martedì 16 maggio 2023

1949 -1953: AEREI SPERIMENTALI “RAMJET” Breguet LEDUC 0.10, 0.16, 0.20 e 0.21





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Leduc 0.10

Il Leduc 0.10 fu il primo aereo al mondo a volare, il 21 aprile del 1949, spinto da uno statoreattore.


Il progetto di un aereo spinto da uno statoreattore (o ramjet) fu studiato dall'ingegnere francese René Leduc a partire dal 1938 presso gli stabilimenti della Société anonyme des ateliers d'aviation Louis Breguet. Durante la seconda guerra mondiale, a seguito dell'invasione da parte dell'esercito tedesco, Leduc spostò prima le attività nel sud della Francia e, verso la fine del 1940, sospese lo sviluppo nascondendo i componenti fino ad allora costruiti in vari stabilimenti nei dintorni di Tolosa. Dopo la guerra Leduc riprese la costruzione del suo prototipo che fu completato nel 1947.



Dal momento che uno statoreattore non può generare una spinta a punto fisso (o comunque a velocità relativamente basse), fu necessario studiare un sistema di trasporto e sgancio in volo da un aereo-madre, un Sud-Est Languedoc appositamente modificato, in grado di permettergli di raggiungere la velocità minima di funzionamento del motore.
Dopo i primi voli vincolati, il 21 ottobre 1947 iniziarono le prove in volo planato. Il 21 aprile 1949 il motore fu acceso in volo, per dodici minuti a metà potenza, spingendo il velivolo ad una velocità di 680 km/h. Successivamente l'aereo dimostrò l'efficacia della propulsione ramjet applicata ad un velivolo raggiungendo una velocità di Mach 0,84 e ratei di salita (39,6 m/s) superiori ai migliori aerei da caccia del tempo.
Dei due prototipi di 0.10 originariamente costruiti, uno fu distrutto in un incidente nel 1951 e l'altro gravemente danneggiato l'anno successivo.



Il progetto continuò con il Leduc 0.21 che iniziò le prove in volo il 16 maggio del 1953.
L'abitacolo del pilota era ricavato nella struttura più interna della fusoliera, che costituiva anche la spina centrale della presa d'aria dello statoreattore. Era pressurizzato e, in caso di emergenza, poteva essere sganciato dal resto del velivolo. Per garantire un minimo di visuale laterale al pilota furono ricavate delle piccole aperture vetrate nella parete della fusoliera più esterna, struttura dello statoreattore vero e proprio.
L'aria in ingresso al motore era rallentata e compressa dalla geometria della presa d'aria. A causa della notevole portata richiesta, fu appositamente sviluppata dalla Société Jacottet una turbopompa in grado di garantire la quantità di combustibile necessaria ad alimentare la camera di combustione.
La velocità minima alla quale il motore era in grado di fornire una spinta era di 322 km/h che veniva raggiunta, una volta sganciatosi dal velivolo madre, dopo una breve picchiata.
Il carrello di atterraggio era costituito da una coppia di ruotini retrattili disposti in tandem assistiti da un pattino posteriore.

Leduc 0.16

Per migliorare il controllo dell'aereo all'atterraggio (quando il motore ramjet non è in grado di fornire una spinta) fu progettata una versione dotata di due piccoli motori turbogetto Turbomeca Marbore I installati sulle estremità alari che, comunque, non erano in grado di garantire la spinta necessaria ad un decollo autonomo. Il primo esemplare di questa versione volò l'8 febbraio del 1951, ma dopo pochi mesi, in seguito a problemi di sincronizzazione dei motori e flessione delle ali, fu riconvertito alla versione 0.10. Questo esemplare è attualmente esposto al Musée de l'Air et de l'Espace di Le Bourget.





Leduc 0.21

Il Leduc 0.21 fu un aereo sperimentale francese costruito nel 1953 allo scopo di realizzare un laboratorio volante per lo studio di un propulsore di tipo ramjet.
René Leduc fu un ingegnere francese che lavorò molti anni allo sviluppo di un motore con propulsione a statoreattore; egli portò in volo il Leduc 0.21 il 16 maggio 1953 la prima volta, a questo volo seguirono 284 voli successivi. Questo velivolo era più grande del suo predecessore il Leduc 0.10 del 30% ed aveva dei serbatoi alari alla estremità alare.
La velocità massima raggiunta fu di 0,95 Mach (900 km/h).
Per volare doveva esser portato in volo da un aereo madre, il SNCASE SE-161 Languedoc, che lo avrebbe rilasciato in quota.
Interamente metallico, aveva un propulsore Leduc ramjet da 63,7 kN (14 300 lbf) di spinta, con una superficie alare di 22,00 m² e una lunghezza di 12,50 m.
Aveva un carrello principale retrattile e dei pattini stabilizzatori sulle estremità alari. Il posto di pilotaggio era eiettabile. Il ramjet aveva sei linee di ugelli disposti concentricamente nella parte posteriore del tubo propulsore.
Venne costruito in due esemplari il Leduc 0.20 e il 0.21. Da questi due esemplari fu derivato il Leduc 0.22 più grande e prestazionale.




Ripensare la guerra, e il suo posto
nella cultura politica europea contemporanea,
è il solo modo per non trovarsi di nuovo davanti
a un disegno spezzato
senza nessuna strategia
per poterlo ricostruire su basi più solide e più universali.
Se c’è una cosa che gli ultimi eventi ci stanno insegnando
è che non bisogna arrendersi mai,
che la difesa della propria libertà
ha un costo
ma è il presupposto per perseguire ogni sogno,
ogni speranza, ogni scopo,
che le cose per cui vale la pena di vivere
sono le stesse per cui vale la pena di morire.
Si può scegliere di vivere da servi su questa terra, ma un popolo esiste in quanto libero, 
in quanto capace di autodeterminarsi,
vive finché è capace di lottare per la propria libertà: 
altrimenti cessa di esistere come popolo.
Qualcuno è convinto che coloro che seguono questo blog sono dei semplici guerrafondai! 
Nulla di più errato. 
Quelli che, come noi, conoscono le immense potenzialità distruttive dei moderni armamenti 
sono i primi assertori della "PACE". 
Quelli come noi mettono in campo le più avanzate competenze e conoscenze 
per assicurare il massimo della protezione dei cittadini e dei territori: 
SEMPRE!
….Gli attuali eventi storici ci devono insegnare che, se vuoi vivere in pace, 
devi essere sempre pronto a difendere la tua Libertà….
La difesa è per noi rilevante
poiché essa è la precondizione per la libertà e il benessere sociale.
Dopo alcuni decenni di “pace”,
alcuni si sono abituati a darla per scontata:
una sorta di dono divino e non, 
un bene pagato a carissimo prezzo dopo innumerevoli devastanti conflitti.…
…Vorrei preservare la mia identità,
difendere la mia cultura,
conservare le mie tradizioni.
L’importante non è che accanto a me
ci sia un tripudio di fari,
ma che io faccia la mia parte,
donando quello che ho ricevuto dai miei AVI,
fiamma modesta ma utile a trasmettere speranza
ai popoli che difendono la propria Patria!
Signore, apri i nostri cuori
affinché siano spezzate le catene
della violenza e dell’odio,
e finalmente il male sia vinto dal bene…


(Fonti: https://svppbellum.blogspot.com/, Web, Google, Wikipedia, You Tube)












































 

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