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La crisi dei missili di Cuba, meno nota come crisi di ottobre (in spagnolo Crisis de Octubre) o crisi dei Caraibi (in russo: Карибский кризис, traslitterato: Karibskij krizis), fu un confronto tra gli Stati Uniti d'America e l'Unione Sovietica in merito al dispiegamento di missili balistici sovietici a Cuba in risposta a quelli statunitensi schierati in Italia, Turchia e Gran Bretagna, in vicinanza della frontiera con l'URSS. L'episodio, avvenuto durante la presidenza di John Fitzgerald Kennedy è stato considerato uno dei momenti più critici della guerra fredda in cui si è arrivati più vicino a una guerra nucleare.
Come reazione alla fallita invasione della Baia dei Porci del 1961 e alla presenza di missili balistici americani Jupiter nelle dieci basi in Italia e nelle cinque basi in Turchia, il leader sovietico Nikita Chruščёv decise di accettare la richiesta di Cuba di posizionare missili nucleari sull'isola al fine di scoraggiare una possibile futura invasione. L'accordo venne raggiunto durante un incontro segreto tra Chruščёv e Fidel Castro nel luglio 1962 e la realizzazione delle strutture di lancio dei missili venne avviata poco più tardi.
Anche se il Cremlino aveva negato la presenza di pericolosi missili sovietici a 90 miglia dalla Florida, i sospetti vennero confermati quando un aereo spia Lockheed U-2 dell'United States Air Force produsse evidenti prove fotografiche della presenza di missili balistici a medio raggio (R-12) e intermedi (R-14).
Gli Stati Uniti allestirono un blocco militare per impedire che ulteriori missili potessero giungere a Cuba, annunciando che non avrebbero consentito nuove consegne di armi offensive a Cuba e chiedendo che i missili già presenti sull'isola fossero smantellati e restituiti all'Unione Sovietica.
Dopo un lungo periodo di stretti negoziati venne raggiunto un accordo tra il presidente americano John F. Kennedy e il presidente russo Nikita Chruščёv. Pubblicamente, i sovietici avrebbero smantellato le loro armi offensive a Cuba e le avrebbero riportate in patria, sotto verifica da parte delle Nazioni Unite e in cambio di una dichiarazione pubblica da parte statunitense di non tentare di invadere nuovamente Cuba. In segreto, gli Stati Uniti avrebbero anche acconsentito a smantellare tutti i PGM-19 Jupiter, di loro fabbricazione, schierati in Italia (nelle Murge baresi, tra Basilicata e Puglia), Turchia e Gran Bretagna.
Quando tutti i missili offensivi e i bombardieri leggeri Ilyushin Il-28 vennero ritirati da Cuba, il blocco venne formalmente concluso il 21 novembre 1962. I negoziati tra gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica misero in evidenza la necessità di una rapida, chiara e diretta linea di comunicazione riservata e dedicata tra Washington e Mosca. Di conseguenza, venne realizzata la cosiddetta linea rossa Mosca-Washington. Una serie di ulteriori accordi ridusse le tensioni tra gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica per diversi anni.
Azioni statunitensi antecedenti
Gli Stati Uniti erano preoccupati per un'espansione del comunismo a livello mondiale e il fatto che vi fosse un paese dell'America latina apertamente alleato con l'Unione Sovietica era considerato inaccettabile fin dall'inizio della guerra fredda e in applicazione della Dottrina Monroe.
Gli Stati Uniti erano stati umiliati pubblicamente dalla fallita invasione della Baia dei Porci tentata nell'aprile del 1961 e attuata dal presidente John F. Kennedy tramite la CIA sotto la spinta degli esuli cubani. In seguito, l'ex presidente Dwight Eisenhower disse a Kennedy che "il fallimento della Baia dei Porci incoraggerà i sovietici a fare qualcosa che altrimenti non avrebbero fatto". La mancata invasione convinse il premier sovietico Nikita Chruščёv e i suoi consiglieri che Kennedy fosse indeciso e, come scrisse un consigliere sovietico, "troppo giovane, intellettuale, non preparato bene per il processo decisionale in situazioni di crisi... troppo intelligente e troppo debole".
Inoltre, l'impressione di Chruščёv sulla debolezza di Kennedy, venne confermata dalla risposta del presidente durante la crisi di Berlino del 1961 e dalla costruzione del muro di Berlino. Parlando ai funzionari sovietici dopo la crisi, Chruščёv affermò, "so per certo che Kennedy non ha un forte seguito, né, generalmente, ha il coraggio di far fronte a una sfida seria". Disse anche a suo figlio Sergej che su Cuba, Kennedy "farebbe un sorriso, farebbe anche di più un sorriso, e poi accetterebbe".
Nel gennaio 1962, il generale dell'esercito statunitense Edward Lansdale preparò piani per rovesciare il governo cubano in un rapporto segreto (parzialmente declassificato nel 1989) rivolto a Kennedy e ai funzionari coinvolti nell'operazione Mongoose. Agenti della CIA o "percettori" della Special Activities Division dovevano essere infiltrati in Cuba per effettuare sabotaggi e organizzare attività sovversive. Nel febbraio del 1962, gli Stati Uniti lanciarono un embargo contro Cuba e Lansdale presentò un calendario top-secret di 26 pagine per l'attuazione del rovesciamento del governo cubano, confidando in operazioni di guerriglia che sarebbero dovute incominciare tra agosto e settembre. Secondo i piani, "l'inizio della rivolta e il rovesciamento del regime comunista" sarebbero avvenuti nelle prime due settimane di ottobre.
