sabato 15 dicembre 2018

Il Messerschmitt ME 262



Primo caccia a reazione assegnato ai reparti ed impegnato in azioni belliche estremamente avanzate e di prestazioni veramente eccezionali per l’epoca che ne vide la comparsa, il Me.262 deve la sua meritata fama, oltre che alle sue rivoluzionarie doti tecniche, anche al fatto di aver costituito, per la Germania impegnata in una lotta mortale contro le frotte aeree alleate, l’ultima speranza di successo.


Un’abbondante letteratura ha attribuito l’irreparabile ritardo con cui il bireattore Messerschmitt venne impiegato nel suo vero ruolo di caccia contro le forze aeree angloamericane all’ostinazione di Hitler, che volle il Me.262 utilizzato come bombardiere ultraveloce contro le armate di invasione alleate e per attacchi di rappresaglia contro l’Inghilterra. Il quadro fornito da documentazioni recentemente emerse è però notevolmente diverso, ed il vero sostenitore dell’opportunità di impiegare il Me.262 come bombardiere sarebbe stato proprio il prof. Willi Messerschmitt, suo costruttore. Animato da una feroce antipatia (cordialmente ricambiata) per il feldmaresciallo Milch, che era stato il suo irriducibile avversario nella dura vertenza originata dal fiasco del bimotore Me.210, il costruttore bavarese finì in pratica per sostenere che il Me.262 poteva dopotutto cavarsela come assaltatore, sperando di lasciare così aperta la strada al Me.209 che, pur superiore all’anziano “109”, era peraltro enormemente inferiore al rivoluzionario aviogetto.


Messerschmitt cominciò ad occuparsi del progetto che avrebbe portato al Me.262 sul finire del 1938, quando il Reichsluftfahrtministerium stipulò con la ditta Augsburg un contratto per la realizzazione di un aviogetto da caccia, cui erano richieste una velocità massima di 850 Km/h ed una autonomia di un’ora. Già da qualche mese la Messerschmitt A.G., succeduta nel luglio 1938 alla Bayerische Flugzeugwerke A.G., aveva iniziato lo studio preliminare del velivolo, a seguito di contatti con alcuni elementi dello RLM impiegati nei programmi vertenti sui motori a getto.


La limitata spinta che si prevedeva i propulsori potessero fornire portò alla soluzione bimotore nel progetto denominato P.1065, che aveva anche il vantaggio di consentire una certa possibilità di variare longitudinalmente la posizione dei reattori (il cui peso, all’inizio del progetto, non era noto che approssimativamente), in modo da assicurare un centraggio corretto, ed i motori vennero alla fine installati in gondole subalari per semplificare la struttura dell’ala. Il progetto preliminare, completato un paio di mesi prima dell’inizio della seconda guerra mondiale, portò all’approntamento di un modello in legno, che venne approvato nel marzo 1940, ed al successivo ordine per tre prototipi, denominati Me.262, con carrello triciclo tradizionale a ruotino di coda. La messa a punto dei turbo reattori si rilevò peraltro assai più laboriosa del previsto, e per poter cominciare a controllare dal vero le caratteristiche aerodinamiche del velivolo il prototipo Me.262V1 ricevette un motore alternativo Junkers Jumo 210 G, che, installato nel muso dell’aereo, consentì al collaudatore Fritz Wendel di portarlo in volo il 18 aprile 1941. Sette mesi più tardi, il 25 novembre 1941, il primo tentativo di decollo con due reattori BMW 109 – 003 da 450 Kg di spinta (ma sempre con il motore a pistoni nel muso) fallì, poiché al regime di decollo le turbine cominciarono a perdere le palette.  
La spinta fornita dai due turbogetti sarebbe stata comunque insufficiente per un velivolo della mole e del peso del Me.262, ed il bireattore tedesco avrebbe volato per la prima volta senza l’ausilio del motore ad elica solo il 18 luglio 1942, pilotato da Wendel, grazie ai 1680 Kg di spinta complessiva dei due Junkers 109 – 004 A- 0 installati sul Me.262 V3.
Il successivo 2 ottobre volava il Me.262 V2, pure con due reattori Junkers, ed ai 15 Me.262 già ordinati dallo RLM se ne sarebbero aggiunti altri 45. Il 2 marzo 1943, con due Junkers 104 – 004 B – 0 da 860 Kg di spinta, volava puramente a getto anche il primo prototipo V1, raggiunto un mese più tardi, dal V4, su cui Galland avrebbe volato il 22 aprile, riportando una entusiasmante impressione delle possibilità del nuovo velivolo. Il 26 giugno volava il Me.262 V5, primo esemplare con carrello triciclo anteriore (con la gamba avanti fissa) e con due razzi ausiliari per il decollo, mentre il successivo V6, con carrello triciclo anteriore completamente retrattile e due turbo reattori Junkers 109 – 004 B – 1 di serie da 900 Kg di spinta, sarebbe stato sostanzialmente identico alle future macchine di serie. I prototipi V7, V8, V9 e V10 sarebbero stati impiegati per sperimentare la cabina pressurizzata (poi non adottata), l’armamento di 4 cannoncini da 30, diversi impianti radio e l’installazione dei piloni porta bombe sotto il muso della fusoliera.

