sabato 2 febbraio 2019

Il destino che lega il MAS di Luigi Rizzo e Giuseppe Aonzo, l'Amm. Horthy e la corazzata SZENT ISTVÁN



Luigi Rizzo, primo conte di Grado e di Premuda (Milazzo, 8 ottobre 1887 – Roma, 27 giugno 1951), è stato un comandante marittimo e ammiraglio italiano. 
Prestò servizio nella Regia Marina durante la prima e la seconda guerra mondiale ricevendo numerose decorazioni. 

Prese parte come volontario all'Impresa fiumana e alla guerra d'Etiopia. 



Nacque a Milazzo l'8 ottobre 1887. Capitano di lungo corso nella Marina mercantile, il 17 marzo 1912 fu nominato sottotenente di vascello di complemento della riserva navale. Nel primo conflitto mondiale, dal giugno 1915 alla fine del 1916 venne destinato alla difesa marittima di Grado, dove, agli ordini del capitano di corvetta Filippo Camperio prima e del capitano di fregata Alfredo Dentice di Frasso poi, si distinse particolarmente, ottenendo anche una medaglia d'argento al valor militare.

Successivamente fu trasferito nella neonata squadriglia dei MAS, prendendo parte a varie missioni di guerra. 



Fra queste si ricordano:
  • maggio 1917: cattura di due piloti di un idrovolante austriaco ammarato per avaria; per tale azione ottenne la seconda medaglia d'argento al valor militare;
  • dicembre 1917: affondamento della corazzata guardacoste austriaca Wien, avvenuto nella rada di Trieste. Per questa azione Rizzo venne decorato con la medaglia d'oro al valore militare. Nello stesso mese, per le missioni compiute nella difesa delle foci del Piave, venne decorato con una terza medaglia d'argento al valor militare e venne promosso tenente di vascello per meriti di guerra, ottenendo il passaggio in s.p.e. (servizio permanente effettivo);
  • febbraio 1918: con Gabriele D'Annunzio e Costanzo Ciano partecipò alla "Beffa di Buccari", ottenendo una medaglia di bronzo al valor militare, commutata al termine della guerra in medaglia d'argento al valor militare;
  • giugno 1918: il 10 giugno 1918 al largo di Premuda attaccò e affondò la corazzata Szent István. Per questa azione venne insignito della Croce di Cavaliere dell'Ordine Militare di Savoia; infatti, in virtù del R.D. 25 maggio 1915 n. 753, che vietava di conferire alla stessa persona più di tre medaglie al valore cumulativamente d'argento e d'oro, non fu fregiato della seconda medaglia d'oro al valor militare. Tale limitazione fu abrogata con il R.D. 15 giugno 1922 n. 975 e quindi con R.D. 27 maggio 1923 gli fu revocata la nomina a cavaliere dell'Ordine militare di Savoia e concessa la medaglia d'oro al valor militare per l'impresa di Premuda.