Equilibri di potere
Quando Kennedy nel 1960 corse per la presidenza, una delle sue principali questioni elettorali era un presunto "divario missilistico" in sfavore dei sovietici che, tuttavia, si presumeva avrebbe potuto assottigliarsi. Nel 1961, i sovietici possedevano solo quattro missili balistici intercontinentali R-7 Semërka. Entro l'ottobre dell'anno successivo avrebbero potuto contare su di un arsenale di alcune dozzine, con alcune stime degli apparati di intelligence che parlavano di 75 missili.
D'altro canto, gli Stati Uniti avevano 170 ICBM e stavano rapidamente costruendone altri. Vantavano altresì una flotta di otto sottomarini lanciamissili balistici classe George Washington e classe Ethan Allen, con la possibilità di lanciare ciascuno fino a 16 missili UGM-27 Polaris, con una portata di 2.500 miglia nautiche (4600 km).
Chruščёv aumentò i timori negli statunitensi quando dichiarò che i sovietici stavano costruendo missili "come le salsicce", ma in realtà i loro numeri e le loro capacità missilistiche non erano vicine alle sue affermazioni. L'Unione Sovietica disponeva di missili balistici a media portata, circa 700, ma erano molto inaffidabili e imprecisi. Gli Stati Uniti possedevano un considerevole vantaggio nel numero totale di testate nucleari (27.000 contro 3.600) e nella tecnologia richiesta per il loro impiego.
Gli Stati Uniti vantavano anche maggiori capacità missilistiche difensive, navali e aeree, tuttavia i sovietici possedevano un vantaggio di 2:1 nelle forze terrestri convenzionali, comprese le dotazioni di cannoni e carri armati, schierati in particolare nel teatro europeo.
Dispiegamento di missili sovietici a Cuba
Nel maggio 1962, il premier sovietico Nikita Chruščёv era persuaso dall'idea di contrastare il crescente potere degli Stati Uniti nello sviluppo e nella diffusione di missili strategici schierando missili nucleari sovietici a Cuba, nonostante i dubbi dell'ambasciatore sovietico a L'Avana, Aleksandr Ivanovič Alekseev, che sosteneva che Castro non avrebbe accettato questa situazione. Chruščёv si trova nel dover affrontare una situazione strategica in cui gli Stati Uniti erano considerati in grado di "sparare il primo colpo nucleare" mettendo così l'Unione Sovietica in un enorme svantaggio. Nel 1962, i sovietici avevano solo 20 ICBM in grado di colpire gli Stati Uniti con testate nucleari, il cui lancio doveva avvenire dall'interno dell'Unione Sovietica. La scarsa precisione e l'inaffidabilità dei missili sollevava, inoltre, seri dubbi sulla loro efficacia. Una nuova generazione più affidabile di ICBM diventerà operativa solo dopo il 1965.
Pertanto, la capacità nucleare sovietica nel 1962 fu meno concentrata sugli ICBM rispetto ai missili balistici a media gittata (MRBM e IRBM). Questi vettori erano in grado, dopo essere lanciati dal territorio sovietico, di colpire gli alleati statunitensi e la maggior parte dell'Alaska ma non tutto il resto degli Stati Uniti. Graham Allison, direttore del Belfer Center for Science and International Affairs dell'Università di Harvard, sottolinea che: "l'Unione Sovietica non poteva eliminare lo sbilanciamento nucleare mediante l'introduzione di nuovi ICBM sul proprio terreno. Per affrontare la minaccia aveva poche possibilità tra cui spostare le armi nucleari esistenti in luoghi in cui poteva raggiungere gli obiettivi statunitensi".
Un secondo motivo per cui i missili sovietici furono dispiegati a Cuba fu perché Chruščёv voleva portare Berlino Ovest, in quel momento controllato da americani, inglesi e francesi, all'interno della Germania est comunista, appartenente all'orbita sovietica. I tedeschi orientali e i sovietici consideravano il controllo occidentale su una porzione di Berlino una grave minaccia per la Germania orientale. Chruščёv fece quindi di Berlino Ovest il campo di battaglia centrale della guerra fredda. Chruščёv credeva che se gli Stati Uniti non avessero fatto nulla per i missili presenti a Cuba, egli poteva annettere anche Berlino ovest usando detti missili come deterrente contro eventuali reazioni occidentali. Se gli Stati Uniti avessero tentato di affrontare i sovietici dopo aver saputo dei missili, Chruščёv avrebbe potuto chiedere di negoziarli in cambio di Berlino Ovest. Poiché Berlino era considerata strategicamente più importante di Cuba, tale compromesso avrebbe significato un successo per Chruščёv.
