giovedì 10 gennaio 2019

Il Carro Veloce CV33 (ridenominato in seguito carro L3/33)



Il Carro Veloce CV33 (ridenominato in seguito carro L3/33) fu un carro armato leggero (in realtà per armamento e dimensioni, più un tankette) italiano sviluppato, tra le due guerre mondiali, a partire dal modello del carro inglese Carden-Loyd Mk VI tankette.
Venne soprannominato anche tankette (piccolo carro, per le sue minuscole dimensioni), così come figura nei ruoli di alcune unità della Guardia Nazionale Repubblicana della Repubblica Sociale Italiana.




Gli studi per il nuovo carro veloce incominciarono presso la ditta Ansaldo nel 1930, attraverso la realizzazione di una serie di prototipi, alcuni ancora montati sullo scafo del tankette Mk VI, e poi di una preserie, che alcuni classificano come C.V.21.
La prima versione definitiva venne realizzata nel 1933, da cui il nome del carro. Già l'anno seguente vennero apportate alcune modifiche all'armamento e ad altre parti dando così vita alla II serie (o modello 1934).




Nel 1936 venne messa in produzione una versione migliorata denominata C.V.35 (in seguito L3/35) che presentava come principale innovazione l'imbullonatura delle lamiere di protezione in precedenza solamente saldate.
Nel 1938 venne prodotta un'ultima versione, detta, non ufficialmente, C.V.38 e poi L3/38, che presentava alcune modifiche al sistema delle sospensioni e ai cingoli.
Complessivamente vennero prodotti più di 2.000 esemplari (comprese le versioni speciali).
Alcuni carri sopravvissero alla seconda guerra mondiale e furono utilizzati dai reparti della Polizia di Stato nell'immediato dopoguerra.
A partire dal 1933, anno della sua entrata in servizio il C.V. 33 è stato presente in tutti gli avvenimenti bellici che coinvolsero l'Italia fino al 1945
Referendum nella Saar - tra il dicembre 1934 e il gennaio 1935 uno squadrone carri del reggimento Cavalleggeri Guide fece parte del contingente italiano inviato a Saarbrücken con funzioni di ordine pubblico.




