martedì 9 agosto 2022

La battaglia di Tsushima, in Giappone detta comunemente battaglia navale del Mar del Giappone (日本海海戦)


SI VIS PACEM, PARA BELLUM - “SVPPBELLUM.BLOGSPOT.COM"

….La guerra all’Ucraina ci deve insegnare che, se vuoi vivere in pace, 
devi essere sempre pronto a difendere la tua Libertà….

….Basta con la retorica sulle guerre umanitarie e sulle operazioni di pace. 
La guerra è guerra. Cerchiamo sempre di non farla, ma prepariamoci a vincerla…

…Ho ancora nel naso l’odore che faceva il grasso del fucile mitragliatore arroventato. Ho ancora nelle orecchie e sin dentro il cervello, il rumore della neve che crocchiava sotto le scarpe, gli starnuti e i colpi di tosse delle vedette di guardia, il suono delle erbe secche e delle pietre battute dal vento sulle rive del Tagliamento…


La battaglia di Tsushima, in Giappone detta comunemente battaglia navale del Mar del Giappone (日本海海戦), fu l'ultimo decisivo scontro della guerra russo-giapponese (1904-1905). Fu combattuta il 27 ed il 28 maggio 1905 (14 e 15 maggio secondo il calendario giuliano in vigore all'epoca in Russia) nello stretto di Corea. Nella battaglia la Marina imperiale giapponese, al comando dell'ammiraglio Tōgō Heihachirō, distrusse due terzi della Flotta del Baltico, parte della flotta imperiale russa, comandata dall'ammiraglio Zinovij Petrovič Rožestvenskij.






Antefatti

La Flotta Giapponese Combinata e la Flotta Russa del Baltico, inviata dall'Europa, combatterono nella parte orientale dello stretto di Corea, vicino all'isola di Tsushima. Precedentemente la Flotta del Pacifico era stata bloccata il 10 agosto 1904 nella battaglia dello Shantung che aveva impedito alla flotta russa di dirigere a Vladivostok costringendola a rientrare a Port Arthur, dove era stata decimata dal fuoco dell'artiglieria di terra giapponese. La Flotta del Baltico, allestita in fretta alla notizia della sconfitta, navigò attraverso il Mare del Nord causando un incidente diplomatico sul Dogger Bank[1] quando attaccò nottetempo per errore una piccola flotta di pescherecci britannici[2], e quindi proseguì nell'Atlantico.
Giunto a Tangeri, l'ammiraglio Rožestvenskij divise la flotta in due parti: una, al comando del contrammiraglio barone Fölkersam, diresse attraverso il Mediterraneo per il Canale di Suez; l'altra, al comando dello stesso Rožestvenskij, circumnavigò l'Africa: l'appuntamento per il ricongiungimento era all'isola Saint Marie nel Madagascar. Qui era previsto il rifornimento di carbone e l'effettuazione di riparazioni nella baia di Diégo Suarez (punta nord-orientale dell'isola malgascia), ma i francesi negarono l'autorizzazione ed imposero la sosta nella molto meno ospitale baia di Nosy Be, nella parte nord-occidentale del Madagascar. Qui la flotta, giunta ai primi di gennaio 1905, fu costretta, a causa di contrasti diplomatici che bloccarono i rifornimenti di carbone previsti per contratto con la società tedesca Hamburg-Amerika Linie, ad una sosta ben più lunga del previsto: due mesi; ritardo che risulterà esiziale per la riuscita della missione. Il viaggio complessivo fu lungo (circa un anno), e gli equipaggi divennero sempre meno efficienti e più inquieti, mentre le navi furono sottoposte ad una pesante usura. Alla flotta era stato ordinato di rompere il blocco navale di Port Arthur (Lüshunkou) (una città che oggigiorno fa parte della moderna città portuale di Dalian), ma al suo arrivo nel mar della Cina l'insediamento era già stato conquistato, e quindi la flotta russa, dopo essere stata costretta a rimanere a lungo in attesa dell'arrivo di un'ulteriore squadra di rinforzo composta di vecchie unità costiere (fatto che diede il tempo ai Giapponesi di riportare in piena efficienza le proprie navi, anch'esse usurate da un anno di guerra), tentò di raggiungere il porto russo di Vladivostok.
I russi avrebbero potuto navigare attraverso uno di tre possibili stretti per raggiungere Vladivostok: quello di La Perouse, quello di Tsugaru o quelli di Tsushima. L'ammiraglio Rožestvenskij scelse Tsushima in uno sforzo di semplificare la sua rotta e nella speranza di poter sfruttare le nebbie che coprivano la zona in quella stagione. L'ammiraglio Togo, che si trovava nella base di Pusan (Corea), credeva anch'egli che Tsushima sarebbe stata la rotta scelta dai russi. Questi stretti sono il corpo d'acqua ad oriente del gruppo di Isole di Tsushima, situato all'incirca a metà strada tra l'isola giapponese di Kyūshū e la penisola Coreana, ed erano la rotta più diretta dall'Indocina. Le altre due rotte avrebbero obbligato la flotta russa (già a corto di carbone per le pesanti restrizioni poste dagli Inglesi ai loro rifornimenti) a navigare ad oriente del Giappone.