All'inizio dello stesso anno, un gruppo di esperti sovietici di costruzioni militari e di missili ha accompagnato una delegazione agricola all'Avana ottenendo anche un incontro con il leader cubano Fidel Castro. La leadership cubana temeva fortemente che gli Stati Uniti avrebbero tentato nuovamente di invadere Cuba e quindi approvarono con entusiasmo l'idea dei missili nucleari sulla loro isola. Tuttavia, secondo un'altra fonte, Castro si oppose a tutto ciò per via del timore che lo avrebbe fatto apparire come un burattino sovietico, ma venne persuaso dal fatto che i missili a Cuba avrebbero irritato gli Stati Uniti e aiutato gli interessi di tutto il movimento socialista. Inoltre, la fornitura avrebbe incluso anche armi tattiche a breve distanza (con una portata di 40 km, utilizzabili solo contro mezzi navali) che gli avrebbero fornito un "ombrello nucleare" a protezione dell'isola.
Tutta la pianificazione e la preparazione riguardo al trasporto e alla messa in funzione dei missili venne eseguita con la massima riservatezza e solo pochi conoscevano l'esatta natura della missione. Anche al personale militare dedicato alla missione vennero date volutamente informazioni erronee per sviare i sospetti, tanto che gli venne indicata una regione fredda come obiettivo e vennero equipaggiate di scarponi da sci, pattini e altre attrezzature invernali. Il nome in codice era Operazione Anadyr' (in russo: Операция Анадырь traslitterato: Operacija Anadyr'): il fiume Anadyr' entra nel Mare di Bering e Anadyr' è anche la capitale della Čukotka e una base di bombardieri nell'Estremo oriente russo. Tutte le misure erano destinate a nascondere il programma sia al pubblico interno sia all'esterno.
Il 7 settembre, l'ambasciatore sovietico negli Stati Uniti, Anatolij Fëdorovič Dobrynin, assicurò l'ambasciatore statunitense alle Nazioni Unite Adlai Stevenson che l'Unione Sovietica stava fornendo a Cuba solo armi difensive. L'11 settembre, l'Agenzia russa di informazione telegrafica annunciò che l'Unione Sovietica non aveva alcuna necessità o intenzione di introdurre missili nucleari offensivi in Cuba. Il 13 ottobre Dobrynin negò che i sovietici avessero pianificato di schierare armi offensive a Cuba. Il 17 ottobre, il funzionario dell'ambasciata sovietica Georgij Bol'šakov consegnò al presidente Kennedy un messaggio personale da parte di Chruščёv di rassicurazioni in quanto si asseriva che "in nessun caso potrebbero essere inviati missili superficiali a Cuba".
Già dall'agosto del 1962, gli Stati Uniti sospettavano che i sovietici stessero schierando missili a Cuba. Durante quel mese i servizi di intelligence raccolsero informazioni sulla presenza nell'isola di aerei MiG-21 costruiti in Russia e di bombardieri leggeri Ilyushin Il-28. Gli aerei spia Lockheed U-2 dimostrarono che vi erano a Cuba otto siti equipaggiati con missili terra-aria S-75 Dvina.
Ciò fece destare i sospetti in quanto il direttore della CIA John A. McCone rilevò che tali apparati "hanno senso solo se Mosca intendesse usarli per proteggere una base per missili balistici rivolti agli Stati Uniti". Il 10 agosto scrisse una nota a Kennedy in cui predisse che i sovietici stavano preparandosi a schierare missili balistici a Cuba.
La prima fornitura di missili R-12 fece il suo arrivo sull'isola caraibica la notte dell'8 settembre, seguita da una seconda il 16 settembre. L'R-12 era un missile balistico a media portata, capace di trasportare una testa termonucleare. Si trattava di un missile vettore alimentato a propellenti liquidi da rifornire in una sola fase, trasportabile su strada e che poteva causare un'esplosione nucleare da un megatone. I sovietici stavano costruendo nove siti, sei per i missili a medio raggio R-12 con una gittata di 2.000 chilometri e tre per i missili balistici R-14 con una portata massima di 4.500 chilometri.
Preludio - Strategia sovietica
Nel 1959 il governo sovietico si rese conto che un'eventuale futura guerra sarebbe stata condotta con armi nucleari cosicché nello stesso anno furono costituite le "Forze Missilistiche Strategiche"; poco tempo dopo, in risposta al programma di riarmo di Kennedy (che aveva disposto missili nucleari a medio raggio Jupiter in Italia e Turchia), il governo sovietico, preoccupato per la chiara inferiorità delle sue forze strategiche, decise di installare alcune armi nucleari a Cuba, uno stato caraibico al largo della costa della Florida che a seguito della rivoluzione guidata da Fidel Castro aveva recentemente instaurato un governo comunista sull'isola. Il governo di Cuba, dal canto suo, cercò il supporto dell'Unione Sovietica dopo il collasso delle relazioni con gli Stati Uniti conseguente all'esproprio delle proprietà americane a Cuba e al successivo tentativo di invasione dell'isola da parte di esuli cubani e mercenari appoggiati dalla CIA, conosciuto come Invasione della baia dei Porci. La strategia sovietica teneva conto di due aspetti: il primo era di difendere questo nuovo stato comunista dagli USA o da un'invasione appoggiata da questi; il secondo invece mirava a riequilibrare la bilancia del potere nucleare, che pendeva dalla parte degli Stati Uniti.