Gli inizi

I motori a reazione erano già noti, essendo stati oggetto di un brevetto del 1936, e già la Heinkelaveva sviluppato un prototipo (l’He. 178) nel 1938 che volerà il 27 agosto 1939, la settimana precedente all’invasione della Polonia che inizierà la WWII. Viene quindi emessa una richiesta del RLM (ReichsLuftfahrtMinisterium, Ministero per l’Aviazione del Reich) per un caccia che usi un motore a reazione, capace di durare almeno un’ora a 850 km/h. Per fare un confronto lo Spitfire, di cui si è parlato sulla Lega, arrivava al massimo a 594km/h.

Messerschmitt è anche un buon uomo d’affari e ad aprile 1939 comincia a disegnare l’aereo, il cui progetto viene presentato a giugno.

Il progetto presentato è molto diverso dall’aereo che poi verrà effettivamente costruito: l’ala è ellittica (più o meno come quella dello Spitfire) e senza diedro (cioè non forma quella “V” larga a guardarla dal di fronte), mentre i motori dovrebbero essere montati alla radice delle ali.
I guai per il povero Me. 262 iniziano subito: i motori per i test, i BMW 003, arrivano in ritardo e sono più pesanti del dovuto: vengono quindi montati in gondole sotto le ali, che vengono dotate di un diedro per rialzare il centro di gravità a causa del peso dei motori.
Le ali diventano a freccia per lo stesso motivo: una freccia più marcata che teoricamente avrebbe dovuto migliorare le prestazioni venne proposta, ma non adottata.
Messerschmitt preferisce concentrarsi sul il Bf. 209, successore del Bf. 109, altro aggeggino di cui già è stato detto sulla Lega,  (la fantasia era potente nella sua famiglia)  piuttosto che sul Me. 262, e a parte Adolf Galland nessuno nella Luftwaffe, Goering in testa, pensa che servano armi così sofisticate per vincere la guerra.
I più attenti avranno visto che c’è una differenza nelle sigle: il Bf 109 venne infatti progettato dalla fabbrica Bayerische flugzeugwerke AG, che nel 1938 cambiò ragione sociale in Messerschmitt AG.
Goering era il capo della LuftWaffe, Galland era un suo sottoposto, valente pilota da caccia e più tardi capo dei caccia tedeschi durante la difesa, nonché persona che non la mandava a dire.
Per fare un esempio, durante la Battaglia d’Inghilterra Goering fece una riunione dei capi squadrone (Geschwader), furioso perché perdeva troppi aerei sui cieli inglesi. Chiese se avessero qualcosa da dire, e Galland rispose serafico: “vorrei che la piantassi di compere il razzo e una squadriglia di Spitfire”.
All’epoca comunque l’ottimismo delle alte sfere poteva anche essere giustificato da qualcosa di più serio della notoria dipendenza da morfina di Goering: il primo modello in legno del Me. 262 è del febbraio 1940, quando la Polonia si era già arresa mentre Tedeschi e Francesi, invece di combattere lungo la linea Maginot che costituiva il loro confine tra il Belgio e la Svizzera, mandavano aeroplani a lanciare volantini, tanto che qualcuno in Italia la ribattezzò “guerra dei coriandoli” e in Germania “Sitzkrieg”, la “guerra seduta”.
