sabato 12 dicembre 2020

Il Vittorio Veneto (C 550), i "boat people" vietnamiti, la rada di Valona e il "sogno nel cassetto" mai realizzato



L'incrociatore lanciamissili Vittorio Veneto (C 550) ex nave ammiraglia della Marina Militare, in servizio dal 1969 al 2003 (anno in cui è stato collocato in status di Ridotta tabella di disponibilità in attesa del disarmo, avvenuto nel 2006, e della radiazione dal libro registro del naviglio militare), è la seconda unità italiana a portare questo nome dopo la nave da battaglia Vittorio Veneto della seconda guerra mondiale.


Progetto

Il progetto derivava direttamente dalle due unità della classe Andrea Doria: con tali navi era stata introdotta la tipologia di incrociatore lanciamissili portaelicotteri; con una rampa missilistica Mk.10 a prua, cannoni antiaerei al centro e un ponte di volo a poppa, capace di far operare, assieme all'hangar associato, due elicotteri pesanti Sikorsky SH-3D Sea King o Agusta-Bell AB 204 queste navi non erano però abbastanza efficienti da giustificarne il costo, data l'esiguità della linea di volo; il progetto fu rivisto e ingrandito, con un aumento di dislocamento del 50%, per arrivare a sei elicotteri SH-3 Sea King pesanti o nove AB-204 ASW medio-leggeri. La progettazione riuscì, almeno in parte, a risolvere il problema del rapporto costo-efficacia, e il Vittorio Veneto entrò in linea nel 1969, restando però esemplare unico, cosa che certamente non giovò alla massimizzazione dei vantaggi della sua progettazione.
In seguito all'evolversi della tecnologia e a perplessità sulla sua capacità di difesa antiaerea e antinave, la nave fu sottoposta a lavori di aggiornamento presso l'Arsenale di Taranto durante il periodo 1980-1983, al termine dei quali il Vittorio Veneto fu a trovarsi con un armamento molto potente e diversificato, adatto a molte esigenze, e con una mezza squadriglia elicotteri. La linea di volo fu rinnovata con la sostituzione degli AB 204 con gli AB 212 ASW, ma uno dei limiti era che i Sea King non potevano operare totalmente dalla nave, perché, essendo troppo alti non c'era spazio nell'hangar per questi elicotteri.


Nome

Il nome dell'unità rievoca la battaglia di Vittorio Veneto, combattuta tra il 24 ottobre ed il 3 novembre 1918, presso Vittorio Veneto, sul fronte italiano della prima guerra mondiale che segnò la fine delle ostilità sul fronte italiano e la resa dell'Austria-Ungheria.
Precedentemente il nome Vittorio Veneto era stato ad una nave da battaglia della Regia Marina facente parte della classe Littorio che al termine della seconda guerra mondiale fu demolita in ottemperanza alle clausole del trattato di pace.


Struttura

La linea della nave presentava una prua senza castello e con un alto bordo libero mentre la parte poppiera era come una nave portaerei con un ponte di volo rettangolare relativamente grande (circa 800 m²), lungo 48 metri e largo 18,50, con una rimessa sottostante di 27,5 x 15,3 m, collegata con un elevatore. Nonostante le apparenze, le grandi sovrastrutture non hanno spazio per la sistemazione di un hangar, come nei classe Moskva - Progetto 1123 Kondor praticamente coevi e pesanti circa il doppio. Dalla plancia alla poppa estrema vi era una lunga sovrastruttura che si estendeva per tutta la larghezza e alzando la coperta di un interponte. La decisione di dotare l'unità di un ampio ponte di volo poppiero con hangar sottostante comportò la necessità di creare un cassero esteso per quasi 2/3 dell'intera lunghezza della nave; il profilo dell'unità presentava la prua alta e slanciata che si raccordava al cassero con andamento discendente e insellatura poco pronunciata, con la poppa che risultava leggermente più bassa dell'estremità prodiera. Lo scafo era dotato di pinne stabilizzatrici antirollio, ed era caratterizzato dalla presenza del bulbo prodiero in cui era collocato il sonar. La poppetta, sottostante alla parte estrema del ponte di volo, era destinata alle operazioni d'ormeggio. Le sovrastrutture erano caratterizzate da un unico blocco centro prodiero che ospitava il ponte di comando e tutti i locali necessari per condurre l'attività operativa. A poppavia della plancia si trovavano due strutture denominate mack, che integravano i due fumaioli per lo scarico dei fumi delle caldaie, con gli alberi che fornivano un supporto per tutte le antenne radar e di telecomunicazione dalla nave. L'ampio spazio tra i due mack era riservato alla possibilità, poi tramontata, d'imbarcare missili tipo Polaris e vi era sistemata una gru con ampio braccio.


Propulsione

La nave era equipaggiata di quattro caldaie Ansaldo-Foster Wheeler, con due gruppi turboriduttori Tosi, dalla potenza di 73.000 hp che trasmettevano il movimento agli assi porta-eliche con due eliche a passo fisso. La velocità massima era di 32 nodi con autonomia di 6.000 miglia a 17 nodi.


Armamento

L'armamento missilistico antiaereo era dato dal sistema di lancio MK10 Terrier con rampa binata collocata a prora in coperta, nel deposito missili erano presenti due tamburi rotanti per 40 missili Standard MR/ER con capacità ASROC (la possibilità di lanciare attraverso l'MK10 dei siluri). L'armamento di artiglierie per la difesa aerea ravvicinata aveva una cadenza teorica di 60 colpi/minuto, che potevano essere sparati da ognuno degli otto cannoni da 76 mm/62, costruiti dalla Oto Melara di La Spezia, raggruppati ai lati della sovrastruttura in torrette singole, quattro per lato, disposti due davanti alla plancia e gli altri sei a lato della tuga centrale. Vi erano poi anche sei lanciasiluri antisommergibili in due impianti tripli situati nella zona poppiera sui due lati prima del ponte di volo per siluri leggeri da 324 mm, del tipo Mk 46 e successivamente del tipo A 244. Il ciclo di lavori ai quali l'unità fu sottoposta tra il 1980 e il 1983 ha visto l'aggiunta di tre sistemi Breda Dardo, uno a prua e due a poppa, collocate ai lati dell'hangar su torri binate da 40mm per potenziare la sua capacità difensiva antiaerea a corto raggio, e quattro rampe di missili a lungo raggio franco-italiani OTOMAT TESEO, che conferirono all'unità notevoli capacità antinave, collocate a due a due a centro nave, per la cui collocazione è stata necessaria l'aggiunta di apposite mensole sporgenti lungo le murate. I sistemi Dardo in aggiunta ai cannoni da 76 mm portarono ad un totale di 14 le bocche da fuoco. Anche la rampa principale MK 10, analoga a quella dei classe Belknap, fu aggiornata allo standard Mod. 9 acquisendo quindi la possibilità di lanciare missili Standard e ASROC.

Elettronica

Notevole la componente elettronica dell'unità. Il radar tridimensionale di scoperta aerea lontana Hughes AN/SPS-52C era posizionato sull'albero di maestra prodiero. Il TACAN e il radar bidimensionale di scoperta aeronavale della Lockheed Electronics AN/SPS-40 erano collocati sul mack poppiero, mentre il radar di navigazione e di scoperta di superficie SMA MM-SPQ-2B era collocato sull'albero di trinchetto. Il radar bidimensionale di scoperta aeronavale AN/SPS-40 era stato acquisito in attesa che venisse sviluppato il nuovo modello di produzione nazionale MM/SPS-768 che fu prodotto a partire da novembre 1975 e avrebbe equipaggiato tutte le unità di altura della squadra navale a partire dalla seconda metà degli anni settanta. I due radar guida-missili Sperry AN/SPG-55A erano posizionati sulla sommità della struttura centro-prodiera. Le quattro centrali di tiro ELSAG -Elettronica San Giorgio Argo NA-10/RTN-10X, ciascuna asservita ad una coppia di cannoni da 76/62, erano sistemate una a prora, una a poppa e due in posizione centro-laterale. Il sistema di guerra elettronica I.F.F. e E.S.M./ECM era Abbey Hill e disponeva di due lanciarazzi chaff/jammers/flares SCLAR Breda-Elsag collocati ai due lati dell'unità. La nave era dotata di sistema di comando e controllo SADOC-1 e di un sonar a scafo a media frequenza AN/SQS-23G a cui erano associati i sensori degli elicotteri imbarcati.
L'elettronica della nave, dopo il ciclo di lavori a cui la nave fu sottoposta tra il 1980 e il 1983, fu completamente rinnovata con l'acquisizione delle più recenti apparecchiature e dei nuovi sistemi d'arma, caratterizzando il nuovo aspetto dell'unità.
Il radar bidimensionale di scoperta aerea lontana AN/SPS-40 è stato sostituito dal nuovo radar di costruzione nazionale Selenia MM/SPS-768 con secondario IFF Mk XII, installato sul mack di poppa alla cui sommità era collocata l'antenna del TACAN, Face Standard del tipo URN-25, per la radionavigazione degli elicotteri imbarcati. Il radar di scoperta di superficie SMA MM/SPS-702 con secondario IFF, con antenna collocata su una mensola del mack prodiero, ha sostituito il precedente radar SMA MM/SPQ-2B di navigazione e scoperta navale e dopo i lavori la nave fu equipaggiata con radar di navigazione MM/SPN-748, con antenna collocata sul cielo della plancia. A proravia del mack prodiero vi erano i due radar guidamissili Sperry AN/SPG-55B search per missili Standard, che hanno sostituito i precedenti AN/SPG-55A asserviti ai Terrier, mentre asserviti al sistema di difesa di punto CIWS Dardo vi erano due direzioni di tiro Selenia-Elsag Orion SPG-74 RTN-20X, collocate lungo l'asse longitudinale a prora e a poppa.