La battaglia

La flotta russa, dopo aver navigato in oscuramento per l'intera notte e nelle nebbie dell'alba successiva, era quasi riuscita a forzare il blocco dei pattugliatori nipponici, quando al levarsi della nebbia verso metà mattina le due navi ospedale al seguito furono scoperte dalla squadra di incrociatori giapponesi, rapidamente messi in fuga dalle corazzate russe; ma ormai la flotta era stata individuata. Una delle navi ospedale non aveva rispettato le norme di oscuramento ordinate da Rožestevenskij, e, scambiata inizialmente per un mercantile neutrale, aveva incuriosito gli esploratori nipponici, che si erano avvicinati per indagare. Il segnale di scoperta fu trasmesso a Togo col telegrafo senza fili, invenzione recente di cui erano dotate sia le unità russe che quelle giapponesi. Ufficiali dello stato maggiore consigliarono a Rožestvenskij di avvalersi della stazione radio dell'incrociatore Ural per tentare di disturbare le trasmissioni nemiche. L'ammiraglio russo non ritenne di tentare l'azione di disturbo: l'apparato radio dell'Ural non aveva dato buona prova nel corso della navigazione. L'impianto radiotelegrafico installato sull'Ural, definito "ultrapotente", un impianto sperimentale della ditta fornitrice tedesca, in realtà si rivelò in grado di captare al massimo trasmissioni distanti pochissime miglia. Le comunicazioni radiotelegrafiche della flotta russa furono quindi eseguite essenzialmente dai piccoli ricetrasmettitori "Marconi", in grado di funzionare fino a 90 miglia. La pronta comunicazione via radio della scoperta della formazione nemica, ed il mancato disturbo delle comunicazioni radio giapponesi, elementi importanti per l'esito della battaglia, furono nodi storici rilevanti nella storia della guerra elettronica. I russi navigavano da sud-sud-ovest verso nord-nord/est; i giapponesi da est-nord/est. Togo ordinò alla sua squadra di virare in sequenza, permettendo alle navi di prendere la stessa rotta dei russi, rischiando perciò solo una corazzata alla volta. Questa inversione ad U ebbe successo. Le due linee di corazzate stabilizzarono la loro distanza a 6.200 metri e cominciarono a scambiarsi cannonate. La flotta giapponese si era esercitata in continuazione dall'inizio della guerra utilizzando adattatori per munizioni di calibro inferiore per i loro cannoni; i loro cannonieri erano più abili, e colpirono i loro bersagli più spesso. Inoltre i giapponesi usarono una miscela particolare per l'esplosivo dei loro proiettili, detta shimose ("melinite"), progettata per esplodere a contatto e devastare le infrastrutture delle navi. I russi usarono invece proiettili perforanti. Il risultato fu che i colpi giapponesi causarono danni più gravi rispetto a quelli russi.
A causa del lungo viaggio della flotta russa in acque tropicali e l'impossibilità di effettuare lavori di manutenzione, le carene delle sue navi erano pesantemente intralciate dalle incrostazioni marine, che riducevano la loro velocità rispetto a quelle giapponesi. In battaglia la velocità, combinata con l'artiglieria a lunga gittata, può offrire un vantaggio significativo. La flotta giapponese poteva raggiungere i 16 nodi (30 km/h), ma la flotta russa poteva al massimo raggiungere gli 8 nodi (15 km/h). Togo fu capace di sfruttare questo vantaggio per "tagliare la T" due volte.
L'ammiraglio Rožestvenskij fu messo fuori combattimento da un frammento di proiettile nel cranio e, nonostante la sua volontà contraria, dovette essere trasbordato dall'ammiraglia Knyaz Suvorov ormai irrimediabilmente danneggiata - ad una torpediniera. La flotta russa perse le sue corazzate più moderne, la Knjaz Surov, la Oslyabya, la Imperator Aleksandr III e la Borodino il 27 maggio. Le navi giapponesi soffrirono soli danni lievi, principalmente all'ammiraglia Mikasa. Nella sera l'ammiraglio di divisione Nebogatov assunse il comando della flotta russa.
Nella notte seguente le torpediniere ed i cacciatorpediniere giapponesi attaccarono la flotta russa, che si era dispersa in piccoli gruppi tentando di fuggire verso nord. La vecchia corazzata russa Navarin fu affondata, mentre la corazzata Sisoy Veliki e due vecchi incrociatori corazzati Admiral Nachimov e Vladimir Monomach furono danneggiati e dovettero essere autoaffondati al mattino.
Quattro altre corazzate sotto l'ammiraglio di divisione Nebagatov furono costrette ad arrendersi il giorno successivo. Il suo gruppo consisteva di una sola corazzata moderna, la Orël, insieme con la vecchia corazzata Imperator Nikolay I e due piccole corazzate costiere, e non ebbe alcuna possibilità di affrontare la flotta giapponese. Fino alla sera del 28 maggio singole navi russe furono inseguite dai giapponesi. La piccola corazzata costiera Admiral Ushakov rifiutò di arrendersi e fu affondata dagli incrociatori corazzati giapponesi. Il vecchio incrociatore Dimitri Donskoy combatté contro 6 incrociatori e sopravvisse fino al giorno successivo quando si autoaffondò a causa dei danni. Tre incrociatori, inclusi l'Aurora, fuggirono fino alla base navale statunitense di Manila dove furono internati. Lo yacht rapido armato Almaz (classificato come incrociatore di 2° rango) e due cacciatorpediniere furono le uniche navi che riuscirono a raggiungere Vladivostok. Praticamente l'intera Flotta Russa del Baltico fu persa, mentre i giapponesi persero solo tre torpediniere (le numero 34, 35 e 69).

