegato anche da diverse marine estere: venne utilizzato dalla Svezia sulle sue due torpediniere classe Spica, che l'Italia cedette alla Svezia, dall'Argentina sui due incrociatori ARA Almirante Brown e ARA Veinticinco de Mayo, due incrociatori realizzati in Italia sul modello del tipo Trento e dalla Spagna sull'incrociatore Baleares.
Dopo l'armistizio, esso venne ceduto con alcune unità navali alla Grecia.
Nel dopoguerra continuò ad equipaggiare nella Marina Militare le torpediniere classe Spica e Orsa e le corvette Gabbiano e gli incrociatori leggeri tipo Condottieri (suddivisi in cinque classi) che facevano parte dell'aliquota di naviglio assegnato all'Italia. Sul Garibaldi nel dopoguerra vennero aggiunti due cannoni da 100/47 singoli per il tiro illuminante.
L'ultima unità navale ad imbarcare il cannone è stato l'incrociatore Montecuccoli, che nel dopoguerra ha operato com nave scuola per gli allievi dell'Accademia navale di Livorno, che venne messo in disarmo nel 1964, ammainando per l'ultima volta la bandiera, a Taranto la sera del 31 maggio 1964.
Le bocche da fuoco da 100/47 furono sviluppate dalla OTO come copie del pezzo Škoda 10 cm K10 e quindi ne riproducevano abbastanza fedelmente le caratteristiche. La canna in acciaio e dall'otturatore a cuneo orizzontale ma, a differenza dell'originale austriaco, aveva l'anima rigata sfilabile. I vari modelli impiegavano la stessa munizione separata a "cartoccio-bossolo" pesante 26,2 kg, dei quali 13,75 kg rappresentati dalla granata.
Sulle installazioni binate Mod. 24, Mod. 27 e Mod. 28 le bocche da fuoco erano sostenute una culla unica, incavalcata su affusti a piedistallo scudati inchiavardati ai ponti delle unità maggiori (navi da battaglia ed incrociatori).
Le corvette e le torpediniere erano dotate invece dei Mod. 31, Mod. 35, Mod. 37 e R.M. Mod. 37, affusti singoli, a candeliere, muniti di scudatura.
Le bocche da fuoco per sommergibili Mod. 31, Mod. 35 e Mod. 38 erano leggermente accorciate. Inoltre montavano un diverso gruppo di freni di sparo, più piccoli ed incassati nel blocco di culatta. Esse erano incavalcate su affusti singoli a piedistallo, privi di scudatura, con elevazione ridotta che ne limitava l'uso alla funzione antinave.

Il porcospino (in inglese: hedgehog) era un’arma ASW

Il porcospino (in inglese: hedgehog) è un'arma antisommergibile sviluppata dalla Royal Navy durante la seconda guerra mondiale, che venne impiegata come supplemento alle cariche di profondità sulle navi da guerra di scorta ai convogli.
Rispetto alle bombe di profondità, le cariche lanciate dal "porcospino" presentano due vantaggi:
il primo è quello che, esplodendo solo al contatto con il bersaglio, in caso di insuccesso non nascondono il sommergibile ai sonar, mentre le bombe di profondità, esplodendo, disturbano i sonar, i quali impiegano circa 15 minuti prima di poter riprendere il loro normale lavoro;
il secondo vantaggio è che non occorre conoscere la profondità del bersaglio, mentre nelle cariche di profondità bisogna regolare la profondità alla quale si vuol far esplodere la carica. Data l'approssimazione con la quale si conosce la posizione del sommergibile, le cariche debbono essere lanciate in gran numero e infatti Il porcospino ne può lanciare sino a 24.
Tecnicamente l'arma è simile ad un mortaio e spara una serie di piccole cariche, che vengono innestate su degli appositi sostegni a perno. Quando l'arma non ha le cariche innestate rimangono visibili solamente i perni, che fanno assomigliare l'insieme agli aculei di un porcospino.
Il porcospino lanciava simultaneamente, ad una distanza di circa 200 metri, 24 bombe antisommergibili, che ricoprivano una superficie marina ellittica; la prima carica che esplodeva faceva esplodere anche le altre. Il sistema hedgehog è stato sostituito nella Royal Navy dal sistema squid e successivamente dal mortaio limbo.