Mezzi aerei

La nave poteva imbarcare fino a 9 elicotteri leggeri di tipo Agusta-Bell AB 204, poi sostituiti dagli AB 212 ASW, o sei elicotteri SH-3D Sea King.


Servizio

Costruita dalla Navalmeccanica nel cantiere navale di Castellammare di Stabia, l'unità fu impostata il 10 giugno 1965, varata il 5 febbraio 1967 e consegnata alla Marina Militare il 12 luglio 1969. Il primo comandante dell'unità è stato il capitano di vascello Vittorio Marulli che sin dal 1966 ne aveva diretto l'allestimento e che con il grado di ammiraglio di squadra sarebbe stato dal settembre 1981 al gennaio 1984 Comandante in Capo della Squadra Navale e dal 7 febbraio 1984 al 15 ottobre 1985 Capo di Stato Maggiore della Marina. Durante la seconda guerra mondiale Marulli aveva prestato servizio in qualità di ufficiale sull'omonima nave da battaglia.
Dopo avere raggiunto per la prima volta la sua base operativa di Taranto il 30 ottobre, il 4 novembre, cinque giorni dopo, riceveva a Trieste la Bandiera di combattimento, donata dalla città di Vittorio Veneto. A consegnare la bandiera di combattimento è stata la contessa Maria Francesca Frascara vedova dell'ammiraglio Corso Pecori Giraldi, già comandante della nave da battaglia Vittorio Veneto durante la seconda guerra mondiale e dal 1955 al 1962 capo di stato maggiore della Marina.
Dopo appena un anno di servizio e di messa a punto, la nave partì per una lunga crociera addestrativa tenutasi fra il 25 aprile e il 23 agosto 1970 in nord Atlantico, toccando diversi porti americani ed europei.
In seguito all'uscita dalla squadra dell'incrociatore lanciamissili Garibaldi, nel 1971 il Vittorio Veneto assunse anche il ruolo di nave ammiraglia, che cedette all'incrociatore portaeromobili Giuseppe Garibaldi nel 1987.
Nel corso della sua attività l'incrociatore Vittorio Veneto ha partecipato a numerosissime esercitazioni nazionali ed internazionali, svolgendo sempre la funzione di nave comando di gruppi di scorta a unità portaerei o di convogli complessi.
Nel 1972, fra il 16 agosto e il 29 ottobre, accompagnato da due fregate della classe Bergamini, prese parte ad una lunga campagna addestrativa nel Sud America.
Nell'inverno e nella primavera del 1973 il Vittorio Veneto ha partecipato con l'Andrea Doria e il 3º Gruppo elicotteri al soccorso delle popolazioni colpite dalle alluvioni in Tunisia. Più tardi prese parte alle operazioni di soccorso delle popolazioni nazionali colpite dai terremoti del Friuli nel 1976 e dell'Irpinia nel 1980.
Nel 1978 il Vittorio Veneto fu impiegato nella crociera di addestramento estiva degli allievi del secondo anno dell'Accademia di Livorno in sostituzione del San Giorgio, fermo ai lavori, dopo che crociera addestrativa del 1977 aveva messo a dura prova le strutture della nave che durante la navigazione nell'Oceano Indiano era stata investita dai monsoni. Per l'occasione l'hangar del Vittorio Veneto fu attrezzato come dormitorio per gli allievi.
Fra il 7 luglio e il 20 agosto del 1979 il Vittorio Veneto, con l'incrociatore Andrea Doria e con il rifornitore di squadra Stromboli, ha costituito l'VIII Gruppo navale che nelle acque del Golfo di Thailandia e nel Mar Cinese Meridionale ha incrociato in soccorso dei "boat people". Il Gruppo navale soccorse e portò in Italia al rientro a Venezia circa un migliaio di profughi vietnamiti che fuggivano dal loro paese.
Nel febbraio del 1984, nel corso del primo impiego di truppe italiane al di fuori del confini nazionali dalla fine della seconda guerra mondiale il Vittorio Veneto, sotto l'egida dell'O.N.U., partecipò alla seconda fase della operazione "Libano Due", scortando i convogli da e per l'Italia e garantendo l'appoggio e la copertura dei contingenti nazionali schierati a Beirut.
Nel febbraio del 1985 ha ospitato il presidente della Repubblica Pertini in visita ufficiale in Egitto.
All'inizio di ottobre del 1985 il Vittorio Veneto prese parte all'Operazione Margherita per ombreggiare il transatlantico Achille Lauro sequestrato da terroristi palestinesi. L'operazione fu coordinata proprio dal Vittorio Veneto e in tale occasione sull'unità navale furono imbarcati incursori paracadutisti del COMSUBIN.
Con l'entrata in servizio del nuovo incrociatore portaeromobili Giuseppe Garibaldi, avvenuta il 30 settembre del 1985, il Vittorio Veneto ha perso il ruolo di nave ammiraglia ma non ha smesso di ricoprire ruoli importanti, partecipando attivamente a tutte le più importanti esercitazioni nazionali ed internazionali.
Nel corso dell'operazione Ibis tra l'11 dicembre 1992 e il 14 aprile 1993, il Vittorio Veneto ha operato come nave comando del 24º Gruppo navale composto anche dalla fregata Grecale, il rifornitore di squadra Vesuvio e le navi da sbarco San Giorgio e San Marco con gli uomini del Battaglione "San Marco".
Dal 20 aprile all'8 settembre del 1993 il Vittorio Veneto è stata Nave Sede Comando dello STANAVFORMED, la forza navale permanente nel Mediterraneo della N.A.T.O., nell'operazione “Marittime Guard” in Adriatico per operazioni di controllo in seguito al susseguirsi degli avvenimenti nella ex Iugoslavia e per costituire una prima cinta difensiva antiaerei al territorio nazionale.
Dal 14 al 27 aprile 1997, in qualità di sede di comando del XXVIII Gruppo navale, prese parte all'operazione Alba. Nel corso della missione, il 22 aprile si arenò sulle coste dell'Albania, di fronte al porto di Valona, senza riportare particolari danni, ma con un danno d'immagine per la Marina Militare Italiana: quella notte, a causa del forte vento levatosi, le ancore iniziarono ad arare il fondo, si tentò di mettere in pressione le macchine per manovrare, ma dalle griglie sotto lo scafo i condensatori aspirarono sabbia, entrando in avaria. La nave era l'ammiraglia dell'operazione in corso, e stava trasportando truppe e mezzi da sbarcare in Albania, nell'ambito dell'Operazione Alba. La nave fu disincagliata alcuni giorni dopo da unità da rimorchio della Marina Militare, giunte in soccorso dal porto militare di Taranto. In seguito all'incidente il comandante dell'unità capitano di vascello Vincenzo De Fanis ha chiesto e ottenuto di essere sostituito, tre mesi prima della scadenza prevista. Il suo successore è stato il pari grado Giuseppe De Giorgi, già aiutante di bandiera dell'ammiraglio Mariani nel Golfo Persico nell'Operazione Golfo 1 e figlio dell'ammiraglio Gino De Giorgi che in qualità di capo di stato maggiore della Marina (1973 - 77) aveva pubblicato nel novembre 1973 un documento noto "Libro Bianco della Marina" che di lì a qualche anno avrebbe portato alla Legge navale del 1975 che fu il presupposto di un sostanziale ammodernamento della flotta della Marina Militare.
L'Operazione Alba fu anche l'ultima missione operativa del Vittorio Veneto, che da quel momento in poi ha svolto solo missioni di rappresentanza e campagne addestrative per gli Allievi della seconda classe dell'Accademia navale di Livorno e per gli allievi marescialli della Scuola sottufficiali di Taranto.
Nell'ottobre del 1999 il Vittorio Veneto assunse il compito di Nave di Bandiera del Comandante delle Forze d’Altura.
Il 9 settembre 2003 la nave ha ospitato il Presidente della Repubblica Ciampi in occasione della commemorazione del 60º anniversario dell'affondamento della corazzata Roma.
La nave non è stata più operativa dal 1º novembre 2003, a circa un mese dal rientro dall'ultima campagna addestrativa per Allievi Marescialli, avvenuto il 12 ottobre 2003, quando è stata ritirata dal servizio attivo e posta in riserva anche a causa dei crescenti costi e dell'obsolescenza strutturale in generale e dell'apparato motore in particolare. Il Vittorio Veneto ha resistito, grazie agli ammodernamenti, per più tempo rispetto ai più vecchi Doria, radiati nei primi anni novanta, ma la sua opera è stata poi demandata al Garibaldi, che affida a caccia VSTOL la difesa aerea, rinunciando ai SAM a lungo raggio, e usando, al posto dei cannoni da 76 mm, due lanciamissili Selenia Aspide/Albatros.
Nel ruolo di nave ammiraglia della Marina Militare, il Vittorio Veneto sostituiva l'incrociatore lanciamissili Giuseppe Garibaldi, disarmato nel 1971, per poi essere sostituita a partire dal 1985 dalla portaerei leggera/incrociatore portaeromobili Giuseppe Garibaldi. A titolo di curiosità le due unità ammiraglie - quella precedente e quella successiva alla Vittorio Veneto - erano accomunate, oltre che dallo stesso nome, anche dallo stesso distintivo ottico 551.
La nuova ammiraglia della Squadra navale la portaerei Cavour ha ereditato il distintivo ottico 550, lo stesso che aveva contraddistinto il Vittorio Veneto.