Volontario fiumano nel 1919, nel 1920 lasciò il servizio attivo con il grado di capitano di fregata. Nel 1925 assunse la presidenza della Società di Navigazione Eolia di Messina, carica che manterrà fino al 1948. L'anno successivo fondò a Genova la Calatimbar, società tra armatori, esportatori e spedizionieri, che aveva lo scopo di imbarcare tutte le merci in partenza da quel porto. Alla Calatimbar parteciparono anche privati, quali la Fiat, ed Enti pubblici, come il Consorzio del porto e le Ferrovie dello Stato. Negli anni successivi fu anche nominato Presidente della Cassa Marittima Infortuni e Malattie della Gente di Mare, dell'Unione Italiana Sicurtà Marittima e della Società Anonima di Navigazione Aerea.
Con regio decreto di concessione del 25 ottobre 1932 e rr.ll.pp. del 20 giugno 1935, fu nominato Conte di Grado. Il predicato di Premuda. fu aggiunto al titolo comitale di Grado con r.d. motu proprio di concessione del 20 ottobre 1941. Nel 1936, volontario, partecipò alla guerra d'Etiopia; il 18 giugno 1936 fu nominato ammiraglio di divisione della Riserva Navale per meriti eccezionali.
Nel 1939 fu Consigliere nazionale della Camera dei Fasci e delle Corporazioni.
Il 10 giugno 1940, allo scoppio delle ostilità, chiese di rientrare in servizio e si occupò della lotta antisommergibile nel Canale di Sicilia; fu dispensato dal servizio nel gennaio del 1941, assumendo la carica di Presidente del Lloyd Triestino. Il 20 febbraio 1942 fu nominato Presidente dei Cantieri Riuniti dell'Adriatico; dopo l'8 settembre 1943 ordinò il sabotaggio dei transatlantici e dei piroscafi affinché non cadessero in mano tedesca. Per questa sua direttiva venne trasferito dalla Gestapo in Austria, prima nel carcere di Klagenfurt e successivamente nel soggiorno obbligato a Hirschegg, dove fu raggiunto dalla figlia Maria Guglielmina.
Rimpatriato al termine del conflitto, morì a Roma il 27 giugno 1951, due mesi dopo un'operazione per un tumore al polmone. L'operazione fu effettuata dal professor Raffaele Paolucci, suo grande amico, che durante la Grande Guerra era stato il protagonista con il maggiore del genio navale Raffaele Rossetti dell'affondamento nel porto di Pola della corazzata austriaca Viribus Unitis.

La dedica di D’Annunzio

La cittadinanza di Milazzo, in occasione della dedica di una medaglia d'oro al suo concittadino, capitano Rizzo, chiese a Gabriele D'Annunzio il testo della dedica e dell’iscrizione:

«A te, che osi l'inosato, distruttore di navi nemiche perdutissimo e tranquillo, converrebbe la corona rostrale, di foggia romana, offerta dalla tua gente marina sopra le acque illustrate in perpetuo dalla vittoria di Roma. Ma la tua semplicità non pregia alcun serto più della rozza berretta di marinaio che sola è la tua insegna di Capo quando conduci la prua disperata di là dalla morte e ne torni con la fortuna attonita. Così la tua gente ha battuto per te in medaglia concisa l'oro della corona classica, a esprimere il suo orgoglio e a perpetuare il ricordo dell'evento fulmìneo. Non mancano all'offerta l'assenso e il sorriso di quell'Eroe che saldò per sempre il suo nome al nome della tua città natale col fuoco della sua più bella battaglia, come ferro a ferro. Colui che grandi imprese compiva con piccoli legni, il capitano della goletta di Rio Grande e del lancione di Camacua, il pilota notturno dei Mille, non considera come uno dei suoi credi il figlio della sua Milazzo garibaldina. Certo, figlio, il tuo atto è a noi un baleno di quella medesima folgore. Con animo figliale accogli questo segno d'amore più che d'onore, capitano Luigi Rizzo. Offrendotelo, la tua gente non spezza il conio. Sa che tu non sei intento se non a superare te stesso e il sangue tuo.»

A Luigi Rizzo è intitolata la sesta unità della nuova classe Bergamini della Marina Militare, il Luigi Rizzo (F595), impostata a Riva Trigoso il 5 marzo 2013 e varata il 19 dicembre 2015 alla presenza di Maria Guglielmina Rizzo, figlia di Luigi Rizzo e madrina del varo. L'unità è entrata in servizio il 20 aprile del 2017. In precedenza era stata intitolata all'ammiraglio Rizzo anche la fregata Luigi Rizzo (F596), in attività dal 1961 al 1980.

Onorificenze (le più importanti)

Medaglia d’oro al valor militare:

«Per la grande serenità ed abilità professionale e pel mirabile eroismo dimostrato nella brillante, ardita ed efficace operazione da lui guidata, di attacco e di distruzione di una nave nemica entro la munita rada di Trieste.» Rada di Trieste, notte fra il 9 e il 10 dicembre 1917.