Basi missilistiche statunitensi in Italia e Turchia
Oltre ai siti missilistici Jupiter in Italia, gli USA avevano di recente incominciato a schierare missili in Turchia, che minacciavano direttamente le regioni occidentali dell'Unione Sovietica. La tecnologia sovietica era ben sviluppata nel campo dei missili balistici a medio raggio (MRBM), in confronto a quelli intercontinentali ICBM. I sovietici ritenevano che non sarebbero riusciti a raggiungere la parità negli ICBM prima del 1970, ma videro che un certo tipo di uguaglianza poteva essere raggiunta rapidamente, posizionando dei missili a Cuba. Gli MRBM sovietici a Cuba, con un raggio d'azione di circa 1.600 chilometri, potevano minacciare Washington e circa metà delle basi SAC statunitensi, con un tempo di volo inferiore ai venti minuti. In aggiunta, il sistema di difesa radar statunitense era orientato verso l'URSS, e avrebbe fornito scarso preavviso in caso di un lancio da Cuba.
Nikita Chruščëv aveva concepito il piano nel maggio 1962, e per la fine di luglio, oltre sessanta navi sovietiche erano in rotta verso Cuba, con alcune di esse che trasportavano materiale militare. John A. McCone, il direttore della CIA, avvertì Kennedy che alcune delle navi stavano probabilmente trasportando missili, ma a una riunione tra John e Robert Kennedy, Dean Rusk e Robert McNamara, prevalse l'idea che i sovietici non avrebbero tentato un'impresa simile.
27 agosto 1957: una piazzola missili JUPITER, nascosta in un avvallamento tra gli ulivi, a pochi Km da casa mia…
Tutto ebbe iniziò il 27 agosto 1957: io avevo 5 mesi! L'agenzia sovietica TASS diramava al mondo la notizia che era avvenuto il lancio del primo missile ICBM del mondo. La minaccia era fortissima! Si trattava infatti di un missile che non poteva essere intercettato e che era in grado di colpire il territorio statunitense ed europeo.
Nello stesso anno gli Usa svilupparono la loro prima famiglia di missili tattici IRBM, e già il 19 dicembre, il Consiglio Atlantico decise per l'installazione di tali missili nel territorio dei paesi alleati disposti ad accettarli. Il controllo del loro impiego sarebbe stato concordato con il paese ospitante ma le chiavi erano in mano Usa. La Gran Bretagna, la Turchia e l’Italia accettarono di ospitare le basi missilistiche per i missili Jupiter e Thor. Il 4 novembre 1959, gli americani effettuano il loro primo lancio dell'ICBM Atlas dal poligono di Cape Canaveral. A questo punto inizia, da parte di ambedue i blocchi (Usa - Urss/Nato - Patto di Varsavia) la corsa agli armamenti nucleari e la ricerca dell’equilibrio/supremazia.. La cosiddetta “Guerra fredda”, nel 1962, arrivò ad un punto cruciale quando Kruscev tentò la mossa della dislocazione dei missili nucleari a Cuba, per minacciare direttamente il territorio americano. Tale minaccia non venne messa in atto per il blocco navale statunitense e le navi che trasportavano a Cuba i missili fecero dietro-front. Ma tutto questo ebbe un prezzo. La Nato fu obbligata dagli Usa a rinunciare ai missili IRBM stanziati in Italia, in Gran Bretagna e in Turchia. Finiva così la storia (seppur breve) dei missili nucleari in Italia.
Le basi dei missili Jupiter erano gestite dalla 36ª Aerobrigata Interdizione Strategica dislocata presso l'aeroporto militare "Antonio Ramirez" di Gioia del Colle (BA). Fu costituita il 23 aprile 1960 e rimase attiva fino al 1° luglio del 1963. I gruppi che formavano la Aerobrigata erano dieci, a loro volta facenti parte di due reparti: al Primo Reparto appartenevano il 56°, il 57°, il 58°, il 59° ed il 60° Gruppo IS; al Secondo Reparto appartenevano il 108°, il 109°, il 110°, il 111° ed il 112° Gruppo IS.
Ognuno di questi gruppi aveva il controllo di una base missilistica. Il controllo era effettuato in simbiosi con ufficiali americani.
Le basi erano collocate in zone poco abitate e la gente del posto non fu informata sulle armi collocate.
La storia degli “Jupiter” sulla Murgia, i missili a testata nucleare cento volte più potenti della bomba sganciata su Hiroshima e Nagasaki, puntati all’inizio degli anni Sessanta dagli americani contro i Paesi del blocco sovietico, è ora racchiusa in un film documentario della Zenit Arti Audiovisive di Torino: «Murge il fronte della guerra», regia di Fabrizio Galatea. La vicenda del tutto ignorata dalle nuove generazioni, ripercorre i momenti di quando quegli strumenti di offesa incalcolabile furono posti pronti in massimo approntamento operativo.
Come già detto, nel I962 con la crisi di Cuba il mondo vive il più drammatico momento della storia recente: l’incubo di una guerra atomica. Inaspettatamente il fronte della guerra fredda si sposta sulle Murge baresi. Sulle aspre colline argillose di Puglia e Basilicata, i profili dei missili nucleari Jupiter minacciano un paesaggio popolato da inconsapevoli pastori e braccianti. Questa terra dimenticata diventa teatro degli scontri tra Stati Uniti e Unione Sovietica.
