lunedì 19 dicembre 2022

Regia Marina italiana: il Sacrario del Sommergibile “Ammiraglio Millo”




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L'Ammiraglio Millo era un sommergibile italiano classe Ammiragli costruito nei primi anni Quaranta per la Regia Marina Italiana. Il nome del sottomarino fu un omaggio a Enrico Millo (1865-1930), politico e ammiraglio della Regia Marina Militare Italiana.










Design

Il loro compito era la lotta contro la marina mercantile, e per questo ruolo avevano almeno una caratteristica davvero interessante, legata alle armi. In realtà avevano siluri da 450 mm, proprio come nella precedente guerra mondiale, ma con un sottomarino molto più grande e potente, quindi l'adozione di piccoli siluri su uno scafo molto grande significava la presenza di un'enorme quantità di siluri: fino a 38 siluri, un record assoluto all'epoca e sui sottomarini moderni. C'erano 8 tubi di lancio a prua, 6 a poppa, e per ottimizzare le prestazioni i siluri utilizzati erano di un nuovo tipo, tra i tipici 450 mm e i 533 mm. I siluri italiani erano dotati, nel caso del 450 mm, di 110 kg di carica esplosiva, mentre il 533 mm aveva 270 kg di testata. I 450 mm dell'Ammiraglio Cagni, invece, erano equipaggiati con un carico di 200 kg, proprio come i siluri a caduta d'aria di questo calibro.
La scelta dei siluri non fu casuale, in quanto questi sottomarini erano progettati per attaccare mercantili isolati, anche in mari molto lontani; infatti, dopo una grande missione non-stop di 136 giorni (circa 4 mesi), l'Ammiraglio Cagni aveva riserve di cibo e carburante per un ulteriore mese.
Il gran numero di queste armi garantiva una lunga autonomia, cosa rara nel caso dei sottomarini dell'epoca, e il numero di tubi poteva garantire un'alta probabilità di colpire bersagli importanti, qualora si volesse sacrificare un gran numero di siluri per bersagli singoli; un altro aspetto particolare era la presenza di una ferroguida che permetteva la traslazione dei siluri da prua a poppa e viceversa, con la possibilità di farli ruotare nella camera di lancio di prua.
In pratica tutto ciò non aveva funzionato, in parte a causa delle carenze tecniche subite da tutti i sommergibili italiani, e in parte a causa delle esigenze operative. Quindi si era scoperto che per rifornire il Nord Africa era necessario utilizzare sottomarini, con meno probabilità di essere intercettati dalla Royal Navy, e le grandi navi di questa classe avevano abbastanza spazio per trasportare una certa quantità di provviste, mentre altri tipi di sottomarini erano troppo piccoli. Tuttavia, i sottomarini d'altura di questa classe non erano ideali per viaggiare nel Mediterraneo, e tre navi della classe impiegata furono purtroppo affondate in una quindicina di missioni.
Solo l'Ammiragli Cagni, la capoclasse, operò come previsto nell'Atlantico, affondando circa 5.500 tonnellate di navi mercantili.
Nonostante le sue numerose promesse, questa classe di sottomarini non ebbe un effetto significativo sugli eventi bellici.








Caratteristiche

I sottomarini classe Ammiragli avevano un dislocamento di 1.703 tonnellate in superficie e 2.185 tonnellate in immersione. I sottomarini erano lunghi 87,9 metri, larghi 7,97 metri e con un pescaggio di 5,86 metri. Potevano raggiungere una profondità di immersione operativa di 105 metri (315 piedi). Il loro equipaggio contava 85 ufficiali e uomini.
Per la navigazione di superficie, i sottomarini erano alimentati da due motori diesel da 2.185 cavalli (1.630 kW), ciascuno azionante un albero di trasmissione. Quando l’unità era immersa, ogni elica era azionata da un motore elettrico da 900 cavalli (650 kW). Potevano raggiungere i 17 nodi (31 km / h) in superficie e gli 8,5 nodi (15,7 km / h) sott'acqua. In superficie la classe Ammiragli aveva un'autonomia di 13.500 miglia nautiche (25.000 km) a 9 nodi (17 km / h), in immersione aveva un'autonomia di 107 miglia nautiche (198 km) a 3 nodi (5, 6 km / h).
I sommergibili erano armati con 14 tubi lanciasiluri interni da 450 millimetri (8 nella parte anteriore e 6 nella parte posteriore) per i quali trasportavano 38 siluri. Erano inoltre armati con 2 cannoni da ponte Model 1938 calibro 100 mm 47 per il combattimento di superficie. Il loro armamento antiaereo consisteva in due mitragliatrici doppie Breda Model 1931 da 13,2 mm.