AGOSTO 1979, IL VENETO E I BOAT PEOPLE VIETNAMITI

Erano all’incirca le 10 del mattino quel lunedì 20 agosto 1979, quando tre navi da guerra dell’ottavo gruppo navale – l’incrociatore Vittorio Veneto, l’Andrea Doria e la Stromboli – entrano nel bacino di San Marco. Ad attenderli su Riva degli Schiavoni c’era una folla festante, mentre le autorità raggiungevano i natanti direttamente con gli elicotteri: erano presenti il ministro della Difesa Attilio Ruffini, il sottosegretario Giuseppe Zamberletti (responsabile dell’operazione e in seguito “padre” della Protezione Civile), il patriarca di Venezia Marco Cé e il sindaco Mario Rigo.
A bordo delle navi, reduci da settimane di navigazione senza scalo, vi erano oltre all’equipaggio circa 900 profughi vietnamiti, tra cui 125 bambini, salvati nel Mar Cinese Meridionale, al largo di Singapore e della costa malese. Poco a poco saranno fatti sbarcare con l’aiuto dei vaporetti.
Furono letteralmente ripescati dalla Marina Militare mentre andavano alla deriva su piccole imbarcazioni, spesso in avaria, nel mar cinese meridionale. Le nostre navi, cariche di tonnellate di viveri, indumenti e medicinali, erano state mandate lì per salvarli nel corso di una missione rimasta unica nel suo genere. In quel momento infatti in Vietnam, da poco riunificato dal regime comunista del nord, centinaia di migliaia di famiglie sfidano il mare per sfuggire alla repressione: cercano di raggiungere la Thailandia, Malesia e Indonesia; migliaia annegano o vengono catturati dai pirati, altri sono falcidiati da fame e malattie nei campi profughi. Spesso le navi vengono respinte dai Paesi vicini, rimorchiate al largo dalle motovedette e abbandonate nell’oceano: non si contano le aggressioni e gli stupri, si registrano persino episodi cannibalismo.
Le nostre navi, cariche di tonnellate di viveri, indumenti e medicinali, vennero mandate lì per salvarli. Il mondo però, anche se ancora diviso in blocchi, reagì. E anche l’Italia, alle prese con le perenni crisi interne e il terrorismo, fece la sua parte. Così il governo Andreotti, rispondendo alle richieste del segretario Onu per i rifugiati, mandò la Marina Militare. All’inizio di luglio la Vittorio Veneto, ammiraglia della flotta, era a Tolone, l’Andrea Doria a Barcellona: partono dopo aver ricevuto un cablogramma urgente per recarsi alle rispettive basi, poi si riuniscono prima di attraversare Suez. Molti marinai e ufficiali rinunciarono alle licenze ed ai congedi per portare a termine la missione, durante la quale fu setacciata un’area di circa 250.000 chilometri quadrati. Dopo meno di due mesi erano già di ritorno con il loro prezioso carico di umanità.
Tra i profughi arrivati a San Marco c’era anche To Cam Hoa, che oggi vive a Breda di Piave (Treviso): “Ci sono molti ricordi che non si possono dimenticare: fame, sete, paura di morire… la nostra barca era danneggiata e si trovava dispersa nel mezzo dell’oceano. Mi ricordo quando incontrammo la nave italiana, fu come un miracolo; l’Italia in quel momento rappresentava la salvezza per i profughi vietnamiti in fuga dal regime stalinista”.
Quello che oggi colpisce è la gara di solidarietà che allora scattò in tutta Italia per accogliere i profughi, in particolare in Veneto, dove il coordinamento regionale per gli aiuti viene stabilito a Padova. In prima linea ci sono la Croce Rossa Italiana e soprattutto la Caritas guidata da monsignor Giovanni Nervo.
In poco tempo solo a Padova vennero messi insieme 26 milioni e mezzo di £ire tramite la raccolta di indumenti usati, sperimentata per la prima volta come modalità di autofinanziamento, mentre una somma almeno altrettanto grande arrivò dalle donazioni private. Intanto piovvero letteralmente proposte di lavoro e di abitazioni, tanto che a fine gennaio 1980 la Caritas padovana sarà addirittura costretta a comunicare che non c’erano abbastanza rifugiati rispetto alle offerte di aiuto. Quello che oggi colpisce è la gara di solidarietà che allora scattò in tutta Italia per accogliere i profughi.
Le storie e gli episodi da raccontare sono tanti: una famiglia si offrì di costruire una casa a una famiglia viet, mentre una ditta si offrì di arredarla; una scolaresca raccolse il necessario per comperare agli ‘amici profughi’ un Califfo e una macchina per cucire, mentre i dipendenti della banca Antoniana si tassarono lo stipendio e i commercianti padovani inviarono generi alimentari. Molti ospitarono i rifugiati direttamente nelle loro case, non solo nel capoluogo: accadde ad Arsego, San Giorgio delle Pertiche, Fratte, Zugliano…  E gli aiuti non furono solo materiali: alla celebrazione del Têt (il capodanno vietnamita) del 1981, organizzata a Tencarola, prensero parte anche 300 italiani. 
A differenza di 10 anni fa, non sono previsti festeggiamenti particolari per ricordare quegli eventi straordinari. Il tempo passa e le energie diminuiscono per tutti; poi anche l’atmosfera pare essere un po’ cambiata, anche se spesso sono proprio i vietnamiti d’Italia, per paura di strumentalizzazioni, a respingere parallelismi troppo facili con la situazione odierna. “Al momento, la comunità degli ex-profughi vietnamiti in Italia comprende ben tre generazioni che si sono perfettamente integrate con la cultura e lo stile di vita italiani, e ci possiamo considerare a tutti gli effetti italiani… – conclude To Cam Hoa –. Gli anziani della prima generazione sono ormai in pensione, alcuni ora purtroppo non ci sono più. La maggior parte si è adattata con successo, i nostri giovani sono quasi tutti laureati e lavorano… alcuni di loro sono emigrati all’estero per trovare altre opportunità e fare nuove esperienze”. Rimane quel piccolo grande miracolo di solidarietà, il cui ricordo rischia ogni anno di affievolirsi. Tranne, ovviamente, che per gli interessati.
Il 20 agosto 1979 venivano sbarcati a Venezia dalle navi della Marina Militare 900 profughi vietnamiti: un miracolo di solidarietà e di organizzazione che fa riflettere ancora oggi.