«Murge, il fronte della guerra fredda», racconta questo straordinario incontro: da una parte la Murgia, terra arida popolata da braccianti poveri e rassegnati, dall’altra lo scenario della grande politica internazionale, teatro della guerra fredda, nella quale l’Italia cercò di ritagliarsi un ruolo da protagonista. Ed ancora: «vettori di questo incontro i giovani militari italiani inviati nelle basi per i quali i sentimenti si mescolano in una soluzione catartica: il sogno americano accarezzato durante il corso di formazione in Nevada, l’orgoglio per essere i custodi dello scudo contro la minaccia sovietica, la coscienza di essere i potenziali esecutori materiali di una catastrofe planetaria.
Fanfani - all’epoca nostro primo ministro - con una lettera fece una proposta: gli Stati Uniti si impegnavano a ritirare dalla Puglia i missili con testata atomica, l’Unione Sovietica smantellava le postazioni missilistiche che a Cuba l’Unione Sovietica aveva messo contro gli Stati Uniti. Se il presidente Kennedy avesse accettato questa proposta probabilmente c'era la possibilità di evitare il peggio.
I ragazzi di oggi ignorano che nei primi anni ‘60, durante la Guerra Fredda, le province di Bari, Taranto e Matera hanno ospitato ben dieci basi NATO italo-statunitensi, ciascuna delle quali ospitava al massimo approntamento operativo tre missili Jupiter, ognuno dei quali con potenza pari a circa cento bombe atomiche come quella lanciata su Hiroshima.
All’epoca le nostre popolazioni erano completamente ignare della situazione visto che era tutto coperto da segreto militare: tutto fino a qualche anno fa! Tra le sopra citate province a cavallo di Puglia e Basilicata, anche in contrada “LA CATTIVA”, tra i comuni di Sannicandro ed Acquaviva delle fonti, in un leggero avvallamento del terreno circostante, tra ulivi secolari, viti meravigliose e mandorli in fiore, era ubicata una base di missili del tipo statunitense “Jupiter”, armati di testata nucleare e con portata massima di 1.500 Km.; la base era diventata operativa nei primi anni ’60.
In quel periodo, sui cieli di Gioia del Colle, Acquaviva delle Fonti, Sannicandro di Bari ecc… si notavano spesso volare aerei non meglio identificabili che sorvolavano dall'imbrunire in continuazione il cielo. Quei triangoli verdastri, dalla coda rossa, non erano fenomeni ottici, atmosferici o meteoriti: erano aerei militari che atterravano nella vicina base di Gioia del Colle.
Un mistero è legato alla scelta di questa zona rigogliosa al perché questo territorio fu bloccato, abbastanza riservatamente, sin dalla fine del 1957!
Sulla via vecchia di Sannicandro, a poca distanza tra il centro abitato di Acquaviva e quello di Sannicandro di Bari, fu realizzata una base NATO, soprannominata dal popolino il “Campo dei Missili”. Qui era situata per l’esattezza la base n. 9 della Aeronautica militare italiana; la base era gestita in prima persona da personale della nostra Aeronautica Militare, mentre le doppie chiavi per il lancio eventuale dei missili nucleari erano tenute da personale statunitense.
Sette basi furono altresì operative dal 1958 al 1963 sulle Murge lungo il tracciato della via Appia a Spinazzola, Gravina, Casal Sabini-Altamura, Ceraso-Altamura, Gioia del Colle, Laterza e Mottola, mentre due basi furono localizzate in Basilicata, presso Irsina e Matera.
Il 1° marzo 1957 venne lanciato il primo missile IRBM (Intermediate Range Ballistic Missile) Jupiter dalla base statunitense di Cape Canaveral. Due anni dopo, a partire dal 5 settembre 1959, cominciò l’istallazione del “sistema d’arma Jupiter” in Italia, operazione che si concluse il 20 giugno 1961, quando anche l’ultima base divenne operativa.
Prima che nella Turchia, i missili Jupiter vennero istallati, unico sito dell’Europa Occidentale, in Italia, sulla Murgia, lungo il confine tra la Puglia centrale e la Lucania.
Nel gennaio 1963 gli Stati Uniti comunicarono al governo italiano la decisione, presa durante la crisi di Cuba, di smantellare le basi. Nel giugno dello stesso anno, l’ultimo missile Jupiter fu rimosso dalla Murgia e imbarcato per essere riportato oltreoceano.
Questa vicenda, svoltasi nel giro di cinque anni, sembra non aver lasciato traccia, persino nella memoria dei contemporanei.
IL MISSILE “JUPITER”
Il missile statunitense PGM-19 Jupiter era un missile bi-stadio a medio raggio (MRBM) con portata tra i 1 000 e i 5 500 km, armato con una potente testata termonucleare, prodotto dalla Chrysler, che aveva già sviluppato il precedente PGM-11 Redstone.
La nascita del missile ebbe luogo, concettualmente, nel 1954, presso l'arsenale di Redstone, su richiesta della Ballistic Missile Agency dell'esercito statunitense.