Comandante di una sezione di piccole siluranti in perlustrazione nelle acque di Dalmazia, avvistava una poderosa forza navale nemica composta di due corazzate e numerosi cacciatorpediniere e, senza esitare, noncurante del grande rischio, dirigeva immediatamente con le sezioni all'attacco. Attraversava con incredibile audacia e somma perizia militare e marinaresca la linea fortissima delle scorte, e lanciava due siluri contro una delle corazzate nemiche, colpendola ripetutamente in modo da affondarla. Liberarsi con grande abilità dal cerchio di cacciatorpediniere che da ogni lato gli sbarravano il cammino e, inseguito e cannoneggiato da uno di essi, con il lancio di una bomba di profondità, lo faceva desistere dall'inseguimento danneggiandolo gravemente.» Costa dalmata, notte sul 10 giugno 1918.

Medaglia d’argento al valor militare:

«Per le numerose prove di arditezza e di iniziativa date durante varie azioni guerresche in mare come osservatore di idrovolanti e perché, avendo ricevuto ordine di recare ad una squadriglia di torpediniere delle informazione sull'ubicazione di galleggianti nemici, si offriva di pilotare la squadriglia stessa in un'importante azione guerresca, contribuendo col suo ardimento e la sua abilità tecnica alla buona riuscita dell’operzione. Alto Adriatico, 30 novembre 1915.

«Per essersi trattenuto con un motoscafo sotto il tiro delle batterie nemiche,non curando il vivo fuoco d'artiglieria e gli attacchi dall'alto per effettuare la cattura di aviatori nemici.» Alto Adriatico, 23 maggio 1917.

“Per le belle qualità militari dimostrate nelle numerose missioni di guerra compiute in ventinove mesi di servizio presso la difesa di Grado come comandante di una squadriglia MAS e per il contegno calmo, sereno e sprezzante del pericolo tenuto durante il ripiegamento.» Litorale Nord Adriatico, ottobre-novembre 1917.

Comandante di unità sottile dava prova di sereno coraggio nell'audace attacco al naviglio nemico nella lontana e munita baia di Buccari.» (Buccari, febbraio 1918) - in commutazione della medaglia di bronzo al valore militare concessa con R.D. 21-5-1918 per lo stesso fatto.

Navy Distinguished Service Medal - Stati Uniti:

“The President of the United States takes pleasure in presenting the Navy Distinguished Service Medal to Luigi Rizzo, Captain, Italian Navy, for exceptionally meritorious and distinguished service in a position of great responsibility to the Government of the United States, as member of an Allied Force during World War I.”

L'impresa di Premuda fu un'azione navale compiuta dai MAS 15 e 21 rispettivamente comandati da Luigi Rizzo e Giuseppe Aonzo, che all'alba del 10 giugno 1918, in piena prima guerra mondiale, penetrarono di nascosto tra le unità di una formazione navale nemica diretta al canale d'Otranto, riuscendo a silurare e ad affondare la corazzata SMS Szent István (Santo Stefano).  Nell'azione venne colpita da un siluro anche la corazzata gemella Tegetthoff (dal nome dell'ammiraglio che nel 1866 sconfisse la flotta italiana nella battaglia di Lissa); ma in questo caso il mancato funzionamento del dispositivo di esplosione impedì l'affondamento.