23 aprile 1997, l’incrociatore Vittorio Veneto si incaglia nel porto di VALONA

L'incrociatore Vittorio Veneto si arenò come una balena sui fondali sabbiosi della baia di Valona alle 18.00. Dopo dodici ore di penosa immobilità, quattro rimorchiatori cercarono di trascinare fuori dalla secca l'ammiraglia della flotta italiana. Un quinto rimorchiatore spinse e sbuffò sotto la murata di sinistra mentre i tre elicotteri in dotazione all'incrociatore volteggiavano nel cielo per alleggerirne il peso ed evitare, nel caso di scuotimento, di scivolare in mare. La scena era alquanto imbarazzante. Il Veneto - visto da terra - sembrava un imponente Gulliver disteso nell'acqua bassa della baia di Valona mentre i lillipuziani con cime e funi cercavano di rimetterlo in piedi. L'incidente era ancora più avvilente se si pensa che, a bordo del Vittorio Veneto, c'era lo Stato maggiore che coordinava l'Operazione Alba agli ordini dell' ammiraglio Nicola Azzolini, comandante della terza divisione navale. Nel porto, un fuciliere di Marina del battaglione San Marco parlava di cattiva sorte: "Noi marinai crediamo nella sorte e questa spedizione in Albania è nata sotto una cattiva stella”.
Il precedente Venerdì Santo la corvetta Sibilla entrò in collisione con una motovedetta albanese stracarica che si inabissò con a bordo ottantanove profughi. Già allora ci fu chi parlò di maledizione del Venerdì Santo. Adesso questo disastro. Senza morti, è vero, ma catastrofico per l'immagine della Marina come la collisione nel canale d'Otranto. A proposito di maledizione, un incidente era capitato anche alla LPD San Giusto. Nei giorni dell'evacuazione dei profughi da Durazzo, la nave aveva urtato un relitto procurandosi uno squarcio alla fiancata. Ma l'episodio fu tenuto nascosto.
Nella notte tra lunedì emartedì un caldo vento di sud-est aveva investito la baia di Valona. Un vento furioso con raffiche di cinquanta nodi spazzava il mare. Con il vento in quella direzione, l'incrociatore doveva essere ancorato in fondo alla baia di Radima nell'angolo sinistro del golfo, dove accortamente aveva gettato l'ancora la nave anfibia San Giusto. Invece, il Veneto prese la fonda nel bel mezzo della baia, di fronte alla Vecchia Spiaggia nel punto più sbagliato, a quanto pare. "Era il punto peggiore - sostenne un pilota del porto albanese - là i fondali sono sabbiosi e con quel vento l' ancora non poteva tenere. Per risparmiare i mille dollari dell'ormeggio, ora gli italiani ne hanno speso dieci, ventimila per venirne fuori. Bella storia. Quando dalla capitaneria si sono messi in contatto per sapere se c'era bisogno di aiuto, dal Vittorio Veneto risposero senza simpatia: “Facciamo da soli, grazie”. Sulle banchine e nei bar del porto c'era un bel po' di urticante sarcasmo che si rovesciò sugli italiani. Sarcasmo, fastidio, spirito di rivalsa. Perché, a dire degli albanesi, il comandante del Vittorio Veneto non aveva tenuto in alcun conto i consigli della capitaneria di tenere, con quel vento, i motori sempre accesi? C'era chi più malignamente accusava "la protervia" degli italiani. "Non hanno ritenuto di alzare nemmeno la 'bandiera di cortesia', la bandiera del paese che ospita il legno". Il tenente di vascello Kristac Gerveni fu più clemente. "E' vero che gli italiani - dice - avevano scandagliato il fondo con il cacciamine 'Pantelleria' , ma non potevano sapere che quei maledetti fondali cambiano dalla notte al giorno con il vento e con i detriti che scarica a mare il fiume Seman. L'ancora, ormai libera, nella notte aveva arato il fondo dell' intera baia. Il 'Vittorio Veneto' si era messo di traverso, scarrocciando lentamente nella notte e si era arenato sulla secca a non più di dieci metri di profondità". Le luci del giorno colsero il 'Vittorio Veneto' seduto di poppa nella sabbia e con l' ancora che, dopo essere stata trascinata per oltre un miglio, era finalmente purtroppo affondata sotto un paio di metri di sabbia incastrando l'ammiraglia da prua e da poppa, irrimediabilmente come una balena sul bagnasciuga. Dalla plancia di comando tentarono di venir fuori azionando a tutta forza i motori. Con il risultato di precipitare ancora di più nella sabbia. Iniziarono allora ad alleggerirsi del carburante azionando a folle i motori. Ma, sostengono a Valona, fino a quando il vento che ora spirava da sud-ovest non girerà a nord-ovest in modo da spingere con l'aiuto dell'alta marea l'incrociatore da poppa, difficilmente il Vittorio Veneto avrebbe riconquistato profondità più adatte alla sua stazza. Sulla Vecchia Spiaggia accanto alla fabbrica della soda caustica, c'era una catapecchia di legno nella pineta. Il 'Vittorio Veneto' era giusto là di fronte nell'acqua colore dell'acciaio. In quella catapecchia dove i pescatori di Valona bevevano birra, raki, mangiavano merluzzo barbun e giocavano a carte si raccolsero le sole parole di comprensione per i marinai italiani. Ibrahim Alushi, 47 anni, da trentacinque era pescatore a Valona, come il padre, come il nonno, come il padre del nonno. "Questa baia - disse con gli occhi fissi sul gigante in agonia - è infida e pericolosa. Se la conosci, la eviti. Se non la puoi evitare, ti può fare un brutto scherzo. Anche i pescatori di Ulqini che sono i migliori sulla costa tra Saranda e la Jugoslavia stanno alla larga da quel golfo. Il vento cambia rapidamente, e soffia verso terra con raffiche micidiali. Il fondale ogni giorno ti riserva una sorpresa. Il comandante della vostra nave fu sfortunato: c' era la situazione peggiore che potesse trovare. Non sarà il primo né l'ultimo che si arena. Trenta anni fa capitò a un cargo sovietico, vent'anni fa a un dragamine russo che andava alla base militare di Pascialinan, laggiù in fondo al promontorio. Dieci anni fa, capitò ancora. Finì in secca una nave italiana". Ibrahim guardò gli altri pescatori seduti ai tavoli, alzò la voce cercando la loro solidarietà: "C'era un solo marinaio che di questo golfo fece il suo fortino inattaccabile. Era un pirata, il terrore del Canale d' Otranto. Si chiamava Haxli Ali. Era un pirata. Aveva il suo porto in una grotta del promontorio del Karaburun. Nessuno lo ha mai preso. Questo fondale e il vento sono stati la sua protezione. Ma il vostro capitano non poteva saperlo". Non fu facile mettersi in contatto con il capitano di vascello Vincenzo De Fanis, pescarese, comandante del Vittorio Veneto, con una storia di marinaio di prim'ordine alle spalle. Alla radio, fece dire che aveva "ben altro da fare". Come dargli torto? Soltanto alle sei della sera, il capitano di vascello Sarto rispose in sua vece: "Tutti hanno visto che vento c' era ieri notte. Ci sono situazioni in cui l'ancora non riesce a lavorare come dovrebbe e allora perde la sua tenuta e ci si ritrova di traverso sul mare. Sono cose che possono accadere. E' accaduto a noi. Ora stiamo tentando di venirne fuori. Con i rimorchiatori, contiamo di riprendere la nostra tranquilla navigazione tra una o due ore". Mentre fece buio a Valona, l'incrociatore 'Vittorio Veneto' era ancora lì, davanti alla Vecchia Spiaggia, penosamente inclinato a dritta.

Progetto di nave museo mai realizzato

L'incrociatore Vittorio Veneto è stato in disarmo dal 29 giugno 2006, cioè gli erano stati tolti gli otturatori dai cannoni e gli stessi erano stati tagliati e sigillati con tappi di bronzo, ma restava comunque per il momento un'unità della Marina Militare iscritta al quadro del naviglio militare.
Il Vittorio Veneto era in predicato di diventare la prima nave-museo italiana; fu annunciato che la realizzazione sarebbe stata effettuata entro il 2010, ovvero poco prima delle previste celebrazioni del 150º anniversario dell'Unità d'Italia che si svolsero nel 2011, ma i termini dichiarati non furono rispettati. L'ostacolo fondamentale alla realizzazione del progetto, oltre alla mancanza di fondi, era la massiccia presenza di amianto nella nave, che andava rimosso e trattato per poterla aprire al pubblico. Nel maggio 2018 il Vittorio Veneto è stato messo in vendita per la successiva demolizione.