Costruzione e messa in servizio

L'Ammiraglio Millo venne costruito dai Cantieri Riuniti dell'Adriatico (CRDA) di Monfalcone in Italia, e messo in attesa 16 ottobre 1939. Varato il 31 agosto 1940, fu completato e messo in servizio il 1° maggio 1941.

Storia del servizio

Da maggio a Ottobre 1941, il Millo si occupò dell'addestramento dell'equipaggio, diventando di fatto operativo il 15 settembre. A causa delle sue grandi dimensioni, veniva utilizzato per il trasporto di provviste.
Il 21 novembre 1941, salpò da Taranto per la prima missione (agli ordini del Luogotenente Comandante Vincenzo D'Amato, nato a Bari il 30 ottobre 1908) consistente nel trasporto a Derna di 138 tonnellate di taniche di benzina e 6,8 tonnellate di casse di munizioni anticarro. Arrivò nel porto libico la sera del 23 novembre, mise a terra il carico e partì la mattina del 24, per raggiungere Taranto due giorni dopo.
Altre missioni di questo tipo si svolsero il 30 novembre (a Bardia e Bengasi), il 23 dicembre (a Tripoli) e il 26 gennaio 1942 (sempre a Tripoli). Al ritorno da quest'ultimo viaggio, mentre si trovava vicino alle coste libiche, fu colpito da un attacco aereo con bombe, uscendone illeso.
In totale, durante queste quattro missioni, il Millo aveva trasportato 365,2 tonnellate di carburante, 167 tonnellate di munizioni e 91 tonnellate di rifornimenti.
Il 6 marzo 1942, venne schierato a sud-est di Malta come parte dell'operazione V. 5, proteggendo un convoglio italiano carico di rifornimenti diretto in Libia (il Millo, insieme ad altri sottomarini, doveva attaccare qualsiasi unità di superficie che lasciava Malta per attaccare il convoglio). Sei giorni dopo, non avendo trovato navi nemiche, si diresse per il ritorno alla base.
Alle 13:23 del 14 marzo, mentre zigzagava verso Taranto per rientrare in porto, provenendo dal Capo dell'Armi, fu avvistato dal sommergibile britannico HMS  Ultimatum  (P34), che lanciò una salva di quattro siluri: due di essi colpirono a mezza nave e la parte posteriore della torretta, provocando l'affondamento immmediato del Millo nella posizione di 38 ° 27 ′ N, 16 ° 37 ′ E (al largo di Punta Stilo).
Affondato il sommergibile, il comandante Amato, altri due ufficiali e 52 sottufficiali e marinai (altre fonti indicano un totale di 57 vittime); il secondo in comando, il tenente Marcello Bertini (che nel dopoguerra scrisse per l’Ufficio Storico della Marina un testo fondamentale sui sommergibili italiani nel Mediterraneo), altri tre ufficiali, due sottufficiali e otto marinai furono salvati (e catturati) dal sommergibile Ultimatum. Un ultimo sopravvissuto, il sergente elettricista Lingua, venne salvato da una nave che aveva lasciato la costa (da dove si era osservato l'affondamento) alle 14:08.
Il Millo aveva svolto un totale di 6 missioni offensive, 4 missioni di trasporto e 4 missioni di trasferimento, per un totale di 8.045 miglia nautiche (14.900 km) in superficie e 532 miglia nautiche (985 km) in immersione.
Il relitto del sottomarino è stato ritrovato, nel settembre 2005, adagiato sul lato sinistro, ad una profondità compresa tra i 65 ed i 72 metri.

Storia

Dal maggio all'ottobre 1941 l’unità era stata impegnata nell'addestramento dell'equipaggio, divenendo effettivamente operativo il 15 settembre. Per via delle sue grandi dimensioni fu adibito al trasporto di rifornimenti.
Il 21 novembre 1941 salpò da Taranto per la prima missione per trasportare a Derna 138 tonnellate di latte di benzina e 6,8 tonnellate di cassette di munizioni anticarro; giunse nel porto libico nella serata del 23 novembre, mise a terra il carico e ripartì nel mattino del 24, giungendo a Taranto due giorni dopo.
Altre missioni di questo tipo furono eseguite il 30 novembre (verso Bardia e Bengasi), il 23 dicembre (per Tripoli) ed il 26 gennaio 1942 (ancora verso Tripoli); di ritorno da quest'ultimo viaggio, mentre si trovava nei pressi della costa della Libia, fu anche fatto segno di un attacco aereo con bombe, uscendone però indenne.
In tutto, in queste quattro missioni, trasportò 365,2 tonnellate di carburante, 167 di munizioni e 91 di provviste.
Il 6 marzo 1942 fu dislocato a sudest di Malta nell'ambito dell'operazione «V.5», a protezione di un convoglio italiano carico di rifornimenti diretti in Libia (il Millo, assieme ad altri sommergibili, avrebbe dovuto attaccare delle eventuali unità di superficie partite da Malta per attaccare il convoglio). Sei giorni dopo, non avendo trovato navi nemiche, intraprese la navigazione di rientro.
Alle 13.23 del 14 marzo il Millo (agli ordini del capitano di corvetta Vincenzo D'Amato, nato a Bari il 30 ottobre 1908), mentre, proveniente da Capo dell'Armi, navigava a zig zag in superficie alla volta di Taranto per rientrare in porto, fu avvistato dal sommergibile britannico Ultimatum, che gli lanciò una sventagliata di quattro siluri: due delle armi andarono a segno rispettivamente a centro nave e a poppavia della torretta, provocando il repentino affondamento del Millo in posizione 38°27' N e 16°37' E (al largo di Punta Stilo).