Premesse

Dal 1º marzo 1918 l'ammiraglio Miklós Horthy assunse il comando della Imperial-Regia marina da guerra austro-ungarica, in sostituzione dell'ammiraglio Maximilian Njegovan. Con la nomina di Horthy, anche Thaon di Revel percepì la possibilità che il nuovo comandante austriaco attuasse un'azione di flotta fuori dagli schemi consolidati.
Fino a quel momento, lo sbarramento del Canale d'Otranto era stato attaccato diciannove volte e, in quattro di queste, era presente l'ammiraglio Horthy quale comandante del Novara. Era quindi molto probabile che il nuovo comandante intendesse dare un segnale di cambiamento nella conduzione della guerra e che il canale d'Otranto, a lui ben noto, rientrasse nei suoi piani.
Segnali di un nuovo imminente attacco si ebbero con una incursione aerea, del 9 marzo, da parte di 14 velivoli, appoggiati dai cacciatorpediniere Dukla e dall'Uszok, per cui l'ammiraglio Revel dispose che quattro sommergibili francesi venissero posizionati in agguato a nord di Durazzo, mentre gli italiani F10 e F14 furono posti rispettivamente davanti a Pola e al canale di Faresina.



La missione austro-ungarica

I sospetti non erano infondati: il comando supremo austro-ungarico aveva infatti preparato una potente offensiva, che prevedeva l'impiego di gran parte della flotta.

Il gruppo di attacco sarebbe stato composto da:
  • sezione Novara, Helgoland, Tátra, Csepel e Triglav, che avrebbe avuto il compito di attaccare le forze addette al servizio di sbarramento del canale d'Otranto.
  • sezione Admiral Spaun, Saida, torpediniere 84, 92, 98 e 99, che avrebbe dovuto bombardare gli impianti di Otranto.
Il "gruppo di sostegno" prevedeva, invece, l'impiego delle unità maggiori, ognuna scortata da 4 o 5 siluranti, suddivise come segue:
  • Viribus Unitis (capitano di vascello Janko Vuković de Podkapelski) quale nave ammiraglia della flotta, Balaton, Orjen, torpediniere 86, 90, 96 e 97;
  • Prinz Eugen (capitano di vascello Adolfo Schmidt), Dukla, Uszok, torpediniere 82, 89, 91, 95;
  • Erzherzog Ferdinand Max, Turul, torpediniere 61, 66, 52, 56, 50;
  • Erzherzog Karl, Huszár, Pandúr, torpediniere 75, 94, 57;
  • Erzherzog Friedrich, Csikós, Uskoke, torpediniere 53, 58, e una Kaiman:
  • Tegetthoff (capitano di vascello Enrico Pergler von Perglas), Velebit, torpediniera 81 e tre Kaiman
  • Szent István (capitano di vascello Enrico Seitz), torpediniere 76, 77, 78, 80.

Il loro compito consisteva nel rimanere nelle posizioni assegnate fino alle 07:30 del giorno 11, ora alla quale rientrare in caso di mancato contatto con le navi italiane. Si pensava, infatti, che l'azione del gruppo d'attacco avrebbe indotto il comando italiano a far uscire i propri incrociatori corazzati da Brindisi e Valona per inseguire il naviglio austriaco, incrociatori che si sarebbero poi trovati accerchiati dalle maggiori unità austriache, supportate da un largo impiego di sommergibili e aerei.
Il Viribus Unitis e il Prinz Eugen, all'alba dell'11 giugno, raggiunsero in orario la loro posizione a metà strada tra Brindisi e Valona, mentre i due gruppi Szent István e Tegetthoff, nonostante piccoli problemi alla Szent István, che ne ritardarono la marcia, partirono anch'essi alla volta delle posizioni assegnate.