La Difesa vende ai cantieri turchi il Vittorio Veneto
 
Il ministero della Difesa a fine marzo 2019 ha concluso la procedura di vendita dell’ex Incrociatore Vittorio Veneto e dell’ex Fregata Granatiere, soggetta all’obbligo di demolizione e riciclaggio sicuro e compatibile con l’ambiente aperta ad operatori che agiscono in conformità tecnica con i requisiti previsti dal Regolamento Europeo.
La manifestazione di interesse fu emanata dall'Agenzia Industrie Difesa per selezionare potenziali offerenti ammissibili alla vendita per la cessione di due Galleggianti, ex navi della Marina Militare italiana. Le due ex navi da tempo si trovavano presso l’Arsenale Militare Marittimo di Taranto (Marinarsen – Taranto) e sono state vendute insieme.
L’Autorità decise di alienare l’ex Incrociatore Vittorio Veneto e l’ex Fregata Granatiere, con l’obbligo per l’acquirente di effettuarne la demolizione e un riciclaggio sicuro e compatibile con l’ambiente, in quanto le suddette ex navi presentavano quantità di materiali pericolosi quali ad esempio amianto. La tipologia dei materiali pericolosi presenti sulle due ex navi ed i relativi quantitativi stimati erano riportati nell’Inventario dei Materiali Pericolosi delle due ex UU.NN. che sono stati condivisi con gli offerenti che sono risultati idonei alla fase di preselezione.
La manifestazione di interesse stabiliva entro e non oltre 35 giorni solari dalla data di pubblicazione sul sito web dell’Autorità ovvero entro le ore 16:30 del 5 dicembre 2018, l’invio delle offerte. L’8 gennaio 2019, è stata ultimata la preselezione degli operatori economici interessati alla procedura. Lo scorso 20 febbraio 2019, nella sede dell’Agenzia Industrie Difesa in Roma, si riunì la Commissione per valutare le offerte: Sono state 7 le società selezionate che entro il termine previsto dalla lettera di invito presentarono un’offerta, ma soltanto 4 le società inviarono l’incartamento entro il temine previsto: la turca SOK DENIZCILIK con sede ad Ataturk, la turca SIMSEKLER con sede ad Izmir, la ISTAMBUL SHIPYARD con sede ad Istanbul, la LEYAL DEMTAS con sede ad Izmir.
La Commissione provvide a verificare la documentazione amministrativa (busta A) pervenuta ed ha valutato la conformità di quanto presentato dalle concorrenti in relazione a quanto chiesto dal disciplinare di gara. Ed poi aprì le offerte economiche (buste B) rilevando i seguenti incrementi percentuali offerti dalle concorrenti. Consideratii criteri di valutazione adottati dalla Commissione si decise di aggiudicare la vendita alla società SIMSEKLER per un valore di vendita pari a 3.382.000,00,00 €uro.  La Simsekler General Ship Chandlers & Ship Repair Inc. è la principale azienda di fornitura navale, riparazione navale e società di riciclaggio di navi verdi in Turchia. SIMSEKLER è stata fondata ad Aliağa nel 1976. SIMSEKLER, e mira a soddisfare le esigenze marittime della Turchia, è una società di alto livello in grado di servire in tutti i porti e gli stretti turchi con i suoi 40 anni di esperienza.

Svanisce il sogno del museo

Dunque, a distanza di 13 anni da quando, il 29 giugno 2006, la nave fu protagonista della cerimonia del suo ultimo ammaina-bandiera, la liturgia che per una unità militare significa la fine della vita operativa e il via allo smantellamento, la Vittorio Veneto ha lasciato il bacino del Mar Piccolo dove è stata ancorata per tanti anni.
In cui si sono succeduti proclami, tavoli tecnici, conferenze, incontri e scontri politici, interrogazioni di ogni tipo, promesse, annunci, possibilità di scippo da parte di altre città come Trieste e quant’altro, tramonta la possiblità di valorizzare un pezzo di storia della Marina Militare italiana che per anni ha fatto parte del panorama unico del Mar Piccolo (all’interno del più ampio progetto di realizzare un polo museale all’interno dell’Arsenale, finanziato dal CIS). Si sono scritti diversi articoli negli anni, ma nessuno si è di fatto concretamente interessato ad un progetto che è finito per restare nel cassetto, come tanti, troppi, riguardanti Taranto e le sue risorse.
Passato troppo tempo, è divenuto anche impossibile pensare di bonificare le due unità navali.
Il tempo scorre inesorabilmente e con lui i treni che passano e non tornano più indietro. E con loro anche la Vittorio Veneto, inviata tristemente alla demolizione, di cui resta solo il ricordo di una delle più belle unità navali italiane.

ENGLISH

The Vittorio Veneto missile cruiser (C 550), former flagship of the Italian Navy, in service from 1969 to 2003 (the year in which it was placed on a reduced availability list pending its decommissioning in 2006 and its removal from the register of naval vessels), is the second Italian vessel to bear this name after the Vittorio Veneto battleship of World War II.

Project

The design was derived directly from the two Andrea Doria class units: with these ships the type of missile-launching cruiser was introduced; with a Mk.10 missile ramp at the bow, anti-aircraft guns, and an anti-aircraft gun. at the bow, anti-aircraft guns in the centre and a flight deck at the stern, capable of operating, together with the associated hangar, two heavy Sikorsky SH-3D Sea King or Agusta-Bell AB 204 helicopters, these ships were not efficient enough to justify their cost, given the narrowness of the flight line; the design was revised and enlarged, with a 50% increase in displacement, to achieve six heavy SH-3 Sea King helicopters or nine medium-light AB-204 ASWs. The design succeeded, at least in part, in solving the problem of cost-effectiveness, and the Vittorio Veneto went on line in 1969, but remained a unique model, which certainly did not help in maximising the advantages of its design.
Following the evolution of technology and doubts about its anti-aircraft and anti-ship defence capability, the ship was upgraded at the Taranto Arsenal during the period 1980-1983, at the end of which the Vittorio Veneto found itself with a very powerful and diversified armament, suitable for many needs, and with half a helicopter squadron. The flight line was renewed with the replacement of the AB 204 with the AB 212 ASW, but one of the limitations was that the Sea Kings could not operate totally from the ship, because, being too tall, there was no space in the hangar for these helicopters.

Name

The unit's name commemorates the Battle of Vittorio Veneto, fought between 24 October and 3 November 1918 near Vittorio Veneto on the Italian front of World War I, which marked the end of hostilities on the Italian front and the surrender of Austria-Hungary.
Previously the name Vittorio Veneto had been given to a battle ship of the Regia Marina belonging to the Littorio class, which at the end of World War II was scrapped in compliance with the clauses of the peace treaty.

Structure

The line of the ship presented a bow without a castle and with a high freeboard, while the aft part was like an aircraft carrier with a relatively large rectangular flight deck (about 800 m²), 48 metres long and 18.50 wide, with a shed underneath measuring 27.5 x 15.3 m, connected by an elevator. Despite appearances, the large superstructures do not have space for a hangar, as in the Moskva class - Project 1123 Kondor practically coeval and weighing about twice as much. From the bridge to the extreme stern there was a long superstructure extending across the entire width and raising the deck by an interposed bridge. The decision to equip the unit with a large aft flight deck with a hangar underneath entailed the need to create a quarterdeck extending almost 2/3 of the entire length of the ship; the profile of the unit had a high, slender bow which joined the quarterdeck with a downward slope and a not very pronounced slope, with the stern slightly lower than the bow end. The hull was equipped with anti-roll stabilising fins, and was characterised by the presence of the forward bulb in which the sonar was located. The stern, below the extreme part of the flight deck, was intended for mooring operations. The superstructures were characterised by a single centre forward block that housed the bridge and all the rooms necessary for conducting operations. Aft of the bridge, there were two structures called macks, which integrated the two funnels for exhausting boiler fumes, with the masts providing support for all the ship's radar and telecommunications antennas. The large space between the two macks was reserved for the possibility, later abandoned, of embarking Polaris-type missiles, and a crane with a wide boom was housed there.

Propulsion

The ship was equipped with four Ansaldo-Foster Wheeler boilers, with two Tosi turbo-reducer units, with a power of 73,000 hp that transmitted movement to the propeller shafts with two fixed pitch propellers. Maximum speed was 32 knots with a range of 6,000 miles at 17 knots.