Tattiche navali

Quando l'ammiraglio Togo decise di eseguire una virata verso sinistra "per contromarcia" lo fece con lo scopo di preservare la sua linea di battaglia, cioè mantenere l'ammiraglia Mikasa in testa alla linea di battaglia (ovviamente Togo voleva che le sue unità più potenti entrassero in azione prima). Virare per contromarcia significava che ogni nave avrebbe dovuto virare nello stesso tratto di mare (questo è il pericolo della manovra, perché dà alla flotta nemica la possibilità di prendere di mira quel tratto). Togo avrebbe potuto ordinare alle sue navi di virare "ad un tempo", cioè ogni nave avrebbe dovuto virare contemporaneamente ed invertire la rotta: questa manovra sarebbe stata più rapida, ma avrebbe scombinato la linea di battaglia e posto gli incrociatori davanti, cosa che Togo voleva evitare. La virata iniziale, contestata dai puristi della guerra navale, avrebbe potuto esporre le navi giapponesi al fuoco prima di essersi riallineate, tuttavia questo non accadde, e la manovra "ad alpha" (dalla rotta eseguita da Togo per allinearsi alle corazzate russe) si rivelò tanto audace quanto efficace.
La battaglia di Tsushima segnò la definitiva sconfitta dell'Impero Russo che, con la mediazione del Presidente USA Theodore Roosevelt, sottoscrisse di lì a poco la pace di Portsmouth. La Russia abbandonò la Corea alla sfera d'influenza giapponese, e rivolse i propri interessi sui Balcani.
Sotto il profilo della storia navale, Tsushima fu l'ultimo scontro fra corazzate non monocalibro; infatti la battaglia mostrò la fattibilità e l'utilità di un combattimento ingaggiato a grande distanza coi grossi calibri. Di lì a breve l'ammiragliato britannico mise in linea un nuovo genere di corazzata monocalibro, che dalla prima unità prese il nome di Dreadnought. Questo tipo d'unità era peraltro già stato propugnato dal progettista italiano Vittorio Cuniberti. Per contro, a Tsushima le torpediniere, sulle quali gli ammiragliati avevano riposto tante aspettative, ebbero un ruolo marginale e non decisivo.