I M.A.S. NELLA PRIMA GUERRA MONDIALE

Il motoscafo armato silurante o motoscafo anti sommergibile, era più conosciuto con la sigla MAS; era una piccola imbarcazione militare usata come mezzo d'assalto veloce dalla Regia Marina durante la prima e la seconda guerra mondiale. In qualche caso fu usata anche la denominazione "motobarca armata SVAN", dove SVAN era il nome dell'azienda veneziana che li produceva. Fondamentalmente si trattava di un motoscafo da 20 - 30 tonnellate di dislocamento (a seconda della classe), con una decina di uomini di equipaggio e armamento costituito generalmente da due siluri e alcune bombe di profondità, oltre ad una mitragliatrice o ad un cannoncino.
I MAS, derivati dalla tecnologia dei motoscafi civili con 2 motori a benzina a combustione interna da 500 cavalli l'uno, compatti e affidabili, ebbero un'ampia diffusione nella Regia Marina durante la guerra del 1915-18. Montavano motori entro-fuoribordo di concezione automobilistica, di grande potenza ed efficienza, ad iniezione diretta, ovviando in tal modo ai problemi di carburazione del motore dovuti alla scarsa raffinazione del benzene usato come carburante. I primi modelli furono prodotti dalle officine Fraschini e furono successivamente modificati e prodotti dal Cantiere Orlando, di Livorno, da dove uscirono i MAS impiegati da D'Annunzio.
Alcuni esemplari (ad esempio quello usato da D'Annunzio e da Luigi Rizzo nella beffa di Buccari, azione di disturbo alla flotta austro-ungarica ancorata nella baia di Buccari), montavano due motori ridondanti, uno a servizio dell'altro, nell'ottica d'incremento puro d'efficienza e affidabilità del mezzo navale. Una concezione ingegneristica d'avanguardia pensata dal capo dei legionari di Fiume, Gabriele d'Annunzio.
I MAS potevano essere utilizzati sia come pattugliatori antisommergibile, che come mezzi da attacco insidioso alle navi della flotta austro-ungarica, a seconda degli equipaggiamenti.
Il MAS 15 è attualmente una nave museo al Sacrario delle bandiere al Vittoriano di Roma. L'unità è storicamente importante in quanto il 10 giugno 1918, al comando del Tenente di Vascello Luigi Rizzo, fu protagonista dell'impresa di Premuda avendo causato l'affondamento della corazzata della Marina Austro-Ungarica Szent István, al largo di Premuda, e tale evento viene commemorato con l'attuale festa della Marina Militare.
E’ un motoscafo da 20-30 tonnellate di dislocamento, con una decina di uomini di equipaggio e armamento costituito generalmente da 2 siluri e alcune bombe di profondità, oltre ad una mitragliatrice o ad un cannoncino.
Oltre a questo un altro MAS molto simile (ma non uguale) risalente al primo conflitto mondiale, il MAS 96 è esposto al Vittoriale degli italiani a Gardone Riviera. Sono conservati come navi museali il MAS 472 a Marina di Ravenna e il MAS 473 al museo storico navale di Venezia con la motozattera MZ 737 e con il sottomarino Dandolo.



La SMS Szent István (nella storiografia italiana nota anche come Santo Stefano) fu una corazzata della k.u.k. Kriegsmarine (Imperiale e Regia Marina austro-ungarica). La nave, che doveva il suo nome a Santo Stefano d'Ungheria, faceva parte assieme alle altre corazzate Viribus Unitis, Prinz Eugen e Tegetthoff della classe Viribus Unitis.
Impiegata di rado nel corso della prima guerra mondiale, la Szent István fu affondata il 10 giugno 1918 nei pressi dell'isola di Premuda in Dalmazia in seguito ad un attacco di siluranti italiane, operazione in seguito celebrata come Impresa di Premuda.

Costruzione

La costruzione della nave venne commissionata al cantiere navale fiumano "Danubius" in virtù di un compromesso con la classe politica ungherese che pretese la costruzione di una corazzata a Fiume, che all'epoca apparteneva alla parte ungherese della Duplice Monarchia.
La costruzione della corazzata venne avviata nel 1912 e la nave fu ultimata due anni dopo. Durante il varo, avvenuto il 17 gennaio 1914, una catena d'ancora colpì due operai del cantiere, uccidendone uno.
La costruzione dell'unità richiese investimenti per il cantiere non attrezzato per la costruzioni di navi di questa stazza.
In seguito la nave venne dotata degli armamenti necessari in un apposito bacino ed allo scoppio della prima guerra mondiale venne trasferita nell'arsenale militare di Pola per essere ultimata.
L'unità entrò in servizio soltanto il 17 novembre 1915, con 17 mesi di ritardo sul programma originario. Il nome Santo Stefano, in onore del Re fondatore dello stato ungherese, venne attribuito solamente il 13 dicembre 1915dopo l'entrata in servizio.