Armament

Anti-aircraft missile armament was provided by the MK10 Terrier launch system with a twin ramp located forward on deck, in the missile room there were two rotating drums for 40 Standard MR/ER missiles with ASROC capability (the ability to launch torpedoes through the MK10). The artillery armament for close air defence had a theoretical rate of 60 rounds/minute, which could be fired from each of the eight 76 mm/62 guns, built by Oto Melara of La Spezia, grouped on the sides of the superstructure in single turrets, four on each side, placed two in front of the bridge and the other six to the side of the central deckhouse. There were also six anti-submarine torpedo launchers in two triple installations located in the aft area on the two sides before the flight deck for light 324 mm torpedoes, type Mk 46 and later type A 244. The cycle of works to which the unit was subjected between 1980 and 1983 saw the addition of three Breda Dardo systems, one forward and two aft, placed on either side of the hangar on twin 40mm towers to enhance its short-range anti-aircraft defensive capability, and four long-range Franco-Italian OTOMAT TESEO missile racks, which gave the unit considerable anti-ship capabilities, placed two by two amidships, for which it was necessary to add special brackets projecting along the sides. The Dardo systems in addition to the 76 mm guns brought the total number of gun ports to 14. The MK 10 main ramp, similar to that of the Belknap class, was also upgraded to the Mod. 9 standard, thus acquiring the possibility of launching Standard and ASROC missiles.

Electronics

The unit's electronic component is remarkable. The Hughes AN/SPS-52C three-dimensional far air detection radar was positioned on the foremast. The TACAN and Lockheed Electronics AN/SPS-40 two-dimensional airborne detection radar was located on the aft mack, while the SMA MM-SPQ-2B navigation and surface detection radar was located on the foremast. The two-dimensional air-sea detection radar AN/SPS-40 had been acquired while waiting for the development of the new domestically produced model MM/SPS-768, which was produced from November 1975 and would equip all naval offshore units from the second half of the 1970s. The two Sperry AN/SPG-55A missile-guidance radars were positioned on top of the centre-forward structure. The four ELSAG-electronic firing stations San Giorgio Argo NA-10/RTN-10X, each serving a pair of 76/62 guns, were located one forward, one aft and two in a centre-lateral position. The I.F.F. and E.S.M./ECM electronic warfare system was Abbey Hill and had two SCLAR Breda-Elsag chaff/jammers/flares launchers located on either side of the unit. The ship was equipped with the SADOC-1 command and control system and an AN/SQS-23G medium frequency hull sonar with associated sensors for the embarked helicopters.
The ship's electronics, after the cycle of works that the ship underwent between 1980 and 1983, was completely renewed with the acquisition of the latest equipment and new weapon systems, characterising the unit's new appearance.
The two-dimensional AN/SPS-40 far air detection radar was replaced by the new Selenia MM/SPS-768 radar of national construction, with an IFF Mk XII secondary, installed on the aft mack, at the top of which was located the antenna of the TACAN, Face Standard type URN-25, for the radionavigation of the helicopters on board. The surface detection radar SMA MM/SPS-702 with secondary IFF, with antenna placed on a shelf of the forward mack, replaced the previous navigation and naval detection radar SMA MM/SPQ-2B and after the works the ship was equipped with navigation radar MM/SPN-748, with antenna placed on the bridge ceiling. Forward of the forward mack were two Sperry AN/SPG-55B search missile-guiding radars for Standard missiles, which replaced the previous AN/SPG-55A serving the Terriers, while serving the CIWS Dardo point defence system were two Selenia-Elsag Orion SPG-74 RTN-20X firing directions, located along the longitudinal axis forward and aft.


Aircraft

The ship could carry up to nine light Agusta-Bell AB 204 helicopters, later replaced by AB 212 ASWs, or six SH-3D Sea King helicopters.

Service

Built by Navalmeccanica at the Castellammare di Stabia shipyard, the unit was laid down on 10 June 1965, launched on 5 February 1967 and delivered to the Navy on 12 July 1969. The first commander of the unit was Captain Vittorio Marulli, who had been in charge of fitting out the ship since 1966 and who, with the rank of squadron admiral, would serve from September 1981 to January 1984 as Commander in Chief of the Naval Squadron and from 7 February 1984 to 15 October 1985 as Chief of Naval Staff. During World War II, Marulli had served as an officer on the battleship of the same name.
Having first reached her base of operations in Taranto on 30 October, on 4 November, five days later, she received the combat flag in Trieste, donated by the city of Vittorio Veneto. The combat flag was presented by Countess Maria Francesca Frascara, widow of Admiral Corso Pecori Giraldi, former commander of the Vittorio Veneto battleship during World War II and from 1955 to 1962 Chief of Naval Staff.
After only a year of service and fine-tuning, the ship left for a long training cruise held between 25 April and 23 August 1970 in the North Atlantic, calling at various American and European ports.
Following the departure of the missile-launching cruiser Garibaldi from the squadron, in 1971 the Vittorio Veneto also assumed the role of flagship, which it handed over to the aircraft-carrying cruiser Giuseppe Garibaldi in 1987.
In the course of its activities, the cruiser Vittorio Veneto participated in numerous national and international exercises, always acting as command ship for escort groups of aircraft carriers or complex convoys.
In 1972, between 16th August and 29th October, accompanied by two Bergamini class frigates, it took part in a long training campaign in South America.
In the winter and spring of 1973, the Vittorio Veneto participated with the Andrea Doria and the 3rd Helicopter Group in the relief of the flooded population in Tunisia. Later, it took part in rescue operations for the national populations affected by the earthquakes in Friuli in 1976 and Irpinia in 1980.
In 1978, the Vittorio Veneto was used on the summer training cruise for the second year students of the Livorno Academy, replacing the San Giorgio, which had been laid up after the 1977 training cruise had severely tested the ship's structure, which had been hit by the monsoons while sailing in the Indian Ocean. For the occasion, the Vittorio Veneto's hangar was equipped as a dormitory for the trainees.
Between 7th July and 20th August 1979, the Vittorio Veneto, with the cruiser Andrea Doria and the refuelling squadron Stromboli, formed the VIII Naval Group, which cruised in the waters of the Gulf of Thailand and the South China Sea to the aid of the "boat people". The Naval Group rescued and brought back to Italy about a thousand Vietnamese refugees fleeing their country.
In February 1984, during the first deployment of Italian troops outside Italy since the end of World War II, the Vittorio Veneto, under the auspices of the UN, participated in the second phase of Operation Lebanon Two, escorting convoys to and from Italy and providing support and cover for the national contingents deployed in Beirut.
In February 1985, it hosted President Pertini on an official visit to Egypt.
At the beginning of October 1985, the Vittorio Veneto took part in Operation Margherita to shadow the transatlantic liner Achille Lauro which had been hijacked by Palestinian terrorists. The operation was coordinated by the Vittorio Veneto and on that occasion the naval unit took on COMSUBIN paratroopers.
With the entry into service of the new aircraft carrier cruiser Giuseppe Garibaldi, on 30 September 1985, the Vittorio Veneto lost its role as flagship but did not stop playing important roles, actively participating in all the most important national and international exercises.
During Operation Ibis between 11 December 1992 and 14 April 1993, the Vittorio Veneto operated as the command ship for the 24th Naval Group, which also included the frigate Grecale, the destroyer Vesuvio and the landing ships San Giorgio and San Marco with the men of the "San Marco" Battalion.
From 20 April to 8 September 1993, the Vittorio Veneto was the Command Headquarters Ship of STANAVFORMED, the permanent naval force in the Mediterranean of the N.A.T.O., in the operation "Maritime Guard" in the Adriatic Sea for control operations following the succession of events in the former Yugoslavia and to establish a first anti-aircraft defensive wall to the national territory.
From 14 to 27 April 1997, as the headquarters of the XXVIII Naval Group, it took part in Operation Alba. During the mission, on 22 April, the ship ran aground on the coast of Albania, in front of the port of Vlora, without sustaining any particular damage, but with a damage to the image of the Italian Navy: that night, due to the strong wind, the anchors began to plough the bottom, and an attempt was made to pressurise the machinery in order to manoeuvre, but from the grids under the hull the condensers sucked sand, causing them to break down. The ship was the flagship of the ongoing operation, transporting troops and equipment to be landed in Albania as part of Operation Dawn. The ship was disengaged a few days later by Navy tugs, which came to the rescue from the military port of Taranto. Following the incident, the commander of the vessel, Captain Vincenzo De Fanis, asked and obtained a replacement, three months before the scheduled expiry date. His successor was Giuseppe De Giorgi, Admiral Mariani's flag aide in the Persian Gulf in Operation Gulf 1 and son of Admiral Gino De Giorgi, who as Chief of Naval Staff (1973-77) had published in November 1973 a document known as the "White Book of the Navy", which a few years later would lead to the 1975 Naval Law that was the basis for a substantial modernisation of the Navy's fleet.
Operation Alba was also the last operational mission of the Vittorio Veneto, which from then on carried out only representative missions and training campaigns for the cadets of the second class of the Naval Academy of Livorno and the cadets of the Petty Officers School of Taranto.
In October 1999, the Vittorio Veneto became the Flagship of the Commander of the High Seas Forces.
On 9 September 2003, the ship hosted the President of the Republic, Mr Ciampi, on the occasion of the commemoration of the 60th anniversary of the sinking of the battleship Roma.
The ship was no longer operational on 1 November 2003, approximately one month after returning from the last training campaign for cadets, which took place on 12 October 2003, when it was withdrawn from active service and placed in reserve, also due to rising costs and structural obsolescence in general and the engine system in particular. The Vittorio Veneto survived, thanks to modernisation, for longer than the older Doria, which was decommissioned in the early 1990s, but its work was then delegated to the Garibaldi, which entrusted air defence to VSTOL fighters, renouncing long-range SAMs and using, instead of 76 mm cannons, two Selenia Aspide/Albatros missile launchers.
As flagship of the Italian Navy, the Vittorio Veneto replaced the missile-launching cruiser Giuseppe Garibaldi, which was decommissioned in 1971, and was then replaced in 1985 by the light aircraft carrier/cruiser Giuseppe Garibaldi. By way of curiosity, the two flagships - the one before and the one after the Vittorio Veneto - shared not only the same name, but also the same optical badge 551.
The new flagship of the Naval Squadron, the aircraft carrier Cavour, inherited optical badge 550, the same badge that had distinguished the Vittorio Veneto.