Ritrovata la nave russa Dmitri Donkoi, scomparsa al termine della battaglia

La battaglia di Tsushima fu uno scontro navale che segnò la storia dell’Umanità. Tsushima, uno stretto a metà strada tra l’isola giapponese di Kyūshū e la penisola Coreana. Tutto iniziò quando lo zar Nicola II decise di inviare l’intera Flotta del Baltico, cinquanta navi da guerra di base a Kronstadt, nei pressi di San Pietroburgo, per unirsi al resto della flotta del Pacifico ed ingaggiare in battaglia i Giapponesi.


Dopo un estenuante viaggio, l’ammiraglio Rožestvenskij, scelse la via minore ovvero attraverso lo stretto di Tsushima, sia per accorciare i tempi sia per poter sfruttare le fitte nebbie che in quella stagione coprivano quella zona di mare. 
L’ammiraglio giapponese Togo, che si trovava nella base di Pusan (Corea), comprese che i Russi sarebbero transitati attraverso l’arcipelago di Tsushima e predispose il suo piano di attacco. La flotta russa, dopo aver navigato in oscuramento per l’intera notte e nelle nebbie dell’alba successiva, era quasi riuscita a superare il blocco dei pattugliatori nipponici quando, al levarsi della nebbia, due navi ospedale russe furono scoperte dalla squadra di incrociatori giapponesi. Nulla valse l’intervento delle corazzate russe. Le due linee di corazzate si portarono a circa 6000 metri e cominciarono a sparare con i potenti cannoni. La flotta giapponese era più addestrata al combattimento e fu in grado di colpire le unità navali russe con grande precisione e maggiore frequenza. La superiorità nipponica era anche legata al tipo di munizionamento progettato per esplodere a contatto contro le infrastrutture delle navi.
Inoltre, i Russi procedevano ad una velocità massima di otto nodi, a causa delle carene sporche, mentre la flotta nipponica poteva invece raggiungere i sedici nodi. Inutile dire che in poco tempo la linea russa si spezzò. Tra di esse vi era anche un vecchio incrociatore, il Dimitri Donskoy, comandato dal capitano Ivan Lebedev, che combatté fino allo stremo contro sei incrociatori nipponici. Sopravvisse al fuoco nemico fino al giorno successivo quando, a causa degli ingenti danni, decise di auto-affondarsi.
Durante la battaglia di Tsushima, l’intera Flotta Russa del Baltico fu persa, mentre i giapponesi persero solo tre torpediniere. Perché oggi raccontiamo la storia dell’incrociatore Dimitri Donskoy? Tutto nasce da una leggenda che favoleggia che la nave, al momento dell’affondamento, trasportasse il tesoro della flotta russa, miliardi di dollari in oro che dovevano raggiungere Vladivostok ma scomparvero in mare. Vale la pena di raccontare la sua storia. 
La nave, costruita a San Pietroburgo e consegnata nell’agosto del 1883, era stata inizialmente progettata per un uso mercantile. Come molte navi dell’epoca aveva una duplice  propulsione, a vela ed a vapore. Convertita ad uso militare, trascorse la maggior parte della sua carriera operativa nel Mar Mediterraneo fino a quando fu comandata ad unirsi al Secondo Squadrone del Pacifico della Russia imperiale nel mar Baltico.
Come tante navi russe nello scontro di Tsushima, il Dmitrii Donskoi nonostante le sue condizioni di vetustà, si comportò eroicamente, rispondendo al fuoco giapponese e riuscendo alla fine a sfuggire alla forza navale di Togo. Dopo il disimpegno, aveva tentato di dirigersi verso il porto russo di Vladivostok ma, a causa dei gravissimi danni e dell’impossibilità di proseguire, il capitano della nave aveva deciso di ancorarsi al largo dell’isola di Ulleungdo per sbarcare a terra i sopravvissuti. Il mattino seguente, il 29 maggio 1905, viste le condizioni della nave aveva dato l’ordine estremo di auto-affondarla al largo, per non farla cadere in mano nemica.