Servizio

Nel corso della guerra la Szent István ricoprì un ruolo decisamente marginale e rimase spesso alla fonda nell'arsenale di Pola. Le prime operazioni risalgono ai mesi di novembre e dicembre 1915, quando la corazzata effettuò diverse uscite di prova, saggiando la potenza del suo armamento nel canale di Fasana (appena fuori Pola, vicino all'isola di Brioni). Il 23 dicembre la nave fu ufficialmente attribuita alla 1ª squadriglia e il 10 febbraio seguente ripeté l'uscita con le sue navi sorelle. Eccetto un paio di uscite per esercitazioni a marzo (Adriatico) ed agosto (canale di Fasana), per tutto il 1916 la Szent István rimase ancorata nel golfo di Pola; le ripetute incursioni aeree italiane sul porto di Pola non rappresentarono un pericolo per la nave.
Il 15 dicembre 1916 il nuovo imperatore Carlo I d'Austria visitò la corazzata, mentre il 12 dicembre 1917 fu il turno dell'imperatore Guglielmo II di Germania. Per tutto il 1917 la nave proseguì la propria monotona esistenza tra uscite per esercitazioni e attacchi aerei italiani.
Il 1918 vide la Szent István uscire una sola volta dalla rada prima dell'affondamento, quando assieme alla nave sorella Viribus Unitis si diresse verso l'isoletta di San Giovanni in Pelago (a sud di Rovigno) per le sue ultime prove di tiro.

Affondamento

Il 27 febbraio 1918 l'ammiraglio Miklós Horthy era stato nominato comandante della flotta austro-ungarica. 

In seguito alla sua decisione di impiegare le nuove corazzate in una grandiosa operazione nell'Adriatico meridionale (per forzare lo sbarramento navale del Canale d'Otranto), il giorno 8 giugno la Viribus Unitis e la Prinz Eugen uscirono dal golfo di Pola con sette navi d'appoggio, seguite l'indomani dalla Szent István e dalla Tegetthoff con un cacciatorpediniere e sei torpediniere. Dato che per ragioni di segretezza il presidio a difesa del porto non era informato dell'uscita delle navi, l'uscita dal porto non poté avvenire che alle 22.15 anziché alle 21.00 come preventivato.

La notte del 10 giugno 1918 i due motoscafi siluranti italiani MAS 15 e MAS 21, comandati dal capitano di corvetta Luigi Rizzo e ancorati nei pressi dell'isolotto di Lutrošnjak di fronte a Premuda, notarono verso le ore 3.15 una grossa colonna di fumo proveniente da nord. 

Resisi conto che si trattava di navi nemiche, col favore dell'oscurità si fecero strada a bassa velocità tra le navi del convoglio. Alle 03.30 circa la Santo Stefano, che stava procedendo a una velocità di 14 nodi, venne colpita a dritta da due siluri del MAS 15 lanciati da una distanza di 600 metri, mentre uno dei siluri del MAS 21 colpì la Tegetthoff, ma la mancata esplosione del siluro risparmiò agli austriaci la perdita di una seconda corazzata. Entrambe le siluranti riuscirono poi a portarsi in salvo ad Ancona.

Il primo siluro centrò la nave tra la prima e la seconda ciminiera, mentre il secondo all'altezza della ciminiera poppiera. 