Non c’è dubbio che il ritardo dello sviluppo fu anche dovuto ai problemi di affidabilità dei motori, che oltre a vibrazioni molto forti (tanto da ridurre di molto la vita operativa del velivolo) sviluppavano temperature troppo alte a cui le leghe metalliche del tempo non reggevano a lungo: a novembre 1941 un volo con i BMW 003 si concluse con l’incendio di ambo i motori.
Fortunatamente a giugno 1941 lo stesso prototipo aveva già volato con un motore a elica montato sul muso, per testare l’aerodinamica. Per i test successivi si lasciò anche quello, e quando i motori a reazione si incendiarono il pilota riuscì a fare un atterraggio di emergenza usando il motore a pistoni.
Il 18 luglio 1942 un prototipo decollò con due motori Jumo 004 montati sulle gondole alari, con buoni risultati relativamente parlando.
I Jumo duravano infatti fino a 50 ore, essendo quindi più affidabili del BMW 003, ma a volte si fermavano a 12: in media si potevano usare per 20-25 ore prima di doverli sostituire.
Per cambiarli secondo il manuale ci volevano 3 ore, ma con personale poco addestrato a terra e rifornimenti poco affidabili a volte ce ne volevano 8 o 9.

I motori a reazione consumavano il doppio di quelli a pistoni.

Per di più quei motori consumavano il doppio di uno a pistoni, lasciando al Me. 262 dai 60 ai 90 minuti di autonomia: si dovette mettere l’indicatore di riserva quando si arrivava all’ultimo serbatoio nella carlinga, da 200l, dopo aver consumato i due serbatoi da 900l sulle ali.

Un altro problema da risolvere fu quello del carrello: nei voli di prova, questo aveva il ruotino di coda che interferiva con gli scarichi dei motori, e si sostituì quindi con una ruota retrattile anteriore (configurazione “a triciclo”). Per lo stesso motivo i piani di coda dovettero essere rialzati: in fase di decollo, quando il muso dell’aereo si sollevava, venivano colpiti dai fumi dei motori e impedivano una partenza corretta.

Intanto la guerra andava avanti: si era nel 1943 e Hitler, impressionato dalla velocità raggiunta dal velivolo, ordinò che venisse usato come bombardiere per rappresaglia contro i raid aerei sulla Germania.

Non è la prima volta che il marketing capisce il contrario di quello che serve, ma in questo caso fu poco male: a causa dei problemi di cui sopra, il Me. 262 in versione bombardiere (versione A-2 SturmVogel, letteralmente “uccello della tempesta”, più semplicemente Albatros) sarebbe comunque entrata in produzione poco più tardi della versione da caccia A-1 Schwalbe(Rondine).

La logica di Hitler, secondo le memorie di Speer, era che un aereo così veloce da non poter essere intercettato sarebbe stato più utile per vendicarsi portando bombe sul nemico.

Peccato che il Me. 262 A-2 portasse al massimo 2 bombe da 500kg, e il carico limitava la velocità massima di 450Km/h, mentre un B17 portava da 2.000kg a 3.600kg di bombe, a seconda del raggio d’azione, alla stessa velocità.