I membri dell’equipaggio furono presto fatti prigionieri dalle forze da sbarco giapponesi e lo stesso capitano Lebedev, gravemente ferito, morì. Dopo poco tempo si sparse la voce che il Dmitrii Donskoi stava trasportando l’intera riserva d’oro del secondo squadrone russo del Pacifico, un enorme tesoro del valore di miliardi di dollari. Sarà vero o si tratterà di uno dei tanti miti del mare? Secondo le fonti russe odierne, il tesoro forse non è mai esistito ma … i cercatori di tesori non mollano.
Dopo oltre un secolo, il relitto del Dmitrii Donskoi è stato ritrovato a circa 480 metri di profondità, ad un miglio dall’isola sudcoreana di Ulleungdo. Una compagnia coreana di salvataggio marittimo, la Shinil Group di Seul, da anni impegnata nella sua ricerca, ha affermato che la nave potrebbe contenere ancora 200 tonnellate di oro per un valore vicino ai 134 miliardi di dollari attuali. La nave è stata scoperta ed identificata da uno dei sommergibili della compagnia che, alla fine, ha potuto fotografarne il nome scritto a poppa in caratteri cirillici. 
Nel 2000, il Daily Independent aveva riportato che una compagnia sudcoreana, il Korea Ocean Research and Development Institute, aveva scoperto il naufragio del Dmitrii Donskoi. In realtà nulla fu recuperato e la società fallì. Nel 2003 fu la volta dell’Istituto di Ocean Science and Technology della Corea del Sud che disse di aver scoperto il suo relitto, comprovandolo nel 2007 con delle foto.  Del carico d’oro del valore di 125 miliardi di dollari, che sarebbe stata la più grande scoperta marittima di tutti i tempi, nessuna traccia.
Nel luglio 2018, il Gruppo Shinil, una società di cacciatori di tesori della Corea del Sud, ha annunciato di aver trovato Dmitrii Donskoi ad un miglio dall’isola sudcoreana di Ulleungdo. Secondo il piano del gruppo, una società di recupero cinese avrebbe tentato di recuperare 5.500 scatole di lingotti d’oro e 200 tonnellate di monete d’oro, per un valore complessivo di circa 133 miliardi di dollari USA, dal relitto. In caso di ritrovamento metà dell’oro sarebbe stata restituita alla Russia. In realtà la Shimil sembra non abbia richiesto i permessi necessari e un rappresentante del Museo Navale  Centrale di San Pietroburgo ha dichiarato che non vi erano prove a sostegno della rivendicazione dell’oro. Di fatto, a seguito della notizia del ritrovamento, la reazione russa è stata immediata: “È fuori discussione che la nave da guerra avesse barre d’oro nella sua stiva, perché era pratica della Russia mandare oro in Estremo Oriente su vagoni ferroviari speciali“, ha riferito Sergei Klimovsky, segretario scientifico del museo navale centrale di San Pietroburgo. In realtà questo potrebbe essere vero in quanto, nel 1993, sommozzatori giapponesi scoprirono il relitto dell’ammiraglio Nakhimov nelle stesse acque del Dmitri Donskoi, ma non vi trovarono preziosi ne tanto meno oro.
Di fatto sembra che questa volta il Shinil Group abbia trovato il luogo preciso del relitto con l’aiuto del suo team di esperti della Corea del Sud, Cina, Gran Bretagna e Canada. Nelle profondità degli abissi è stato finalmente ritrovato ed identificato il relitto dell’incrociatore. Le riprese foto-video della compagnia mostrano immagini che confermano, senza ombre di dubbio, la sua identità, gli ingenti danni subiti, la sua ancora, i cannoni e le infrastrutture di coperta ormai colonizzate, nonostante la grande profondità, dalla vita marina. Ma, il 26 luglio 2019, il gruppo ha cambiato il suo nome in Shinil Marine Technology e ha ritirato pubblicamente le sue pretese sul relitto, dopo aver rastrellato  fondi per circa 53 milioni di dollari. Una nuova truffa colossale? 
Forse la scoperta che gli abissi in realtà non conservano nessun tesoro e quindi, una rocambolesca fuga con il malloppo. La domanda resta aperta: il Dmitrii Donskoi contiene veramente un favoloso tesoro? La ricerca continua, ma la scoperta di questa vecchia nave che aveva combattuto come una leonessa sotto un fuoco impari, vale molto di più.

(Fonti: Web, Google, Wikipedia, Arsbellica, Ocean4future, You Tube)



















































 

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