martedì 8 gennaio 2019

222 ANNI E NON LI DIMOSTRA!





….Dal verbale della Sessione XIV del Congresso Cispadano: Reggio Emilia, 7 gennaio 1797, ore 11. 

Sala Patriottica. 

Gli intervenuti sono 100, deputati delle popolazioni di Bologna, Ferrara, Modena e Reggio Emilia. Giuseppe Compagnoni di Lugo fa mozione che si renda Universale lo Stendardo o Bandiera Cispadana di tre colori, Verde, Bianco e Rosso e che questi tre colori si usino anche nella Coccarda Cispadana, la quale debba portarsi da tutti. 
Vien decretato…



La storia della bandiera d'Italia inizia ufficialmente il 7 gennaio 1797, con la sua prima adozione come bandiera nazionale da parte di uno Stato italiano sovrano, la Repubblica Cispadana. L'evento accadde in un salone del palazzo comunale di Reggio nell'Emilia, poi chiamato Sala del Tricolore, sulla scorta degli eventi susseguenti alla rivoluzione francese (1789-1799) che propugnò, tra i suoi ideali, l'autodeterminazione dei popoli.


La comparsa dei colori nazionali italiani è datata 21 agosto 1789, quando testimoni oculari videro a Genova alcuni manifestanti aventi appuntata sui vestiti una coccarda verde, bianca e rossa. In seguito il tricolore italiano divenne stendardo militare della Legione Lombarda (11 ottobre 1796), poi vessillo civico della congregazione dei magistrati e deputati aggiunti di Bologna (18 ottobre 1796) e infine, come accennato, vessillo nazionale della Repubblica Cispadana.


Dopo la data del 7 gennaio 1797 la considerazione popolare per la bandiera italiana crebbe costantemente, sino a farla diventare uno dei simboli più importanti del Risorgimento, che culminò il 17 marzo 1861 con la proclamazione del Regno d'Italia, di cui il tricolore divenne vessillo nazionale. La bandiera tricolore ha attraversato più di due secoli di storia d'Italia, salutandone tutti gli avvenimenti più importanti.

Nel 1897 la bandiera italiana compì cent'anni. La celebrazione fu molto sentita dalla popolazione, tant'è che l'Italia venne invasa da tricolori; la manifestazione più importante avvenne a Reggio nell'Emilia, dove il 7 gennaio di cento anni prima era nato il tricolore. Nel giorno della celebrazione nella città emiliana Giosuè Carducci definì la bandiera "benedetta" e la baciò alla fine del discorso. Uno stralcio del discorso del Carducci, che evidenzia l'importanza della bandiera nella storia d'Italia, recita:
“””Sii benedetta! 
Benedetta nell'immacolata origine, benedetta nelle via di prove e di sventure per cui immacolata ancora procedesti, benedetta nella battaglia e nella vittoria, ora e sempre, nei secoli! 
Non rampare di aquile e leoni, non sormontare di belve rapaci, nel santo vessillo; ma i colori della nostra primavera e del nostro paese, dal Cenisio all'Etna; le nevi delle Alpi, l'aprile delle valli, le fiamme dei vulcani. E subito quei colori parlarono alle anime generose e gentili, con le ispirazioni e gli effetti delle virtù onde la patria sta e sì augusta; il bianco, la fede serena alle idee che fanno divina l'anima nella costanza dei savi; il verde, la perpetua rifioritura della speranza a frutto di bene nella gioventù de' poeti; il rosso, la passione ed il sangue dei martiri e degli eroi. [...] O giovani, contemplaste mai con la visione dell'anima questa bandiera, quando ella dal Campidoglio riguarda i colli e il piano fatale onde Roma discese e lanciossi alla vittoria e all'incivilimento del mondo? O quando dalle antenne di San Marco spazia su'l mare che fu nostro e par che spii nell'oriente i regni della commerciante e guerreggiante Venezia? O quando dal Palazzo de' Priori saluta i clivi a cui Dante saliva poetando, da cui Michelangelo scendeva creando, su cui Galileo sancì la conquista dei cieli? Se una favilla vi resti ancora nel sangue dei vostri padri del Quarantotto e del Sessanta, non vi pare che su i monumenti della gloria vetusta questo vessillo della patria esulti più bello e diffonda più lieto i colori della sua gioventù? Si direbbe che gli spiriti antichi raccoltigli intorno lo empiano ed inanimino dei loro sospiri, rallegrando ne' suoi colori e ritemperando in nuovi sensi di vita e di speranza l'austerità della morte e la maestà delle memorie. O giovani, l'Italia non può e non vuole essere l'impero di Roma, se bene l'età della violenza non è finita pe' validi; oh quale orgoglio umano oserebbe mirare tant'alto? Ma né anche ha da essere la nazione cortigiana del rinascimento, alla mercé di tutti; quale viltà comporterebbe di dar sollazzo delle nostre ciance agli stranieri per ricambio di battiture e di stragi? Se l'Italia avesse a durar tuttavia come un museo o un conservatorio di musica o una villeggiatura per l'Europa oziosa, o al più aspirasse a divenire un mercato dove i fortunati vendessero dieci ciò che hanno arraffato per tre; oh per Dio non importava far le cinque giornate e ripigliare a baionetta in canna sette volte la vetta di San Martino, e meglio era non turbare la sacra quiete delle ruine di Roma con la tromba di Garibaldi sul Gianicolo o con la cannonata del re a Porta Pia. 


L'Italia è risorta nel mondo per sé e per il mondo, ella, per vivere, deve avere idee e forze sue, deve esplicare un officio suo civile ed umano, un'espansione morale e politica. 

Tornate, o giovani, alla scienza e alla coscienza de' padri, e riponetevi in cuore quello che fu il sentimento il voto il proposito di quei vecchi grandi che han fatto la patria; 

l'Italia avanti tutto! 

L'Italia sopra tutto!”””.                                                           Giosuè Carducci


























































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