IL MIG BULGARO FOTOGRAFICO CADUTO NELLE CAMPAGNE DI SANNICANDRO DI BARI
Era il 20 gennaio 1962 quando i contadini di Lamone, piccola località poco distante da Acquaviva delle Fonti, in provincia di Bari, assistettero quasi increduli all’atterraggio di fortuna, tra i campi, di un velivolo con la stella rossa.
La Puglia si trovava così al centro della scena mondiale, quando la Guerra Fredda avrebbe segnato di li a pochi mesi una delle crisi più incerte per l’intera umanità: nell’ottobre, la decisione dell’Unione Sovietica di installare a Cuba dei missili balistici trascinò il mondo quasi sull’orlo della terza guerra mondiale. Ma quella di Mosca fu una risposta agli Stati Uniti, che schierarono in Italia e in Turchia i missili a medio raggio PGM-19 Jupiter, a seguito di accordi firmati il 26 marzo 1959. E la Puglia venne individuata come possibile regione per il dispiegamento degli armamenti americani, complice anche il fatto di ospitare importanti infrastrutture militari dell’Aeronautica Militare tra Gioia del Colle e Martina Franca. Pertanto, quando tra le campagne del barese atterrò un Mig-17 di nazionalità bulgara, i vertici militari italiani e della NATO si misero subito in allarme: anzi, quando fu scoperto che il velivolo era dotato di macchine videofotografiche, i servizi di intelligence collegarono immediatamente il volo del Sottotenente Miliusc Solakov (questo il nome del pilota) ai missili Jupiter schierati in Puglia. Nessuno, fino ad allora, avrebbe mai pensato che la tranquilla cittadina di Acquaviva delle Fonti venisse portata alla ribalta della scena internazionale.
Fu per prima La Gazzetta del Mezzogiorno, in quel gennaio 1962, a raccontare del volo del pilota bulgaro. C’è chi parlò di missione di spionaggio, chi di diserzione da parte del pilota: sta di fatto, che in tanti cercarono di gettare acqua sul fuoco. L’Unità, con un editoriale intitolato I missili in Puglia si vedono dal treno, cercò di sminuire l’incidente, descrivendo come, chiunque si trovasse a passare con il treno, guardando dal finestrino dei vagoni, avrebbe potuto osservare con tutta tranquillità, e fotografarle senza essere scoperto, le postazioni dei missili statunitensi affidati all’Aeronautica Militare Italiana. La stessa Forza Armata, poi, attaccata da più parti sulla facilità con cui un velivolo straniero, di una nazione appartenente al Patto di Varsavia, avesse violato lo spazio aereo italiano senza essere intercettato, dichiarò che i radar di Gioia del Colle stessero in realtà seguendo il velivolo già prima di varcare i cieli italiani. Anzi, prima i Pugliesi e poi gli Italiani iniziarono a prendere in simpatia il giovane ufficiale bulgaro, che all’epoca dei fatti aveva appena ventiquattro anni. Ben presto, di tutta la faccenda restarono poche righe.
Grazie all’abilità di Aldo Moro e Amintore Fanfani, la crisi del Mig pugliese lasciò il passo alla nuova apertura a sinistra del Governo: soltanto in ottobre, quando John Kennedy, Nikita Kruscev e Fidel Castro si affrontarono nella crisi dei missili di Cuba, qualcuno, giù in Puglia, si ricordò del velivolo precipitato e dei missili Jupiter. E Milius Solakov? Di lui si perse ogni traccia: c’è chi lo vuole riconsegnato alla Bulgaria, ma solo dopo le rassicurazioni che non venisse trattato come un traditore, e chi addirittura espatriato negli Stati Uniti, dietro richiesta del Governo Americano. Ma anche dopo la crisi di Cuba, dei missili in Puglia fu persa la memoria: nel 1963, appena un anno dopo, gli Stati Uniti decisero di ritirare gli Jupiter da Italia e Turchia, perché ritenuti già allora vecchi e obsoleti. Fino ad allora, i PGM-19 schierati in Italia furono circa trenta, affidati alla gestione della 36a Aerobrigata di Interdizione Strategica, con sede a Gioia del Colle.
I voli degli U-2
Un U-2 in volo a fine agosto fotografò una nuova serie di postazioni SAM che venivano costruite, ma il 4 settembre Kennedy disse al Congresso che non c'erano missili "offensivi" a Cuba. Nella notte dell'8 settembre, la prima consegna di MRBM SS-4 Sandal venne scaricata a L'Avana e un secondo carico arrivò il 16 settembre. I sovietici stavano costruendo nove siti, sei per gli SS-4 e tre per gli SS-5 Skean a più lungo raggio (fino a 3.500 chilometri). L'arsenale pianificato era di quaranta rampe di lancio, con un incremento del 70% della capacità offensiva sovietica durante il primo colpo.