L’aereo entrò in produzione a inizio 1944, con consegne lente sia per i raid aerei alleati che per la mancanza di materiali adatti. Un altro problema fu l’addestramento: Galland riuscì a concentrare esperti piloti nella sua JagdVerband 44, ma servivano comunque tecniche nuove per un aereo così veloce.

Ad esempio per attaccare i bombardieri, invece di salire e attaccarli in picchiata, si vide che era più facile fare una discesa meno ripida e sul fianco, in modo da avere una silouhette più larga nel pochissimo tempo che si aveva per sparare.

A quelle velocità infatti un pilota poteva premere il grilletto al massimo per due secondi prima di dover manovrare per evitare la collisione: la velocità era tale che le torrette controllate elettricamente dei bombardieri non erano abbastanza veloci da ruotare in tempo utile, ma non lasciava neanche ai piloti tedeschi il tempo di prendere bene la mira.

Il Me. 262 aveva limitate capacità di picchiata anche perché mancava di freni aerodinamici, come quelli montati ad es. nel Ju 87 Stuka.

C’è da dire che lo Stuka arrivava a 300km/h in velocità di crociera e aveva un profilo diverso (ala a W e carrello fisso) quindi non è detto che i freni sarebbero stati sufficientemente efficienti per il Me. 262: alcuni test evidenziarono che l’aereo in picchiata perdeva il controllo quando si raggiungeva Mach 0,86.

Il fatto di avere il muso libero portò i Tedeschi ad concentrare il fuoco con cannoncini di grosso calibro (di solito da 30mm con proiettili esplosivi/incendiari, fino a 4, ma anche con un unico cannone da 50mm) o razzi sotto le ali, che riuscivano a forare anche i robusti B-17.

Carl Spaatz, generale USAAF, a settembre 1944 si disse preoccupato che se si fossero fatti vivi troppi Me. 262 i raid diurni di bombardieri sulla Germania si sarebbero dovuti sospendere.

In realtà il rischio fu più apparente che reale: i Me. 262 abbatterono 450 aerei e ne persero 100, un buon rapporto, ma con troppe poche unità rispetto al necessario.

Per dare un’idea, da Agosto 1943 a maggio 1945 l’operazione Crossbow portò 69mila incursioni in territorio tedesco, le più importanti delle quali con oltre mille aerei.

Il primo successo del Me. 262 fu il 26 luglio 1944, quando un Mosquito britannico in ricognizione venne intercettato e danneggiato… dalle sue stesse manovre evasive, cadendo poi vicino alla base in Italia.

Fu comunque il primo aviogetto militare operativo al mondo, e con prestazioni superiori ai suoi contendenti: il caccia a reazione alleati Gloster Meteor e P-80 vennero usati sporadicamente e avrebbero raggiunto velocità superiori solo con le versioni postbelliche, mentre la manovrabilità ad alta velocità e la velocità di salita furono ineguagliate fino alla fine del conflitto.

Avendolo visto in volo, i Giapponesi vollero costruire una loro versione del Me.262, il Nakajima Kikka (Nakajima = nome di località, letteralmente naka + shima = “isola di mezzo”, Kikka = kitsuka = “bocciolo d’arancio”), con ala dritta e dei motoreattori Tsu-11, molto meno performanti di un turboreattore. Arrivarono solo allo stadio prototipale, usando pezzi di vari aerei già esistenti – il muso del bombardiere Yokosuka P1Y e il carrello del caccia A6M, il famoso Zero. Non proseguirono oltre perché al momento dei test c’erano modelli più “utili” come lo Yokosuka Okha già in fase avanzata di sviluppo.

Quando entrò in servizio, il Me. 262 era più veloce di qualunque altro caccia in servizio. Il suo punto debole era il volo a bassa velocità e a bassa quota, in cui le turbine non raggiungevano l’ottimo e la manovrabilità era ridotta. E ovviamente altro punto debole erano le fasi di decollo e atterraggio come per tutti i velivoli.

(Web, Google, Wikipedia)



















Il giapponese KIKKA, ispirato al Me 262












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