AUGUST 1979, THE VENETO AND THE VIETNAMESE BOAT PEOPLE

It was about 10 a.m. on Monday 20 August 1979 when three warships of the 8th Naval Group - the cruiser Vittorio Veneto, the Andrea Doria and the Stromboli - entered St Mark's Basin. A cheering crowd awaited them on Riva degli Schiavoni, while the authorities reached the ships directly by helicopter: Defence Minister Attilio Ruffini, Undersecretary Giuseppe Zamberletti (in charge of the operation and later the "father" of the Civil Protection), the Patriarch of Venice Marco Cé and Mayor Mario Rigo were all present.
On board the ships, which had just sailed non-stop for weeks, were the crew and some 900 Vietnamese refugees, including 125 children, rescued in the South China Sea, off Singapore and the Malaysian coast. Little by little they were disembarked with the help of steamers.
They were literally fished out by the Navy as they drifted in small, often broken-down boats in the South China Sea. Our ships, laden with tons of food, clothing and medicine, had been sent there to rescue them in a mission that remained unique. At that time, hundreds of thousands of families in Vietnam, recently reunified by the communist regime in the north, were braving the sea to escape repression. They were trying to reach Thailand, Malaysia and Indonesia; thousands drowned or were captured by pirates, others were decimated by hunger and disease in refugee camps. The ships are often turned back by neighbouring countries, towed out to sea by patrol boats and abandoned in the ocean: there is no end to the assaults and rapes, even cannibalism.
Our ships, loaded with tons of food, clothing and medicine, were sent there to save them. The world, however, even if still divided into blocs, reacted. And Italy too, struggling with perennial internal crises and terrorism, did its part. Thus the Andreotti government, responding to the requests of the UN Secretary for Refugees, sent the Navy. At the beginning of July, the Vittorio Veneto, the fleet's flagship, was in Toulon, the Andrea Doria in Barcelona: they left after receiving an urgent cable to go to their respective bases, then reunited before crossing Suez. Many sailors and officers gave up their leave and holidays to complete the mission, during which an area of some 250,000 square kilometres was scoured. After less than two months they were back with their precious cargo of humanity.
Among the refugees who arrived in San Marco was To Cam Hoa, who now lives in Breda di Piave (Treviso): "There are many memories that cannot be forgotten: hunger, thirst, fear of dying... our boat was damaged and was lost in the middle of the ocean. I remember when we met the Italian ship, it was like a miracle; Italy at that time represented salvation for the Vietnamese refugees fleeing the Stalinist regime".
What is striking today is the solidarity race that then broke out all over Italy to welcome the refugees, especially in Veneto, where the regional coordination for aid is established in Padua. In the front line were the Italian Red Cross and above all Caritas, led by Monsignor Giovanni Nervo.
In just a short time, 26.5 million pounds were raised in Padua alone through the collection of used clothing, which was tried out for the first time as a means of self-financing, while an equally large sum came from private donations. In the meantime, job and housing offers literally poured in, so much so that at the end of January 1980, Caritas Padua was even forced to announce that there were not enough refugees compared to the offers of help. What is striking today is the solidarity race that then broke out all over Italy to welcome the refugees.
There are many stories and episodes to be told: a family offered to build a house for a Viet family, while a company offered to furnish it; a school group collected what was needed to buy the 'refugee friends' a Caliph and a sewing machine, while employees of the Antoniana bank taxed their salaries and Padua traders sent foodstuffs. Many hosted the refugees directly in their homes, not only in the capital: it happened in Arsego, San Giorgio delle Pertiche, Fratte, Zugliano... And the aid was not only material: at the 1981 Têt (the Vietnamese New Year) celebration, organised in Tencarola, 300 Italians also took part. 
Unlike 10 years ago, there are no special celebrations to remember those extraordinary events. Time passes and everyone's energies diminish; then the atmosphere also seems to have changed a little, even if it is often the Italian Vietnamese themselves, for fear of exploitation, who reject too easy parallels with today's situation. "At the moment, the community of Vietnamese ex-refugees in Italy includes three generations that have perfectly integrated with the Italian culture and lifestyle, and we can be considered to all intents and purposes Italian...' To Cam Hoa concludes. The older members of the first generation are now retired, and some are unfortunately no longer here. 
Most of them have adapted successfully, most of our young people have graduated and are working... some of them have emigrated abroad to find other opportunities and gain new experience. What remains is that great little miracle of solidarity, the memory of which risks fading every year. Except, of course, for those concerned.
On 20 August 1979, 900 Vietnamese refugees were disembarked in Venice by Navy ships: a miracle of solidarity and organisation that still gives us pause for thought today.