Un numero di problemi non legati alla vicenda fece sì che i missili non venissero scoperti fino al volo di un U-2 del 14 ottobre, che mostrava chiaramente la costruzione di una postazione per degli SS-4 vicino a San Cristóbal. Per il 19 ottobre, i voli degli U-2 (ora praticamente continui) mostrarono che quattro postazioni erano operative. Inizialmente, il governo statunitense tenne l'informazione segreta, rivelandola solo ai quattordici ufficiali chiave del comitato esecutivo. Il Regno Unito non venne informato fino alla sera del 21 ottobre. Il presidente Kennedy, in un appello televisivo del 22 ottobre, annunciò la scoperta delle installazioni e proclamò che ogni attacco di missili nucleari proveniente da Cuba sarebbe stato considerato come un attacco portato dall'Unione Sovietica e avrebbe ricevuto una risposta conseguente. Kennedy ordinò anche una quarantena navale su Cuba, per prevenire ulteriori consegne sovietiche di materiale militare.
Il termine quarantena fu preferito a quello di blocco navale in quanto quest'ultimo, secondo le consuetudini del diritto internazionale avrebbe potuto essere considerato come un atto di guerra e avrebbe comportato un'immediata risposta militare sovietica. Per tutta la durata della crisi, i responsabili dello Stato maggiore americano insistettero perché il riluttante presidente ordinasse un'immediata azione militare per eliminare le rampe missilistiche prima che queste diventassero operative.
A Cuba, durante i giorni della crisi, si trovavano 140 testate nucleari di provenienza sovietica, delle quali 90 erano "tattiche". Robert McNamara, Segretario della Difesa durante il Governo Kennedy, dichiarò di avere appreso la notizia direttamente da Fidel Castro, anni dopo, e di come Castro avesse chiesto a Chruščëv di usare queste testate per attaccare gli Stati Uniti.
La risposta statunitense
Il generale Curtis LeMay (Capo di stato maggiore dell'aviazione degli Stati Uniti), disse: "Attacchiamo e distruggiamo completamente Cuba". Gli ufficiali discussero le varie opzioni:
- bombardamento immediato delle postazioni
- appello alle Nazioni Unite per fermare l'installazione
- blocco navale
- invasione di Cuba.
Il bombardamento immediato venne subito scartato, così come un appello alle Nazioni Unite, che avrebbe portato via molto tempo. La scelta venne ridotta a un blocco navale e un ultimatum, o a una invasione su vasta scala. Venne scelto infine il blocco, anche se ci fu un numero di falchi (soprattutto Paul Nitze, Clarence Douglas Dillon e Maxwell Taylor) che continuarono a spingere per un'azione più dura. L'invasione venne pianificata, e le truppe vennero radunate in Florida anche se con 40.000 soldati sovietici a Cuba, completi di armi nucleari tattiche, la forza di invasione non era certa del suo successo.
Ci furono diverse questioni legate al blocco navale. C'era il problema della legalità - come fece notare Fidel Castro, non c'era niente di illegale circa le installazioni dei missili; erano sicuramente una minaccia agli USA, ma missili simili, puntati verso l'URSS, erano posizionati in Gran Bretagna, Italia e Turchia. Quindi se i sovietici avessero provato a forzare il blocco, il conflitto avrebbe potuto esplodere a seguito di una escalation delle rappresaglie.
Kennedy parlò al popolo statunitense (e al governo sovietico), in un discorso televisivo del 22 ottobre. Egli confermò la presenza dei missili a Cuba e annunciò che era stata imposta una quarantena di 800 miglia attorno alla costa cubana, avvertendo che i militari "erano preparati per ogni eventualità", e condannando la "segretezza e l'inganno" sovietici. Il caso venne definitivamente provato il 25 ottobre, in una sessione d'emergenza dell'ONU, durante la quale l'ambasciatore statunitense Adlai Stevenson mostrò le fotografie delle installazioni missilistiche sovietiche a Cuba, subito dopo che l'ambasciatore sovietico Zorin ne aveva negato l'esistenza. Chruščëv, infatti, aveva inviato delle lettere a Kennedy il 23 e 24 ottobre, sostenendo la natura deterrente dei missili a Cuba e le intenzioni pacifiche dell'Unione Sovietica.
Quando Kennedy pubblicizzò apertamente la crisi, il mondo intero entrò in uno stato di terrore. La gente incominciò a parlare e preoccuparsi apertamente di un'apocalisse nucleare, ed esercitazioni per una tale emergenza si tennero quasi quotidianamente in molte città.
Le reazioni
Il 24 ottobre Papa Giovanni XXIII inviò un messaggio all'ambasciata sovietica a Roma da trasmettere al Cremlino in cui espresse la sua preoccupazione per la pace. In questo messaggio dichiarò: "Noi chiediamo a tutti i governi di non rimanere sordi a questo grido di umanità e di fare tutto quello che è nel loro potere per salvare la pace".
La posizione del filosofo Bertrand Russell, pacifista nella prima guerra mondiale, non nella seconda, fu quella di un'azione costante e di un impegno militante a favore della pace, espletati attraverso contatti telegrafici diretti con gli attori principali della crisi a cominciare da Kennedy, Krusciov e Fidel Castro, articoli e appelli, il tutto nei giorni cruciali del 24 e 25 ottobre 1962. In sostanza la posizione di Russell prese le mosse dal fatto che nell'era atomica il genere umano non può sopravvivere senza la pace per cui in una controversia tra le grandi potenze «meriti e demeriti delle due parti scompaiono di fronte alla preminente importanza della pace». Riguardo alla crisi cubana il filosofo britannico ritenne che la Russia si fosse mostrata più arrendevole, quindi, pur non amando il comunismo in quanto antidemocratico, in questo caso furono i comunisti a raccogliere le sue simpatie.