Guerra d'Etiopia - Tra il 1935 e il 1936 numerosi squadroni di carri leggeri presero parte alle operazioni militari che portarono alla conquista italiana dell'Etiopia
Guerra civile spagnola - Tra il 1937 e il 1939 un certo numero di C.V. 33 (numero che raggiunse le dimensioni di un battaglione) fu inquadrato nel Tercio, la legione straniera spagnola, in appoggio alle truppe franchiste. Impiegato, tra l'altro, nelle battaglie di Guadalajara e Santander il carro C.V. 33 si trovò, per la prima volta, a dover affrontare nemici aventi una maggior potenza di fuoco come i carri sovietici T-26 dotati di cannoni da 37 e 45 mm; per sopperire a questo limite, veniva rimorchiato un pezzo anticarro che veniva poi utilizzato per compiere vere e proprie imboscate ai più pesanti avversari.
Occupazione italiana dell'Albania - i carri veloci del 31º reggimento carristi fecero parte del contingente che occupò senza, per altro, incontrare praticamente resistenza la capitale Tirana.
Battaglia delle Alpi Occidentali - in occasione dell'entrata in guerra dell'Italia quattro battaglioni di carri leggeri C.V. 33/35 (ora ribattezzati L3/33 e L3/35) operarono contro le difese francesi nel settore di Aosta, ottenendo scarsi risultati e subendo perdite sia a causa del fuoco nemico sia delle mine.
Campagna italiana di Grecia - tra il 1940 e il 1941 il 31º reggimento carristi inquadrato nella Divisione Centauro, dotato di battaglioni di carri veloci, e uno di carri medi, operò sulla linea della Vojussa. Anche in questa circostanza i carri tipi L dimostrarono di essere ormai del tutto superati e obsoleti, non riuscendo spesso a superare gli ostacoli anticarro predisposti dalle truppe greche.
Fronte jugoslavo - alle operazioni di occupazione della Jugoslavia, nel 1941, presero parte il 33º reggimento carristi inquadrato nella Divisione Littorio e il 31° inquadrato nella divisione Centauro. Al termine delle operazioni un certo numero di carri tipo L3/33 e L3/35 rimase in zona adibito al supporto delle operazioni di occupazione e di repressione del movimento partigiano. Dopo l'8 settembre 1943 la maggior parte di questi mezzi fu catturata dai tedeschi mentre alcuni esemplari furono consegnati alle unità partigiane sotto il controllo del maresciallo Tito.
Campagna dell'Africa Orientale Italiana - al momento dell'apertura delle ostilità risultavano presenti in AOI 39 carri di tipo L che privi di pezzi di ricambio scomparvero dalla scena senza aver mai avuto la possibilità di operare in modo efficace, salvo per il III Squadrone dei Cavalieri di Neghelli nel combattimento del torrente Dadaba, presso Sciasciamanna, il 13 maggio 1941. Nove di essi diventarono preda bellica delle truppe sudafricane.
Campagna del Nordafrica - All'apertura delle ostilità (nel giugno 1940) erano presenti in Africa 339 carri tipo L3 nelle diverse versioni. Inadatti ad affrontare i tank inglesi, e anche le armi anticarro il loro numero si ridusse rapidamente a zero durante la ritirata seguita alla controffensiva inglese dell'inverno 1940/1941. Nel febbraio 1941 giunsero, al seguito della divisione Ariete 117 carri L3 (24 nella versione lanciafiamme) che presero parte alla controffensiva delle truppe dell'Asse. Comunque all'inizio del 1942 ne rimanevano pochi esemplari per lo più non efficienti.
Fronte Russo - con il CSIR (Corpo di spedizione italiano in Russia) vennero inviati sul fronte orientale anche 61 carri L3, inquadrati nel III Gruppo Corazzato "San Giorgio" (3ª Divisione Celere "Principe Amedeo Duca d'Aosta"). Le condizioni ambientali, unite alla scarsezza di pezzi di ricambio e alla inidoneità del mezzo alle condizioni d'uso ridussero rapidamente a zero il numero dei carri operativi tanto che gli equipaggi agli inizi del 1942furono impiegati, in operazioni belliche, come reparti appiedati.
Francia meridionale e Corsica - Alcuni reparti dotati di carri L3 presero parte nel novembre del 1942 all'occupazione, da parte italo-tedesca, delle parti del territorio francese sottoposte al governo di Vichy. Detti reparti rimasero poi come truppe di occupazione. Nel settembre 1943 le unità sulla terraferma francese si sfaldarono e i loro mezzi furono catturati dai tedeschi mentre quelle presenti in Corsica si batterono contro i tedeschi per rientrare poi in Sardegna quando a esse subentrarono le truppe alleate. I mezzi sopravvissuti all'impiego e all'usura rimasero poi in Sardegna senza più essere utilizzati.
Difesa di Roma - Immediatamente dopo l'8 settembre 1943 alcuni carri tipo L3 presero parte al tentativo di difendere Roma dall'occupazione da parte delle truppe tedesche
Nella Repubblica Sociale Italiana - dopo l'8 settembre 1943 un certo numero di mezzi venne usata da parte di varie unità della RSI soprattutto nell'ambito delle azioni di contrasto alle azioni dei partigiani. Alcuni di questi carri furono catturati dalle unità partigiane durante l'insurrezione dell'aprile 1945 e fatti sfilare nelle città appena liberate.
Dopoguerra - alcuni carri L3 rimasero in dotazione per alcuni anni a reparti dell'Esercito Italiano con funzioni addestrativo-dimostrative finendo poi per essere usati come monumento nelle varie caserme. Un certo numero di esemplari di carri L3 venne usato, nell'immediato dopoguerra, dalle forze di polizia nei servizi di ordine pubblico.




Difficile dare un giudizio positivo sul carro leggero Ansaldo-Fiat: costruito in materiale leggerissimo e relativamente veloce, il carro era certo più adatto all'esplorazione e al supporto della fanteria che al combattimento; l'armamento però (mitragliatrici) risultava efficace al massimo entro i 400 m, purché si sparasse a bassa velocità e la mancanza di torretta girevole rendeva il carro particolarmente vulnerabile agli attacchi da dietro. Gli L3 erano dei piccoli carri da 3,2 tonnellate, con scarsa capacità di fuoco, sviluppati e ideati per combattere in ambito alpino e montagnoso. Visto il loro proficuo utilizzo durante la guerra di Abissinia, ben quattro anni prima, contro un nemico che non disponeva né di divisioni corazzate, né di armi anticarro, i comandi italiani ebbero la presunzione di volerli utilizzare nel corso della seconda guerra mondiale con compiti di "rottura" nei confronti delle divisioni di fanteria nemiche. Il risultato fu pessimo, non solo per l’incapacità del carro di poter svolgere tale funzione contro reggimenti provvisti di armi anticarro, ma soprattutto perché la irrisoria corazzatura poteva essere facilmente penetrata anche da qualsiasi mitragliera dotata di munizionamento perforante e, a breve distanza, persino dalle armi individuali del nemico. La visibilità era scarsa e l'uscita dell'equipaggio dai carri colpiti, a causa della posizione degli sportelli, era praticamente impossibile durante il combattimento. Si deve registrare poi, dal punto di vista della mobilità, che il carro era sì maneggevole, ma non sempre riusciva ad affrontare terreni difficili. L'autonomia poi, era l'ennesimo tallone d'Achille di questo carro, che, in Libia, costringeva gli equipaggi a portare tre fustini da 20 litri di benzina sulla corazza anteriore. Solo pochi esemplari, infine, avevano il supporto per l'impiego contraereo della mitragliatrice.

(Web, Google, Wikipedia, You tube)


































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