Tra nuvole di fumo e di acqua la nave cominciò a imbarcare grandi quantità d'acqua e a sviluppare incendi nella zona caldaie. Nel tentativo di porre in salvo la nave (le due caldaie anteriori di sinistra erano ancora funzionanti) il comandante Heinrich Seitz modificò la rotta, puntando alla velocità di 4,5 nodi verso l'isola di Melada a SE. La Tegetthoff prese poi la corazzata in traino, ma per il pericolo di rovesciamento le funi dovettero essere sciolte. Alle 6.05 la nave iniziò a rovesciarsi, e nel giro di sette minuti scomparve tra i flutti. L'affondamento della Szent István fu facilitato dai difetti intrinseci della nave: un basso dislocamento e alto centro di gravità, unito all'enorme peso dei cannoni. Tuttavia, il tributo di vite umane fu relativamente contenuto (quattro ufficiali e 85 marinai) grazie al fatto che tutti i marinai austriaci dovevano imparare a nuotare prima di entrare in servizio.
La perdita della Santo Stefano fu un duro colpo per la Marina Austro-Ungarica, che da quel momento sospese ogni azione sul mare. In Italia, l'Impresa di Premuda, una delle più audaci operazioni nella storia della Marina italiana, ebbe vasta eco e servì a rafforzare il morale delle truppe al fronte.

L'affondamento della Szent István da parte dei nostri MAS

Un grande successo, conseguito dai MAS durante la prima guerra mondiale, fu l'affondamento presso Premuda, sulla costa dalmata, della corazzata Szent István, all'alba del 10 giugno 1918, durante un agguato condotto da Rizzo, che colpì a sorpresa la nave.
Mentre l'imbarcazione italiana si allontanava nella confusione, la Szent István accusò un colpo mortale. Nonostante fosse molto moderna e potente, non aveva una sufficiente protezione subacquea: le valvole di bilanciamento erano poco praticabili e posizionate sotto il ponte caldaie, praticamente inaccessibili, e dopo poco tempo si rovesciò, affondando.
L'azione della flotta austro-ungarica, indirizzata alla distruzione della barriera che nel basso Adriatico, nel Canale d'Otranto, imbottigliava i suoi sommergibili con una rete metallica lunga 60 km e una serie di schermi di pattuglia, venne annullata e, dopo di allora, non vi furono più tentativi degni di nota.
Dopo la guerra, i MAS continuarono ad essere sviluppati e migliorati, grazie ai motori della Isotta Fraschini.