In seguito all'ingresso dell'Italia nella NATO la nave ricevette inoltre (1953) la nuova sigla identificativa F 556. La nave prese parte ad esercitazioni con le forze NATO. Nel 1958 l’Aretusa subì ulteriori ammodernamenti, quali l'eliminazione dei due rimanenti pezzi da 100 mm, sostituiti con 2 mitragliere singole da 40/60 mm Mk 3.

Cannone Bofors 40 mm L/60

Il Bofors 40 mm Automatic Gun L/60 (spesso indicato semplicemente come "Bofors 40 mm gun", "Bofors gun" e simili,) è un cannone automatico antiaereo, progettato in negli anni '30 dal produttore di armi svedese AB Bofors. Il cannone è stato progettato come cannone antiaereo intermedio, colmando il divario tra i cannoni antiaerei di piccolo calibro a corto raggio a fuoco rapido e i cannoni antiaerei di alto calibro a lungo raggio a fuoco più lento, un ruolo che in precedenza era occupato da vecchi cannoni obsoleti . Il Bofors 40 mm L/60 era per l'epoca perfettamente adatto a questo ruolo e negli anni precedenti la seconda guerra mondiale superò i progetti concorrenti sia in termini di efficacia che di affidabilità. 
Entrò nel mercato delle esportazioni intorno al 1932 ed era in servizio con 18 paesi nel 1939. Durante la seconda guerra mondiale divenne uno dei cannoni antiaerei di peso medio più popolari e diffusi. Fu utilizzato dalla maggior parte degli alleati occidentali e da alcune potenze dell'Asse come la Germania nazista e l'Ungheria.
Nel dopoguerra, il design Bofors 40 mm L/60 non era adatto per l'azione contro aerei a propulsione a reazione, quindi Bofors sviluppò un nuovo design sostitutivo da 40 mm con una potenza significativamente maggiore: il cannone automatico Bofors 40 mm L/70, noto anche con il nome generico di "cannone Bofors 40 mm", adottato da molte nazioni durante la Guerra Fredda e selezionato come standard NATO nel novembre 1953. Il Bofors 40 mm L/60 continuerà comunque a vedere il servizio molto tempo dopo essere diventato obsoleto come arma antiaerea a causa dell'enorme numero di cannoni in eccedenza della seconda guerra mondiale, e un piccolo numero di cannoni Bofors 40 mm L/60 rimane in servizio oggi. Alcune armi hanno visto l'azione fino alla guerra del Golfo e alle guerre jugoslave.

L’unità fu radiata il 1º agosto 1958 e venne quindi avviata alla demolizione.



….Gli attuali eventi storici ci devono insegnare che, se vuoi vivere in pace, 
devi essere sempre pronto a difendere la tua Libertà….
La difesa è per noi rilevante
poiché essa è la precondizione per la libertà e il benessere sociale.
Dopo alcuni decenni di “pace”,
alcuni si sono abituati a dare la pace per scontata:
una sorta di dono divino 
e non, un bene pagato a carissimo prezzo dopo innumerevoli devastanti conflitti.…

(Fonti: https://svppbellum.blogspot.com/, Web, Google, Wikipedia, You Tube)




























 

Nessun commento:

Posta un commento

AUGURI DI BUON NATALE E FELICE 2025...

  AUGURI DI BUON NATALE E FELICE ANNO NUOVO A TUTTI GLI AMICI DEL BLOG, E ANCHE A TUTTI GLI "HAKER" CHE CI HANNO ATTACCATO PER TUT...