“Il ritrovamento del Regio Sommergibile Ammiraglio Millo”, un libro di Francesco e Nazareno Storani

Il Millo apparteneva alla classe di maggior prestigio: la Ammiragli. Questi sommergibili erano stati progettati per la “guerra di corsa”, dunque “corsari” solitari in grado di rimanere in mare per mesi tendendo agguati. Erano superiori, per prestazioni, a quelli dei pur temibili sommergibili inglesi. E fu proprio uno di questi, il P34 Ultimatum, a colpire mortalmente il Millo. Era il 14 marzo 1942. Il momento fu colto dal nemico con astuzia e perseveranza quando il sommergibile italiano, ormai in fase di rientro e su una rotta di sicurezza davanti a Punta Stilo, attendeva l’ordine di entrare nel porto di Taranto. Navigava in superficie. Due siluri a prua. Cinquantasei morti. Quindici superstiti. Fra questi ultimi non compare il nome di Nazareno Storani, Capo meccanico di 2a classe. Imbarcato in quella occasione in sostituzione di un collega in licenza. Per lungo tempo, incerto fu il punto esatto dell’affondamento. Dopo meticolose ricerche, il subacqueo Paolo Palladino, capo spedizione del Thalassoma Diving Team di Soverato, trovò il relitto, riconoscibile per le modifiche apportate alla torretta. I ricordi e la commozione si risvegliarono con forza. Per gli autori, figlio e nipote del “capo” Storani, fu un dovere approfondire le indagini, rintracciare almeno alcuni dei sopravvissuti, i parenti dei caduti. Ne nacque una raccolta ricca e commovente di documenti, testimonianze, ricordi ancora profondamente e dolorosamente incisi nella carne. L’ansia e i timori di chi andava in missione si intrecciavano con quelli di chi a casa aspettava notizie. Fino a quando le notizie non giunsero più: il Millo era in fondo al mare.

IL RELITTO DEL SOMMERGIBILE “MILLO” AL LARGO DI PUNTA STILO, NEL VERSANTE JONICO CALABRESE

Come già evidenziato in precedenza, il grande sommergibile “Ammiraglio Millo" colò a picco nel marzo del 1942 al largo di Punta Stilo, nel versante jonico calabrese, mentre navigava verso la base di Taranto rientrando da una missione; fu silurato dal sommergibile inglese "Ultimatum". Dell'equipaggio, solo 14 marinai riuscirono a salvarsi la vita, mentre 57 marinai non riuscirono purtroppo a raggiungere mai la superficie.
Il relitto giace da allora su di un fondale sabbio-fangoso, adagiato sul fianco di sinistra. Gli squarci provocati dai siluri si trovano all’estremità della prua, mentre la poppa è intatta.
La visibilità è generalmente discreta, talvolta scarsa e c'è la possibilità di incontrare forti correnti. Il relitto è reso però affascinante soprattutto dall'aura emanata dalla sua tragica storia: l'ultima missione del Millo ed il suo siluramento spingono sempre più sub ad arrivare presso il Sacrario subacqueo per onorare quei caduti di tanti anni fa.


….Gli attuali eventi storici ci devono insegnare che, se vuoi vivere in pace, 
devi essere sempre pronto a difendere la tua Libertà….
La difesa è per noi rilevante
poiché essa è la precondizione per la libertà e il benessere sociale.
Dopo alcuni decenni di “pace”,
alcuni si sono abituati a dare la pace per scontata:
una sorta di dono divino 
e non, un bene pagato a carissimo prezzo dopo innumerevoli devastanti conflitti.…

(Fonti: Web, Google, sommergibilemillo, Praialinda, Wikipedia, You Tube)






































 

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