L'azione dei MAS presso l’isola di Premuda

Nel frattempo il 9 giugno erano partiti da Ancona, per una missione nel medio Adriatico, il MAS 15 (capitano di corvetta Luigi Rizzo e capo timoniere Armando Gori) e il MAS 21 (guardiamarina Giuseppe Aonzo). Fino alle 02:00 del giorno 10 i due MAS dovevano stazionare fra Gruiza e Banco di Selve in prossimità dell'isola di Premuda per accertare la presenza di sbarramenti di torpedini; al termine di questa fase dovevano rimanere in agguato fino all'alba per ricongiungersi alle torpediniere d'appoggio 18 O.S. e 15 O.S.. Ma i ritardi accumulati dal gruppo austriaco comportarono che, alle 03:15, le unità austriache attraversarono la zona di pattugliamento dei due MAS, che a quell'ora stavano dirigendo da Lutestrago al punto di riunione con le torpediniere.
Rizzo, nel tentativo di colpire una delle due grosse navi dalla minima distanza possibile, manovrò tra due caccia che fiancheggiavano la Szent István, aumentò la velocità a 12 nodi, riuscendo a passare fra le siluranti e da una distanza non superiore di 300 metri lanciò entrambi i siluri del MAS. I due siluri colpirono la nave sollevando alte colonne d'acqua e fumo. La reazione della torpediniera 76 non si fece attendere, si lanciò all'inseguimento del MAS di Rizzo aprendo il fuoco da una distanza di 100-150 metri. Rizzo decise allora di sganciare due bombe antisommergibile, una delle quali scoppiò inducendo la torpediniera a desistere. Il MAS 21 di Giuseppe Aonzo lanciò i suoi siluri contro l'altra unità maggiore, la Tegetthoff, da una distanza di 450-500 metri; uno dei siluri colpì la nave senza però esplodere, impedendo l'affondamento della seconda corazzata austroungarica. Anch'egli fu inseguito da una torpediniera che riuscì a distanziare per dirigere in sicurezza per il rientro.
La Szent István evidenziò subito dei grossi danni provocati dai siluri del MAS 15; l'acqua penetrò nei locali macchine di prora e di poppa così si dovettero fermare le macchine. Ogni quarto d'ora circa lo sbandamento della corazzata cresceva di circa 1° e la Tegetthoff provò più volte a prendere a rimorchio la nave, ma solo alle 05:45 riuscirono a passare la prima gomena, quando lo sbandamento aveva raggiunto i 18° circa. In quel momento l'inclinazione subì un improvviso aumento e la cima dovette essere recisa; verso le 06:00 la nave iniziò a capovolgersi, per poi affondare del tutto. Tra gli ufficiali vi furono 1 morto e tre dispersi, tra l'equipaggio i morti furono 13, 72 i dispersi e 29 i feriti.
Alle 07:00 i due MAS raggiunsero Ancona, e immediatamente partirono due idrovolanti che avvistarono alcune unità della classe Tatra in prossimità di isola Grossa e Promontore, con rotta sud. Alle 9 altri velivoli si alzarono in volo e la ricognizione su Pola confermò l'assenza delle quattro dreadnought. Gli austriaci, vanificato l'effetto sorpresa su cui era basata l'intera operazione, dovettero rientrare alle loro basi. Il Tegetthoff rientrò a Pola all'alba dell'11, così come il gruppo Viribus-Prinz Eugen che raggiunse il porto alle 19.

Conseguenze

Il contraccolpo psicologico dell'azione di Premuda ebbe grosse ripercussioni sul morale austro-ungarico, tanto che nel restante corso della guerra, la k.u.k. Kriegsmarine non compì più nessuna operazione navale, asserragliando le proprie navi nei porti. I siluri di Rizzo, con quest'azione, fecero svanire l'elemento sorpresa e troncarono la missione nemica sul nascere, costringendo la flotta austriaca a rinunciare definitivamente all'ambizioso progetto. 
L'azione di Premuda convinse inoltre definitivamente gli alleati a lasciar cadere la questione relativa all'istituzione dei comandi navali in Mediterraneo, lasciando il totale controllo dell'Adriatico all'Italia.
A dimostrazione del grande risultato dell'azione dei MAS, il Comandante in Capo della Grand Fleet, l'ammiraglio inglese David Beatty, fece giungere all'ammiraglio Lorenzo Cusani, comandante della flotta italiana, il seguente telegramma: 

«La Grand Fleet porge le più sentite congratulazioni alla flotta italiana per la splendida impresa condotta con tanto valore e tanta audacia contro il nemico austriaco».

A riconoscimento dell'eroismo dimostrato in azione, il capitano Luigi Rizzo venne insignito della Croce di Cavaliere dell'Ordine Militare di Savoia, ma in seguito al suo rifiuto per i suoi ideali repubblicani, l'onorificenza fu commutata in una medaglia d'oro al valor militare; onorificenza che venne assegnata anche al guardiamarina Aonzo.
Il 13 marzo 1939 la Marina Militare, allora Regia Marina, decise di celebrare la propria festa in data 10 giugno, in ricordo dell’eroica azione compiuta nel corso della prima guerra mondiale.

(Web, Google, Wikipedia, You Tube)















L'Ammiraglio Austro-Ungarico Horthy










L'Amm. austro-ungarico Horthy nel 1936 consegna una onorificenza a Luigi Rizzo.




Luigi Rizzo



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