Pur non essendo stati ancora pubblicati i documenti dell'Archivio Vaticano, è probabile che il messaggio del Papa fu affiancato da iniziative della diplomazia vaticana nei confronti del cattolico Kennedy e sull'Unione Sovietica, per tramite del governo italiano, presieduto dal democristiano Amintore Fanfani. I sovietici, infatti, fecero pervenire subito dopo due differenti proposte al Governo degli Stati Uniti. Il 26 ottobre offrirono di ritirare i missili da Cuba in cambio della garanzia che gli USA non avrebbero invaso Cuba, né appoggiato un'invasione. La seconda proposta venne trasmessa da una radio pubblica il 27 ottobre, chiedendo il ritiro delle testate atomiche americane dalla Turchia e dall'Italia (36ª Brigata aerea interdizione strategica). Poiché in quella stessa mattinata, nella capitale degli Stati Uniti, era presente Ettore Bernabei, uomo di fiducia di Fanfani, già con l'incarico di consegnare al Presidente Kennedy una nota del governo italiano con la quale si accettava il ritiro dei missili dalla base italiana, non è improbabile che la mediazione diplomatica sia stata abilmente concertata tra il Vaticano e Palazzo Chigi.
Llewellyn E. "Tommy" Thompson Jr., ex ambasciatore a Mosca, conosceva bene Kruscěv, riuscì a convincere Kennedy a patteggiare il ritiro dei missili russi da Cuba in cambio della promessa americana di non invadere mai più Cuba come avevano tentato con lo Sbarco nella Baia dei porci.
La crisi raggiunse l'apice il 27 ottobre, quando un Lockheed U-2 statunitense - per iniziativa di un ufficiale locale - venne abbattuto su Cuba e un altro che volava sulla RSFS Russa venne quasi intercettato. Il generale Thomas S. Power, a capo del Comando Aereo Strategico USA (SAC), mise le sue unità in stato di allerta DEFCON 2 preparandole per un'immediata azione senza consultare la Casa Bianca.
Allo stesso tempo, i mercantili sovietici si stavano avvicinando alla zona di quarantena; in un caso, si apprese quarant'anni dopo, su un sottomarino sovietico della loro scorta militare si valutò la possibilità di lanciare un missile con testata nucleare.
Kennedy rispose accettando pubblicamente la prima delle offerte sovietiche e inviando il fratello Robert all'ambasciata sovietica, per accettare la seconda in privato: i missili Jupiter con testata nucleare installati in Turchia ma soprattutto in Italia sarebbero stati rimossi. Le navi sovietiche tornarono indietro e il 28 ottobre Chruščëv annunciò di aver ordinato la rimozione dei missili sovietici da Cuba.
Soddisfatto dalla rimozione dei missili sovietici, il Presidente Kennedy ordinò la fine della quarantena su Cuba il 20 novembre.
Conseguenze
La crisi per i sovietici fu una vittoria tattica, ma una sconfitta strategica. Vennero visti indietreggiare e il tentativo di ottenere la parità strategica fallì, per la rabbia dei comandanti militari sovietici. La caduta dal potere di Chruščëv, pochi anni più tardi, può essere parzialmente collegata all'imbarazzo del Politburo, dovuto sia al passo indietro compiuto da Chruščëv davanti agli americani, sia anche alla sua decisione di installare i missili a Cuba in primo luogo.
Anche i comandanti militari statunitensi non furono contenti del risultato. Curtis LeMay disse al presidente che fu "la più grande sconfitta della nostra storia" e che avrebbero dovuto invadere Cuba quello stesso giorno. Alcuni dei sostenitori della tesi secondo cui il presidente Kennedy, assassinato a Dallas nel novembre dell'anno successivo, fu vittima di un complotto sostengono, pur in assenza di prove in tal senso, che il contrasto con i vertici militari emerso in occasione della crisi dei missili e proseguito in occasione della gestione della guerra del Vietnam da poco incominciata, ne fu una delle cause, e che in un certo senso l'assassinio di Kennedy fu un colpo di Stato mascherato.
Decenni dopo si apprese che Cuba aveva missili nucleari tattici disponibili, anche se il generale Anatolij Gribkov, parte dello staff sovietico responsabile dell'operazione, dichiarò che al locale comandante sovietico, generale Issa Pliev, era proibito usarli anche se gli USA avessero messo in piedi una invasione su larga scala di Cuba.
….La guerra all’Ucraina ci deve insegnare che, se vuoi vivere in pace,
devi essere sempre pronto a difendere la tua Libertà….
La difesa è per noi rilevante
poiché essa è la precondizione per la libertà e il benessere sociale.
Dopo alcuni decenni di “pace”,
alcuni si sono abituati a dare la pace per scontata:
una sorta di dono divino
e non, un bene pagato a carissimo prezzo dopo due devastanti conflitti mondiali.
….Basta con la retorica sulle guerre umanitarie e sulle operazioni di pace.
La guerra è guerra. Cerchiamo sempre di non farla, ma prepariamoci a vincerla…
(Fonti: Web, Google, Wikipedia, You Tube)
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