23 April 1997, the cruiser Vittorio Veneto runs aground in the port of VALONA

The cruiser Vittorio Veneto ran aground like a whale on the sandy seabed of the bay of Vlora at 18.00 hours. After twelve hours of painful immobility, four tugs tried to drag the flagship of the Italian fleet out of the shallows. A fifth tug pushed and puffed under the port bulwark while the cruiser's three helicopters circled in the sky to lighten her weight and prevent her from sliding into the sea if she was shaken. The scene was rather embarrassing. The Veneto - seen from the shore - looked like an imposing Gulliver lying in the shallow water of the Bay of Vlora while the Lilliputians with ropes and cables tried to get it back on its feet. The incident was even more disheartening when one considers that, on board the Vittorio Veneto, there was the General Staff coordinating Operation Dawn under the orders of Admiral Nicola Azzolini, commander of the Third Naval Division. In the harbour, a naval rifleman from the San Marco battalion spoke of bad luck: "We sailors believe in luck and this expedition to Albania was born under a bad star".
On the previous Good Friday, the frigate 'Sibilla' collided with an overloaded Albanian patrol boat, which sank with eighty-nine refugees on board. Even then there were those who spoke of a Good Friday curse. Now this disaster. No deaths, it's true, but as catastrophic for the Navy's image as the collision in the Otranto canal. Speaking of the curse, an accident had also happened to the LPD San Giusto. During the evacuation of refugees from Durres, the ship struck a wreck, causing a gash in her side. But the episode was kept secret.
During the night of Monday to Tuesday, a hot south-easterly wind swept through the bay of Vlora. A furious wind with gusts of fifty knots swept the sea. With the wind in that direction, the cruiser should have been anchored at the bottom of the bay of Radima in the left corner of the gulf, where the amphibious ship San Giusto had carefully dropped anchor. Instead, the Veneto anchored in the middle of the bay, in front of the Old Beach in the wrong place, it seems. It was the worst spot," said a pilot from the Albanian port, "the sea bed there is sandy and the anchor could not hold in that wind. To save the thousand dollars for the mooring, the Italians have now spent ten, twenty thousand to get out of it. That's quite a story. When the harbourmaster's office contacted them to find out if they needed help, the Vittorio Veneto responded without sympathy: "We'll do it ourselves, thanks". On the docks and in the bars of the port there was a lot of stinging sarcasm spilling over the Italians. Sarcasm, annoyance, a spirit of revenge. Why, according to the Albanians, had the captain of the Vittorio Veneto not heeded the captain's advice to keep the engines running in that wind? There were those who more maliciously accused the Italians of 'arrogance'. "They didn't even think to raise the 'courtesy flag', the flag of the country hosting the wood". Lieutenant Kristac Gerveni was more lenient. "It is true that the Italians," he says, "had sounded the bottom with the minesweeper 'Pantelleria'. but they couldn't have known that those damned seabeds change from night to day with the wind and the debris that the Seman River dumps into the sea. The anchor, by now free, had ploughed the bottom of the entire bay during the night. The 'Vittorio Veneto' had gone sideways, drifting slowly through the night and had run aground on the shoal at a depth of no more than ten metres". The light of day caught the 'Vittorio Veneto' sitting astern in the sand and with the anchor that, after being dragged for over a mile, had finally sunk under a couple of metres of sand, jamming the flagship fore and aft, irretrievably like a whale on the shore. 
From the bridge, they tried to get out by revving their engines. As a result, they plunged further into the sand. They began to relieve themselves of fuel by idling their engines. But, they argued in Vlora, until the wind that was now blowing from the south-west turned to the north-west so as to push the cruiser from the stern with the help of the high tide, it would be difficult for the 'Vittorio Veneto' to regain depths more suited to her size. On the Old Beach, next to the caustic soda factory, there was a wooden hut in the pine forest. The 'Vittorio Veneto' was right opposite in the steel-coloured water. In that hovel where the Vlora fishermen drank beer, raki, ate barbun cod and played cards, the only words of understanding for the Italian sailors were collected. Ibrahim Alushi, 47, had been a fisherman in Vlora for thirty-five years, like his father, like his grandfather's father. "This bay," he said with his eyes fixed on the dying giant, "is treacherous and dangerous. If you know it, you avoid it. If you can't avoid it, it can play tricks on you. Even the Ulqini fishermen who are the best on the coast between Saranda and Yugoslavia stay away from that bay. The wind changes rapidly and blows ashore in deadly gusts. The seabed has a surprise in store for you every day. The commander of your ship was unlucky: it was the worst situation he could find. He won't be the first or the last to run aground. Thirty years ago it happened to a Soviet cargo ship, twenty years ago to a Russian minesweeper going to the military base of Pascialinan, down there at the end of the cape. Ten years ago, it happened again. An Italian ship ran aground. Ibrahim looked at the other fishermen sitting at the tables, raised his voice and sought their solidarity: "There was only one sailor who made this gulf his unassailable fortress. He was a pirate, the terror of the Otranto Channel. His name was Haxli Ali. He was a pirate. He had his harbour in a cave on the Karaburun promontory. No one ever caught him. This seabed and the wind were his protection. But your captain could not have known that". It was not easy to get in touch with Captain Vincenzo De Fanis, from Pescara, commander of the Vittorio Veneto, with a history of first-class seamanship behind him. On the radio, he let it be said that he had 'much more to do'. Who could blame him? It wasn't until six o'clock in the evening that Captain Sarto replied on his behalf: "Everyone saw what the wind was like last night. There are situations when the anchor doesn't work as it should and then it loses its grip and you find yourself sideways at sea. These things can happen. It happened to us. Now we are trying to get out of it. With the tugs, we expect to resume our calm sailing in an hour or two. As darkness fell in Vlora, the cruiser 'Vittorio Veneto' was still there, in front of the Old Beach, leaning painfully to starboard.

Museum ship project never realised

The cruiser Vittorio Veneto had been decommissioned since 29 June 2006, i.e. the shutters had been removed from its cannons and the cannons had been cut and sealed with bronze plugs, but it remained for the time being a naval vessel registered in the naval register.
The Vittorio Veneto was on the verge of becoming Italy's first museum ship; it was announced that it would be completed by 2010, just before the planned celebrations of the 150th anniversary of Italian Unification in 2011, but the stated deadline was not met. The fundamental obstacle to the realisation of the project, besides the lack of funds, was the massive presence of asbestos in the ship, which had to be removed and treated in order to open it to the public. In May 2018, the Vittorio Veneto was put up for sale for subsequent scrapping.

Defence sells the Vittorio Veneto to Turkish shipyards
 
The Ministry of Defence at the end of March 2019 concluded the procedure for the sale of the former Cruiser Vittorio Veneto and the former Frigate Grenadier, subject to the obligation of safe and environmentally sound demolition and recycling open to operators acting in technical compliance with the requirements of the European Regulations.
The expression of interest was issued by the Defence Industries Agency to select potential bidders eligible for the sale of two Floats, former ships of the Italian Navy. The two former ships had long been located at the Taranto Maritime Military Arsenal (Marinarsen - Taranto) and were sold together.
The Authority decided to sell the former Cruiser Vittorio Veneto and the former Frigate Grenadier, with the obligation for the buyer to carry out their dismantling and safe and environmentally sound recycling, as the above-mentioned former ships contained quantities of hazardous materials such as asbestos. The type of hazardous materials present on the two former ships and their estimated quantities were listed in the Inventory of Hazardous Materials of the two former NNUs which were shared with the successful bidders in the pre-selection phase.
The Expression of Interest stipulated no later than 35 calendar days from the date of publication on the Authority's website i.e. by 4:30 p.m. on 5 December 2018, for the submission of bids. On 8 January 2019, the pre-selection of economic operators interested in the procedure was completed. On 20 February 2019, at the headquarters of the Defence Industries Agency in Rome, the Commission met to evaluate the offers: 7 selected companies submitted an offer, but only 4 companies sent their bids within the deadline set by the letter of invitation: Turkish SOK DENIZCILIK based in Ataturk, Turkish SIMSEKLER based in Izmir, ISTAMBUL SHIPYARD based in Istanbul, LEYAL DEMTAS based in Izmir.
The Commission proceeded to check the administrative documentation (envelope A) received and assessed the conformity of what was submitted by the tenderers in relation to what was requested in the tender specifications. And then it opened the economic offers (envelope B) noting the following percentage increases offered by the competitors. Considering the evaluation criteria adopted by the Commission it was decided to award the sale to the company SIMSEKLER for a sale value of € 3,382,000.00.  Simsekler General Ship Chandlers & Ship Repair Inc. is the leading ship supply, ship repair and green ship recycling company in Turkey. SIMSEKLER was founded in Aliağa in 1976. SIMSEKLER, and aims to meet the maritime needs of Turkey, is a high level company capable of serving all Turkish ports and straits with its 40 years of experience.

The museum dream disappears

Thirteen years after the ship's last flag lowering ceremony on 29 June 2006, the liturgy that for a military vessel means the end of its operational life and the start of its dismantling, the Vittorio Veneto has left the Mar Piccolo basin where it was anchored for so many years.
After a series of proclamations, technical tables, conferences, political meetings and clashes, questions of all kinds, promises, announcements, the possibility of being snatched by other cities such as Trieste and so on, the possibility of enhancing the value of a piece of Italian Navy history that for years was part of the unique panorama of the Mar Piccolo (as part of the wider project to create a museum centre inside the Arsenal, financed by the CIS) has disappeared. Several articles have been written over the years, but no one has actually taken a concrete interest in a project that has ended up remaining in the drawer, like many, too many, concerning Taranto and its resources.
Too much time has passed, and it has also become impossible to think about reclaiming the two vessels.
Time passes inexorably, and with it the trains that pass and never return. And with them also the Vittorio Veneto, sadly sent for demolition, of which only the memory of one of the most beautiful Italian naval units remains.

(Web, Google, LaRepubblica, Wikipedia, CorrierediTaranto, Guidastudentipadova, You Tube)













































 

Nessun commento:

Posta un commento

GUERRA CIVILE SIRIANA 2015 - 2023: la feroce “battaglia di Khasham”, ovvero, i numerosi contatti a fuoco avvenuti tra “special forces” statunitensi, ribelli siriani e “gruppo Wagner”…

https://svppbellum.blogspot.com/ Blog dedicato agli appassionati di DIFESA,  storia militare, sicurezza e tecnologia.  La bandiera è un simb...